TESI FERRI CATERINA
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TESI FERRI CATERINA
SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE DEGLI INSEGNANTI DEL VENETO Autoritratto: specchio dell'Io o rappresentazione allo specchio? SSIS VENETO - IX CICLO aa. 2008 – 2009 INDIRIZZO ARTE E DISEGNO Studente: Caterina Ferri Abilitazione A061 – Storia dell'arte Relatore: prof. Carlo Di Raco Per me l'arte è un'ossessione della vita e poiché siamo degli esseri umani, siamo noi il soggetto della nostra ossessione. Francis Bacon Indice 1 3 8 13 22 26 28 38 58 59 61 62 66 Introduzione Il modulo: scheda tecnica Rappresentazione e autoritratto Cenni per una storia dell'autoritratto Tecniche artistiche L'autoritratto e la riflessione sul tempo Io è un altro Specchi e photomatic Fotoritratto criminale e arte Autoritratto multiplo Percorsi cinematografici Verifiche Bibliografia e sitografia Introduzione Autoritratto: specchio dell'Io o rappresentazione allo specchio? Introduzione Il modulo didattico, inteso come un progetto di tipo interdisciplinare, è pensato per l'ultimo anno di Liceo classico e si sviluppa in sei lezioni distribuite lungo l'arco dell'anno. La proposta didattica degli indirizzi autonomi di sperimentazione dei Licei Classici prevede per l'ultimo anno una progettazione curricolare di tipo interdisciplinare, elemento caratterizzante dell'indirizzo stesso. Nell'ultimo anno di Liceo l'attività didattica interdisciplinare si concretizza nella cosiddetta area di progetto. Il consiglio di classe, all'inizio dell'anno scolastico, sceglie un tema, argomento-guida, su cui lavorare nel corso dell'anno. A partire da questo argomento-guida, i ragazzi possono costruire autonomamente dei loro percorsi di studio e di approfondimento da presentare all'Esame di Stato. Il tema dell'autoritratto1 si presta in modo particolare a questo tipo di sperimentazione. In arte, come in letteratura, è un genere che ha trovato il suo effettivo sviluppo nella cultura Occidentale. In particolare raggiunge la sua massima espressione nel corso del XIX secolo, da un lato per il “bisogno di vero”; dall'altro per l'affermarsi di un individualismo romantico che va di pari passo con la valorizzazione del singolo, che ritroviamo nella Costituzione americana e nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo nata dalla Rivoluzione Francese. Il ritratto e l'autoritratto non sono presenti nelle altre culture del mondo se non in conseguenza dell'influenza della cultura Occidentale. 1 P. Azara, L'occhio e l'ombra. Sguardi sul ritratto in Occidente, Milano, Bruno Mondadori, 2005. La storia di questo genere artistico (ma anche letterario) si intreccia con il pensiero filosofico e politico e su un altro versante con il modo di pensare, nella tradizione estetica e nella pratica artistica, alla nozione di rappresentazione. Questo aspetto sembra a tal punto nodale da far sorgere il dubbio che in realtà dietro all'autoritratto non si celi solo il desiderio narcisistico dell'artista di mettersi a nudo, ma bensì il desiderio di indagare a fondo l'azione del proprio fare. Lo studio dell'autoritratto, nelle sue diverse declinazioni, consente inoltre di analizzare opere che utilizzano diversi medium e differenti tecniche artistiche. L'attenzione all'aspetto tecnico e materiale dell'opera e come questo influisca in maniera determinante sulla realizzazione finale, ritengo sia un obiettivo particolarmente importante del progetto. Nel corso dell'esperienza di tirocinio è emerso che l'insegnamento della storia dell'arte nel Liceo classico dovrebbe valorizzare maggiormente gli elementi propri del linguaggio artistico e privilegiare una lettura dell'opera d'arte che non sia esclusivamente di taglio storico. La necessità di ripensare e di arricchire l'insegnamento della disciplina in questa direzione, emerge quindi dall'esperienza diretta e dall'analisi del contesto scolastico per cui questo progetto è ideato. Dopo una fase iniziale di ricerca, si ipotizza di avviare, assieme agli studenti. un laboratorio per la realizzazione di un autoritratto ed eventualmente di una mostra. L'interesse riscontrato durante la lezione di tirocinio ha permesso di verificare la validità dell'ipotesi. Il processo di autoanalisi che infatti innesca la progettazione di un autoritratto è evidentemente in sintonia con gli studenti di questa fascia d'età che per altro stanno sviluppando la consapevolezza della propria identità. Nel progetto didattico si è tracciato un percorso principale fornendo via via alcuni suggerimenti di possibili percorsi alternativi. 1 Introduzione Il tema scelto è molto vasto e difficilmente esauribile. L'argomento si presta a molteplici possibilità di lettura e ad essere analizzato da diversi punti di vista. Moltissime le opere e gli artisti che si potrebbero proporre come esempi. Le opere sono state scelte in base all'importanza e alla valenza che la letteratura critica gli attribuisce e in base alle proprie scelte personali. Il progetto è un progetto aperto, ovviamente disponibile ad accogliere le esigenze e le passioni degli studenti. Se su un piano storico-critico le scelte di gusto personali possono essere prive di rigore scientifico, sono convinta che siano una componente imprescindibile per un insegnamento e un apprendimento di qualità. Per favorire la comunicazione e lo scambio di materiali tra i componenti del gruppo di ricerca e del laboratorio, si è ipotizzato di utilizzare gli strumenti informatici offerti dal web. La prima possibilità è l'apertura di un blog del progetto. In alternativa al blog, si può formare un gruppo di studio su facebook aperto solo agli studenti del progetto. Quest'ultimo a differenza del blog, consente un livello di interazione e scambio maggiore tra i componenti del gruppo. La scelta di uno strumento di condivisione del sapere rispetto ad un altro va in ogni caso valutato in base al contesto in cui ci si trova ad operare e al livello di informatizzazione degli studenti. 2 Il modulo Il modulo: scheda tecnica Destinatari III Liceo Classico:indirizzo autonomo di sperimentazione Discipline coinvolte Letteratura italiana; Letteratura inglese; Storia e Filosofia. Inserimento curricolare - Tempi di attuazione Area di progetto. Ultimo anno di liceo classico – l'argomento si sviluppa in sei lezioni distribuite lungo l'arco dell'anno scolastico. Quattro incontri di laboratorio pomeridiani. Prerequisiti La classe a cui proporre questo modulo deve essere in grado di analizzare in maniera approfondita ed autonoma l’opera d’arte, conoscere e utilizzare in modo pertinente il linguaggio specifico della disciplina, affrontare la lettura di testi critici complessi. Conoscenza di alcune figure di artisti fondamentali nell'ambito della storia dell'arte, della loro opera e del ruolo che avevano in quanto artisti nella società del tempo. Obiettivi Obiettivi disciplinari • Fornire un contributo allo sviluppo di capacità critiche autonome, anche attraverso lo sviluppo di una maggiore consapevolezza della propria identità in rapporto alla propria immagine e alla rappresentazione di sé. • Cogliere alcuni aspetti delle differenti declinazioni dell’autoritratto. • Indagare alcune delle spinte filosofiche e culturali che portano al rispecchiamento di sé e alla rappresentazione del proprio Io • • • profondo. Comprendere i mutamenti della funzione sociale dell'artista nelle varie epoche. Indagare gli aspetti mitici che hanno accompagnato la figura dell'artista e la nozione di fare arte, di essere artefici fin dall'antichità e dal Rinascimento e come questi elementi persistano ancora oggi o si siano trasformati. Fornire alcune indicazioni di come la poetica, la tecnica e la realizzazione dell’opera siano componenti inscindibili del risultato artistico. Obiettivi interdisciplinari Il modulo è progettato come area di progetto e ha quindi, come obiettivo principale, l'interdisciplinarietà. Gli apporti delle altre discipline posso intrecciarsi in particolare intorno ai seguenti nuclei tematici. In letteratura italiana e straniera: Decadentismo; Jean Frédéric Arthur Rimbaud; Oscar Wilde; Gabriele D'Annunzio; Italo Svevo, Luigi Pirandello; Virginia Wolf; Italo Calvino, per citarne alcuni. In Filosofia: Concetto di rappresentazione; Psicanalisi. In particolare il pensiero di alcuni autori: Friederich Nietzsche, Henri Bergson e Sigmund Freud, Edmond Hussler; Ludwig Wittgenstein. Tipologie di attività previste Il progetto prevede diverse tipologie di interventi didattici e di attività: • • • • lezioni partecipate attività di ricerca studio individuale e collaborativo incontri di laboratorio Introduzione dell'argomento attraverso una serie di lezioni partecipate 3 Il modulo da svolgersi nei primi mesi dell'anno scolastico. Alcuni argomenti verranno trattati nelle ore di compresenza con le altre discipline. Gli argomenti trattati nelle lezioni introduttive verrebbero poi ripresi ed approfonditi nel corso dell'anno scolastico ogni qualvolta il programma svolto abbia implicazioni con i temi dell'area di progetto. Alcuni incontri, anche pomeridiani, svilupperanno invece l'attività di laboratorio e di progettazione che vede gli studenti parte attiva e direttamente coinvolta nel processo di apprendimento. Durante queste attività si svilupperanno e approfondiranno: • • • • • Lettura, analisi e commento dell’immagine; lettura e analisi di testi critici; ricerca bibliografica e sitografica su specifiche tematiche; progettazione e realizzazione di un autoritratto; progettazione e allestimento di una mostra degli autoritratti realizzati dagli studenti. Strumenti e mezzi Computer con slide e proiezione immagini e video e impianto di amplificazione. Computer con collegamento alla rete internet. Macchina fotografica digitale. Registratore digitale. Modalità di verifica Prova disciplinare: domande aperte. Prova per l'attività di compresenza: saggio breve. Valutazione della presentazione dell'autoritratto. 4 Il modulo Descrizione delle fasi di lavoro Lezioni partecipate 1 lezione – 50 min. Introduzione al concetto di rappresentazione (da approfondire poi nella lezione in compresenza con Filosofia) Cenni per una storia dell'autoritratto. Albrect Dürer: tre autoritratti. Autoritratto da “visitatore” / Autoritratto firma. Autoritratto mascherato. L'autoritratto e la riflessione sul concetto di tempo: Rembrandt van Rijn Scheda di approfondimento sulla pittura ad olio 2 lezione – 50 min. - compresenza con Storia della filosofia (la progettazione di questo modulo è in collaborazione con il collega di Storia della filosofia) I temi che eventualmente si possono approfondire con il collega di Filosofia: Concetto di rappresentazione. Psicanalisi e autoritratto. I temi che eventualmente si possono approfondire con il collega di Letteratura italiana e Letteratura inglese o francese: Decadentismo; Arthur Rimbaud; Oscar Wilde; Gabriele D'Annunzio; Italo Svevo, Luigi Pirandello (autoritratto multiplo) ; Virginia Wolf; Italo Calvino. 5 lezione – 50 min. Specchi: Parmigianino; Egon Schiele Fotografia: Francesca Wooodman Photomatic: Francis Bacon; Andy Warhol; Arnulf Rainer; Franco Vaccari Fotoritratto criminale e arte: Marcel Duchamp. Autoritratto multiplo: Marcel Duchamp; Umberto Boccioni; Luigi Pirandello Schede tecniche da approfondire eventualmente in collaborazione con gli studenti: Gouache; Disegno a sanguigna; Fotografia; Tecniche miste. 6 lezione – 180 min. Visione di un film autobiografico. 3 lezione – 50 min. L'artista contemporaneo: (…) Poiché io è un altro (…). Francis Bacon Lucien Freud Scheda sulla tecnica ad olio in Francis Bacon e nell'arte contemporanea. 4 lezione - 50 min. in compresenza con Letteratura italiana (la progettazione di questo modulo è in collaborazione con il collega di Letteratura italiana) 5 Il modulo Incontri di laboratorio Alle lezioni teoriche e all'attività di ricerca si propone di affiancare un'attività pratica. L'attività pratica avrà come obiettivo la realizzazione di un proprio autoritratto e consentirà ai ragazzi di ripensare e rielaborare in maniera personale i contenuti appresi durante le lezioni e di confrontarsi con il fare. Ci si propone inoltre di guidare gli studenti attraverso una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie identità in via di definizione. Questo delicato passaggio sarà condotto con la maggiore disponibilità e apertura possibile, nonché con discrezione e gentilezza. Gli studenti saranno solamente indirizzati verso alcune modalità espressive e alcuni medium quali la fotografia digitale che sono più semplici da gestire in una scuola priva di laboratori. Operando all'interno di un Liceo Classico si è scelto infatti di indirizzare gli studenti verso la fotografia digitale, per una maggiore facilità di reperire la strumentazione e per un più immediato approccio al medium rispetto ad altre tecniche artistiche. Nel caso in cui tra gli studenti che partecipano al laboratorio ci fossero alcuni che già praticano la pittura o altre forme espressive, si cercherà di valorizzare i talenti di ciascuno lasciandoli così liberi di esprimersi. Si ipotizzano quattro incontri pomeridiani di laboratorio durante i quali gli studenti, con l'aiuto del docente, affiancato da un esperto di fotografia digitale, progettano e realizzano un autoritratto ed una esposizione dei lavori del gruppo di laboratorio. Questo tipo di attività può essere inserita nel POF assieme agli altri progetti che già vengono promossi nei licei (ad esempio nel liceo classico di Udine sono attivi laboratori di teatro, di scrittura creativa, di cinema e di poesia). Il calendario degli incontri potrebbe essere il seguente: 1 incontro – 60 min. Progettare un proprio autoritratto Autoritratto figurativo o narrazione? Come impostare il lavoro. 