Sardegna Turismo

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Sardegna Turismo
SARDEGNA
INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
3 Ritratto della Sardegna
15 Note storiche
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59
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Cagliari e il Sud
La Costa orientale
Il Centro e la Barbagia
La Costa occidentale
Il Nord e la Costa Smeralda
Testi e disegni tratti da
LE GUIDE MONDADORI
SARDEGNA
Milano, 2003
INTRODUZIONE
ALLA SARDEGNA
Ritratto
della Sardegna
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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
R I T R AT TO DI S A R D E G N A
Ritratto della
Sardegna
Tra le tante sensazioni che si provano
quando si sbarca in Sardegna per la
prima volta, forse quella che colpisce di
più è dovuta all’unicità di quest’isola.
Lontana, in mezzo al mare, la Sardegna
è stata per millenni ai margini della
storia e dei commerci del Mediterraneo:
un mondo a parte, splendido e peculiare.
Poi, di colpo, il XX
secolo è piombato
sull’isola, con il sogno
dell’industria, gli
equivoci e a volte gli
scempi provocati dal
turismo, un afflusso
di visitatori estivi in
crescita inarrestabile.
Ma confondere l’anima sarda con il
bianco candido delle spiagge e il blu
profondo del mare è un errore. Certo,
le coste sono splendide, anche se a
tratti l’edilizia sfrenata le ha rovinate.
Ma è soprattutto l’interno dell’isola,
stranamente selvaggio e impervio pur
essendo privo di grandi montagne, a
meritare una conoscenza più approfondita. L’ambiente
naturale è ricchissimo,
fatto di luoghi
completamente diversi
(si alternano suoli
calcarei, granitici,
alluvionali), di
panorami che mutano
dall’orizzontale al verticale in
pochi chilometri. La presenza dell’uomo nell’interno ha origini millenarie:
le vestigia delle antiche civiltà dei re
pastori costellano l’isola, a riprova del
fatto che i Sardi, da sempre, hanno
preferito guardare verso l’interno della
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propria isola invece che scrutare i
lontani orizzonti marini.
CENTRO DEL MEDITERRANEO
Dal mare, come dice un proverbio
sardo, venivano ladri e predoni: “furat
chie venit da-e su mare”. Sulle coste
sbarcarono infatti, nei secoli, i Punici, i
Romani, i Genovesi in perenne lotta
con i Pisani e con gli Arabi, gli
Spagnoli e, infine, i Piemontesi di casa
Savoia. Tutti hanno lasciato le tracce
architettoniche e culturali che fanno la
ricchezza della Sardegna d’arte: chiese
e ipogei, statue e affreschi che oggi
rappresentano una delle grandi
attrattive dell’isola-crocevia. Ma
nessuno, mai, riuscì a mutare profondamente l’anima della Sardegna, fatta
di pastorizia, di pietre e di foreste dove
il leccio e la sughera contendono il
passo al cinghiale.
Società, lingua e cultura
Nell’interno il ciclo dell’agricoltura e i
tempi della pastorizia scandiscono il
ritmo delle stagioni. Le antiche
tradizioni – in cui si fondono la
religiosità cattolica e le reminiscenze
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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
delle altre precedenti religioni – si
manifestano in una serie di feste e
celebrazioni che si basano spesso sul
rapporto strettissimo dell’uomo con la
natura.
Nell’interno dell’isola si parlano una
serie di dialetti fortemente differenziati, e la lingua dei sardi deve molto al
latino antico. Sopravvivono però
influenze genovesi, spagnole e toscane,
che fanno del sardo un vero e proprio
mosaico composto da tante tessere
quanti furono gli antichi conquistatori
dell’isola.
Le feste, i matrimoni, la vita di tutti i
giorni, soprattutto nell’interno, sono
accompagnati da una musica molto
particolare. Definita da studiosi e
musicisti – come Peter Gabriel, che ha
voluto il canto dei Tenores de Bitti
nella sua collana di musica etnica –
“unica in Europa”, la musica tradizionale sarda attraversa oggi un momento
di particolare sviluppo. Ricchissimo di voci e di
strumenti, il
panorama
musicale
dell’isola ruota
attorno al suono
delle launeddas e
alle quattro voci
che compongono il
Canto a tenores, che si può ascoltare
durante le feste (soprattutto nelle aree
centrali dell’isola), e di cui è oramai
reperibile un’ampia discografia.
LO SVILUPPO ECONOMICO
Tra passato e modernità, la
vicenda economica della
Sardegna è stata complessa
e ricca di contraddizioni. In
principio furono l’agricoltura e la pastorizia a reggere il
peso principale dello
sviluppo.
Poi, dopo l’Unità d’Italia,
geologi e ingegneri diedero
il via allo sviluppo minerario di molte zone, tra cui il
Sulcis, ricche di carbone e di metalli.
Fondamentalmente povera, l’industria
mineraria isolana entrò in crisi
soprattutto nel secondo dopoguerra, e
oggi sembra destinata a una fine
dolorosa. Lo sviluppo industriale,
consistito nell’apertura di alcuni “poli”
di notevole importanza, non ha dato i
risultati sperati e ha influito negativamente sull’ambiente sardo. Ma, nello
stesso momento, la comparsa dei
potenti insetticidi degli anni Cinquanta ha ottenuto un risultato eclatante. In
pochi anni le coste – evitate da sempre
perché poco salubri e popolate da
zanzare portatrici di malaria – sono
divenute accessibili pur rimanendo
selvagge e incontaminate.
LA SARDEGNA OGGI: IL TURISMO
Nato a piccoli passi, poi trasformatosi
in una corsa senza limiti, lo sviluppo
turistico dell’isola ha avuto molti
difetti, ma anche alcuni pregi. Ha fatto
conoscere l’isola nel mondo, ha aperto
le porte della Sardegna verso l’esterno,
ha fatto parlare di ambiente e ha
valorizzato la cultura e la storia.
Dopo l’abbuffata di cemento degli
scorsi decenni sono nati o stanno per
vedere la luce riserve naturali, parchi
marini e un grande parco nazionale, il
Gennargentu. Per chi ha conosciuto la
wilderness del Golfo di Orosei – e si è
reso conto che in Sardegna ci sono
ancora alcuni degli angoli naturali più
selvaggi d’Europa – la via da intraprendere pare oramai chiara: coniuga-
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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
re turismo e ambiente, uscire dal
circolo vizioso delle case necessarie a
ospitare un numero di turisti estivi
sempre più alto, favorire l’interesse per
le zone dell’interno.
Dopo il momento d’oro del mare,
l’intera isola merita ora di essere
scoperta e valorizzata.
Un viaggio in Sardegna è un’occasione
per incontrare gente forse chiusa a un
primo contatto, poi sempre più aperta,
ospitale e affascinante; per conoscere
una gastronomia ricca e varia; per
scegliere tra i cento prodotti di un
artigianato in grande rinascita; infine
per scivolare dolcemente, tra una
tappa e l’altra del proprio itinerario,
all’interno di un paesaggio destinato a
rimanere per sempre negli occhi e nel
cuore.
Il paesaggio marino
Il mare della
Sardegna,
secondo le analisi
chimiche
effettuate da
ambientalisti e
ASL, è tra i più puliti d’Italia. Le acque
sarde sono discretamente ricche di
fauna, i fondali sono in genere ben
conservati e meta di subacquei e
naturalisti. Le vertiginose scogliere a
picco sul mare ospitano decine di
specie di uccelli nidificanti e di rapaci.
Nel Golfo di Orosei, dopo anni di
ricerche, è stata nuovamente avvistata
l’agile foca monaca, il favoloso “bue
marino” che, un tempo ampiamente
diffuso, aveva dato nome a grotte e
insenature. Nei mari di nord-ovest e
nell’area delle Bocche di Bonifacio –
per la quale da anni si parla della
istituzione di una riserva marina
internazionale – è frequente l’incontro
con i delfini e con gli altri grandi
mammiferi marini.
LE COSTE DELLA SARDEGNA
Le acque cristalline del Mar Mediterraneo lambiscono i 1849 km di costa
che si rompono in una quantità
impressionante di scogli e isolette (per
la precisione 462). Piccole calette
s’alternano a scogliere levigate dal
vento e dalle onde; spiagge di sabbia
corallina dove il mare assume tutte le
tonalità del verde e del blu lasciano il
posto a dune di sabbia dorata su cui
fioriscono il giglio selvatico e il cisto.
Le aree più attrezzate, oltre alla
celeberrima Costa Smeralda, sono la
costa a sud di Olbia e quella all’estremità sud-orientale, intorno a
Villasimius. Solo alcuni tratti sono
rimasti selvaggi: la costa Orientale, tra
Orosei e Arbatax, e quella sudoccidentale, tra Baia Chia e Oristano
(grazie alle servitù militari e alle
concessioni minerarie).
R I T R AT TO DI S A R D E G N A
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Le dieci migliori spiagge della Sardegna
LA PIÙ CITTADINA.
Il Poetto, la
spiaggia di
Cagliari, è la più
grande e vivace
dell’isola. Un
tempo era molto
famosa per i
colorati casoni.
LA PIÙ NASCOSTA
Cala Domestica,
protetta da una
torre saracena, è
invisibile dal mare,
tanto che durante
la Seconda guerra
mondiale fu una
base militare dei
tedeschi.
LE DUNE PIÙ ALTE.
Sono quelle di
Piscinas, 9 km di
dune che arrivano
fino a 50 m di
altezza (le più alte
d’Europa) coperte
di macchia
mediterranea.
LA PIÙ CARAIBICA
Is Arutas, minuscoli “chicchi di
riso” di quarzo su
un mare verde
smeraldo. Mancano solo le palme
per l’effetto
tropicale.
IL MARE PIÙ PULITO
Bosa Marina, dal
tipico aspetto un
po’ retrò, è stata
premiata in
passato come una
delle spiagge più pulite d’Italia.
IL MIGLIOR WINDSURF
A Porto Pollo,
Porto Puddu in
sardo, c’è un’insenatura alla foce del
fiume Liscia, con
vento sempre
fresco e teso.
LA PIÙ ROSATA
La spiaggia
dell’isola di Budelli,
formata da pezzi di
conchiglia, coralli
e microrganismi
marini ha incredibili riflessi rosa.
LA PIÙ GIOVANE
La Cinta, lunga 1
km, tra mare e
laguna, amata dagli
under 20. Ideale
per windsurf e
intense abbronzature.
LA PIÙ SOLITARIA
Berchida, con
spiaggia candida e
rocce rosse; si
raggiunge al
termine di una
lunga strada bianca
attraverso la
macchia.
LA PIÙ INACCESSIBILE
Cala Luna, ci si
arriva solo in barca
o a piedi. Ricca di
colori: acque
turchesi, spiaggia
candida, laguna
blu, oleandri rosa,
lentisco e mirto
verdi.
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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
Flora e fauna
della Sardegna
Dalle rocce del
Gennargentu alle
pianure del
Campidano, dalle
colline della Nurra
alle rocce erose dal
vento della Gallura,
l’isola offre grande varietà
di ambienti naturali e di presenze
vegetali. Il leccio domina la foresta, la
sughera è sfruttata da secoli soprattutto nel nord, lentisco, cisto, mirto e
corbezzolo profumano la macchia.
Anche dopo decenni di sfruttamento
la fauna è ricca e interessante. La
macchia mediterranea e le foreste
ospitano cervi e cinghiali. Sulle rocce
assolate si muovono gli agili mufloni,
nell’area protetta di Monte Arcosu
sopravvive una piccola popolazione di
rari cervi sardi e all’Asinara un branco
di asinelli selvatici. Nella spettacolare
cornice della Giara di Gesturi i
cavallini allo stato brado pascolano e
galoppano ancora in libertà. Sull’isola
sono presenti varie specie di rettili, ma
è assente la vipera.
LA MACCHIA MEDITERRANEA
È un manto verde e fitto, spesso
impenetrabile, che ricopre le regioni
costiere e le montagne. Fiorisce in
primavera e riposa in estate per
riprendere a vivere in autunno. Per
questo motivo, anche in inverno l’isola
è verdissima e colorata di bacche
vivaci. Negli ultimi anni le aree di
macchia mediterranea sono andate
aumentando perché, dopo un incendio, le piante della macchia crescono
più velocemente di quelle della foresta.
Il nuraghe
Con la loro forma a tronco di cono,
7000 nuraghi costituiscono parte
integrante del paesaggio sardo.
Simbolo della civiltà fiorita tra il 1800
e il 500 a.C. (anche se sacche di
resistenza continuarono a esistere
dopo la conquista romana), sono
situati in posizione strategica per
scopi difensivi.
All’inizio erano
costituiti da
una sola torre
di grossi
blocchi di
pietra
sovrapposti a
secco. Con il tempo, ad essa si
aggiunsero altre torri collegate da una
cinta muraria fino a formare strutture
imponenti come il nuraghe Losa di
Abbasanta (OR), il Santu Antine di
Torralba (SS), su Nuraxi di Barumini
(CA) e il nuraghe Orrubiu a Orroli
(NU). La loro funzione era quella di
case-fortezza ai cui piedi si stendevano
villaggi di capanne circolari, circondate da un muro di difesa. Oltre all’architettura, la civiltà nuragica ha lasciato
più di 500 bronzetti, ritrovati nelle
tombe e presso i pozzi sacri.
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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
IL CULTO DEI MORTI
Per seppellire i morti il popolo dei
nuraghi costruì le imponenti Tombe di
Giganti. Si tratta di costruzioni
formate da un lungo corridoio coperto
con grandi massi. Una stele monolitica
di forma ovale, con apertura alla base
inferiore, forma il fronte della tomba,
che continua su entrambi i lati con due
filari di pietre disposte ad arco. La stele
centrale, centinata, poteva essere alta
anche oltre tre metri. La pianta
riproduce la linea delle corna del Dio
Toro. Spesso l’area della tomba è
circondata da lunghe file di menhir
antropomorfi.
La musica e il ballo
La musica della sardegna è una delle
più antiche del Mediterraneo: lo
testimonia il bronzetto nuragico
dell’VIII-VII secolo a.C. di Ittiri,
conservato al Museo archeologico di
Cagliari, che raffigura un suonatore di
launeddas, strumento polifonico a tre
canne tipico dell’isola, utiizzato ancora
oggi in processioni e balli. Difficile da
suonare – richiede una tecnica di
respirazione circolare – è formato da
tre canne di diversa lunghezza: su
tumbu (la più lunga), sa mancosa e sa
mancosedda. Senza accompagnamento
è invece il canto a Tenores, una
polifonica a quattro voci maschili: sa
boghe (voce solista, dirige il canto); sa
contra e su basso (voci d’accompagnamento, scandiscono le sillabe con
suono gutturale), sa
mesa boghe (mezza
voce, ha il compito
di amalgamare il
coro). Il ballo è
momento
integrante di
feste religiose e
sagre legate
all’agricoltura e
alla pastorizia. A
testa alta, con il
corpo rigido, i ballerini si muovono a
piccoli passi tenendo immobile il
corpo.
IL MUSEO DELLA MUSICA
A Tadasuni, un piccolo paese sulle rive
del lago Omodeo, si nasconde un vero
gioiello: il Museo degli strumenti della
musica popolare della Sardegna, che
raccoglie più di trecento strumenti
musicali. Il merito è di Don Giovanni
Dore, parroco del paese, che da anni
setaccia l’isola alla ricerca di strumenti. I più numerosi sono i caratteristici
strumenti sardi, a fiato o ad aria, che
vanno dallo zufolo alle launeddas,
costruiti in genere in canna palustre.
R I T R AT TO DI S A R D E G N A
Sono conservati anche numerosi
tamburi, realizzati con membrane
di pelle di cane, d’asino o di capra.
Il trimpanu veniva utilizzato per
spaventare i cavalli e disarcionare i
carabinieri. Non manca naturalmente anche l’organetto, introdotto
in Sardegna intorno alla metà
dell’Ottocento e costituito da cassa
del canto, mantice e cassa dei bassi.
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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
Note
INTRODUZIONE
ALLA SARDEGNA
Note storiche
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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
NOTE STORICHE
Note storiche
Antiche, molto antiche sono le origini
della civiltà della Sardegna.
I primi uomini la raggiunsero attraversando un ponte di terre emerse
probabilmente fra 450 e 150.000 anni
fa, poi una serie di culture diverse
dominò l’isola fino all’avvento della
civiltà nuragica dei re pastori, che ha
lasciato eccezionali testimonianze.
Tra i circa 7.000 nuraghi costruiti in
terra sarda, alcuni sono giunti fino a
noi in ottime condizioni, come i
complessi di Barumini e di Santu
Antine e il nuraghe Losa. I Fenici
raggiunsero la Sardegna 1.000 anni
prima di Cristo e si stabilirono sulle
coste (Tharros, Nora, Bithia e Cagliari)
e i Romani, al termine delle guerre
puniche, si insediarono sull’isola. Il
controllo romano durò 700 anni e
lasciò una serie di
testimonianze
importanti, ma
alla caduta
dell’Impero
l’isola divenne
nuovamente
terra di
conquista.
Vandali,
Bizantini,
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Arabi si disputarono a lungo i favorevoli approdi sardi, fino a che le
repubbliche marinare di Pisa e di
Genova fecero la loro comparsa sugli
agitati mari della Sardegna. A questo
periodo risale la fioritura dello stile
romanico sardo, poi tramutato, dopo
la conquista aragonese, in gotico.
Dopo 400 anni di dominio spagnolo, la
Sardegna venne assegnata all’Austria
che la cederà, nel 1718, alla casa
Savoia. Il regno di Sardegna
sopravviverà fino all’Unità italiana.
Dopo un lento sviluppo economico,
solo al termine della Seconda guerra
mondiale verranno bonificate le paludi
e gli stagni costieri: questo segnerà
l’inizio del turismo e della storia della
Sardegna di oggi.
La preistoria
Anche se il ritrovamento di alcuni
utensili litici a Perfugas attesta la
presenza dell’uomo sin dal Paleolitico
(150 mila anni fa), è solo intorno al
9000 a.C. che la Sardegna inizia a
essere popolata da popolazioni
provenienti dall’Asia Minore, dalle
coste africane, dalla Penisola iberica e
dalla Liguria. La ricchezza dei prodotti
della terra e le miniere di ossidiana di
Monte Arci assicurarono contatti e
sviluppo. Intorno al 3000 a.C. i Sardi
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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
erano
divisi in
tribù,
vivevano in
villaggi di
capanne
dal tetto di
paglia e
seppellivano i morti nelle domus de
janas. Intorno al 1800 a.C. si verifica il
passaggio da una società agricola a una
pastorale e guerriera: la civiltà
nuragica. Le capanne vengono
costruite a ridosso della struttura
difensiva del nuraghe. Al primo
periodo (1500-1000 a. C.) risalgono le
Tombe di Giganti, per il culto dei
morti.
Fenici, Cartaginesi
e Romani
Intorno al 1000 a.C. i Fenici iniziarono
a sfruttare i ripari delle coste sarde.
Con l’ntensificarsi degli scambi
commerciali, circa 200 anni dopo,
fondarono le città di Nora, Sulcis,
Tharros, Olbia e, più tardi, quelle di
Bithia e Karalis, attuale Cagliari. I
buoni rapporti con i capi tribù
durarono poco. I popoli nuragici, dopo
un periodo di pace, attaccarono le
colonie fenicie che, nel 509 a.C.,
chiesero aiuto a Cartagine. Nel 238
a.C. i Cartaginesi, sconfitti nella prima
guerra punica, cedettero la Sardegna ai
Romani, che ne fecero una loro
provincia. Per oltre un secolo le
popolazioni locali opposero una
strenua resistenza, che si concluse solo
nel 215 a.C. con la battaglia di Cornus
(p 129). Ma i Romani non sottomisero
mai l’intera isola: nell’interno la
resistenza dei popoli nuragici continuò
a lungo. Grazie ai Romani, tuttavia,
l’isola ebbe una sua rete viaria, templi,
terme, acquedotti e anfiteatri.
Il Medioevo dai Vandali
agli Aragonesi
Anno domini 456: i Vandali occupano
la Sardegna. Pochi anni dopo l’isola,
occupata da Bisanzio, diviene una
delle sette province africane dell’Impero romano d’Oriente. Nel vuoto di
potere che segue, accentuato dalle
invasioni arabe, nascono quattro
principati autonomi: i “giudicati” di
Torres, di Gallura, d’Arborea e di
NOTE STORICHE
Cagliari. Intorno al 1000 Pisani e
Genovesi, dopo aspre battaglie contro
gli Arabi, occupano porzioni dell’isola.
Dopo un lungo periodo di contatti con
l’Aragona, nel 1295 papa Bonifacio
VIII firma la bolla che nomina
Giacomo II d’Aragona “Re di Corsica e
Sardegna”. Il 12 giugno del 1323
l’infante Alfonso sbarca con il suo
esercito in Sardegna.
La dominazione spagnola
Non è facile la
conquista
spagnola della
Sardegna: i
giudici
d’Arborea
intraprendono una lunga
guerra contro
gli invasori, Alghero si ribella varie
volte e la corona è costretta a dar vita,
nel 1355, alle “costituzioni”, sorta di
parlamento in cui sono rappresentate
le sei maggiori città dell’isola. Il potere
passa definitivamente nelle mani degli
Aragonesi solo nel 1409 quando, dopo
la sanguinosa battaglia di Sanluri, il
giudicato di Arborea viene cancellato e
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sostituito dal marchesato di Oristano.
Con le nozze tra Ferdinando d’Aragona
e Isabella di Castiglia ha inizio, nel
1479, il periodo spagnolo dell’isola.
Nascono le università sarde (1562
Sassari, 1620 Cagliari) e la peste si
abbatte a varie riprese sulla Sardegna.
Nel 1714 l’isola, in seguito al trattato di
Utrecht, viene ceduta all’Austria che,
con il trattato di Londra, la lascerà a
Vittorio Amedeo II di Savoia.
Il Regno di Sardegna
(1718-1860)
Tra i primi atti del
governo sabaudo
c’è un piano per
la rinascita
delle università sarde. A
causa di una
profonda
crisi economica e
sociale,
nell’isola si diffonde il banditismo.
Dopo la Rivoluzione del 1789 falliscono gli attacchi all’isola da parte della
Francia rivoluzionaria, ma nel 1795 la
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INTRODUZIONE ALLA SARDEGNA
Sardegna viene percorsa da fermenti: a
Cagliari scoppia la “sarda rivoluzione”
poi, nel 1799, la famiglia regnante si
rifugia in Sardegna dopo l’invasione
francese della Savoia. A Cagliari e a
Sassari, una grande folla chiede ai
Savoia la “fusione perfetta” con il
regno. Nel 1849 Garibaldi approda a
Caprera e acquista una parte dell’isola.
Dodici anni dopo la Sardegna entra a
far parte del Regno d’Italia.
Fra le due guerre si sviluppa l’industria
mineraria, nasce Carbonia (1938), e
viene portato avanti un complesso
piano di bonifica e di realizzazione di
invasi artificiali importanti, come il
lago Omodeo, creato da una diga sul
fiume Tirso. Durante il conflitto le
città costiere sono devastate dai
bombardamenti. Il 31 gennaio del
1948 l’Assemblea Costituente approva
lo Statuto della Regione Autonoma
della Sardegna.
La Sardegna dell’Unità
(1861-1948)
La Sardegna oggi
L’industrializzazione della Sardegna
avanza: nel 1871 entra in funzione il
primo tronco della ferrovia sarda e
ferve il lavoro nelle miniere del Sulcis e
dell’Iglesiente. Nascono i primi
quotidiani, e a fine secolo Nuoro
diviene la culla di un movimento
culturale che darà i suoi frutti con
Grazia Deledda. Nella Prima guerra
mondiale, l’eroismo della Brigata
Sassari diviene il simbolo della
rinascita sarda che, nel 1921, porterà
alla nascita del Partito Sardo d’Azione.
Se la Sardegna odierna ha una data di
nascita, probabilmente è il 12 aprile
1946, quando fu fondato l’Ente
Regionale per la Lotta Antianofelica,
che porterà, nel 1950, alla bonifica
delle paludi costiere. Le coste, rifuggite
per millenni, divengono accessibili, e
nasce la Sardegna del mare: la Costa
Smeralda, invenzione dell’Aga Khan
degli Ismailiti, diviene un nome
famoso in tutto il mondo. Nel frattempo, la vita dei sardi cambia, diminuiscono pastori ed agricoltori, si
sviluppano l’industria e il terziario
causando però danni ingenti all’ambiente naturale. Oggi la Sardegna è a
un bivio. Da un lato, il proseguimento
dello “sviluppo” senza freni, dall’altro,
una nuova, costante attenzione alla
vera ricchezza dell’isola: la natura
incontaminata e la diversità degli
ambienti.
NOTE STORICHE
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Note
LA SARDEGNA
ZONA PER ZONA
Cagliari e il Sud
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
CAGLIARI E IL SUD
Cagliari e il Sud
Dune costiere alte fino a 50 metri,
stagni salmastri dove nidificano colonie
di fenicotteri rosa, foreste di macchia
mediterranea in cui sopravvivono gli
ultimi esemplari di cervo sardo. Ma in
questa zona dell’isola ci sono anche i più
interessanti siti archeologici della
regione, come quelli di Nora e
Barumini.
Per non parlare dell’archeologia
industriale dell’area mineraria
dell’Iglesiente che dopo anni di crisi
dovrebbe essere riconvertita al
turismo. Nel Sulcis e nell’Iglesiente le
bellezze naturali si sposano
sapientemente con gli edifici minerari
del secolo scorso, simili a castelletti
gotici ora invasi dalla macchia
mediterranea. La storia mineraria della
regione è antica e risale a 7000 anni fa,
quando l’isola era abitata da un popolo
che aveva scoperto come estrarre e
fondere rame e argento. Poi arrivarono
i Fenici che trasportarono in tutto il
Mediterraneo le ricchezze del
sottosuolo sardo. Nel Medioevo furono
i Pisani a dare nuova linfa alle miniere
d’argento, mentre il fascismo puntò
tutto sul carbone, in nome dell’autonomia energetica. Poco distanti dalla
costa, San Pietro e Sant’Antioco, isole
non solo in senso geografico.
