Armonia - Comune di Parma

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Armonia - Comune di Parma
Assessorato  Politiche per l’infanzia e per la scuola
e Agenzia Politiche di Sviluppo
del Benessere giovanile.
Crescere
in
Armonia
Educare al BenEssere
Anno Scolastico 2007-2008
La presente pubblicazione raccoglie la documentazione di un percorso ricco ed
articolato che ha visto protagonisti, in una molteplicità di iniziative, i bambini, i
genitori e gli insegnanti.
Il Progetto , partendo dall’analisi dei risultati, dal gradimento delle proposte del
1° anno, si è infatti evoluto coinvolgendo oltre alle famiglie, anche il mondo della
scuola.
“Crescere in Armonia- educare al Benessere” si è quindi confermato e rafforzato
nel perseguimento dell’obiettivo di promuovere corretti stili di vita, nella convinzione che l’acquisizione di comportamenti responsabili e consapevoli contribuisca al benessere psicofisico dei bambini/e e dei ragazzi/e di Parma.
Ciò è stato reso possibile anche dalla collaborazione ed interazione con il Progetto di Educazione Motoria “1,2,3 Via!” condividendone fini, obiettivi e momenti
formativi.
Lo scopo principale degli interventi educativi è stato finalizzato alla riflessione sui
propri comportamenti, la formazione, l’informazione delle persone a partire dalle
loro conoscenze e competenze con metodi attivi, coinvolgenti e partecipativi.
La progettazione di quest’anno si è sviluppata con il contributo e la sinergia di
Istituzioni, Enti Pubblici, Barilla S.p.A. e le Ditte di Ristorazione.
Un particolare ringraziamento vada, dunque, a tutti coloro che a vario titolo hanno
contribuito alla realizzazione dell’iniziativa e della presente pubblicazione.
Giampaolo Lavagetto
Assessore Politiche per l’infanzia e per la scuola
e Agenzia Politiche di Sviluppo del Benessere giovanile.
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Convegni 17 e 24 gennaio 2008
“L’Educazione Alimentare e
Motoria nella scuola per il
benessere dei bambini”
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Nel corso dei due Convegni e delle “Lezioni di cucina” indirizzati alle insegnanti referenti
di educazione alimentare e agli istruttori del progetto “1-2-3 Via!” si sono trattati i fondamentali ed essenziali elementi di conoscenza sui temi della alimentazione corretta e della
sana attività fisica con particolare attenzione ai risvolti psicologici e relazionali.
Sono stati inoltre forniti gli strumenti per le attività da svolgere a scuola con i bambini,
integrando così i processi educativi e didattici.
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Da qui all’obesità.
Riflessioni su un’epidemia
annunciata
Prof. Leone Arsenio
Nutrizionista Responsabile Malattie del Ricambio
e Diabetologia- Azienda Ospedaliera di Parma
Docente Scuola di Specializzazione di Endocrinologia
Università degli Studi di Parma.
Le attuali abitudini alimentari, che hanno sostituito le diete tradizionali, ricche in vegetali,
unitamente alla riduzione dell’attività fisica, hanno portato all’esplosione di una nuova
epidemia, l’obesità. Questa si è accompagnata ad un forte aumento delle patologie cronico-degenerative, quali diabete, ipercolesterolemia, iperuricemia, ipertensione arteriosa,
che a cascata, sono alla base dell’aterosclerosi e delle sue complicanze cardiovascolari
(prima causa di morte nei Paesi industrializzati). Recentemente numerose ricerche hanno
dimostrato che anche i tumori (seconda causa di morte nei Paesi industrializzati) sono in
parte correlati all’alimentazione. La prevalenza d’obesità è raddoppiata o triplicata perfino nei Paesi in via di sviluppo, e nel 2025 i soggetti affetti da diabete aumenteranno di
più di 2,5 volte, da 84 milioni nel 1995 a 228 milioni. L’OMS ha calcolato che nel 2020 le
malattie croniche saranno la causa di almeno i tre quarti di tutti i decessi nel mondo e che
il 71% dei decessi sarà dovuto a cardiopatia ischemica, il 75% ad ictus e il 70% di quelli
dovuti a diabete si verificherà nei Paesi in via di sviluppo (World Health Organization,
1998). Anche le diffusissime patologie reumatiche e l’osteoporosi, la nefrolitiasi ed infine
le malattie dentali, che hanno un forte impatto sulla qualità di vita delle persone, sono
collegate all’alimentazione e allo stile di vita.
Le origini del problema sono lontane. Contrariamente all’opinione comune, soltanto da
poche migliaia d’anni (tra 7500 e 4500 anni fa) è presente il clima odierno, temperato ed
umido, con il regolare succedersi delle quattro stagioni. Alla fine dell’ultima glaciazione,
conclusasi tra circa 13.500-12.000 anni fa, il progressivo e graduale riscaldamento del
clima ha determinato profondi cambiamenti ambientali. Nel periodo mesolitico il rapido
aumento della temperatura ha provocato grandi inondazioni e un profondo cambiamento
nella vita di tutti gli esseri viventi: sono aumentate le risorse vegetali e si sono ridotte quelle animali: sono scomparsi mammut, rinoceronti lanosi, megaceri e civette di Harfang;
si sono rifugiati al Nord ed in montagna renne, marmotte, orsi, linci, camosci, stambec4
chi e lepri delle Alpi; leoni, leopardi e iene maculate si sono spostati a Sud. Gli uomini
cacciavano piccola selvaggina, come cinghiali, cervi, caprioli e raccoglievano lumache,
bacche, fughi, radici. Tra il 3000 a.C. ed il 2000 a.C. si è compiuto il pieno sviluppo delle
civiltà mesopotamiche e di quella egizia. Secondo ricercatori dell’Harvard University di
Cambridge (Massachusetts) il clima sarebbe cambiato notevolmente anche nel periodo
storico: tra il 900 ed il 300 a.C. clima particolarmente fresco ed umido, con temperature
mediamente inferiori di oltre 1 grado rispetto ad oggi; dal 200 al 400 d.C. fase arida nelle
regioni dell’Asia centro-occidentale; tra il 400 e l’800 d.C. fase fredda e tra l’800 e 1300
d.C. fase calda con almeno 1 grado più di oggi. Tra il 1550 ed il 1850 il peggioramento
generale del clima in Europa è stato chiamato “piccola era glaciale” con 2,5-3 gradi meno
d’oggi e si è assistito ad un forte aumento dei ghiacciai sulle Alpi; negli ultimi 130 anni la
temperatura è aumentata meno di 1 grado, con un aumento del livello degli oceani di 2
mm l’anno. Allo scopo di supplire all’impoverimento della caccia, l’uomo imparò presto
ad aspettare la maturazione dei cereali selvatici: le spighe avevano la caratteristica di
perdere i loro chicchi non appena le piante raggiungevano la maturazione, disperdendo
rapidamente i semi commestibili nel terreno. Si stabilì, quindi, vicino al campo sia per
potere provvedere tempestivamente al raccolto e per difenderlo da eventuali rivali (uomini o animali) sia per l’impossibilità a trasportare lontano le messi in un periodo anteriore
all’uso di animali da tiro o alla scoperta della ruota. La necessità di essere numerosi al
momento del raccolto indusse, poi, ad ampliare il piccolo branco. Il passo successivo fu
la scoperta della semina, cioè l’osservazione che seminando, con l’aiuto di zappe e bastoni appuntiti, una piccola parte di quei semi si otteneva un nuovo raccolto. Le grotte e
gli altri ripari naturali furono gradualmente abbandonati a vantaggio delle soluzioni a cielo
aperto (capanne, palafitte). Contemporaneamente alla coltivazione dei campi, gli uomini
impararono ad allevare animali di piccola-media taglia, inizialmente con la cattura dei
cuccioli degli animali uccisi durante la caccia. Attorno al 4mila a.C. l’Eurasia occidentale
aveva già addomesticato i cinque animali che continuano tutt’ora a dominare la scena:
pecore, capre, maiali, bovini e cavalli. In Asia il tentativo era riuscito con lo yak, il bufalo, il
gauro e il bantang; in Africa, Oceania e America erano invece falliti gli sforzi di addomesticare animali, per le caratteristiche della fauna locale che non era tollerante verso gli intrusi
e non aveva un istintivo comportamento gregario. Gli animali addomesticati fornivano
cibo, energia motrice (i bovini hanno rappresentato la prima fonte d’energia non umana,
utilizzata largamente per la coltivazione dei campi) e indumenti. La vita sedentaria ha permesso di accumulare più cibo di quello che il nomade riuscisse a trasportare con sé. La
conservazione era permessa anche dallo sviluppo delle tecniche di lavorazione dell’argilla (ceramica). I depositi di cibo, necessariamente protetti perché non fossero rubati, permettevano il formarsi di figure sociali non dedite esclusivamente alla produzione di cibo.
Si è formata una nuova classe d’artigiani, che ha aperto la strada ai fabbri, indispensabili
per la lavorazione dei metalli (metallurgia), dapprima rappresentata dal rame, quindi dal
bronzo ed infine dal ferro. L’economia agricola, in definitiva, permetteva una fondamentale evoluzione sociale: tra i cacciatori-raccoglitori ogni individuo doveva essere in grado
di gestire se stesso e di fare tutto, nel mondo agricolo sono apparsi gli “specialisti” per
l’accumulo di particolari conoscenze e per lo sviluppo di specifiche tecniche. Agricoltura
e pastorizia divennero opzioni di sussistenza, con frequenti occasioni di conflittualità,
perché l’approccio era differente: il pastore tendeva ad utilizzare il latte e i suoi derivati ed
uccideva difficilmente il suo bestiame, tranne per una grave necessità o per riti sacrificali;
il bestiame era una risorsa meno faticosa, ma più difficile da gestire, richiedendo ampi
spazi verdi per i ruminanti, che spesso sconfinavano nei campi coltivati, danneggiando i
raccolti. Secondo alcuni studiosi, le frequenti ostilità tra pastori e agricoltori richiamano il
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conflitto biblico tra Caino (agricoltore) ed Abele (pastore).
La terza tappa nella storia dell’alimentazione umana è partita, circa due secoli fa, nella
seconda metà del Settecento, con la scoperta del vapore, che ha innescato le rivoluzioni
industriale e agricola, con la conseguenza di un enorme miglioramento delle tecniche
di produzione, di conservazione e di trasporto degli alimenti, che, a loro volta, hanno
aumentato la disponibilità di cibo. Dalla fine del Settecento ai giorni nostri vi è stata una
netta e progressiva modificazione delle abitudini dietetiche dei popoli europei, basate fino
a quel tempo sull’alimentazione tradizionale “contadina”, di cui recentemente la variante
propria del bacino del mediterraneo è stata riscoperta con il termine “dieta mediterranea”. Nell’Ottocento le variazioni sono state caratterizzate da un forte aumento quantitativo dei consumi, conservando comunque le precedenti proporzioni tra carboidrati (C),
grassi (G) e proteine (P) (rispettivamente C 75%, G 14% e P 11% dell’apporto energetico
totale). Nel Novecento l’incremento dell’apporto energetico si è invece progressivamente
arrestato e si è altresì verificata una marcata variazione qualitativa con un aumento dei
consumi di grassi ed una contemporanea riduzione dei carboidrati (rispettivamente C
44%, G 42,5% e P 13,5% delle calorie totali). Questo tipo d’alimentazione è stata definita
come “dieta tipica nordeuropea” o “anglosassone” o “continentale”, mentre forse sarebbe meglio chiamarla “dieta industriale”. La successiva “industrializzazione” dell’Europa
meridionale, che ha ormai raggiunto anche il Sud del nostro Paese, ha portato ad una
trasformazione dell’atteggiamento degli italiani verso il cibo, con l’abbandono progressivo dell’alimentazione “contadina” o “mediterranea”, anche se la situazione italiana è
ancora complessivamente migliore rispetto ai paesi nord-europei. Nello stesso periodo,
la progressiva meccanizzazione della nostra vita ha enormemente ridotto i consumi energetici. Nel Novecento un esempio particolarmente evidente delle modificazioni sociali,
legate all’industrializzazione agro-alimentare, è rappresentato da quello che Giacchino
Volpe, nella sua Storia dell’Italia moderna (1946), chiamò il “miracolo di Parma”: nei primi
anni del secolo, in rapida successione, sorsero il pastificio Barilla, la vetreria Bormioli, le
imprese meccaniche Luciani e Cugini, lo zuccherificio Ligure-Lombarda (poi Eridania), la
Ligure-Emiliana per la lavorazione della banda stagnata per il barattolame della conserva
di pomodoro.
Il Rapporto Censis del 2007 ha così fotografato la situazione italiana: negli ultimi 40 anni
l’introito energetico medio pro-capite è calato da 2600 a 2200 kcal; il consumo di frutta e
verdura è arrivato a circa 360 kg annui, il triplo rispetto agli anni Cinquanta; quello di pesce a circa 21 kg, quasi il doppio rispetto agli anni Ottanta; quello di carne a circa 95 kg,
rispetto ai 50 kg degli anni
Settanta, con la maggioL’Obesità è Causata da un Bilancio
ranza (67,2% degli uomini e
56,6% delle donne) che asEnergetico Positivo a Lungo-Termine
sume almeno qualche volta
la settimana salumi. Le bevande alcoliche sono dimiDepositi
nuite, dai 16 litri pro-capite di
di Grasso
trenta anni fa agli attuali 6,9
litri. Gli italiani sono agli ulSpesa
timi posti dell’ Unione Europea per il consumo di dolci e
Energetica
Apporto
zucchero, ed anche di latte:
Energetico
25,5 kg annui di dolci contro i 58,5 kg del Regno Unito
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e 24 kg di zucchero contro i
32,7 kg della media europea,
57 litri di latte annui contro 93
litri della media europea. Al
contrario, gli italiani consumano mediamente 122 kg annui
di cereali, di cui 28 kg di sola
pasta, contro 89 kg degli europei: l’89,3% degli uomini e
l’85% delle donne consumano almeno una volta al giorno
pane, pasta e riso. L’abitudine
ad una colazione adeguata
è aumentata dell’11,7% dal
1995 al 2007. Il consumo di
surgelati è cresciuto da 190
mila tonnellate del 1982 alle
800 mila del 2007. Secondo
stime 2004 della Federalimentare, i prodotti “non tradizionali” rappresentavano il 35%
del fatturato del settore alimentare, con crescita soprattutto dei prodotti “a più alto contenuto tecnologico”. La tendenza è per un incremento del “fast-food”, che ha visto un
progressivo ampliamento delle scelte a favore di prodotti più variati, ossia dal panino con
la mortadella si è passati a piatti d’insalate, di pasta o riso, di yogurt, di cibi integrali ed
anche esotici, ma anche al diffondersi dell’“instant-food”, alimenti già pronti da prelevare
dagli appositi distributori. Accanto a questi, è in forte sviluppo il cibo tecnologico, cioè
modificato con apposite supplementazioni o integrazioni per renderlo più salutare, fino
ad arrivare ai “nutraceutici”, che sono una via di mezzo tra alimenti e farmaci. In contrapposizione avanza spedito anche lo “slow-food”, che esalta il cibo “vero”, in sintonia
con un ritrovato equilibrio tra pasti, lavoro e tempo libero. Comportamenti sociali nuovi
irrompono sullo scenario, tanto che oggi si parla d’alimentazione post-moderna, cioè del
deprecabile, a mio parere, tramonto del pasto tradizionale, seduti attorno ad un tavolo,
in compagnia di familiari o amici, ad orari fissi, e della sua sostituzione con pasti solitari
e veloci, con orari variabili e saltuari e con cibi già pronti, spesso surgelati e riscaldati, o,
addirittura, con piccoli spuntini sparsi nella giornata (qualcuno ha detto: “mangiare è una
pessima abitudine, che l’uomo moderno, obbligato ad essere lucido e dinamico per tutta
la giornata, deve assolutamente perdere”).
L’interesse verso l’alimentazione è notevolmente cresciuto: nel 2005 erano presenti 259
periodici e 620 pubblicazioni di cucina, 51 programmi televisivi, 1000 siti internet dedicati
al cibo. La tiratura dei mensili specializzati su temi gastronomici è passata da 349 mila
copie del 1993 a 1.675.816 copie del 2004, con un aumento del 70%, mentre sono presenti 442 scuole di gastronomia, 269 consorzi per la tutela e la valorizzazione di prodotti
alimentari e 358 associazioni impegnate nell’enogastronomia.
Sono, quindi, presenti luci ed ombre, perché non dobbiamo dimenticare la notevole riduzione, se non la scomparsa, di gravi patologie infettive e carenziali (tubercolosi, gastroenteriti, pellagra, rachitismo, scorbuto, ecc.), che hanno a lungo colpito le nostre popolazioni, e determinato, oltre ad un aumento della statura media delle nuove generazioni, un notevole allungamento della vita media. Non è pensabile né un ritorno all’alimentazione del
paleolitico (“dieta dei cavernicoli”), perché non sono più presenti le condizioni d’ambiente
e di vita di allora, né una riproposizione della dieta del periodo agricolo (“dieta contadina
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o mediterranea”), perché sovrabbondante in carboidrati, né un protrarsi della dieta “industriale”, perché troppo ricca in calorie e grassi saturi e trans. L’obiettivo attuale dei nutrizionisti, quindi, deve essere quello di utilizzare la lezione del passato per evitare gli errori
compiuti e di elaborare e proporre un’alimentazione equilibrata, completa ed adatta alle
condizioni di vita attuali, con lo scopo di ridurre la quantità eccessiva di calorie, di aumentare il cibo a minore densità energetica e di privilegiare gli alimenti di qualità. Tutto questo
senza necessariamente rinunciare alla qualità e al piacere del cibo. Potremmo in modo
forse semplicistico concludere dicendo che “dobbiamo mangiare meno ma meglio”. Una
campagna per una corretta alimentazione al fine di prevenire malattie deve mettere in
campo strumenti di comunicazione, linguaggi e modalità di approccio che tengano conto
della complessità delle variabili biologiche, cognitive ed emotive che interagiscono nella
motivazione al cambiamento di abitudini e di comportamenti alimentari. I fattori necessari
per ottenere il cambiamento di comportamenti consolidati sono l’informazione e la motivazione. Il “sapere” da solo non ottiene in modo automatico risultati di cambiamento,
perché il comportamento umano, anche nel campo alimentare, si plasma e si consolida
in “abitudine” per effetto di un’interazione complessa tra fattori biologici, fattori emotivi
e fattori cognitivi della personalità. Gli interventi di prevenzione, che producono anche
piccoli cambiamenti nella maggioranza di individui a rischio moderato possono avere
un impatto enorme in termini di rischio di morte e di inabilità sulla popolazione. Questi
cambiamenti possono essere perseguiti attraverso interventi intersettoriali che vedano
partecipi i cittadini, le istituzioni, gli operatori sanitari, il privato sociale, il volontariato, le
industrie e le altre realtà a qualsiasi titolo interessate. L’OMS, in un documento del 2002
ha sollecitato gli stati membri a sviluppare “…una strategia globale sulla dieta, sull’attività
fisica e la salute per la prevenzione ed il controllo delle malattie non trasmissibili, basata
sull’evidenza e sulle migliori regole, con particolare enfasi a un approccio integrato…”.
Risultati tangibili sono stati, finora, limitati dalla sottostima dell’efficacia degli interventi,
dalla convinzione che sia necessario un lungo tempo di attesa nel raggiungimento di
risultati misurabili, dalle pressioni commerciali, dalle risorse inadeguate e dalla frequente
inerzia delle istituzioni. La recente esperienza finlandese in Nord Karelia ha dimostrato:
che gli interventi possono essere efficaci, che i cambiamenti nelle abitudini alimentari
sono importanti, che i cambiamenti possono essere rafforzati dalla domanda pubblica e,
infine, che cambiamenti importanti possono realizzarsi anche molto rapidamente. Sono
anche importanti le interazioni con le industrie alimentari per migliorare la qualità dei
prodotti attraverso la selezione di nuove linee genetiche e la scelta di mangimi più aderenti alle raccomandazioni nutrizionali, per favorire con incentivi la commercializzazione
di prodotti più salutari e per ottenere un’effettiva e chiara etichettatura, sulla base della
constatazione che circa l’80% del cibo consumato nei Paesi industrializzati è prodotto
dall’industria agro-alimentare. Questa, che ha raggiunto nel 2006 un fatturato di 113 miliardi di euro, seconda soltanto al comparto metalmeccanico, ha modificato negli ultimi
due anni la composizione di più di 4000 prodotti, riducendo grassi, sale e colesterolo.
Un altro capitolo difficile, ma ineludibile, è il rapporto con la pubblicità ed i media per
trasmettere messaggi non ambigui, soprattutto se rivolti ai bambini e giovani.
È un progetto molto ambizioso, ma, citando Saint’Exupery, “Se vuoi costruire navi, non
metterti a raccogliere legna e tagliare tavole, ma cerca di risvegliare nelle persone la nostalgia del grande mare”.
Bibliografia
Leone ARSENIO: Alimentazione, clima ed evoluzione dell’uomo.
Ed. Mattioli 1885 SpA, Fidenza (PR), 2007
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Attività fisica e corretta
alimentazione
per il benessere
del bambino
Dott. Gianfranco Beltrami
Medico dello sport,professore a contratto Facoltà di Medicina e Corso
di Laurea un Scienze Motorie Università di Parma
Una attività fisica adeguata ed una corretta alimentazione rappresentano i pilastri fondamentali di una crescita armonica del bambino e costituiscono le premesse indispensabili
di un benessere psico-fisico che potrà essere più facilmente mantenuto anche nell’età
adulta.