2 incontro – 120 min. Introduzione alla fotografia digitale: nozioni di base Incontro con un esperto di fotografia digitale 3 incontro– 60 min. Revisione ed avanzamento lavori. 4 incontro - 120 min. Presentazione del proprio autoritratto al gruppo di lavoro. Progettazione della mostra. 6 I contenuti Rappresentazione e autoritratto Autoritratto o paradigma del concetto di rappresentazione? Nella prima lezione si analizzano una serie di autoritratti molto famosi che molto probabilmente gli studenti hanno già incontrato e studiato nel corso della Seconda Liceo. La prima lezione quindi mira a recuperare le informazioni già possedute dagli studenti e a rielaborarle in una nuova chiave di lettura. L'ipotesi di lavoro parte dalla proiezione delle immagini e da un brain storming sull'argomento: l'insegnante attraverso una serie di domande cerca di stimolare l'analisi e la lettura delle opere proposte. L'obiettivo finale della lezione è una riflessione intorno alla nozione di rappresentazione. Non è un caso che le opere selezionate sia tutte del XVII secolo. La lezione ha inizio con Las Meninas di Diego Velázquez. Questo dipinto è aperto a molteplici rimandi, come una scatola cinese. Contiene in sé il concetto principale del modulo e lascia anche lo spazio alle divagazioni e agli interventi degli studenti. Si tratta di un grande classico che la letteratura artistica e filosofica hanno più volte letto in questa prospettiva. Las Meninas1 di Diego Velázquez, autoritratto dell'artista al lavoro e contemporaneamente ritratto di corte, è stato infatti letto dai critici e da diversi filosofi come la rappresentazione della nozione moderna di rappresentazione: l'oggetto della nostra visione è la rappresentazione dell'oggetto, non l'oggetto. Ciò che noi stiamo guardando non è Diego Velázquez, la principessa di Spagna e le sue damigelle, ma bensì la loro rappresentazione. Che parte giochiamo noi come spettatori in questo dipinto? L'oggetto dell'opera che Velázquez sta dipingendo non sono le persone che vediamo ritratte nell'opera, bensì queste sono fuori dallo spazio del quadro, nel nostro medesimo spazio. Entrano nel dipinto attraverso il loro riflesso, nello specchio (medium) appeso sulla parete di fondo della stanza. Diego Velázquez, Las Meninas, 1656, olio su tela, 318x276 cm, Madrid Prado. 1 S. Chiodo, La rappresentazione. Una risposta filosofica sulla verità dell'esperienza sensibile, Milano, Bruno Mondadori, 2008, pp. 1-4. 8 Rappresentazione e autoritratto L'arte della pittura, di Veermer è un'opera meno complessa nei rimandi e nei giochi di rispecchiamento, ma altrettanto significativa per la comprensione e l'esemplificazione del concetto di rappresentazione della cosiddetta “pittura sulla pittura”. Victor Stoichita nel suo splendido saggio l'Invenzione del quadro2 le definisce “scenario di produzione in terza persona”. La pesante tenda damascata si scosta e ci ammette con lo sguardo in uno spazio riservato, da cui siamo normalmente esclusi, nello studio del pittore. La modella, gli oggetti e la scenografia in cui è ambientata la scena sono gli elementi tipici che ritroviamo nelle opere di Veermer e che ora vengono svelati ai nostri occhi in fieri. La carta geografica appesa sulla parete di fondo riprende con ancora maggiore chiarezza, come un rimando, la nozione di rappresentazione. L'artista è ritratto di spalle nell'atto di dipingere. E' l'altro non svelato, l'autore dentro l'immagine, chiarendo che ci deve essere anche un autore fuori dall'immagine. Ma noi non lo possiamo vedere in faccia, ci volge le spalle. La modella abbassa gli occhi, la maschera appoggiata sul tavolo è anche cieca. Noi stiamo guardando ma loro non rispondono al nostro sguardo. Noi stiamo violando uno spazio, scostando la tenda, stiamo appunto non a caso, svelando. Ancora una volta come nel dipinto precedente c'è un autore dentro e uno fuori dello spazio del dipinto. Tuttavia queste due opere sono due opposte soluzioni al medesimo problema. Velázquez ci mostra il suo volto e ci nasconde il suo fare, Vermeer ci mostra il suo fare e ci nasconde il suo volto. Veermer di Delft, L'arte della pittura, ca. 1665, olio su tela, 120x100 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum. 2 V. I. Stoichita, L'invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Milano, Il Saggiatore, 2004, pp. 257 – 258. 9 Rappresentazione e autoritratto Questa coincidenza tra il sé e il proprio fare la ritroviamo espressa in modalità molto meno complesse ma altrettanto poetiche in diversi dipinti tra i quali ne scegliamo uno a mio avviso uno degli esempi più dolci e poetici di questo genere. Si tratta del dipinto che raffigura Rembrandt nel suo studio 3. Immagina di sé mentre dipinge. E' lui di fronte ad uno specchio illusorio. La stanza è spoglia e l'arredo ridotto all'essenziale. Indossa un abito da lavoro. La parte centrale del dipinto è occupata da una grande tela appoggiata su un cavalletto di cui vediamo solamente il retro. Il maestro è scostato di qualche metro dall'opera. Tiene un pennello nella mano destra e altri ancora nella mano sinistra che stringe la tavolozza e il poggiamano. Un'altra tavolozza è appesa dietro di lui sulla parete e sul tavolo vi sono pochi oggetti. La distanza che lo separa dall'opera è una distanza che crea la tensione, quello spazio e quello sforzo e quell'isolamento che richiede la concentrazione per la creazione. Il maestro è minuscolo e l'opera immensa. Tuttavia l'autore “guarda in macchina” ovvero ha lo sguardo rivolto verso di noi che occupiamo lo spazio che è stato suo nell'atto di rappresentarsi. Siamo noi il suo specchio. Rembrandt van Rijn, Il pittore nel suo atelier, ca. 1628, olio su legno, 25,1x31,9 ca. Boston, Museum of Fine Arts. 3 V. I. Stoichita, L'invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Milano, Il Saggiatore, 2004, pp. 237 – 239. 10 Rappresentazione e autoritratto Altri percorsi Il tema, affrontato sia dal punto di vista della storia dell'arte che da quello filosofico si presta a diversi percorsi e stimolanti divagazioni. Il percorso filosofico andrà progettato con il professore di filosofia, mentre qui si suggeriscono altri dipinti, varianti di quelli scelti come esempi. Nicolas Pussin, Autoritratto, 1650, olio su tela, 98x74 cm, Parigi Bartolomé Esteban Murillo, Autoritratto, ca. 1670, olio su tela, 122x107 cm., Londra National Gallery Annibale Carracci, Autoritratto su cavalletto, ca.1604, olio su legno, 42x30 cm. San Pietroburgo, Ermitage. Annibale Carracci, Studi per “ Autoritratto su cavalletto”, ca. 1603-4, disegni, Windsor Castle, Royal Library. Johannes Gump, Autoritratto, 1646, olio su tela, 88,5x89 cm. Firenze, Museo degli Uffizi. E per un corrispettivo di questo genere del XX secolo: Jacques-Henri Lartigue, Il mio ritratto, Rouzat, 1923, negativo su vetro (stampa recente), 49,5x89,5 (con cornice), donazione J.-H. Lartigue, Parigi, Museo della Cultura. Film: I misteri del giardino di Compton house (The Draughtman's Contract), regia di Peter Greenaway, Gran Bretagna 1982. Il film ambientato in una villa della campagna inglese nel 1694, si presenta sotto forma di un giallo ed è la storia di un disegnatore di vedute, implicato in un intrigo. La trama del film ruota intorno ad un tema vitale per il cinema, come in genere per tutte le arti figurative: il rapporto fra realtà e percezione, fra verità come appare e come effettivamente è. Jacques-Henri Lartigue, Il mio ritratto, Rouzat, 1923, negativo su vetro (stampa recente), 49,5x89,5 (con cornice), donazione J.-H. Lartigue, Parigi, Museo della Cultura. 11 Rappresentazione e autoritratto Narciso4 Figura della mitologica greca, figlio di Cefiso, divinità fluviale, e della ninfa Liriope. Il mito è raccontato in diverse versioni. Ovidio nelle Metamorfosi narra che Narciso era un bellissimo giovane, di cui tutti, sia donne che uomini, si innamoravano. Tuttavia Narciso preferiva passare le sue giornate cacciando, non curandosi dei suoi spasimanti; tra questi c'era la ninfa Eco, condannata da Giunone a ripetere le ultime sillabe delle parole che le venivano rivolte, poiché le sue chiacchiere la distraevano impedendole di scoprire gli amori furtivi di Giove. Respinta da Narciso la ninfa si nascose nei boschi consumandosi d'amore fino a scomparire e a restare solo un'eco lontana. Eco e tutte le giovani ed i giovani disprezzati da Narciso, invocarono la vendetta degli dei. Narciso venne così condannato, da Nemesi, ad innamorarsi della sua immagine riflessa nell’acqua. Disperato perché non poteva soddisfare la sua passione si struggeva in inutili lamenti, ripetuti da Eco. Resosi conto dell'impossibilità del suo amore, Narciso si lasciò morire. Quando le Naiadi e le Driadi cercarono il suo corpo per poterlo collocare sul rogo funebre, trovarono vicino allo specchio d'acqua il fiore omonimo. Si narra inoltre che Narciso, quando attraversò lo Stige, per entrare nell'Oltretomba, si affacciò sulle acque del fiume, sempre sperando di vedersi riflesso. Ma non riuscì a scorgere nulla a causa della natura torbida, limacciosa di quelle acque. Narciso fu però contento di non vedere la sua immagine riflessa perché questo significava che il fanciullo - se stesso che amava, non era morto. Nella versione beotica il giovane Narciso, cittadino di Tepsi, venne condannato ad amare la sua immagine, quando Aminia, un giovane del luogo da lui rifiutato sprezzantemente, si tolse la vita davanti alla sua casa, con la stessa spada che Narciso gli aveva inviato come macabro invito a non dargli più noia. Michelangelo Merisi da Caravaggio, Narciso, olio su tela, 1594-96, Roma, Galleria Nazionale d'arte antica di Palazzo Barberini. 4 Scheda rielaborata da Wikipedia e dal Dizionario degli Eroi e Dei dell'Antichità, Electa. 12 Cenni per una storia dell'autoritratto Cenni per una storia dell'autoritratto “Quando, dove e perché nasce l'autoritratto come genere pittorico autonomo? E' un genere da sempre esistito?”. La risposta a queste domande non può che partire dall'analisi del ruolo dell'artista nella società e quindi quale sia stato il percorso che, a partire dalla fine del Quattrocento, ha affrancato la figura dell'artista da quella del semplice artigiano. Si tratta di delineare un percorso storico della presa di coscienza da parte di alcuni artisti del primo Rinascimento del loro ruolo, dei rapporti con i committenti e con gli altri intellettuali. Il testo della letteratura critica riferimento imprescindibile per lo studio della figura dell'artista nella società è: Rudolf e Margot Wittkover, Nati sotto Saturno. La figura dell'artista dall'Antichità alla Rivoluzione francese, Torino, Einaudi, 1996. Riferimento utile sia per l'insegnante che per gli studenti. Eventualmente si possono selezionare alcuni brani scelti pertinenti con gli argomenti trattati. approfonditi coinvolgendo gli studenti con attività che li rendano protagonisti del loro processo di apprendimento. Questo vale in particolare per gli approfondimenti tecnici e la redazione di schede sulle tecniche artistiche. E' possibile anche procedere con letture maggiormente approfondite delle singole opere presentate e di confronti tra queste. Il testo più affascinate e più aggiornato per quello che riguarda le diverse tipologie di autoritratti è a mio parere: Victor I. Stoichita, L'invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Milano, Il Saggiatore, 2004. La lettura di prima mano del capitolo 8 potrebbe essere uno stimolo interessante all'approfondimento e all'approccio più articolato e complesso all'argomento. Parte di questi argomenti proposti nelle prime due lezioni sono stati probabilmente già trattati negli anni precedenti e la prima lezione risulta utile per ricostruire le trame delle conoscenze già in possesso degli studenti. Qui di seguito si presentano alcuni autori selezionati seguendo il principio di maggiore importanza nella storia della pittura e nello specifico nella storia dell'autoritratto. Dal momento che il modulo è progettato per una Terza Liceo Classico, si suppone che i dipinti e gli autori selezionati siano già stati affrontati negli anni precedenti. Sebbene le opere selezionate siano le più significative e le più citate dalla letteratura critica sull'argomento, è ovviamente possibile fare scelte differenti da queste. Alcuni aspetti degli argomenti affrontati nella lezione possono essere 13 Cenni per una storia dell'autoritratto Albrect Dürer1: tre autoritratti. Sebbene le radici di questo processo di affrancamento e di acquisizione di consapevolezza da parte degli artisti vadano ricercate nell'Umanesimo italiano, la figura di Albrect Dürer, pur essendo un artista tedesco, risulta particolarmente esemplare. E' a lui che si attribuisce il primato di aver dipinto il primo autoritratto realizzato come opera a se stante. Prima dell'autoritratto del 1493 vi sono altri esempi di autoritratti ma si tratta di immagini incluse in scene dove l'artista fa la comparsa accanto ai committenti o tra la folla degli astanti che assistono ad una scena sacra. Il primo autoritratto di Dürer è un dipinto autonomo e chiaramente dipinto per sé e non su commissione. L'immagine inoltre si potrebbe definire “laica” se si esclude l'iscrizione posta a fianco della data “My sach die gat/ Als es oben schtat” (la mia vita va secondo la volontà di Dio). Dürer si raffigura allo specchio come lui si vede o come voleva che lo si vedesse al termine del suo praticantato presso la bottega di Michael Wolgemut a Strasburgo. Il dipinto era originariamente su pergamena, supporto scelto probabilmente per consentire di arrotolare il dipinto e renderlo facilmente trasportabile. Il giovane artista appare ben vestito, con una folta capigliatura e con un cappello rosso con la nappa. Lo sguardo è serio. Nella mano destra stringe un rametto di calcatrèppola marina, pianta afrodisiaca. Albrect Dürer, Autoritratto a 22 anni, 1493, olio su lino, trasportato da pergamena, 57x45 cm, Parigi, Museo del Louvre. 