I centri di Calasetta e Carloforte sono
abitati dai discendenti di quei pescatori liguri che furono costretti a lasciare
l’Africa del Nord dove erano tenuti in
ostaggio dai corsari barbareschi e che,
della lontana Liguria, hanno mantenuto parlata, tradizioni culinarie e
architettura delle case. Alle spalle delle
montagne del Sud si apre la pianura
del Campidano bordata da siepi di
fichi d’India e da filari di eucalipti.
Questa zona da sempre è stata il
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“granaio” dell’isola, anche se oggi al
lavoro dei campi si unisce quello delle
fabbriche, che sono concentrate
principalmente nell’area di Cagliari. Il
capoluogo della regione deve la sua
origine sempre ai navigatori fenici. Ma
l’impronta più indelebile in questa
città l’hanno lasciata i dominatori
aragonesi che hanno costruito il
quartiere fortificato in cima alla rupe,
tuttora chiamato Castello.
CAGLIARI
Capoluogo della regione e importante
porto al centro del Golfo degli Angeli,
Cagliari si è sviluppata
ai piedi della collina di Castello, il
quartiere pisano-aragonese. Furono i
Fenici, nell’VIII-VI secolo a.C., a
scegliere la riva orientale della laguna
di Santa Gilla come approdo per
rifornire le navi nelle rotte tra Libano e
Penisola iberica. Kàralis, che significa
città rocciosa, diventò presto uno dei
centri commerciali più importanti del
Mediterraneo. A dare a Cagliari
l’aspetto attuale furono i Pisani, che
risiedevano in Castello. Ai Sardi, cui
era consentito l’ingresso solo durante il
giorno, erano riservati i borghi murati
di Stampace e Villanova, oggi quartieri
centrali. Nel 1862 le fortificazioni
vennero abbattute. La città moderna,
circondata su tre lati dal mare e dagli
stagni, si è espansa solo verso nord.
VISITANDO CAGLIARI
Via Roma è il primo impatto con la
Sardegna per chi arriva dal mare. Il
viale corre parallelo alla banchina del
porto, con palazzi signorili costruiti
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
CAGLIARI E IL SUD
nel secolo scorso e
lunghi portici d’impronta sabauda.
Durante il giorno il
viavai è
continuo
davanti ai
negozi o nei
caffè dove la
gente sosta per chiacchiere rilassate. Alle spalle i vicoli di
Marina, il vecchio quartiere abitato un
tempo da mercanti e pescatori, con
trattorie tradizionali, botteghe
artigianali e negozi d’antiquariato. Ma
anche vicoli fatiscenti e osterie da
angiporto. Largo Carlo Felice è un
ampio viale alberato, realizzato nella
seconda metà del secolo scorso, che
prende il nome dal re di Sardegna,
immortalato da una statua. All’angolo
con via Roma sorge il Palazzo Comunale, una costruzione di inizio secolo
in stile neogotico, con bifore e torrette.
È stato ricostruito dopo l’ultima
guerra.
Nelle sale di rappresentanza si trovano
dipinti di Giovanni Marghinotti e
Filippo Figari. Nella sala della Giunta
interessante il Trittico dei Consiglieri.
Si può visitare rivolgendosi al custode.
BASTIONI DI SAINT REMY
Costruiti alla fine dell’800 sui bastioni
spagnoli della Zecca e dello Sperone, si
raggiungono da piazza Costituzione
con una scala a tenaglia che porta alla
Terrazza Umberto I. La vista spazia dai
quartieri lungo il mare fino agli stagni
e alla Sella del Diavolo; in lontananza
le cime dei Sette Fratelli e di Monte
Arcosu. Tutte le domeniche mattina
la spianata si riempie dei banchetti di
un colorato mercatino delle pulci. Al
piano intermedio la passeggiata
coperta utilizzata per mostre
e manifestazioni.
ANFITEATRO ROMANO
Viale Fra Ignazio. # estate 9-13, 15.3019; inverno 9-17. La più importante
testimonianza della Cagliari romana
27
risale al II secolo d.C. L’anfiteatro è
stato interamente scavato nella roccia,
alla maniera dei teatri greci.
Era utilizzato come circo per le belve
feroci e per le naumachie (gli spettacoli che riproducevano le battaglie
navali,
in
voga nell’antica
Roma). Un sistema di
canalizzazioni permetteva di riempire
la fossa di acqua. Durante il Medioevo
crollarono le parti in muratura e le
gradinate vennero utilizzate come cava
di pietra per la costruzione di Castello.
Sono arrivati fino a oggi la cavea, la
fossa per le belve, i sottopassaggi, i
sotterranei e le gradinate.
ORTO BOTANICO
Viale Fra Ignazio 13. § 070 67 53 501.
# 8-13.30, 15-19 apr-ott. ¢ pomeriggio
nov-mar. & 7
Si estende alle spalle dell’Ospedale su
una superficie di circa 5
ettari. Fondato
nel 1865, raccoglie oltre 500 specie di
piante tropicali provenienti da
America, Africa, Asia, Oceania e le più
caratteristiche piante mediterranee.
L’area è piena di piccole cavità come la
Grotta Gennari che nel secolo scorso
fu attrezzata per la coltivazione delle
felci grazie alla temperatura e all’umidità presenti al suo interno. L’Orto
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Botanico conserva anche alcune
testimonianze di epoca punicoromana: cisterne e gallerie realizzate
per rendere più flessibile il sistema di
approvvigionamento idrico, che
possono essere visitate. Come la
galleria romana o la cisterna a
forma di damigiana.
CATTEDRALE
Piazza Palazzo. # 8.30-12.30
lun-ven; 8.30-13, 16.30-20
sab, dom e fest.
Museo Capitolare § 070 66
38 37. Visita su appuntamento.
Dedicata a Santa Maria, venne
costruita dai Pisani tra il XII e il XIII
secolo e trasformata nel corso dei
secoli. Nel 1930 la facciata fu rifatta nel
tentativo di ridare alla chiesa l’originale
stile romanico toscano, perduto
durante una ristrutturazione nel XVII
secolo. L’interno, a tre navate, conserva
il pulpito che Mastro Guglielmo scolpì
fra il 1159 e il 1162 per la cattedrale di
Pisa e che la città toscana donò a
Cagliari. Sotto l’altare maggiore è
scavata una cripta con le tombe di
principi di Casa Savoia. Nell’Aula
Capitolare è conservata una raccolta di
dipinti con un Cristo Flagellato
attribuito a Guido Reni. Il Museo
Capitolare conserva le più importanti
opere del Tesoro della Cattedrale
composto da anfore, calici, piatti
cesellati. Al centro una grande Croce
in argento dorato.
IL QUARTIERE CASTELLO
La parte più antica della
città, fu
costruito
in gran
parte da
Pisani e
Aragonesi
sulla sommità del colle. Protetto da
mura, racchiudeva i palazzi della
aristocrazia e la Cattedrale. Col tempo
ha perso la sua funzione di centro di
potere e i palazzi nobiliari hanno
subito un progressivoi degrado. Il
quartiere ha un andamento a fuso, con
tre strade parallele che lo attraversano
da sud-est a nord-ovest. Al centro
piazza Palazzo su cui affacciano la
Cattedrale, il Palazzo
Arcivescovile, l’ex Palazzo
di Città e l’ex Palazzo
Reale, sede della
Prefettura. A fianco
della Cattedrale, la
Chiesa della Speranza, cappella della
famiglia Aymerich.
STAGNI
Attorno a Cagliari si sviluppa una rete
di stagni e paludi che ospita una ricca
fauna. Sul lato occidentale del Golfo
degli Angeli si incontra lo stagno di
Santa Gilla, con le antiche saline di
Macchiareddu. A oriente della città, in
piena periferia, lo stagno di
Molentargius è un ottimo rifugio per
gli uccelli migratori: il naturalista
Helmar Schenk vi ha osservato 170
specie, numero pari a un terzo
dell’intera avifauna europea. Poco
oltre, lungo la costa, si trovano gli
specchi d’acqua di Simbirizzi e di
Quartu. Dopo anni di degrado, oggi le
zone umide che circondano Cagliari
sono diventate aree protette. Attive in
passato, le saline lavorano adesso solo
nella zona di Santa Gilla; tra agosto e
marzo i fenicotteri rosa che planano
sulle acque attirano decine di naturalisti. Dal 1993 i fenicotteri hanno anche
iniziato a nidificare sugli argini del
Molentargius.
LA VITA NEGLI STAGNI
Studiata da decenni, l’area degli stagni
è ufficialmente protetta dal 1985.
Grande interesse viene, a partire dal
1993, grazie alla nidificazione dei
fenicotteri rosa. Oltre ai fenicotteri (il
cui numero supera in alcune stagioni
le 10.000 unità), si possono osservare il
cavaliere d’Italia, l’avocetta, la pernice
CAGLIARI E IL SUD
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30
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
di mare, il cormorano
e l’alzavola. Sulle acque di
Macchiareddu, invece, germani,
folaghe e codoni.
UTA
sormontata da un piccolo campanile a
vela. Di grande interesse le figure alla
base degli archetti: teste umane, cervi,
vitelli, disegni geometrici. Per Santa
Lucia è meta di una processione di
carri (traccas).
Dintorni: il paese-museo di San
Sperate famoso per i murales di vari
autori e per le sculture di Pinuccio
Sciola.
SANLURI
Posta tra il campidano e le montagne
del Sulcis, Uta è un fiorente centro
agricolo. Ai margini dell’abitato sorge
la chiesa di Santa Maria, costruita nel
1140 dai Vittorini di Marsiglia. La
facciata, in pietra chiara con qualche
concio di colore più scuro, è decorata
con cornici ad archetti pensili e
Importante paese ai bordi del
Campidano, si è sviluppato intorno al
Castello di Eleonora d’Arborea.
L’edificio, costruito nel XIV secolo,
passò di mano diverse volte prima di
entrare in possesso degli Aragona.
Oggi è proprietà dei conti Villasanta
che lo hanno restaurato ospitando un
Museo del Risorgimento. La struttura
CAGLIARI E IL SUD
è massiccia, a base quadrata, con
quattro torri angolari. All’interno sono
conservati pregevoli mobili, dal letto
cinquecentesco a sculture d’epoca
come San Michele nell’atrio. Al piano
superiore il Museo della Ceroplastica
con miniature del Cinquecento. Su un
dosso sorge il Convento dei Cappuccini. All’interno vi è un Museo Storico
Etnografico con una raccolta di oggetti
di lavoro, paramenti sacri e reperti
archeologici.
31
SERRI
Centro agricolo-pastorale, sorge sul
bordo di un tavolato roccioso, che
domina le colline della Trexenta.
Proprio sulla punta del promontorio, il
Santuario nuragico di Santa Vittoria,
una delle rovine più affascinanti
dell’isola. Nella zona archeologica sono
stati portati alla luce i bronzetti votivi
(esposti al Museo Archeologico di
Cagliari). Dall’ingresso si raggiunge il
grande Recinto delle feste, un remoto
predecessore dei santuari campestri
(cumbessias o muristeni), presente
nelle principali chiese di campagna
della Sardegna per offrire ospitalità ai
novenanti. A pianta ellittica, è formato
da un’ampia corte centrale su cui si
affacciano vani porticati destinati ad
accogliere i pellegrini convenuti al
tempio del dio delle acque. Sul
promontorio, il Pozzo a Tempio, in
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ottimo stato di conservazione, è
formato da una scala di 13 gradini in
basalto, di sorprendente regolarità.
SÀRDARA
Ai margini del Campidano,
Sàrdara è un borgo che
ha avuto una storia
movimentata,
vista la sua
posizione al
confine
tra il
Giudicato di
Arborea
e quello
di Cagliari. Dell’epoca medievale
rimangono i ruderi del Castello di
Monreale, in cima a un dosso che
domina la pianura. Il paese ha una
pianta irregolare, dovuta alle successive fasi di espansione, ma conserva
grandi case in pietra con portale ad
arco nella zona intorno alla chiesa
romanico-gotica di San Gregorio, dalla
facciata alta e stretta, con un bel
rosone scolpito. Nella parte alta, posto
a pochi vicoli di distanza dalla
cinquecentesca parrocchiale della
Beata Vergine Assunta sorge il Tempio
nuragico a pozzo di Sant’Anastasia.
Risale al IX-X secolo a.C. ed è formato
da blocchi di basalto e calcare non
squadrati. Una sorgente di acque
curative che sgorga vicino gli valse
nell’antichità il nome di “Fontana dei
dolori”: un canaletto in pietra portava
al tempio l’acqua della sorgente sacra.
Nei locali del vecchio municipio,
infine, il Museo Archeologico Villa
Abbas espone una serie di oggetti
provenienti dall’area di Sant’Anastasia,
da tombe nuragiche, fenicie e romane
della zona. Interessanti anche le
mostre di reperti medioevali.
Dintorni: a 2 km i resti del complesso
termale romano Aquae Neapolitanae.
Sono visibili una vasca quadrata, le
fondamenta degli edifici vicini e la
chiesetta gotica di Santa Maria is
Acquas.
VILLANOVAFORRU
Centro agricolo ai piedi della
Marmilla, ha la topografia tipica del
Seicento, quando venne fondato sotto
gli Spagnoli. La struttura delle
abitazioni ha conservato i tratti
tradizionali e nel palazzetto del Monte
Granatico (una specie di banca del
grano) è allestito un piccolo ma curato
Museo Archeologico. Da vedere, al
secondo piano, gli oggetti votivi
dedicati al culto di Demetra e Core
(epoca punico-romana). Sulla stessa
piazza, in due tradizionali abitazioni
ristrutturate dal Comune, si organizzano mostre temporanee. Nei dintorni,
ben segnalato sulla strada verso
Collinas, il complesso nuragico di
Genna Maria. Il nuraghe, riportato alla
luce solo nel 1977 e ancora oggetto di
scavo, sorge in posizione dominante
sulla cima di una collina. A pianta
trilobata, ha un torrione centrale,
circondato da tre grandi torri unite tra
loro da spesse mura che racchiudono
all’interno un cortile con pozzo a
thòlos. All’esterno dell’area del
villaggio corre un’altra cinta di mura
con sei torri angolari.
GÙSPINI
Centro del Campidano, nel cuore della
regione mineraria, ha una bella chiesa
del XV secolo, San Nicola di Mira, che
ne costituisce il fulcro. Il borgo è
CAGLIARI E IL SUD
interessante perché
nei suoi pressi si
trova la miniera
di Montevecchio,
negli anni ’50 una
delle più grandi
d’Europa. Nonostante il progressivo abbandono, il
villaggio minerario è da visitare per
vedere l’architettura delle case, il
palazzo della direzione, la chiesa, le
case dei dirigenti, la scuola, l’ospedale.
In estate vengono organizzate visite
guidate alla miniera, alla palazzina
della direzione e alla mostra sulla vita
dei minatori. Vicino a Montevecchio si
staglia il massiccio di Monte Arcuentu
con resti di un antico castello. Per la
festa di Santa Maria si svolgono una
processione di cavalli bardati e un
concorso ippico.
ARBUS
Piacevole paese dalle case in granito
posto alle pendici del Monte Linas. È
famoso per la lavorazione dei coltelli, a
lama ricurva, arrasoias, che vengono
prodotti da artigiani locali. Nei
dintorni il borgo minerario abbandonato di Ingurtosu, costruito dalla
33
società francese Pertusola, ex proprietaria delle miniere. Le case, la chiesa e
la palazzina della direzione sono
circondate dal verde della macchia
mediterranea e della pineta. Una
strada sterrata scende tra miniere,
edifici abbandonati e gigantesche
discariche fino a Narcauli con le rovine
della caveria costruita nel primo
dopoguerra. Un tempo un trenino
decauville portava il materiale estratto
fino al mare dove veniva caricato sulle
navi. Alcuni tratti delle vecchie rotaie
con i carrelli si possono vedere sulla
spiaggia di Piscinas nei pressi dell’albergo Le Dune, ricavato da un vecchio
edificio minerario. Alle spalle una
catena di bianche dune, formate dal
vento, ma ricoperte dal verde della
macchia mediterranea. La spiaggia si
estende per 9 km verso sud fino a
Capo Pecora, mentre a nord lascia
posto a una costa rocciosa che prende
il nome di Costa Verde.
FLUMINIMAGGIORE
Nella valle del rio Mannu,
Fluminimaggiore è una borgata
agricola che risale al Settecento. Nei
dintorni, a 9 km sulla statale per
34
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
CAGLIARI E IL SUD
35
36
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Iglesias, un cartello turistico ben
visibile porta alle rovine del Tempio
romano di Antas. Dedicato al Sardus
Pater, considerato dai Romani dio e
progenitore del popolo sardo, venne
scoperto nel secolo scorso, ma gli scavi
iniziarono solo nel 1966. Il tempio fu
costruito nel III secolo d.C. sul luogo
di un preesistente tempio punico.
Anche se della struttura restano solo
sei colonne, il luogo è pieno di fascino
per la posizione isolata nella macchia
mediterranea. La strada che si dirige
verso il mare tocca la bella spiaggia di
Portixeddu, protetta da dune ricoperte
da una pineta, e sale poi verso Capo
Pecora, da dove si gode un ampio
panorama della costa.
occasione dei primi moti operai.
Nei dintorni si trova la costa più
selvaggia dell’isola. Alta e dirupata, a
sud si apre sulla baia di Cala Domestica, una delle più belle della Sardegna,
ben protetta in fondo a un fiordo
roccioso sorvegliato da una torre
spagnola. Sulla piccola spiaggia un
tempo venivano imbarcati i minerali
estratti a Montecani, sopra Masua. La
costa fino a Capo Pecora è bassa e
sabbiosa, protetta da alte dune.
IGLESIAS
BUGGERRU
Ex villaggio minerario che si concentra
sul fondo di una valletta affacciata sul
mare, si è da poco riconvertito al
turismo con l’apertura di un comodo
porto turistico (l’unico tra Carloforte e
Oristano). Fondato nel secolo scorso in
una zona ricca di giacimenti, divenne
in pochi anni un fiorente borgo
minerario, centro direzionale della
francese Société Anonyme des Mines
des Malfidano. Nel paese, circondato
oggi da cumuli di detriti, c’erano allora
la corrente elettrica, un ospedale,
scuole, librerie, una società di Mutuo
Soccorso e un piccolo teatro dove si
esibivano cantanti d’opera lirica. Nella
parte bassa del paese sono esposte le
sculture che Pinuccio Sciola ha
dedicato ai minatori morti nel 1904, in
Iglesias, Villa di Chiesa, venne fondata
nel XIII secolo dal conte Ugolino della
Gherardesca, quando i Pisani
riattivarono le miniere abbandonate al
tempo dei Romani. La produzione di
argento era allora molto alta, e la città
aveva il diritto di coniare le sue
monete. A metà del secolo scorso
Iglesias attraversò un altro periodo di
splendore grazie alla Miniera
Monteponi. Oggi le discariche di
detriti e i ruderi degli edifici minerari
in gran parte abbandonati circondano
un centro storico ben conservato, con
la centrale via Matteotti, pedonale, che
porta verso piazza del Municipio, una
delle più belle dell’isola. Su di essa si
affacciano il Vescovado, il Palazzo del
Comune e la Cattedrale di Santa
Chiara. Terminata alla fine del XVII
secolo, ha una bella facciata romanicogotica con un rosone fiancheggiato da
due finestre chiuse e una serie di
archetti. Intorno si dipartono le vie
tortuose con palazzetti a due piani dai
CAGLIARI E IL SUD
balconi di ferro battuto.
Si arriva così a San Francesco, costruita a varie riprese tra il ’300 e il ’500, a
navata unica con cappelle nobiliari
laterali. Da Piazza Sella, una passeggiata di mezz’ora conduce alle mura
pisane e al Castello di Salvaterra, in
cima alla collina.
Dintorni: in località Case Marganai si
trova il Giardino Botanico Linasia,
novemila metri quadrati dove ammirare tutti gli esemplari della macchia
mediterranea. Il Museo Casa Natura
custodisce reperti naturali e dell’attività mineraria. Per scoprire le vestigia
del passato minerario sono organizzate
visite guidate da cooperative turistiche
in collaborazione con l’Associazione
Minatori.
Tra le più interessanti la via dell’argento lungo un percorso che dalle miniere
di San Giovanni conduce al villaggio
abbandonato di Seddas Moddizzis.
Lungo il tragitto s’incontra il pozzo
Santa Barbara che con le sue mura
merlate sembra un castello medievale.
In alternativa la visita all’insediamento
minerario di Monteponi, dall’elegante
palazzina di Bellavista alla struttura
slanciata del pozzo Sella.
MINIERA MONTEPONI
La costa che dalla spiaggia di
Fontanamare porta a Masua è selvaggia e molto panoramica grazie ai
faraglioni di Masua e al Pan di
Zucchero, uno scoglio bianco che
raggiunge l’altezza di 132 m. A
completare il quadro le rovine di
archeologia industriale intorno a
Nebida, piccolo centro minerario con i
suggestivi resti della Caveria La
Marmora, in bilico tra terra e mare,
che può essere raggiunta con una
panoramica passeggiata. Oltre Nebida
si giunge a Masua, con una spiaggia
dominata dalla falesia calcarea di
Monte Nai.
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38
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
CARBONIA
Al centro della regione carbonifera del
Sulcis, Carbonia è una città recente: i
lavori, durati due anni, iniziarono nel
1936. Dell’epoca è rimasto l’impianto
urbanistico-architettonico fascista con
strade ampie e regolari che convergono
verso la centrale piazza Roma, con il
Municipio, la Torre civica e la Chiesa
parrocchiale di San Ponziano con un
campanile in trachite, copia della
cattedrale di Aquileia. L’ex residenza
del direttore delle miniere, Villa Sulcis,
è stata trasformata in Museo archeologico dove ammirare gioielli, ceramiche
e bronzetti provenienti da domus de
janas e dagli scavi archeologici di
Monte Sirai. Fossili, minerali rari e la
ricostruzione di una grotta naturale
sono invece i pezzi forti del Museo di
Paleontologia e Speleologia Martel.
Nei dintorni di Carbonia una strada
ben segnalata porta alla collina sulla
cui cima si estende il complesso
archeologico di Monte Sirai. La visita
vale anche solo per il panorama che
spazia fino alle isole di Sant’Antioco e
di San Pietro. Interessanti le rovine,
ancora oggetto di scavi. L’acropoli
fortificata di Monte Sirai venne
costruita dai Fenici nel IV secolo a.C.
come difesa di Sulki (l’odierna
Sant’Antioco). La cinta muraria, spessa
fino a 4 m, proteggeva l’acropoli e gli
alloggi della guarnigione.
Lo sviluppo urbanistico segue le
asperità del terreno con tre vie
parallele che dividono cinque isolati.
Interessante l’area della necropoli:
quella fenicia presenta tombe a fossa
mentre quella punica è formata da una
dozzina
di tombe a ipogeo.
CALASETTA
Secondo centro dell’isola di
Sant’Antioco e porto d’imbarco per
Carloforte, Calasetta è stata progettata
nel 1769 da un ingegnere militare
piemontese per accogliere i pescatori
liguri che arrivavano da Tabarka. Le
strade regolari con case a due piani
portano alla piazza principale e alla
Chiesa Parrocchiale dai campanili
arabeggianti. La strada che si dirige a
sud lungo la panoramica costa
occidentale alterna scogliere a calette e
spiagge.
SANT’ANTIOCO
Sant’antioco è il centro principale
dell’isola omonima collegata alla
terraferma da un istmo artificiale; sin
dall’epoca romana esisteva un ponte ad
arcate di cui rimangono solo pochi
resti. Fondata dai Fenici nell’VIII
secolo a.C. con il nome di Sulki, fu una
delle città più importanti del Mediter-
CAGLIARI E IL SUD
raneo, dal
cui porto
transitavano
i minerali,
oro compreso, estratti
nell’Iglesiente. Per
questo Tolomeo la chiamò insula
plumbaria, l’isola del piombo. Al
tempo della II guerra punica, il porto
fu usato come base dalla flotta
cartaginese. L’alleanza le costò in
seguito la punizione da parte dei
vincitori Romani. Questo non fermò la
sua espansione che continuò fino alla
fine dell’Impero. Nel Medioevo le
continue scorrerie dei pirati portarono
a un progressivo abbandono. L’abitato
si estende dal mare alla collina, con
case dai balconcini in ferro battuto. In
cima al paese, su un’altura rocciosa, il
Castello Sabaudo in trachite rossa e
l’Acropoli della città punica. Su una
roccia trachitica che domina il mare c’è
il Tophet, il santuario-necropoli dove
venivano deposte le ceneri dei bambini
nati morti o defunti poco dopo la
nascita. In zona l’area della Necropoli
punica, una quarantina di tombe
ipogee, utilizzate per deposizioni di
gruppi familiari e successivamente dai
Romani per la deposizione di urne in
pietra o piombo contenenti le ceneri
dei defunti. Le tombe occupano tutta
la parte alta dell’abitato, trasformate
nell’epoca cristiana in catacombe
paleocristiane.
Sotto la chiesa di Sant’Antioco,
costruita nel VI secolo con pianta a
croce greca e cupola centrale ma
modificata intorno al 1000, si aprono
le catacombe dove la tradizione vuole
fosse sepolto il santo patrono dell’isola
proveniente dalla Mauritania (in
periodo romano l’area del Maghreb).
Se ne può visitare solo una parte
aperta sotto il transetto destro. I vani
sono alti meno di due metri e in alcuni
punti affrescati.
