I WORKING POOR Un`analisi dei lavoratori a basso reddito dopo la
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I WORKING POOR Un`analisi dei lavoratori a basso reddito dopo la
Creli Centro di ricerche per i problemi del lavoro e dell’impresa I WORKING POOR Un'analisi dei lavoratori a basso reddito dopo la crisi Claudio Lucifora (*) CNEL, 1 luglio 2014 (*) con la collaborazione di Valentina Ferraris Indice rapporto 1. I salari nella crisi 2. I “working poor”: chi sono e quanti sono? 3. Famiglie, lavoro e povertà: la «in-workpoverty» 4. Le politiche di contrasto 2 1. I salari nella crisi 3 I salari nella crisi • congiuntura economica negativa e elevata disoccupazione riduzione dinamica salariale (privato). Retribuzioni contrattuali - PA 6.0 5.0 4.0 Retribuzioni contrattuali - industria e servizi privati 3.0 4.5 2.0 4.0 1.0 3.5 0.0 3.0 06 2.5 07 08 09 10 11 12 13 14 var % a/a indice delle retribuzioni contrattuali orarie, totale dipendenti al netto dei dirigenti. Fonte Istat 2.0 1.5 • blocco dei rinnovi salariali nel settore pubblico 1.0 06 07 08 09 10 11 12 13 14 var % a/a indice delle retribuzioni contrattuali orarie, totale dipendenti al netto dei dirigenti. Fonte Istat 4 I salari nella crisi • Deboli anche le componenti retributive di secondo livello (straordinari, bonus, premi di produttività..) legate all’andamento del ciclo. Wage drift - totale economia 3.0 2.0 1.0 0.0 Retribuzioni di fatto pro capite -1.0 6.0 -2.0 5.0 -3.0 4.0 -4.0 06 3.0 07 08 09 10 11 12 13 differenza tra var % retribuzioni di fatto procapite e retribuzioni contrattuali orarie. Elaborazioni su dati Istat 2.0 1.0 • Lo slittamento salariale resta negativo 0.0 06 07 08 09 10 11 12 13 var % a/a indice delle retribuzioni di fatto per ULA. Fonte Istat 5 Calo delle retribuzioni in termini reali Retribuzioni lorde mensili - medie nominali reali 110 105 100 -9.1% rispetto al 2004 95 90 85 80 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 indice base 2004=100, elaborazioni su dati IT-SIC L Istat 6 Diminuzione non uguale per tutti (retribuzioni) La perdita complessiva delle retribuzioni lorde durante la crisi p95 p90 p75 p25 p10 p5 -12% -10% -8% -6% -4% -2% 0% var % 2007-2011 retribuzioni lorde mensili reali, per diversi percentili della distribuzione del reddito. Elaborazioni su dati IT-SILC Istat 7 Diminuzione non uguale per tutti (redditi netti) La perdita complessiva di redditi individuali netti da lavoro dipendente durante la crisi p95 p90 p75 p25 p10 p5 -30% -25% -20% -15% -10% -5% 0% var % 2007-2011 redditi reali netti, per diversi percentili della distribuzione del reddito. Elaborazioni su dati IT-SILC Istat 8 Aumento delle disuguaglianze Indice di Gini per redditi netti da lavoro dipendente 0.29 0.28 0.27 0.26 0.25 0.24 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 i punti indicano gli estremi degli intervalli di confidenza. Elaborazioni su dati IT-SILC Istat 9 Orari di lavoro (decili nella distribuzione dei redditi) Ore lavorate in media a settimana totale lav.dipendenti primo decile ultimo decile 102 100 98 96 • Sull’andamento delle retribuzioni mensili pesa la divergenza nelle ore lavorate • aumento del part time involontario • riduzione degli orari lavorativi (soprattutto per la parte bassa della distribuzione) 94 92 90 88 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 ore lavorate nell'occupazione principale, media lavoratori dipendenti, indice base 2004=100 10 2. I “working poor”: chi sono e quanti sono? 11 working poor: chi sono? • Povertà tradizionalmente concentrata tra i “senza lavoro” (disoccupati, sotto‐occupati, inattivi e pensionati) • Nella crisi un numero consistente di individui si è trovato in condizioni di povertà relativa pur avendo un lavoro o appartenendo ad un nucleo familiare in cui vi siano occupati • La diffusione dei lavoratori a basso salario comporta notevoli disfunzioni economiche: in termini di potere di acquisto dei lavoratori e delle loro famiglie, malfunzionamento del mercato del lavoro, difficoltà di inserimento sociale, precarie prospettive di lavoro presenti e future, problemi socio ambientali come la criminalità e la salute. 