1 P. Strieder, L'umanesimo artistico e le scuole cittadine, in La pittura in Europa. La pittura tedesca, a cura di G. Bott, Tomo primo, Milano, Elcta, 1996, pp. 153-174. 14 Cenni per una storia dell'autoritratto Di rientro dal primo soggiorno in Italia, Albrect Dürer, dipinge il secondo autoritratto ad olio. E' un periodo in cui è intensamente impegnato ad affrontare il tema del ritratto. L'impaginazione del dipinto è molto solida e strutturata secondo modelli della ritrattistica di fine Quattrocento. La finestra da cui si scorge la veduta sul paesaggio sono frutto proprio dei suoi studi sui modelli del Rinascimento italiano. Indossa un abito molto elegante di foggia italiana. E' un abbigliamento di tipo nobile che da il segno del coscienza del suo ruolo d'artista e di intellettuale. Dominano colori tenui, marrone chiaro, grigio, bianco, rialzati dal nero. Tutto è estremamente curato e raffinato. Il paesaggio richiama gli acquarelli di paesaggio in forma di schizzi di viaggio che l'artista aveva sperimentato durante il tragitto dalla Germania verso l'Italia. Albrect Dürer, Autoritratto a 26 anni, 1498, olio su tavola, 52x41 cm, Madrid, Museo del Prado 15 Cenni per una storia dell'autoritratto Due anni dopo Dürer è nuovamente alle prese con un suo autoritratto. In questo caso sceglie un modello perfettamente frontale che rimanda esplicitamente al volto di Cristo impresso sul velo di Veronica. La scelta dell'impostazione e il rimando alla figura di Cristo non sono ovviamente casuali, ma attengono ad una precisa volontà dell'artista e ad un significato complesso di questa immagine che è più di altre “vera”. Il dipinto è illuminato solo da un lato ed è giocato tutto sui toni dei marroni del mantello e della pelliccia. La data 1500 posta sopra la firma è anch'essa di forte valore simbolico. L'inizio della seconda metà del millennio. L'iscrizione sulla destra è in latino “Albertus Durerus Noricus/ ipsum me propriis sic effin/ gebam coloribus aetatis/ anno XXVIII” (Così io stesso, Albrect Dürer mi sono raffigurato, con colori indelebili, nel ventottesimo anno della mia vita) e indica la precisa volontà dell'artista di essere ricordato anche dopo la morte con questa immagine, vera icona, in quanto artista creator, Deus alter. Albrect Dürer, Autoritratto a 28 anni, 1500, olio su tavola, 67,1x48,7 cm, Monaco, Alte Pinathek. 16 Cenni per una storia dell'autoritratto Altri percorsi Per concludere il veloce excursus sulla tradizione tedesca dell'autoritratto da Dürer a Böcklin e riprendere il tema dell'artista creatore e vate in ambito contemporaneo può essere interessante introdurre la figura di Joseph Beuys e in particolare analizzare l'immagine/ autoritratto simbolo La rivoluzione siamo noi del 1972. Si può assegnare ai ragazzi il compito di approfondire la figura di Beuys e della corrente artistica a cui appartiene. Quindi attraverso informazioni tratte dalla lettura di alcune fonti fornite dall'insegnante o reperite in biblioteca e su web, lasciare agli studenti l'autonomia di rileggere l'opera. Joseph Beuys, La rivoluzione siamo noi, 1972, Multiplo fotografico. 17 Cenni per una storia dell'autoritratto Autoritratto da “visitatore” / Autoritratto firma2 Moltissimi sono i piccoli autoritratti che Albrect Dürer inserisce nei suoi dipinti. Lo fa in veste di “visitatore” in abiti moderni all'interno di scene religiose che si svolgono in tempi lontani, come nell'esempio riportato nell'immagine qui accanto del Il martirio dei diecimila cristiani del 1508, dove l'artista compare al centro della scena in abiti scuri e in compagnia del suo allievo Konrad Celtis morto poco prima che il dipinto fosse ultimato. Albrect Dürer, Il martirio dei diecimila cristiani, 1508, olio su tela, trasferito su pannello, 99 x 87 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna. 2 V. I. Stoichita, L'invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Milano, Il Saggiatore, 2004, pp. 205 – 208. 18 Cenni per una storia dell'autoritratto In altri esempi tratti da due pale in cui Albrect Dürer compare accanto alla tabella recante l'iscrizione con la data e la firma: la prima immagine dell'Altare Heller e la seconda tratta dalla pala dell'Adorazione della Trinità. Questi esempi sono qui riportati per sottolineare il nesso tra l'apposizione della firma sulle opere e l'acquisizione del proprio ruolo di artista, assente nel periodo Medioevale. Non è un caso d'altra parte se fu sempre Albrect Dürer ad ideare il monogramma/ firma (marchio AD) con cui contrassegnava tutte le sue opere comprese quelle incisorie. Albrect Dürer, Albrect Dürer, Altare Heller (dettaglio), Adorazione della SS.Trinità (dettaglio), 1508-09, 1511 tempera e olio su tavola, olio su tavola, Francoforte, Vienna, Historisches Museum. Kunsthistorisches Museum. 19 Cenni per una storia dell'autoritratto Autoritratto mascherato “L'autore mascherato”3 è la modalità di autofigurazione più diffusa dalla fine del Medioevo al Rinascimento. L'autore recita una parte durante una rappresentazione di una historia. Sono moltissimi gli esempi che si possono rintracciare nella pittura fiorentina ad esempio: Benozzo Gozzoli nell'Adorazione dei Magi di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, Taddeo di Bartolo nella Pala di Montepulciano, fino agli esempi di Botticelli e di Raffaello delle Stanze Vaticane. Vi sono precisi elementi retorici che ci permettono di identificare l'autore con una certa sicurezza. L'autore è generalmente isolato, ai margini della composizione e guarda in direzione dello spettatore e ha una fisionomia ben caratterizzata. In alcuni casi l'autore si nasconde nei panni di un santo con cui ha un legame indiziario, il nome. Qui proponiamo di analizzare due esempi estremamente raffinati di questo tipo di raffigurazione. Il primo è opera di Michelangelo nel Giudizio Universale. Fin dai primi del Novecento la critica (Francesco La Cava) ha voluto identificare nel volto della pelle che San Bartolomeo stringe nella mano sinistra, il volto di Michelangelo. Come riporta Vasari Michelangelo non si dedicò mai (tranne in un caso) al ritratto per un principio che era alla base della sua poetica Neoplatonica. Vasari scrisse infatti: “aborriva il fare somigliare vivo, se non era d’infinita bellezza”. La verità del ritratto quindi non gli interessa e tanto meno quella dell'autoritratto. Tuttavia Michelangelo parla di se nei sonetti con un tono tra il tragico e il comico, al limite appunto del grottesco come per altro fa in questa raffigurazione, dove appunto si sottopone ad un effetto di deformazione dei lineamenti e del corpo. Michelangelo, Il Giudizio Universale, 1537-41, particolare, affresco, Vaticano, Cappella Sistina. 3 V. I. Stoichita, L'invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Milano, Il Saggiatore, 2004, pp. 203 – 205. 20 Cenni per una storia dell'autoritratto Il secondo esempio illustre e assai famoso di ritratto mascherato è quello di Caravaggio che viene unanimemente riconosciuto nelle sembianze di Golia nel dipinto del 1605, Davide con la testa di Golia. Anche qui la scelta non ha un intento auto celebrativo, ma bensì di nascondersi in delle fattezze che esprimono toni di sofferenza e di raccapriccio. La testa è mozzata e ancora stilla sangue. Lo sguardo nonostante la morte rimane vivo e la fronte corrugata e la bocca aperta ad esalare l'ultimo respiro. Sullo sguancio della spada gli studiosi hanno letto un'iscrizione “H(UMILITAS) O(CCIDIT) S(UPERBIAM)” che conferma la volontà di Caravaggio di raffigurarsi con un atto di umiltà e di auto condanna. La tradizione del ritratto mascherato continua nell'epoca contemporanea con il cameo cinematografico di cui fu maestro Alfred Hitchcock. Caratteristica comune a quasi tutti i film di Hitchcock è la sua presenza in almeno una scena. All'inizio della sua carriera si prestava per presenze casuali, nei casi in cui ci fosse bisogno di una comparsa; successivamente, le sue apparizioni cameo divennero una consuetudine scaramantica ed, alla fine della sua carriera, una specie di gioco con gli spettatori, che, ad ogni uscita di un nuovo film, cercavano di individuare in quale inquadratura si fosse nascosto. Memorabili gli espedienti usati per le apparizioni nei film "claustrofobici", in cui il set era interamente costituito da un'unica scena ed era difficile inserire una "comparsata": ad esempio nel film I prigionieri dell'oceano, tutto girato su una barca di naufraghi, compare in una foto sulla pagina di un giornale; analogamente, nel film Il delitto perfetto, che si svolge quasi per intero all'interno di un appartamento, lo si può riconoscere in una foto di compagni di scuola mostrata dal protagonista; in Intrigo internazionale appare come passeggero di un autobus all'inizio del film. Caravaggio, Davide con la testa di Golia, 1605-6, olio su tela, 25x100 cm, Roma, Galleria Borghese. 21 Tecniche artistiche Tecniche artistiche Uno dei principali obiettivi didattici del modulo è far riflettere gli studenti sul ruolo che svolgono la materia e la tecnica nella produzione artistica. Ho pensato di introdurre nel progetto didattico delle schede riguardanti alcune tecniche. Queste vengono descritte nei punti essenziali e si ipotizza di incaricare gli studenti di svolgere degli approfondimenti e quindi di condividere i risultati pubblicando le schede su di un blog. Accanto alla trattazione teorica, si potrebbero prevedere alcuni incontri con alcuni artisti andando a visitare i loro studi, per permettere così agli studenti di vedere direttamente alcuni esempi di realizzazioni tecniche e per raccogliere direttamente dagli artisti la testimonianza di come applicano al loro lavoro determinate soluzioni. Inoltre, il confronto tra opere di diversi autori realizzate con tecniche simili o completamente differenti ha l'obiettivo didattico di far soffermare gli studenti sul significato che ha per un artista utilizzare un medium piuttosto che un altro e come questa scelta sia importante per il risultato finale. In particolare la riflessione sul medium utilizzato dall'artista diventa determinante quando nel XX secolo gli artisti iniziano ad utilizzare media differenti rispetto a quelli tradizionali o a intersecare in un'unica opera soluzioni tecniche differenti. Nell'avvicinare gli studenti alle problematiche tecniche può risultare interessante introdurre alcuni concetti riguardanti il restauro e la conservazione delle opere. Questione aperta non solo per ciò che riguarda le opere del passato, ma con problemi ancor più complessi, anche per le opere d'arte contemporanea. A titolo esemplificativo si presenta qui una sola scheda tecnica sulla pittura ad olio. Altre simili potrebbero essere sviluppate con gli studenti in fase di realizzazione del progetto. Nel corso della trattazione è possibile esaminare: • gouache • tecniche incisorie: punta secca, acquaforte, acquatinta • fotografia • disegno a sanguigna • cinema e video • tecniche miste 22 Tecniche artistiche PITTURA AD OLIO1 La pittura ad olio è una tecnica pittorica che