Nella vicina Via Regina Margherita,
nella palazzina del Monte Granatico è
39
stato aperto l’Antiquarium Civico in
attesa che vengano ultimati i restauri
del Museo Archeologico ai piedi del
Tophet. All’interno ceramiche, gioielli
e oggetti fenici e romani. Interessante
anche la raccolta del Museo
Etnografico, aperto nel luglio 1996,
grazie a donazioni e a prestiti privati,
in un vecchio impianto di
vinificazione. Nella grande stanza sono
presentati tutti gli attrezzi da cucina,
quelli per fare il formaggio e quelli per
coltivare la vigna. Nella sezione
tessitura sono esposti fusi e telai per la
lavorazione della lana e del bisso, il
filato impalpabile che si ricava dalla
Pinna nobilis, la nacchera, il più
grande bivalve del Mediterraneo. Nel
portico esterno sono esposti gli
strumenti per la vinificazione e
l’allevamento. A fine giugno, per la
festa di San Pietro, patrono dei
pescatori, si svolge una suggestiva
Processione a Mare.
TRATALÌAS
Piccolo centro del
Sulcis, fino al 1413
fu sede
vescovile, come
testimonia la
cattedrale di
Santa Maria,
in stile
romanico
pisano. Consacrata nel 1213,
presenta una facciata divisa orizzontalmente da una cornice ad archetti
pensili, sormontata da un rosone.
Curioso il timpano da cui sporge
l’ultimo tratto della scala d’accesso al
tetto. Anche i fianchi e l’abside sono
percorsi da lesene ad archetti. All’interno le tre navate sono divise da
grossi pilastri a sezione ottagonale. Un
retablo datato 1596 è dedicato a San
Giovanni Battista e a San Giovanni
Evangelista, con al centro la Vergine e
il Bambino.
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
CAGLIARI E IL SUD
SANTADI
Costruita su
diversi piani
sulle
sponde del
rio Mannu,
Santadi conserva esempi di architettura tradizionale in trachite e scisto.
Oggetti da lavoro e arredi della casa
sono raccolti nel Museo Etnografico Sa
Domu Antigua, che ha all’interno un
punto di vendita di prodotti artigianali
del Sulcis. Nella prima quindicina di
agosto vi si svolge il matrimonio
mauritano o maureddino, la cui
tradizione sembra risalga addirittura
ad alcune popolazioni nordafricane
trasferitesi nel Sulcis in epoca romana.
L’area intorno a Santadi era abitata in
epoca nuragica come testimoniano le
ceramiche e gli oggetti in oro, rame e
bronzo (come una barchetta votiva e
un tripode in stile cipriota) ritrovati
nella grotta Pirostu e conservati al
museo archeologico di Cagliari.
Vicino a Santadi è stata scoperta la
fortezza fenicio-punica di Pani Loriga,
su un piccolo tavoliere a sud-ovest.
Interessante la grotta Is Zuddas, ricca
di aragoniti, stalagmiti e stalattiti, che
si può visitare con le guide della
cooperativa Monte Meana.
Nei dintorni, in territorio di
Villaperuccio, la necropoli ipogeica di
Monte Essu. Alcune domus de janas
conservano sulle pareti le tracce
dell’originale rivestimento in giallo e
rosso. Altre erano destinate a luogo di
culto, come la grotta-tempio (la prima
dopo la salita) con un ingresso di 2 m
per 2, un atrio e una grande camera
sepolcrale.
BAIA CHIA
Località della costa meridionale, è
famosa per il suo sistema di dune che
si stende fino a Capo Spartivento e che
dovrebbe diventare il cuore di una
riserva naturale della Regione. Alle
spalle delle spiagge di sabbia candida
41
si alza un cordone di dune alte fino a
24 m, su cui vivono contorti ginepri
secolari, e uno stagno che d’inverno
ospita garzette, aironi cinerini, svassi e
altri migratori acquatici.
Il paesino di Chia, una frazione di
Domus De Maria, è formato da poche
case, immerse nel verde di grandi
piante di fichi, e da un paio di alberghi
per le vacanze. La baia dall’acqua
cristallina è chiusa da un promontorio
dominato da una torre spagnola e da
scogli rossi ricoperti dalla bassa
macchia mediterranea. Ai piedi della
torre si possono visitare i pochi resti
del centro fenicio-punico di Bithia,
menzionato da Tolomeo ma che non
raggiunse mai l’importanza di Nora e
Tharros. Della città, non ancora
completamente portata alla luce e
sommersa per secoli dal mare, sono
rimaste alcune tombe fenicie, puniche
e romane accanto alle rovine di un
tempio dedicato probabilmente al dio
Bes.
Dintorni: il litorale fino a Capo
Spartivento è tutto un susseguirsi di
magnifiche baie, dune e pinete
raggiungibili a piedi o lungo una
strada sterrata.
PULA - NORA
Centro agricolo di origine recente, è
famoso per i resort turistici di Santa
Margherita, per il campo di golf e per
le rovine di Nora, la città più antica
della Sardegna. L’area archeologica si
stende ai piedi di Capo di Pula, un
promontorio ammantato di macchia
mediterranea con una torre eretta nel
XVI secolo dagli Spagnoli per difendersi dai corsari. Fondata dai Fenici tra
il IX e l’VIII secolo a.C., Nora divenne
sotto Cartagine il centro più importante dell’isola. La sua supremazia
continuò con Roma tanto che nel 238
fu scelta come capitale della provincia
sarda romana. Nel Medioevo venne
abbandonata perché esposta alle
continue incursioni dei pirati arabi.
42
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Ma nel frattempo il progressivo
abbassamento del terreno aveva già
coperto di acqua i tre porti. Poco resta
del periodo punico anche se i ricchi
corredi delle sepolture testimoniano
un’intensa attività mercantile. Della
città cartaginese si può ammirare il
tempio dedicato alla dea della fertilità
Tanit, su un’altura che domina tutto il
complesso. Ben disegnata la città
romana con il teatro, le terme, le
abitazioni, le strade lastricate con rete
fognaria. Di grande interesse i mosaici
caratterizzati dall’uso quasi esclusivo
dei colori bianco, nero e ocra.
Molti ritrovamenti, comprese le
iscrizioni puniche con la prima
attestazione del nome Sardegna, sono
conservate al Museo Archeologico di
Cagliari. Le ceramiche sono invece
esposte nel minuscolo Museo Archeologico locale. Gli scavi continuano
nella zona del macellum, a
ridossodell’area militare. Nei pressi
sorge la chiesetta romanica di
Sant’Efisio, costruita dai monaci
Vittorini nell’XI secolo, meta dell’annuale processione che parte da Cagliar.
QUARTU SANT’ELENA
Cittadina alla periferia di Cagliari, è
cresciuta vertiginosamente negli ultimi
anni fino a diventare una delle più
grandi dell’isola. Sorge ai margini delle
saline e dello stagno omonimo, scelto
come stabile dimora e come nursery
da decine di coppie di fenicotteri che
da qualche hanno vi nidificano.
Davanti al moderno palazzo comunale
sorge la Casa Museo Sa Dom ’e Farra,
alla lettera “La casa della farina”, una
grande abitazione padronale
campidanese che raccoglie migliaia di
attrezzi della tradizione quotidiana
domestica e agricola del passato. Sono
oltre 14.000 i pezzi raccolti in una vita
dall’ex pastore Gianni Musiu. Gli
oggetti sono ambientati in diverse
stanze dedicate a lavori diversi, dalle
selle e dai finimenti in cuoio dello
stalliere ai carri e al mantice del
fabbro. Interessante il frigorifero a
neve che funzionava grazie alla neve
raccolta in Barbagia, portata a Cagliari
a dorso di mulo e conservata sottoterra
in grandi contenitori di paglia. La casa
comprendeva le abitazioni per i
padroni e per un buon numero di
CAGLIARI E IL SUD
dipendenti, più i locali a porticato su
un grande cortile, utilizzati per le
lavorazioni domestiche e agricole,
come la molitura, la preparazione del
pane, la riparazione degli attrezzi.
43
44
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Note
LA SARDEGNA
ZONA PER ZONA
La Costa orientale
46
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
L A C O S TA O R I E N TA L E
La Costa orientale
All’interno chilometri e chilometri di
pascoli e rocce, sul mare falesie inaccessibili che sprofondano nell’acqua
turchese, dove da poco è ricomparsa la
foca monaca. Per questo, il tratto di
costa del Golfo di Orosei è entrato a far
parte del Parco Nazionale del
Gennargentu, istituito per proteggere
aquile reali e mufloni.
Senza città di rilievo, la Costa orientale
vanta buoni centri balnerari concentrati intorno ad Arbatax e a
Villasimius. Salvo in alcuni tratti, la
strada corre lontano dal mare; per
questo il più delle volte le spiagge sono
da conquistare con lunghe escursioni a
piedi o seguendo strade sterrate che
sembrano perdersi nella macchia
mediterranea. Anche le cittadine più
importanti come Orosei, Muravera o
Dorgali non sono situate lungo la
costa, ma leggermente all’interno. La
causa è da attribuirsi alla malaria che
ha mietuto vittime fino all’ultimo
dopoguerra e agli attacchi dei pirati
che per secoli hanno infestato le coste.
47
Le zone dell’interno sono terra di
pastori che da secoli hanno condotto le
greggi al pascolo lungo i tratturi oggi
percorsi dai fuoristrada. Al sud, poco
conosciuta e sfruttata turisticamente,
la regione del Sarrabus riserva grandi
sorprese a chi ama avventurarsi fuori
dai circuiti tradizionali. Fino a pochi
anni orsono è rimasta isolata per la
difficoltà delle comunicazioni. L’unico
modo per arrivare a Cagliari era il
trenino a scartamento ridotto che
s’inerpicava per le valli e che oggi può
costituire la meta di un viaggio a
ritroso nel tempo. Al centro, la regione
dell’Ogliastra, con le sue spiagge
sabbiose che variano dal grigio perla al
rosso acceso, offre montagne dure
dove la civiltà pastorale non è stata
scalfita dalla modernità e la vita dei
paesi scorre ancora con ritmo arcaico.
Più facile la regione delle Baronie, con
le cittadine di Siniscola e di Orosei,
ben servite dai mezzi di trasporto e
dalla superstrada.
La statale 125 collega Olbia con
Cagliari lungo la costa orientale. Il
tratto più spettacolare è quello tra
Dorgali e Baunei, 63 km di curve di
montagna nel cuore del Parco nazionale del Gennargentu. Questo tratto di
48
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
strada è stato tagliato nella roccia dai
carbonai piemontesi che tra la metà e
la fine dell’Ottocento frequentavano
(unici stranieri) queste valli impervie,
tagliando gli alberi che caricavano poi
sulle navi per il Continente. Un
disboscamento poi rivelatosi
irreversibile.
ARBATAX
Questo centro sorge ai
piedi di Capo
Bellavista, una falesia
di porfido rosso che termina in mare
con le celebri rocce del medesimo
colore, di grande effetto cromatico. Il
porto, protetto da una torre spagnola,
è il capolinea dei treni a scartamento
ridotto che arrivano da Cagliari. La
costa vanta acque limpidissime e baie
incantevoli, come Cala Moresca, dove
il porfido rosso contrasta con alcuni
blocchi di granito grigio e con
l’azzurro delle acque. Più a sud Porto
Frailis, protetto anch’esso da una torre
spagnola, e la lunga spiaggia di Orrì.
Dal Faro di Capo Bellavista si gode un
bel panorama sul mare e
sugli isolotti
dell’Ogliastra. Nella baia
una strada privata
porta al club Vacanze
di Cala Moresca,
ricostruzione di un
tipico villaggio
mediterraneo, con
portoni in legno
massiccio e inferriate
provenienti dalle case che furono
abbandonate a Gairo Vecchia dopo un
terremoto.
SANTA MARIA
NAVARRESE
Piccolo centro balneare costruito
intorno a una bella chiesa campestre
da cui ha preso il nome. La chiesa, a
tre navate con abside semicircolare,
sembra sia stata costruita nella prima
metà dell’XI secolo dalla figlia del re di
Navarra come ringraziamento per uno
scampato naufragio. Sul sagrato sorge
un gigantesco olivastro, che dicono
vecchio di oltre mille anni. La bella
spiaggia è delimitata da una pineta e
protetta da una torre aragonese del
’600. Di fronte il grande scoglio a
forma di piramide
dell’Agugliastra, o Sa
Pedra Longa,
un sottile
pinnacolo
calcareo che sporge dal mare per 128
m. Si raggiunge in pochi minuti di
navigazione dal porticciolo da dove
partono anche i barconi per Cala Luna,
Cala Sisine e Cala Goloritzè.
IL PARCO DEL GENNARGENTU
I 73.935 ettari di questo parco nazionale, i cui confini sono indicati da
un’intesa del 1992, si trovano in
provincia di Nuoro (esclusa l’isola
dell’Asinara). I comuni interessati
dall’area protetta sono Aritzo, Arzana,
Baunei, Belvì, Desulo, Dorgali,
Fonni, Gairo, Gavoi, Lodine,
Meana Sardo, Oliena, Ollolai,
Olzai, Ovodda, Orgosolo,
Seui, Seulo, Sorgono,
Talana, Tiana, Tonara,
Urzulei, Ussassai e
Villagrande. Per visitare la
zona, bisogna tener
presente che la diversità
degli ambienti consiglia
differenti stagioni. In generale, però, a
meno di non aver mete esclusivamente
balneari, le stagioni di mezzo rappresentano il compromesso migliore tra il
caldo dell’estate e il gelo dell’inverno.
Mete interessanti sono la salita ai 1834
m della Punta La Marmora e, sul
Supramonte, oltre alle rovine di
Tiscali, le gole di Su Gorroppu e la
sorgente di Su Gologone. Verso il mare
si può scegliere tra la visita alla Grotta
del Bue Marino e la discesa a piedi
della Codula di Luna.
L A C O S TA O R I E N TA L E
DORGALI
Svilupattasi su un costone roccioso che
scende dal monte Bardia, la cittadina
di Dorgali dista 30 km da Nuoro e
poco meno di 10 dal mare di Cala
Gonone. Insediamento agricolo e
pastorale, questo paese è anche un
centro importante per l’artigianato del
cuoio, della ceramica e della filigrana,
e per la tessitura di tappeti. Per i
buongustai, due tappe fondamentali
sono costituite dalla cantina sociale e
dal caseificio. Nel centro storico si
incontrano vecchie costruzioni
edificate con la scura roccia vulcanica.
Molte le chiese dell’abitato, tra queste
San
Lussorio,
la
Madonna
d’Itria e la
Maddalena.
Sulla centrale piazza
Vittorio Emanuele si innalza la facciata
della Parrocchiale di Santa Caterina il
cui interno è ornato da un grande
altare ligneo scolpito. In paese si può
visitare l’interessante Museo Archeologico che raccoglie una importante
collezione di reperti di epoca nuragica
49
(provenienti anche dal vicino sito di
Serra Òrrios), punica e romana. Qui ci
si può rivolgere per avere informazioni
sulle visite al villaggio di Tiscali.
OROSEI
Il capoluogo storico della Baronia, in
posizione arretrata rispetto al mare, ha
un centro storico vivace e ben curato,
con palazzetti in pietra e calce bianca
su cortili lussureggianti. Chiese, archi,
spiazzi e scale lo rendono molto
gradevole. Fondata probabilmente nel
Medioevo, visse il suo momento
magico durante la dominazione pisana
quando, sotto il dominio dei baroni
Guiso, divenne un porto importante
con ancoraggi sul fiume Cedrino.
Dopo il passaggio agli Aragonesi iniziò
la decadenza causata dalla malaria,
dalle scorrerie dei pirati e
50
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
L A C O S TA O R I E N TA L E
dall’insabbiamento del
fiume. Attraverso un
intrico di stradine si
arriva alla centrale
piazza del Popolo su cui
si affacciano tre chiese.
In cima a una scalinata
la Parrocchiale di San
Giacomo Maggiore
dalla facciata settecentesca e con più cupole
ricoperte in cotto. Sul
lato opposto la Chiesa
Del Rosario, con una
facciata barocca, e la Chiesa delle
Anime, fondate dalle confraternite
protagoniste dei riti della Settimana
Santa. La Chiesa di Sant’Antonio
Abate, un tempo santuario campestre,
è stata inglobata dall’espansione della
città. Nella torre pisana, all’interno del
recinto, è allestita una esposizione di
artigianato locale. Anche il secentesco
Santuario della Madonna del Rimedio,
fino a qualche anno fa isolato nella
campagna, è diventato parte della
periferia. È circondato da cumbessias
che si riempiono nei primi giorni di
settembre in occasione del pellegrinaggio.
Dintorni: in prossimità
della foce del Cedrino,
sorge la Chiesa di Santa
Maria ’e Mare, fondata
nel XIII secolo da
mercanti pisani. Piena di
ex voto, l’ultima domenica di
maggio è meta di un pellegrinaggio
con la statua della Madonna che
scende il fiume su una barca seguita
dalle barche dei pescatori. Alla foce il
fiume si divide in due rami: quello
settentrionale entra in un canale
artificiale, quello meridionale dà vita
allo stagno Su Petrosu, una zona
umida dove vivono folaghe, gallinelle,
germani reali e il pollo sultano.
Dove l’acqua è più bassa si trovano
avocette e cavalieri d’Italia, aironi
cinerini e garzette.
51
GALTELLÌ
Alle pendici del Monte Tuttavista,
Galtellì era nel Medioevo il centro più
importante della regione, fino al 1496
sede della Diocesi, come testimonia la
chiesa romanica di San Pietro, l’antica
cattedrale del XII secolo. Decaduto a
causa della malaria e delle incursioni
barbaresche, conserva tracce del
passato splendore nella Parrocchiale
del SS. Crocifisso, che custodisce
interessanti statue lignee del ’500 e del
’600. Il nucleo centrale è molto bello
con palazzetti e case in
calce bianca che
danno all’insieme
un aspetto lindo.
Dintorni: una delle
escursioni più
interessanti nei
dintorni porta al Monte
Tuttavista lungo una strada sterrata
(poi sentiero percorribile solo a piedi)
che porta a Sa Pedra Istampada, la
Roccia Forata, un arco scolpito dal
vento alto ben 30 m. Si può raggiungere anche la cima per godere di un
panorama a 360 gradi. In località La
Traversa, a 12 km da Galtellì, si trova
l’interessante Tomba di Giganti di Sa
Ena ’e Thomes. Suggestivo monumento preistorico con una stele, alta 3 m,
scolpita in un unico blocco di granito.
52
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
SINISCOLA
Ai piedi del monte Albo, a poca
distanza dal mare, si trova una
cittadina sviluppatasi in maniera
disordinata intorno alla parrocchiale
settecentesca, che conserva all’interno
affreschi e statue in
legno di artisti
locali. Un rettilineo
porta a La Caletta,
porticciolo turistico
con una spiaggia sabbiosa lunga 4 km.
Dintorni: in direzione Orosei, dopo il
ponte sul rio Siniscola, si incontra la
deviazione per Santa Lucia, piccolo
centro di pescatori; di origine, pare,
ponzese, è raccolto intorno alla chiesa
e alla torre spagnola. Alle spalle una
pineta arriva fino al mare dove le rocce
si alternano a calette. Camminando
sulla battigia si giunge alle dune di
candida sabbia di Capo Comino,
raggiungibili anche con una deviazione
dalla strada statale. Sono le più belle
dune sabbiose della costa orientale su
cui crescono contorti ginepri.
Il promontorio, con un faro, è un
susseguirsi di scogli arrotondati dalle
forme più svariate che si aprono in
piccole spiagge di ciottoli. Si può
raggiungere a piedi con due ore di
cammino anche la spiaggia di
Berchida, con il massiccio scoglio
chiamato “S’incollu de sa Marchesa” e
uno stagno popolato di cefali e
anguille. In alternativa una strada
sterrata dal fondo sconnesso parte
dalla Statale all’altezza del
chilometro 243, subito
dopo il rio Berchida, e
s’incunea nella
macchia mediterranea fino alla spiaggia di sabbia candida
su un mare dall’acqua trasparentissima. Nel tragitto cartelli turistici
segnalano l’insediamento nuragico di
Conca Umosa e il villaggio abbandonato di Rempellos.
POSADA
Arroccata in cima a
una rupe calcarea
ammantata di
euforbie e lentisco,
il paese è sovrastato dai ruderi del
Castello della Fava.
Costruito nel XII
sec. dai giudici di
Gallura, fu conquistato dai giudici di
Arborea prima di passare sotto il
controllo degli Aragona. La zona era
già abitata in tempi lontanissimi come
testimonia la colonia cartaginese di
Feronia. Importante centro all’epoca
dei Giudicati, decadde per le numerose
incursioni saracene. Il borgo conserva
la struttura medievale con vicoli
tortuosi collegati da ripide scalinate,
archi e piccole piazze. Le case in pietra
grigia sono state via via ristrutturate.
Anche il castello è stato sottoposto a
lifting: una scala in legno porta alla
sommità della torre quadrata da cui si
gode un vasto panorama sul mare,
sulla foce del fiume Posada e sulla
pianura con agrumeti.
Dintorni: verso l’interno, il Lago di
Posada circondato da pinete, uno dei
tanti bacini artificiali dell’isola.
L A C O S TA O R I E N TA L E
LANUSEI
Grosso centro dall’aspetto austero
costruito sul fianco della collina a 600
m d’altitudine, in posizione dominante
verso il mare. Per secoli ha rivestito il
ruolo di capoluogo dell’Ogliastra.
Costruito su più
livelli, conserva
vestigia del
ricco passato
nei palazzetti
signorili.
53
bassa del paese. La festa più importante si tiene il 13 giugno in omaggio a
Sant’Antonio da Padova al quale è
dedicata una delle chiese della città.
Dintorni: a Ulassai, si può visitare la
grotta Su Màrmuri, il Marmo, una
cavità di calcare bianco cui si accede
per una scala di 200 gradini. Il
percorso si snoda per quasi un
chilometro tra laghetti e spettacolari
stalagmiti.
GAIRO
JERZU
Ai piedi dei “tacchi”, possenti formazioni calcaree che sporgono candide
dalla macchia mediterranea, Jerzu è un
grande paese circondato dai vigneti,
ricavati sui fianchi ripidi delle colline.
Nella zona si producono ogni anno
circa 100 000 quintali di uva che
vengono lavorati nella Cantina Sociale
famosa per il Cannonau Rosso DOC.
Il paese è costruito su diversi livelli
con case a più piani che s’affacciano sul
corso principale. Le ripide strade
laterali portano ad angoli dove si è
conservata qualche abitazione
tradizionale, specialmente nella parte
Gairo Sant’Elena sorge nella valle del
rio Pardu, una gola profonda chiusa da
imponenti pareti di calcare. Il paese fu
costruito dopo il 1951 in seguito
all’evacuazione del vecchio borgo che
stava lentamente scivolando a valle. La
sua vista è inquietante, con le case
54
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
sventrate, senza portoni e inferriate.
Tutta la zona è spettacolare, a iniziare
dalla strada che porta a Lanusei.
Dintorni: la strada costiera corre a
poca distanza dal mare con calette di
sabbia rosata e scogli dello stesso
colore. Dalla baia di Gairo, protetta da
un promontorio ricoperto dalla
macchia mediterranea, si raggiunge la
spiaggia di Coccorocci, l’unica spiaggia
nera di tutta la Sardegna.
BARÌ SARDO
Grosso borgo agricolo, al crocevia tra
l’Orientale Sarda e la strada verso
Lanusei, in una campagna lussureggiante di vigneti e frutteti. Il nome,
derivato da abbari, le paludi, testimonia
che un tempo la malaria doveva essere
molto diffusa. Il centro più antico si
raccoglie intorno alla Chiesa di San
Leonardo e alla Parrocchiale dedicata
alla Beata Vergine del Monserrato, dal
campanile in stile rococò. Interessante
l’artigianato della tessitura con laboratori che producono tappeti, arazzi,
coperte e cuscini di lino. Torre di Barì è
una piacevole località balneare
sviluppatasi intorno alla secentesca
torre spagnola, costruita per difendere il
paese dalle incursioni dei pirati. Belle la
spiaggia sabbiosa e la piccola pineta.
Piena di mistero la festa di San Giovanni
Battista, detta Su Nenneri. Con un
rituale che propizia ricchi raccolti,
vengono lanciati in mare i germogli di
legumi e cereali fatti germogliare al buio.
MURAVERA
Il centro più importante del Sarrabus
sorge alla foce del Flumendosa, al
centro di una campagna coltivata ad
agrumi. Sull’area nei tempi antichi
sorgeva la città fenicia di Sarcapos. Il
paese è quasi attaccato a Villaputzu e a
San Vito, ideale punto di partenza per
escursioni lungo la costa e le valli
dell’interno. Verso nord il tratto di
costa, fino a Porto Corallo, è una lunga
spiaggia sabbiosa interrotta da piccoli
promontori rocciosi.
Torre Salinas domina da uno spuntone
granitico la riva sabbiosa e lo stagno di
Colostrai. Vicino al porto turistico
un’altra torre spagnola che nel 1812
vide una delle poche vittorie dei Sardi
sui pirati barbareschi. Una escursione
lungo l’Orientale Sarda verso Arbatax
porta ai resti del Castello di Quirra e
alla chiesetta romanica di San Nicola,
l’unica della Sardegna costruita in
mattoni. Dirigendosi invece verso
Cagliari, si risale il corso del rio Cannas
dove le rocce rosse affiorano tra
corbezzoli, eriche, mirti e ginepri. In
estate è possibile bagnarsi nelle pozze
d’acqua cristallina all’ombra degli
oleandri in fiore e dei salici piangenti.
Interessante anche l’escursione lungo la
valle del Flumendosa, oltre San Vito.