12 working poor: chi sono? • Definizione: I working poor sono lavoratori che percepiscono un salario inferiore ad una soglia di povertà relativa, definita come i 2/3 del salario mediano. Lavoratori dipendenti Lavoratori autonomi senza dipendenti (tra i quali ci sono anche partite Iva parasubordinate) • Dati: Elaborazioni effettuate su dati IT SILC (indagine condotta da Istat in collaborazione con Eurostat) per gli anni 2004-2011 (ultimo anno disponibile). Retribuzioni lorde e redditi netti (potere d’acquisto in termini di reddito disponibile) 13 working poor: quanti sono? Working poor tra i lavoratori dipendenti 2 milioni 640 mila 16 14 12 L’incidenza di working poor è in aumento rispetto al periodo pre crisi 10 8 6 4 2 04 05 06 07 08 09 10 11 % di lavoratori dipendenti con reddito da lavoro dipendente orario netto inferiore ai 2/3 del reddito orario mediano. Elaborazioni su dati IT-SILC Istat 14 working poor: quanti sono? Working poor tra i lavoratori autonomi 18 756 mila 16 14 Anche per i lavoratori autonomi aumenta l’incidenza di individui a basso reddito 12 10 8 6 4 2 04 05 06 07 08 09 10 11 % di lavoratori autonomi (senza dipendenti) con reddito netto orario da lavoro autonomo inferiore ai 2/3 del reddito orario mediano. Elaborazioni su dati IT-SILC Istat 15 I working poor: intensità della povertà • fino al 2008 era necessario (in media) un aumento di 1.3 euro del salario orario per colmare la distanza dalla soglia di povertà relativa (WP) Intensità della povertà 40% 35% 30% 25% 20% • dal 2009 sono (in media) necessari 2 10% euro di incremento del salario orario 5% per consentire agli 0% individui di uscire 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 dalla condizione di poverty gap ratio per i lavoratori dipendenti (distanza media dalla soglia di povertà). Elaborazioni su dati IT SILC Istat working poor. 15% 16 Working poor: chi è a rischio? • Tra i dipendenti: • Tra gli autonomi (senza dipendenti): giovani (16-30 anni) stranieri donne meno istruiti occupati in imprese <20 add contratti a termine Settori: • • • • giovani (fino a 39 anni) stranieri donne meno istruiti occupati in imprese molto piccole (partite Iva parasubordinate) Settori: agricoltura, costruzioni, servizi commerciali, turistici, servizi alla persona e alle imprese • • • • 17 agricoltura, commercio, servizi commerciali, turistici, servizi ricreativi e artistici Working poor: per chi è aumentato il rischio? La crisi ha aumentato il rischio di essere working poor, anche in gruppi tradizionalmente non a rischio. Tra i dipendenti: • • • • • • Tra gli autonomi: laureati (+100%) giovani 25-30 (+19%) grandi imprese >50 (+30%) uomini (+11%) contratti a termine (+12%) impiegati (+37%) Settori: giovani (+20%) laureati (+100%) in proprio in piccole imprese (+10%) stranieri (+100%) Uomini (+11%) liberi professionisti (+56%) • settore finanziario, • sanità, • Amministrazione pubblica 18 gradino di ingresso o trappola della povertà? Tassi di uscita dalla condizione di working poor Giovani 2004/2005 2006/2007 Adulti 2010/2011 2004/2005 70 70 60 60 50 50 40 40 30 30 20 20 10 10 2006/2007 2010/2011 0 0 verso inattività verso disoccupazione verso inattività verso occupazione non WP % di working poor fino a 30 anni nell'anno t0 che nell'anno t1 si sono trovati in altra condizione. Elaborazioni su dati IT SILC Istat verso verso disoccupazione occupazione non WP % di working poor con più di 30 anni nell'anno t0 che nell'anno t1 si sono trovati in altra condizione. Elaborazioni su dati IT SILC Istat 19 «Good or Bad jobs»: Qualità del lavoro e working poor l'incidenza di lavoratori a bassa retribuzione tende ad essere più elevata nei settori (e professioni) dove la qualità del lavoro media è più bassa Qualità intrinseca del lavoro e working poor per settori 35 25 20 15 10 5 0 50 55 60 65 70 75 80 Indicatore di qualità intrinseca del lavoro (la qualità è crescente al crescere dell'indice). Elaborazioni su dati EWCS 2010 e IT SILC 2011 Prospettive e working poor per settori 35 30 servizi alle famiglie 25 20 15 10 5 Qualità del tempo di lavoro0 50 35 servizi alle famiglie 30 25 20 15 10 5 0 50 60 70 80 Indicatore di qualità del tempo di lavoro (la qualità è crescente al crescere dell'indice). Elaborazioni su dati EWCS 2010 e IT SILC 2011 20 55 60 65 70 Indicatore di prospettive (la qualità è crescente al crescere dell'indice). Elaborazioni su dati EWCS 2010 e IT SILC 2011 Qualità del tempo di lavoro e working poor per settori % working po % working po 30 Qualità e prospettive di carriera % working po Qualità intrinseca 90 75 working poor e sommerso Basso salario e sommerso 50 agricoltura 45 % di working po 40 35 alloggio e ristorazione 30 att.artistiche, servizi famiglie 25 20 15 10 5 0 0 10 20 30 tasso di irregolarità (% di occupati irregolari) 21 40 I settori a maggior incidenza di irregolarità, dove c'è maggior sommerso, sono anche quelli dove è più alta la quota di lavoratori a basso salario 3. Famiglie, lavoro e povertà 22 Famiglie, lavoro e povertà: «in-work poverty» • Il concetto di working poor fa riferimento all’individuo • Tuttavia, non sempre una bassa retribuzione implica, per l’individuo, una condizione di disagio economico nell’ambito della famiglia. • «in-work poverty» fa riferimento ai nuclei familiari che si trovano in condizioni di povertà relativa (reddito familiare equivalente inferiore al 60% del reddito equivalente mediano) nonostante almeno uno dei componenti sia occupato. 23 «in-work poverty» in Europa La in-work poverty in Europa 2007 Italia 2011 16 14 UE-27 12 10 • In Italia e nei paesi mediterranei l’incidenza della inwork poverty è aumentata negli anni post crisi. 8 6 4 2 Fi nl a R ndi ep a .C ec a B Pa elg es io iB as si Ir la D nd an im a ar ca S ve zi Fr a a G nci er a m R eg an no ia U ni to U Po e2 7 rt og al lo It al Po ia lo ni a G re c S ia pa gn a 0 % individui in-work poor. Dati Eurostat EU SILC 24 • La in-work poverty è più bassa nei paesi scandinavi, nei paesi dell’Europa continentale e nei paesi anglosassoni. in-work poverty: chi è a rischio? • Caratteristiche famiglie: • Caratteristiche del capofamiglia: lavoratore straniero bassa istruzione contratto a termine lavoratore autonomo (senza dipendenti o coaudivante nella ditta di un familiare) tempo parziale o disoccupato del Mezzogiorno figli a carico in abitazioni in affitto numerose un solo percettore di reddito lavoratori a tempo parziale un solo lavoratore autonomo 25 «in-work poverty» e intensità occupazionale famigliare Rischio di in-work poverty e intensità occupazionale • il rischio di essere inwork poor diminuisce all’aumentare del numero di percettori di reddito all’interno del nucleo famigliare 50% 40% 30% 20% 10% 1 ) ;1 .7 [0 ;0 .7 ) ) [0 .6 .6 ;0 [0 .5 0. 5) ) [0 .4 ; .4 ;0 [0 .3 ;0 .3 ) [0 .2 (0 ; 0. 2) 0% Intensità occupazionale: rapporto tra numero di occupati all'interno della famiglia e numero di membri. Elaborazioni su dati IT SILC Istat 26 In-work poverty e working poor • Le famiglie con componenti «working poor» sono più facilmente in condizioni di «in-work poverty». Probabilità di in-work poverty e presenza di working poor nella famiglia 40% 35% 30% • Il 43% delle famiglie che si trovano in condizioni di «inwork poverty» ha almeno un componente che è un lavoratore a basso salario. 25% 20% 15% 10% 5% 0% 0 1 2 o più numero di working poor in famiglia. Elaborazioni REF Ricerche su dati IT SILC Istat 27 4. Le politiche di contrasto 28 Le politiche di contrasto alla «working poverty» • politiche dirette a contrastare i bassi salari (individuali): politiche di promozione dell’occupazione (margine estensivo) aumento delle ore lavorate (margine intensivo) trasferimenti ai lavoratori più svantaggiati minimi salariali legislativi • politiche di contrasto alla povertà (delle famiglie): politiche di attivazione e «Making work pay» riduzione delle imposte (ad esempio con detrazioni e deduzioni) trasferimenti (es. gli assegni familiari). 29 Il salario minimo legale • le retribuzioni minime mensili vanno dai 174 euro della Bulgaria ai 1.921 del Lussemburgo (11:1), in media (EU-27) sono 747 euro (mensili) • il salario minimo orario è in media (EU-27) pari a 4,6 euro, mentre per EU-15 è di circa 7 euro • Confronti tra paesi sono difficili. Misura dell’incidenza del salario minimo: «Kaitz index» minimo del 31.7 per cento nella Repubblica Ceca 50 per cento in Grecia e Slovenia • 7 paesi non hanno un salario minimo nazionale: Austria, Germania (fino al 1 gennaio 2015), Danimarca, Svezia, Finlandia, Cipro e Italia 30 Il salario minimo legale in Europa Salari minimi legali in Europa I paesi senza un salario minimo legale sono esclusi dal grafico Lussemburgo Regno Unito Belgio Irlanda Paesi Bassi United Slovenia Spagna Malta Grecia Portogallo Croazia Polonia Estonia Slovacchia Ungheria Rep.Ceca Lettonia Lituania Romania Bulgaria 0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0 12.0 14.0 2014 - euro lordi all'ora (quando espressi in termini mensili, i salari sono riportati all'ora utilizzando gli orari settimanali standard). 31 Elaborazioni su dati Eurostat Indice di Kaitz Indice di Kaitz in Europa I paesi senza un salario minimo legale sono esclusi dal grafico Rep.Ceca Estonia Romania Spagna Croazia Slovacchia Bulgaria Regno Polonia Lituania Irlanda Portogallo Paesi Bassi Lettonia Ungheria Belgio Malta Lussembur Francia Slovenia Grecia 0 10 20 30 40 50 60 2012 - salario minimo legale in % del salario medio lordo. Dati Eurostat 32 Copertura minimi retributivi da CCNL • In due recenti studi, Boeri (2009) e Garnero et al (2013) analizzano gli effetti dei minimi salariali contrattati e dei salari minimi legali sulla distribuzione delle retribuzioni. nei paesi in cui i salari minimi sono fissati dalla contrattazione i minimi risultano mediamente più elevati (in Italia in particolare) una quota significativa di lavoratori (working poor) non risulta coperta dagli effetti della contrattazione collettiva (in Italia: circa il 13 per cento dei lavoratori risultano avere un salario orario lordo inferiore al minimo contrattuale rilevante per il loro settore, con punte superiori al 30 per cento nelle costruzioni e in agricoltura) 33 Copertura minimi retributivi da CCNL I minimi contrattuali in Italia salario minimo indice di contrattuale Kaitz (*) a b- e f g h i j k l- n o p q r- u agricoltura, silvicoltura, pesca industria in s.s. costruzioni commercio trasporto e magazzinaggio alloggio e ristorazione informazioni e comunicazioni att.finanziarie e assicurative att.immobiliari, professionali, noleggio PA istruzione sanità e assistenza sociale att.artistiche, sociali, altri servizi 8,4 9,6 11,8 9,3 11,0 9,3 9,9 14,5 9,2 13,3 14,7 9,9 8,6 -0,73 0,93 0,79 0,80 0,98 0,59 0,66 0,67 -0,66 0,60 0,81 (*) salario medio tratto da indagine SES (Structural Earnings Survey, Eurostat, 2010) 34 lavoratori non coperti (%) -9,8 36,9 13,9 11,9 29,4 5,9 13,4 15,9 -23,5 8,3 27,7 Le esperienze internazionali • Regno Unito: Low Pay Commission adeguamento dei minimi salariali alla crescita della produttività e dei prezzi. salario minimo legale è di 6,31 sterline per ora lavorata (circa 7,50 euro), minimi inferiori per i giovani (5,03 sterline per 20-18 anni, 3,72 sterline per 18-16 anni) e per gli apprendisti (2,68 sterline). • Stati Uniti: salario minimo legale (federale), significative differenze tra gli Stati fissato a 7,25 dollari all’ora (circa 5,25 euro) con clausole di esclusione per i giovani (Pres. Obama 10.10 dollari nel 2016) • Francia: SMIC adeguato automaticamente al tasso di inflazione e al tasso di crescita medio delle retribuzioni. fissato a 9,35 euro con limitate eccezioni per i minori di 18 anni e per gli apprendisti. • Spagna: SMI è pari a 4,48 euro all'ora. • Germania: GMI fissato a 8,50 euro all'ora (con clausole di esclusione: studenti, mini-jobbers, apprendisti) 35 Il salario minimo legale: il dibattito • l'introduzione di un salario minimo legale comporterebbe: a) indebolimento del ruolo della contrattazione collettiva il salario minimo legale è una istituzione che rafforza il ruolo del sindacato e il suo potere contrattuale (Checchi e Lucifora, 2002) b) appiattimento verso il basso della distribuzione dei salari (il salario minimo nazionale, potrebbe essere inferiore ai salari minimi di alcuni contratti). una parte dell'occupazione dipendente già risulta (al netto di errori di misurazione e di sottodichiarazione), non coperta dai minimi contrattuali. • In tale contesto, l'introduzione di un salario minimo legale fornisce una garanzia - almeno per i meno tutelati -, e uno strumento per contenere il fenomeno dei working poor. 36 Il salario minimo legale nell’ordinamento italiano Ipotesi di istituzione di un salario minimo legale in Italia livello (euro lordi all'ora) lavoratori coperti % occ.dipendente ipotesi 1 6.50 1 768 762 10.0 ipotesi SMI Spagna 4.48 406 136 2.3 ipotesi Germania 8.50 4 912 410 27.8 ipotesi SMIC Francia 9.53 7 198 299 40.7 elaborazioni su dati IT SILC Istat al 2011 Italia: politica prudente di introduzione di un minimo salariale legale fissato ad un livello prossimo alla soglia di povertà retributiva, con opportune clausole di salvaguardia per giovani e apprendisti, potrebbe dare maggiori garanzie di successo in termini di benefici retributivi e minori costi in termini di potenziale spiazzamento occupazionale. 37 Le politiche di contrasto: Making work pay • crediti d'imposta (tax credits) trasferimenti (in-work benefits) a favore degli occupati, per incrementarne il reddito (condizionato all'occupazione) rendendo più convenienti anche impieghi a bassa remunerazione, senza aumentare eccessivamente il salario minimo Earned Income Tax Credit (EITC) =Stati Uniti Working Family Tax Credit (WFTC)= Regno Unito Crédit d'impôt sur les bas revenus de l'activité professionnelle =Belgio Prime pour l'emploi (PPE) =Francia 38 Le politiche di contrasto alla povertà delle famiglie: il dibattito • il dibattito si è concentrato sui criteri per l'accesso ai crediti d'imposta in termini di reddito (individuale o familiare), composizione familiare (con o senza figli) e requisiti di ore minime lavorate. • Interventi soggetti a verifica dei mezzi (meantested ) permettono di essere molto più efficaci nella riduzione della povertà (anche con risorse limitate), • … tuttavia disincentivano la mobilità salariale e la partecipazione al lavoro (risposte comportamentali che scoraggiano l’attività lavorativa dei componenti secondary earners del nucleo familiare) 39 Altre politiche di attivazione • conciliazione tra occupazione e responsabilità all'interno della famiglia • diffusione del part time, che favorisce la partecipazione femminile al mercato del lavoro • fornitura di servizi di cura • flessibilità d'orario • programmi di formazione o riqualificazione professionale • azioni mirate alla collocazione lavorativa delle persone, come l'orientamento e l'accompagnamento nella ricerca 40