E` giusto violare la dignità di una persona, oltretutto usando una
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E` giusto violare la dignità di una persona, oltretutto usando una
E’ giusto violare la dignità di una persona, oltretutto usando una notizia falsa alimentata da dei pettegolezzi? Tutti i giornalisti a questa domanda risponderebbero di no. Purtroppo è avvenuto nella vicenda della ragazza di Malles divenuta nota i primi giorni di febbraio perché avrebbe chiesto il test di paternità a tredici persone. Ed è avvenuto con violazioni della privacy di portata gravissima da parte di moltissime testate nazionali e regionali. Tra le altre anche le massime testate tv e giornali di Roma, Milano e Torino. Addirittura ne ha parlato La Gazzetta dello Sport. Addirittura tv e quotidiani tedeschi e spagnoli e i siti internet di Spiegel, Stern e Die Welt. Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige per questo ha ritenuto, prima ancora di aprire procedimenti disciplinari, di inviare ai colleghi un richiamo sulla vicenda. Sono avvenute infatti violazioni del codice deontologico della privacy da parte di troppe testate della regione e d’Italia. Il consiglio ritiene che sia stato violato l’articolo 2 e 48 della legge sull’Ordine, la Carta dei diritti e dei doveri del giornalista e gli articoli 5, 7, 8 e 11 del codice deontologico sulla privacy. Si è violata la Carta dei diritti e dei doveri del giornalista perché non sono state rettificate notizie errate. Si è violata la Carta di Treviso sui minori perché il figlio nato dalla relazione è stato fatto passare come una sorta di “figlio della colpa”. Ogni testata, in una malintesa ricerca della verità, ha aggiunto particolari su particolari, relativi alla persona. Della giovane si sono diffusi particolari fisici, quali l’altezza e il colore dei capelli, si è data l’indicazione geografica, del paese, della valle, si sono rese note le sue iniziali, si è indicato il bar in cui lavorava come cameriera e dove viveva e quali erano gli avventori, scatenando la morbosità, ma violando anche la privacy di più persone, perché oltre alla giovane madre si è scatenata la caccia a chi avrebbe partecipato a quella che è stata definita una sorta di orgia venostana. Qualche tv nazionale si è addirittura esibita in interviste volanti ai venostani sulle loro prestazioni sessuali. Inoltre, cosa non meno grave, troppi colleghi hanno liberato i freni, usando un linguaggio greve, aggiungendo alle violazioni la mancanza di rispetto verso una persona prima ancora che verso una donna, di cui è stata data un’immagine infima. In definitiva è stata ferita la dignità della persona. Abbiamo però usato il condizionale sul test di paternità richiesto dalla donna: la notizia infatti è falsa. La donna ha chiesto il test di paternità solo per una persona, per l’uomo con cui ha concepito il bambino. Sarebbe bastato usare un po’ di razionalità per capire che la notizia era esagerata nelle sue dimensioni per ovvi motivi e veniva alimentata da pettegolezzi non verificati. E del resto: è giornalismo basare i propri pezzi sui chiacchiericci? Ma questa aggravante della falsità viene reiterata ogni volta che si parla del caso ormai diventato una leggenda metropolitana. Si è entrati nei dettagli dei costumi sessuali di una persona, come se si trattasse di un reato, usando un linguaggio da trivio, ammiccando sul libertinaggio della vittima, salvo poi scoprire che era tutto falso. Ma nessuno ha mai dato la smentita, aggiungendo così danno su danno. Per questo sarebbe giusto cominciare a chiedere scusa e fare tutti una frenata davanti alle persone per non violare più la loro intimità. Troppe volte ormai si distrugge la reputazione di persone fidandosi eccessivamente di fonti interessate, dando credito a inverosimili versioni, quando basterebbe coltivare il dubbio davanti a notizie che riguardano la vita delle persone. Troppe volte tutti quanti violiamo i codici e le regole deontologiche, contribuendo ad affossare la credibilità del nostro lavoro nella malintesa ricerca di piccoli scoop. Il giornalismo si salva solo se torna a essere di qualità, non se insegue la morbosità. 7 marzo 2007 Fabrizio Franchi Presidente dell’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige