IL CONTROLLO DI GESTIONE NELLE SOCIETA` COOPERATIVE

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IL CONTROLLO DI GESTIONE NELLE SOCIETA` COOPERATIVE
Piano formativo AVA/74/12II
FORMAZIONE PER UNA NUOVA COOPERAZIONE
finanziato da
Avviso 4/2012 II scadenza
IL CONTROLLO DI GESTIONE NELLE
SOCIETA’ COOPERATIVE
A cura di
Istituto Tecnico Commerciale Statale “Germano Sommeiller”
1
IL CONTROLLO DI GESTIONE NELLE SOCIETA’ COOPERATIVE
1. Il controllo di gestione nelle società cooperative.
Dal punto di vista del diritto societario le cooperative costituiscono un genus particolare,
riconosciuto a livello costituzionale. Attraverso le cooperative il legislatore ha inteso costituire uno
strumento giuridico atto a costituire le fondamenta dell’economia sociale, abbinando alla necessità
della sostenibilità economica la finalità dello scopo mutualistico e solidaristico.
Tanto premesso la normativa italiana sia a livello civilistico che tributario riconosce le seguenti
tipologie di cooperative:
- cooperativa a mutualità prevalente;
- cooperativa non a mutualità prevalente;
- cooperativa sociale di tipo A (con ambito socio-educativo-assistenziale);
- cooperativa sociale di tipo B (per l’integrazione lavorativa di soggetti svantaggiati);
- cooperativa europea.
Sebbene siano profonde le differenze tra le tipologie sopra descritte, esse trovano un elemento
unificante nella necessità di misurare non solo il valore economico prodotto, ma anche quello sociale.
Dal punto di vista del controllo dell’efficacia ed efficienza economica si può affermare:
1) tutti i sistemi informativi aziendali devono essere strutturati in modo tale da offrire dati per la
decisione e per i controlli d’esito (sia interni, sia esterni);
2) tutti i sistemi informativi aziendali debbono essere costruiti nel rispetto di un preciso principio
d’ordine generale in base al quale l’informativa prodotta, obbligatoria o non obbligatoria che sia,
deve rendere evidente l’esistenza di una correlazione esplicita tra: a) gli obiettivi perseguiti (e le
strategie di essi attuative) dalla singola azienda; b) la struttura organizzativa – come assetto
istituzionale della singola azienda – che li definisce e li pone in essere; c) l’insieme di procedure,
contabili e non, volte a determinare i dati necessari per decidere e per verificare.
In ogni azienda deve esistere una esplicita, e coerente, coordinazione tra:
Strategia aziendale / Struttura aziendale / Sistema informativo aziendale
La connessione tra gli elementi sopra esposti è dato da quattro elementi che devono essere armonizzati:
- la vision;
- la mission;
- la corporate governance;
- i processi di controllo;
- i processi di rendicontazione
La vision rappresenta la finalità dell’impresa, che non può limitarsi alla creazione di valore economico,
ma deve fare riferimento anche al concetto di utilità sociale dell’attività economica, questo aspetto è ciò
che sostiene la responsabilità sociale di impresa, ed è di particolare rilievo per le società cooperative.
La mission rappresenta gli obiettivi che l’impresa intende raggiungere per la coerenza con
la sua vision; appare evidente che il controllo di gestione non può essere avulso da questo
aspetto in quanto è possibile sacrificare (entro certi limiti) obiettivi economici per il
raggiungimento di obiettivi sociali quali la tutela dell’ambiente, le opportunità di lavoro a
soggetti svantaggiati, la possibilità di offrire beni ad alto valore sociale a prezzi contenuti,…
La corporate governance evidenzia la struttura di comando/governo presente nell’azienda
e quindi l’assetto istituzionale presente nella stessa, assetto definito altresì attraverso le
modalità relazionali esistenti tra i soggetti interni ed esterni della impresa; appare evidente come
la democraticità della corporate governance sia un elemento costitutivo da valutare con
attenzione.
I processi di controllo rappresentano le azioni di equilibrio/riequilibrio nell’ambito delle scelte
dell’impresa, ma anche nell’ambito dei rapporti interni alla corporate governance, nel caso delle
cooperative il controllo deve avvenire su un triplice livello:
- sostenibilità economica;
- democraticità dei processi decisionali;
- valore sociale prodotto.
La democraticità dei processi decisionali si misura principalmente attraverso:
- partecipazione diretta alle decisioni da parte dei vari stakeholders;
- livello quantitativo e qualitativo delle informazioni inerenti la cooperativa.
L’accountability (ossia la rendicontazione sociale) esprime la responsabilità informativa dell’
impresa verso gli stakeholders interni ed esterni; per le imprese profit rappresenta un importante
elemento della propria responsabilità sociale di impresa; per le cooperative è lo strumento per
dimostrare il valore sociale prodotto, elemento fondante della vision e della mission di questa
tipologia societaria.
In sintesi la rendicontazione sociale deve riguardare i seguenti ambiti aziendali:
1. gestionale – trasparenza perseguita mediante la comunicazione di informazioni atte a
permettere la verifica del rispetto dei vincoli economici posti in testa a ciascuna di esse
come d’altronde a qualunque tipo di azienda for profit o non profit che sia -;
2. amministrativa – trasparenza perseguita mediante la comunicazione di informazioni atte
a permettere la verifica del rispetto dei vincoli d’ordine legale nascenti per effetto delle
eventuali agevolazioni godute -;
3. istituzionale - trasparenza perseguita mediante la comunicazione di informazioni atte a
permettere il controllo dell’effettivo orientamento alle finalità solidaristiche e la verifica
del raggiunto livello di tale obiettivo-6.
In altri termini, con il loro sistema informativo:
1. tutte le cooperative dovrebbero dimostrare, al loro interno,
l’applicazione del principio di democraticità ed, al loro esterno, il
rispetto dei vincoli di antispeculatività tipicizzante le gestioni
mutualistiche;
2. tutte le cooperative ( anche tramite il complessivo movimento in cui
si riconoscono) dovrebbero quantificare/qualificare il loro impegno
sociale, in modo da legittimarsi come meritevoli dei benefici di cui
attualmente godono ( specie se attivano circuiti di investimento
lucrativi extramovimento e/o acquisiscono risorse finanziarie
extrasociali)
Lo strumento principe della rendicontazione sociale è il bilancio sociale. Sono vari gli standard
internazionali per la redazione del bilancio sociale; le linee guida ISA-2000 sono quelle che
maggiormente applicano metodologie atte alla rilevazione eq auntificazione del valore sociale
prodotto.
In altri termini una importante metodologia per valutare e quantificare il valore sociale
prodotto è dato dall’analisi costi-benefici, e dall’utilizzo di prezzi-ombra.
L’analisi costi-benefici si fonda sull’identificazione del corretto tasso di sconto sociale, ossia
quel tasso di sconto in grado di attualizzare il valore dei benefici sociali futuri. Il valore dei
benefici sociali futuri può essere ottenuto attraverso i prezzi di mercato o l’utilizzo di prezzi
teorici (detti prezzi ombra, ossia ricavati indirettamente attraverso altri prezzi di mercato) per
dare un valore a beni che non hanno prezzo di mercato; a titolo di esempio una rinfrancante
chiacchierata con un amico può avere come prezzo di riferimento quello di mercato delle
prestazioni professionali degli psicologi; sempre a titolo di esempio un corso formativo sugli
incidenti automobilistici può avere come prezzo ombra il valore delle minori cure sanitarie
conseguenti alla prevedibile riduzione dei predetti incidenti a seguito del corso in oggetto.
2. La comunicazione gestionale nelle cooperative
Per quanto sopra esposto sono due i principali documenti gestionali delle cooperative:
- il bilancio di esercizio;
- il bilancio socialeIn relazione al bilancio di esercizio, come è noto, secondo la migliore teoria e prassi aziendale italiana
e straniera, i documenti contabili formanti il bilancio di esercizio sono rappresentati dallo stato
patrimoniale, dal conto economico e dal bilancio stesso, rispettivamente:
 con il primo si qualifica il capitale netto di fine periodo e si esplicitano le modalità di
acquisizione delle risorse finanziarie a disposizione dell’azienda (passività) e le modalità di
impiego delle risorse stesse (attività); informando così, specie il documento faccia
riferimento a più istanti temporali – stato patrimoniale a dati contigui -, sull’essere e sul
divenire della struttura patrimoniale dell’azienda;
 con il secondo si quantifica il risultato economico di periodo e si esplicitano le aree entro le
quali risultano si forma (aree esprimenti le subgestioni economiche e gli enti delle stesse;
esiti derivanti dall’insieme dei circuiti operativi attivati, siano essi d’investimento o di
finanziamento); informando così, specie se il documento faccia riferimento a più periodi
temporali – conto economico a dati contigui - sull’essere e sul divenire della situazione
economica dell’azienda;
 con il terzo, infine, si quantifica il risultato finanziario (e/o monetario) del periodo e si
esplicitano le gestioni che, nel periodo medesimo, hanno generato risorse finanziarie e
quelle che le hanno invece assorbite; informando così, specie se il documento faccia
riferimento a più periodi temporali – rendiconto finanziario di capitale circolante netto e di
tesoreria a dati contigui – sull’essere e sul divenire della situazione finanziaria e monetaria
dell’azienda.
Ciò considerato, si presenta lo schema del bilancio di esercizio.
STATO PATRIMONIALE SECONDO L’ART. 2424 C.C.
A
A
T
T
V
O
AT
TT
TIIIV
VO
O
PPPA
A
V
O
ASSSSSSIIIV
VO
O
A) CREDITI VERSO SOCI per
versamenti ancora dovuti con separata
indicazione della parte già richiamata
B) IMMOBILIZZAZIONI
I - Immobilizzazioni immateriali:
1) costi di impianto e di ampliamento;
2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
3) diritti di brevetto industriale e di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5) avviamento;
6) immobilizzazioni in corso e acconti;
7) altre
Totale ………………………………………….………………..