utilizza pigmenti in polvere mescolati con delle basi inerti ed oli. Le origini di questa tecnica non sono chiare. Probabilmente sotto diverse forme era già nota agli antichi. Ne parlavano Galeno, Vitruvio e Plinio il Vecchio. Il Diversarum Artium Schedula di Teofilo, il più antico ricettario di tecniche pittoriche riporta anche quella della pittura a olio. Questa informazione è in aperta contraddizione con la "leggenda", riportata anche dal Vasari nelle sue Vite, che vuole il pittore fiammingo Jan Van Eyck l'inventore del colore ad olio. E' invece un dato di fatto che i pittori Fiamminghi del XV secolo utilizzarono in maniera sistematica questa tecnica, con la particolarità dell'impiego di resine dure (ambra o copale) che mescolate con le diverse quantità di oli essenziali vegetali, regolavano i tempi di essiccazione della materia pittorica. Oli Nel passato si usavano vari oli: olio di lino crudo, olio di noce, olio di papavero. L'olio di lino secca più velocemente e in modo più compatto rispetto all'olio di noce e di papavero. Tuttavia l'olio di lino ingiallisce più facilmente se tenuto in penombra. L'inconveniente può essere evitato esponendo il dipinto al sole. Gli oli prima di essere utilizzati devono essere purificati e deacidificati. Per ottenere effetti diversi di maggiore trasparenza con determinati colori è bene utilizzare altri tipi di oli, gli oli essenziali, detti diluenti. L'olio essenziale di origine vegetale più utilizzato è l'olio di trementina che si ottiene dalla 1 Questa scheda è tratta da Wikipedia e successivamente rielaborata e integrata con informazioni tratte da Le tecniche artistiche, a cura di Corrado Maltese, Milano, Mursia, 1973, pp. 343 – 350. La tecnica della pittura ad olio dovrebbe essere già nota agli studenti dagli anni recedenti ed essere solo ripresa e ulteriormente approfondita nei sui diversi aspetti. distillazione delle resine delle conifere. Altre possibilità si hanno ricavando l'olio dallo spigo della lavanda e dal rosmarino. Bisogna fare attenzioni all'uso degli ilio essenziali perché rendono fragili i pigmenti. Supporto La pittura ad olio può essere eseguita su supporti vari: nel Trecento, come riferisce il Cennini, si usavano tavole di legno preparate. La tela libera dal supporto ligneo compare solo nel Quattrocento. La tela utilizzata era generalmente di lino o di canapa. Il cotone non è adatto per l'eccessiva porosità e sensibilità idrometrica. La seta non viene utilizzata perché si lacera e si polverizza a contatto con gli oli. Il modo con cui venivano preparate le tele può essere un indizio di provenienza del dipinto ed è determinante per l'esito finale dell'opera. In Veneto, ad esempio, la tela era generalmente tessuta a spina-pesce con un'alternanza di trame ed orditi che ne accentuano la granulosità. La comparsa del supporto tela fu una delle grandi rivoluzioni in pittura perché permise opere più leggere e maneggevoli rispetto a quelle su tavola. La tela favorì inoltre il trasporto delle opere ampliando di molto gli orizzonti della potenziale committenza e quindi del mercato dell'arte. La tela è generalmente montata su telai mobili che consentono di correggere la tensione ed evitare così eccessivi allentamenti o stiramenti. Altri supporti, più rari, sono il cuoio, diffuso nella Venezia del XVI secolo, il rame, o la carta: oggi si trovano in commercio cartoni telati o carte speciali, a grana grossa e con scarsa permeabilità. Imprimitura Solitamente, si preferisce dipingere su uno strato di imprimitura che renda uniforme il supporto e che limiti l'assorbimento dell'olio, per una maggior lavorabilità e scorrevolezza del colore. L'imprimitura più usata, fin dai secoli passati, è il gesso, mescolato con colla, di caseina o di coniglio, e una piccola parte di olio di lino cotto: la miscela deve essere densa per formare spessore, ma allo stesso tempo fluida per essere stesa. Questa imprimitura può essere utilizzata sia sulle tele che sulle 23 Tecniche artistiche tavole. Una volta stesi i vari strati di imprimitura va levigata (raschiatura). La tela preparata può essere utilizzata solo dopo diversi mesi, quando l'imprimitura si è completamente essiccata. Le imprimiture sono generalmente bianche, ma è possibile stendere una tinta di base per rendere più neutra la base. I colori rosso e bruno furono molto utilizzati a questo scopo. Tuttavia bisogna far attenzione che con il tempo non vi siano alterazioni che esasperino i contrasti di colore. Tiziano e Velazquez usavano tinte di base diverse a seconda delle zone e del colore che avrebbero steso sopra la preparazione. Rubens fu molto abile nel lasciar trasparire il colore di base. La carta o il cartone possono essere preparati con una stesura di olio di lino cotto, colla, vernice, oppure con i residui di colori a olio presenti sulla tavolozza, ben impastati. Oggi si trovano in commercio imprimiture acriliche, chiamate impropriamente "gesso", poiché sono composte da medium acrilico e bianco di titanio. Tecnica La tecnica dell'olio risulta fra le più complesse nell'ambito delle tecniche pittoriche, in quanto l'artista deve possedere una notevole padronanza nella preparazione dei colori e nella esecuzione che avviene per sovrapposizione degli strati. Esistono diverse varianti nella tecnica dell'olio che si riflettono sul risultato finale dell'opera pittorica. L'effetto finale è determinato: dalla diluizione, dalla mescolanza e dalla deposizione dei colori sul supporto. Dipingendo ad olio l'artista, salvo in quelle esecuzioni dette 'alla prima', opera con una tecnica di stratificazione. Sul primo strato di colore, detto 'abbozzo' o 'preparazione' vengono stesi gli strati successivi, dati con colore più o meno a corpo e definiti nel linguaggio pittorico con termini tecnici tra i quali ricordiamo la velatura, il mezzocorpo, il frottage, il glacis. Una delle regole che nella tradizione guidava la stesura dei colori è quella detta 'grasso su magro', ovvero: gli strati dovranno essere sempre più ricchi d'olio quanto più ci si avvicina a quelli finali. Questa tecnica di sovrapposizione richiede tempi più o meno lunghi a seconda della quantità dei passaggi, in quanto generalmente per la stesura di un nuovo strato occorre che quello inferiore sia asciutto. Alcuni maestri per ottenere determinati effetti possono anche optare per una stesura sovrapposta su strati ancora non completamente asciutti. La diluizione del colore avveniva in passato principalmente con trementine naturali (distillate ad esempio da gemme di pino o fiori di lavanda) per gli strati più magri, oli per quelli più grassi. Non va però dimenticato che nell'antichità spesso l'artista utilizzava un proprio 'medium', termine con cui si definiva un particolare diluente elaborato dal pittore, nella cui ricetta oltre l'olio entravano resine quali la mastice o l'ambra, oppure la cera o il litargirio. Oggi vengono utilizzati in prevalenza solventi quali l'acquaragia sintetica. La stesura avviene e avveniva 'a pennello'; i pennelli sono di norma in setola animale (cinghiale, tasso, cammello, etc.). La pittura ad olio è stata la tecnica più diffusa nel passato e gli artisti hanno elaborato moltissime varianti che danno origine ai diversi stili, dal punteggiato allo sfumato. La tecnica ad olio permette di ottenere una impareggiabile brillantezza del colore una volta che i pigmenti siano asciutti. Ciò costituisce un punto di forza quanto a impatto visivo dell'opera ma, senza dubbio, pone problematiche notevoli riguardo alla corretta illuminazione ambientale, alla necessità di fonti di illuminazione per diffusione della luce anche naturale. Colori I colori ad olio contengono pigmenti polverizzati in prevalenza di origine minerale. Alcuni dei loro componenti sono: • Bianco: ossido di titanio, ossido di zinco 24 Tecniche artistiche • Bruno: ossido di ferro, solfato di ferro • Blu: ossido di cobalto • Giallo: solfuro di cadmio, cromati di piombo • Nero: carbone d'avorio, carbone di vite • Rosso: solfuro di mercurio, solfuro di cadmio, ossido di ferro • Verde: ossido di rame, ossido di cromo I colori così composti sono soggetti ad ossidazione atmosferica, ciò significa che essi tendono naturalmente ad 'imbrunire' nel tempo. Tale tendenza può essere rallentata o anche arrestata ponendo l'opera di pregio in una camera protettiva dotata di atmosfera controllata o inerte (assenza di ossidanti gassosi quali l'ossigeno e sostituzione con l'azoto). I colori ad olio risentono anche di ampie e repentine escursioni termiche ed, ovviamente, degli inquinanti ambientali. Oggi giorno la maggior parte dei pittori utilizza colori già pronti e disponibili in tubetti presso i colorifici. Vernici Terminato il dipinto si usa stendere sulla superficie pittorica uno strato di vernice a protezione. Le vernici possono anche essere utilizzate per rendere i colori più brillanti e solidi e per impedire che l'olio dello strato superiore penetri in quello inferiore. Le vernici finali devono, una volta secche, formare una pellicola protettrice trasparente. Generalmente le vernici utilizzate sono vernici grasse a base di ambra o di copale, vengono sciolte in olio grasso e distribuite a gocce e stese con le dita. In alternativa si utilizzano anche vernici a base di oli essenziali di trementina e di petrolio, con mastice o dammar. Queste ultime sono di rapida essiccazione e devono essere stese solo quando il colore è perfettamente asciugato. Vengono stese a pennello con pennellate parallele con due o più passate ortogonali. 25 L'autoritratto e la riflessione sul tempo L'autoritratto e la riflessione sul tempo: Rembrandt van Rijn1. La produzione di autoritratti di Rembrandt è un esempio imprescindibile nello studio di questo genere, pari solo alla produzione di Vincent van Gogh. Il maestro olandese accompagna la sua carriera con una vasta produzione di autoritratti lasciandoci il segno constante del suo sviluppo artistico e cercando nel suo volto i segni del tempo e del susseguirsi delle vicende umane da cui fu toccato. Nei suoi autoritratti possiamo leggere lo scorrere del tempo, il susseguirsi delle sperimentazioni tecniche nonché l'evolversi del suo stile pittorico ed incisiorio. Sono giunti fino a noi quaranta dipinti ad olio e trenta incisioni. Se per Albrect Dürer autorappresentarsi significava creare un'icona in cui fissare per sempre la propria immagine e di conseguenza il proprio ricordo - come nell'autoritratto del 1500 - per Rembrandt la continua indagine su se stesso ha qualcosa di più privato e di più intimo e scandisce il tempo anziché cercare di fissarlo. A questo proposito può essere utile la consultazione di un sito internet in lingua inglese che per altro rivolge una particolare attenzione al linguaggio e alla tecnica. http://www.mystudios.com/rembrandt/rembrandt-myself-opening.html Questa sezione del progetto dopo un'introduzione generale all'argomento si presta ad essere proposta come un esercizio di lettura dell'opera proponendo ai ragazzi di redigere delle schede di alcuni autoritratti di Rembrandt. La sezione permette eventualmente anche un approfondimento sulle tecniche dell'incisione. 1 Per approfondire l'autore, poco indagato nei manuali scolastici, è utile : D.D. VAN DONGEN – M. TAZARTES, Rembrandt, «Art Dossier» n. 65, Milano, Giunti, 1992. Lettura più impegnativa ma appassionante: S. SCHAMA, Gli occhi di Rembrandt, Milano Mondadori 2000. 26 L'autoritratto e la riflessione sul tempo Rembrandt, Autoritratto, 1629, olio su legno, 15.5x17.7cm, Monaco, Alte Pinakothek, Munich. Rembrandt, Autoritratto, 1630, da matrice di rame incisa a punta secca, 510 x 460 mm, Amsterdam, Rijksmuseum. Rembrandt, Autoritratto con il cappello di velluto e il mantello, 1634, olio su tavola di rovere, 58 x 48 cm, Berlino, Staatliche Museen. Rembrandt, Autoritratto, 1640, olio su tela, 93x80cm, Londra, National Gallery. Rembrandt, Autoritratto, 1661, olio su tela, 114 x 94 cm, Londra, English Heritage, Kenwood House. Rembrandt, Autoritratto, 1669, Olio su tela, 86 x 70.5 cm, Londra, National Gallery. 27 Io è un altro L'artista contemporaneo (…) Poiché io è un altro (…) Il primo studio dell’uomo che si vuole poeta è la propria conoscenza, intera; cerca la sua anima, la scruta, la saggia, la impara. Quando l’ha saputa deve coltivarla; sembra semplice: in ogni cervello si compie uno sviluppo naturale; tanti egoisti si proclamano autori; ben altri ce ne sono, che si attribuiscono il loro progresso intellettuale! – Però si tratta di rendere l’anima mostruosa: alla maniera dei comprachicos, insomma! Immagini un uomo che si pianti e si coltivi le verruche sul viso. Dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato sregolarsi di tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di follia; cerca egli stesso, esaurisce in se stesso tutti i veleni, per conservare soltanto quintessenze. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa tra tutti il gran malato, i gran criminale, il gran maledetto, - e il sommo Sapiente! – Poiché giunge all’ignoto! Avendo coltivato la propria anima, già ricca, più di ogni altro! Giunge all’ignoto, e anche se, sbigottito, finisse con il perdere l’intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe viste! Crepi pure, in quel balzo tra le cose inaudite e ineffabili:altri lavoratori orribili verranno; cominceranno dagli orizzonti sui quali l’altro è crollato! (…) Dunque il poeta è veramente rubatore di fuoco. A suo carico sono l’umanità e perfino gli animali; egli dovrà far sentire, palpare, ascoltare le sue invenzioni; se quello che riporta da laggiù ha forma, darà forma, se è informe darà l’informe. Trovare una lingua. (…)1 Arthur Rimbaud, Autoritratto, 1883, Harar, albumina. 1 J.N.A. Rimbaud, Lettera a Paul Demeny da Charleville, 15 maggio 1871, in Opere, a cura di D.Grange Fiori, Milano, Mondadori, 1975, pp.450-459. 28 Io è un altro L'espressione “Io è un altro” è un espressione famosa che ha suscitato molti commenti e che spesso è utilizzata come riferimento in letteratura e in arte proprio per indicare il processo di autoanalisi e di ricerca della propria identità. Il riferimento a Rimbaud può essere un utile riferimento letterario e culturale per comprendere molte ricerche artistiche del Novecento. Nelle ore di storia dell'arte si può accennare ed introdurre l'argomento riservando poi alle ore di compresenza e di letteratura un approfondimento sull'opera e sulla poetica del poeta francese. “Io è un altro” ha due possibili livelli di lettura ed entrambi possono essere spunti interessanti per il nostro percorso. Il primo livello risulta in riferimento all'ispirazione poetica: la poesia è una voce che si risveglia una voce che si schiude. Tuttavia la critica ritiene che Rimbaud volesse alludere ad un altro significato: alla scoperta della lacerazione interiore, del doppio che è in ciascuno di noi, alla scoperta dell'inconscio. E' proprio questo il secondo livello di lettura possibile. Rimbaud infatti sente l'ispirazione poetica come un linguaggio che sorge dal profondo, che è carico di immagini e di simboli, che ha proprie regole, ma che nello stesso tempo è contro le regole. A suo parere quest'ispirazione profonda una volta emersa viene assunta consapevolmente dalla volontà la quale da uno sviluppo sistematico alle immagini che l'inconscio produce quasi per caso. Arthur Rimbaud, Autoritratto, 1883, Harar, albumina. Rimbaud parla quindi del poeta come visionario e la necessità che ci sia in lui lo “sregolarsi di tutti i sensi”, intuizione già di Baudelaire, ma che Rimbaud riprende insistendo sulla necessità di un piano di lucida consapevolezza. 29 Io è un altro Qui si riproducono tre autoritratti di Arthur Rimbaud2. Le tre immagini sono molto rovinate: Rimbaud ha ventinove anni quando scatta queste immagini. Nella seconda fase della sua brevissima vita, il poeta decise infatti di abbandonare l'Europa e la scrittura e di dedicarsi al commercio in Africa. Di questo periodo rimangono poche immagini (otto in tutto) tra le quali questi tre autoritratti, scattati con la macchina fotografica che si era fatto inviare da sua sorella. In realtà aveva in mente un progetto più ambizioso, ovvero una vera e propria campagna fotografica dei dintorni di Harar e dei suoi monumenti, per poi vendere queste immagini in Francia. Queste immagini sono essenziali e mostrano una tecnica incerta di chi non ha ancora dimestichezza con il mezzo fotografico. Forse stava cercando nella fotografia una nuova forma di espressione. Le lettere che spedisce a sua madre dall'Africa sono asciutte e scarne. Si tratta di una scrittura di servizio. E' distante da tutto e in particolare dalla Parigi dei letterati. Sul tema già romantico del genio e sregolatezza si possono riagganciare molte vicende biografiche di artisti del Novecento e particolarmente significativa e questo proposito risulta quella di Francis Bacon. E' proprio da alcuni autoritratti di Francis Bacon che inizia il percorso di analisi dell'Autoritratto nel Novecento. Arthur Rimbaud, Autoritratto, 1883, Harar, albumina. 2 Giuseppe Marcenaro, Rimbaud: autoritratti all'albumina comee autobiografia, in Fotografia come letteratura, Milano, Bruno Mondadori, 2004, pp. 107 – 113. 30 Io è un altro Francis Bacon3 Il nucleo centrale del progetto didattico prende spunto dalla figura di Francis Bacon di cui presento due autoritratti scelti tra i molti che dipinse. La scelta di questo autore poco indagato nei manuali scolastici è dettata innanzitutto da un'esperienza personale. Nel 1985 vidi alla Tate Gallery di Londra un'importante retrospettiva dell'artista. Fu la prima mostra di arte contemporanea che vidi da sola. La prima di una lunga serie. Per me l'inizio di una passione che segna molte delle mie scelte successive. E' per questo che sono profondamente legata a quest'autore a cui torno ogni qual volta ho bisogno di ripartire con l'entusiasmo dei miei sedici anni, a Francis Bacon che ha sempre suscitato in me sentimenti contrastanti di attrazione, curiosità e nello stesso tempo di repulsione e angoscia. Questo autore permette di indagare un lato particolare dell'arte contemporanea che va controcorrente rispetto alle Avanguardie e che mantiene il figurativo e la figura umana al centro degli interessi della sua poetica. La sua vicenda artistica ed umana si riallaccia perfettamente con la figura e le parole di Arthur Rimbaud e si presta ad indagare alcune tematiche già tipiche degli autori del Secondo Ottocento e della poetica Decadentista e che continuano ad emergere con altre caratteristiche e con esiti differenti in alcuni autori del Novecento. Ogni scelta è una scelta arbitraria e di questo ne sono perfettamente consapevole. E' per questo che desidero indicare altri possibili itinerari alternativi e in particolare intorno a due figure che per la storia dell'autoritratto sono due autori fondamentali. Il primo è Egon Schiele, di cui vedremo alcune fotografie e a cui accenneremo nel capitolo successivo e ovviamente Vincent van Gogh. 3 Bacon, catalogo mostra a cura di R. CHIAPPINI, Milano, Skira, 2008; Francis Bacon. The violence of the real, catalogo mostra a cura di A. ZWEITE, Londra, Thames & Hudson, 2006. Francis Bacon, Autoritratto, 1969, olio su tela, 35X30,5 cm., Collezione Viktor and Marianne Langen. 31 Io è un altro La fortuna di massa di Vincent Van Gogh è certamente dovuta alla sua straordinaria capacità di comunicare attraverso le sue opere l'angoscia esistenziale in cui tutti possiamo riconoscerci. Il punto di scarto rispetto a Francis Bacon è che a differenza di quest'ultimo, Van Gogh mantiene sempre un dato di estrema gradevolezza e godibilità della sua pittura, del tutto assente invece in Bacon, con cui diventa molto difficile per il grande pubblico immedesimarsi. Il progetto didattico cerca di spostare l'attenzione verso il pieno Novecento, con l'obiettivo ultimo di analizzare o almeno accennare ad un contemporaneo più contemporaneo possibile, approfondendo così la figura dell'artista e il suo ruolo nella nostra società. L'analisi e la riflessione sulla pittura di Francis Bacon ha come obiettivo anche quello di riprendere il discorso del medium nell'arte contemporanea. Nei dipinti ad olio di Bacon, la più tradizionale delle tecniche, viene reinterpretata in maniera completamente differente rispetto alla tradizione. Non solo, nella pittura di Francis Bacon, come vedremo, entra anche l'immagine fotografica medium imprescindibile per il contemporaneo e sostituto, nella pratica dell'autoritratto, dello specchio degli antichi. Il confronto tra la pittura di Bacon con la pittura di Lucien Freud può arricchire ulteriormente il percorso. Entrambi fuori dagli schemi delle correnti, Freud risulta fare un'arte più aderente alla tradizione tecnica, ma altrettanto moderna nei temi e nelle modalità espressive. Molta documentazione riguardante questi due autori è reperibile in lingua inglese (una lunga videontervista della BBC a Francis Bacon scaricabile da YouTube). La scelta di trattare alcuni argomenti in lingua inglese consente una programmazione di tipo interdisciplinare. Francis Bacon, Autoritratto, 1976, olio e pastello su tela, 34X29,5 cm., Musée Cantini, Marsiglia 32 Io è un altro Bacon dichiarò che per lui l’autoritratto è in bilico tra la pittura figurativa e quella astratta – “…tightrope walk between what is called figurative painting and abstraction”. Bacon dipinge solo ritratti di persone con cui ha un rapporto stretto o un legame erotico. Ecco perché è assai difficile distinguere in Francis Bacon il ritratto dall'autoritratto. Questa confusione è per altro ribadita dalla pratica da lui stesso dichiarata. In un ritratto o in un autoritratto Francis Bacon infatti mescola spesso le fisionomie di due persone differenti unendole in un unico volto. Nell'autoritratto del 1976 fonde il suo volto con quello di Peter Brand con il lato destro della faccia ferita e sanguinante. Questo segno lo rileggiamo nella zona del volto attraversata dal colore rosso. Anche l'altra guancia è segnata dal dolore e dalla sofferenza con un area più scura che sembra un buco e con l'occhio e la bocca feriti da graffi che incidono la pellicola pittorica. La pratica di sovrapporre due fisionomie l’aveva già utilizzata per altri ritratti quali quelli di Lucien Freud del 1951 per cui trasse ispirazione da un ritratto di Franz Kafka. Oppure nel caso del ritratto di José Cappello ispirato ad una foto del pilota di formula 1, Ayrton Senna. Lo scopo artistico per Bacon era quello di raggiungere nelle sue opere il punto di massima intensità. Per Bacon era necessario partire dal paradosso secondo il quale in natura più una cosa è artificiale e più sembra reale. Peter Beard, Autoritratto,, 1974 ca., fotografia montata su carta a righe con note e disegni del fotografo, 19,7x18,9 cm., The Estate of Francis Bacon. Collezione: Dublin City Gallery, The Hugh Lane. 33 Io è un altro Gli autoritratti che abbiamo selezionato sono tutti di piccolo formato e hanno tutti uno sfondo monocromatico blu, base che contribuisce a far emergere dal buio l'immagine del volto. Il colore sullo sfondo è steso in maniera uniforme tirato con uno straccio fino ad ottenere un effetto opaco quasi pastello. Parte dell'effetto dell'immagine è ottenuto creando una forte tensione tra materia pittorica e pennellata. Questa tensione deriva tra l'altro dal contrasto tra calcolo e spontaneità. Nel dipinto vediamo alcune pennellate improvvise, altre parti cancellate. In molti casi Francis Bacon si basava sul colore gettato sulla tela con le mani. Questa modalità di procedere significa che a differenza di un pittore come Lucien Freud, Bacon costruisce l’immagine anche attraverso elementi casuali. Questa tecnica per certi versi potrebbe rimandare a certi elementi di casualità su cui le avanguardie quali l'Action painting stavano indagando. Ma il controllo che Francis Bacon esercita sui propri accidenti è molto più forte. Bacon si trova a dover gestire gli accidenti. Come emerge chiaramente dalla video intervista Bacon usava la tela dal lato senza l’imprimitura. Anche questa scelta era avvenuta casualmente in un momento in cui non aveva soldi sufficienti a comprarsi delle tele e aveva utilizzato delle tele già dipinte semplicemente dipingendole sul verso. Questa pratica fu poi mantenuta. Il trittico del 1979 è uno degli autoritratti più classici dipinti da Bacon. Il suo volto spesso descritto da lui e da altri come un melone schiacciato, brutto al punto da fargli guadagnare il soprannome di UOVA “EGGS” è qui quasi bello e risente della fragilità dell'essere mortale. Il fondo blu scuro è molto elegante e conferisce un tono classico al trittico. Ogni pannello ha una sua autonomia di luce. Non vi sono pennellate improvvise, come spesso avviene negli altri dipinti, ma una stesura del colore molto controllata. Anche in quest'opera la bocca è segnata da graffi incisi sulla pellicola pittorica. Francis Bacon, Studi per un autoritratto, 1979, olio su tela, trittico, 37,5x31,8 cm ciascuno, The Metropolitan Museum of Art, New York. 34 Io è un altro “What I want to do is to distort the thing far beyond the appearance, but in the distortion to bring it back to recording of the appearance” “I've done a lot of self-portrait, really because people have been dying around me like flies (...) I loathe my own face, but I go on painting it beacuse I havent got any other people to do. (...) One of the nicest Things that Cocteau said was: “Each day in the mirror I watch death at work”. This is what one does oneself” Francis Bacon davanti alle tende alla veneziana del Louvre, 1967, fotografia in bianco e nero, 24x24 cm, Dublin City Gallery The Hugh Lane, Dublino. 35 Io è un altro Lucien Freud4 Il dipinto di Lucien Freud sembra un interessante punto di partenza per un analisi comparata tra la modalità pittorica di Francis Bacon e quella di Freud. Si tratta di un autoritratto colto da un prospettiva molto insolita. Il pittore si rappresenta riflesso in uno specchio posto a terra. Si raffigura a tre quarti di busto contro il soffitto da cui vediamo pendere due lampadari. Il volto e il busto sono fortemente scorciati dal basso. Nello specchio entrano anche due bambini in scala molto ridotta. Sembra che questo dettaglio sia stato rielaborato dall'artista prendendo spunto dal gruppo scultoreo del nano Seneb con la sua famiglia conservata al Museo egizio del Cairo. Si tratta di un dipinto degli anni di passaggio da una tecnica più controllata ad una più libera che porterà alla fase degli anni Sessanta e che avviene grazie anche all'influsso della pittura di Francis Bacon di cui l'artista era amico. Interessante anche notare l'uso dello specchio rispetto all'uso dell'immagine fotografica da parte di Bacon. Freud ha inoltre dichiarato che in quegli anni aveva un interesse particolare per la pittura di Frans Hals. Riflesso con due bambini (autoritratto), 1965, olio su tela, 91,5x91,5 cm, Madrid, Museo Tyssen-Bornemisza. 4 S. Smee, Lucien Freud, Taschen 2008. 36 Io è un altro Altri percorsi Durante le lezioni partecipate si possono far emergere gli elementi di differenza tra Francis Bacon e Lucien Freud sia nel trattare il tema dell'autoritratto che nell'usare la tecnica della pittura ad olio su tela. Dopo aver condotto quest'analisi è possibile assegnare il compito da svolgere autonomamente di redigere delle schede analitiche sui dipinti. E' possibile guardare assieme agli studenti l'intervista della BBC a Francis Bacon scaricabile dalla rete su YouTube in cui per altro si parla molto di tecnica e di quali erano le modalità creative seguite dall'artista. Interessante a questo proposito gli interventi critici sullo studio di Francis Bacon ora ricostruito e reinstallato nella City Gallery The Hugh Lane di Dublino5. 5 Barbara Dawson, Tracce. Lo studio di Francis Bacon a Dublino, in Bacon, catalogo mostra a cura di Rudy Chiappini, Milano, Skira, 2008, pp. 177 – 187. Lo studio di Francis Bacon 37 Specchi e photomatic Specchi Lo specchio1 è stato fino all'invenzione della fotografia (resa pubblica nel 1939) uno strumento indispensabile dell'artista che si cimentava con l'autoritratto. Si tratta di uno strumento che assume un valore simbolico molto forte, che è ricco di rimandi culturali alla tradizione classica e su cui a partire dal XVII secolo la teoria dell'arte riflette con estrema consapevolezza e complessità di pensiero. I punti interessanti su cui vale la pena di soffermarsi sono principalmente tre: Il primo riguarda il fatto che l'immagine nello specchio necessita della presenza simultanea del rappresentato e del rappresentante. Perché vi sia l'immagine è necessario che davanti allo specchio vi sia qualcuno o qualche cosa. La seconda questione riguarda la tradizione della pittura occidentale e in particolare che in determinati momenti della sua storia, la pittura si pone come “specchio della realtà”. Infine il rapporto tra quadro e specchio ci riporta ancora al tema iniziale della nozione di rappresentazione e al problema della semiosis e della mimesis. A partire dal XVII secolo lo specchio non è solo strumento della mimesis ma si arricchisce di connotazioni ulteriori che lo rendono strumento semiotico. Nell'arco del XVII secolo numerosissimi sono i dipinti in cui compaiono degli specchi. La vera rivoluzione la si ha però quando lo specchio riflette qualcosa o qualcuno che sta al di fuori dello spazio del dipinto. Solo in questo caso infatti lo specchio assume la valenza piena di segno ovvero quando diviene riflesso di una realtà esterna. L'opera da cui ha inizio questo artificio è il Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan Van Eyck. In questo dipinto che raffigura il matrimonio tra Giovanni Arnolfini e Giovanna Cenani compare sulla parete di fondo uno specchio convesso su cui si riflettono due figure. La critica ha sempre letto in una delle due figure riflesse l'artista, che in questo caso però compare non come l'artefice, ma come il testimone del patto matrimoniale. Quello che in ogni caso ci interessa qui è che lo specchio è il segno di una realtà esterna alla scena. Lo specchio prolunga lo spazio del dipinto nello spazio in cui per altro siamo inseriti noi spettatori. Lo specchio quindi ci assegna indirettamente un ruolo nella scena. Ci mette nei panni del testimone. L'altro esempio interessante per il nostro percorso è sempre un dipinto di Jan Van Eyck, La Madonna del canonico Van der Paele. L'autore compare qui per la prima volta riflesso. Il riflesso di Jan van Eyck è visibile, ad uno spettatore attento, nello scudo del San Giorgio. Si tratta effettivamente di un caso o l'artista allude in maniera diretta alla tradizione classica che voleva che Fidia si fosse raffigurato (riflesso) nello scudo di Minerva?. 1 Victor I. Stoichita, Quadri, carte geografiche, specchi in L'invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Milano, Il Saggiatore, 2004, pp. 155-199. 38 Specchi e photomatic Jean Van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434, olio su tavola, 82x60 cm, Londra, National Gallery. Jean Van Eyck, dettaglio del Ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434,olio su tavola, Londra, National Gallery. 39 Specchi e photomatic Jan Van Eyck, La Madonna del canonico Van der Paele, panello centrale, 1436, olio su tavola, 122x157 cm, Burges, Groeninge Museum. Jan Van Eyck, dettaglio da La Madonna del canonico Van der Paele, 1436, olio su tavola, Burges, Groeninge Museum. 40 Specchi e photomatic Parmigianino2 In un modulo dedicato all'autoritratto non può certo mancare un riferimento ad uno dei dipinti più straordinari della storia della pittura italiana. L'Autoritratto allo specchio convesso di Parmigianino. Fin dalla sua realizzazione nel 1524 e la sua presentazione alla corte papale di Clemente VII questo dipinto suscitò l'ammirazione degli intenditori e appassionati d'arte. L'originalità di questo autoritratto non sta tanto e solo nella presenza dello specchio, ma in particolare nella scelta dello specchio convesso e nel fatto che il dipinto stesso ne imita la forma. La struttura dell'opera infatti è convessa e circolare come un vero specchio e montata su una cornice che imita quella dello specchio da da barbiere. L'idea quindi è quella di creare un'illusione di una immagine riflessa e non dipinta. La deformazione non è esattamente quella che si otterrebbe nel riflettere la propria immagine in uno specchio convesso. L'artista infatti ha operato una correzione nel busto e nel volto, mentre ha mantenuto una forte ed accentuata deformazione della mano destra quella che impugna il pennello. I riferimenti letterari classici riscontrati dalla critica in quest'opera sono sia alla figura di Narciso a cui fa esplicito riferimento un disegno del Louvre, sia in una straordinariaaa lettura fatta da Jean Clair 3 a Medusa e in particolare allo scudo/ specchio con cui si pusconfiggerere il terribile mostro, altro complesso riferimento mitologico a cui rimanda l'immagine riflessa, il guardare l'altro negli occhi. Attraverso l'analisi delle opere del Parmigianino si può proporre alla classe di redigere una scheda tecnica di approfondimento sul Disegno e le sue diverse tecniche. 2 3 Parmigianino e il manierismo europeo, cat. mostra a cura di L. Fornari Schianchi e S. Ferino-Pagden, Milano, Silvana editoriale, 2003, pp. 175-176; 260-261. Jean Clair, Medusa. L'orrido e il sublime nell'arte, Milano, Leonardo, 1989. Parmigianino, Autoritratto allo specchio convesso, olio su tavola, 1524 ca., diam. 24,4 cm., Kunsthistorisches Museum, Gemaldegalerie, Vienna. 41 Specchi e photomatic Parmigianino Autoritratto, sanguigna, 73x53 mm., Departament des Arts Graphique, Louvre, Parigi (riproduzione in b/n) Parmigianino (attr.) Autoritratto (vista frontale), sanguigna su tracce di disegno preliminare a punta metallica, 106x75 mm., Windsor Castle, Royal Library. 42 Specchi e photomatic Altri percorsi Un'interessante deviazione dal percorso principale può essere un esercizio di lettura dell'opera di Giuseppe Penone, Rovesciare i propri occhi del 1970. Si può assegnare ai ragazzi il compito di approfondire l'autore e la corrente artistica in cui si colloca. Quindi, attraverso le informazioni tratte dalla lettura di alcune fonti, anche reperite su web, si può lasciare agli studenti la libertà di rileggere quest'opera Giuseppe Penone, Rovesciare i propri occhi, 1970, Stampa fotografica, cm. 30x40, Collezione dell’artista. 43 Specchi e photomatic Medusa4 E' un personaggio della mitologia greca, figlia di Forco e di Ceto. Era una delle Gorgoni, l'unica ad essere mortale. Poseidone si era innamorato di Medusa, e una notte la portò al tempio di Atena per consumare il loro amore. In risposta a questa offesa, Atena tramutò i capelli di Medusa in serpenti e fece sì che chiunque la guardasse negli occhi venisse tramutato in pietra. Medusa fu uccisa da Perseo, che le mozzò la testa guardandola attraverso uno scudo lucido. Quando tagliò il capo, dal collo della Gorgone uscirono i figli che aveva generato dopo la notte con Poseidone, Pegaso e Crisaore. Secondo Ovidio, dal suo sangue nacquero anche il corallo rosso e Anfesibena. Nonostante Perseo l'avesse uccisa, la sua testa continuava a rendere di pietra chiunque la guardasse anche dopo essere stata staccata dal corpo: Perseo, infatti, la mostrò ad Atlante che diventò di pietra. La testa di Medusa fu donata da Perseo ad Atena, in cambio dello specchio riflettente con il quale la dea gli aveva suggerito di affrontare Medusa, in modo che il mostro si uccidesse con il suo proprio sguardo. Atena, ricevutala in dono, la pose al centro della propria egida. Caravaggio, Medusa, 1598-99, olio su tela montato su legno, 60x55 cm., Firenze, Galleria degli Uffizi. 4 La scheda è tratta da Wikipedia e rielaborata ed integrata. Sul tema di Medusa e la sua ripresa nella storia dell'arte si può leggere un interessantissimo contributo critico: J. CLAIR, Medusa. L'orrido e il sublime nell'arte, Milano, Leonardo, 1989. 44 Specchi e photomatic Egon Schiele Egon Schiele5 fu un autore dalla personalità particolarmente travagliata che assunse un atteggiamento da maledetto e da artista contro. Nell'arco della sua carriera artistica si è autoritratto moltissime volte sperimentando tecniche diverse. All'interno del percorso può essere interessante riprendere e soffermarsi su alcune opere di questo artista e in particolare sul contesto della Vienna dei primi del Novecento in cui si sviluppa il pensiero di Freud e la nascita della psicanalisi, argomenti che ben si prestano ad una trattazione interdisciplinare. Accanto alla produzione pittorica e ai numerosi disegni e guache, Schiele ha anche sperimentato la fotografia e il ritratto/ autoritratto fotografico. Le immagini fotografiche non erano direttamente scattate da lui in prima persona (come nella sequenza di autoritratti scattati dall'amico fotografo Anton Trcka o in quelli di Fischer), ma erano progettate da lui e siglate e firmate o addirittura ritoccate intervenendo sulla stampa marcando i contorni e acquerellandole. Il doppio (specchiato o vagheggiato), il volto nascosto, gli occhi dilatati a dismisura, il corpo emaciato, scavato e composto in posture contratte, la sessualità esibita, sono tutti temi che l'artista sperimenta nelle sue opere e che danno forma al suo personaggio narcisista e bohemien, incarnando l'agonia della “finis Austriae”. Il tema del doppio, dell'Io frantumato e ostile a se stesso torna anche in alcuni racconti gothic e in diversi film del cinema espressionista che sicuramente Schiele ebbe modo di vedere in prima proiezione a Vienna. Si tratta del film Lo studente di Praga di Stellan Rye del 1913 e il racconto Il Golem di Gustav Meyrink del 1915, poi portato in pellicola nello stesso anno da Paul Wegener.6 Johannes Fischer, Schiele davanti allo specchio, 1916, gelatina ai sali d'argento, Albertina, Vienna 5 Eva di Stefano, Schiele. Gli autoritratti, Art Dossier n. 188, Giunti. 6 I film e i racconti sono facilmente reperibili. Da Youtube è possibile scaricare l'unico film giunto fino a noi Der Golem, wie er in die Welt kam di Paul Wegener nella sua versione del 1920. Altrettanto interessante può essere la lettura di The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde (1886) e la visione dei film tratti dal racconto di Louis Stevenson. 45 Specchi e photomatic Egon Schiele, Autoritratto con la mano sulla guancia, 1910, Gouache, acquarello e matita su carta, 44,3x30,5 cm. Albertina, Graphische Sammlung, Vienna Egon Schiele, Doppio ritratto, 1915, Gouache, acquarello e matita su carta, 32x49 cm., Collezione privata. 46 Specchi e photomatic Altri percorsi Un'interessante deviazione dal percorso principale può essere un esercizio di lettura dell'opera di Alighiero Boetti, Gemelli del 1968. Si può assegnare ai ragazzi il compito di approfondire l'argomento e reperire informazioni riguardo all'artista e in quale corrente si collocava. Quindi attraverso le informazioni tratte dalla lettura di alcune fonti bibliografiche fornite dall'insegnante o reperite su web, lasciare agli studenti la libertà di tentare una lettura dell'opera sulla base delle informazioni fino ad ora acquisite. Alighiero Boetti, Gemelli, 1968, Stampa fotografica spedita come cartolina, cm. 14,5x10,5x2,5, Parigi Collezione Anne-Marie Sauzeau. 47 Specchi e photomatic Francesca Woodman Francesca Woodman è un artista americana poco nota in Italia come all'estero e solo recentemente riscoperta dalla critica. Figlia d'arte, iniziò fin da giovanissima ad esprimersi attraverso il mezzo fotografico. Nella maggior parte delle sue immagini è lei stessa ad essere la protagonista. Se è possibile inquadrare i suoi lavori in un genere, questo è senza ombra di dubbio l'autoritratto. Tuttavia come si è già sottolineato per gli autori fino ad ora analizzati, la modalità dell'autoritratto è solo in parte una modalità introspettiva, ma ha molto di più a che fare con la nozione di rappresentazione. Il suo stile e il suo linguaggio fotografico ha diversi elementi che ci riportano alle atmosfere gothic di fine dell'Ottocento, primi del Novecento e alle sperimentazioni surrealistee di altre artiste/ fotografe quali ad esempio Claude Cahun. Autoritratto all'età di 13 anni è una delle sue prime opere. Si rappresenta seduta accanto ad un pianoforte con il volto completamente coperto dai capelli e legata allo strumento del suo fare artistico dal filo collegato alla macchina e che le consente l'autoscatto. In molte delle sue immagini compaiono degli specchi come in Senza Titolo e in Autoinganni. La Woodman gioca con estrema consapevolezza sul medium fotografico e sulla sua capacità/ incapacità di mostrare, di riflettere la realtà. Ecco perché in molte immagini cerca volutamente l'ambiguità, il mosso, costruendo delle azioni in cui tenta di scomparire dalla vita, di penetrare le pareti, di entrare come Alice negli specchi. Francesca Woodman, Autoritratto all'età di 13 anni, Boulder Colorado, 1972, gelatina ai sali d'argento. 48 Specchi e photomatic Come molte artiste fotografe la Woodman mette in scena sé e il suo corpo. Diverse artiste hanno sperimentato la propria creatività proprio a partire da questo dato corporeo e che implicava la stretta adesione del proprio Io alle scelte artistiche. Si trattava di mettere in gioco se stesse e il proprio corpo fino ad immolarsi come agnelli sacrificali. A questo proposito si possono citare molte artiste: Gina Pane; Cindy Sherman; Nan Goldin solo per citarne alcune, che per vie diverse hanno posto al centro della loro azione artistica se stesse. Che si tratti effettivamente di un linea femminile (di gender) dell'arte contemporanea è ancora un punto estremamente controverso e dibattuto dalla critica. Al di là del maschile e del femminile i temi che conducono alla riflessione intorno all'identità, al corpo, al narcisismo più che mai esaltato dai mezzi di comunicazione di massa e nello stesso tempo da questi stessi fagocitato e massificato, sono ancora oggi al centro dell'azione artistica. La riflessione dell'artista su di sé non affatto svolta per esprimere in maniera narcisista la propria personalità, né tanto meno questo dato è fondamentale per giudicare il valore di un'opera. Io è un altro e quindi su di sé si incarnano “Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di follia; cerca egli stesso, esaurisce in se stesso tutti i veleni, per conservare soltanto quintessenze.”. Francesca Woodman, Senza titolo, Providance, Rhode Island, 1975-76, gelatina ai sali d'argento. 49 Specchi e photomatic Francesca Woodman, Autoinganno, 1,3; Roma 1978, gelatina ai sali d'argento. Francesca Woodman, Autoinganno, 5,7, Roma 1978, gelatina ai sali d'argento. 50 Specchi e photomatic Photomatic7 Le cabine per fototessere (photomatic) sono strumenti che furono utilizzati e reinterpretati in maniera creativa da diversi artisti nel corso del Novecento. La fototessera nell'Ottocento aveva avuto due principali filoni: uno medico-poliziesco e uno che la letteratura critica definisce di svago ovvero la carte-de-visite di Desideri. Entrambe queste due vocazioni sono reinterpretate dagli artisti che usano la photomatic, sia quella classificatoria che quella di liberare la fantasia creatrice. Uno degli autori che utilizzò il la cabina photomatic è Francis Bacon che come abbiamo già sottolineato ha sempre ammesso un uso intelligente e creativo della fotografia come base per molte sue opere. Quello che sembra cercare in questa serie di autoscatti è la casualità, un po' come la sua pratica di gettare il colore sulla tela, e posture forzate e punti di vista diversi di guardare al volto. Dal guardare queste strip sembra anche evidente come lo spazio angusto e isolato della cabina fosse per lui uno spazio performativo interessante e che ritroviamo nei fondi neutri degli autoritratti o negli spazi desolati dei suoi dipinti. Non dimentichiamo in oltre che all'interno della cabina photomatic vi è uno specchio, elemento che ci riporta al punto iniziale del rapporto con la propria immagine riflessa. Queste immagini risalgono probabilmente alla metà degli anni '50. Francis Bacon, serie di fototessere, ca. 1955. 7 F. MUZZARELLI, Formato tessera. Storia, arte e idee in photomatic. Premessa di C. Marra. Testimonianze di R. Barilli e F. Vaccari, Milano, Bruno Mondadori, 2003, pp. 65 – 132. Particolarmente interessante il capitolo L'arte e la Photomatic che può essere antologizzato e proposto come lettura critica agli studenti. 51 Specchi e photomatic Un altro artista fondamentale, un passaggio obbligato, per la comprensione del ruolo dell'artista nella nostra società è certamente Andy Warhol. Il ritratto fu uno dei prodotti principali di quella che si potrebbe definire una vera e propria linea e fu proprio il prodotto che gli permise di entrare nelle collezioni dei grandi musei del mondo. Aveva intuito perfettamente i meccanismi della società di massa e fu in grado di destrutturarli e di riutilizzarli nel processo del proprio fare artistico. Uno dei suoi obiettivi era di trasformare l'immagine fotografica in un'icona e se stesso in un'icona dello standard. Era interessato a sovvertire i generi trasformando ciò che era per le élite in popolare e ciò che era parte della cultura pop in oggetto di culto e di consumo delle élite culturali. Ecco cosa lo spinge ad utilizzare la cabina delle fototessere sia per gli autoritratti che per creare le basi per ritratti di personaggi famosi come ad esempio la serie di Ethel Scull (moglie del magnate e collezionista di opere di Warhol) del 1963, ritratta appunto attraverso una serie di scatti ripresi in una cabina di Times Square poi ingranditi e stampati e serigrafati (Ethel Scull Thirty-Six Times). Queste strip venivano poi tagliate e ricomposte e colorate e furono anche pubblicate in una doppia pagina di Harper's Bazaar. Particolarmente interessanti sono le strips con gli autoritratti in cui si copre gli occhi con gli occhiali da sole. Ovviamente questa scelta non è casuale, bensì ricca di diversi significati rispetto al vedere ed essere visti e all'assumere atteggiamenti standardizzati. Qui Andy infatti sta giocando il ruolo del divo scontroso e molto cool per cui le giovani ragazze andavano in delirio come per Marlon Brando e James Dean. Andy Warhol, Self-portrait in photo-booth, gelatina ai sali d'argento, 1963-64 ca. 52 Specchi e photomatic Interessanti anche le immagini scattate dal fotografo Duane Michels a Andy Warhol che introducono un altra questione su cui varrà la pena di riflettere: sul significato dell'immagine segnaletica e schedatoria attraverso la quale il sistema medico – poliziesco aveva cercato di catalogare gli individui. La fototessera risale al 1958 e ci mostra un primo piano di Andy con le mani che coprono il volto ovvero che nascondono i tratti che consentono l'identificazione. Questa immagine rientra nella poetica così detta dalla critica dell'antisegnaletica su cui vedremo hanno giocato altri autori del Novecento, tra cui ci interessa citare Marcel Duchamp e René Magritte immortalato con il volto coperto proprio da un'immagine scattata dallo stesso Duane Michels. E' sempre lo stesso fotografo a lasciarci altre tre immagini di Andy Warhol (1973) in cui nei tre scatti il volto dell'artista progressivamente scompare fino a diventare irriconoscibile. E' evidente che la pretesa di catalogare e schedare attraverso l'immagine del volto la personalità di un individuo, come volevano i vari Lombroso, è ormai definitivamente negata. Duane Michals, Andy Warhol, gelatina ai sali d'argento, 1958. 53 Specchi e photomatic “Se volete sapere tutto su Andy Warhol guardate la superficie delle mie pitture, dei miei film, di me stesso e mi ci troverete. Non vi è nulla dietro la superficie.” Duane Michals, Andy Warhol, gelatina ai sali d'argento, 1958. 54 Specchi e photomatic Arnulf Rainer, Automatenphotos, 1968-69. Arnulf Rainer è artista austriaco che usò la cabina per fototessere nelle sue performance. Fu uno degli esponenti dell'Azionismo Viennese, gruppo di artisti che a partire dagli anni '70 dettero vita ad una serie di performance di Body Art molto cruente. Con questi artisti infatti entriamo nell'ambito della Body Art dove il tema dell'autoritratto è riletto in una diversa chiave, poiché come si è detto, l'artista in prima persona con il suo corpo si mette in gioco fino a rischiare anche la vita durante l'azione artistica. Trascurando per ora i gesti estremi, citiamoo invece il lavoro di Rainer del 1968-69 quando l'artista ritorna a riflettere sugli studi ottocenteschi difisionomicaa e di fotografia psichiatrica, sull'Art Brut e sui comportamenti dei malati di mente. Le Automatenphotos venivano scattate da Rainer la sera e sotto effetto di droghe e di alcool per ottenere maggiori effetti di tensione e esasperazione dei gesti. Era necessario un certo stato di eccitazione; un'abbondanza di espressività nei muscoli facciali e nei nervi. (...) Finché non ebbi l'esigenza di lavorare da solo, preferii la cabina a ogni altro fotografo. Il problema più grande era indovinare il momento dello scatto. O ero io ad arrivare troppo tardi, o era la macchina. Era quindi difficile catturare il culmine reale della tensione facciale La difficoltà dello scatto automatico e la scarsa soddisfazione che riusciva ad ottenere da questa performance spingerà Rainer ad utilizzare anche l'intervento di colore sull'immagine fotografica, ferendo con pennellate e segni il volto impresso sulla fotografia. Anche in Rainer come già in Bacon torna l'interesse per il dialogo con lo specchio e quindi l'interesse al tema del doppio e alla ricerca dell'identità espressa chiaramente dalle teorie lacaniane. In genere mi serve uno specchio, non per il controllo, ma per attivare una sorta di auto comunicazione estroversa. 55 Specchi e photomatic Infine l'installazione di Franco Vaccari che presentò alla Biennale di Venezia del 1972. In una sala interamente dedicata a lui, Vaccari proponeva una cabina photomatic e invitava il pubblico a partecipare ad una azione performativa con la seguente scritta: “Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio” L'opera consisteva quindi in una provocazione, era volta a negare l'abilità manuale dell'artista presentando uno strumento asettico e antiartistico perfettamente in linea con l'idea del ready made duchampiano. L'operazione funzionò e la gente che passava di lì finì per lasciare un'incredibile galleria di ritratti e sperimentare la negazione del fotoritratto schedatorio e utilizzabile ai fini burocratici con grande libertà anarchica e creativa. La gente infatti entrava e lasciava immagini di smorfie, linguacce, spogliarelli, atti osceni, baci, tutta la possibile ed immaginabile gamma di forme di esibizionismo e anche di travestimento. L'installazione di Vaccari potrebbe anche essere letta come un grande ritratto collettivo, come d'altra parte anche nuovi fenomenimassa quali ad esempio i social network come Facebook. All'interno della rete, un “non luogo” virtuale, gli individui si ricreano un loro spazio di identità poi subito massificata dalla legge dei grandi numeri e dalla globalizzazione degli atteggiamenti e della costruzione delle proprie identità. Franco Vaccari, Lascia una traccia fotografica del tuo passaggio, 1972 (l'ultima strip a destra è di Kunnellis). 