Castiadas è una frazione di Muravera,
con poche case intorno alle carceri
ottocentesche, al centro di una campagna coltivata a vigneti e agrumi. Bello il
tratto di costa intorno a Capo Ferrato,
con rocce basaltiche che si aprono in
baie dalla spiaggia candida, ombreggiate da pini. Proseguendo verso sud
s’incontra Costa Rei, un centro di
seconde case e di villaggi vacanze. La
baia quiè chiusa a sud da Cala Sinzias: il
fondale formato da lastroni rocciosi dà
all’acqua una trasparenza cangiante.
VILLASIMIUS
È la piÙ importante località balneare
della costa sud-orientale, con alberghi,
residence e case non sempre ben
inseriti nella natura. Il centro è
moderno, al margine settentrionale di
un promontorio che si allunga fino a
Capo Carbonara. Al centro del
promontorio si apre lo stagno di
Notteri, separato dal mare solo dalla
spiaggia lunga e sabbiosa. In inverno
ospita colonie di fenicotteri rosa. Dal
Faro si gode un’ampia vista panoramica
sulla costa e sulle isole dei Cavoli e di
Serpentara. Intorno spiagge di quarzo e
isolotti di granito su un mare dai ricchi
fondali. Il tratto tra le due isole è stato
teatro di numerosi naufragi: a 10 m di
profondità si trova la statua della
Madonna dei Fondali dello scultore
Pinuccio Sciola. La si può vedere grazie
ai battelli dal fondo trasparente che
durante l’estate partono dal porticciolo
di Porto Giunco. Il carico di una nave
spagnola naufragata in queste acque nel
XV secolo, reperti d’epoca classica e
altri provenienti dal santuario di
Cuccureddus sono esposti nel Museo
Archeologico di Villasimius.
ORROLI
Centro del sarcidano dedito all’allevamento, sorge in una conca
dell’altopiano di Pranemuru, una landa
56
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
dalla vegetazione rada ai margini della
valle del Flumendosa. La zona è ricca
di siti archeologici come la necropoli
di Su Motti, con domus de janas
ricavate da massi erratici di basalto. In
posizione panoramica, poco distante
dalla falesia, ci sono le rovine del
Nuraghe Arrubiu. Si tratta di una
struttura pentalobata, a pianta assai
complessa, ancora più estesa di
Barumini. In pietra rossa, il complesso
si sviluppa intorno al torrione centrale
del XI-X secolo a.C. che secondo gli
esperti raggiungeva in origine l’altezza
di 27 m. Intorno sono sistemate cinque
torri, risalenti probabilmente al VII
secolo e collegate tra loro da alti
bastioni. A queste si aggiunse una
L A C O S TA O R I E N TA L E
seconda cerchia, nel VI secolo, allo
scopo di perfezionare il sistema di
difesa. Intorno sono visibili i resti del
villaggio nuragico, con capanne a
pianta circolare e rettangolare.
PERDASDEFOGU
Paese montano della bassa Ogliastra,
in posizione isolata al margine della
57
regione dei “tacchi”, possenti formazioni calcaree che sporgono candide dalla
macchia mediterranea. La strada che
porta a Jerzu è una delle più panoramiche perché corre su un altopiano ai
piedi di queste cime dolomitiche con
vista spettacolare sul mare e sulla
lontana Perda Liana. Lungo la strada si
incontra la chiesa campestre di
Sant’Antonio, in un bel prato ai piedi
di Punta Coróngiu, il tacco più
spettacolare.
58
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
LA SARDEGNA
ZONA PER ZONA
Il Centro e la Barbagia
60
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
IL CENTRO E LA BARBAGIA
Il Centro e la
Barbagia
La regione che occupa il centro
della Sardegna è una terra del
tutto particolare, in cui la natura
e la gente rispecchiano più che
altrove la realtà più antica
dell’isola. L’orizzonte è fatto di
montagne aspre su cui si intrecciano i sentieri dei pastori. Lungo le
valli, i piccoli paesi arroccati tra i boschi
sembrano fuori dal tempo.
Con il nome di Barbagia (che deriva
dal nome Barbària, con il quale i
Romani indicavano le regioni inaccessibili dell’interno, contrapposte alla
Romània delle coste) si indica l’insieme delle regioni che circondano a est e
ovest la mole del massiccio del
Gennargentu. Abitato da sempre, ricco
di siti preistorici come il villaggio
nuragico di Tiscali (pp 104-5), il cuore
della Sardegna resistette per secoli alle
invasioni romane e conservò gli
antichi culti religiosi di origine
61
nuragica fino all’avvento del Cristianesimo. Terra aspra ma ospitale, il centro
dell’isola richiede al visitatore un certo
sforzo: le strade sono lunghe e
tortuose, le indicazioni talvolta
insufficienti e molti i chilometri su
strade sterrate. Qui però le tradizioni
sono ancora vivissime, le
feste popolari
importanti e
colorate: i
santuari e i paesi
si animano nella
ricorrenza del
santo patrono o durante la
Pasqua, mentre a Mamoiada (p 102) i
famosi “mamuthones” sfilano durante
il carnevale coperti dalle loro maschere grottesche. La natura è dovunque al
centro del paesaggio: dalle rocce del
Supramonte di Oliena e Orgosolo il
mare è a un passo, mentre dalla Punta
La Marmora (p 82) - la massima
elevazione del massiccio del
Gennargentu, a 1834 m di quota - nelle
fredde giornate di vento si arrivano a
vedere le acque dei due mari che
bagnano l’isola. La cucina è di terra ed
ha i sapori della macchia mediterranea, mentre l’artigianato - da non
perdere una visita alle preziose
62
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
collezioni esposte nelle
vetrine del Museo
Etnografico di Nuoro (p
99) - è ispirato alla vita
pastorale con tappeti,
cesti, ceramiche ornate
con i motivi della
tradizione.
Nuoro è‘ il centro dell’interno della
Sardegna: a oriente si erge la catena del
Supramonte, con ai suoi piedi Oliena,
Orgosolo e Dorgali, mentre a occidente sono le valli che digradano verso il
lago Omodeo e Macomer. In questo
paesaggio fatto di colline e vette
rocciose (i “tacchi” e i “tonneri”) si
incontrano molti dei centri più
importanti della regione, come
Mamoiada, Bitti, Sarule. A sud si
innalzano infine le alture che compongono il massiccio del Gennargentu,
ricco di foreste, e sulle cui pendici si
incontrano i paesi della montagna:
Gavoi, Fonni. Verso nord-est, costeggiate le pendici del Monte Ortobene
che domina la città, si scende fra ulivi,
mandorli e vigne in direzione delle
Baronie.
NUORO
Al centro dell’isola,
Nuoro divenne una
città importante a partire
dal XIV secolo ed è capoluogo di
provincia dal 1926. La topografia della
città è basata sulla presenza della
dorsale montuosa che scende dal
Monte Ortobene su cui crebbero i
primi insediamenti umani della zona.
In centro sopravvivono molti angoli
pittoreschi di rioni antichi che la
componevano, un tempo collegati tra
loro dalla “Bia Maiore”, l’odierno Corso
Garibaldi. Centro commerciale delle
Barbagie, Nuoro si anima in occasione
di una serie di feste: il 19 marzo in
onore di San Giuseppe, il 6 agosto di
San Salvatore e nell’ultima domenica
d’agosto in onore del Redentore.
UN PO’ DI STORIA
Al termine del periodo feudale
Nùgoro, come tuttora i nuoresi
chiamano la loro città, entrò in un
lungo periodo di instabilità politica:
IL CENTRO E LA BARBAGIA
rivolte e sommosse erano all’ordine del
giorno tanto che l’intendente piemontese De Viry descrisse la città, attorno
al 1750, come un “covo di banditi e
assassini”. In seguito agli editti che ai
primi dell’Ottocento ponevano fine al
tradizionale uso comunitario delle
terre, una serie di sollevazioni popolari
culminarono nei moti di “Su
Connottu”, nel 1868. A cavallo dei due
secoli, Nuoro divenne il centro di un
profondo rinnovamento culturale, che
aveva origine nel confronto tra la
vecchia società isolana e quella nuova
espressa dal rapporto dell’isola con il
continente.
VISITANDO NUORO
Centro della città è la piazza dedicata
al poeta nuorese Sebastiano Satta
(1867-1914) che, alla fine del XIX
secolo animò la cultura cittadina
insieme alla scrittrice Grazia Deledda
(1871-1936) e al politico e saggista
Attilio Deffenu (1893-1918).
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
Fusione delle raccolte paleontologiche,
63
paleo-botaniche e naturalistiche del
Gruppo Speleologico Nuorese, il
museo si è arricchito con i reperti delle
campagne di molti anni di scavi
intrapresi dalla Soprintendenza nel
Nuorese. Interessanti gli scheletri del
Prolagus sardus e della lontra gigante e
una piccola collezione di fauna
cavernicola, le statue-menhir di
Làconi, vari bronzetti di epoca
nuragica e oggetti di epoca romana.
MUSEO DELEDDIANO
Varcato il portone della casa natale
della scrittrice, si entra in una tipica
dimora sarda di metà Ottocento. Una
serie di cimeli, che ricordano le tappe
del successo della Deledda, sono
esposti negli ambienti, restaurati
seguendo le descrizioni he la scrittrice
ha lasciato nel suo romanzo Cosima. l
cortile dà accesso alla zona dove un
tempo c’era l’orto (e dove ora si
tengono manifestazioni culturali),
mentre ai piani superiori sono esposte
le copertine dei libri della scrittrice, le
locandine dei lavori teatrali tratti dalle
opere e copia del diploma di
64
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
conferimento del Premio Nobel per la
Letteratura del 1926.
IL MUSEO ETNOGRAFICO DI NUORO
Per ospitare una collezione di oggetti e
costumi della vita quotidiana
sarda, l’architetto Antonio
Simon Mossa ha progettato
negli anni Sessanta la replica
di un villaggio ideale, con le
sue corti, le vie e le scale.
Nelle sale, percorse ogni anno
da 70.000 visitatori, si trovano
mobili, gioielli, le forme del
pane tradizionale, telai e
tappeti e i costumi caratteristici della vita di tutti i giorni e
delle feste. Ogni due anni, il
museo ospita una rassegna di cinema
antropologico ed etnografico nel mese
di ottobre.
MONTE ORTOBENE
La città nacque sulle pendici granitiche
del monte, e tutti i nuoresi hanno un
rapporto speciale con questa montagna. Per salire verso i suoi boschi,
bisogna uscire dalla città in direzione
di Orosei, passando a fianco alla
Chiesa della Solitudine, dove si
trovano le spoglie di Grazia Deledda.
Dopo una serie di tornanti in un
ambiente fatto di boschi e grandi
massi, si raggiunge la vetta, dove si
erge la statua in bronzo del Redentore,
che si affaccia sulla città sottostante.
Nei pressi della statua si trova la chiesa
di Nostra Signora del Monte che,
l’ultima domenica d’agosto, diviene
meta della grande processione che si
tiene in onore del Redentore cui
partecipano rappresentanze in
costume di tutta la Sardegna.
NECROPOLI DI SAS CONCAS
Percorrere la SS 131 in direzione
di Abbasanta, proseguire poi per
Oniferi. La necropoli è poco
lontana dallo svincolo sulla
destra a poche decine di metri
dalla strada. Il complesso è
composto da una serie di
domus de janas tra cui alcune,
come la “Tomba
dell’Emiciclo”, sono istoriate
da incisioni e bassorilievi: il
sito è aperto e incustodito.
Utile, quindi, una torcia
elettrica.
BITTI
Questo borgo pastorale deve la sua
recente notorietà al gruppo musicale
dei “Tenores de Bitti”, la cui interpretazione del canto polifonico tradizionale
sardo ha conquistato estimatori in
tutta Europa. Secondo molti studiosi, il
dialetto di Bitti sarebbe la parlata sarda
più simile al latino. Sulla piazza
Giorgio Asproni si trova la
ottocentesca chiesa di San Giorgio
Martire, nella cui casa parrocchiale si
può visitare una piccola collezione di
reperti archeologici.
Dintorni: non lontano dal paese in
direzione di Orune (la strada è
segnalata da cartelli ma non semplice
da seguire) è il tempio a pozzo di Su
Tempiesu, costituito da vari ambienti realizzati con grandi pietre basaltiche
squadrate - che ospitano il pozzo sacro
che attingeva a una vena d’acqua
utilizzata per scopi rituali. Nelle
campagne attorno a Bitti si incontrano
una serie di chiese campestri (tra
queste Santo Stefano e Babbu Mannu,
cioè Spirito Santo) che, in occasione
delle ricorrenze annuali, si animano di
feste.
IL CENTRO E LA BARBAGIA
65
66
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
BONO
Ai piedi delle alture del Gocèano,
Bono è un ottimo punto di partenza
per piacevoli escursioni nei grandi
boschi di Monte Rasu e nella Foresta
di Burgos. Al centro del paese si trova
la parrocchiale di San Michele
Arcangelo che, anche se più volte
rimaneggiata, nasconde una singolare
curiosità:l’orologio della chiesa è infatti
mosso dal peso di 4 palle di cannone
che caddero in paese nel corso
dell’assedio del 1796, durante il quale
le truppe governative vennero
scacciate dalla popolazione. Questo
episodio viene rievocato ogni anno nel
corso di una festa tradizionale che si
tiene il 31 agosto, in occasione della
quale la zucca più imponente degli orti
di Bono viene data in premio all’ultimo classificato
nella corsa di cavalli, come ironico
riconoscimento al valore dell’esercito
sconfitto. Fino a qualche anno fa, la
zucca veniva addirittura fatta rotolare
dalla montagna verso valle, in ricordo
della fuga delle truppe nemiche. A
Bono si tiene, nella prima decade di
settembre, l’annuale Fiera dei Prodotti
Tipici Artigiani del Gocèano.
Dintorni: dal valico Uccaidu, lungo la
strada per Sassari, si risale a piedi il
crinale sino alla sommità del Monte
Rasu (m 1258), da cui si gode uno
splendido panorama su buona parte
della Sardegna.
IL CENTRO E LA BARBAGIA
BURGOS
Il piccolo paese,
fondato nel 1353
dal Giudice
Mariano
d’Arborea, si
estende ai piedi
della montagna a
forma di cono su
cui sorge la mole del castello di
Burgos, di molto precedente alla
fondazione del borgo sottostante.
Costruito nel 1127, il castello fu al
centro di molti scontri tra principi,
giudici e coloni continentali e da qui
partirono nel 1478 gli uomini di
Artaldo di Alagon diretti alla battaglia
di Macomer che vide la fine dell’indi-
67
pendenza sarda e l’inizio della
dominazione aragonese. Passate le
mura si raggiunge l’interno del
maniero dove, circondata da altre
fortificazioni,è una torre restaurata cui
si accedeva in passato grazie a una
scala in legno che veniva ritirata in
caso di assedio.
Dintorni: a metà strada tra Burgos e
Bono merita una gita l’area verde della
Foresta di Burgos, zona molto curata e
varia di rimboschimento, meta
apprezzata da turisti e abitanti della
zona. Tra le piante spiccano lecci e
conifere, querce e sughere, cedri e
qualche castagno isolato, mentre nei
recinti pascolano i piccoli cavallini
della Giara.
68
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
OTTANA
Il paese sorge nella pianura della valle
del Tirso, non lontano dalle pendici
delle colline della Barbagia di Ollolai.
Prima importante centro medievale,
poi quasi abbandonata a causa della
diffusione della malaria, Ottana è stata
scelta, nei primi anni 70, per essere il
centro di un polo di sviluppo
industriale promosso dall’ENI. I risultati non sono
stati brillanti: le industrie non
hanno avuto i profitti che si
prefiggevano e i problemi
ambientali che l’insediamento
ha provocato sono sotto gli
occhi di tutti. Ora l’intero progetto è in
via di abbandono.
Dintorni: non lontano dal centro di
Ottana si può visitare una chiesa di
notevole interesse: è San Nicola, un
tempo cattedrale della diocesi di
Ottana. Di severe forme romaniche (la
fondazione risale al 1150), la chiesa, in
conci di trachite nera e violacea,
risente di influssi pisani e conserva al
suo interno un polittico trecentesco e
un crocefisso del ’500.
OLLOLAI
Anticamente il piccolo borgo di
Ollolai doveva essere ben più
importante di oggi. Per
questo divenne capoluogo
della curatoria che comprendeva la parte settentrionale della Barbagia che,
infatti, prese da allora il nome
di “Barbagia di Ollolai”. La sua decadenza fu avviata da un incendio che
distrusse gran parte dell’abitato nel
1490. Oggi nel centro del paese
sopravvive qualche casa ornata da un
antico portale in pietra scura e qualcuno, nei cortili, lavora ancora l’asfodelo
IL CENTRO E LA BARBAGIA
per la creazione dei tradizionali cestini
intrecciati.
Dintorni: un’escursione breve porta
alla chiesetta di San Basilio, dove si
svolge il 1° settembre una tradizionale
festa campestre. Dalla strada che sale
verso la punta S’Asisorgiu (1127 m) si
godono ampi panorami: per questo
motivo la vetta è detta “finestra della
Sardegna”.
SARULE
Asarule, piccolo paese di origini
medievali, si è conservata la tradizione
della tessitura di colorati tappeti ornati
da figure fortemente stilizzate. Ancora
oggi, passeggiando sulla via principale
del paese, si possono incontrare i
laboratori in cui si lavora come un
tempo su dei telai verticali, e dove si
possono acquistare i tappeti. La
notorietà di Sarule in terra sarda è
69
però dovuta al vicino santuario di
Nostra Signora di Gonare, alto su uno
sperone calcareo che domina il paese.
Edificata per volere del giudice
Gonario di Torres, la chiesa è stata in
larga parte ricostruita nel Seicento ma
rimane uno dei centri di pellegrinaggio più importanti dell’isola. Lasciata
l’automobile ai piedi delle rocce, in
uno slargo su cui si aprono le
cumbessias, si segue un sentiero che,
dopo una decina di minuti di cammino nella macchia di lecci, conduce al
santuario, da cui si gode uno splendido
panorama. All’orizzonte appaiono il
monte Ortobene che sovrasta Nuoro e
vicino il monte Corrasi di Oliena.
Sullo sfondo, il Gennargentu.
Il monte Gonare ha una particolarità
geologica: è costituito da molte rocce
diverse. Dalla struttura granitica
emergono infatti strati di calcare e
affioramenti di scisto su cui cresce una
70
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
vegetazione varia e popolata da molte
specie di uccelli (pernici, tortore,
averle, picchi e rapaci). Il bosco è
composto di lecci, roverelle, aceri; nel
sottobosco in primavera fioriscono
ciclamini, convolvoli e peonie.
Dal 5 all’8 settembre si svolgono i
festeggiamenti in onore della Madonna
di Gonare: gruppi di pellegrini salgono
a piedi dai paesi vicini, si corre un
palio equestre, si recitano poesie, si
canta e l’allegra animazione della festa
sconvolge la tranquillità della zona.
MAMOIADA
Nel 1770 i viceré sabaudi
dell’isola notarono
Mamoiada a causa della
grande quantità dei vigneti e
per l’eccezionale numero di
pecore che, tutti gli anni,
transumavano sulle pendici
della Barbagia di Ollolai. Oggi,
il borgo nasconde ancora, tra le case
moderne nate a fianco della strada
principale, qualche vecchia costruzione. Ma la notorietà di Mamoiada è
dovuta soprattutto alle scure maschere
dei “mamuthones” che fanno la loro
comparsa nelle vie del paese in varie
occasioni: il 17 gennaio, la Domenica
di Carnevale e il Martedì Grasso,
durante le celebrazioni più famose del
carnevale barbaricino.
Dintorni: a una decina di chilometri
dal paese in direzione di Gavoi, il
Santuario di San Cosimo è un tipico
esempio di chiesa campestre sarda,
con la struttura centrale circondata
dalle cumbessias dove alloggiavano i
pellegrini che affluivano al santuario
per la novena. La chiesa attuale risale
al Seicento ed è caratterizzata da
un’unica navata al termine della quale
recenti restauri hanno portato alla luce
una nicchia con colonne e architrave
in roccia vulcanica di epoca
aragonese. Non lontano è
da visitare anche il Santuario della Madonna d’Itria,
attorno al quale si svolge
l’ultima domenica di luglio
la grande corsa di cavalli
detta “sa carrela”.
OLIENA
Per chi giunge da Nuoro sul far della
sera, Oliena è uno spettacolo indimenticabile. Le luci del paese brillano ai
piedi della mole bianca e vertiginosa
IL CENTRO E LA BARBAGIA
del Supramonte, che da qui digrada
verso oriente in direzione del Golfo di
Orosei. Attorno al paese, i vigneti
occupano tutti gli spazi disponibili (da
queste uve si ricava un ottimo
Cannonau) e in paese non mancano i
luoghi interessanti per il visitatore.
L’architettura di Oliena offre qua e là
degli scorci interessanti: le vecchie case
sono cresciute attorno alle “corti” e
presentano ancora scale esterne,
pergolati e soprattutto i colori vivaci di
alcune stanze. In paese si svolgono due
importanti feste popolari che culminano con grandi processioni: San
Lussorio (21 agosto) e “S’Incontru” (la
mattina della domenica di Pasqua). La
chiesa di Santa Croce, rimaneggiata
nel ’600, è la più antica di Oliena ed è
sovrastata da un curioso campanile a
vela; il complesso dei Gesuiti, su Corso
Vittorio Emanuele II, conserva il
ricordo dell’arrivo dell’ordine religioso
che, dalla metà del XVII secolo,
promosse la viticoltura e l’allevamento
dei bachi da seta. La chiesa di
Sant’Ignazio offre qualche interessante
spunto per la visita (le statue lignee di
Sant’Ignazio e di S. Francesco Saverio e
il retablo di San Cristoforo). Il paese uno dei più sviluppati dell’interno per
l’accoglienza turistica - offre anche
alcune interessanti possibilità di
acquisti: un tempo era famosa infatti
per i suoi gioielli, i dolci e la tessitura.
Dintorni: fuori dal paese, ai piedi della
scarpata della montagna, dal Rifugio
Monte Maccione sono
possibili varie escursioni sulle aride e
spettacolari rocce del
Supramonte di
Oliena. Partendo da
Monte Maccione si
può attraversare la
catena per scendere
nella piana di
Lanaittu. A qualche
chilometro di distanza
da Oliena è infine la
sorgente carsica di Su
71
Gologone, da cui sgorgano le acque
che hanno scavato la loro via attraverso le rocce della montagna. Attorno
alla gelida sorgente, fresca nei mesi
dell’estate e travolgente durante le
piene invernali (la portata media è di
ben 300 litri d’acqua al secondo, cifra
che la pone al primo posto tra le
sorgenti sarde), un piacevole boschetto
permette tranquilli picnic lontano
dalla calura. Per esplorare le profondità della grotta sommersa da anni
gruppi di speleologi subacquei
scendono ogni volta più in profondità
nelle viscere invase dall’acqua delle
montagne del Supramonte.
TISCALI E IL SUPRAMONTE
In alto, sulla montagna che sovrasta la
piana di Lanaittu, poco più di un
secolo fa dei boscaioli scoprirono un
villaggio nuragico, nascosto sul fondo
di un’enorme voragine e popolato fino
ai tempi dell’invasione romana. Sul
fondo di una dolina il villaggio di
Tiscali custodisce alcune capanne, con
architravi di ginepro che ne sorreggono le porte. Purtroppo anni di incuria
hanno portato a un serio degrado del
sito che, soprattutto per la sua
posizione unica, resta uno dei più
emozionanti della Sardegna. La salita
al villaggio di Tiscali è faticosa, ma
non difficile ed è possibile prendere
parte a visite guidate.
72
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
IL CENTRO E LA BARBAGIA
ORGÒSOLO
Orgosolo è certamente uno dei paesisimbolo della Sardegna dell’interno. “Il
villaggio ha l’aspetto di
un nido d’aquila”
scrisse nel 1892
Pasquale Cugia
“come di una
fortezza a cui la
natura ha gettato
dinanzi baluardi e
fossati. Vive l’orgolese lassù nel suo
nido... e ama le sue rupi, i suoi pascoli
fino alla passione, fino alla nostalgia.
L’orgolese ardito, fiero, vago di
avventure, ha nel sangue l’ardore
bellicoso, l’irrequietezza delle razze
nomadi; è ospitale nella sua rocca ed
entrati nel suo territorio, voi gli siete
sacri e gli son sacre le cose vostre”.
Centro fondamentale della cultura
della Barbagia pastorale, il paese, che
si estende ai piedi delle montagne del
Supramonte, divenne famoso negli
anni della lotta dei contadini e dei
pastori per la difesa delle terre contro
l’esproprio. Il banditismo degli anni
intorno al 1960 lasciò il suo segno: nel
suo film Banditi a Orgòsolo il regista
Vittorio De Seta narrò con stile freddo
e asciutto la dura vita dei pastori e la
diffidenza tradizionale nei confronti
dello Stato. La passione politica e
sociale ha lasciato in paese vistose
tracce: sono centinaia i murales che,
dal 1975 circa in poi, sono stati dipinti
sulle facciate delle case e sulle rocce
intorno al paese. La lunga galleria di
immagini parla della vita dei pastori,
degli episodi delle lotte per la terra,
delle tradizioni sarde e delle ingiustizie
di altri angoli del mondo. Dell’antico
tracciato urbanistico del paese poco
rimane in piedi: solo alcune casette
appartate mostrano qualcuno dei
caratteri tradizionali, mentre la chiesa
di San Pietro conserva ancora il
campanile quattrocentesco. La festa
dell’Assunta a Ferragosto e la festa di S.
Anania la prima domenica di giugno
sono un forte richiamo per i turisti.
73
Dintorni: Orgòsolo è un buon punto di
partenza per numerose escursioni
sulla montagna. Si può salire verso la
Foresta di Montes e la sorgente di
Funtana Bona, per poi
decidere di arrivare fino
al torrione calcareo di
Monte Novo San
Giovanni (1316 m).
GAVOI
Il paese fu, nei
secoli,
famoso in
Sardegna
per la
produzione di
finimenti da cavallo. Oggi invece la
produzione più caratteristica è quella
dei formaggi, tra cui il pecorino “fiore
sardo”. Al centro del paese è la facciata
rosa della chiesa di San Gavino,
edificata nel XVI secolo, che si affaccia
sulla omonima piazza da cui partono
alcune delle vecchie vie del borgo.
Passeggiando lungo le strette strade di
Gavoi si trovano alcuni palazzi storici
con i balconi fioriti e le facciate di
roccia vulcanica scura, come la casa a
due piani all’angolo di via San Gavino.
Nella chiesetta di Sant’Antioco sono
conservate decine e decine di ex voto
realizzati in filigrana d’oro e d’argento
e la statua del santo cui è dedicata una
festa nella seconda domenica dopo
Pasqua.
FONNI
La prima immagine che si coglie
di questo paese,
giungendo da
Pratobello, è
quella di un
pugno di case
che emergono
dal verde, addossate
al pendio della montagna. Fonni è uno
74
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
dei paesi più alti della Sardegna (1000
m di quota) ed è a metà strada tra
l’economia tradizionale e lo sviluppo di
un turismo per villeggianti attratti dal
clima e dalla posizione, anche se le
recenti modifiche alla struttura del
paese non sono state delle più felici.
Interessante l’artigianato (dolci, tessuti
e tappeti). Ai margini del paese è il
complesso francescano della Madonna
dei Martiri che risale al XVII secolo. In
esso è custodita una piccola statua
della Madonna realizzata frantumando
e impastando tra loro antiche reliquie
risalenti all’età romana. La festa che
qui si celebra a giugno ricorda il
ritorno dei pastori dalla lunga
transumanza.
TETI
In alto sulle
montagne che
sovrastano il lago di
Cucchinadorza, Teti
ospita un museo
piccolo ma molto
interessante, poiché il
paese sorge al centro
di un territorio ricco di
testimonianze del lontano
passato. Nei locali del
Museo Archeologico
Comprensoriale, gestito da una società
di giovani, è illustrata con chiarezza e
con attenzione la storia degli antichi
insediamenti nuragici (soprattutto il
villaggio di S’Urbale e il luogo sacro
nuragico di Abini) e nelle vetrine
dell’esposizione sono in mostra gli
oggetti della vita quotidiana rinvenuti
negli scavi. In una sala del museo è
ricostruita una capanna di epoca
nuragica (risalente a circa il 1000 a.C.)
in cui sono esposti vasi di terracotta,
materiali necessari alla filatura, piccole
accette, macine di granito; al centro si
trova lo spazio che era destinato al
focolare domestico. Nelle sale del
piano sottostante vengono allestite
esposizioni temporanee dedicate alla
IL CENTRO E LA BARBAGIA
75
76
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
cultura e alle tradizioni (costumi
tradizionali, tessitura e intreccio).
Dintorni: a un km circa, in corrispondenza del bivio per Austis, si trova
l’ingresso dell’area archeologica del
villaggio di S’Urbale, abitato dal 1200
al 900 a.C., con i resti di una trentina
di capanne preistoriche.
poranea, inaugurato nel 2000 e
dedicato ad Antonio Ortiz Echagüe,
pittore costumbrista spagnolo che ha
soggiornato ad Atzara dal 1906 al
1909. L’esposizione ospita una sezione
moderna e contemporanea, una
dedicata all’informale e infine una
dedicata alla grafica.
SÒRGONO
LÀCONI
Famoso per i
vini
(soprattutto
il
Cannonau),
Sòrgono è il
più importante centro della regione del
Mandrolisai. Vi sono i resti assai
degradati di un palazzotto secentesco
(la Casa Carta) e di una fonte di
origine pisana. Non lontano dal paese
si trova invece uno dei santuari
campestri più antichi e interessanti
della Sardegna: la chiesa di San Mauro.
Circondata dal tradizionale recinto
delle cumbessias destinate al riposo
dei pellegrini, la costruzione è
imponente. Lo stile è il prodotto di
una ben riuscita fusione tra l’anima
popolare e i tratti caratteristici della
architettura gotico-aragonese.
La facciata di trachite grigia si
raggiunge grazie a una scala a fianco
della quale vegliano le statue di due
leoni mentre in alto occhieggia uno dei
più riusciti rosoni scolpiti della
Sardegna dei secoli gotici. Sulle pietre
della chiesa non è difficile trovare
iscrizioni antiche e moderne che
ricordano la visita di pellegrini.
L’interno della chiesa, coperto da una
volta unica e separato solo dall’arco
che dà accesso al presbiterio, ospita un
altare barocco. Vicino al santuario si
possono inoltre ammirare la Tomba di
Giganti di Funtana Morta e il grande
vano coperto all’interno del Nuraghe
Talei.
Dintorni: da vedere è il Museo
Regionale d’Arte moderna e contem-
Di Làconi colpiscono due particolarità:
la roccia che circonda l’abitato e la
suggestiva posizione in cui sorgono le
rovine del Castello Aymerich. Questa
fortezza, di cui si conservano alcune
parti (una torre che risale al 1053, una
sala del XV secolo e un portico
seicentesco), si erge al centro di un bel
parco. Prima capoluogo della curatoria
di Porto Valenza, poi centro di
signoria e infine di marchesato, Làconi
conserva il palazzo Aymerich, di gusto
neoclassico, realizzato nella prima
metà dell’800 dall’architetto cagliarita-
IL CENTRO E LA BARBAGIA
no Gaetano Cima. Oggi paese di
villeggiatura, ospita anche, non
lontano dalla parrocchiale del ’500, un
piccolo museo dedicato al taumaturgo
Sant’Ignazio da Làconi, vissuto nella
seconda metà del XVIII secolo. Il
Museo Civico delle statue menhir si
trova nel palazzo comunale e conserva
quaranta statue di varie misure e in
diversi stati di conservazione.
Dintorni: la zona che circonda il paese
è ricca di vestigia preistoriche. Tra
queste vi sono i famosi menhir
antropomorfi da vedere a Perda
Iddocca, Genna ’e Aidu e non lontano
dalla mole del nuraghe Orrubiu.
ARITZO
Al tempo dei governi aragonese e
spagnolo, questo paese aveva ottenuto
il privilegio di essere amministrato da
persone del luogo, scelte dalla popolazione stessa. Della Aritzo di allora,
rinomata per il commercio della neve
77
che, rinchiusa in casse foderate di
paglia, veniva portata ai mercati più
lontani e venduta a caro prezzo
durante i caldi mesi dell’estate,
rimangono molte tracce. Alcune case
presentano ancora la facciata di pietra
e i lunghi balconi tradizionali. Tra le
costruzioni di maggior rilievo sono da
annoverare la Casa degli Arangino (di
forme neogotiche) e la cosiddetta
“prigione di Aritzo”, imponente
edificio secentesco in pietra.
Se la neve non viene più trasportata e
venduta, in paese sopravvive la
tradizione della lavorazione artigianale
dei mobili in legno (le “cascie” nuziali
intagliate) che si possono anche
acquistare presso le botteghe artigiane.
Il clima, la quota e l’esposizione
panoramica fanno di Aritzo una meta
di villeggiatura animata e piacevole in
estate. Partendo da qui è possibile
scegliere tra varie gite possibili - a
piedi o a cavallo - verso il
Gennargentu e l’alta valle del Rio
Flumendosa dove, in condizioni
idriche particolarmente favorevoli, si
può praticare la canoa.
Dintorni: nelle vicinanze del paese si
trova la sagoma rocciosa del Tacco di
Texile, dal quale lo sguardo può
spaziare sugli sconfinati panorami
della Barbagia e da dove, nei secoli
dell’Alto Medioevo, il mite sant’Efisio
predicò a lungo fino a convertire gli
abitanti dell’interno dell’isola.
BELVÌ
Il paese di Belvì sorge in alto, a
dominare la valle dell’Iscra, fittamente
coltivata a noccioleti e orti. Nel passato
il ruolo del paese - sia economico che
come luogo di scambio commerciale doveva essere ben più importante
tanto che una intera zona delle
montagne barbaricine ha tuttora il
nome di Barbagia di Belvì. Non
lontano dalle case del paese scorrono i
binari a scartamento ridotto della linea
ferroviaria che collega - con mille
78
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
curve e viadotti - Cagliari
con Sòrgono.
In paese si può visitare un
piccolo Museo di Scienze
Naturali e Archeologia,
sorto una quindicina
d’anni fa per iniziativa di
un gruppo di appassionati
(tra cui un naturalista tedesco
che è vissuto per quasi dieci anni in
paese) che ospita una sezione di
paleontologia, una di mineralogia ed
espone collezioni di insetti e animali
tipici della fauna sarda.
DÈSULO
Arroccato a 895 m di quota sulle
pendici del Gennargentu, Dèsulo ha
conservato molte tracce del suo
passato. Fino a non molti
anni fa, i suoi abitanti,
abili scultori e
frequentatori assidui
dei boschi, giravano
per i mercati e le
sagre di tutta la
Sardegna a vendere
mestoli, taglieri, oggetti
di legno e castagne. Lo sviluppo
edilizio - devastante in tutti i paesi
dell’interno dell’isola - ha purtroppo
quasi cancellato la bellezza delle case
tradizionali di scisto, mentre si
possono ancora incontrare frequentemente persone che indossano il
costume tradizionale del paese.
L’economia è strettamente legata alla
pastorizia e al rapporto secolare con i
boschi ricchi di castagni e i pascoli in
IL CENTRO E LA BARBAGIA
quota. La parrocchiale di Sant’Antonio
Abate e le altre chiese del paese come
la Madonna del Carmelo e San
Sebastiano meritano una visita per una
serie di statue policrome di legno che
risalgono alla metà del ’600.
Ma la ricchezza principale del paese è e probabilmente sarà nei prossimi anni
con l’entrata in funzione del neonato
grande Parco Nazionale del
Gennargentu - la vicinanza con gli
splendidi panorami della più alta vetta
sarda. Infatti, Dèsulo è una meta
interessante per gli escursionisti diretti
verso le quote più alte o verso la Punta
La Marmora.
In paese si incontrano spesso gruppi di
colorati camminatori e stanno
nascendo le prime pensioni e gli ostelli
dedicati a un nuovo tipo di turismo.
79
TONARA
Un tempo l’economia di questo centro
era basata solamente sullo sfruttamento dei prodotti della montagna e del
bosco: castagneti e noccioleti circondano infatti il paese di Tonara. Oggi il
turismo ha iniziato a fare capolino
anche su questo versante della
montagna ed è assai rinomata la
produzione del torrone, dei
campanacci per il bestiame e dei
tappeti. In piazza, durante le sagre,
fabbri ferrai producono i famosi
campanacci di Tonara utilizzando
forni, mantici e battendo il metallo su
pietre sagomate. Chiedendo informazioni in paese, si possono vedere
artigiani al lavoro e anche acquistare
tappeti di stile tradizionale. Nei vari
rioni del paese è possibile incontrare
80
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ancora oggi case pastorali di grande
suggestione, molto simili a come
dovevano apparire un secolo fa.
Tonara è una delle basi di partenza più
frequentate per escursioni sul massiccio del Gennargentu, tra le quali si
segnala la gita alla punta
Mungianeddu (1.467 m).
IL TORRONE
Il torrone è uno dei dolci più diffusi
nella cultura e nelle tradizione sarda
dell’interno. Non c’è festa o sagra in cui
manchi la bancarella che offre il
famoso torrone di Tonara, Dèsulo o di
uno degli altri paesi della montagna.
Gli ingredienti principali sono
mandorle, noci, nocciole, miele di
varie qualità e uova (di cui in alcuni
casi si utilizza anche il tuorlo). La
lunga cottura (durante la quale
l’impasto va controllato e mescolato
continuamente) dura più di 5 ore, e la
variazione del tipo di miele, dei sapori
di noci o mandorle, del numero di
tuorli aggiunti all’impasto crea diverse
varietà di torrone. Gli artigiani che
vendono questo dolce sono molti:
basta entrare in un laboratorio, grande
o piccolo che sia, per assistere alla
preparazione, oppure solamente per
poter scegliere di persona il gusto
preferito da un blocco che verrà
tagliato sull’istante. Merita una visita la
signora Anna Peddes che, al numero 6
di via Roma, a Tonara, produce un
torrone profumato e fragrante.
IL CENTRO E LA BARBAGIA
81
82
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
IL CENTRO E LA BARBAGIA
LA SARDEGNA
ZONA PER ZONA
La Costa occidentale
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84
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Note
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
La Costa
occidentale
All’improvviso il verde della macchia
mediterranea è interrotto da una
nuvola rosa. Non sono i fiori di cisto,
ma i quattromila fenicotteri che
eleggono lo stagno di Sale Porcus e gli
altri specchi d’acqua della costa
occidentale della Sardegna ad abituale
dimora invernale, quando il maestrale
soffia sul Golfo del Leone.
Con i suoi stagni di acqua dolce, le
lagune di acqua salmastra, le barene e
le dune costiere, la regione intorno a
Oristano rappresenta una delle più
importanti zone umide d’Europa.
Artefici di questo ecosistema prezioso
sono le acque del fiume Tirso e il
maestrale. Soffiando violento da
occidente, il vento ha fatto accumulare
nei secoli alte dune di sabbia che
hanno ostacolato il deflusso delle
acque. La pianura che si stende intorno
all’ultimo tratto del fiume era un
tempo infestata dalla zanzara anofele.
Solo nel XX secolo, grazie soprattutto
alle bonifiche degli anni Trenta e alla
campagna Rockefeller contro la
malaria, è stato possibile coltivare
senza rischi la campagna fertilissima
dove si producono primizie destinate
ai mercati del continente. Anche la
Vernaccia, il vino più rinomato della
Sardegna, proviene dalle basse viti che
si estendono alle spalle delle spiagge
del Sinis. La ricchezza di questa costa
ha da sempre attirato le navi degli
stranieri, a iniziare dai Fenici che vi
trovarono attracchi sicuri come Sulki e
Tharros ma anche ricche possibilità
commerciali grazie all’ossidiana
estratta dalle miniere di monte Arci.
Anche i Romani e gli Spagnoli hanno
lasciato un’impronta inconfondibile a
Bosa e trasformato Alghero in un
angolo di terra catalana in Sardegna.
85
La dimensione quasi familiare delle
spiagge e dei centri balneari ben si
sposa con le dune di sabbia ombreggiate da folte pinete o con le distese di
chicchi di quarzo traslucidi dove
crescono i gigli selvatici. Ci sono anche
tratti impervi e rocciosi, raggiungibili
soltanto dal mare o tramite lunghe
passeggiate.
Sentieri ben segnalati in parchi
naturali, spiagge che ricordano quelle
dei mari tropicali, rovine puniche e
cattedrali romaniche, città fortificate e
specialità eno-gastronomiche. La costa
occidentale della Sardegna soddisfa le
esigenze più diverse, da quelle di chi
vuole riposare su una spiaggia, e ha
solo l’imbarazzo della scelta tra Is
Arenas, Is Arutas e Bosa Marina, a
quelle di chi predilige la scoperta della
tradizione e ricerca vini e specialità
gastronomiche locali (dalla Vernaccia
alla bottarga) senza disdegnare i musei
della civiltà materiale, come il piccolo
gioiello di Santu Lussurgiu.
Le distanze relativamente brevi tra i
centri e i dislivelli minimi, specialmente nel Sinis e nel Campidano di
Oristano, ne fanno una meta ideale per
i cicloturisti. Innumerevoli anche i
percorsi per gli amanti del trekking e
quelli che preferiscono muoversi in
sella a un cavallo, partendo dal centro
equestre di Ala Birdi.
ALGHERO
Nei primi anni del 1100,
la nobile famiglia
genovese dei Doria
decise di fondare due
piazzeforti in terra
sarda. Nacquero così
Castelgenovese (oggi
Castelsardo) e Alghero. A
causa della grande quantità di alghe
depositate dal mare, la città prese il
nome di Alquerium - s’Alighera in
sardo e l’Alquer in catalano. Nel 1353,
dopo una brevissima parentesi di
86
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
dominio pisano, la città venne
conquistata dalle truppe aragonesi e,
da allora, Alghero è sempre stata la più
spagnola tra le città sarde. Il centro
storico è compreso all’interno dell’antico borgo fortificato e il turismo,
insieme con l’artigianato - soprattutto
del corallo - è il motore principale
dell’economia cittadina.
Nonostante le gravi distruzioni
provocate dai bombardamenti alleati
della Seconda guerra mondiale, il
cuore della città è ancora in larga parte
integro e può essere tranquillamente
visitato a piedi. Le strade che arrivano
da Bosa e da Sassari portano al limite
delle antiche mura. Conviene lasciare
l’automobile all’esterno e iniziare la
visita a piedi, iniziando da una
passeggiata lungo l’antica cerchia delle
mura e delle torri. Il dialetto algherese
è strettamente legato al catalano e, dal
1970, le targhe che indicano il nome di
piazze e strade sono bilingui: italiane e
catalane. La visita è particolarmente
suggestiva di sera alla luce rosata dei
lampioni.
PORTA A TERRA
Piazza Porta a Terra. Di origine
trecentesca sorge isolata perché in
questa zona buona parte delle
fortificazioni verso terra è stata
abbattuta e sostituita dal tracciato
dell’odierna via Sassari.Un tempo era
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
nota come Torre degli Ebrei, a causa
del contributo della comunità ebraica
cittadina allo sforzo militare del re
Pietro III, ed era uno dei due ingressi
della cinta muraria alla città. La
porta era anche munita di un
ponte levatoio che poggiava
sulla grande arcata gotica,
trasformata oggi in
monumento ai caduti. Il
piano terreno, chiuso da
una volta in pietra, è un
piccolo centro per mostre.
TORRE DELL’ESPERÒ REAL
Piazza Sulis.
Sulla piazza, centro della vita cittadina
di Alghero, è la mole imponente della
87
torre dell’Esperò Real (il nome
significa Torre dello Sperone Reale),
costruita nella prima metà del XVI
secolo in sostituzione di una
struttura militare più
antica. Alta 23 m, la
torre ha un interno
molto interessante,
composto da ampi
ambienti sovrapposti,
collegati da una scala
elicoidale.
Il lungomaree il Forte de la Magdalena
La passeggiata a mare diviene, sul far
della sera, una meta piacevole e
frequentata. Partendo da sud, al
lungomare Dante seguono i lungomare
88
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Cristoforo Colombo e Marco Polo,
lungo i quali sorgono una serie di
antichi bastioni fortificati (torre di San
Giacomo, bastione del Mirador, torre
de la Polvorera, torre de Castilla) che
conducono fino al porto. Non lontano
dalla scalinata che porta all’antica
Porta a Mare, sorge l’imponente mole
del Forte de la Magdalena, importante
fortificazione di epoca spagnola, sulle
cui mura una lapide ricorda lo sbarco
di Garibaldi il 14 agosto del 1855.
PALAZZO D’ALBIS PIAZZA CIVICA (PLAÇA
DE LA DRESSANA)
Di origine cinquecentesca, con finestre
a bifore, il palazzo, chiamato anche
palazzo de Ferrera, è uno dei rari
esempi di architettura civile catalana. È
celebre per aver ospitato, nell’ottobre
del 1541, l’imperatore Carlo V, di
passaggio per Alghero con la sua flotta
sulla via per Algeri. La tradizione
narra che, dal balcone, il re abbia
definito la città “Bonita, por mi fé, y
bien assentada” (“Bella, in fede mia, e
ben solida”) e abbia apostrofato gli
algheresi con la lusinghiera frase
“Estade todos caballeros”. Il passaggio
del monarca si concluse con un’imponente requisizione di bestiame,
necessario alle truppe spagnole, e con
il macello delle bestie al termine di
una estemporanea corrida avvenuta
proprio sulla piazza.
CATTEDRALE DI SANTA MARIA
Sulla piccola piazzetta Duomo si apre il
portale della Cattedrale di Alghero,
edificata nel XIV secolo e che assunse
l’attuale aspetto intorno alla metà del
’500. Lo stile architettonico è tardogotico di ispirazione catalana e la
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
struttura è sormontata da un campanile
ottagonale della stessa epoca. Nell’interno si nota una differenza sensibile tra la
struttura del corpo centrale (tardo
rinascimentale) e le forme del presbiterio gotico cinquecentesco.
MUSEO DIOCESANO D’ARTE SACRA
La raccolta comprende numerosi
oggetti, dipinti, marmi, gioielli,
paramenti sacri e sculture di scuola
catalana.
VIA PRINCIPE UMBERTO
Partendo dalla Cattedrale, questa
stretta via fu uno degli assi
principali dell’antica città murata:
qui si incontrano le facciate della
Casa Doria (XVI secolo), del
Palazzo della Curia e, su piazza
Vittorio Emanuele II,
dell’ottocentesco Teatro Civico
sabaudo.
CHIESA E CHIOSTRO DI SAN
FRANCESCO
Forse la chiesa di San Francesco è il
più significativo monumento catalano
di tutta la Sardegna. Edificata alla fine
del Trecento e poi in parte ricostruita a
causa di un crollo nei primi del ’600, la
chiesa mostra le diverse fasi
costruttive.
Il campanile è in stile gotico, con
corpo esagonale su base quadrata. La
cupola, rivestita di piastrelle
policrome, è diventata il simbolo della
città. L’interno, a tre navate in arenaria
bianca, ospita ancora alcuni altari
lignei d’epoca barocca e, sotto la gotica
volta stellata del presbiterio, un altare
settecentesco. Tra le opere vanno
segnalate le statue del Cristo Morto e
del Cristo alla Colonna. Dalla chiesa,
attraverso la sacrestia, si può accedere
al chiostro, in arenaria, costruito in
diversi periodi. La parte bassa è di
origine trecentesca mentre quella
superiore venne aggiunta nel ’700. Le
ventidue colonne sono a due ordini
sovrapposti con basi circolari o
89
poligonali e capitelli scolpiti. D’estate,
il chiostro diventa scenario di concerti
e manifestazioni culturali dell’Estate
Musicale Internazionale di Alghero.
Negli altri mesi le varie manifestazioni
e le mostre si tengono invece nell’antico refettorio del convento.
LE SPIAGGE
Il porto di Alghero non fu mai molto
importante, a causa della sua posizione
e della conformazione delle basse
coste. Senza inquinamento o grandi
strutture industriali, quindi, il mare è
di casa in città e gli stabilimenti si
susseguono appena al di
fuori del centro storico
cittadino. La spiaggia
più famosa di
Alghero è la
spiaggia delle
Bombarde,
una striscia
di sabbia
bianca su un mare
dall’acqua trasparente. Piacevole anche
la spiaggia del Lazzaretto che deve il
nome alla presenza, ai tempi della
peste, di un lazzaretto. Nelle belle
giornate, davanti alle spiagge si staglia
la sagoma verticale del promontorio di
Capo Caccia.
Dintorni: a pochi chilometri il centro
di Fertilia, porticciolo turistico. Di
fianco corre il canale di sbocco dello
stagno di Calich dove si allevano
anguille, orate e muggini. In zona si
possono ancora vedere le 13 arcate del
ponte romano dell’antico centro di
Carbia, collegato con Portus
Nympharum, l’odierna baia di Porto
Conte. Di lì in pochi minuti si
raggiunge il Nuraghe Palmavera.
PORTO TORRES
Il principale porto della Sardegna
settentrionale, nell’interno del Golfo
dell’Asinara, fu in passato una fiorente
colonia romana, col nome di Turris
Libisonis.
90
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
I commerci con la città di Kàralis
transitavano lungo la principale via
dell’isola, mentre gli stretti rapporti
della colonia con Roma sono testimoniati dai mosaici rinvenuti nel Foro
delle Corporazioni di Ostia. Dopo un
declino che cominciò nel Medioevo,
Porto Torres crebbe nell’Ottocento divenendo il porto di Sassari - e con
l’industrializzazione nel Novecento. In
città si trova la basilica di San Gavino,
una delle chiese romaniche più
importanti della Sardegna, edificata in
stile pisano nel 1111. Da notare il
portale sulla facciata nord, con i suoi
bassorilievi quattrocenteschi e il vicino
portale in stile gotico con influenze
catalane. All’interno vi sono una cripta
che dà accesso a una zona di resti di
epoca romana, le statue
settecentesche dei
martiri Gavino,
Proto e Gianuario e
varie iscrizioni di
epoca
altomedievale.
L’area archeologica
delle Terme Centrali offre una visione
abbastanza fedele di un quartiere
dell’antica città romana, mentre
nell’Antiquarium Turritano sono
esposti i reperti provenienti dagli scavi
archeologici. Non lontano vi è infine il
cosiddetto Ponte Romano che, con le
sue sette arcate, scavalca in 135 m la
foce del Rio Mannu.
Dintorni: non lontano vi è uno dei siti
più interessanti della Sardegna antica:
il santuario prenuragico di Monte
d’Accoddi. Da Porto Torres seguire la
SS131 in direzione di Sassari: poco
oltre il bivio per Platamona (al km
222,300)
una strada sterrata conduce all’ingresso dell’area archeologica.
Unico esempio di altare megalitico
conosciuto in tutto il bacino del
Mediterraneo occidentale, la costruzione risale all’Età del rame (24501850 a.C.) e ha una forma a tronco di
piramide con base trapezoidale
sorretta da mura di blocchi di pietra.
Sul lato sud una rampa sale alla
sommità, a una decina di metri
d’altezza, mentre la base misura
30 m per 38. Attorno alla
mole dell’altare si trovano
numerose fondamenta di
capanne, delle tavole
sacrificali e alcuni menhir
abbattuti. Un gruppo di
domus de janas (non facili
da raggiungere) faceva parte
del complesso. I materiali scavati nella
zona - soprattutto ceramiche - sono
conservati nel Museo Nazionale di
Sassari.
STINTINO
Salendo in direzione del Capo Falcone,
si raggiunge Stintino (dal sardo
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
“s’isthintinu”, cioè il budello,
nome tradizionale dello
stretto fiordo su cui sorse il
paese di pescatori). Oggi
centro di vacanze, Stintino
fu importante per le sue
tonnare. Ogni estate si
organizza al porto una
esposizione sulle tradizioni
legate alla pesca del tonno.
Mentre il Museo della
Tonnara espone una raccolta di
documenti, oggetti, foto e modellini
che riproduce il ciclo di vita del tonno
e illustra la vita della tonnara. I due
porti - Portu Mannu e Portu Minori sono attrezzati per il turismo nautico.
A nord la strada prosegue lungo la
costa fino a raggiungere Capo Falcone,
con la torre nel punto più alto e le due
fortificazioni spagnole della Pelosa e
dell’Isola Piana.
ASINARA
Chiusa al pubblico fino a poco tempo
fa, a causa della presenza del carcere di
massima sicurezza di Fornelli,
l’Asinara fa parte del Parco Nazionale
del Gennargentu, di recente istituzione. Lunga poco meno di 18 km e larga
al massimo 6, l’isola culmina nella
punta della Scomunica a 408 m di
quota e rappresenta un ambiente
naturale unico nel Mediterraneo
occidentale per la presenza di specie
91
animali rare o in via di estinzione. Le
sue coste integre e le pochissime
strade realizzate sui 50 kmq
dell’Asinara la rendono un rifugio
ideale per rapaci, uccelli marini,
mufloni e cinghiali. Sopravvive
ancora un branco di asinelli
bianchi, la presenza dei quali ha
certamente dato in passato il
nome all’isola. Tra le rocce
vulcaniche sopravvive ancora
un piccolo bosco di lecci e, tra
la bassa vegetazione mediterranea,
meta di appassionati e studiosi del
settore, sono presenti varie rarità
botaniche. La splendida isola è oggi
visitabile con gite organizzate.
92
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ARGENTIERA
Molti luoghi, in Sardegna,
riconducono alla storia delle antiche
miniere. All’Argentiera, non lontana
dal moderno borgo di Palmadula,
Romani e Pisani si dedicarono a lungo
all’estrazione del prezioso minerale che
avrebbe dato il nome alla zona.
Affacciati sul mare, da dove provenivano navi e barche da carico necessarie al
trasferimento e al commercio del
minerale, gli stabilimenti minerari
ottocenteschi sono imponenti, con le
loro costruzioni in legno e in
muratura. Negli ultimi anni una serie
di restauri e rifacimenti (non ancora
portati a termine) ha cambiato il colpo
d’occhio sul complesso minerario, che
resta tuttavia uno dei più affascinanti
esempi di archeologia industriale che è
possibile visitare in Sardegna. Durante
l’estate la baia è frequentata dai
bagnanti che qui più che altrove
trovano tranquillità e acque cristalline.
CAPO CACCIA
Altissimo sul mare,
il promontorio di Capo Caccia è
sormontato da un faro, e dall’alto delle
scogliere il panorama verso Alghero è
eccezionale. Negli anfratti della
vertiginosa scogliera nidificano i
piccioni selvatici, i rondoni, i falchi
pellegrini e i gabbiani reali. Sul
versante occidentale del promontorio al largo del quale si trova la sagoma
rocciosa dell’isola Foradada - una
ripida scala scende verso l’ingresso
della Grotta di Nettuno. I 656 gradini
(che scendono per 110 m di dislivello)
della Escala del Cabirol - la Scala del
Capriolo - conducono alla grotta,
raggiungibile anche in barca in 3 ore
partendo da Alghero, oppure in 20
minuti partendo da Cala Dragunara
(Porto Conte).
MONTELEONE ROCCA
DORIA
Arroccato sulla cima dell’altura di Su
Monte (421 m), il piccolo paese di
Monteleone Rocca Doria vive giorni
tranquilli nella memoria di un passato
nobile e bellicoso. Sull’altura, i Doria
edificarono nel XIII
secolo una
fortificazione che
nel 1436, dopo tre
anni di feroce
assedio, venne
completamente
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
distrutta dalle truppe coalizzate di
Aragona, Sassari, Bosa e Alghero.
Allora gli abitanti emigrarono e
fondarono il borgo di Villanova
Monteleone. I pochi rimasti vissero
sull’alto della loro rupe, da cui lo
sguardo spazia sul lago artificiale del
Temo e sulla piana della Nurra. Il
paese fu escluso dallo sviluppo della
regione, tanto che negli anni Cinquanta gli abitanti
tentarono di
risollevarne
le finanze
mettendo
in vendita
l’intero
paese. In
93
alto, tra le case, la piccola parrocchiale
di Santo Stefano del XIII secolo.
MACOMER
Edificata su un gradino di antiche
rocce vulcaniche, Macomer è uno dei
nodi commerciali più importanti della
Sardegna dell’interno. Cresciuto
attorno alle vie di comunicazione - la Carlo Felice e la
ferrovia - il paese deve
la sua fortuna
all’agricoltura,
all’allevamento, ai
formaggi e alle
piccole industrie,
94
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
e conserva qualche traccia interessante
del passato. La parrocchiale di San
Pantaleo è un esempio di architettura
gotica secentesca chiara ispirazione
spagnola. Sul piazzale della piccola
chiesa di Santa Croce, la sera del 17
gennaio in occasione della festadi “Sa
Tuva”, in onore di Sant’Antonio Abate
viene acceso un grande falò.
Dintorni: non lontano dal centro, a
poca distanza dalla strada Carlo Felice,
una breve passeggiata porta fino
al Nuraghe Santa
Barbara, dalla
mole imponente che sovrasta
una serie di torri
minori e di bastioni.
SEDILO
La roccia dell’altopiano di Abbasanta è
stata la materia prima usata dagli
abitanti di Sedilo: le vecchie case del
paese sono caratteristiche di un’edilizia
che, oramai, va scomparendo. Il centro
del paese non presenta particolari
motivi di interesse, a parte la chiesa di
San Giovanni Battista. Sedilo è però
famosa in tutta la Sardegna per il
grande santuario di Santu Antine (San
Costantino, paladino del Cristianesimo, molto venerato nell’isola). La
chiesa sorge su un’altura che domina lo
specchio del lago Omodeo e, all’interno del suo recinto - dove si trovano le
cumbessias destinate ai pellegrini sono state sistemate anche numerose
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
sculture di epoca nuragica, tra cui la
cosiddetta “perda fitta”, monolito che,
secondo la leggenda, altro non sarebbe
che il corpo di una donna trasformata
in pietra a causa della sua irriverenza
nei confronti del santo patrono. Nello
spazio antistante al santuario si svolge
“S’ardia”, la spericolata cavalcata che
conclude la festa che dal 5 all’8 luglio
viene celebrata per ricordare la vittoria
di Costantino su Massenzio nella
battaglia di Ponte Milvio del 312. Le
pareti interne della chiesa sono ricoperte
da un’enorme quantità di ex voto.
GHILARZA
Al centro del paese si trova una tozza e
incompiuta torre aragonese, ma
95
Ghilarza è particolarmente noto per
essere il paese in cui visse Antonio
Gramsci. Una piccola porta che si
affaccia su corso Umberto dà accesso
alla casa di Gramsci, dove ha sede un
centro studi e dove sono esposti
materiali storici sulla figura del
dirigente comunista ucciso dalle carceri
del regime fascista. Al secondo piano vi
è una piccola stanza da letto, spoglia e
tranquilla, che fu quella in cui visse
Gramsci dal 1898 fino al 1908.
Dintorni: non lontano da Ghilarza,
seguendo la strada per Nuoro, si può
ammirare la bella chiesa di San Pietro
di Zuri, spostata insieme al villaggio
omonimo nella posizione attuale in
seguito all’allagamento artificiale che
ha dato origine al lago Omodeo nel
1923. La chiesa ricostruita risaliva al
1291 ed era stata commissionata dal
giudice Mariano d’Arborea all’architetto Anselmo da Como: l’architettura è
di stile romanico, anche se in alcuni
particolari si intravede già la transizione verso il gotico.
ABBASANTA
Il piccolo paese, con il suo centro dove
ancora si incontrano le vecchie case
della tradizione fatte di pietra basaltica
scura, ruota attorno alla ottocentesca
chiesa parrocchiale di Santa Cristina,
ispirata a
imponenti
forme
architettoniche
rinascimentali.
Al centro di
una regione
dove è molto sviluppata l’agricoltura,
Abbasanta deve la sua importanza alla
posizione rispetto alle principali vie di
comunicazione, antiche e moderne,
che attraversano il centro dell’isola.
Non lontano da Abbasanta vi sono due
dei siti di rilevante interesse archeologico dell’isola: il Nuraghe Losa e il
complesso nuragico di Santa Cristina
(p 137). Per raggiungere il Nuraghe
96
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Losa, seguire la Carlo Felice in
direzione di Cagliari fino a che, in
corrispondenza del km 123, un bivio
sulla destra conduce all’ingresso
dell’area archeologica
recintata. Insieme ai
monumenti di
Barumini e Torralba,
questo complesso
nuragico è uno dei più importanti
della Sardegna immediatamente
precedente al periodo punico. Al
centro della imponente struttura è un
mastio che risale al II millennio a.C.,
mentre il bastione e l’antemurale sono
posteriori e ultima in termini di tempo
è la cinta esterna, edificata nel VII
secolo a.C.
All’interno del nuraghe sono accessibili tre ambienti coperti in cui si possono
osservare ancora numerose nicchie che
servivano come ripostiglio e una scala
a spirale che sale al piano superiore,
coronato da un terrazzo. Attorno alla
struttura principale si possono vedere
le basi di una serie di costruzioni che vanno
dall’Età del
Bronzo fino al
periodo
altomedievale. Interessante, infine, la
breve visita al piccolo antiquarium
edificato a un centinaio di metri di
distanza dal nuraghe: qui sono esposte
planimetrie e immagini di una serie di
monumenti di epoca nuragica della
zona.
BOSA
Dominata dal castello dei malaspina,
Bosa si stende, con le sue case dai
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
colori pastello, sulla riva destra del
fiume Temo, l’unico navigabile della
Sardegna, un paio di chilometri prima
della foce. Le origini della città
risalgono ai Fenici, anche se il centro
era più arretrato, sulla riva sinistra. In
epoca medievale, per sfuggire alle
incursioni piratesche, il borgo si spostò
alle pendici del colle di Serravalle
cercando la protezione dei Malaspina.
Dichiarata dagli Spagnoli città reale,
Bosa ha sempre mantenuto stretti
contatti con la Penisola iberica. Il suo
fascino è indiscutibile, con i fabbricati
di Sas Conzas che si specchiano nelle
acque calme del fiume e il quartiere di
Sa Costa tutto stradine e scalinate dove
ancora qualche donna siede sull’uscio
a lavorare il filet. Il suo mare è stato
dichiarato dalle associazioni
ambientaliste tra i più puliti d’Italia.
97
CATTEDRALE
Via De Gasperi.
Dedicata all’Immacolata,
è stata ristrutturata nell’Ottocento in
tardo stile barocco piemontese di cui
conserva tutta la maestosità. All’interno la statua policroma della Madonna
col Bambino di scuola catalana,
risalente al XVI secolo. Ai lati dell’altare due leoni di marmo che uccidono i
dragoni. Gli altari laterali hanno
decorazioni
in marmi policromi.
CORSO VITTORIO EMANUELE II
La via principale di Bosa, dal fondo
lastricato in pietra, corre parallela al
fiume. Su di essa si affacciano
palazzetti signorili e i negozi degli
artigiani orafi che lavorano la filigrana
d’oro e il corallo.
98
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
PINACOTECA CIVICA
Casa Deriu rappresenta un esempio di
abitazione bosana del secolo scorso
trasformata in uno spazio espositivo.
Al primo piano sono raccolti i prodotti
(dolci, vino, pane) della tradizione
insieme a foto d’epoca in bianco e nero.
Al secondo piano si può visitare la
ricostruzione dell’appartamento
signorile con parquet in ulivo, soffitti a
volta decorati, piastrelle in maiolica di
Ravenna e tende
a filet. L’ultimo
piano ospita la
Pinacoteca
Civica con la
raccolta
Melkiorre Melis,
artista bosano,
uno dei principali promotori
delle arti
applicate del
Novecento in
Sardegna. Le
opere in mostra
coprono un arco
di 70 anni con opere grafiche, dipinti a
olio, ceramiche, manifesti. Interessanti
i lavori d’influenza araba prodotti dal
Melis nel decennio in cui diresse la
Scuola Musulmana di Arti e Mestieri a
Tripoli.
CASTELLO MALASPINA
Costruito nel 1112 dai marchesi di
Malaspina dello Spino Secco, ha un
aspetto imponente nonostante restino
solo le torri e il muro di cinta.
Ampliato e ricostruito nel ’300,
racchiude una superficie di diecimila
metri quadrati. Del castello vero e
proprio rimangono in piedi solo alcuni
muri nell’angolo nord-est del recinto,
ai piedi della Torre maestra. Costruita
in blocchi di trachite ocra chiaro agli
inizi del Trecento, è oggi in fase di
ristrutturazione. All’interno delle
mura l’unica costruzione rimasta in
piedi è la chiesa di Nostra Signora di
Regnos Altos, costruita nel Trecento e
restaurata nel 1974-75. Al suo interno
è stato ritrovato un ciclo di affreschi di
scuola catalana, uno dei pochi rimasti
in Sardegna. Dai bastioni della torre, la
vista spazia sulla chiesa di San Pietro,
la bassa valle del Temo e i tetti rossi di
Sa Costa. Piacevole la discesa verso il
centro attraverso la ripida scalinata in
pietra lungo i pochi resti della cinta
che un tempo proteggeva a est tutto
l’abitato.
SAS CONZAS
Sulla riva
sinistra del
fiume Temo,
questi grandi
magazzini erano
un tempo
adibiti alla
concia e alla
lavorazione
delle pelli.
Caduti in disuso
con la crisi del
settore, aspettano da anni una
risistemazione. Per ora ospitano un
piccolo ristorante affacciato sul fiume.
Il punto migliore di osservazione è dal
Lungotemo De Gasperi, una passeggiata ornata di palme dove i pescatori
ormeggiano le proprie imbarcazioni.
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
SAN PIETRO
Circa un chilometro a est sulla sponda
sinistra del Temo, sorge la ex cattedrale di San Pietro, una delle più interessanti opere romaniche sarde. In
trachite rossa, è stata costruita nella
seconda metà dell’XI secolo, mentre
l’abside, il campanile e le murature
laterali vennero aggiunti nel secolo
successivo. La facciata unisce elementi
romanici a elementi gotici importati
dai monaci cistercensi. Sull’architrave
del portale, una singolare Madonna col
Bambino e i santi Pietro, Paolo e
Costantino. L’interno, a tre navate, è
difficilmente visitabile.
Dintorni: Bosa Marina, a poco più di
due chilometri dal centro, ha una bella
spiaggia riparata, con sabbia scura. La
rocciosa isola Rossa è collegata alla
terraferma da un lungo molo di
protezione. Nella Torre aragonese,
aperta in luglio e agosto, vengono
allestite esposizioni temporanee. La
costa tra Bosa e Alghero è una delle
più spettacolari della Sardegna.
Un’escursione interessante è quella sul
Trenino verde da Bosa Marina a
Macomer costeggiando la spiaggia di
Pedras Nieddas (Pietre Nere) prima di
risalire la valletta del Rio Abba Mala
verso Modolo, Tresnuraghes e Sindia.
99
SANTU LUSSURGIU
A 500 metri di altitudine, sul versante
orientale del Montiferru, Santu
Lussurgiu si stende ad anfiteatro sul
bordo di un cratere vulcanico circondato da uliveti. Interessante il centro
storico con strade in salita e piccole
piazzette su cui si affacciano belle case
in pietra a più piani, intonacate con
colori vivaci dal rosso vinaccia al giallo
zafferano. Alcune hanno architravi
decorate e balconi in ferro battuto. In
via Roma, in una casa padronale del
XVIII secolo, si aprono le 11 stanze del
Museo della Tecnologia contadina,
realizzato dal Centro di Cultura
Popolare e visitabile su appuntamento.
Artefice della raccolta “Su mastru
Salis”, Maestro Salis, che in venti anni
ha raccolto più di 2000 oggetti
appartenuti alla civiltà e alla tradizione
del paese. Visitare il museo con la sua
guida, o con quella dei volontari che lo
aiutano, è come fare un viaggio a
ritroso nel tempo. Sala dopo sala
riemergono oggetti usati quotidianamente dai contadini, dai pastori e dai
carbonai che lavoravano ai piedi del
Montiferru. Particolarmente interessanti la sezione della filatura e della
tessitura, la cucina e la sezione dei
mestieri con un insolito ellissografo.
Interessante anche la stanza del vino
con una gualchiera, lo strumento
100
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
preindustriale utilizzato per ammorbidire e infeltrire il tessuto. Nel territorio
di Santu Lussurgiu ne funzionavano
più di quaranta. Nella parte alta del
paese si trova la chiesa di Santa Maria
degli Angeli, che conserva al suo
interno un bell’altare di legno intagliato. In paese esistono ancora artigiani
specializzati nella fabbricazione dei
coltelli o nei finimenti per cavalli
(morse, selle e stivali di cuoio). A
Carnevale la strada di fronte al museo,
chiamata “Sa Carrela ’e Nanti”, è teatro
di una sfrenata corsa a pariglia di
cavalli guidati da cavalieri in costume.
Dintorni: a pochi chilometri c’è un
bosco di pini, lecci e querce che
circonda il paesino di San Leonardo de
Siete Fuentes, famoso per la presenza
di sette sorgenti dalle acque radioattive e diuretiche che sgorgano da sette
fontanelle a temperatura costante di
11 gradi. I sette ruscelli attraversano
un boschetto meta di scampagnate
domenicali. Al centro dell’abitato si
trova la piccola chiesa di San
Leonardo appartenuta ai Cavalieri di
Malta. In trachite scura, è stata
costruita nel XII secolo ma l’aspetto
attuale romanico-gotico è dovuto a
una ristrutturazione del secolo
successivo. L’interno, a navata unica,
conserva le insegne della Congregazione. Di fronte alla chiesa c’è una piccola
biblioteca comunale. All’inizio di
giugno, San Leonardo ospita una fiera
di cavalli da sella.
CUGLIERI
Sul versante occidentale del
Montiferru, in posizione panoramica
sul mare, Cuglieri è un grosso borgo
agricolo e pastorale a 500 m d’altitudine. Il paese si stende ai piedi della
imponente chiesa di Santa Maria della
Neve, dalla facciata settecentesca
affiancata da due campanili. Si
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
101
raggiunge con una bella passeggiata in
salita che dalla via principale si snoda
tra vicoli e scalinate strette tra alte case
in pietra. Dal piazzale del Colle
Barodus, davanti alla chiesa, la vista
spazia dai tetti rossi del paese alla
costa tra Santa Caterina di Pittinuri e
Porto Alabe.
Santa Caterina di Pittinuri
E una località balneare sorta intorno
alla caletta di sassi bianchi, chiusa da
una scogliera calcarea dominata dalla
Torre del Pozzo, costruita dagli
Spagnoli. Questo tratto di costa è
molto panoramico con promontori
calcarei e spiagge di sabbia e sassi
bianchi. Il punto più famoso è
S’Archittu, un grande arco scavato
nella scogliera dalla forza delle acque.
Una strada sterrata, che parte dalla
statale 292 tra Santa Caterina di
Pittinuri e S’Archittu, porta alle rovine
della città punico-romana di Cornus
dove, nel 215 a. C., si combatté l’ultima
battaglia tra i Romani e i Sardo-punici
guidati da Amsicora. Nel IX secolo la
città venne abbandonata a causa delle
continue incursioni saracene e gli
abitanti si spostarono in collina
fondando una nuova cittadina, Curulis
Nova, l’attuale Cuglieri. La strada
termina poco prima dell’insediamento
paleo-cristiano di Columbaris, mentre
l’acropoli di Cornus sorge sul colle a
sud-ovest. La zona archeologica
sembra abbandonata, ma si possono
individuare alcuni sarcofagi e i resti di
una basilica a tre navate probabilmente
risalenti al VI secolo.
CABRAS
A pochi chilometri da Oristano,
Cabras è un paese dalle case a un
piano che ha conservato l’impianto
antico. Sorge ai bordi dello stagno,
esteso per 2.000 ha, che è il più grande
stagno di acqua dolce della Sardegna e
comunica col mare attraverso una
serie di canali. La presenza contempo-
102
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ranea di acqua dolce e salata attira
falchi di palude e folaghe, polli sultani
e falchi pellegrini. Le acque sono
ricche di anguille e muggini. Un tempo
sullo stagno si andava a pesca con
imbarcazioni dalla forma appuntita, is
fassonis, costruite con erbe palustri
essiccate al sole, avvalendosi della
stessa tecnica usata dai Fenici. Sempre
ai Fenici sembra risalire sa merca: i
muggini vengono avvolti
in erbe lacustri e lasciati
a macerare in acqua
salata.
Dintorni: al limite
settentrionale del golfo di Oristano c’è
la Laguna di Mistras. Separata dal
mare da due cordoni litorali, inserita
nelle zone umide di importanza
internazionale previste dalla convenzione di Ramsar, rappresenta l’habitat
ideale per fenicotteri rosa, cormorani,
aironi cinerini e falchi pescatori. Ricco
di avifauna anche il vicino stagno Mar
’e Pontis, dove visitare la Peschiera
Pontis, un’antica costruzione per la
itticoltura, con chiuse e lavorieri.
SAN SALVATORE
Le bianche case dei pellegrini, le
cumbessias, circondano la chiesa
campestre di San Salvatore. Esse
vengono abitate per nove giorni
all’anno, a cavallo tra agosto e settembre, in occasione della novena per la
festa del santo. La grande piazza
centrale è stata utilizzata negli anni
Sessanta del Novecento come set dei
film western all’italiana. La chiesa è
sorta alla fine del XVII secolo nell’area
di un santuario pagano di origine
nuragica, incentrato sul
culto delle acque e
ricostruito nel VI
secolo come chiesa
sotterranea. Attraverso una scala nella navata sinistra si
scende all’ipogeo formato da sei vani:
due rettangolari ai lati di un corridoio
che conduce a un atrio circolare con
un pozzo intorno al quale sono
disposte tre camere. L’ipogeo è
parzialmente scavato nella roccia; i
soffitti a botte sono in arenaria e
mattoni. Sulle pareti si sono conservati
diversi graffiti di animali (elefante,
pantera e pavone) e di divinità (Ercole
che lotta con il leone Nemeo, Marte e
Venere con un piccolo Eros alato).
Interessanti le scritte arabe che parlano
di Allah e Maometto, nonché le
numerose raffigurazioni di navi, che
gli studiosi ritengono potessero essere
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
103
dei probabili ex voto. Le lettere latine
RVF intrecciate come in un monogramma e ripetute più volte sembrano
derivare dalla lingua fenicia e significare “guarire, salvare, dare salute”. Il
primo sabato di settembre si celebra la
festa di San Salvatore con la corsa degli
Scalzi in ricordo dell’impresa di alcuni
giovani che, dopo avere abbandonato il
villaggio per sfuggire ai Saraceni,
ritornarono per mettere in salvo la
statua del santo. Appena fuori
dell’abitato, in direzione est, ci sono le
rovine delle terme romane di Domu ’e
Cubas.
SAN GIOVANNI DI SINIS
Al limitare della penisola del Sinis, vi è
una località balneare un tempo famosa
per le caratteristiche baracche dei
pescatori costruite in legno e giunco.
Oggi ne rimangono solo alcune: il
gruppo più numeroso è a oriente della
statale, poco distante dagli scavi di
Tharros. All’ingresso del paese sorge la
chiesa paleocristiana di San Giovanni,
insieme a San Saturnino di Cagliari,
più antica della Sardegna. Risale infatti
al V secolo, anche se gran parte
dell’aspetto attuale è dovuto a interventi del IX e X secolo. L’interno a tre
navate coperte da volte a botte è
suggestivo.
Dintorni: a poca distanza c’è l’Oasi
Torre ’e Seu del WWF che conserva
una delle ultime macchie spontanee di
palme nane rimaste nella zona. Si
raggiunge con una strada sterrata che
parte dalla periferia settentrionale di
San Giovanni di Sinis. Dal cancello si
prosegue a piedi fino al mare e a Torre
’e Seu costruita dagli Spagnoli.
NELLA TERRA DELLA VERNACCIA
La campagna a nord di Oristano è una
delle più fertili di tutta l’isola, un’oasi
di viti, aranci e olivi. La coltivazione
dei mandarini risale al Trecento e
all’opera dei monaci camaldolesi che
avevano un grande convento a
Bonacardo. Ben più antica la coltivazione della vite: a Tharros (pp 132-3)
sono stati ritrovati vasi vinari, anfore,
bicchieri. La Vernaccia di Oristano è il
vino più famoso della Sardegna e viene
prodotta nei comuni di San Vero Milis,
Cabras, Zeddiani, Narbolia, Riola,
Baratili. È un vino forte, con gradazione alcolica di almeno 15 gradi e un
invecchiamento minimo di 3 anni in
barrique di rovere. Piacevole una gita
nella zona di produzione, magari
fermandosi per degustazioni e acquisti
nella Cantina sociale della Vernaccia.
Molto belli i portali settecenteschi che
segnavano l’accesso ai fondi.
THARROS
La città di tharros venne fondata dai
Fenici intorno al 730 a.C. sul promontorio di Capo San Marco, che offriva
ancoraggi sicuri in qualsiasi condizio-
104
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ne atmosferica alle navi
che arrivavano cariche di
merci da tutto il
Mediterraneo. Già nel
VI e V secolo a.C.
Tharros era diventata
un fiorente centro
portuale e l’espansione
continuò anche con i
Romani, dal 238 d.C. Dell’antica città
sono stati riportati fino a oggi alla luce
i tre quinti. L’area archeologica,
sospesa tra i due mari, è una delle più
affascinanti del Mediterraneo. Una
visita nella parte meridionale porta
alla città punica e romana con le
abitazioni, le terme e i santuari; più a
nord, permette di visitare il tophet, le
capanne nuragiche del villaggio Murru
Mannu e la cinta muraria di età
romana.
ORISTANO
Al limite settentrionale del Campidano,
tra la foce del Tirso
e lo stagno di
Santa Giusta,
Oristano è il
centro più
importante della
Sardegna occidentale. La sua
origine risale al
1070, e
all’abbandono
della ricca e
potente
Tharros, troppo
esposta alle incursioni dei pirati. Il
periodo tra il 1100 e il 1400 vede una
città guidata da sovrani illuminati
come Mariano IV e la figlia Eleonora
che arrivarono a controllare quasi tutta
l’isola. Al centro di una pianura
fertilissima e di un sistema di stagni
che producono grandi quantità di
pesce, è diventato capoluogo di
provincia solo nel 1974. Il centro
storico, corrispondente ai quartieri
all’interno delle mura, ormai abbattute,
è piccolo e facile da girare a piedi,
anche perché in buona parte isola
pedonale.
CATTEDRALE
Dedicata alla Beata Vergine Assunta,
venne realizzata nel 1228 per volere di
Mariano di Torres con l’apporto di
maestranze lombarde. Ricostruita
completamente nel XVII secolo in stile
barocco, si presenta oggi come un mix
di diversi elementi. Dell’epoca
giudicale rimangono il campanile
ottagonale, staccato dal corpo centrale
sul sagrato, con cupola a cipolla e
maioliche dai colori brillanti, e anche i
battenti in bronzo e la Cappella del
Rimedio dalla balaustra in marmo con
bassorilievi pisani raffiguranti Daniele
nella fossa dei leoni. Importante anche
il coro in stile rinascimentale sardo
dietro l’altare maggiore. Ricco e vario il
Tesoro del Duomo, conservato
nell’aula Capitolare: argenterie,
paramenti sacri e antichi codici
miniati si possono ammirare su
richiesta. La piazza del Duomo è
chiusa dal Palazzo Arcivescovile e dal
Seminario Tridentino.
TORRE DI MARIANO II
Chiamata anche torre di San
Cristoforo o Porta Manna, è una torre
in blocchi di arenaria fatta erigere nel
1291 dal giudice Mariano II che allora
guidava il Giudicato d’Arborea ed è,
insieme allatorre opposta di
Portixedda, l’unica
traccia dell’antica
cerchia muraria.
Sovrastata da una
grande campana
del 1430, è aperta
sul lato interno. Ai
suoi piedi si stende
piazza Roma, il
punto più animato
della città, con
negozi alla moda e
bar all’aperto.
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
CORSO UMBERTO
Chiamato via Dritta, è l’isola pedonale,
salotto buono di Oristano, con edifici
imponenti come il Palazzo Siviera, un
tempo sede del marchese d’Acrisia, che
termina con una cupola, e Palazzo
Falchi, risalente agli anni 20. Vi si
concentrano le vetrine dei negozi più
eleganti e al tramonto diventa teatro
del quotidiano rito del passeggio.
PIAZZA ELEONORA D’ARBOREA
Alberata, irregolare e lunga, è dedicata
alla giudichessa che promulgò la
famosa Carta de Logu. Sulla piazza si
affacciano il Palazzo Carta, il Palazzo
Mameli, il Palazzo Corrias e il Palazzo
Comunale, un tempo convento degli
Scolopi, che ingloba la chiesa di San
Vincenzo, a pianta ottagonale. Al
centro la statua di Eleonora d’Arborea,
realizzata nell’Ottocento.
105
CHIESA DI SAN FRANCESCO
In stile neoclassico, venne costruita sui
resti di una chiesa gotica, completamente distrutta all’inizio dell’800. La
facciata è a sei colonne con capitelli
ionici. All’interno una delle più
interessanti sculture in legno di tutta
l’isola: il Crocefisso policromo detto
“di Nicodemo”, opera di ignoto autore
catalano della fine del XIV secolo.
Interessante anche San Francesco che
riceve le stimmate, opera del pittore
cagliaritano Pietro Cavaro, sistemata
nella Sacrestia.
SANTA CHIARA
In stile gotico, la chiesa di Santa
Chiara risale al XIV secolo. Lineare la
facciata in conci di arenaria con sobrio
rosone centrale e piccolo campanile a
vela. All’interno sono interessanti le
mensole in stile gotico in legno
intagliato con figure di animali.
106
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
107
108
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ANTIQUARIUM ARBORENSE
All’interno del neoclassico Palazzo
Parpaglia, il museo ospita diverse
collezioni archeologiche provenienti
dagli scavi di Tharros, una pinacoteca
e una sezione dedicata alla città
all’epoca dei Giudicati. Nella pinacoteca sono da segnalare il retablo di San
Martino (XV secolo) attribuito alla
scuola del pittore catalano Ramon de
Mur. Del retablo di Cristo (1533),
opera della scuola di Pietro Cavaro, si
sono conservate solo nove tavole. Il
retablo della Madonna dei Consiglieri
(1565), opera del cagliaritano Antioco
Mainas, rappresenta i consiglieri della
città di Oristano inginocchiati intorno
alla Madonna. Della ricca collezione
archeologica sono da notare gli oltre
duemila raschiatoi in ossidiana del
periodo neolitico, i fermacapelli in
osso, le anforette provenienti dalla
Grecia e dall’Etruria, vetri e lucerne
romani. Tutti i reperti fanno parte
della Collezione Efisio Pischedda cui si
affiancano collezioni minori (Pau,
Carta, Sanna-Delogu). Tra i pezzi più
importanti una maschera in terracotta,
scarabei in diaspro verde e gioielli con
incisioni di epoca romana.
I CAVALIERI DELLA STELLA
La Sartiglia si tiene l’ultima domenica
di Carnevale e il Martedì Grasso
secondo un rituale secolare. Fu
introdotta probabilmente nel 1350 da
Mariano II per festeggiare le sue nozze.
Il 2 febbraio viene scelto il capocorda,
su Componidori, che, il giorno della
gara, viene vestito da un gruppo di
ragazze in costume. Gli viene cucita
addosso una camicia bianca, il volto
viene avvolto con bende e coperto con
una maschera femminile, in testa gli
vengono posti un velo da sposa e un
cilindro nero. Così bardato guida il
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
corteo di cavalieri, trombettieri e
tamburini che attraversa la città fino
alla piazza della giostra. A un segnale
convenuto si lancia al galoppo per la
via che costeggia l’Arcivescovado e la
Cattedrale. Nella corsa il capocorda
deve infilare la spada nel foro al centro
di una stella appesa a un filo. Se ci
riesce il raccolto dell’anno sarà
abbondante.
SANTA GIUSTA
Sulle sponde dello stagno omonimo, è
un borgo agricolo che sorge sui resti
della città romana di Ottona. Su un
rilievo all’ingresso del paese si trova la
Cattedrale di Santa Giusta, gioiello
dell’architettura romanico-pisana che
risente di influssi arabi e lombardi.
Costruita nella prima metà del XII
secolo, presenta una facciata slanciata,
il cui effetto risulta amplificato dalla
scalinata, con triplice arcata, che
inquadra il portale e una finestra a
trifora. Nell’interno, a tre navate, le
colonne hanno stili e forme divesi
perché provengono dai resti delle
vicine città romane di Neapolis,
Tharros e Othoca. Dal sagrato si gode
109
una bella vista sullo stagno, uno dei
più pescosi dell’isola, solcato ancora da
is fassonis, le lunghe imbarcazioni di
falasco, di lontana origine fenicia;
durante la sagra di Santa Giusta
gareggiano in una spettacolare regata.
La specialità locale è la bottarga,
costituita da uova di muggine
essiccate.
ARBOREA
Al centro di una piana
bonificata in epoca
fascista, Arborea è
sorta nel 1930 con il
nome di
Mussolinia.
Immerso nel verde
dei campi, il paese
ha la tipica struttura
regolare degli insediamenti recenti. Gli
edifici pubblici (la scuola, la parrocchia, l’albergo e il palazzo del Comune) si affacciano su piazza Maria
Ausiliatrice, da cui partono le vie
principali che seguono uno sviluppo
ortogonale. I viali sono alberati, le case
a due piani in stile neogotico sono
circondate dal verde. Nel Palazzo
110
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
111
112
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Comunale si trova la Collezione Civica
Archeologica: una raccolta di reperti
archeologici, provenienti dalla
necropoli romana di S’Ungroni. A
circa 9 km si trova il borgo di pescatori
di Marceddi sui bordi dello stagno,
dominato dalla cinquecentesca
Torrevecchia.
FORDONGIANUS
Nella bella valle del Tirso, l’antica
Forum Traiani è la più importante città
romana dell’interno, avamposto
fortificato contro le popolazioni
barbaricine. Le case del centro sono in
pietra rossa e grigia. Una delle meglio
conservate è casa Madeddu, l’antica
“casa aragonese” del primo ’600, con
portali e finestre in stile catalano. Sulla
stessa via, la cinquecentesca parrocchiale di San Pietro Apostolo in
trachite rossa, quasi interamente rifatta
in epoca moderna. In riva al fiume ci
sono le Terme Romane, oggi visitabili
dopo un lungo
restauro. La
piscina
rettangolare
raccoglie
ancor oggi
l’acqua calda
(a una
temperatura di circa 50 gradi)
proveniente dalle sorgenti termali e
utilizzata dalle donne del paese per il
bucato. All’interno un porticato e belle
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
113
sale con pavimento a mosaico. A pochi
chilometri dal paese sorge la chiesetta
campestre di San Lussorio, costruita
dai monaci Vittorini verso il 1100 su
una cripta Paleocristiana.
PAULILÀTINO
Circondata
da oliveti e
boschi di
sughere,
questa
borgata
agricola
sorge ai margini dell’altopiano
basaltico di Abbasanta. Le case sono in
pietra scura, con portali in stile
aragonese e balconcini in ferro battuto.
Scura anche la parrocchiale di San
Teodoro del XVII secolo in stile
gotico-aragonese, con un rosone dai
vetri colorati e campanile a cipolla. Nel
Palazzo Atzori è aperto un Museo
etnografico che raccoglie oggetti di uso
quotidiano e utensili domestici tipici
della zona.
Dintorni: a 4 km dal centro, sulla
superstrada 131, deviando si arriva al
villaggio nuragico di Santa Cristina.
Un muro a secco delimita la zona
114
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
archeologica costituita da un tempio a
pozzo dedicato al culto della dea
madre risalente al I millennio a.C. Il
pozzo, a imboccatura trapezoidale, è in
ottimo stato di conservazione. Una
scala dagli ampi gradini scende alla
camera a volta. Poco distante sorge un
recinto che doveva servire come sala di
riunione. La sacralità del luogo è
sopravvissuta nei secoli, tanto che in
epoca cristiana venne edificata una
chiesa dedicata a Santa Cristina. Come
nell’antichità, i devoti continuano ad
affluire alla chiesetta circondata da un
villaggio di muristenes, le case dei
novenanti, in occasione della festa
della santa che si celebra la seconda
domenica di maggio. A destra della
chiesa, nel bosco di ulivi, si apre
un’altra area archeologica che comprende un piccolo nuraghe ben
conservato e due capanne in pietra,
dalla pianta rettangolare. La meglio
conservata è lunga quattordici metri e
alta due.
ÀLES
Alle falde orientali di Monte Arci, è il
centro principale della Marmilla. Nella
parte alta del borgo sorge la Cattedrale
di San Pietro, costruita nel 1686 dal
genovese Domenico Spotorno che
utilizzò per la costruzione i ruderi di
L A C O S TA O C C I D E N TA L E
una preesistente chiesa del XII secolo.
Due campanili con cupole in ceramica
chiudono la facciata. L’interno, in stile
barocco, ha una sagrestia arredata con
mobili intagliati e un raro crocifisso
del Trecento. Nell’Archivio capitolare si
trovano raffinate opere di oreficeria.
Sulla stessa piazza si affacciano il
Palazzo vescovile, il Seminario e
l’Oratorio della Madonna del Rosario.
Àles è il paese natale di Antonio
Gramsci (1891-1937), come ricordano
il monumento di Giò Pomodoro e la
targa apposta sulla sua casa natale.
Dintorni: il paese è il punto di
partenza per salire ai panoramici
115
torrioni di Trebina Longa e Trebina
Lada, le cime più alte di Monte Arci,
punte residue dell’antico cratere.
Lungo i sentieri si possono notare le
schegge di ossidiana, il prezioso vetro
naturale che, ridotto in sottilissime
lastre, serviva per la fabbricazione di punte di frecce,
lance e raschiatoi.
L’ossidiana di Monte Arci
non riforniva soltanto la
Sardegna ma, tra il VI e il
III millennio a.C., veniva
esportata in tutto il
Mediterraneo.
LA SARDEGNA
ZONA PER ZONA
Il Nord e la
Costa Smeralda
118
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Note
I L N O R D E L A C O S TA S M E R A L D A
Il Nord e la
Costa Smeralda
Le coste frastagliate, il turchese delle
acque, le spiagge di sabbia candida
sono gli elementi che compongono una
delle immagini più classiche della
Sardegna. Le isole che affollano lo
stretto delle Bocche di Bonifacio, a un
passo dalla Corsica, sono da qualche
anno una meta prediletta dal turismo
internazionale.
Nel 1962 un
gruppo di
finanzieri - tra
cui l’Aga Khan diede vita al
“Consorzio Costa
Smeralda”,
promuovendo
l’idea di uno
sviluppo turistico delle coste della
Sardegna. Dopo 40 anni poche sono le
zone sarde cambiate così profondamente, nel bene e nel male, come
queste coste, oggi tutte costellate di
ville, residence e porti turistici.
Attorno è il quadro affascinante della
natura e del mare: scogliere scolpite
dal vento come a Capo d’Orso e Capo
Testa, spiagge bianche e il profumo
della macchia mediterranea che ancora
sopravvive all’invasione
delle seconde case.
Oramai, dopo anni di
discussioni, è però
chiaro che allo sviluppo
turistico deve essere
posto un limite, oltrepassato
il quale i vantaggi del turismo rischiano di trasformarsi negli svantaggi della
distruzione dell’ambiente. Vicino, ma
profondamente diverso dalla costa,
l’interno della Gallura è un mondo
ancora ricco di suggestioni. Le foreste
in cui brilla il colore chiaro delle
119
querce da cui è appena stato staccato il
sughero, le rocce granitiche che creano
paesaggi ipnotici, come la Valle della
Luna nei pressi di Aggius, le sagome
dei nuraghi sono ancora i punti di
riferimento per interpretare il paesaggio. Qui sono di casa la buona cucina
di terra, l’artigianato tradizionale e la
storia, come quella raccontata
dall’eccezionale sfilata di chiese
romaniche del Logudoro che, partendo
da Sassari, portano fino alle pietre
bianche e nere della Santissima Trinità
di Saccargia.
Visitando il Nord e la Costa Smeralda
Il porto e l’aeroporto di Olbia accolgono la gran parte dei turisti diretti non
solo in Costa Smeralda, ma in tutta
l’isola. La lunga e bellissima costa, con
le sue spiagge e le sue scogliere, sale
verso nord fino a Santa Teresa di
Gallura; poi volge a occidente, oltre la
rocca di Castelsardo, fino a raggiungere Porto Torres. All’interno, Tempio
Pausania, capoluogo della Gallura, che
costituisce il punto di partenza per
affascinanti itinerari alla scoperta
dell’arte, delle tradizioni e della natura
del Nord della Sardegna, e la bella città
di Sassari.
OLBIA
Dalle banchine del porto di Olbia il
continente, con il porto di
Civitavecchia, dista solo 125 miglia,
poco meno del doppio della
distanza tra Cagliari e il
continente. Per questo
motivo, la città è stata
sempre il centro dei
collegamenti esterni
dell’isola, ruolo confermato dall’apertura dell’aeroporto
Costa Smeralda. Città moderna, Olbia
è solo una tappa, in genere, verso altre
destinazioni, ma vale la pena di
visitare la chiesa romanica di San
Simplicio, edificata a partire dall’XI
secolo e ampliata nel XIII.
120
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Dintorni: vi sono due siti preistorici
molto interessanti, il complesso
nuragico di Cabu Abbas e il pozzo
sacro Sa Testa. Per raggiungere il
primo, dal porto vecchio di Olbia
seguire prima Corso Umberto, poi Via
d’Annunzio e oltrepassata la ferrovia
raggiungere la chiesa campestre di
Santa Maria Cabu Abbas. Dalla
chiesetta una strada sterrata sale verso
la cresta rocciosa e sono poi necessari
15 minuti a piedi. In alto sulla cresta,
con il panorama che si apre sull’isola
di Tavolara, il sito è composto
da una torre con pozzo
centrale (dove vennero
rinvenuti nel 1937 resti di
sacrifici: ossa bruciate e
frammenti ceramici) e da
un ampio recinto megalitico che si
sviluppa per circa 200 m. Per raggiungere invece il pozzo sacro di Sa Testa
bisogna percorrere la SP 82 verso
Golfo Aranci fino all’Hotel “Pozzo
Sacro”. Il complesso archeologico è
composto da un ampio cortile
lastricato nel quale si apre l’ingresso a
una scala coperta di 17 gradini che
scende nella camera del pozzo dove
sgorgava una vena d’acqua.
GOLFO ARANCI
Non cercate aranceti sulle rive del
golfo: Golfo Aranci deve il suo nome
all’errata interpretazione del toponimo
locale “di li ranci” che sta a significare
dei granchi. Fino a qualche tempo
addietro frazione di Olbia, il paese è
divenuto comune autonomo solo nel
1979, e la sua importanza sta nel fatto
che, a partire dal 1882, qui fanno scalo
molti dei traghetti provenienti dal
continente. Golfo Aranci è lo scalo
marittimo
delle
Ferrovie
dello
Stato.
PORTO ROTONDO
Più‘ che di un vero e proprio paese si
tratta di un ben progettato insediamento turistico, nato dal nulla negli
anni d’oro del grande sviluppo della
Costa Smeralda. Le costruzioni, sorte
attorno all’indispensabile porto
turistico, sono state progettate per
essere il più possibile inserite nell’ambiente circostante. Il risultato è
I L N O R D E L A C O S TA S M E R A L D A
piacevole, confortato da un successo
che ha fatto di questa località una meta
prestigiosa, anche se l’aspetto decisamente “di maniera” riflette la nascita a
tavolino. Lungo le banchine e sulla
piazzetta San Marco si aprono molti
negozi famosi. Le possibilità di
mangiare, bere o ascoltare musica sono
molte anche se, passata
la stagione
balneare, Porto
Rotondo appare un
po’ abbandonata.
Nella chiesa di San
Lorenzo, progettata da Andrea
Cascella, una serie di statue in legno di
Mario Ceroli rappresentano scene
sacre. Piacevole è l’escursione in
direzione della Punta della Volpe, che
separa il golfo di Marinella dal golfo di
Cugnana.
PORTO CERVO
Cuore della Costa Smeralda e paradiso
dei Vip, Porto Cervo ruota attorno ai
due porti turistici che ospitano alcune
delle più spettacolari barche private
del mondo. I mesi estivi sono scanditi
da una serie di eventi mondani e
sportivi: sfilate di moda, regate e
121
tornei di golf.Una passeggiata lungo le
banchine del porticciolo non si può
evitare: con un occhio alle vetrine e
l’altro ai panfili ormeggiati si raggiunge la chiesa Stella Maris che, affacciata
sul paese, conserva un quadro
attribuito a El Greco.
Dintorni: molte le spiagge
famose tra le quali
Liscia Ruja, confinante a
nord con Cala di Volpe.
PALAU
Punto d’imbarco obbligato per le isole
dell’arcipelago della Maddalena, il
paese deve la sua fortuna anche alla
ferrovia a scartamento ridotto SassariTempio-Palau. La vita ruota attorno ai
moli e agli ormeggi del porto turistico.
Da Palau vale la pena visitare i luoghi
più rinomati e affascinanti della costa:
il promontorio di Capo d’Orso, che
culmina in una grande roccia scolpita
dal vento che ricorda la sagoma di un
plantigrado. La Punta Sardegna è
raggiungibile percorrendo la strada
che sale verso il Monte Altura per poi
scendere fino alla spiaggia di Cala
Trana, sull’estremità della punta. Il
122
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
panorama da qui è eccezionale, anche
se la continua espansione delle aree
edificate sta rovinando la bellezza dei
luoghi.
Dintorni: la Batteria del Monte Altura,
in posizione panoramica, è raggiungibile attraverso la strada che conduce a
Porto Raphael.
SANTA TERESA DI
GALLURA
Popolata in epoca romana, la zona
dove sorge Santa Teresa fu importante
anche per i Pisani
che dagli
affioramenti
granitici
cavavano pietra
da costruzione. Il
paese odierno è
stato creato ex
novo durante la
presenza sabauda ed è ordinatamente
scandito da strade rettilinee che si
incrociano ad angolo retto, con al
centro la piccola piazza dove sorge la
chiesa di San Vittorio. La pesca (anche
del corallo) e il turismo sono le basi
dell’economia locale. Sul promontorio
roccioso che si affaccia sul mare sorge
la torre Longosardo, eretta nel XVI
secolo in età aragonese, da cui lo
sguardo abbraccia sia la baia di Porto
Longone che, sullo sfondo, le chiare
scogliere che circondano la città corsa
di Bonifacio. Sulla sinistra la costa
scende verso la spiaggia di Rena
Bianca che termina a poca distanza
dallo scoglio dell’Isola Monica su cui
rimangono le tracce di una cava
abbandonata.
Dintorni: Capo Testa, uno scoglio
collegato alla terraferma da una
striscia di sabbia, al quale si può
arrivare percorrendo un tragitto molto
panoramico aperto sulle baie di Colba
e di Santa Reparata. Tra le cave
moderne e antiche - qui i Romani
scelsero la pietra per le colonne del
Pantheon - e il profumo della vegeta-
I L N O R D E L A C O S TA S M E R A L D A
zione della macchia si raggiunge infine
il faro di Capo Testa.
ARZACHENA
Fino a quarant’anni fa, Arzachena era
un pacifico borgo pastorale dell’interno. Oggi, trasformato nel capoluogo di
una regione turistica tra le più note del
mondo, la Costa Smeralda, il paese è
cambiato molto. In alto, sopra le case,
vi è una curiosa roccia scolpita dal
vento che per la sua forma viene
chiamata il Fungo, e nei dintorni molte
sono le tracce della preistoria. Tra i siti
più interessanti per un’escursione
nell’interno sono il Nuraghe
Albicciu, la Tomba di
Giganti Coddu
Vecchiu e la
Necropoli Li
Muri.
NURAGHE
ALBUCCIU
Uscire da
Arzachena in
123
direzione di Olbia e, dopo 600 m, alla
fine dell’abitato, seguire un bivio e un
sentiero sulla destra; una volta
raggiunta la costruzione, con una scala
che sale al livello superiore si può
raggiungere un corpo laterale. Sono
ancora visibili le mensole sporgenti di
pietra necessarie a sorreggere l’antica
struttura in legno.
TOMBA DI GIGANTI CODDU VECCHIU
Percorrere la SS427 in direzione
Calangianus e poi, dopo circa 3 km,
seguire il bivio verso destra in
direzione di Luogosanto. Dopo circa
1,800 km, ci si immette sulla strada di
Capichera e poche centinaia di metri
più avanti (un breve sentiero deve
essere percorso a piedi),
sulla destra si incontra la
tomba. Al centro del
monumento
funerario vi è una
stele alta 4 m
circondata da una
quinta
124
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
semicircolare formata da grandi lastre
di pietra conficcate nel terreno.
NECROPOLI LI MURI
Si esce da Arzachena in direzione di
Calangianus (SS 427) e si volta a destra
per Luogosanto. Dopo circa 4,5 km un
bivio a destra (strada sterrata) conduce
verso la necropoli Li Muri.
Il sito comprende molte tombe di età
neo-eneolitica: si tratta di sepolture
circondate da pietre (fino a 5 cerchi
concentrici). Questi circoli tombali
sono il più importante complesso
monumentale lasciato da quella che gli
archeologi hanno denominato Cultura
di Arzachena.
ARCIPELAGO DELLA
MADDALENA
Sette isole (Maddalena, Caprera e
Santo Stefano a sud-est, Spargi,
Budelli, Razzoli e Santa Maria a nordovest) costituiscono l’Arcipelago della
Maddalena, oltre il quale si apre lo
stretto delle Bocche di Bonifacio
diventato parco marino dall’inizio del
1997. Coste frastagliate, rocce erose
dal vento e il tenace rigoglio della
macchia mediterranea
sono le caratteristiche
principali delle isole,
conosciute in epoca
romana con il nome di
Cuniculariae, cioè
“isole dei conigli”. Dal
Settecento in poi l’isola della
Maddalena è diventata una base
militare a causa della facilità dell’approdo e della posizione favorevole. Il
giro di quest’isola può essere completato da una breve escursione a quella
di Caprera, per visitare i luoghi dove
visse e venne sepolto Giuseppe
Garibaldi.
AGGIUS
La natura ha dato la forma al paese e al
suo circondario.
La roccia
granitica
domina nel
paesaggio di
Aggius, sia tra
le alture del Parco Capitza che
sovrastano il paese, che nel fantastico
labirinto di massi della vicina Valle
della Luna. In passato sotto il dominio
dei Doria e poi degli Aragonesi, il
I L N O R D E L A C O S TA S M E R A L D A
paese deve oggi la sua prosperità
all’estrazione e alla lavorazione del
granito, anche se l’artigianato (soprattutto la produzione di tappeti che
viene eseguita in ogni sua fase
utilizzando tecniche tradizionali) è in
notevole sviluppo. Il centro del paese
ha un aspetto gradevole per la cura
con cui vengono conservate le antiche
case in pietra, forse tra le più belle
dell’intera Gallura. Durante i
festeggiamenti della prima domenica
di ottobre si svolge anche la festa “di li
’agghiani”, cioè degli scapoli, nella
quale si può gustare la “suppa cuata”,
tipica minestra gallurese. La strada che
da Aggius va verso Isola Rossa
raggiunge in breve il fondo della Valle
della Luna, paesaggio impressionante a
causa dell’enorme quantità di
affioramenti rocciosi, resti dell’antico
modellamento glaciale. In corrispondenza di una curva a sinistra, si stacca
dalla strada sulla destra un viottolo
sterrato che va abbandonato poco
prima di un ponte per seguire la
stradina che, sulla destra, conduce al
Nuraghe Izzana, nel centro della valle.
BERCHIDDA
Sulle pendici meridionali del massiccio
del Monte Limbara, in un paesaggio di
colli che culminano nel Monte
Azzarina, Berchidda è un paese
dall’economia basata sulla pastorizia, la
lavorazione del sughero e la viticoltura. Tra i vini, va ricordato il
Vermentino, mentre, tra i cibi, il
pecorino. In paese si può visitare il
Museo del Vino (tel. 079 29 91 31) con
laboratorio vinicolo all’aperto.A circa
quattro chilometri dal centro del paese
si possono visitare,
dopo una ripida
salita a piedi, i
pochi resti del
Castello di
Montacuto, che fu
la rocca di
Adelasia di Torres e
125
del consorte Ubaldo Visconti, prima di
divenire feudo delle nobili famiglie
italiane dei Doria e dei Malaspina. Su
tutto domina la sagoma articolata del
Monte Limbara, il vero centro
geografico delle alture della Gallura.
BUDDUSÒ
Grosso borgo che deve la sua prosperità alla pastorizia, all’estrazione del
granito e alla lavorazione e
commercializzazione del sughero,
Buddusò ha un centro storico le cui
strade lastricate si snodano davanti alle
facciate di palazzetti di pietra scura. In
epoca romana, qui passava la grande
strada commerciale da Kàralis
(Cagliari) a Olbia e il paese aveva il
nome di Caput Thirsi. Interessante una
visita alla parrocchiale di Santa
Anastasia (e ai dipinti conservati nella
sagrestia) e da non perdere la gita
attraverso i Monti di Alà.
Dintorni: non lontano il Nuraghe Iselle
(verso Pattada) e il Nuraghe Loelle, in
direzione di Mamone.
SAN TEODORO
A sud del promontorio di Capo Coda
Cavallo, proprio
davanti alla mole
rocciosa dell’Isola
di Tavolara (vedi
box), San Teodoro
è un paese che,
negli utimi anni,
sta crescendo
sull’onda del
turismo. Dal paese,
però, si possono
compiere escursioni
interessanti verso la
spiaggia della Cinta,
una lunga striscia di sabbia che
separa lo Stagno di San Teodoro dal
mare. Vicinissimo alla carreggiata
dell’Orientale Sarda, questo specchio
d’acqua di più di 200 ha di estensione è
126
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
uno dei pochi superstiti della serie di
stagni costieri che si stendeva a sud del
golfo di Olbia. Sull’acqua non è
difficile osservare i germani reali e le
folaghe che, se avvistano un rapace o
un pericolo, si radunano in gruppi
scuri e vocianti. Aironi cenerini, aironi
rossi e fratini si aggirano in cerca di
preda, mentre non è raro osservare il
volo del gheppio, uno dei rapaci più
piccoli dei nostri cieli.
e lentisco. Si racconta che nel secolo
scorso Carlo Alberto, re di Piemonte e
Sardegna, sbarcato sull’isola a caccia
delle mitiche capre dai denti d’oro
(fenomeno causato da un’erba che
lascia quei riflessi), rimanesse affascinato dal posto tanto da nominare il
suo unico abitante, Paolo Bertolini, “re
della Tavolara” con tanto di carta
protocollare. D’estate si raggiunge
facilmente da Olbia.
ISOLA DI TAVOLARA
ALÀ DEI SARDI
È una montagna di calcare alta 500 m
che spunta dal mare con pareti
verticali. Il settore orientale, zona
militare, è inaccessibile, al contrario di
una striscia bassa, chiamata
Spalmatore di Terra, dove si trovano
spiagge, un porticciolo, due ristoranti
tipici e qualche casa. Insieme alle
vicine isole Molara e Molarotto su cui
vivono 150 esemplari di mufloni, oggi
è un parco marino. I suoi bordi
granitici sono traforati da grotte e
nicchie. Sulla striscia sabbiosa
Spalmatore di Terra crescono gigli di
mare mentre la roccia è ricoperta da
cespugli di ginepro, elicriso, rosmarino
Rocce e macchia,
boschi di enormi
querce su cui
spiccano chiari i
segni dell’ultima
raccolta del
sughero. Questo è il
paesaggio di Alà dei
Sardi e del suo altopiano, ultima
propaggine dell’interno roccioso che si
affaccia a balcone verso il mare di
Olbia. Piccole case di pietra granitica
sono allineate lungo la strada principale di Alà, il cui territorio è stato
popolato per secoli prima dell’era
moderna.
I L N O R D E L A C O S TA S M E R A L D A
127
gli artigiani che lavorano acciaio e
corno per produrre lame e impugnature, decine e decine, oramai, le imitazioni italiane del famoso coltello sardo.
Dintorni: non lontano dal paese vi
sono l’area verde di Fiorentini - nata
attorno al rimboschimento di un
vivaio forestale - e i ruderi del castello
medievale di Olomene.
OZIERI
Dintorni: non lontano dal paese, in
direzione di Buddusò, vi è la mole del
nuraghe Ruju, con il suo villaggio
preistorico che emerge dalla
vegetazione.In direzione di Monti,
invece, dopo una lunga traversata
sull’altopiano costellato di grossi massi
di tutte le forme e dimensioni, una
deviazione conduce al santuario di San
Pietro l’Eremita, lungo un percorso
che a tratti si apre verso il mare con in
lontananza la mole della rocciosa
Tavolara. La chiesa, romanica, è stata
recentemente restaurata e tutti gli
anni, il giorno di Ferragosto, si affolla
di numerosi pellegrini provenienti dai
dintorni.
PATTADA
Al centro di un territorio
ricchissimo di nuraghi e di
testimonianze dell’antichità,
Pattada è famosa in tutto il
mondo per l’artigianato dei
coltelli, nato proprio qui a
causa della presenza di un
ricco giacimento di
minerale ferroso sfruttato
fin dall’antichità. Molti
Adagiata sul fondo di una conca
naturale, Ozieri è una delle mete più
accattivanti della Sardegna del nordest. Interessanti le tradizioni e
l’architettura del paese, affascinante la
storia millenaria che, andando indietro
nel tempo di millenni, ci porta a
conoscere la cultura di cui Ozieri fu la
culla, la più recente delle culture
neolitiche. Il tessuto urbanistico del
paese è vario, e si adatta al pendio dei
colli: tra le case alte spunta di quando
in quando un’altana adorna di fiori. Ai
margini della parte antica del paese - i
cui punti di maggiore interesse sono le
piazze Carlo Alberto e quella dell’antica Fonte Grixoni - vi è la cattedrale che
ospita uno splendido polittico del ’500
sardo realizzato dal “maestro di
Ozieri”, il più importante pittore del
XVI secolo. Il polittico, che rappresenta la miracolosa apparizione del
Santuario della Madonna di Loreto,
mostra influenze spagnole e spunti di
maniera fiamminga. Il
complesso del convento
secentesco di San Francesco,
invece, ospita il Museo
Archeologico, nelle cui sale
sono esposti materiali provenienti dagli scavi nella zona e
precedentemente esposti nel
museo di Sassari. Buona parte dei
reperti è riferibile alla cultura detta
di Ozieri - o di San Michele dal nome
della grotta nella quale sono stati
effettuati i più importanti ritrovamenti
- che, tra il 3.500 e il 2.700 a.C., ha
dominato nell’isola.
128
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
SASSARI
Seconda città sarda per importanza
commerciale, politica e culturale,
Sassari sorge su un tavolato che
digrada dolcemente verso il mare tra
oliveti, valli fertili e ben coltivate. Ha
una lunga storia di invasioni, conquiste
e razzie, ma anche una forte tradizione
di ribellioni e sommosse dovute allo
spirito combattivo e individualista dei
suoi abitanti. Pisani, Genovesi e
Aragonesi tentarono di sottometterla,
ma sempre lo spirito indomito dei
Sassaresi riuscì a riconfermare la
propria autonomia e indipendenza.
Non a caso, l’eroe simbolo è Carlo
Maria Angioj, capo della rivolta del
1796 da un gruppo di radicali contro il
governo dei Savoia che volevano
imporre un sistema feudale. La città ha
dato i natali a due presidenti della
Repubblica, Antonio Segni e Francesco
Cossiga, e al segretario del PCI, Enrico
Berlinguer.
La zona circostante il paese è ricca di
testimonianze storiche e
archeologiche, come le domus de janas
di Butule, la necropoli di San Pantaleo,
il dolmen di Montiju Coronas. La
grotta di San Michele si apre in uno
spiazzo alle spalle dell’ospedale di
Ozieri, presso il campo sportivo;
proprio nel corso della costruzione di
questo una parte della grotta è andata
distrutta. Nella cavità sono stati
rinvenuti numerosi frammenti di
ceramica decorata, ossa umane, una
Dea Madre e frammenti di ossidiana di
Monte Arci. Tutti reperti che avvalorano la teoria che ci sia una continuità
fra la cultura di Bonu Ighinu e quella
di questo periodo.
VISITANDO SASSARI
La città vecchia, dai vicoli tortuosi e
intricati che partono dalle arterie
principali, era un tempo delimitata da
una cerchia di mura che correvano
lungo gli attuali corso Vico, corso
Trinità, via Brigata Sassari e corso
Margherita. Ora della cinta muraria
esistono solo pochi frammenti (come
quello all’inizio di corso Trinità), ma la
città conserva un centro storico che,
seppur degradato, mantiene una
fisionomia ben precisa.
Il nucleo storico si può visitare tutto a
piedi nel corso di una mattinata. Le
tappe fonda- mentali sono costituite
dal Duomo, da
piazza Italia, dalla
fonte del Rosello,
dalle chiese di
Sant’Antonio,
Santa Maria di
Betlem e San
Pietro in Silki e
dal museo Sanna.
I L N O R D E L A C O S TA S M E R A L D A
IL DUOMO
Dedicato a San Nicola, presenta
un’imponente facciata barocca che
contrasta con la sua mole e con le linee
semplici ed eleganti della piazzetta
settecentesca dalla caratteristica forma
semicircolare sulla quale si affaccia.
Frutto di sovrapposizioni operate nei
secoli, sorge su una primitiva chiesa
romanica di cui rimangono la parte
inferiore del campanile e la base della
facciata. Alla fine del Quattrocento, la
struttura originaria subì trasformazioni radicali che ne modificarono la
sagoma, ampliandola fino a farle
assumere proporzioni inusuali. I
fianchi vennero rinforzati da pesanti
contrafforti decorati con doccioni
dalle forme di animali mostruosi,
mentre l’interno venne ricostruito in
stile gotico. Alla fine del Settecento,
venne modificata la parte superiore
della facciata che fu abbellita da
pesanti quanto sfarzose decorazioni
barocche: volute, fiori, angioletti e
figure mostruose. Al centro, la statua
di San Nicola è sovrastata dalle
rappresentazioni dei tre martiri
turritani Gavino, Proto e Gianuario
racchiuse in tre nicchie. Alla parte
inferiore del campanile, in stile
lombardo, venne aggiunta, sempre nel
Settecento, una sopraelevazione
ottagonale decorata con maioliche
policrome. L’interno della chiesa (che è
stato completamente restaurato)
conserva la semplicità delle linee
gotiche, nonostante la presenza di
alcuni altari barocchi. Notevole il coro,
frutto del lavoro di artisti sardi del
Settecento. Il Museo del Duomo, cui si
accede tramite la “cappella aragonese”
sulla destra, conserva lo Stendardo
processionale di un anonimo del
Quattrocento e la statua di San Gavino
in argento, sbalzato secondo la tecnica
messicana in voga nella seconda metà
del Seicento.
FONTANA DEL ROSELLO
Sul lato destro della chiesa della
Santissima Trinità in piazza Mercato,
129
una piccola scalinata in pietra che un
po’ pomposamente prende il nome di
via Col di Lana porta alla Fontana del
Rosello in fondo al vallone di Valverde.
In realtà, della valle e del boschetto che
un tempo dovevano costituire lo
sfondo naturale di questo piccolo
gioiello in stile rinascimentale, è
130
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
rimasto ben poco. Questo non
significa però che l’amore che i
sassaresi nutrono per la fonte sia
diminuito: un tempo ritrovo della
borghesia illuminata e centro della
raccolta dell’acqua che sgorgava dalle
otto bocche di leone alla base della
fontana per gli acquaioli della città, è
ora uno dei simboli della città. La
fonte, opera di artisti genovesi, risale ai
primi anni del XVII secolo ed è
formata da due parallelepipedi
sovrapposti in marmo bianco e verde.
Le bocche di leone sono circondate
dalle statue che simboleggiano le
quattro stagioni, i cui originali
andarono distrutti durante i moti del
1795-96. Al centro, una divinità
barbuta e un po’ arcigna, conosciuta
come Giogli, è circondata da piccole
torri, che sono il simbolo della città; il
tutto è sormontato da due archi
incrociati che proteggono l’immagine
di San Gavino.
SANT’ANTONIO ABATE
L’imponente facciata barocca della
chiesa, che risale ai primi anni del
Settecento, domina con le sue linee
semplici e la struttura ben proporzionata la piazza alberata che si apre al
termine di corso Trinità. Il portale reca
ancora nella parte superiore l’emblema
della confraternita che la fece costruire, mentre l’interno conserva uno dei
più raffinati altari
in legno della
città, sormontato da un
retablo in
I L N O R D E L A C O S TA S M E R A L D A
legno intagliato e dorato a più pannelli
dipinti da un artista genovese. Un
tempo, questa piazza, sulla quale
sorgeva l’omonima porta settentrionale, era un punto vitale per la vita
commerciale e politica della città. Del
passato rimangono solo un frammento
della cinta muraria medievale e una
torre merlata sul lato sinistro della
chiesa.
SANTA MARIA DI BETLEM
La chiesa sorge sulla piazza omonima,
all’ingresso nord-ovest della città.
Eretta dai benedettini nel 1106, passò
in seguito all’ordine dei francescani.
Purtroppo, la struttura originale, un
tempo molto
lineare, ha
131
subito numerose sovrapposizioni nel
corso del Settecento e dell’Ottocento
che ne hanno appesantito le linee e la
purezza originali. La parte più antica e
l’unica intatta è la facciata che si apre
sulla piazza: il portale (del ’200),
adorno di colonnine e capitelli, è
sormontato da un bel rosone del ’400.
L’interno gotico, un tempo spoglio e
severo, è stato appesantito da decorazioni e altari barocchi: intatte sono
invece le cappelle laterali, dedicate
ognuna a un gremo diverso (le antiche
corporazioni degli artigiani) a ricordo
dell’antica funzione sociale della
chiesa. Ancor oggi, infatti, il 14 di
agosto, data della “festa de li
Candareri”, vengono portati qui in
processione dalla chiesa del Rosario i
132
LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
ceri votivi donati dalle corporazioni.
Nel chiostro, purtroppo in parte
murato ma ancora visitabile, sorge la
trecentesca fontana di pietra granitica
del Brigliadore che un tempo riforniva
di acqua gran parte della città.
SAN PIETRO IN SILKI
La chiesa romanica di San Pietro in
Silki si apre su un bel piazzale alberato
e porta il nome dell’antico borgo
medievale su cui fu eretta nel XII
secolo. La semplice facciata secentesca
presenta un ampio atrio che conduce
alla navata interna in stile gotico su cui
si affacciano quattro cappelle. La
prima venne dedicata nella seconda
metà del Quattrocento alla Madonna
delle Grazie, in seguito al ritrovamento
di una statua della stessa all’interno di
una colonna posta sul piazzale e
rimane uno degli esempi migliori dello
stile gotico-catalano dell’isola.
Dall’altra parte della piazza, proprio di
fronte alla chiesa, il convento dei Frati
Minori ospita una delle biblioteche più
ricche della Sardegna: più di 14.000
volumi recuperati dai Francescani al
momento della chiusura di molti dei
loro conventi.
CORSO VITTORIO EMANUELE
Arteria principale della città, il corso
collega piazza Sant’Antonio con piazza
Cavallino, attraversando il cuore della
città vecchia. Antiche case
ottocentesche e palazzi aragonesi
cinquecenteschi lasciano spesso
I L N O R D E L A C O S TA S M E R A L D A
intravedere scorci di cortili e interni
un tempo sontuosi: è la via dello
shopping su cui si aprono negozi
di ogni genere, da quelli
d’abbigliamento ai ferramenta.
MOSTRA PERMANENTE
DELL’ARTIGIANATO
Affacciato sui giardini
pubblici dell’Emiciclo
Garibaldi, un moderno
edificio ospita la Mostra dell’Artigianato Sardo che espone i pezzi migliori
delle varie cooperative artigiane sparse
in tutta l’isola. Le sale corrono lungo
un giardino interno che dà luce alle
vetrine nelle quali sono esposti gli
oggetti più preziosi: collane, orecchini
e braccialetti in filagrana, gioielli in
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corallo eseguiti secondo gli
antichi disegni tradizionali,
vasi e terrecotte antiche
riprodotte dagli artigiani
moderni secondo le
tecniche in uso all’epoca.
Sulle pareti, i bei tappeti
sardi dai caratteristici
disegni geometrici sembrano
quadri di pittori moderni. Non
mancano poi i merletti tessuti al
tombolo e, forse meno preziosi ma
sempre interessanti, cesti in palma
nana, pentole in terracotta, oggetti di
uso quotidiano i cui modelli si
perdono nella notte dei tempi.
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE
“G. A. SANNA”
Donato allo Stato dalla famiglia Sanna
che lo fece erigere nel 1931 per
conservare i reperti archeologici
raccolti da Giovanni Antonio Sanna, il
museo rappresenta una tappa fondamentale per chiunque voglia avvicinarsi a comprendere la storia dell’isola.
Due piani sono infatti dedicati ai vari
periodi della storia della civiltà sarda
dal Neolitico al Medioevo: frammenti
di frecce, bronzi nuragici, anfore,
suppellettili, armi,
ceramiche,
utensili e
gioielli
sono
esposti
secondo
un ordine
cronologico
preciso; al pianterreno, ampie tavole
sinottiche illustrano l’evoluzione
storica della Sardegna mentre ogni sala
è corredata dalle relative tavole
cronologiche e didattiche. Interessante
la ricostruzione dei vari ambienti
(capanne, domus de janas, tombe dei
giganti). Nell’ultima sala, tra piante,
sarcofagi e statue è stato ricostruito il
pavimento in mosaico di una villa
patrizia romana, proveniente dalla
vicina Turris Libisonis (l’attuale Porto
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Torres): aragoste, cavallucci marini e
foche dai colori delicati sembrano
rincorrersi in un gioco senza fine.
Dalla sezione archeologica si passa in
una piccola pinacoteca che raccoglie
una cinquantina di opere di artisti
sardi dal ’300 al ’900. Il museo dispone
anche di una sezione etnografica divisa
in quattro sale, dove si possono
ammirare gioielli, costumi, oggetti
folcloristici, strumenti musicali,
attrezzi relativi all’attività artigianale,
quasi tutti ancora in uso nelle regioni
della Sardegna centro-settentrionale.
PIAZZA D’ITALIA
La grande piazza (un ettaro di
superficie) sorge proprio all’inizio
della città ottocentesca. Circondata da
eleganti quanto armoniosi edifici in
stile neoclassico, costituisce un
ambiente omogeneo: al centro, fra alte
palme e aiuole ben tenute, troneggia la
statua di Vittorio Emanuele II. Tra gli
edifici, spicca il Palazzo della Provincia, dalle pure linee neoclassiche. Al
primo piano è possibile visitare l’aula
consiliare: lungo le pareti corrono
dipinti ottocenteschi che illustrano
momenti importanti della vita politica
cittadina, come La proclamazione
degli Statuti Sassaresi e L’ingresso di
Carlo Maria Angioj a Sassari. È inoltre
possibile visitare l’attiguo appartamento reale realizzato nel 1884 in occasione della visita del re di Sardegna. Nelle
serate estive il cortile è a disposizione
per rappresentazioni teatrali e
concerti. Belli i portici Bargone e
Crispi che portano, sul lato nord-ovest
della piazza, a piazza Castello. Di
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epoca ottocentesca, ospitano i bar e le
pasticcerie più antiche della città.
SANTA CATERINA
Nella chiesa, eretta alla fine del XVI
sec. per la Compagnia di Gesù,
mescola elementi di tradizione gotica
con forme rinascimentali. Pregevole la
decorazione a intagli di pietra.
All’interno sono custoditi dipinti di
Giovanni Bilevelt.
CASTELSARDO
In alto su un promontorio vulcanico
Castelsardo ha
cambiato nome
più volte nel
corso
della
sua
storia.
Fondato nel 1102 dalla nobile famiglia
genovese dei Doria, il paese si chiamò
inizialmente Castelgenovese, nome che
mantenne fino al 1448 quando, dopo la
conquista spagnola, divenne
Castellaragonese. Solo nel 1776
assunse il nome attuale. A dominare il
panorama è il castello, che ospita un
museo dedicato all’arte dell’intreccio,
mentre sul mare si affaccia la cattedrale di Sant’Antonio Abate. È
consigliabile una visita accurata, anche
per la possibilità di acquistare oggetti
d’artigianato nei numerosi negozietti
che si aprono sui vicoli del centro. La
cucina di mare è basata sul pesce e
sulle aragoste. Il lunedì della Settimana
Santa, il paese di Castelsardo è teatro
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
di una spettacolare processione del
“Lunissanti”. Nelle vie del centro,
illuminate dalle fiaccole, si muovono le
figure incappucciate della tradizione
mentre risuonano le note dei tre cori
de Lu Stabat, Lu Jesu e Lu Miserere. I
canti sono molto antichi, probabilmente anteriori alla dominazione catalana,
e sono stati tramandati oralmente fino
a oggi. La processione
termina davanti alla
chiesetta di Santa Maria,
dove i Misteri vengono
esposti alla venerazione
della folla dei fedeli.
IL CASTELLO
Costruita tra il XII e il XIV secolo, la
fortezza è composta da diversi
ambienti in cui sono esposti oggetti
intrecciati realizzati con i vari materiali della tradizione: palma, asfodelo,
giunco. Dalle terrazze del castello il
panorama è aperto sul golfo
dell’Asinara con, sullo sfondo, nelle
giornate limpide, i monti della Corsica.
CATTEDRALE DI SANT’ANTONIO ABATE
Costruita nel Seicento sulla struttura
di una precedente chiesa romanica, la
cattedrale di Castelsardo è sormontata
da un campanile che termina in un
tetto coperto da maioliche colorate che
offre uno splendido colpo d’occhio con
lo sfondo del mare. L’interno della
chiesa è caratterizzato da un notevole
arredo ligneo che risale al XVI secolo.
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CHIESA DI SANTA MARIA
Nel cuore del paese vecchio, la parte
alta dell’abitato, sorge la chiesa di Santa
Maria che non ha una facciata, ma vi si
accede da un’entrata laterale. Nell’interno è conservato il crocefisso
trecentesco noto come il Cristo Nero.
LA ROCCIA DELL’ELEFANTE
Non lontano da
Castelsardo, in
località
Multeddu, a
fianco della
strada si erge
l’imponente
mole della
Roccia dell’Elefante, un blocco di
trachite scura scolpita dal vento; si
tratta di una delle rocce scolpite più
famose della regione, utilizzata
anticamente come luogo di inumazione. Alla sua base infatti si trovano i
piccoli imbocchi scolpiti di alcune
domus de janas.
ISOLA ROSSA
Le ultime colline della Gallura scendono verso il mare in un paesaggio
caratterizzato dalle bizzarre forme delle
rocce rosate erose dal vento. Isola
Rossa, piccolo insediamento di
pescatori, sorge su un promontorio ai
piedi di una imponente torre
d’avvistamento cinquecentesca. Al largo
della costa vi è l’isolotto che, per il suo
colore rossiccio, diede il nome al paese,
mentre in una piccola cala vengono
tutti i giorni tirati in secco i
pescherecci di ritorno
dal mare. La costa dei
dintorni è di notevole
interesse, soprattutto
verso oriente, dove
merita una deviazione
il monte Tinnari, affacciato
sul mare. A occidente, invece, la costa si
abbassa in corrispondenza della foce
del Rio Coghina, a poca distanza dalla
mole di Castelsardo.
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LA SARDEGNA ZONA PER ZONA
Dintorni: non molto lontano si trova il
borgo di Trinità d’Agultu, un piccolo
paese agricolo sviluppatosi alla fine
dell’Ottocento attorno alla chiesa
omonima. Il santuario campestre
divenne, come spesso è accaduto
nell’isola, un importante centro di
scambio e commercio, soprattutto in
occasione delle feste religiose.
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