Si tratta quindi di assecondare e di coltivare quelle qualità che il bambino è in grado di
sviluppare nelle varie fasi del suo sviluppo .Dopo il primo anno di vita il bambino con
l’acquisizione della stazione eretta è in grado di spostarsi da solo, vede il mondo sempre
più grande,problemi sempre nuovi,ha maggiori contatti umani ed è proprio grazie al movimento che ha molteplici possibilità di confrontarsi con l’ambiente esterno. A tre anni il
bambino è capace di camminare,stare in equilibrio,rotolarsi,spingere,tirare, arrampicarsi
ecc.. e la quantità di movimenti è sempre più ricca e varia. In età prescolare tra i 3 e i 7
anni vi è il perfezionamento di varie forme di movimento ed iniziano i primi movimenti
combinati con effettuazione ed esecuzione da tre a cinque forme motorie diverse in
successione.
Nella prima età scolare si ha poi una rapida progressione delle capacità di apprendimento motorio. Da questo momento,con l’inizio della scuola, diminuisce il tempo per l’attività
di gioco ed è quindi molto importante l’attività motoria scolastica ed extrascolastica che
diviene per il bambino una esigenza irrinunciabile. In questa fase i bambini ,se privati
del movimento possono divenire molto indisciplinati ed irrequieti. È importante che gli
adulti capiscano che giocare muovendosi deve essere la principale attività dei bambini:
attraverso il gioco e le attività motorio -sportive connesse,i bambini si sperimentano,si
mettono alla prova,conoscono,imparano,in una parola crescono.
E se lo sport è divertimento il bambino ha il diritto di praticare uno sport che sia per lui
divertente ed è compito della società la trasmissione del concetto basilare del diritto del
bambino allo sport evitando di somministrare però schemi da adulti.
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Un indagine su 9000 bambini europei di età da 5 a 11 anni ha messo in evidenza come
il 72% dei bambini confessa che la vera libertà sarebbe quella di giocare all’aperto soffrendo per non poterlo fare ,costretti per la maggior parte del loro tempo libero in casa
davanti alla tv o al computer.
L’attività fisica è fondamentale per uno sviluppo ottimale dei bambini,per la loro maturazione per
l‘acquisizione di vigore psicofisico,per resistere meglio alle malattie,ma
soprattutto per adottare uno stile di vita attivo e mantenerlo in futuro.
Inoltre l’attività fisica favorisce la presa di coscienza delle proprie capacità e dei propri
limiti,l’impegno a ottenere risultati,il confronto con se stessi e con gli altri,il riconoscimento e il rispetto delle regole,la responsabilità nei confronti del gruppo.
Privare il bambino del gioco sportivo può portare a ipocinesia ,a deficit di sviluppo,a
paramorfismi e deficit posturali,al sovrappeso,ad un inadeguato sviluppo dell’apparato cardiorespiratorio,con tachicardia da esercizio,potenza aerobica ridotta,riduzione dei
volumi polmonari,tachipnea da esercizio,rapporto perso altezza sfavorevole. Possibili
inoltre sono anche conseguenze psicologiche da scarso esercizio fisico. Il bambino che
non si inserisce in una dinamica di gioco e di movimento di gruppo verrà isolato dai compagni e questo potrà provocare instabilità emotiva,ridotta socialità, disorganizzazione del
tempo libero.
Per contro il bambino che fa sport oltre ad una crescita armonica e ad uno sviluppo
ottimale dei vari organi e apparati sarà un bambino che avrà anche un buon controllo
emotivo,una valida autostima,buona capacità di socializzare e maggior tolleranza alle
frustrazioni e nei momenti di difficoltà.
Anche le abitudini alimentari errate rappresentano un grave rischio per il bambino di
sviluppare problematiche sia fisiche che psicologiche. Soprappeso e obesità,diabete,
dislipidemie, ipertensione arteriosa e problemi osteoarticolari sono fra le più comuni conseguenze di una alimentazione errata.
L’obesità infantile rappresenta un allarme reale per il nostro paese come per il resto
dell’Europa con un grave impatto per la salute ed il benessere della popolazione e un
importante aggravio dei costi sociali per la salute.
È documentato inoltre che una alimentazione errata o carente nell’età da sei a undici
anni produce significativi deficit
ed inoltre
può facilmente portare a
PROFdi. apprendimento
GIANFRANCO
BELTRAMI
ATTIVITA’ FISICA E CORRETTA
ALIMENTAZIONE PER IL
BENESSERE DEL BAMBINO
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PARMA 24-01-2008
problemi psicologici e a difficoltà relazionali e a isolamento sociale nella fascia di età tra
i 12 e i 16 anni.
Particolarmente importante per il bambino è la prima colazione. Diversi lavori scientifici
hanno documentato che studenti ben nutriti che saltano la colazione hanno bassi livelli
di concentrazione e peggiorano nei test, mentre bambini che fanno colazione sono più
concentrati,imparano meglio,fanno meno errori,sono più creativi, lavorano più velocemente e vanno anche più d’accordo con i compagni.
Da quanto esposto si deduce l’importanza del percorso sociale ed educazionale che il
Comune di Parma attraverso l’Assessorato per le politiche per l’infanzia e per la scuola sta svolgendo mediante il progetto di educazione alimentare e motoria” Crescere in
Armonia Educare al Benessere”con il contributo e la sinergia di Istituti,Enti Pubblici e
aziende private fra cui Barilla .
Sensibilizzare gli insegnanti ed il mondo della scuola in generale insieme alle famiglie sulle problematiche dell’attività fisica e dell’educazione alimentare è di cruciale importanza
per la salute ed il benessere dei bambini.
Per combattere l’analfabetismo motorio la scuola ha una grande responsabilità sociale.
Gli insegnanti devono aiutare il bambino a cambiare una cultura del corpo che non serve
ad essere guardati,non serve a vincere,non serve ad affermare potere,non serve solo a
produrre piacere ma serve soprattutto a star bene.
Per questo se vogliamo che la nostra società ed i nostri bambini non precipitino in una
situazione di gravissimo rischio per salute e il benessere la società,la scuola,le famiglie e
le Istituzioni devono porsi seriamente fra
gli obiettivi prioritari la promozione dell’educazione nutrizionale all’interno della
scuola e la promozione dell’attività fisica
e dell’educazione all’attività fisica valutandogli obiettivi ed i risultati raggiunti
con parametri scientifici.
Per ottenere questo scopo ritengo che la
strada migliore possa essere la creazione di un team di lavoro che comprenda
genitori,studenti,dirigenti e uffici comunali e scolastici,amministrazioni locali
università ,aziende sanitarie, personale
docente,pediatri di famiglia,medici dello
sport e personale addetto alla ristorazione.
Solo con una task force di questo tipo in
cui ogni componente integri con gli altri
le proprie competenze e conoscenze in
un ottica di lavoro interdisciplinare si potrà a mio avviso ottenere risultati apprezzabili in una battaglia altrimenti molto
difficile da vincere.
PERCHE’ E’ NECESSARIO ?
PERCHE’
L’OBESITA’
INFANTILE E LA
SEDENTARIETA’
SONO IN ENORME
CRESCITA NEL
NOSTRO PAESE
CON GRAVE
IMPATTO SULLA
SALUTE E IL
BENESSERE .
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“Bambini in cucina!”
Gustando e cucinando si
impara
Fiorenza Ciarelli
Responsabile Struttura Operativa Ristorazione
ed Educazione Alimentare
Comune di Parma
Il Comune di Parma, con la collaborazione dell’Azienda U.S.L., all’interno del Progetto
“Crescere in Armonia - Educare al BenEssere” ha pensato di affiancare alle lezioni di
cucina per gli insegnanti sui temi dell’educazione alimentare e sensoriale , rilevazioni della
gradibilità di alcuni piatti inseriti nel menù ed analizzare nello specifico il gusto di bambini
e ragazzi. Elemento di partenza di tale progetto è impostare l’argomento alimentazione
come un percorso di scoperta interrativo per indirizzare verso comportamenti alimentari
sani che non comportino il rifiuto pregiudiziale di nessun alimento.
La mensa diventa così parte integrante della didattica scolastica per sviluppare una coscienza alimentare partendo dal gusto , dalle sensazioni, dalle emozioni e dai ricordi che
determinati alimenti suscitano.
Destinatari:
Scuole primarie e secondarie individuate
Obiettivi:
• conoscere e saper valutare i gusti personali attraverso l’uso degli organi di senso;
• apprendere facendo esperienza con la scoperta, la ricerca, la voglia di essere protagonisti e consapevoli delle proprie scelte;
• saper valutare i comportamenti alimentari individuali e del gruppo classe ed
utilizzare le competenze e le conoscenze apprese in nuovi modelli comportamentali;
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Metodologia:
Le attività per le insegnanti e i bambini coinvolti nella rilevazione si articolano nello specifico nell’analisi di alcune giornate del menù scolastico per la valutazione, la proposta di
nuove ricette attraverso la scoperta dei sensi:
• olfatto, odori ed aromi, il riconoscimento olfattivo
• gusto, il riconoscimento dei quattro gusti fondamentali,
• il tatto, riconoscimento e confronto
• la vista, riconoscimento e confronto forme e colori
• l’udito , riconoscimento e percezione di suoni e rumori
1) condivisione di elementari termini sensoriali, con la scoperta dei sensi e la loro specializzazione. In questo modo si stabilisce un lessico comune fondamentale nella comunicazione durante il lavoro di scoperta dei piatti e riconoscimento dei sensi.
2) analisi gustativa dei singoli alimenti dal punto della vista (forma,colori,dimensioni), del
tatto, dell'olfatto (riconoscere gli odori) del gusto (dolce, salato, amaro, acido) e dell’udito.
3) combinazione degli alimenti attraverso la preparazione di ricette nuove da inserire
eventualmente nel menu' scolastico.
Strumenti:
analisi gustativa del menù scolastico in 4 specifiche giornate.
I Menù che saranno analizzati nelle scuole dell’obbligo dai bambini insieme alle insegnanti e che saranno riproposti nelle Lezioni di cucina che prenderanno avvio il 18 Febbraio
’08 sono:
24 gennaio
Riso ai funghi, Arrotolato di frittata con verdure,
Cappuccio e carote, Kiwi
11 febbraio
Pasta agli spinaci, Lonza al forno, Patate al forno, Pera
22 febbraio
Gnocchi alla maggiordomo, Sformato di legumi Finocchi, Mela
27 febbraio
Orecchiette con broccoli o cime di rapa, Alibut dorato, Patate, Banana
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FASI DEL PROGETTO:
I° FASE
Scheda di analisi del pasto del giorno
Scuola
classe
Indicare il menù
consumato oggi Mi piace
sezione
Mi piace
così, così
Non mi
piace
d a t a Mi piace
perchè
Non mi
piace
perchè
Primo piatto:
Secondo piatto:
Verdura/
contorno:
Frutta :
PRIMA FASE
Sai cosa mangi?
Sai quali alimenti sono contenuti? Se sì elencali.
Primo
Secondo
Contorno/ verdura
Analisi sensoriale del 1° piatto
Di che colore è?
È dolce?
SI NO
È amaro?
SI NO
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È salato?
SI NO
SI NO
SI NO
Che odore ha?
Fa rumore?
Che consistenza ha?
Lo hai toccato con le mani?
Se sì com’era?
Che cosa ti fa venire in mente, che ricordi ti suscita?
ANALISI SENSORIALE DEL 2° PIATTO
Di che colore è?
È dolce?
SI NO
È amaro?
SI NO
È salato?
SI NO
SI NO
SI NO
Che odore ha?
Fa rumore?
Che consistenza ha?
Lo hai toccato con le mani?
Se sì com’era?
Che cosa ti fa venire in mente, che ricordi ti suscita?
Analisi sensoriale del contorno
Di che colore è?
È dolce?
SI NO
È amaro?
SI NO
È salato?
SI NO
Che odore ha?
15
Fa rumore?
SI NO
SI NO
Che consistenza ha?
Lo hai toccato con le mani?
Se sì com’era?
Che cosa ti fa venire in mente, che ricordi ti suscita?
ANALISI SENSORIALE DELLA FRUTTA
Di che colore è?
È dolce?
SI NO
È amaro?
SI NO
È salato?
SI NO
SI NO
SI NO
Che odore ha?
Fa rumore?
Che consistenza ha?
Lo hai toccato con le mani?
Se sì com’era?
Che cosa ti fa venire in mente, che ricordi ti suscita?
II° FASE
INVENTIAMO UNA RICETTA
Scuola
classe
sezione
data
Nome Insegnante
con gli alimenti presenti oggi in menu’ (oppure utilizzando frutta, verdura, cereali, legumi,
e anche uova pastorizzate) che ricetta o ricette prepareresti?
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La giornata alimentare
Dott.ssa Marta Mattioli
Pediatra Coordinatrice Commissione Nutrizione Aziendale
S.I.A.N. - A.U.S.L. Parma
Alimentazione e salute sin dall’infanzia
La maggior parte delle patologie croniche, quali obesità, diabete, malattie cardiocircolatorie e tumori, è determinata da abitudini alimentari scorrette e squilibrate e da scarsa
attività motoria. Per prevenire e trattare tali patologie, sempre più frequenti nella nostra
società, diviene quindi importante correggere le cattive abitudini alimentari e adottare
stili di vita adeguati, a partire dalla vita familiare e, per i bambini, fin dai primi anni di vita.
Il bambino muove infatti i suoi primi passi in famiglia, dove i comportamenti e i modelli
proposti dai genitori lo influenzano e lo condizionano anche in ambito alimentare.
Risulta da varie ricerche che la scelta del cibo da parte del bambino è regolata da fattori
emotivi, affettivi e ambientali più che da quelli cognitivi. I messaggi educativi dei famigliari, ed in particolare dei genitori, sono quindi essenziali affinchè il bambino acquisisca
buone abitudini alimentari per garantire il suo benessere e salvaguardare la sua salute in
futuro.
Il momento del pasto consumato insieme in famiglia costituisce un’occasione unica per
comunicare, dialogare, raccontarsi la giornata, assaporando il gusto di quello che si mangia. Coinvolgere il bambino nella preparazione dei cibi è un modo intelligente per farlo
partecipare alla vita familiare e fargli percepire il gusto del mangiare.
Le indagini condotte sia a livello nazionale che locale hanno infatti evidenziato quanto
la presenza della televisione sia negativa al momento del pasto anche quando si parla e
l’apparecchio resta acceso. In ambedue i casi manca quella concentrazione che permette di “gustare” il cibo e le relazioni.
Per quanto riguarda la scelta dei cibi è opportuno che l’alimentazione sia varia e ben
distribuita nell’arco della giornata a cominciare dalla prima colazione. Occorre consumare con maggiore frequenza latte e derivati, verdura, frutta e cereali senza eccedere nel
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consumo di carne e alimenti ricchi di grassi saturi, così come di zuccheri, sale e bevande
gassate e/o dolci. Bisogna poi dare al pasto il giusto tempo sia per assaporare quello che
si mangia sia per agevolare la digestione.
Le calorie giornaliere totali dovrebbero essere distribuite in 5 pasti: prima colazione 20%,
spuntino 5%, pranzo 40%, merenda 5%, cena 30% con un apporto equilibrato nell’arco
della giornata dei nutrienti a loro volta così distribuiti: 60% di carboidrati, di cui 50%
complessi (pasta, pane, riso, cereali) e 10% semplici (zucchero); 25-30% di grassi con un
apporto di circa 2:1:1 rispettivamente rappresentati da acidi grassi monoinsaturi, polinsaturi e saturi; il colesterolo non deve superare i 100 mg/1.000 kcal; le proteine devono
costituire il 10-15% con rapporto di 1:1 tra proteine di origine animale e vegetale; le fibre
devono raggiungere lo 0,5 g/kg di peso ideale per bambini di età superiore ai 5 anni; bisogna ricordarsi infine dell’apporto di sali minerali e vitamine contenuti soprattutto nella
frutta e nella verdura.
Colazione, pranzo, cena e spuntini sempre in armonia
La colazione, il pranzo, gli spuntini e la cena sono complementari. Questo significa che la
scelta degli alimenti non deve essere lasciata al caso, in quanto si possono bilanciare gli
eccessi della giornata ed integrare le carenze di questo o quel nutriente, tenendo sempre
presente la tabella dove sono riportati gli alimenti suddivisi in base ai principi nutritivi
(Tabella 1) e la piramide alimentare.
Colazione. Iniziare la giornata con una buona prima colazione consente di ottenere migliori prestazioni già dal primo mattino (buon rendimento scolastico) e di evitare problemi
di sovrappeso. È stato dimostrato che i bambini che non consumano abitualmente la
prima colazione, o che la consumano in quantità insufficiente, tendono ad assumere più
cibo nel resto della giornata. Per favorire il consumo della prima colazione acquistano
particolare rilievo anche le modalità con cui viene proposta. È importante, per esempio,
che il bambino non faccia colazione quando è ancora in parte addormentato, perché
immediatamente dopo il risveglio si manifesta una fase di momentanea inappetenza che
non agevola la corretta assunzione degli alimenti. È quindi opportuno far trascorrere un
lasso di tempo tra il momento del risveglio e quello della prima colazione, che va peraltro
consumata a tavola, con calma (la durata non deve essere inferiore a 10-15 minuti), possibilmente in compagnia dei famigliari e senza leggere o guardare la televisione.
La quota energetica deve essere fornita soprattutto dai carboidrati (semplici e complessi),
che essendo facilmente digeribili forniscono energia prontamente utilizzabile da tutti gli
organi, in particolare dal cervello e dai muscoli. È invece importante limitare il consumo
di grassi, che determinano un rallentamento del processo digestivo con riflessi negativi
su tutte le funzioni dell’organismo. Una prima “buona” colazione, completa e bilanciata,
deve essere composta da alimenti liquidi (latte, con l’eventuale aggiunta di orzo o cacao,
o yogurt o spremute o frullati o succhi di frutta) meglio se poco o niente zuccherati, accompagnati da cereali (tipo corn-flakes) o da prodotti da forno (pane, fette biscottate,
biscotti, dolci da forno senza creme) per fornire la giusta quota di carboidrati complessi,
vitamine e minerali. Tra i prodotti a base di cereali sono da preferire quelli integrali o con
farina meno raffinata per garantire il giusto apporto di fibra alimentare, di alcune vitamine (sopratutto del gruppo B) e minerali (per lo più ferro). La colazione può essere infine
opportunamente completata dal consumo di un frutto di stagione. Quantità limitate di
marmellata o miele forniscono carboidrati semplici ed energia immediatamente disponibile. In pratica, perché la colazione sia completa, si deve scegliere almeno un alimento
per ciascuno dei quattro gruppi riportati nella Tabella 2. Alcuni esempi pratici di colazione
sono riportati nella Tabella 3.
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Pranzo e cena. A garanzia che tutti i nutrienti energetici, plastici e bioregolatori vengano
forniti nelle giuste proporzioni, non si dovrebbe consumare lo stesso cibo sia a pranzo
che a cena, ma alternare, per quanto riguarda i primi piatti, pasta o riso e per i secondi
carne o pesce o legumi o uova o formaggio e così anche per quanto riguarda i contorni e
la frutta. Un’attenzione particolare andrebbe prestata alla preparazione e alla cottura dei
cibi, in quanto troppi condimenti, lunghi tempi di cottura, fritture e preparazioni troppo
elaborate rendono gli alimenti meno digeribili. Pertanto, soprattutto per la cena, è meglio
scegliere piatti semplici, di facile digestione, per non affaticare l’organismo prima del
riposo notturno (i carboidrati sono più digeribili delle proteine e dei grassi).
Tradizionalmente sulle nostre tavole è sempre presente il primo piatto: pasta asciutta,
pasta in brodo, riso e zuppe di cereali vengono preparati in molti modi, così come suggerisce la tradizione alimentare italiana. Carni, pesci, formaggi, uova e insaccati vanno consumati con moderazione, preferendo quelli a minor contenuto di grassi. Bisogna quindi
imparare a scegliere questi alimenti, alternandoli tra loro. Le verdure crude e cotte e la
frutta, meglio se di stagione, devono sempre completare sia il pranzo che la cena (sono
raccomandate 2 porzioni giornaliere di verdura e 3 di frutta). Non sempre, comunque,
un pasto, per definirsi equilibrato, deve includere il classico primo, secondo, contorno e
frutta; valide alternative sono i piatti della tradizione alimentare mediterranea. Per esempio, pasta e legumi o riso e piselli, oppure altri piatti particolari come pizze, sformati, torte
salate costituiscono ottimi piatti unici, che rendono gustosa la nostra cena e possono
essere accompagnati da verdura e frutta (Tabella 4).
Spuntini. Anche gli spuntini meritano attenzione. L’inserimento di uno spuntino a metà
mattina ed uno a metà pomeriggio consente di non arrivare troppo affamati ai pasti principali. Possono essere a base di frutta fresca (specie nella merenda di metà mattina a
scuola) o di yogurt o ckraker o succo di frutta o gelato alla frutta. Il tipo di alimento scelto
è decisivo nel conferire potere saziante e quindi nell’evitare ulteriori richieste di cibo fino
al pasto successivo. Più un alimento contiene carboidrati a lento assorbimento e fibre
più aumenta il potere saziante, anche se l’apporto calorico risulta simile ai cibi ricchi di
zuccheri semplici. Educare alla varietà dei cibi, ai diversi gusti, porta a praticare un modo
equilibrato di alimentarsi, cioè a includere nei pasti cibi variati e in minori quantità. Diviene pertanto fondamentale per i genitori sviluppare nei propri figli la curiosità verso i cibi
per poter così ampliare il ventaglio delle loro preferenze, anche se fino all’adolescenza
i bambini tendono a resistere di fronte alle novità della tavola. I genitori devono però insistere, mediante reiterate esposizioni ai cibi meno graditi in un’atmosfera serena e non
coercitiva. Per sviluppare l’accetabilità di un alimento non
PIRAMIDE ALIMENTARE E DEGLI STILI DI VITA
gradito sembra sia necessario
Da S.Scaglioni 2006
un minimo di 8-10 esposizioni di
quel determinato alimento. Poichè le preferenze alimentari non
sono innate, ma sono sempre il
risultato di un apprendimento, è
possibile indirizzarle e l’esempio
genitoriale sarà di stimolo per
farle apprendere.
La Piramide consiglia la frequenza dei cibi:
alla base quelli da assumere tutti i giorni, al vertice quelli da limitare.
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Tab. 1 – Suddivisione degli alimenti in base ai principi nutritivi
• Cereali e tuberi (pasta, pane, prodotti da forno, riso, patate)
• Ortaggi e frutta
• Carne, pesce, uova, legumi
• Latte e derivati (yogurt, formaggio fresco e stagionato)
• Grassi da condimento (olio, burro, margarina)
Tab. 2 - Per una colazione completa
Gruppo 1 (alimenti liquidi e bevande)
Latte bianco o con orzo o cacao, yogurt naturale o alla frutta, frullati (latte con frutta)
succhi di frutta, thè deteinato
Gruppo 2 (cereali e prodotti da forno)
Cereali (tipo corn-flakes), pane (integrale, da toast), fette biscottate,
biscotti secchi, dolci senza creme (es., torta di mele)
Gruppo 3 (alimenti spalmabili)
Marmellata, miele
Gruppo 4 (frutta)
Frutta di stagione, spremuta di agrumi, müesli
Tab. 3 - Idee per una colazione
• Frutta di stagione, yogurt naturale
• Latte bianco, corn-flakes
•
Latte con orzo o cacao, pane integrale
• Pane e marmellata o biscotti secchi, thè deteinato, frutta
• Yogurt alla frutta, fette biscottate, marmellata
• Yogurt naturale, müesli o biscotti secchi
• Frullato di frutta con latte, fette biscottate e marmellata
• Latte, müesli o biscotti secchi
• Spremuta di agrumi, torta di frutta
• Toast con prosciutto, un frutto o una spremuta
Tab. 4 – Alimentazione ideale
• Ogni giorno: latte o yogurt (parzialmente scremato) in genere a colazione +
cereali e frutta; pasto completo a pranzo e cena (pasta con secondo e contorno
o piatto unico; frutta a merenda).
• Secondi piatti: carne magra 3-4 volte a settimana, pesce fresco o surgelato
3-4 volte (pesce azzurro, merluzzo, salmone, tonno); legumi 2-3 volte; formaggi
magri 1-2 volte; salumi 1-2 volte (prosciutto sgrassato crudo o cotto, bresaola);
uovo 1 volta.
• Condimenti: sale e condimenti con moderazione; preferire olio di oliva extravergine; insaporire con erbe aromatiche.
• Cottura: al vapore, al forno, in umido, con pentola antiaderente.
• Preferire l’acqua per dissetarsi
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Alimentazione: relazioni,
appartenenza
e modelli culturali
D.ssa Alessandra Tessoni
Psicologa - Responsabile Educazione alla salute A.U.S.L.
Metodologa Ufficio Formazione A.U.S.L.
Considerare l’educazione alimentare come educazione al benessere e al miglioramento
della qualità della vita nel rapporto con il cibo, significa avere una concezione assai più
ampia e ricca sia sul piano culturale che su quello esistenziale di quella corrente esclusivamente dietologica che troppo spesso risulta prescrittiva e di divieto. L’alimentazione
coinvolge la globalità dell’individuo e la trattazione dell’argomento “cibo” dovrebbe perciò rispettare quella complessità di aspetti che corrisponde alla complessità della persona. Il cibo come amico, come fattore socio culturale ricco e prezioso sotto tutti gli aspetti,
richiede una esplorazione più accurata e completa.
Dalla nascita dell’individuo il cibo ne percorre necessariamente l’esistenza: cibarsi è vita
fisica ed affettiva; il nutrimento, dalla nascita, ci permette di vivere fisicamente e sul piano
dell’affettività: da quel momento si stabilisce la relazione con il mondo esterno.
Dal modo con cui avviene la somministrazione di questa fonte di vita e di dipendenza
affettiva può dipendere la capacità del bambino di distinguere i propri bisogni. Infatti,
affinché il bambino possa sviluppare correttamente la propria autoconsapevolezza occorrono risposte appropriate ai segnali che invia attraverso il pianto o l’irrequietezza ed
anche attraverso l’eccessivo e passivo adeguamento.
Se al bisogno di nutrimento del bambino saranno offerti il seno o il biberon in modo sereno, tranquillo, affettuoso, rispettandone i tempi di poppata, il mondo diventerà per lui
un mondo amico, percepirà il proprio io con confini precisi e distinti da quel mondo “altro
da sé” e inoltre potrà distinguere la sensazione di “fame” come diversa dagli altri stati
di bisogno o tensione. Potrebbe invece risultare confusiva l’offerta indiscriminata di cibo
come risposta a qualsiasi segnale indicante altro bisogno. In questo senso sarà di massima importanza la capacità genitoriale di non assolutizzare il cibo quale risposta a qualsiasi richiesta o addirittura quale elemento compensativo per i propri eventuali sensi di colpa
che spesso si sviluppano per molteplici e diversi motivi: il tempo di lavoro che li allontana
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dal tempo dedicato ai figli, l’inserimento nelle scuole dell’infanzia ed altro ancora.
Serve, in questo caso che sia presente la capacità di valutare che ciò che importa è la
qualità relazionale del tempo dedicato piuttosto che la quantità. La qualità della relazione,
considerando il contesto “cibo”, si esprime anche nella cura con cui si preparano e predispongono i piatti offerti al bambino. Un piatto presentato il modo fantasioso, colorato,
profumato, non solo risulta più appetitoso, ma restituisce a chi lo riceve un’immagine
di sé stimata ed apprezzata, valutata positivamente, capace di stimolare attenzione ed
affetto. D’altra parte se il bambino consuma quel cibo volentieri e con atteggiamento
positivo, anche per chi lo ha preparato ed offerto vi sarà una restituzione gratificante. È
altrettanto rasserenante sia per il bambino che per gli stessi genitori conservare il rituale
della colazione nell’ambiente domestico, conosciuto e certo, portatore della consapevolezza della continuità del luogo e degli affetti nel nucleo primario che si ritrova quotidianamente e che fornisce sicurezza.
Questa certezza, così come quella del ritorno a casa, consentirà al piccolo di affrontare
in modo più aperto e senza paura di “abbandono” l’ambiente del suo primo mondo di
socializzazione e di confronto con nuove realtà: la scuola primaria.
La scuola riveste una insostituibile funzione di socializzazione anche sul piano alimentare;
infatti la mensa è spesso un’occasione unica per molti bambini per poter mangiare con
altri pari in età e con figure adulte di riferimento educativo/affettivo che rappresentano
un modello identitario. Il confronto con gli altri bambini e attraverso le spiegazioni fornite
dagli insegnanti è un’opportunità educativa per conoscere gli aspetti sensoriali e culturali legati all’alimentazione. Lo scambio interattivo di opinioni dei bambini tra di loro e
dei bambini con l’insegnante, diviene una preziosa esperienza di convivialità “educativa”; l’insegnante che abitua i propri studenti ad un continuo confronto tra sé e il mondo
esterno, tra ciò che si apprende e ciò che già è insito nel loro bagaglio esperienziale,
offre strumenti affinché frammenti di esperienza vengano ricondotti in modo armonico
al “tutto” della propria esistenza. Inoltre la presenza di bambini provenienti da altri paesi
è veramente una risorsa, perché diventa stimolo di conoscenza di appartenere a culture
diverse, ma anche, attraverso simboli diversi, di percorrere lo stesso cammino affettivo e
di ricerca/costruzione d’identità. Il cibo allora comincia ad essere riconosciuto nella magia che la cultura di appartenenza compie attraverso l’alchimia dei sapori; nella sapienza
delle cotture si riconosce la propria appartenenza, le emozioni legate ad essa, i propri
affetti. Vengono coinvolti la cultura, la relazione con se e con gli altri, le appartenenze e le
diversità, insomma, l’identità.
Il cibo è un rituale attraverso cui le persone si incontrano, si identificano, si sentono accettate e/o rifiutate. È un incontro/scontro con se stesse e con gli altri; è relazione.
Attraverso il cibo si manifestano malesseri, si compensano disagi, si segnalano rapporti
deficitarii o insoddisfacenti. In questo caso il rifiuto del cibo potrebbe essere indicatore
non tanto del rifiuto del cibo stesso, ma di chi lo prepara, di chi lo offre, di chi lo consuma
insieme a noi oppure il rifiuto di un’immagine di noi stessi non accettata. Al contrario, a
volte, il piacere della convivialità travalica la qualità del cibo che si consuma perché il
piacere di consumarlo con chi si ama e si apprezza e da cui ci si sente ugualmente amati
ed apprezzati spesso ci rende gradevoli anche cibi il cui gusto non ci soddisfa pienamente. Ogni pasto ha una sua sintassi, diversa da luogo a luogo e da cultura a cultura, ma
ispirata a codici precisi e a volte simili. Così, sedersi a tavola con chi porta con sé radici
ed appartenenze diverse, riconoscibili nei sapori che hanno seguito la sua identità, ci
aiuta al rispetto di chi, attraverso esperienze diverse, percorre lo stesso cammino di vita
e di affetti. In questo modo il mangiare accompagna il vivere tanto da poter identificare a
volte nell’abbandono del cibo, l’abbandono stesso della capacità conviviale e relazionale
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e contemporaneamente l’abbandono della gioia di vivere.
Serve prestare attenzione in queste nostre elaborazioni a chi soffre di allergie/intolleranze
alimentari; la prima raccomandazione si riferisce al loro contesto relazionale: è fondamentale che queste persone vengano prese in considerazione globalmente ed “assunte”
in relazione a tutti quegli aspetti della loro vita che subiscono mutamenti. Nel bambino
piccolo le connessioni psicologiche tra l’alimentazione e l’esperienza emotiva non sono
ancora strutturate profondamente, quindi il riadattamento alimentare è meno difficoltoso
che negli adolescenti e negli adulti. Presenta tuttavia difficoltà a volte intense soprattutto
nel confronto con gli altri bambini poiché emerge la possibilità di “soffrire la diversità”
con relativo pericolo di trasgressioni attraverso la concessione di cibi proibiti. Con questi
confronti non è facile appellarsi alla capacità razionale del bambino piccolo di valutare il
pericolo a cui si va incontro gustando “cibi proibiti”. Una delle possibilità in questa, fascia
d’età, è di attivare una rete di consapevole sostegno, costituita da tutto il mondo relazionale del bambino: genitori, insegnanti, compagni ed amici, genitori dei compagni e degli
amici e tutti gli altri vicini a lui.
Sia per quanto riguarda la filosofia con cui serve trattare il problema di salute che ci impedisce di assaggiare ciò che vogliamo, sia per quanto riguarda la filosofia attraverso cui
la parola dieta deve essere intesa nel senso più completo del “modo di vivere”, è utile
pensare che uno degli obiettivi di salute è la capacità di convivere con se stessi e anche
con le proprie eventuali difficoltà valorizzando a pieno,comunque, in ogni caso, il proprio
vivere.
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Alimentazione
in età evolutiva
Maurizio Vanelli, Chiara Scarabello
Scuola di specializzazione in Pediatria
Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Parma
Negli ultimi anni si sta diffondendo maggiormente la cultura della nutrizione e della prevenzione di alcune patologie attraverso una corretta alimentazione, soprattutto in età evolutiva. Un’alimentazione bilanciata è infatti necessaria in questo peculiare periodo della
vita per garantire un accrescimento corporeo normale ed armonico e prevenire eventuali
stati patologici come la magrezza o l’eccesso ponderale, dovuti a un apporto alimentare
non adeguato. Le sostanze alimentari di cui un organismo ha bisogno per il normale
sviluppo e il mantenimento di uno stato di buona salute sono dette “nutrienti”. I nutrienti
fondamentali si dividono in macronutrienti e micronutrienti. Del primo gruppo fanno parte
i carboidrati (C.I.), le proteine e i lipidi che svolgono principalmente una funzione energetica, mentre per micronutrienti si intendono i minerali come calcio, ferro, fosforo e iodio,
che hanno invece una funzione plastica-costruttiva, e le vitamine (A, B1- B12, PP, C, D3)
che rivestono un ruolo protettivo o bioregolatore.
Il fabbisogno energetico giornaliero, cioè la quantità di calorie che un essere umano dovrebbe assumere giornalmente per svolgere le sue tipiche funzioni, varia molto durante
l’età evolutiva. Nei bambini dai tre a sei anni è di 1400-1500 kilocalorie (Kcal), tra i 7 e i
10 anni è di 1700-1800 Kcal mentre dagli 11 ai 13 anni è di 2200-2300. La kilocaloria è l’
unità di misura del potere calorico degli alimenti ed è definita come la quantità di calore
necessaria per elevare da 14,5 a 15,5 °C un litro d’acqua. Per un’alimentazione corretta
è importante che l’apporto di macronutrienti sia bilanciato in modo tale che il 60% della
quota di alimenti introdotti sia rappresentata da C.I., il 25% da lipidi e il restante 15% da
proteine. È inoltre necessario che le calorie introdotte siano distribuite in base alle diverse
esigenza energetiche dei vari momenti della giornata secondo il seguente schema: a colazione dovrebbe essere introdotto il 20% del fabbisogno energetico giornaliero, ai pasti
principali, cioè a pranzo e a cena, il 30%, mentre gli spuntini di metà mattina e di metà
pomeriggio dovrebbero essere pari al 10%.
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I C.I. sono composti chimici detti anche glucidi o zuccheri o idrati di carbonio in quanto
i più semplici hanno un rapporto idrogeno ossigeno simile a quello dell’acqua (CH2O)n.
Ogni grammo di carboidrati fornisce 4 Kcal. Sulla base della struttura chimica possono
essere distinti in C.I. semplici o complessi. I C.I. semplici o monosaccaridi sono sostanze
quali il glucosio, forma in cui devono essere trasformati tutti gli altri C.I. prima di essere
utilizzati dall’organismo, il fruttosio, contenuto nella frutta e nel miele, e il galattosio, contenuto nel latte. I C.I. complessi comprendono i disaccaridi, quali il saccarosio, costituito
da fruttosio e glucosio e contenuto nella barbabietola e nella canna da zucchero, il maltosio, costituito da 2 molecole di glucosio e derivante dalla scissione dall’amido, ed il lattosio costituito da galattosio e glucosio e contenuto nel latte. Gli oligosaccaridi sono C.I.
complessi costituiti da meno di dieci molecole di monosaccaride come le maltodestrine,
carboidrati a lento rilascio utilizzati quali integratori energetici a utilizzo non immediato.
L’ultima categoria di C.I. sono i polisaccaridi, carboidrati costituiti da più di 10 molecole
di monosaccaride e rappresentati da amido, glicogeno, cellulosa e inulina. Durante la
digestione i carboidrati vengono divisi in unità più semplici (monosaccaridi) in grado di
essere assorbite dall’intestino e passare nel circolo sanguigno. L’utilizzo dei carboidrati
da parte dei tessuti, in particolare fegato e tessuto muscolare, è reso possibile dall’azione
dell’insulina, un ormone peptidico prodotto dal pancreas, il cui principale effetto metabolico è proprio quello di favorire l’ingresso del glucosio nelle cellule. Una particolare classe
di carboidrati complessi è rappresentata dalle fibre, che si dividono in solubili (pectine,
gomme, mucillagini, galattomannani) ed insolubili (cellulosa, emicellulosa, lignina) e che
pur non essendo assorbite dal tratto gastrointestinale svolgono un ruolo importante nell’alimentazione in quanto migliorano il senso di sazietà e favoriscono la motilità intestinale. Per questo motivo se ne raccomanda l’assunzione giornaliera di almeno 0,5 grammi
per kilogrammo di peso corporeo ideale. I C. I. possono essere classificati anche in base
all’indice glicemico, che è la capacità di un determinato carboidrato di alzare la glicemia
dopo il pasto rispetto a uno standard di riferimento che è il glucosio puro. I carboidrati
semplici hanno un elevato indice glicemico in quanto si dissociano rapidamente e provocano una rapida salita della glicemia con un conseguente aumentato fabbisogno insulinico. Quelli complessi, contenuti in alimenti come la pasta, il riso, il pane, hanno invece
un basso indice glicemico perché si dissociano lentamente e assicurano un prolungato
rilascio di energia, aumentando il senso di sazietà.
I lipidi sono sostanze organiche insolubili in acqua che costituiscono un’importante riserva energetica (1 g fornisce circa 9 Kcal); inoltre sono componenti fondamentali delle
membrane cellulari in tutti i tessuti (sono contenuti in alta percentuale nel cervello e nei
nervi) e sono precursori di sostanze regolatrici del sistema cardiovascolare, della coagulazione del sangue, della funzione renale e del sistema immunitario come prostaglandine,
trombossani, prostacicline e leucotrieni. I lipidi sono costituiti da lunghe catene di idrocarburi, vengono classificati in tre gruppi principali: i lipidi semplici o trigliceridi, costituiti
da glicerolo e acidi grassi, lipidi composti rappresentati da fosfolipidi e lipoproteine (HDL,
LDL), colesterolo e acidi grassi saturi ed insaturi. Gli acidi grassi vengono definiti saturi
quando la loro struttura chimica non contiene doppi legami, insaturi se sono presenti
uno o più doppi legami. La presenza o meno dei doppi legami è importante, in quanto è
dimostrato che gli acidi grassi saturi, di prevalente origine animale e contenuti in burro,
margarina, formaggi e carne, aumentano il livello di colesterolo e di lipoproteine LDL
nel sangue, favorendo il processo aterosclerotico. Gli acidi grassi insaturi, di prevalente
origine vegetale e contenuti in olio di oliva e pesce o frutta in guscio, tendono invece a
fare diminuire questi livelli. Alcuni acidi grassi poliinsaturi sono definiti essenziali perché
non possono essere sintetizzati da mammiferi è importante che uno schema alimentare
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corretto tenga conto della necessità di assumere quantità adeguate di alimenti che li
contengono. Gli acidi grassi essenziali sono generalmente suddivisi in due classi, ω-3 ed
ω-6, a seconda della posizione del loro primo doppio legame nella porzione metilica della
molecola. Gli acidi grassi capostipite dei due gruppi sono l’acido linoleico (ω-6), contenuto in oli vegetali e verdure, e l’acido α-linolenico (ω-3), contenuto nel pesce. Il National
Institutes of Health (NIH) ha osservato che il salmone, in particolare quello norvegese,
è il pesce più ricco di acidi grassi ω-3 (acidi eicosapentaenico e dicosessaenico) e che
un’adeguato apporto di tale alimento favorisce notevolmente lo sviluppo intellettivo oltre
ad essere efficace nella correzione dei bambini con problemi di iperattività a deficit di attenzione. Un carente apporto da parte della madre di alimenti contenenti acidi grassi ω-3
sembrerebbe invece portare alla nascita di figli con quoziente intellettivo più basso e con
deficit motori. La Food and Drug Administration ha poi stabilito che il salmone norvegese
è il pesce contenente il minor quantitativo di mercurio. L’assunzione giornaliera raccomandata di lipidi varia in base all’età, in particolare da 0 a 6 mesi i lipidi dovrebbero rappresentare il 50% delle calorie totali introdotte, da 6 mesi a 2 anni in 35-40%, dai tre anni
all’adolescenza il 30% e il 25% nel soggetto adulto. Dato l’elevato contenuto energetico
di questo tipo di macronutrienti è importante non eccedere nell’assunzione, soprattutto
perché i cibi più appetibili sono in genere ad elevato contenuto di lipidi.
Le proteine sono composti organici tra i più complessi, costituenti fondamentali di tutte le
cellule animali e vegetali, hanno un potere calorico di 4 Kcal per grammo e sono formate
da catene di α-aminoacidi legati tra loro dal legame peptidico. In natura esistono molti
aminoacidi, ma solamente venti sono coinvolti nella sintesi proteica. Anche se a livello
cellulare tutti e venti questi aminoacidi devono essere contemporaneamente presenti,
solo nove devono essere introdotti preformati con gli alimenti in quanto l’organismo non
è in grado di sintetizzarli. Questi nove aminoacidi vengono pertanto definiti aminoacidi
essenziali (AAE). Essi sono: valina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano e istidina. Il valore biologico (VB) è un parametro che esprime la capacità
di una proteina di soddisfare le necessità proteiche dell’organismo, fornendo a esso gli
amminoacidi necessari per i processi di sintesi ed è indicato da una percentuale che dipende dalla composizione in amminoacidi della proteina, in particolare, è più alta quanto
più elevato è il contenuto in amminoacidi essenziali. Il VB più alto in assoluto è assegnato
alle uova (94); hanno valori decrescenti il latte di mucca (84), il pesce (80), la carne di
vitello (74), il seme di soia (73) e il frumento (65). Il fabbisogno proteico giornaliero nelle
varie età varia da circa 2 grammi per kilogrammo di peso da 0 a 6 mesi a 0,95 grammi per
kilogrammo nel soggetto adulto.
Tra i micronutrienti il calcio è un minerale fondamentale per l’accrescimento osseo, contenuto nell’organismo per il 99% in ossa e denti e per l’1% in tessuti molli e nei fluidi extracellulari. La massa minerale ossea aumenta nella colonna vertebrale di 5 volte durante
la pubertà, comportando un aumento del fabbisogno di calcio nella fascia dai 10 ai 14
anni nei soggetti di sesso femminile e dai 12 ai 17 anni nei maschi. I fattori ormonali che
intervengono nell’età puberale comportano nei maschi un fase di aumento della massa
minerale ossea è più lungo, con conseguente necessità di adeguare l’alimentazione per
garantire un introduzione di calcio adeguata a supportare l’accrescimento osseo. I fabbisogni di calcio consigliati in età evolutiva sono negli USA di 350 mg/die da 1 a 3 anni e
1300 mg/die da 7 a 10 anni.
Un alimento ricco di calcio è il latte, che contiene 180 mg ogni 150 grammi. L’alimentazione mediterranea, in particolare nella zona di Parma, mette a disposizione un alimento, il
parmigiano, che è estremamente ricco di calcio, contenendo 1340 mg di calcio ogni 100
grammi, a fronte ad esempio di soli 403 mg/100gr contenuti nella mozzarella. Sarebbero
27
sufficienti il consumo abituale di poche scaglie di parmigiano per garantire un adeguato apporto di calcio, soprattutto per far fronte al diminuito consumo di latte che si sta
osservando negli ultimi anni, sostituito purtroppo da bevande, prevalentemente gasate
e dietetiche, a cui sarebbero da preferire invece succhi di frutta, il cui consumo appare
invece stabile nel tempo.
Il ferro è un micronutriente importante per la vita in quanto serve per il trasporto dell’ossigeno nel sangue, per tenerlo depositato nei muscoli, per l’attività respiratoria cellulare, per la replicazione cellulare e per costruire la struttura di tessuti ed organi. Esistono
condizioni in cui il fabbisogno di ferro è aumentato e queste sono l’accrescimento e l’età
fertile per la perdita durante il ciclo mestruale. Pertanto i fabbisogni giornalieri sono di
circa 12 mg nei maschi e nelle donne non mestruale mentre salgono a 18 mg nelle donne
mestruale. A differenza di quanto si crede comunemente gli spinaci non sono l’alimento
più ricco di ferro, che è contenuto nella quantità di 3 mg ogni 100 g. L’alimento più ricco
è invece il tuorlo dell’uovo che contiene 7,5 mg di ferro ogni 100 g; l’uovo quindi, contenendo anche proteine ad alto valore biologico, può essere assunto anche due volte la
settimana, anche in considerazione del fatto che le attuali tecniche di allevamento prevedono l’utilizzo di mangimi tali da ridurre il contenuto di colesterolo nelle uova.
Un micronutriente fondamentale per la vita è il sodio, che svolge un’azione di regolazione
dell’equilibrio acido-base e del bilancio idrosalino ed è fondamentale per il funzionamento del sistema nervoso. Il nostro organismo elimina quotidianamente 0,1-0,6 g di
sodio (Na) al giorno ma non occorre integrare la dieta con il sale perché il Na contenuto
in natura negli alimenti copre adeguatamente le richieste dell’organismo. Il consumo eccessivo di sale invece favorisce l’instaurarsi di ipertensione arteriosa, aumenta il rischio
di carcinoma gastrico e favorisce la perdita urinaria di calcio e quindi aumenta il rischio
di osteoporosi.
Nonostante la maggiore attenzione rivolta ad argomenti di nutrizione ancora un rilievo non sufficiente viene attualmente dato alla sicurezza alimentare, cioè alla disciplina
scientifica che descrive la gestione, preparazione e la conservazione degli alimenti con
l’obiettivo di prevenire le malattie a trasmissione alimentare. A tale proposito è opportune
ricordare che dal 1995 ogni anno nell’Unione Europea vengono segnalate 130 milioni di
malattie dovute alla contaminazione degli alimenti. La contaminazione può essere di tipo
microbiologico, dovuta a batteri patogeni (salmonella, stafilococco, escherichia coll e
altri), funghi (micotossine, aflatossine), lieviti, virus, protozoi, oppure di tipo chimico per il
trattamento improprio dell’ alimento (antibiotici, fertilizzanti, metalli) o infine di tipo fisico,
ad esempio per il contatto con sassi, terriccio, vetro, oggetti vari.
La contaminazione può avvenire ad ogni tappa dalla filiera, per questo è necessario che
per ogni alimento sia garantita la tracciabilità, che sia cioè possibile l’identificazione di
tutte le aziende coinvolte nel processo di produzione di un dato prodotto alimentare, dalla produzione primaria, all’industria di trasformazione, alla commercializzazione. Questo
permette al consumatore di riconoscere le responsabilità di tutti i soggetti che contribuiscono all’ottenimento del prodotto alimentare e di conoscere la provenienza di tutte le
materie prime che costituiscono i prodotti, i metodi di produzione, i processi di lavorazione e le modalità di trasporto adottate. Su ciascuna confezione di prodotti alimentari sono
riportati a tale scopo una serie di dati e codici che il consumatore dovrebbe imparare a
conoscere. Tuttavia è importante ricordare che uno dei luoghi dove più frequentemente
avviene la contaminazione alimentare è proprio l’ambiente domestico per la scarsa igiene
dei luoghi dove vengono conservati gli alimenti (ad esempio frigoriferi) o per scorrette
abitudini quali quella di tenere i contenitori per i rifiuti in cucina, che è proprio il luogo
dove avviene la preparazione degli alimenti.
28
Un ultimo argomento di assoluta importanza quando si parla di alimentazione è quello
dell’acqua. L’organismo umano è costituito d’acqua per quasi tre quarti, il cervello è
formato dal 75 all‘ 85 per cento d’acqua mentre i muscoli ne contengono il 70 per cento.
Il nostro organismo perde acqua continuamente: attraverso la cute e la respirazione perdiamo normalmente circa un litro di acqua al giorno, un altro litro e mezzo o più può essere eliminato dai reni e dall’intestino. L’acqua eliminata nella sudorazione, e anche nelle
lacrime, deve essere aggiunta al totale normale di 2 litri e mezzo d’acqua che si devono
sostituire ogni giorno per mantenere l’equilibrio dei liquidi nel corpo. Circa un terzo dell’acqua di cui abbiamo bisogno viene dai cibi “solidi” che mangiamo (principalmente frutta, verdura). Anche il pane è per circa un terzo costituito da acqua. La quantità giornaliera
di acqua da assumere può variare con il clima, lo stile di vita, l’età, l’alimentazione. Una
persona sana dovrebbe bere come minimo da otto a dieci bicchieri d’acqua al giorno, che
corrispondono a circa 2 litri - 2 litri e mezzo ed è opportuno non superare i tre litri complessivi al giorno perché troppa acqua, specie se oligominerale, fa male perché depura,
ma proprio per questo può provocare una perdita eccessiva di oligoelementi, necessari
per le funzioni vitali, soprattutto se non si riesce a integrare la perdita di oligoelementi con
porzioni di frutta e verdura.
29
Alimentazione e attività
motoria: rilevazione e
standardizzazione dei dati
biometrici ed antropometrici
Marco Vitale
Centro Interdipartimentale di Morfologia, Biometria
e Composizione Corporea (CMBC);
Dipartimeto di Anatomia, Farmacologia
e Scienze Medico Forensi, Università di Parma.
Lo stile di vita è caratterizzato da un comportamento che assume aspetti abituali, che
possono riguardare l’alimentazione e l’attività motorio-sportiva. In età infantile, le abitudini che riguardano questi aspetti diventano predittive di costituzione, composizione
corporea e rischio di patologie quali ipertensione, infarto, diabete tipo II, obesità. I fattori
correlati con l’accrescimento possono avere un forte impatto sulla composizione corporea, che a sua volta puo’ influenzare l’accrescimento.
L’antropometria si occupa delle misurazione del peso, delle dimensioni, proporzioni e
composizione corporea e delle loro variazioni nelle differenti età ed in diverse condizioni
di nutrizione. È quindi assimilabile ad una “anatomia quantitativa”, scienza non statica ma
dinamica e soggetta a variazioni nel tempo.
Poichè l’antropometria riguarda lo studio della costituzione umana durante tutte le età,
le misurazioni ed i dati ottenuti da queste dovranno essere adeguate al tipo di individuo
in esame. Di conseguenza, vi saranno diversi approcci di studio a seconda che si valuti
un neonato, un bambino o un adulto. Il metodo più semplice si basa su misure assolute,
come statura, peso, circonferenze, e su rielaborazioni di queste, cioè indici (schelico,
ponderale, di massa corporea, ecc.). In particolare, l’indice di massa corporea (BMI) è
un fattore importante nella prevenzione, soprattutto rispetto al rischio di obesità, durante
l’accrescimento. Infatti, il BMI È attualmente l’indice comunemente utilizzato per valutare
la sotto- e la sovra-nutrizione e per predire approssimativamente la composizione corporea.
BMI. Il BMI permette di ottenere una valutazione della massa corporea in toto, non distinguendo, ad esempio, la massa grassa e la massa magra. Viene calcolato come rapporto
tra peso e quadrato dell’altezza (BMI = Peso (Kg) / [Altezza (m)]2)
Vinner et al. (1) hanno recentemente dimostrato, su una popolazione di 4461 soggetti va30
lutati a 16 e 30 anni, che il BMI è modificato negativamente da una cattiva alimentazione
e dalla sedentarietà, mentre è modificato positivamente dall’attività motoria prevista nella
programmazione didattica, suggerendo che l’attività motoria programmata e guidata da
tecnici specializzati abbia un effetto maggiore. Questo aspetto è in accordo con un nostro
studio (2) effettuato in collaborazione con l’Assessorato alle Attività Motorie del Comune
di Parma, dove sono stati dimostrati gli effetti positivi sulle capacità condizionali e coordinative di un programma specifico di attività motoria a livello della scuola primaria. Il BMI
ha il limite di non entrare nel dettaglio della composizione corporea: poiché la quantità di
grasso e la sua distribuzione nei distretti corporei è strettamente associata con lo stato di
salute, la composizione corporea è divenuta oggetto di continue ricerche. Con lo sviluppo
della tecnologia d’immagine si È potuto studiare nel dettaglio la composizione corporea
dell’individuo e, parallelamente, si È rilevata sempre più la necessità di strumenti semplici
di utilizzazione routinaria.
Composizione corporea. La massa corporea totale puo’ essere vista come la sommatoria quantitativa delle componenti corporee dei vari compartimenti, molecolare, cellulare,
tissutale, ecc.
La misurazione diretta della composizione corporea nel vivente non è possibile, per cui
sono stati sviluppati vari metodi indiretti, di cui i più semplici si basano sul modello a due
compartimenti (massa magra e massa grassa).
Questi si basano sull’assunzione che ogni componente ha densità e composizione costante in ogni individuo. Dal valore percentuale della massa grassa (FM), ricavato mediante specifici strumenti e formule, moltiplicato per il peso corporeo si ottiene il valore in chili
del grasso corporeo. Sottraendo quest’ultimo valore dal peso totale e si ottiene il valore
in chili della massa magra (FFM):
FM = % FM x Peso
FFM = PESO - FM
Sommariamente, il grasso corporeo è distribuito in tre diverse sedi: sottocutaneo, viscerale, strutturale. Il grasso strutturale rappresenta tendenzialmente una proporzione fissa
e molto modesta, mentre la quantità e la proporzione tra i primi due depositi varia, in
funzione di diversi parametri quali l’età, il sesso, l’etnia, lo stato di forma fisica (atleti o sedentari). I metodi di misurazione della composizione corporea richiedono strumentazioni
di laboratorio e, sulla base di alcuni assunti teorici, giungono alla determinazione della
percentuale di grasso corporeo, convertendo la misurazione della densità corporea (D) in
percentale di massa grassa. Le formule comunemente più utilizzate sono state sviluppate
su studi autoptici, che hanno permesso fisicamente la scomposizione della massa magra
da quella grassa.
Le più note sono:
• equazione di Siri (1956): FM % = (4.95 / D – 4.5) %
• equazione di Brozek (1963): FM % = (4.57 / D – 4.142) %
Dove i valori 4.95 e – 4.5, 4.57 e – 4.142, sono ricavati, appunto, da misure autoptiche.
Alcuni strumenti per ricavare D sono: DEXA, pesata Idrostatica, Bod Pod, biompedenziometria e misurazioni antropometriche assolute associate alla plicometria.
DEXA. Si basa sul principio dell’attenuazione differenziale di un fascio di raggi X a due
livelli energetici al passaggio attraverso i tessuti.
L’intensità del raggio dopo il passaggio attraverso il corpo è correlato a spessore, densità
e composizione del corpo in esame. Inoltre essa si basa sul principio che la composizione
somatica riconosca 3 componenti: tessuto adiposo, tessuto muscolare e tessuto osseo.
31
La DEXA permette di effettuare una valutazione ponderale e percentuale della massa
magra e della massa grassa nei differenti distretti corporei associata alla determinazione
di zone con accumulo di grasso e allo stato di mineralizzazione ossea selettiva nei diversi
distretti corporei. È considerata la metodica di riferimento
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VANTAGGI:
Non richiede una particolare preparazione del soggetto
Richiede circa 15 min per produrre un’immagine dei tessuti
La dose di radiazione per ogni esame è minima (assenza di rischi per il soggetto
in esame e per l’operatore)
LIMITI:
talvolta sono state descritte variazioni strumentali
alto costo della strumentazione
PESATA IDROSTATICA (Idrodensitometria). Si basa sul principio di Archimede; ossa e
muscoli sono più densi dell’acqua (DFFM = 1.1 g/ml), per cui una persona con alta percentuale di massa magra peserà maggiormente in acqua, mentre l’alta percentuale di massa
grassa renderà il corpo meno pesante in acqua, poichè il tessuto adiposo è meno denso
dell’acqua (DFM = 0.9 g/ml).
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VANTAGGI:
Accurato e riproducibile
Considerato da molti ricercatori come il “golden standard”
LIMITI:
L’accuratezza dipende dalla capacità del soggetto in esame di espirare profondamente
Richiede molto spazio ed equipaggiamento adeguato
L’immersione può risultare difficoltosa per alcuni soggetti
BodPod (pletismografia). Il volume di un oggetto è misurato indirettamente come spostamento d’aria in una camera chiusa, dove l’aria dentro la camera è misurata in base alle
leggi dei gas. Secondo la legge di Boyle, a temperatura costante, il volume e la pressione
sono inversamente correlati (P1/P2 = V2/V1).
Per mantenere costante la temperatura è quindi necessario un sistema adiabatico, per
cui secondo la legge di Poisson P1/P2 = (V2/V1)g, dove g aria = 1.4
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VANTAGGI:
Rapido (circa 5 min)
Accurato e riproducibile
Adatto ad ogni tipo di soggetto in esame (bambino, obeso, anziano, disabile)
LIMITI:
Lo stato di idratazione e la temperatura corporea possono interferire con il risultato
Il soggetto deve rimanere immobile e respirare regolarmente, ogni variazione
anche minima può interferire con il risultato
Molto costoso
BIOIMPEDENZIOMETRIA. Si basa sul principio delle diverse proprietà conducenti dei
tessuti: il tessuto adiposo è un cattivo conduttore di elettricità, in quanto contiene pochi
elettroliti. Al soggetto in esame viene applicata una corrente elettrica impercettibile, a
basso voltaggio, a singola frequenza (50 kHz) o a frequenze multiple. La massa grassa
interferisce col passaggio della corrente: misurando la resistenza (R) della corrente è
possibile ricavare la % di massa grassa.
R = rL/A
Dove L e A corrispondono rispettivamente alla lunghezza e alla sezione del conduttore.
Di conseguenza si ricava il volume (V), dove
V = rL2/R.
Adattando la formula al corpo umano si ottiene:
V = 2(rL2/R)arto sup + 2(rL2/R)arto inf + (rL2/R)tronco
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VANTAGGI:
Non invasivo
Non richiede particolari capacità tecniche
Rapido (circa 5 min)
Piccole dimensioni (trasportabile)
Economico
LIMITI:
Ampio range di errore
Tende a sovrastimare i soggetti magri ed a sottostimare gli obesi
Dipende da numerose variabili difficilmente controllabili (alimentazione, idratazione, ecc.)
Misurazioni antropometriche assolute e plicometria. Le misurazioni antropometriche
assolute rispondono allo scopo di valutare la costituzione individuale mediante misurazioni anatomiche basate su punti di repere fissi (scheletrici), mentre la plicometria misura
direttamente lo spessore in mm di alcune pliche cutanee consentendo, mediante equazioni di predizione calcolate su parametri di misurazione esterna, di stimare la quantità di
tessuto adiposo corporeo totale.
Gli strumenti utilizzati nelle misure antropometriche devono essere estremamente precisi,
al fine di ridurre al minimo l’errore associato alla rilevazione per poter ottenere dati affidabili e paragonabili nel tempo per uno stesso individuo o fra diversi soggetti. Lo strumentario antropometrico di base consiste in: statimetro, bilancia, antropometro (o calibro),
nastro metrico e plicometro.
Nella misurazione dello spessore in mm di alcune pliche cutanee, l’assunto di base è che
il grasso sottocutaneo rappresenti il 50% del grasso corporeo totale. Lo spessore delle
pliche (per la cui misurazione si rinvia a specifici testi), attraverso equazioni di predizione,
consente di stimare la quantità di tessuto adiposo corporeo totale. Si risale al valore di
densità corporea (D) utilizzando equazioni specifiche, che si basano sui risultati della
plicometria:
• Plicometria secondo Durnin e Rahaman (4 pliche)
D = 1.1610 – 0.0632X (maschi)
D = 1.581 – 0,072X (femmine)
Dove X corrisponde al logaritmo della somma delle pliche
• Plicometria secondo Jackson e Pollock (3 o 7 pliche)
Uomini = 1.112 – (434,99 x 10-6 x S) + (0.55 x 10-6 x S2)- (288,26 x 10-6 x ETA’)
Donne = 1.097 – (469,71 x 10-6 x S) + (0.56 x 10-6 x S2)- (128,28 x 10-6 x ETA’)
Dove S è la somma aritmetica dello spessore delle pliche cutanee
33
Applicando poi l’equazione di Siri si ottiene la %FM.
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VANTAGGI:
Non invasivo
Sufficientemente accurato e riproducibile
Adatto ad ogni tipo di soggetto in esame (bambino, obeso, anziano, disabile)
Economico e pratico
LIMITI:
Lo spessore della plica è dato anche dallo spessore dei tegumenti e dal loro
grado di idratazione
La distribuzione del grasso sottocutaneo varia a seconda delle regioni anatomiche
La comprimibilità della cute e del sottocutaneo non è costante
Nella valutazione della composizione corporea la DEXA È una tecnica estremamente precisa, considerata la tecnica elettiva, ma non è facilmente accessibile per cui si è reso
necessario validare sistemi di più largoa utilizzazione. A tale scopo, in uno studio effettuato sulla valutazione della composizione corporea in atleti di alto livello (3), sono state
messe a confronto con la DEXA le tecniche di bioimpedenziometria e di plicometria. Da
questo studio è emerso che, se eseguito correttamente, il metodo della plicometria risulta
più significativo del metodo bioimpedenziometrico, suggerendo la possibilità di applicare
metodiche di ampia accessibilità, sia relativa alla trasportabilità degli strumenti che al loro
costo, conservando una sufficiente accuratezza e riproducibilità del dato.
BIBLIOGRAFIA
1. Viner RM, Cole TJ. Who changes body mass between adolescence and adulthood? Factors predicting change in BMI between 16 year and 30 years in the
1970 British Birth Cohort. Int J Obes (Lond). 2006 Sep;30(9):1368-74.
2. Chiodera P, Volta E, Gobbi G, Milioli MA, Mirandola P, Bonetti A, Delsignore
R, Bernasconi S, Anedda A, Vitale M. Specifically designed physical exercise
programs improve children’s motor abilities. Scand J Med Sci Sports. 2008
Apr;18(2):179-87.
3. Houtkoopr L, Mullins VA, Going SB,
Brown CH, Lohman
TG. Body composition profiles of elite
American
heptathletes. Int J Sport Nutr
Exerc Metab. 2001
Jun;11(2):162-73.
34
I benefici dell’attività fisica
in età evolutiva
proposte didattico formative
Prof. Elio Volta
Coordinatore Progetto “1…2…3…Via!”
Ufficio Scolastico Provinciale
Professore a contratto Corso di Laurea
Scienze delle Attività Motorie
Prendendo in considerazione le ore di attività motoria svolte dai nostri figli all’interno dell’organizzazione scolastica, l’Italia ha un triste primato: è la nazione in Europa che dedica
meno ore complessive a questa fondamentale attività.
Oggi le istituzioni non garantiscono il diritto del bambino della scuola primaria di svolgere
l’educazione fisica con un docente ISEF o laureato in Scienze Motorie.
Grazie a “1...2...3...Via!” progetto nato sei anni fa da una collaborazione tra l’ USP, il Comune di Parma ( Assessorati Servizi Educativi – Attività Motorie e Sportive), l’Università
agli studi di Parma, il CONI Comitato Provinciale e Barilla, oltre 7000 bambini delle cinque
classi di scuola primaria possono avere, ogni anno per 2 ore settimanali , la possibilità
di seguire un programma di Educazione motoria, teorica e pratica, in adeguati spazi e
strutture.
Da una recente indagine sulla partecipazione pomeridiana ad una pratica sportiva extrascolastica, si può notare che a Parma, fortunatamente , oltre il 50-80% dei bambini (a
seconda dell’età presa in considerazione) frequenta un campo o una palestra per 1-3 ore
settimanali, anche se è da sottolineare il preoccupante abbandono precoce dell’attività
già rilevato tra la quarta e la quinta elementare.
Se l’intervento settimanale relativo al progetto 1..2..3...Via! e la pratica di uno sport “organizzato” in questa età sono importanti, ancora di più lo è il movimento spontaneo e
la pratica di giochi di movimento. Frequentare un “corso” 2-3 volte a settimana non è
sufficiente a controbilanciare gli effetti negativi dei momenti di “sedentarietà” nel resto
della giornata del bambino.È importante che la società, e per essa la scuola, promuova
complessivamente la pratica di movimento.
Il gioco deve tornare ad essere il “lavoro” dei bambini.
Partendo dal semplice presupposto che “sedentari non si nasce”, sappiamo che i fattori
che determinano il movimento sono certamente correlati alle caratteristiche innate e ge35
neticamente definite, ma anche e soprattutto alle abitudini di vita, alle quantità e qualità
delle esperienze fatte.
L’ attitudine al movimento è quindi senza dubbio modificabile ed educabile.
E in tema di educazione non bisogna dimenticare che l’adulto per il bambino è un modello da osservare e imitare, da cui trarre indicazioni per la conoscenza di se stessi.
L’adulto “significativo” influenza spesso il coinvolgimento, nel tempo, degli stessi bambini nelle attività fisiche e motorie, incidendo sui tre momenti principali dell’attività sportiva:
l’inizio, il mantenimento, l’abbandono.
Per la buona riuscita in ambito educativo occorre sicuramente mettere in campo un buon
lavoro di equipe (maestro, consulente, formatore) dove il ruolo del maestro risulta essere
certamente fondamentale.
Il maestro, infatti, oltre alla grande e profonda conoscenza dei bambini, possiede da
sempre capacità didattiche interdisciplinari, tiene i rapporti con le famiglie, ha un contatto
quotidiano con i bambini.
Il consulente di educazione motoria , oltre a possedere la conoscenza specifica della
disciplina e le capacità didattiche relative alla disciplina stessa, dimostra una grande
motivazione finalizzata alla buona riuscita del progetto, oltre ad avere un grande carisma
e “fascino” sui bambini, caratteristici e tipici della figura professionale.
Il ruolo del maestro risulta essere comunque decisivo e non secondario al fine di rinforzare quotidianamente i concetti proposti dagli istruttori–consulenti di 1..2..3..Via!
Da non sottovalutare l’importanza della formazione : atteggiamenti, false credenze, stereotipi continuano ad avere, ancora oggi, un peso rilevante nel percorso di partecipazione
sportiva, influenzandolo non solo in termini di maggiore o minore frequentazione da parte
dei bambini.
Rivestono un ruolo determinante i corsi di formazione rivolti a insegnanti e genitori che
mirano a migliorare lo stile educativo da questi utilizzato con i bambini.
Per ottimizzare al massimo risorse e tempi occorre conoscere e confrontarsi sui reali bisogni dei docenti, sulle tematiche da trattare, prendendo in considerazione suggerimenti
emersi da progetti e corsi di formazione precedenti, richieste, esigenze, consigli, curiosità, proposte ed esperienze positive vissute dalle singole scuole.
LE COMPONENTI FORMATIVE DEI PROGETTI
Il progetto prevede l’educazione motoria dei bambini proposta in primis a scuola, per
poi diventare momento indispensabile della loro quotidianità con il fine di sviluppare nel
bambino la cultura dell’ attività motoria, e, novità di quest’anno, l’educazione alimentare,
con l’obiettivo di trasferire le conoscenze nutrizionali dalla scuola alla famiglia.
La giusta combinazione fra corretta attività motoria ed una alimentazione equilibrata sono
la base per il raggiungimento del benessere dei nostri bambini; non è più possibile separare questi importanti “momenti educativi”.
Se l’attività fisica può avere una grande valenza educativa nell’ apprendimento di corrette abitudini alimentari, nessun percorso educativo alimentare può oggi prescindere dalla
promozione di una adeguata attività motoria.
L’obiettivo primario e fondante risulta essere quello di far crescere bene i nostri bambini,
in allegria e movimento attraverso l’educazione al benessere inteso come abbinamento
tra sano movimento e una corretta alimentazione.
La famiglia spesso delega l’educazione motoria dei figli in primis alla scuola, e anche
alle associazioni sportive: con i progetti del Comune di Parma “Crescere in Armonia”
,“1..2..3..Via!”, “EducaSport”, “Diritto allo Sport” si sostengono le scuole primarie nell’in36
segnamento dell’educazione motoria, e nell’organizzazione di corsi sportivi pomeridiani
qualificati, con un particolare sostegno economico alle famiglie più bisognose.
A differenza dell’ambito motorio sportivo, la famiglia è responsabile dell’educazione alimentare dei propri figli, e non vuole delegare tale compito alla scuola se non per insegnamenti non conflittuali con il suo ruolo: per aiutare e sostenere questo importante percorso,
il Comune di Parma organizza, in collaborazione con importanti partners istituzionali del
territorio (Barilla, Ufficio Scolastico Provinciale, Azienda USL, Università) incontri sull’alimentazione dei bambini con i genitori, veicolando inoltre ai bambini stessi solo semplici
principi nutrizionali, in palestra e in classe.
I NUOVI STRUMENTI
A partire dal mese di dicembre 2007, i 7000 studenti delle scuole primarie di Parma, hanno ricevuto un quaderno di educazione alimentare e motoria studiato e pensato per loro.
Questo nuovo strumento didattico permetterà ai docenti titolari di arricchire i contenuti di
questa importante disciplina.
Il Quaderno di 1…2…3…Via! è un raccoglitore nel quale sono inserite schede con nozioni
di educazione motoria ed alimentare e proposte di attività per i bambini.
Altre schede da ritagliare ed inserire nel quaderno si potranno trovare in ogni numero di
Metropolino e altre le potranno aggiungere gli insegnanti stessi per personalizzare il loro
percorso didattico, potendo usare alcuni argomenti proposti anche come spunti per trattare altre materie curricolari (storia, scienze, matematica…).
Il quaderno di 1..2..3..Via verrà aggiornato di anno in anno e , al termine dei cinque anni,
ogni bambino avrà a disposizione un percorso completo di educazione alimentare e
motoria,e, insieme, un bel ricordo del lavoro svolto e dei suoi progressi.
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Università degli Studi di Parma
Dipartimento di Scienze Ostetriche Ginecologiche e di Neonatologia
Unità Operativa di Gastroenterologia Pediatrica
Cattedra di Pediatria
Titolare Prof. G.L. de’ Angelis
Convegno 8 marzo 2008
“Le patologie
gastroenterologiche
nel bambino
e nell’adolescente
correlate agli alimenti”
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Il Convegno ha costituito l’occasione per trattare e discutere le tematiche relative alle
diete speciali legate alle patologie in età pediatrica ed è stato destinato ai genitori di bambini con diete speciali per patologia / allergie , al personale insegnante di Nidi e Scuole
Infanzia , al personale di cucina e alle insegnanti di progetto.
Particolarmente indirizzato a tutte le famiglie i cui bambini seguono regimi dietetici per
patologia.
Relatori:
•
“Il reflusso gastro-esofageo”
Prof. Gian Luigi de’ Angelis
Responsabile U.O. Gastroenterologia Pediatrica
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
•
“La sindrome dell’intestino irritabile”
Dott.ssa Barbara Bizzarri
Dirigente Medico U.O. Gastroenterologia Pediatrica
Azienda Ospedaliero - Universitaria di Parma
•
“La stipsi funzionale”
Dott.ssa Valentina Maffini
Scuola di Specializzazione in Pediatria
Indirizzo Gastroenterologia- Università di Parma
•
“Le allergie alimentari”
Dott.ssa Francesca Vincenzi
Dottorato di Ricerca in Gastroenterologia Pediatrica
U.O. Gastroenterologia Pediatrica
•
“La malattia celiaca”
Dott.ssa Fabiola Fornaroli
Dirigente Medico U.O. Gastroenterologia Pediatrica
Azienda Ospedaliero - Universitaria di Parma
•
“Dinamiche intrafamiliari nella dietoterapia del bambino”
Prof. Francesco Pisani
Dirigente Medico U.O. Neuropsichiatria Infantile
Azienda Ospedaliero - Universitaria di Parma
•
La Ristorazione Scolastica nell’alimentazione “Diversa”
Consistenza e procedure per le diete speciali
Fiorenza Ciarelli
Responsabile S.O. Educazione e Ristorazione Alimentare
Comune di Parma
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Il reflusso gastroesofageo
F. Guatelli, G.L. de’ Angelis
Per reflusso gastroesofageo si intende il passaggio involontario di contenuto gastrico (
cibo o secrezioni gastriche) in esofago; questo passaggio può dar luogo ad un reflusso
parafisiologico o funzionale oppure ad una malattia da reflusso gastroesofageo.
Fisiopatologia del reflusso gastroesofageo: il reflusso si manifesta perché il gradiente
pressorio tra cavità gastrica e cavità esofagea è a favore di un reflusso, esistono tuttavia
numerosi meccanismi antireflusso, quali lo sfintere esofageo inferiore (LES), lo iato diaframmatico, l’angolo di His e la membrana frenoesofagea. Anche la depressione toracica,
provocando il collabimento dell’esofago intratoracico viene considerata un meccanismo
antireflusso come del resto la pressione positiva intraddominale che, trasmessa all’esofago subdiaframmatico provoca il collabimento dell’esofago ed esercita un ulteriore meccanismo antireflusso.
Perché si verifichi un episodio di reflusso sono necessarie quindi due condizioni: il contenuto gastrico deve essere pronto a refluire e i meccanismi antireflusso dell’estremità
distale dell’esofago devono essere alterati. Il contenuto gastrico refluisce più facilmente
quando:
1.
2.
3.
il volume gastrico è aumentato, come si verifica dopo i pasti, nella sindrome da
stasi gastrica o nell’ostruzione pilorica, negli stati di ipersecrezione acida
il contenuto gastrico è raccolto vicino alla giunzione esofagogastrica, come nella posizione supina.
la pressione intragastrica è aumentata, come si verifica in caso di obesità, gravidanza oppure quando si indossano abiti o cinture troppo strette.
I normali meccanismi antirelfusso sono rappresentati dallo sfintere esofageo inferiore
(LES) e dalla giunzione esofagogastrica. La pressione del LES è tradizionalmente consi40
derata il fattore di difesa più importante nello sviluppo di un reflusso e infatti esiste una
correlazione tra abbassamento della pressione del LES e numero di episodi di reflusso.
Molti fattori influenzano la pressione del LES: il volume dei pasti, il volume delle secrezioni
gastriche e la velocità di svuotamento gastrico (che risulta ritardato ad esempio in caso
di obesità e gravidanza). Anche molti fattori secondari possono influenzare la pressione
del LES: un pasto ricco di grassi, l’etanolo, la nicotina, diversi farmaci che agiscono rilasciando la muscolatura dello sfintere quali calcio antagonisti e nitrati.
L’ernia iatale infine, modificando la configurazione della giunzione esofagogastrica, predispone al reflusso gastroesofageo. L’esposizione totale dell’esofago all’acido refluito
è correlata inoltre al potenziale danno mucoso. L’esposizione dipende dalla quantità di
materiale refluito per episodio, dalla frequenza degli episodi e dalla capacità dell’esofago
di liberarsi del materiale refluito ( la cosiddetta clearance esofagea) a sua volta mediata
dalla forza di gravità e dalla peristalsi. Quando la contrazioni peristaltiche sono inefficaci anche la clearance dell’esofago risulta danneggiata. L’acido refluito nell’esofago è
CLINICA DELLA MALATTIA DA REFLUSSO NEL
BAMBINO
Principali sintomi tipici
- Vomito e rigurgito, epigastralgia, ematemesi
- pirosi, distensione gastrica
- scialorrea
Principali sintomi atipici
- respiratori (tosse ricorrente, fenomeni di “ab ingestis”,
distress respiratorio ricorrente, asma )
- scarso accrescimento
- anemia ferro-priva
- neurocomportamentali (irritabilità, ruminazione, rifiuto del cibo)
U.O. Gastroenterologia Pediatrica- Cattedra di Pediatria
normalmente neutralizzato dalla saliva, quindi anche una secrezione salivare diminuita
aumenta il tempo di esposizione esofagea all’acido. Esiste una correlazione tra contenuto
gastrico (acido cloridrico) del reflusso e rischio di esofagite. Tuttavia anche il contenuto
duodenale ( pepsina, acidi biliari e tripsina) induce delle lesioni da reflusso. Se poi il materiale refluito si estende all’esofago cervicale e varca lo sfintere esofageo superiore, può
entrare in faringe, laringe e trachea, causando tosse, broncostruzione, faringiti, laringiti e
bronchiti ricorrenti.
Manifestazioni cliniche e diagnosi del reflusso gastroesofageo: il reflusso parafisiologico o funzionale è un fenomeno parafisiologico dovuto alla immaturità anatomico funzionale della giunzione esofagogastrica tipica dei primi mesi di vita, è frequente durante o
dopo i pasti e raro durante il sonno, non influisce sulla crescita del bambino, non necessita di terapia e in genere si risolve spontaneamente con la maturazione delle strutture
41
anatomiche coinvolte. La malattia da reflusso gastroesofageo invece si può manifestare
con sintomi tipici o sintomi atipici. Tra i sintomi tipici ricordiamo vomito e rigurgito, epigastralgia, ematemesi, pirosi, distensione gastrica e scialorrea. Tra i sintomi atipici ricordiamo quelli respiratori ( tosse ricorrente, fenomeni di ab ingestis, distress respiratorio
ricorrente, asma), quelli neurocomportamentali ( irritabilità, ruminazione, rifiuto del cibo),
lo scarso accrescimento e l’anemia ferropriva.
Per effettuare una diagnosi di reflusso gastroesofageo è necessario valutare la presenza e
la gravità del reflusso, la natura del materiale refluito, la presenza e la gravità dell’infiammazione, i meccanismi fisiopatologici del reflusso. Oltre alla clinica, per effettuare una
corretta diagnosi di reflusso ci si avvale dell’endoscopia digestiva che presenta numerosi
vantaggi ( è applicabile a qualsiasi età, non emette radiazioni, permette una valutazione
anatomica, morfologica, istologica) e alcuni svantaggi ( è un esame invasivo e deve essere realizzata solo in centri specialistici). L’endoscopia permette di valutare gli aspetti
macroscopici e microscopici della mucosa esofagea, gli aspetti morfologici relativi alla
giunzione esofagogastrica ( malposizioni minori e maggiori cardiotuberositarie) e la presenza di eventuali patologie associate tipo stenosi o fistole.
Terapia del reflusso gastroesofageo: il reflusso parafisiologico o funzionale non richiede terapia perché come abbiamo visto, si risolve spontaneamente con l’età. Invece il
reflusso lieve sintomatico non complicato richiede una terapia non farmacologica che
consiste nella rassicurazione dei genitori, nella posizione antireflusso ed in una terapia
dietetica. Quest’ultima tiene conto del fatto che volumi eccessivi ed un’ alta osmolarità
del cibo aumentano il numero dei rilassamenti del LES e la pressione differenziale stomaco/LES, pertanto un primo suggerimento per la riduzione del reflusso consiste nella
introduzione di un minore volume di cibo. Inoltre pasti più frequenti determinano maggiori
periodi post-prandiali con più possibilità di reflusso mentre pasti troppo piccoli lasciano
affamato il bambino che piange aumentando la pressione intraddominale e la preoccupazione dei genitori, quindi è importante ridurre il volume dei pasti ( senza eccedere!) specie
nei bambini ipernutriti. I latti addensati riducono i sintomi ( rigurgiti) sebbene non vi siano
miglioramenti né phmetrici né impedenzometrici ( né la frequenza né l’esposizione all’acido). Questi latti presentano invece numerosi effetti collaterali, mascherano i sintomi di
reflusso, riducono l’assorbimento di alcuni minerali, inducono dolore addominale, diarrea
e possono portare fino all’occlusione intestinale nel lattante.
Per il bambino più grande alcuni alimenti sono da evitare in caso di esofagite: brodi di
carne, carni e pesci grassi, formaggi grassi, verdure amare crude e cotte, lardo, strutto,
fritti, salse, sughi, pomodoro, intingoli, aceto, droghe, spezie, agrumi, mele, frutta poco
matura, cioccolata, menta, yoghurt, gelati. Anche alcune bevande come ad esempio
thè, caffè, acqua e bevande gassate e/o con ph acido, vino, alcolici e alcuni farmaci come
acido acetilsalicilico, antinfiammatori non steroidei, cortisonici. Il reflusso da moderato a
severo, oltre alla terapia dietetica, richiede una terapia farmacologica con farmaci come
procinetici, antiH2 recettori, inibitori di pompa protonica o in ultima ipotesi una terapia
chirurgica.
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La sindrome
dell’intestino irritabile
B. Bizzarri, L. Rizzuti
La sindrome dell’intestino irritabile è il disturbo senza cause organiche, quindi con una
assenza di una compromissione anatomica del tubo digerente, più comune e frequente
che può compromettere la qualità di vita.
Nel soggetto sano i movimenti caratteristici del colon di propulsione, quando il materiale
all’interno del lume viene spinto in avanti,e di segmentazione, ovvero di rimescolamento
del contenuto luminale, solitamente non vengono percepiti.
Nel colon irritabile, per irritabile si intende che le terminazione dei nervi sensori che innervano l’intestino sono inconsuetamente sensibili ai normali stimoli e che i nervi che
controllano i movimenti muscolari dell’intestino sono particolarmente attivi.
Il risultato di ciò è che l’intestino diventa particolarmente suscettibile a tutti quelli che
sono dei normali eventi che si svolgono nell’intestino, e questo comporterà un’attività
muscolare inappropriata con una perdita della normale ordinazione motoria con possibili arresti momentanei dei movimenti intestinali o, al contrario, eccessivi movimenti con
inopportuni sforzi per espellere il materiale fecale dall’intestino.
La causa del colon irritabile non è completamente nota, sappiamo comunque che è di
tipo multifattoriale cioè più fattori sono coinvolti nella genesi della patologia come fattori
genetici, ambientali, fattori ormonali, alterazione dell’asse cervello-intestino, allergie alimentari e alterazioni della serotonina, sostanza deputata anche al funzionamento della
muscolatura del colon.
Già agli inizi del 1900 Manning ed i suoi collaboratori, stabilirono sei criteri differenziali per
porre diagnosi differenziale fra tra la sindrome del colon irritabile e le malattie intestinali
organiche.
Questi criteri sono poi stati rivisti e attualmente la diagnosi di colon irritabile si base sui
criteri di Roma II in cui i pazienti affetti da colon irritabile devono presentare per almeno
12 settimane (non necessariamente consecutive) nel corso degli ultimi 12 mesi dolori
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addominali o fastidio.
Inoltre il dolore o fastidio addominale devono presentare almeno 2 delle caratteristiche
seguenti:
-
Regredire con l’evacuazione.
-
Insorgere associato ad un cambiamento nella frequenza delle evacuazioni.
-
Insorgere associato ad un cambiamento dell’aspetto delle feci: dure, molli, mucose.
Classicamente
mancano
dolore
notturno,
diarrea
notturna
e
sintomi e segni sistemici che sono caratteristici di patologie di carattere organico.
Esistono diversi tipi di colon irritabile definiti a seconda dei tipi di feci più frequenti:
-
Colon irritabile con stitichezza
-
Colon irritabile con diarrea
-
Colon irritabile con alternanza di stitichezza e diarrea.
-
Colon irritabile spastico associata a dolore.
CONSIGLI PER IL PAZIENTE:
Dieta sana ed equilibrata consumata ad orari
regolari, non frettolosamente, non in piedi,
con il corretto quantitativo di fibre in
relazione, soprattutto alla tipologia di alvo
stitico o diarroico. (controversia efficacia di un
aumento dell’apporto di fibre, poiché il 40-60% dei
pazienti trattati ottiene lo stesso effetto dei pazienti
di controllo trattati con placebo)
Adeguata introduzione di liquidi nella dieta
Ridurre l’assunzione di caffeina
Riduzione dei legumi nella dieta (per il gonfiore addominale)
U.O. Gastro-enterologia Pediatrica- Cattedra di Pediatria
Dal punto di vista della frequenza si stima che circa il 10-20% degli adulti ne soffrano
con una incidenza del 1-2% annuo di nuovi casi e che circa il 20-50% delle visite dal
gastroenterologo siano dovute a questo problema. Nel corso della vita, ognuno ha circa il
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30-50% di probabilità di sviluppare un colon irritabile almeno per un certo periodo e una
volta diagnostico il 75% dei pazienti rimane sintomatico per almeno 5 anni. Il decorso è
tipicamente alterno con periodi di forti sintomi e periodi senza e raramente i disturbi si
manifestano in modo continuo e con forte intensità. La manifestazione, i sintomi e la loro
localizzazione possono cambiare nel tempo ad esempio il paziente può alternare periodi
con dolorosi crampi a periodi con un senso di gonfiore o di costipazione.
Le donne sembrano esserne le più colpite con un rapporto di 2 a 1.
La diagnosi è una diagnosi di esclusione ovvero le indagini effettuate, come esami ematici, delle urine, delle feci, ecografia addominale, endoscopia, TAC sono finalizzate alla
esclusione di lesioni organiche permettendo in tal modo di “etichettare” la patologia
come funzionale.
La terapia del colon irritabile si basa su consigli educativi come una regolare attività fisica, una dieta sana ed equilibrata consumata ad orari regolari, non frettolosamente, non
in piedi, con il corretto quantitativo di fibre in relazione, soprattutto alla tipologia di alvo
stitico o diarroico, nonostante vi sia una efficacia controversia di un aumento dell’apporto
di fibre, poiché si è visto che il 40-60% dei pazienti trattati ottiene lo stesso effetto dei
pazienti di controllo trattati con placebo.
Inoltre possono portare beneficio al paziente un corretto introito di liquidi nella dieta e
una riduzione di quei cibi che possono scatenare i sintomi come la caffeina, i legumi, i
latticini, i cibi grassi cotti alla griglia, il cioccolato, l’alcol, le bevande gassate, i dolcificanti
artificiali, le spezie forti e le verdure e altri alimenti ad alto contenuto di fibre che fanno
gonfiare l’addome (pere, prugne, cavoli, spinaci).
Dal punto di vista farmacologico la terapia è una terapia sintomatica con farmaci quali
gli anticolinergici che inibiscono la ipereccitabilità della muscolatura liscia dell’intestino o
i farmaci serotoninergici che hanno una azione di antagonisti sui recettori della serotoninina e conseguentemente sul Sistema Nervoso Enterico o i pro cinetici che hanno una
azione sulla motilità (specie nelle forme con stipsi).
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La stipsi funzionale
V. Maffini, L. Bianchi
La stipsi può essere definita come la condizione caratterizzata da una riduzione della frequenza delle evacuazioni e da un aumento della consistenza delle feci per un ridotto
contenuto di acqua, con il risultato di evacuazioni difficoltose. Il numero delle evacuazioni
giornaliere è variabile da individuo a individuo ed è in genere legato all’età; in particolare il
numero delle evacuazioni nel neonato può variare, anche secondo il tipo di allattamento,
dalle 2 alle 5 al giorno, nella prima infanzia dalle 2-3 evacuazioni al giorno, nella seconda
infanzia e nell’età adulta viene considerata normale almeno una evacuazione al giorno.
Un atto apparentemente semplice e naturale come la defecazione è il risultato di complessi meccanismi muscolari, nervosi e biochimici che agiscono in modo sinergico e coordinato: il colon assorbe acqua dal lume, riducendo il contenuto idrico del materiale fecale e
mediante onde di contrazione sospinge il contenuto fecale sino al retto. A questo livello le
feci provocano una distensione sulla parete intestinale, che viene percepita a livello conscio come stimolo alla defecazione e che mediante meccanismi riflessi inconsci provoca
il rilasciamento dello sfintere anale interno. Se le condizioni ambientali circostanti sono
adatte alla defecazione il processo viene espletato completamente, altrimenti l’individuo
può volontariamente inibire il rilasciamento dello sfintere esterno, rimandando l’evacuazione in un secondo momento. Questa complessa interazione tra meccanismi riflessi e
coscienti, non è innata, ma viene progressivamente acquisita durante la prima infanzia.
Nel neonato l’evacuazione è un meccanismo completamente automatico ed involontario;
tra i 2 e i 4 anni di età il bambino, grazie alle informazioni che raccoglie attraverso il gioco,
l’educazione e l’imitazione del mondo degli adulti, acquista progressivamente la capacità
dapprima di percepire lo stimolo alla defecazione, quindi di controllare lo stimolo stesso. La stipsi cronica è un problema di frequente riscontro in età pediatrica. Nella grande
maggioranza dei casi (più del 90%) si tratta di un disturbo di tipo funzionale, senza evidenza oggettiva di uno stato patologico sia organico che psicologico. Solo in una piccola
percentuale di pazienti la stipsi è invece la manifestazione di una vera e propria patologia
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organica intestinale o extraintestinale; sarà ovviamente compito del medico riconoscere
eventuali segnali d’allarme ed escludere con un adeguato approccio diagnostico le condizioni patologiche che possono essere associate alla stipsi. La stipsi più comune, di tipo
funzionale, è legata ad una alterazione dei meccanismi fisiologicamente deputati alla defecazione; può quindi essere secondaria ad un rallentato transito intestinale oppure ad una
alterazione del sistema ano-rettale. L’attività di propulsione del materiale fecale svolta dal
colon è influenzata da molteplici fattori ambientali e/o costituzionali quali la dieta, l’attività
fisica, il colon irritabile. Una dieta con un ridotto contenuto di fibre ed uno scarso apporto
idrico sono responsabili di una riduzione del volume e di una eccessiva disidratazione
della massa fecale con conseguente ritenzione a livello dell’ampolla rettale. L’emissione
di queste feci di consistenza aumentata è generalmente difficoltosa e dolorosa e può
provocare vere e proprie lesioni traumatiche del canale anale. In questo modo il bambino
associa presto il momento della defecazione ad un atto doloroso e spiacevole, assumendo quindi un atteggiamento di ritenzione delle feci, che si accumulano e vanno incontro
ad ulteriore disidratazione. Inoltre la ritenzione del materiale fecale comporta un aumento
della distensione di base della parete rettale, con conseguente progressiva riduzione della
percezione dello stimolo della defecazione. E’ chiaro quindi come si inneschi facilmente
un circolo vizioso. Tra i segni e sintomi caratteristici della stipsi, quali la diminuzione della
frequenza delle evacuazioni, l’emissione di feci “caprine”, la defecazione dolorosa, i dolori
e crampi addominali, particolare attenzione deve essere rivolta agli episodi di rettorragia
e all’encopresi. La rettorragia, ossia la presenza di sangue rosso vivo durante o al termine
dell’evacuazione, può essere secondaria alle lesioni traumatiche del canale anale, provocate dal passaggio di feci dure, ma non solo; un bambino che presenta questo disturbo
deve quindi essere sottoposto all’attenzione dello Specialista per escludere più importanti
condizioni morbose (ad esempio la presenza di polipi intestinali, o di malattie infiammatorie croniche). Per encopresi si intende la perdita di feci negli indumenti, involontaria o volontaria, che avviene almeno una volta al mese per tre mesi in un bambino di età superiore
ai 4 anni. Questo fenomeno è solo raramente correlato a deficit neurologici o particolari
condizioni psichiatriche; nella maggioranza dei casi infatti è una diretta conseguenza della
stipsi: l’accumulo di feci nell’ampolla rettale con formazione di veri e propri fecalomi, fa sì
che ci sia una fuoriuscita passiva ed involontaria di materiale fecale. Il trattamento della
stipsi funzionale è multifattoriale: comportamentale, dietetico e farmacologico. Il primo approccio ad un bambino con stipsi che presenti un fecaloma o una ritenzione di feci a livello
rettale, consiste sempre nell’esecuzione di una toilette intestinale con rettoclisi di soluzione fisiologica e glicerina liquida. In seconda istanza deve essere attentamente valutata la
dieta, consigliando l’assunzione di adeguate quantità di fibre (circa 30 gr/ al giorno, ossia
almeno due piatti di verdura - non passata né frullata per garantire l’integrità delle fibre- e
da 2 a 4 frutti al giorno) e di abbondanti liquidi. Altrettanto importante è l’educazione funzionale: il bambino deve essere abituato ad una “ritualità” e ad evacuazioni quotidiane che
possono inizialmente essere stimolate con l’uso di clismi, quindi diventeranno spontanee.
E’ importante comunque evitare lunghe “sedute” che possono favorire problemi di prolasso mucoso o a carico dei vasi emorroidari. Infine, nei casi più ostinati può essere necessario ricorrere ad un aiuto farmacologico, mediante l’uso di lassativi di cui esistono diverse
categorie e che devono comunque essere prescritti dal Pediatra o dallo Specialista. I più
utilizzati in età pediatrica sono rappresentati da agenti iperosmotici, (come il lattulosio, che
non essendo assorbito richiama acqua nel lume intestinale aumentando il volume fecale e
favorendo la peristalsi), lassativi stimolanti (derivati vegetali, come i sennosidi che stimolano la secrezione intestinale e la motilità), il polietilenglicole e derivati (che costituiscono
delle soluzioni iso-osmotiche che riducono l’assorbimento di acqua dal lume intestinale).
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Le allergie alimentari
F. Vincenzi, L. Bianchi
Le allergie alimentari sono un problema sempre attuale.
Le prime osservazioni conosciute sui disturbi legati all’ingestione del cibo sono molto
antiche. Ippocrate aveva osservato che l’ingestione di latte vaccino può provocare turbe
gastriche, orticaria e cefalea. Lucrezio affermava che “quello che per un individuo è cibo
può essere per un altro veleno”.
Dolori addominali, diarrea, scarso accrescimento, astenia, dermatite, difficoltà di concentrazione e pianto sono segni e sintomi che possono essere causati da un’allergia
alimentare.
L’apparato gastrointestinale ha un ruolo fondamentale nella patogenesi delle allergie alimentari; con la sua funzione di digestione e assorbimento è costantemente esposto ad
elevate quantità di antigeni di provenienza alimentare. Nonostante la varietà di alimenti,
virus, batteri e altre molecole estranee con cui entra a contatto l’intestino solo una ridotta
percentuale della popolazione soffre di allergie alimentari.
E’ ipotizzabile che un’alterazione nel sistema di barriera della parete intestinale o delle
cellule immunocompetenti della mucosa associati a una predisposizione genetica siano
i meccanismi responsabili.
Questo spiegherebbe la maggiore frequenza di allergia alimentare in età pediatrica, soprattutto nei primissimi anni di vita, quando le strutture deputate alla funzione di barriera
e alla difesa immunitaria non sono ancora completamente mature.
Circa il 6-8% dei bambini al di sotto dei 2 anni secondo i dati USA è affetto da allergia
alimentare, mentre solo il 2-3% della popolazione generale presenta un’allergia. E’ probabile che l’allergia alimentare in età adulta si sviluppi attraverso altri meccanismi. In
particolare una primitiva sensibilizzazione ad allergeni inalatori potrebbe essere la causa
di una cross-reazione con allergeni alimentari.
Le reazioni avverse al cibo comprendono reazioni non tossiche, che dipendono da una
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suscettibilità individuale, e le intossicazioni, che non dipendono dall’individuo ma dalla
dose della sostanza causa dalla reazione.
Le reazioni non tossiche includono appunto le allergie e le intolleranze.
Le allergie sono mediate da meccanismi immunologici, tali meccanismi possono essere
IgE mediati o non IgE mediati (IgG, IgM o cellulomediati).
Le allergie causate da meccanismi detti IgE mediati sono le più frequenti e generalmente
si manifestano dopo pochi minuti o al massimo dopo due ore dall’ingestione dell’alimento. I sintomi possono essere di tipo respiratorio (rinite, edema laringeo, asma) cutaneo
(orticaria, angioedema) gastrointestinale (diarrea, vomito, flatulenza) e talvolta di tipo sistemico fino allo shock anafilattico.
Le allergie mediate da meccanismi non IgE mediati generalmente si manifestano con
reazioni cliniche semi ritardate (qualche ora dall’ingestione) o ritardate (24-48 ore dall’ingestione); i sintomi in questo caso sono soprattutto a carico del tratto gastrointestinale e
possono manifestarsi con diarrea cronica, colite, dolori addominali ricorrenti, rettorragie
o di tipo cutaneo ritardato: eczema, dermatite.
L’allergia alle proteine del latte vaccino costituisce la più frequente di tutte le allergie alimentari. Al di sotto dei 2 anni di età interessa il 3% dei bambini e generalmente inizia nei
primi mesi di vita; successivamente le manifestazioni si riducono fino a scomparire all’età
di 10 anni; è rara negli adulti.
L’allergia all’uovo, soprattutto all’albume, è tra le più frequenti; inizia dopo i sei mesi di
vita e tende ad attenuarsi negli anni; rara negli adulti.
Altri alimenti causa di allergie sono le arachidi, il pesce (soprattutto il merluzzo), i legumi,
i frutti secchi, le carni (soprattutto quella di maiale).
Tra le reazioni non tossiche oltre alle allergie sono incluse le intolleranze alimentari.
L’intolleranza alimentare è una reazione avversa al cibo che può essere causata da un
deficit enzimatico (es. deficit di lattasi), da un meccanismo di tipo farmacologico (es.
istamina), di tipo indefinito (es.additivi) o cellulo-mediato (celiachia).
L’intolleranza al lattosio è la più comune intolleranza enzimatica. È molto diffusa in Asia e
in America; in Europa è più frequente nelle aree mediterranee.
Un deficit nella produzione della lattasi, enzima prodotto a livello dell’intestino tenue,
comporta un’ incapacità a digerire una quantità significativa di lattosio con conseguente
flatulenza, diarrea, gonfiore e dolori addominali. La quantità di latte e prodotti caseari
che causano intolleranza è variabile da individuo a individuo per cui spesso è sufficiente
individuare la quantità di lattosio tollerata.
Può essere diagnosticata attraverso il Breath test all’idrogeno.
L’intolleranza di tipo farmacologico si manifesta in individui che hanno una reattività abnorme a sostanze contenute nei cibi.
La più comune è l’intolleranza secondaria all’istamina che può manifestarsi con vomito,
diarrea, formicolio, orticaria. L’istamina è contenuta in alcuni cibi (formaggi, vini rossi,
pesci scombridi) oppure alcuni cibi possono indurre la produzione endogena di istamina
(cioccolato, fragole, pomodori). La diagnosi delle reazioni farmacologiche al cibo si fa in
base all’anamnesi e ai disturbi descritti.
Gli additivi vengono classificati tra i meccanismi indefiniti capaci di causare un’intolleranza in quanto possono provocare reazioni di vario tipo mediate da meccanismi immunologici, farmacologici o non ancora noti. Si calcola che oggi ne vengano usati da 2.000
a 20.000 secondo differenti stime, con un consumo annuo pro capite molto elevato nei
paesi industrializzati, che è stato calcolato essere di 5 kg in Italia.
L’additivo più diffuso è il glutammato di sodio, molto usato nella cucina orientale ma anche in molti alimenti in scatola o preconfezionati. Alcune ore dopo il pasto può causare
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la “sindrome da ristorante cinese” che si manifesta con cefalea, senso di costrizione al
torace, nausea, sudorazione e talvolta anche asma.
La diagnosi di allergia si basa sulla storia clinica del paziente, cercando di indagare segni
e sintomi che compaiono in seguito all’ingestione di un dato elemento, e su indagini che
scientificamente permettano di fare la diagnosi.
I test attualmente disponibili sono i test cutanei (prick e path test), gli esami sierologici
che dosano le IgE (PRIST) e le IgE specifiche (RAST test) e il test di provocazione orale. Il
test di provocazione orale consiste nel somministrare piccole dosi di alimenti monitorando il paziente, è utilizzato in una minoranza di casi per la sua pericolosità.
Altri test attualmente in commercio e molto diffusi come il Cito test, il DRIA test, i test EAV,
i test del capello, l’iridochinesi sono ad oggi privi di evidenze scientifiche di validità.
Il trattamento di una reazione avversa agli alimenti è inizialmente guidato dalle manifestazioni cliniche che si presentano dermatite, asma, rinite, diarrea e successivamente
dall’esclusione dell’alimento dalla dieta. E’ chiaro che una diagnosi di allergia alimentare
con conseguente esclusione dell’alimento deve basarsi su criteri rigorosi per evitare che
eccessive diagnosi di allergie alimentari siano causa di diete troppo rigorose o addirittura
malnutrizione in lattanti e bambini.
Difficoltà di concentrazione
Dolori addominali
Scarso accrescimento
astenia
ALLERGIA O
INTOLLERANZA ?
diarrea
Rinite,
congiuntivite
Eczema,
dermatite
pianto
U.O. Gastro-enterologia Pediatrica- Cattedra di Pediatria
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La malattia celiaca
F. Fornaroli, L. Rizzuti
La malattia celiaca è un’intolleranza permanente al glutine in soggetti geneticamente
predisposti. Il glutine si ritrova in natura in alcuni cereali quali il grano, l’orzo, la segale,
l’avena, il farro e il kamut. Pertanto tutti gli alimenti derivati dai suddetti cereali o contenenti glutine in seguito a contaminazione risultano essere tossici per i soggetti celiaci. In
natura vi sono altri cerali come il mais, il miglio, la soia, la tapioca, le patate, il riso, il grano
saraceno che sono invece privi di glutine.
Negli anni 80 l’incidenza a malattia celiaca era stimata in Europa 1 caso ogni 2500 abitanti con presentazione clinica per lo più da tipico malassorbimento; mentre negli Stati
Uniti la malattia era pressoché sconosciuta. Attualmente l’incidenza è pari a 1 su 100 in
Europa e 1 su 150 negli Stati Uniti. A questo netto aumento di incidenza, dovuta sicuramente alle maggiori conoscenze e migliori possibilità diagnostiche, si associa inoltre una
presentazione clinica sempre più eterogenea e atipica.
La celiachia viene classificata in tipica, atipica, latente e silente.
La forma tipica ha un esordio entro i primi 3 anni di vita con sintomatologia da malassorbimento (diarrea, scarso accrescimento ponderale, calo ponderale, aspetto distrofico,
inappetenza). La forma atipica si manifesta dopo i 3 anni di vita con sintomi prevalentemente extraintestinal (anemia, ipertransaminasemia, artralgie, ritardo puberale, bassa
statura, osteoporosi, ipoplasia dello smalto dentario, infertilità o aborti ricorrenti, epilessia) .
La forma latente è caratterizzata da riscontro di anticorpi patologici con mucosa normale
in fase iniziale che si atrofizza a distanza di tempo. La forma silente ha caratteristiche
istologiche di celiachia in fase attiva ma con asintomaticità sia a livello intestinale che
extraintestinale.
L’eziopatogenesi della celiachia ancora non è completamente nota, è stato osservato che
in soggetti geneticamente predisposti si ha un aumento della permeabilità intestinale che
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permette un passaggio tra le cellule intestinali di gliadina che determina un meccanismo
a cascata con un’attivazione del sistema immunitario e conseguente produzione di anticorpi e di sostanze infiammatorie responsabili del danno della mucosa intestinale, atrofia
dei villi, che determina il malassorbimento.
La celiachia non ha però una trasmissione genetica mendeliana, ma è presente un certo
grado di predisposizione nei parenti degli affetti, infatti si è visto che il 10% dei parenti
di primo grado di pazienti celiaci sono affetti così come il 70% dei gemelli omozigoti.
La diagnosi di certezza a tutt’oggi si effettua con la biopsia duodenale e con l’esame istologico della stessa che evidenzia un aspetto della mucosa duodenale caratterizzato dall’appiattimento o dall’atrofia o perdita completa dei villi intestinali, da iperplasia delle cripte e aumento dei linfociti intraepiteliali.
Di ausilio diagnostico sono i markers sierologici della celiaca come gli anticorpi antigliadina, (AGA), anticorpi antiendomisio (EMA) e gli anticorpi antitransglutaminasi (tTG)
che possono essere utilizzati per porre il sospetto diagnostico di celiachia. Tutti questi
anticorpi sono di tipo IgA, pertanto per una corretta diagnosi occorre misurare anche
le IgA totali in quanto un deficit parziale o totale di queste può determinare un risultato
falsamente negativo. Anche l’indagine genetica, con la ricerca degli alleli HLA codificanti
per il DQ2 e DQ8 costituisce un importante supporto diagnostico ma non è sostitutivo né
dello screening anticorpale né della biopsia duodenale per la diagnosi di certezza della
celiachia. Infatti la negatività di tali alleli permette di escludere la diagnosi al 98% circa e
la loro positività non è invece dirimente in quanto circa il 30 % della popolazione li possiede pur non essendo affetto dalla malattia.
L’unica terapia possibile ad oggi è la dieta rigorosamente priva di glutine con una particolare attenzione alle possibili contaminazioni dei cibi che può essere acuta o cronica
nel tempo. Infatti bisogna prestare molta attenzione nella preparazione dei cibi per celiaci
ed evitare che questi vengano contaminati. Sebbene non sia ancora noto quanto glutine
deve essere assunto prima che si verifichi la flogosi mucosale e l’appiattimento dei villi
e non sia stata ancora stabilita una soglia di assunzione considerata sicura dai lavori
scientifici pubblicati in letteratura sembra che la soglia di tollerabilità di introduzione giornaliera di glutine sia variabile fra
20 e 200 ppm con una valore
LA MALATTIA CELIACA
medio di 100 ppm.
Un controllo periodico del livello di anticorpi, specie delle
è un’intolleranza
tTG, può aiutare a capire se il
permanente al
soggetto segue correttamente
glutine
la dieta.
in soggetti
Attualmente diverse sono le
geneticamente
manifestazioni con cui la mapredisposti
lattia celiaca può esordire, ed
è pertanto paragonabile ad un
iceberg in cui solo la minima
U.O. Gastro-enterologia Pediatrica- Cattedra di Pediatria
parte è al momento nota. Per
tale motivo e per la difficoltà,
ancora oggi, di una corretta diagnosi è indispensabile rivolgersi a centri specializzati
per evitare il rischio di false diagnosi e di informazioni non corrette quali la possibilità
di interrompere la dieta dopo la negativizzazione dei markers sierologici. La dieta
deve essere rigorosa per tutta la vita e questo permette all’individuo celiaco di essere
perfettamente sano.
52
Dinamiche intrafamiliari nella
dietoterapia del bambino
Prof. Francesco Pisani
L’alimentazione del proprio figlio ha sempre avuto un ruolo centrale nella vita di un
genitore, il quale si dedica alla sua nutrizione in maniera totale ed inesauribile. Il cibo
è importante quindi non solo per il soddisfacimento del bisogno primitivo legato alla
fame, ma anche perché, attorno all’alimentazione si sviluppa l’interazione più precoce
tra madre e bambino, interazione che costituirà il nucleo di riferimento nei diversi stadi
dello sviluppo. Al momento del pasto, si instaurano fondamentali dinamiche relazionali
tra bambino e genitore, in particolar modo tra bambino e madre, figura più significativa
preposta all’accudimento, dove filtrano emozioni, sentimenti, esperienze che creano le
abitudini mentali del bambino. Inoltre le valenze simboliche correlate all’alimentazione
creano associazioni affettive che travalicano il semplice aspetto nutritivo di un pasto.
Durante un pranzo un figlio non si nutre soltanto, ma si alimenta di simboli fortemente
associati alle tradizioni culturali interne di un nucleo familiare, scambia e si confronta
affettivamente con gli altri membri della famiglia, concorrendo quindi allo stabilirsi di
quelle abitudini alimentari che si innestano sulle competenze innate di ciascun bambino,
che sa sin da subito quando ha fame e quando è sazio. Il ruolo della famiglia quindi nel
determinare i comportamenti alimentari dei bambini è fondamentale, tutto ciò che ne
consegue induce a capire quanto siano importanti i vissuti e le esperienze dei primi anni
di vita e come sia indispensabile prestarvi particolare attenzione. Basti pensare quanti
conflitti si sviluppano a tavola ed intorno al cibo, ne riporto alcune tipiche frasi: chiudi la
bocca e mangia, usa la bocca per masticare, smettila di dondolarti, finisci di mangiare
quello che hai cominciato, se non mangi non esci, finisci tutto, se no non diventi grande,
mangia almeno un pochino, assaggia vedrai che ti piacerà, mangia bene! Come si deve,
stai composto, non si parla con la bocca piena.
Il secondo confronto di un bambino con altre forme di proposte alimentari, dopo quello
iniziale legato allo svezzamento, avviene nel momento dell’introduzione alla scuola
53
materna. Questo spesso rappresenta per il bambino il primo incontro con nuovi modelli
alimentari ed i comportamenti dei bambini subiscono delle influenze e dei progressi che
possono creare in alcuni confusione ed in altri rifiuto delle nuove proposte alimentari. Un
atteggiamento di maggior apertura verso il nuovo e di maggior curiosità verso gusti nuovi
da parte dei genitori, aiuterà il bambino a non vivere in modo minaccioso l’opportunità
che proviene dall’offerta di nuovi abbinamenti alimentari che si sperimentano nelle mense
scolastiche.
Bisogna anche considerare quelle situazioni dove il cibo assume anche una funzione
terapeutica, questo occorre in quelle patologie dove l’introduzione di alcuni alimenti
può determinare la comparsa o scatenare sintomi somatici a volte anche di particolare
gravità. Tali condizioni di salute sono spesso ad andamento cronico, quindi richiedono
ed impongono un cambiamento radicale e duraturo delle proprie abitudini alimentari.
Cambiamento, che associato alle reazioni emotive specifiche insorte al momento della
diagnosi della patologia o riemerse nel successivo periodo di adattamento, può talora
risultare drammatico riverberandosi in tutte le sfere della vita del soggetto. Inoltre,
nell’ambiente scolastico, confrontandosi con i compagni può subentrare in lui la
convinzione di “essere diverso”. Cercherà dunque di uniformarsi agli altri consumando
cibi proibiti, non conoscendo le complicanze della malattia. E’ fondamentale quindi la
comprensione e l’accettazione della malattia da parte dei genitori, così da spiegare e
rendere consapevole il figlio della propria condizione, incoraggiandolo a non nasconderla.
Essi avranno l’obbligo di spiegare al bambino l’importanza della dieta. Le scuole,
attraverso la loro costante e sempre maggiore tensione verso una corretta educazione
alimentare, possono contribuire ad informare e sensibilizzare i coetanei e lo stesso
personale scolastico. In questo modo si può contribuire ad una migliore qualità di vita e
ad eliminare il senso di diversità tipico di questi pazienti.
I bambini hanno competenze alimentari innate:
Sono responsabili del proprio appetito e dei propri gusti
Le loro reazioni sono autentiche e sensate
Sanno quando hanno fame e quando sono sazi
54
La ristorazione scolastica
nell’alimentazione “diversa”
consistenza e procedure
delle diete speciali
Fiorenza Ciarelli
RISTORAZIONE SCOLASTICA: CARATTERISTICHE E PECULIARITÀ
Le caratteristiche del servizio di produzione ed erogazione di pasti in ambito scolastico,
la tipologia di utenza interessata, le esigenze degli utenti e la percezione da parte dell’opinione pubblica del “sistema ristorazione scolastica” si sono notevolmente evolute nel
corso degli ultimi anni.
Notiamo, ad esempio, come si è modificata nel tempo la definizione di “refezione scolastica” data da un dizionario enciclopedico.
Nell’edizione del 1959 la definizione di “refezione scolastica”era:
“Cibo dato ai fanciulli poveri a scuola a spese del Comune“
Nell’edizione del 1995 per “ristorazione scolastica” si intende invece:
“Attività di ristorazione organizzata per gli alunni nella scuola materna e dell’obbligo,
specialmente nelle scuole dove esiste il tempo pieno o il doposcuola e in quelle sperimentali“
Si è pertanto passati da un’attività considerata tutto sommato “marginale”, destinata a
una utenza “socialmente debole” e ritenuta non particolarmente esigente (l’importante è
soddisfare il bisogno primario di sfamarsi e la preoccupazione non è quella di fornire un
pasto completo e bilanciato nutrizionalmente) ad un’attività professionalmente organizzata diretta al soddisfacimento di esigenze plurime e qualificate (pasto nutrizionalmente
corretto, equilibrato, a volte curativo, educazione alimentare, socializzazione, ecc...).
I “FONDAMENTALI” DELLA RISTORAZIONE SCOLASTICA
È possibile delineare dei principi fondamentali che debbono essere sempre
osservati nel disimpegno del servizio di ristorazione scolastica:
55
1.
RISPETTO E MANTENIMENTO DELLE CONDIZIONI IGIENICHE DURANTE LE
FASI DI PRODUZIONE, CONSERVAZIONE, CONFEZIONAMENTO, TRASPORTO E DISTRIBUZIONE DEI PASTI (costante rispetto delle norme igieniche a
tutela degli utenti e delle Amministrazioni DURANTE OGNI FASE);
la tossinfezione alimentare è sempre in agguato e dunque tutte le fasi del processo sono potenzialmente pericolose;
2.
GARANTIRE SEMPRE UN PASTO NUTRIZIONALMENTE CORRETTO (gli utenti
non vanno “sfamati”ma “nutriti” in modo equilibrato, corretto e completo; i gusti
e le tendenze cambiano nel tempo ma le basidella “sana alimentazione” non
vanno mai abbandonate;
3.
GARANTIRE SEMPRE UN PASTO ORGANOLETTICAMENTE VALIDO (i cibi
debbono essere gradevoli alla vista ed al palato; gli utenti sono particolarmente sensibili ed “esigenti” e il rifiuto del cibo in mensa può diventare “contagioso”)
4.
GARANTIRE SEMPRE IL LIVELLO QUALITATIVO PREVISTO (rispettare gli
standard fissati e gli impegni assunti nei Capitolati)
STRATEGIE OPERATIVE PER LA RISTORAZIONE SCOLASTICA
• qualità’ prodotta e qualità’ percepita devono marciare in parallelo
• continuità’ alimentare tra scuola e famiglia
• maggiore attenzione a spazi e tempi
• educazione alimentare pratica
• no alla eccessiva standardizzazione
• valorizzare l’autonomia
• adulto garante e presente ma non intrusivo
RISTORAZIONE SCOLASTICA: GLI ATTORI E LE COMPETENZE
Nel campo della ristorazione scolastica sono coinvolti diversi soggetti:
AMMINISTRAZIONE COMUNALE
AZIENDA PER I SERVIZI SANITARI
UTENZA (Commissione controllo qualità)
DITTE APPALTATRICE
INSEGNANTI E DIRIGENTI SCOLASTICI
COMPETENZE DEL COMUNE:
• Scelta della tipologia di servizio;
• Programmazione ed allocazione delle risorse economiche;
• Gestione del servizio e controllo sull’attività delle ditte appaltatrici;
• Controllo sull’andamento complessivo del servizio di ristorazione scolastica:
(qualità delle derrate e dei pasti, del livello qualitativo del servizio, del rispetto
dei menù)
COMPETENZE AZIENDA PER I SERVIZI SANITARI:
• procedimenti autorizzativi
• vigilanza e controllo su strutture e processi (D.Lgs. 123/93 e 155/97)
• gestione interventi in caso di tossinfezioni
56
•
•
•
predisposizione linee guida e di indirizzo
sorveglianza igienica sul personale
sorveglianza nutrizionale
COMPETENZE COMMISSIONE CONTROLLO:
• valutazione sulla qualità del servizio
• valutazione sul gradimento dell’utenza e stimolo al miglioramento del servizio
COMPETENZE DITTE APPALTATRICI:
• gestione del servizio/fornitura secondo il capitolato
• impostazione valide procedure di autocontrollo
• erogazione di un servizio di qualità
• formazione ed aggiornamento personale dipendente
• collaborazione con l’Amministrazione Comunale nel miglioramento del servizio.
LE DIETE SPECIALI
DAL CAPITOLATO GENERALE D’APPALTO PER IL SERVIZIO DI RISTORAZIONE SCOLASTICA NEI NIDI D’INFANZIA, SCUOLE D’INFANZIA E SCUOLE DELL’OBBLIGO
• Per “Dieta Speciale” si intende un regime alimentare differente da quello fornito
normalmente dalla refezione scolastica.
• Esso risponde a specifiche esigenze cliniche degli utenti per patologie o motivi
etici sulla base di certificazione medica.
• La Ditta Appaltatrice è tenuta ad istituire un apposito registro delle “Diete Speciali” sul quale annotare per ogni utente il regime dietetico richiesto tramite
certificazione medica convalidata in caso di patologie o motivi etici, od autocertificazione in caso di motivi religiosi.
• La Ditta Appaltatrice è altresì tenuta al continuo aggiornamento del registro ed
alla sua conservazione per tutta la durata dell’appalto, nonché a renderlo disponibile al Committente tutte le volte che ne faccia richiesta.
• Le spese inerenti all’acquisto di materie prime, eventualmente non previste nelle
tabelle merceologiche allegate, ma necessarie per la preparazione di eventuali
“Diete Speciali” è a carico della Ditta Appaltatrice.
• Deve essere garantito agli utenti sottoposti a regime dietetico speciale, un menù
variato ed il più possibile simile a quello dei compagni di sezione.
LA GESTIONE DELLE DIETE SPECIALI
con riferimento al D.Lgs. 30.06.2003, n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati
personali”
• Si tratta di un fenomeno in costante aumento nel campo della ristorazione scolastica.
• Le diete speciali sono menù ad hoc predisposti in relazioni a particolari esigenze di carattere medico di alcuni utenti.
• Accanto alle diete speciali si trovano anche richieste di alimentazione particolare per ragioni religiose o etniche.
• La dieta speciale è un vero e proprio atto terapeutico ed è pertanto di competenza del personale sanitario.
LEGGE 4 luglio 2005, n. 123
“Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia”
57
Nell’ambito delle patologie che prevedono l’erogazione di pasti secondo diete speciali,
un posto di notevole rilievo occupa senz’altro la malattia celiaca.
Considerata la diffusione di questa intolleranza permanente al glutine e la necessità che
i soggetti affetti da celiachia godano di un normale inserimento nella vita sociale, il legislatore con la legge 4 luglio 2005, n. 123 “Norme per la protezione dei soggetti malati
di celiachia” ha dettato alcune disposizioni che prevedono interventi rivolti ai seguenti
obiettivi.
a) effettuare la diagnosi precoce della malattia celiaca e della dermatite erpetiforme;
b) migliorare le modalità di cura dei cittadini celiaci;
e) effettuare la diagnosi precoce e la prevenzione delle complicanze della malattia
celiaca;
d) agevolare l’inserimento dei celiaci nelle attività scolastiche, sportive e lavorative
attraverso un accesso equo e sicuro ai servizi di ristorazione collettiva:
e) migliorare l’educazione sanitaria della popolazione sulla malattia celiaca;
f) favorire l’educazione sanitaria del cittadino celiaco e della sua famiglia;
g) provvedere alla preparazione e all’aggiornamento professionali del personale
sanitario;
h) predisporre gli opportuni strumenti di ricerca.
DIETE SPECIALI nel Comune di Parma anno scolastico 2007/2008
Riferimento mese di gennaio 2008
Nido – Scuola Infanzia – Scuola Primaria e secondaria di 1° Grado
• TOTALI PER TIPOLOGIA
• Patologia
356 di cui 16 idiosincrasie
• motivi religiosi
497
• motivi particolari
6
• Temporanee
9
• Variazioni di menù
31
• Insegnanti
69
• TOTALE GENERALE
968 circa il 7,5%
(di cui 632 Lotto1 e 336 Lotto 2)
• Totali iscritti al servizio di ristorazione : 12.900
MODALITÀ PER LA RICHIESTA DI DIETA SPECIALE
(dalla Carta del Servizio Ristorazione)
• Per i bambini ai quali sia stata diagnosticata una effettiva patologia di tipo allergico o intolleranza a determinati alimenti o altra patologia che richieda dieta
specifica , tale patologia dovrà essere segnalata sulla certificazione del Pediatra di Base o del Centro che ha in cura il bambino.
• In caso di certificazioni non chiare, l’Amministrazione si riserva di chiedere ulteriori chiarimenti.
• Tale certificazione dovrà essere rivalutata annualmente secondo tali modalità:
• con riconferma autocertificata con apposito modulo nel caso si riconfermi la
dieta dell’anno precedente ( durante la chiusura estiva l’Ufficio Ristorazione invierà ai genitori il modulo per la riconferma o meno della dieta da restituire via
fax o per posta secondo le indicazioni allegate.
• con presentazione di nuovo certificato medico consegnato in originale unitamente al modulo di richiesta all’Ufficio Ristorazione Scolastica – DUC che
58
•
•
•
provvederà a farne avere copia alla Scuola e alla Ditta Appaltatrice (anche alle
insegnanti se il bambino frequenta il Nido o la Scuola Infanzia)
Non è richiesta riconferma per i bambini con patologie croniche (es. Diabete,
celiachia, favismo) o per i motivi religiosi durante la frequenza ad un ciclo scolastico, verrà richiesta anche ad essi nel passaggio da un ciclo all’altro ( es. da
Nido a Scuola Infanzia, da Scuola Infanzia a primaria ecc.)
Il certificato dovrà essere consegnato unitamente al relativo modulo di richiesta, contenente i dati del bambino e firmato dal genitore, in distribuzione presso
le sezioni di appartenenza.
Si ricorda che la certificazione medica dovrà sempre essere rinnovata in occasione del passaggio da un ciclo di istruzione all’altro ( dal Nido alla Scuola
Infanzia , dalla Scuola Infanzia alla Primaria, dalla Primaria alla Secondaria di 1°
grado).
PER LA SCUOLA DELL’OBBLIGO :
• In caso di trasferimento da una scuola ad un’altra o da una sezione ad un’altra
della stessa scuola oppure in caso di ritiro in corso d’anno i genitori interessati
dovranno consegnare all ’Ufficio Ristorazione Scolastica – Settore Educativo
c/o – DUC Lg.Torello de Strada una dichiarazione del ritiro o cambiamento
producendo la certificazione medica anche in fotocopia nella sezione/scuola
dove si frequenterà.
• E’ importante la collaborazione dei genitori al fine di aggiornare correttamente il
registro annuale delle diete speciali
• In tutti questi casi sono predisposte diete apposite, registrate con un codice di
riferimento che evidenzia gli alimenti da escludere.
• I menu elaborati per particolari patologie (per esempio l’intolleranza al glutine)
e per bambini in svezzamento degli Asili nido, rispondono fedelmente alle prescrizioni mediche utilizzando gli alimenti suggeriti dal pediatra di famiglia.
• Tuttavia, con riferimento ai tempi di consegna delle diete particolari, occorrerebbe che:
• le diete speciali “codificate” siano fornite agli interessati, entro 5 giorni dalla
data di consegna all’ufficio ristorazione del certificato (per motivi di salute o
etici), o della richiesta (per motivi religiosi);
• le diete speciali“non codificate, ossia complesse” non presenti nell’ elenco della
scheda, e quindi ancora da elaborare, saranno fornite a chi ne ha fatto richiesta
entro 8 giorni dalla data di consegna del certificato medico;
MODALITÀ PER LA COMUNICAZIONE DI FINE DIETA SPECIALE:
• Potrà essere effettuata compilando il modulo che annualmente l’Ufficio Ristorazione invia (generalmente durante la chiusura estiva) ai genitori con la richiesta
di confermare o meno la dieta speciale in corso. Oppure, durante il corso dell’anno, qualora non sussistano più i motivi sanitari, inviando una autocertificazione firmata dal genitore in carta semplice con l’indicazione della data da cui
far decorrere l’interruzione.
PRINCIPALI TIPOLOGIE DI DIETE SPECIALI
• diete prive di glutine
• diete prive di latte e derivati
• diete prive di uovo
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•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
diete prive di uova, latte e derivati
diete prive di latte e derivati & pesce
diete prive di uova, pesce, latte e derivati
diete prive di pesce
diete prive di uovo e pesce
diete prive di legumi
diete prive di pomodoro
diete prive di crostacei
diete prive di frutta secca
diete prive di carne di maiale
diete destinate a musulmani rigidamente osservanti
ESEMPLIFICAZIONE DI MODALITÀ OPERATIVE DA PARTE DELLE DITTE APPALTATRICI
• ” L’azienda garantisce l’erogazione di diete speciali per esigenze religiose, etiche e di carattere sanitario in seguito a ricevimento via fax o per consegna a
mano, da parte degli uffici comunali competenti, della specifica richiesta, in associazione al certificato medico convalidato dal pediatra di Comunità dell’ Ausl
, in caso di diete speciali per patologie , e di auto-dichiarazione del genitore, in
caso di diete etico –religiose.
• Successivamente al ricevimento della suddetta documentazione l’ufficio qualità XXXX provvede ad inoltrare al cuoco preposto , tramite corriere, copia del certificato medico e/o auto-dichiarazione del genitore entro il giorno successivo al
relativo ricevimento da parte del Comune di Parma.
• XXXX garantisce l’applicazione del relativo regime dietetico speciale entro massimo 5/8 giorni dal ricevimento della suddetta documentazione da parte del Comune di Parma , attraverso l’applicazione di un menù variato ed il più possibile
simile a quello degli altri compagni di classe ( menù convenzionale), secondo
i principi dietetici riportati nel allegato B del Capitolato d’appalto del Comune
di Parma (tabelle dietetiche e menù) e nella IST 22 01 “LINEE GUIDA PER LA
PREPARAZIONE DI DIETE SPECIALI”.
• L’ufficio qualità , contestualmente all’invio dei certificati medici alle cucine,
provvedere ad effettuare una formazione ad hoc al personale di cucina preposto alla preparazione delle diete speciali.
• L’ufficio qualità, sulla base delle specifiche richieste di diete speciali, in collaborazione con ufficio acquisti, provvede alla ricerca, valutazione di conformità
di prodotti dieto-terapeutici da erogare, che verranno , un a volta approvati dalla
DIR, inseriti nel MOD …. “ Elenco prodotti dieto-terapeutici in dotazione c/o
mense scolastiche Comune di Parma” .
• Il MOD …. viene tenuto aggiornato dall’ufficio qualità , che provvede a inviare
gli aggiornamenti , via e-mail , all’ufficio acquisti, e agli ispettori di gestione, e,
via corriere c/o le mense interessate .
• Settimanalmente l’ufficio qualità provvedere ad inviare a tutte le mense scolastiche del Comune di Parma copia aggiornata del modulo ,,,,,, ( ELENCO CERTIFICATI MEDICI NIDI E SCUOLE DI INFANZIA COMUNE DI PARMA).
• L’ufficio qualità provvede inoltre ad inviare a tutte le cucine la procedura “LINEE
GUIDA PER LA GESTIONE DELLE DIETE SPECIALI”.
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PREPARAZIONE E DISTRIBUZIONE MENU’ PARTICOLARI
• Le diete vengono preparate giornalmente in ambienti dedicati al fine di evitare
contaminazioni crociate in fase di lavorazione alimenti.
• Ogni singola dieta viene distribuita in un contenitore e/o piatto mono-porzione
adeguatamente
• identificata con nome, classe, codice della dieta in apposita etichettatura
• contrassegnata con etichetta e/o pennarello indelebile , indicante il nome
dell’utente e il codice della dieta relativo a particolari patologie richieste dal
medico curante, compresa la merenda , qualora sia prevista.
La distribuzione delle diete avviene:
• utilizzando contenitori e utensili diversificati, quando necessario
• servendo prima i bambini allergici rispetto ai fruitori del pasto tradizionale, verificando nome e preparazione
Distribuzione di diete speciali presso terminali d’asporto:
• - ogni singola dieta viene distribuita in contenitore mono-porzione
• - identificata con nome, classe, codice della dieta sull’apposita etichetta
• - contrassegnata con etichetta e/o pennarello indelebile , indicante il nome
dell’utente e il codice della dieta relativo a particolari patologie richieste dal
medico curante, compresa la merenda , qualora sia prevista.
Si sottolinea l’importanza dell’Educazione Alimentare per informare e sensibilizzare i
coetanei e il personale educativo. Si garantisce inoltre una migliore qualità di vita trasformando la diversità in ricchezza.
61
Lezioni di cucina
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Organizzate in collaborazione con Barilla S.p.A., con l’Azienda USL, con le Ditte di ristorazione hanno previsto un approfondimento sugli aspetti affettivi, emozionali e sensoriali
legati all’alimentazione oltre ribadire l’importanza di una dieta giornaliera equilibrata.
Nel corso delle lezioni sono stati preparati i piatti presenti nel menù scolastico oggetto
di analisi sensoriale e valutatazione nelle scuole da parte dei bambini con le loro insegnanti.
Una Lezione è stata dedicata alla cucina di diete speciali e l’ultimo incontro ha visto i
bambini protagonisti in cucina ( sono state premiate le classi con i bambini e le insegnanti
che hanno inviato le ricette più gustose) .
Destinatari delle lezioni:
1. genitori della Commissione Controllo Qualità Ristorazione
2. genitori di bambini con alimentazione a regime dietetico
3. insegnanti e bambini aderenti al progetto
4. insegnanti referenti di attività motoria del progetto 1,2,3 Via
Le ricette sono state create per una famiglia composta da: due adulti, un bambino della
scuola dell’infanzia e uno della scuola dell’obbligo del 2°ciclo.
gli ingredienti si intendono al crudo e al netto dagli scarti di cucina.
Il peso della frutta per la tipologia di famiglia presa a campione, corrisponde a gr. 570
ricette presentate:
riso ai funghi, arrotolato di frittata con verdure (2 tipi), cappuccio e carote, kiwi
mezze penne agli spinaci, lonza al forno, patate al forno, pera
gnocchi alla maggiordomo, sformato di legumi, finocchi crudi, mela
orecchiette con broccoli o cime di rapa, halibut dorato, insalata mista, banana
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18\02\08
Riso ai funghi
Ingredienti:
Riso 320 gr.
Cipolla 30 gr.
Aglio 1 spicchio
Funghi surgelati 80 gr.
Olio extrav. d’oliva 10 gr.
Polpa o passata di pomodoro 130 gr.
Parmigiano-Reggiano grattugiato 26 gr.
Prezzemolo e basilico Q.B.
Sale fino Q.B.
Preparazione:
Tritare finemente cipolla e aglio e stufarli con olio e un
cucchiaio di acqua. Aggiungere i funghi precedentemente tritati facendo cuocere per 5 minuti circa. Unire la polpa o la passata di pomodoro e continuare la
cottura a fuoco moderato per circa 10 minuti. Nel
frattempo mondare, lavare e tritare prezzemolo e basilico, aggiungerli alla salsa e salare. Lessare il riso
per 20 minuti circa, scolarlo, condire con il sugo di
funghi, spolverizzare con parmigiano reggiano e servire.
N.B.: in alternativa ai funghi surgelati si possono utilizzare anche gr. 30\40 di funghi secchi: in questo
caso è necessario metterli in ammollo in acqua tiepida circa 20 minuti prima del loro utilizzo.
18\02\08
Arrotolato di frittata
con verdure (primo tipo)
Preparazione:
Lessare separatamente fagiolini e spinaci, scolare le
verdure e lasciarle raffreddare. Mondare, lavare e tritare il prezzemolo. Preparare un composto con uova
e farina, avendo cura di mescolare bene per non formare grumi. Aggiungere latte, parmigiano reggiano,
prezzemolo e sale. Versare il composto ottenuto in
una teglia foderata con carta da forno e cuocere in
forno a 150°\160° per 10 minuti.
Nel frattempo tritare fagiolini e spinaci e unirli alla
ricotta stemperata con una forchetta. Togliere la
frittata dal forno e subito dopo (deve essere ancora
calda) versare il ripieno di ricotta, fagiolini e spinaci.
Arrotolare la frittata su se stessa e formare un rotolo
ben compatto.
Fare raffreddare, tagliare a fette e rimettere in forno
caldo per 5 minuti a circa 150°.
Ingredienti:
Uova 290 gr. (6 uova circa)
Latte 75 gr.
Parmigiano-Reggiano grattugiato 25 gr.
Farina bianca 20 gr.
ricotta 80 gr.
fagiolini surgelati 80 gr.
spinaci surgelati 150 gr.
prezzemolo q.b.
sale fino q.b.
18\02\08
Arrotolato di frittata
con verdure (secondo tipo)
Preparazione:
Tritare la cipolla e stufarla in olio e acqua.
Aggiungere i piselli e cuocerli per circa 15 minuti.
Preparare un composto con uova e farina , avendo
cura di mescolare bene.
Aggiungere latte, 25 gr. di Parmigiano-Reggiano, piselli e sale. Versare il composto in una teglia foderata
con carta forno e cuocere in forno a 150°/160° per 10
minuti. Lessare le carote.
Tagliare a fette sottili l’asiago.
Togliere la frittata dal forno, ricoprire con l’asiago,
aggiungere le carote e spolverizzare con il rimanente
parmigiano reggiano.
Arrotolare la frittata su se stessa.
Fare raffreddare, tagliare a fette e rimettere in forno
caldo per 5 minuti a circa 150°.
Ingredienti:
Uova 290 gr. (6 uova circa)
Latte 75 gr.
Parmigiano-Reggiano grattugiato 45 gr.
Farina Bianca 20 gr.
Cipolla 20 gr.
Piselli Surgelati 50 gr.
Carote Surgelate 100 gr.
Olio extravergine d’oliva 10 gr.
Asiago (o altro formaggio) 60 gr.
Sale q.b.
18\02\08
Carote e Cavolo Cappuccio
Ingredienti:
Carote 215 gr.
Cavolo cappuccio 95 gr.
Olio extravergine d’oliva 35 gr.
Aceto q.b.
Sale fino q.b.
Preparazione:
Lavare e pelare le carote.
Togliere le foglie esterne al cavolo cappuccio e
lavare.
Tagliare le carote a julienne e il cavolo a strisce
sottili. Mettere le verdure nell’insalatiera e condire
con olio, aceto e sale.
N.B. : trattandosi di verdure abbastanza coriacee
si consiglia di condire 10 minuti prima del consumo.
25\02\08
Mezze penne agli spinaci
Ingredienti:
Mezze penne di semola 320 gr.
Cipolla 20 gr.
Olio extrav. d’oliva 15 gr.
Spinaci surgelati 100 gr.
Latte 125 gr.
Farina bianca 10 gr.
Burro 10 gr.
Parmigiano-Reggiano grattugiato 26 gr.
Noce moscata q.b.
Sale fino q.b.
Preparazione:
Tritare finemente la cipolla e stufarla con olio e un
cucchiaio di acqua.
Lessare gli spinaci, tritarli e unirli alla cipolla.
Cuocere a fuoco moderato per circa 5 minuti e salare.
Preparare una besciamella con latte, farina, burro e
noce moscata.
Unire gli spinaci alla besciamella e frullare il tutto.
Lessare la pasta e scolarla.
Condire con la crema di spinaci, il parmigiano reggiano e servire.
25\02\08
Lonza di Maiale al forno
Preparazione:
Tritare cipolla e aromi e infarinare la carne.
Cospargere la lonza con il battuto.
In una teglia mettere l’olio, quindi adagiare la carne e infornare. Fare rosolare la carne da entrambi i
lati, irrorare con vino bianco, lasciare evaporare, aggiungere mezzo bicchiere di acqua e cuocere per
circa un’ora a 160° avendo cura di girarla spesso
senza forarla.
Togliere la lonza dal forno, affettarla e frullare il fondo di cottura.
Cospargere le fette di carne con la salsa ottenuta
e servire.
Ingredienti:
lonza di maiale 340 gr.
farina bianca 50 gr.
cipolla 30 gr.
olio extravergine d’oliva 20 gr.
vino bianco ml. 100
rosmarino, alloro, salvia q.b
sale fino q.b.
25\02\08
Patate al forno
Preparazione:
Sbucciare le patate, lavarle e ridurle a tocchetti.
Metterle in una teglia rivestita con carta forno e aggiungere olio miscelato con 2 cucchiai di acqua.
Cospargere gli aromi e l’aglio precedentemente tritati
e salare.
Infornare per circa 30 minuti a 180° avendo cura di
mescolare di tanto in tanto.
Ingredienti:
Patate 530 gr.
Olio extravergine d’oliva 35 gr.
Aglio 1 spicchio
Aromi misti (salvia\rosmarino) q.b.
Acqua q.b.
Sale fino q.b.
03\03\08
Gnocchi alla “maggiordomo”
Ingredienti:
Gnocchi di patate freschi (o surgelati) 810 gr.
Cipolla 30 gr.
Polpa o passata di pomodoro 230 gr.
Olio extravergine d’oliva 5 gr.
Zucchero 5 gr.
Latte 125 gr.
Farina bianca 10 gr.
Burro 15 gr.
Parmigiano regg. gratt. 26 gr.
Noce moscata q.b.
Sale fino q.b.
Preparazione:
Tritare la cipolla e stufarla con l’olio e un cucchiaio d’acqua. Unire polpa o passata di pomodoro e cuocere per circa 15 minuti.
Aggiungere zucchero e sale.
Preparare una besciamella con latte, farina, burro, noce moscata e amalgamare al sugo di pomodoro. Lessare gli gnocchi, scolarli, condirli
con la crema alla “maggiordomo” e il parmigiano
reggiano grattugiato.
03\03\08
Sformato di legumi
Ingredienti:
Patate 350 gr.
Fagioli cannellini 15 gr.
Fagioli borlotti 15 gr.
Piselli (surg) \ carote \ zucchine 100 gr.
Cipolla 10 gr.
Aglio 2 spicchi gr.
Uova 50 gr. (1 uovo)
Parmigiano-Reggiano grattugiato 40 gr.
Olio extravergine d’oliva 10 gr.
Pangrattato q.b.
Sale fino q.b.
Salvia nr. 2 foglie
Preparazione:
Mettere in ammollo i fagioli borlotti e i cannellini per
10\12 ore avendo cura di cambiare l’acqua.
Lavare le patate e lessarle con la buccia per 30 minuti. Lessare i fagioli per circa 1 ora.
Lavare e tagliare a cubetti carote e zucchine.
Tritare cipolla e salvia, farli stufare in olio e 1\2 bicchiere di acqua insieme a carote, piselli, zucchine e
aglio e cuocere per 10\15 minuti. A cottura quasi ultimata farvi insaporire i fagioli.
Sbucciare le patate, passarle nello schiacciapatate,
ridurre i fagioli e le verdure a purea e infine unire il tutto. Aggiungere uova, 30 gr. di parmigiano grattugiato
e sale. Versare il composto in una teglia foderata con
carta da forno. Spolverizzare con i rimanenti 10 gr. di
parmigiano grattugiato e pangrattato.
Infornare per 20 minuti a 170°.
03\03\08
Finocchi crudi
Preparazione:
Mondare, lavare e asciugare i finocchi eliminando
tutte le parti verdi e le foglie esterne più dure.
Ridurli a fette sottili con coltello o con l’affettatrice e
metterli nell’insalatiera.
Condire con olio, aceto e sale.
N.B.: si può preparare una salsa emulsionando in
una ciotola aceto e sale e aggiungendo infine l’olio\
si consiglia di condirli 10 minuti prima del loro utilizzo.
Ingredienti:
Finocchi 430 gr.
Olio extravergine d’oliva 35 gr.
Aceto q.b.
Sale fino q.b.
10\03\08
Orecchiette con broccoli
o cime di rapa
Preparazione:
Mondare, lavare e lessare i broccoli (o cime di rapa),
conservare l’acqua di cottura che verrà utilizzata successivamente.
Tritare e stufare lo spicchio d’aglio con olio e un cucchiaio di acqua, aggiungere i capperi tritati, le acciughe e i broccoli tritati. Lessare le orecchiette nell’acqua di cottura dei broccoli.
Fare insaporire la pasta insieme all’aglio, al composto di capperi e acciughe e ai broccoli. Se il tutto dovesse risultare troppo legato, diluire con l’acqua di
cottura.
A piacere spolverizzare con parmigiano reggiano.
Ingredienti:
Orecchiette 320 gr.
Broccoli o cime di rapa 150 gr.
Aglio 1 spicchio
Capperi 10 gr.
Acciughe n. 2 filetti sott’olio
Parmigiano-Reggiano grattugiato 26 gr.
Olio extravergine d’oliva 10 gr.
Sale fino q.b.
10\03\08
Filetto di halibut dorato
Ingredienti:
Filetto di halibut 520 gr.
Pangrattato 100 gr.
Olio extravergine d’oliva 30 gr.
Aromi misti (rosmarino\salvia\timo) q.b.
Sale fino q.b.
Preparazione:
Tritare finemente gli aromi.
Mettere il pangrattato in una ciotola, unirvi gli aromi,
il sale e versare l’olio cercando di farlo assorbire al
composto in modo uniforme.
Passare i filetti di halibut nell’impanatura da entrambi i lati, disporli in una teglia rivestita da carta
forno e infornare (forno caldo) per circa 15\20 min.
a 160°.
10\03\08
Insalata mista
Ingredienti:
Insalata verde 95 gr.
Radicchio rosso (tipo chioggia) 95 gr.
Olio extravergine d’oliva 35 gr.
Aceto q.b.
Sale fino q.b.
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Preparazione:
Mondare l’insalata e il radicchio avendo cura di
eliminare le foglie esterne e le parti più dure.
Lavare accuratamente e ripetutamente la verdura e
asciugare nella centrifuga.
Ridurre a striscioline.
Condire con olio, aceto e sale.
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Bambini in cucina!
Gustando e cucinando
si impara
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Durante la lezione del 31 Marzo sono state premiate, con la consegna dei diplomi, le
5 classi, fra le 25 partecipanti, che hanno presentato le ricette più curiose e gustose,
prendendo parte attivamente ai laboratori “Bambini in cucina. Gustando e cucinando si
impara!”, realizzati sempre all’interno del progetto “Crescere in armonia”.
I bambini e le bambine delle classi premiate, nell’occasione, hanno illustrato e cucinato le
loro ricette, affiancati dallo chef Barilla Roberto Bassi, raccontando la loro esperienza.
L’obiettivo era quello di intervenire sul vissuto concreto dei bambini / utenti del servizio,
facendo loro sperimentare nuovi comportamenti alimentari con proposte di percorsi
educativi di scoperta del gusto. Durante la prima fase, “Alla scoperta dei sensi - Laboratori
del gusto a mensa”, nelle classi si è proceduto alla rilevazione della gradibilità del pasto
(in specifici giorni) attraverso la somministrazione di schede appositamente studiate in
collaborazione con l’Azienda USL. I laboratori del gusto hanno permesso di valutare
consapevolmente i cibi proposti e di fornire, allo stesso tempo, elementi di cambiamento
utili. Nella seconda fase, “Il piatto che vorrei”, i bambini, con la collaborazione delle
insegnanti e/o dei genitori, hanno creato semplici ricette con frutta, verdura, legumi,
cereali o gli alimenti dei menu analizzati insieme. Cinque di queste ricette sono state
selezionate e hanno ricevuto oggi il premio.
Le ricette vincitrici, che saranno probabilmente inserite nel menu delle scuole il prossimo
anno scolastico, sono:
1)
Ruote al verde (ricetta veloce e nutritiva per cucina “Mordi e corri... in palestra”) - Scuola P. Racagni - classe 1a A - Insegnante Francesca Savy
2) Caramelle ripiene (ricetta fantasiosa, creativa e salutare) - Scuola N. Palli - classe
3a - Insegnante Luciana Zanni
3)
Polpettone muscoloso (per titolo fantasioso, allegro, ricetta che ha utilizzato
i legumi, in genere alimento poco gradito, con un nome che evoca l’effetto
energetico) - Scuola Padre Lino Maupas - classe 2a A - Insegnante Agnese
Tomasini
4)
Strudel (ricetta gustosa e tradizionale, premiata in quanto dalle classi della insegnante sono state prodotte moltissime ricette di vario genere ricchissime di
fantasia e anche molto gustose) - Scuola O. Campanini - classe 3a - Insegnante
Valeria Coppi
5)
Macedonia orientale (ricetta esotica che invita a consumare frutta con evocazioni fantastiche) - scuola Bottego - classe 3a A - Insegnante Elga Forti e
Giovanna Petrolini
Il progetto “Crescere in armonia. Educare al benessere” è promosso dal Comune di Parma
– Assessorato alle Politiche per l’Infanzia e per la Scuola con il contributo di Università
degli Studi di Parma, Ufficio Scolastico Provinciale, Azienda U.S.L. e Barilla S.p.A.
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Classi vincitrici :
• Scuola Primaria P. Racagni - classe 1a A- Insegnante Savy Francesca
• Scuola Primaria N.Palli - classe 3a A- Insegnante Luciana Zanni
• Scuola Primaria Padre Lino Maupas - classe 2a A - Insegnante Agnese
Tomasini
• Scuola Primaria O.Campanini - classe 3a - Insegnante Valeria Coppi
• Scuola Primaria Bottego - classe 3a A - Insegnante Forti Elga e Giovanna
Petrolini
Classi partecipanti:
1. Scuola PrimariaL. Maupas Classe 3a A insegnante Manuela Caselli
2. Scuola Primaria N. Palli 3a B insegnante Daniela Terzi
3. Scuola Primaria O. Campanini 4a A insegnante Valeria Coppi
4. Scuola Primaria Vigatto 5a A insegnante Bandini
5. Scuola Primaria Vigatto 3a A insegnante Pangallo
6. Scuola Primaria Don Milani 1a B insegnante Maura Calzetti
7. Scuola Primaria Pezzani 4a A insegnante Loredana Dall’Aglio
8. Scuola Primaria A. Frank 3a B insegnante Dolores Pagliara
9. Scuola Primaria A. Frank 4a B insegnante Maria Lisa Zanlari
10. Scuola Primaria Toscanini 1a D insegnante Carmen De Bella
11. Scuola Primaria Toscanini 4a E insegnante Carmen De Bella
12. Scuola Primaria Toscanini 4a C insegnante Carmen De Bella
13. Scuola Primaria J. Sanvitale 5a A insegnante Maria Teresa Berzioli
14. Scuola Primaria J. Sanvitale 5a C insegnante Maria Teresa Berzioli
15. Scuola Primaria G.Verdi/ Corcagnano 2a A insegnante Mariangela Carrano
16. Scuola Primaria G.Verdi/ Corcagnano 2a B insegnante Mariangela Carrano
17. Scuola Primaria S.Orsola 2a insegnante Debora Valesi
18. Scuola Primaria S.Orsola 5a insegnante Ingrid Meli
19. Scuola dell’infanzia Comunale Fantasia Insegnante Sezione 8 insegnante Giovanna Bazzini
20. Scuola dell’infanzia Comunale Fantasia Insegnante sezione 6 Lella Rossi
21. Scuola dell’infanzia Comunale Locomotiva Sezione Orario Ridotto Insegnante
Cristina Neri
22. Scuola dell’infanzia Comunale Alice Sezione 3 Insegnante Donatella Cornoni
23. Scuola dell’infanzia Comunale Alice Sezione 2 Insegnante Francesca Chierici
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Ricette vincitrici
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Il 3 aprile 2008 presso l’Auditorium Paganini, sono stati consegnati i diplomi alle scuole
che hanno partecipato, inviando 396 ricette, al progetto “Bambini in cucina. Gustando
si impara!”, realizzato nell’ambito del progetto “Crescere in armonia. Educare al benessere”.
L’evento è stato inserito nella “Settimana del Benessere” indetta dal Ministero della Pubblica Istruzione e coordinata dall’Ufficio Scolastico dell’Emilia Romagna.
E’ stato inoltre conferito un diploma di riconoscimento ai Servizi per l’Infanzia Nidi e
Scuole Infanzia Comunali e a tutti i Dirigenti Scolastici in quanto tutti i plessi sono regolarmente impegnati in attività di educazione alimentare e Motoria e in laboratori del
gusto.
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Food Bus
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Escursioni, visite guidate a numero chiuso, destinate alle insegnanti di progetto, genitori
della Commissione Controllo con i loro bambini per visitare:
1. Azienda alimentare Barilla G. e R. Fratelli S.p.A.
2. Centro di cottura Camst
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indice
“L’Educazione Alimentare e Motoria
nella scuola per il benessere dei bambini”
2
Da qui all’obesità. Riflessioni su un’epidemia annunciata - Prof. Leone Arsenio
4
Attività fisica e corretta alimentazione per il benessere del bambino - Dott. Gianfranco Beltrami
9
“Bambini in cucina!” Gustando e cucinando si impara - Fiorenza Ciarelli
12
La giornata alimentare - Dott.ssa Marta Mattioli
18
Alimentazione: relazioni, appartenenza e modelli culturali - D.ssa Alessandra Tessoni
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Alimentazione in età evolutiva - Maurizio Vanelli, Chiara Scarabello
25
Alimentazione e attività motoria: rilevazione e standardizzazione
dei dati biometrici ed antropometrici - Marco Vitale
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I benefici dell’attività fisica in età evolutiva proposte didattico formative - Prof. Elio Volta
35
“Le patologie gastroenterologiche nel bambino
e nell’adolescente correlate agli alimenti”
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Il reflusso gastroesofageo - F. Guatelli, G.L. de’ Angelis
40
La sindrome dell’intesitno irritabile - B. Bizzarri, L. Rizzuti
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La stipsi funzionale - V. Maffini, L. Bianchi
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Le allergie alimentari - F. Vincenzi, L. Bianchi
48
La malattia celiaca - F. Fornaroli, L. Rizzuti
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Dinamiche intrafamiliari nella dietoterapia del bambino - Prof. Francesco Pisani
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La ristorazione scolastica nell’alimentazione “diversa” consistenza e procedure
delle diete speciali - Fiorenza Ciarelli
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Lezioni di cucina
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Bambini in cucina! Gustando e cucinando si impara
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Food Bus
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Progetto a cura di Fiorenza Ciarelli
Responsabile Struttura Operativa Ristorazione Scolastica ed Educazione Alimentare
Finito di stampare nel mese di giugno 2008 da
Parma
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