56 Specchi e photomatic Altri percorsi Bruce Nauman con alcuni suoi video degli anni '70 può essere collegato con l'opera di Arnulf Rainer e più in generalead un discorso sulla Body Art. Guidando gli studenti e fornendo loro un supporto critico è possibile introdurre la nozione di performance e la videoarte, medium generalmente completamente trascurato dallo studio della storia dell'arte, ma sempre più attuale e largamente utilizzato dagli artisti contemporanei. E' scaricabile da youtube un video intitolato Pinchneck del 1968 e collegato a Studies for holograms http://www.youtube.com/watch?v=JXieUZ_RNG4 Bruce Nauman, Studies for Holograms, 1970, (a-e), 5 Serigrafie su carta, 51,8x66.2 cm ciascuna Londra, Tate Gallery 57 Fotoritratto criminale e arte Fotoritratto criminale e arte Marcel Duchamp nel 1923 nella fase in cui stava progettando una serie di lavori sul tema dell'identità, realizza Wanted $2000 Reward. Su una locandina troviamo impaginate due immagini dell'artista una di profilo e una di fronte come è tipico delle foto segnaletiche dei criminali. Da notare però che la sequenza tra le due immagini è invertita e sicuramente l'inversione non è certamente casuale. Sotto le immagini una didascalia con una serie di informazioni riguardanti il ricercato e i suoi pseudonimi dietro cui si nasconde il presunto malvivente. Tra i diversi pseudonimi viene nominato anche il famoso pseudonimo femminile dietro cui si nascondono alcuni dei suoi più famosi interventi artistici: Rrose Sélavy. E' certo che con queste operazioni Duchamp stia indagando e destrutturando la nozione di identità burocratica/medica/ poliziesca e stia giocando con le infinite possibilità che le nostre identità multiple e mutanti ci offrono. Marcel Duchamp nel 1963 userà Wanted come locandina per una sua mostra al Pasadena Art Museum della California e probabilmente sarà in questa occasione che Andy Warhol trarrà spunto per i suoi lavori sulla fotosegnaletiche e gli identikit criminali. Marcel Duchamp, Wanted, $ 2000 Reward, 1923. 58 Autoritratto multiplo Autoritratto multiplo1 La fotografia multipla è una tecnica che si sviluppa fin dagli albori della fotografia già a partire dagli anni '70 dell'Ottocento. Si tratta di un espediente tecnico che permette di imprimere diverse riprese su il medesimo fototipo. Le immagini ovviamente non si sovraimpressionano, ma si integrano in modo tale da rimanere tutte leggibili. I risultati più interessanti di questa particolare tecnica si sono ottenuti proprio nel ritratto. Nei ritratti multipli il soggetto appare in compagnia di se stesso intento a fare qualche cosa (brindando, giocando a scacchi, accendendosi la sigaretta, ecc.). Nell'Ottocento il fotoritratto multiplo fu di gran moda. Il soggetto veniva fotografato più volte in diverse pose su di uno sfondo scuro. Lo sfondo scuro lasciava la lastra vergine per le pose successive. In altri casi venivano prodotte grazie ad un ingegnoso gioco di specchi difronte al quale la persona sedeva dando le spalle all'obiettivo. E' certo che i gioco assume altre valenze quando viene adottato da artisti delle avanguardie che stanno appunto riflettendo sull'identità e suoi multipli. E' il caso di Marcel Duchamp seduto a tavola con se stesso per fumare la pipa, o l'autoritratto di Boccioni o ancora Luigi Pirandello che consiglia se stesso sulle correzioni da apportare ad un suo testo che sta egli stesso battendo a macchina. Marcel Duchamp, Marcel Duchamp, autor d'une table, 1917 1 F. MUZZARELLI, Formato tessera. Storia, arte e idee in photomatic. Premessa di C. Marra. Testimonianze di R. Barilli e F. Vaccari, Milano, Bruno Mondadori, 2003, pp. 79-81; A. GILARDI, Storia sociale della fotografia, Milano, Bruno Mondadori, 2000, pp. 396 – 397. 59 Autoritratto multiplo Umberto Boccioni, Io-Noi-Boccioni, 1907-10. Fotoritatto plurimo di Luigi Pirandello. 60 Percorsi cinematografici Percorsi cinematografici: Si è pensato di arricchire il percorso artistico con la proposta di alcuni film autobiografici e di altri che riflettono sulla nozione di rappresentazione e sul tema della creazione artistica. Oltre al già proposto I misteri del giardino di Compton house (The Draughtman's Contract), regia di Peter Greenaway, Gran Bretagna 1982. Suggeriamo: Fanny e Alexander, regia di Ingmar Bergman, Svezia/ Francia/ Germania 1982. e i più recenti: Essere John Malkovich, regia di Spike Jonze, USA 1999. Slipstream - Nella mente oscura di H., regia di Anthony Hopkins, USA 2007. sequenza tratta da Fanny e Alexander, regia di Ingmar Bergman, Svezia/ Francia/ Germania 1982. 61 Verifiche Verifica a domande aperte Anton Giuglio Bragaglia, Umberto Boccioni, 1911 ca , gelatina ai sali d'argento. Johannes Gump, Autoritratto, 1646, olio su tela, 88,5x89 cm. Firenze, Museo degli Uffizi. 1) Analizza il dipinto di Johannes Gump sulla base degli argomenti affrontati nel corso delle lezioni e costruisci dei confronti con alcuni dipinti che hai già studiato. 2) Analizza la fotografia di Anton Giulio Bragaglia che raffigura Umberto Boccioni e approfondisci, attraverso altri esempi a te noti, il tema del ritratto multiplo e del doppio. 62 Verifiche Scheda di riferimento per l'analisi dell'opera Verifica dell'attività di compresenza: saggio breve 1. Autore L'autoritratto da un lato indaga l'Io dell'artista che si fa specchio di sé e della società, dall'altro esemplifica il concetto di rappresentazione e il significato del fare artistico. 2. Titolo 3. Datazione 4. Provenienza 5. Collocazione 6. Materia e tecnica 7. Misure 8. Corrente artistica 9. Breve descrizione (20 – 30 parole al massimo) 10. Lettura dell’opera 11. Analisi storico-critica 12. Osservazioni personali Consegne Sviluppa l’argomento o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”. Se scegli la forma del “saggio breve”, interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e su questa base svolgi, argomentandola, la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Dai al saggio un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro). Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare eventualmente un titolo specifico. Se scegli la forma dell’ “articolo di giornale”, individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo ‘pezzo’. Dai all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro). Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo). Per entrambe le forme di scrittura non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo. 63 Criteri di valutazione delle verifiche scritte indicatori insufficiente sufficiente buono ottimo Conformità e congruenza dello stile e del registro linguistico del saggio con la tipologia del destinatario dichiarata dal candidato 0-1 1.2 1.5 2 Qualità della analisi dei dati forniti e loro corretta utilizzazione nel saggio 0-1 1.2 1.5 2 Corretta e pertinente utilizzazione delle citazioni, dei documenti, dei riferimenti, delle testimonianze che accompagnano le indicazioni di lavoro 0-1 1.2 1.5 2 Correttezza morfosintattica e proprietà lessicale 0-1 1.2 1.5 2 Originalità delle argomentazioni e della elaborazione personale 0-1 1.2 1.5 2 Criteri di valutazione della presentazione orale indicatori insufficiente sufficiente buono ottimo Partecipazione agli incontri di laboratorio 0-1 1.2 1.5 2 Coerenza dell'opera con il discorso costruito attorno 0 - 1 a questa e con gli obiettivi che si è prefissato lo studente. 1.2 1.5 2 Capacità di esporre in modo chiaro, corretto e con l’utilizzo di un linguaggio tecnico adeguato 0-1 1.2 1.5 2 Capacità di utilizzare le fonti scritte e di collegare l’opera agli argomenti generali trattati nel corso delle lezioni e degli approfondimenti di ricerca 0-1 1.2 1.5 2 Capacità di esprimere giudizi autonomi e personali 0-1 1.2 1.5 2 Bibliografia e sitografia Bibliografia essenziale per docenti e allievi Di seguito fornisco l'indicazione bibliografica dei testi letti e consultati durante la ricerca e la stesura del progetto didattico. L'argomento è vastissimo e queste indicazioni bibliografiche non hanno la pretesa di essere esaustive. Ho scelto di non distinguere tra bibliografia per i docenti e per gli allievi. Ritengo infatti che in una III liceo classico questa distinzione sia superflua se non addirittura nociva. Il mio percorso al di là della diversa esperienza è perfettamente ripercorribile dai miei studenti. P. AZARA, L'OCCHIO MONDADORI, 2005. E L'OMBRA. SGUARDI SUL RITRATTO IN OCCIDENTE , MILANO, BRUNO Bacon, catalogo mostra a cura di R. CHIAPPINI, Milano, Skira, 2008. A. BOATTO, Narciso infranto. L'autoritratto moderno da Goya a Warhol, Bari, Laterza, 1995. Bruce Nauman, catalogo mostra a cura di L. Sillars, Milano Electa 2007. O. CALABRESE, La sintassi della vertigine. Sgurdi, specchi e ritratti, in La machina della pittura, Roma-Bari, Laterza, 1985, pp. 113- 143. S. CHIODO, La rappresentazione. Una risposta filosofica sulla verità dell'esperienza sensibile, Milano, Bruno Mondadori, 2008. D.D. VAN DONGEN – M. TAZARTES, Rembrandt, «Art Dossier» n. 65, Milano, Giunti, 1992. A. DÜRER, Lettere da Venezia, Milano, Electa, 2007. Francis Bacon. The violence of the real, catalogo mostra a cura di A. ZWEITE, Londra, Thames & Hudson, 2006. M. FOUCAULT, Le damigelle d'onore, in Le parole e le cose, Milano, Rizzoli, 1998. A. GILARDI, Storia sociale della fotografia, Milano, Bruno Mondadori, 2000. A. GILARDI, Wanted! Storia, tecnica ed estetica della fotografia criminale, segnaletica e giudiziaria, Milano, Bruno Mondadori, 2003. Le tecniche artistiche, ideazione e coordinamento di C. MALTESE, Milano, Mursia, 1973. E. GRAZIOLI, Corpo e figura umana nella fotografia, Milano, Bruno Mondadori, 1998. C. GRUNENBERG, Fare la camminata di Beckett: performance, rituale e gesto in Nauman, in Nauman, cat. Mostra napoli a cura di L. SILLARS, Milano, Electa, 2006 - 2007, pp. 99 – 107. J. CLAIR, Medusa. L'orrido e il sublime nell'arte, Milano, Leonardo, 1989. G. MARCENARO, Fotografia come letteratura, Milano, Bruno Mondadori, 2004. E. DI STEFANO, Schiele. Gli autoritratti, Art Dossier n. 188, Milano, Giunti, 1998. C. MARRA, Fotografia e pittura nel Novecento. Una storia “senza combattimento”, Milano, Bruno Mondadori, 1999. 66 Bibliografia e sitografia Moi! Autoritratti del XX secolo, catalogo mostra a cura di P. BONAFOUX, Firenze – Parigi 2004, Milano Skira 2004. R. E M. WITTKOVER, Nati sotto Saturno. La figura dell'artista dall'Antichità alla Rivoluzione francese, Torino, Einaudi, 1996. F. MUZZARELLI, Formato tessera. Storia, arte e idee in photomatic. Premessa di C. MARRA. Testimonianze di R. BARILLI e F. VACCARI, Milano, Bruno Mondadori, 2003. F. MUZZARELLI, La fotosegnaletica. Wanted, in Le origini contemporanee della fotografia. Esperienze e prospettive delle pratiche ottocentesche, Bologna, Editrice Quinlan, 2007, pp. 67 – 76. La rappresentazione allo specchio. Testo letterario e testo pittorico, a cura di F. CATTANI, D. MENEGHELLI, Roma, Meltemi editore, 2008. S. SCHAMA, Gli occhi di Rembrandt, Milano Mondadori 2000. S. SMEE, Lucien Freud, Taschen 2008. V. I. STOICHITA, L'invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Milano, Il Saggiatore, 2004. C. TOWNSEND, Francesca Woodman. Scattered in space and Time, London, Phaidon, 2006. Parmigianino e il manierismo europeo, catalogo mostra a cura di L. FORNARI SCHIANCHI, S. FERINO-PAGDEN, Milano, Silvana Editoriale, 2003. La pittura in Europa. La pittura tedesca, a cura di G. BOTT, Tomo primo, Milano, Elcta, 1996. 67 Bibliografia e sitografia Sitografia di riferimento per docenti e allievi Fonte imprescindibile ed inesauribile di immagini e di informazioni il sito in inglese http://www.wga.hu/ Le parole della filosofia, II, 1999, Seminario di filosofia dell'immagine La filosofia nelle immagini: Las Meninas di Velázquez e il concetto di raffigurazione, di Paolo Spinicci (Università di Milano). http://www.lettere.unimi.it/~sf/leparole/meninas.htm D. MELEGARI, Il Mormorio e la Carne. Un confronto tra Merleau-Ponty e Foucault su visibile, linguaggio e storia, in «Mnemosine», periodico on line, Direttore responsabile: Enrico De Angelis, 18.07.2005. http://mnemosyne.humnet.unipi.it/index.php?id=255 sito internet in lingua inglese che rivolge particolare attenzione al linguaggio e alla tecnica nella pittura di Rembrandt: http://www.mystudios.com/rembrandt/rembrandt-myself-opening.html Per l'autoritratto di Lucien Freud http://www.museothyssen.org/thyssen/coleccion/obras_ficha_texto412 .html Per le strip di Any Warhol scattate nella photomatic: http://www.metmuseum.org/toah/hd/phef/ho_1996.63a,b.htm# http://www.getty.edu/art/gettyguide/artObjectDetails? artobj=133850&handle=li Alcuni spunti per altri autoritratti: http://www.currenticalamo.com/HTML/AUTORITRATTO.htm Autoritratto e fotografia in Francis Bacon – immagini e confronti: http://www.engramma.it/engramma_v4/rivista/galleria/38/galleria_ba con.htm N. Mazzon, Identità e autoritratto: il caso di Francis Bacon, in «Enagramma», n. 38, dicembre 2004 – gennaio 2005. http://www.engramma.it/engramma_v4/rivista/galleria/38/saggio_bac on.htm Per il rapporto di Francis Bacon con la pittura di Rembrandt e Van Gogh: N. Mazzon, L'arte dell'autoritratto Fracis Bacon a lezione da Rembrandt e Van Gogh, in «Engramma», n. 27, settembre-ottobre 2003. http://www.engramma.it/engramma_v4/rivista/saggio/27/bacon.html 68