II - Immobilizzazioni materiali:
1) terreni e fabbricati;
2) impianti e macchinario;
3) attrezzature industriali e commerciali;
4) altri beni;
5) immobilizzazioni in corso e acconti;
Totale ……………………………………………………………
III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna
voce dei crediti e degli importi esigibili entro l’esercizio successivo:
1) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
b) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
d) altre imprese;
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) imprese controllanti;
d) verso altri;
e)
3) altri titoli;
4) azioni proprie, con indicazione anche del
complessivo.
valore nominale
Totale ………………………………………….…………………
Totale immobilizzazioni (B) …..…………………………………
C) ATTIVO CIRCOLANTE
I - Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
Totale ………………………………………….…………………
II – Crediti con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti e degli
importi esigibili oltre l’esercizio successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
4-bis) crediti tributari
4-ter) imposte anticipate
5) verso altri.
Totale ………………………………………….…………………
III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate;
2) partecipazioni in imprese collegati;
3) partecipazioni in imprese controllanti;
4) altre partecipazioni;
5)
azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale
complessivo;
6) altri titoli.
Totale ………………………………………….…………………
IV - Disponibilità liquide:
1) depositi bancari;
2) assegni;
3) denaro e valori in cassa.
Totale ………………………………………….…………………
Totale attivo circolante (C) …..………………………………….
D) RATEI E RISCONTI con separata indicazione del disaggio su prestiti
TOTALE ATTIVO ( A + B + C + D)
A) PATRIMONIO NETTO
I) - Capitale
II) - Riserva da sopraprezzo azioni
III) - Riserva di rivalutazione
IV) - Riserva legale
V) - Riserve statutarie
VI) - Riserva per azioni proprie in portafoglio
VII) - Altre riserve, distintamente indicate
VIII) – Utili (perdite) portati a nuovo
IX) – Utile (perdita) dell’esercizio
Totale ………………………………………….…………………
B) FONDI PER RISCHI E ONERI
1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
2) per imposte, anche differite;
3) altri.
Totale ………………………………………….………………….
C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO
SUBORDINATO
D) DEBITI, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi
esigibili oltre l’esercizio successivo:
1) obbligazioni;
2) obbligazioni convertibili
3) debiti v/soci per finanziamenti;
4) debiti verso banche;
5) debiti verso altri finanziatori;
6) acconti;
7) debiti verso fornitori;
8) debiti rappresentati da titoli di credito;
9) debiti verso imprese controllate;
10) debiti verso imprese collegate;
11) debiti verso controllanti;
12) debiti tributari;
13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
14) altri debiti.
Totale ………………………………………….…………………
E) RATEI E RISCONTI,
con separata indicazione dell’aggio su prestiti
CONTO ECONOMICO SECONDO L’ART. 2425 C.C.
A) VALORE DELLA PRODUZIONE
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
3) variazioni di lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Totale………………………………………………………………………………………………………………………………
B)
6)
7)
8)
9)
COSTI DELLA PRODUZIONE
per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
per servizi;
per godimento di beni di terzi;
per il personale:
a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
10) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d) svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
12) accantonamenti per rischi;
13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione.
Totale……………………………………………………………………………………………………………………………………………
Differenza tra valore e costi della produzione (A –B)………………………………………………………………………………………….
C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI
15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli a imprese controllate e collegate;
16) altri proventi finanziari:
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e controllanti;
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni;
c) da titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti;
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti;
17 bis) utili e perdite su cambi
Totale
(15 + 16 – 17 +/– 17bis)…………………………………………………………………………………………………………………………
D) RETTIFICHE DI VALORI DI ATTIVITA’ FINANZIARIE
18) rivalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti all’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni.
19) svalutazioni:
a) di partecipazioni
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni
Totale delle rettifiche (18- 19) ………………………………………………………………………………………………………………
E) PROVENTI E ONERI STRAORDINARI
19) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5;
20) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14 e delle imposte
relative a esercizi precedenti.
Totale delle partite straordinari (20 – 21)………………………………………………………………………………………………………
Risultato prima delle imposte (A – B +/- C +/- D +/- E)………………………………………………………………………………………
21) imposte dell’esercizio correnti, differite e anticipate;
22) Utile (perdita) d’esercizio
Per l’analisi della solidità patrimoniale della cooperativa è necessario procedere alla seguente
riclassificazione dello Stato patrimoniale, secondo la liquidità ed esigibilità delle voci indicate.
PASSIVITÀ CORRENTI (a
breve termine)
ATTIVITA’ CORRENTI (A BREVE TERMINE)
Liquidità
– valori in cassa
– banche c/c attivi
– c/c postali
– titoli di vasto mercato a immediato smobilizzo
Crediti (con scadenza entro i 12 mesi)
– crediti verso clienti
– crediti verso società controllate e collegate
– altri crediti a breve
Attività finanziarie
– partecipazioni e altri titoli che non costituiscono
immobilizzazioni
Debiti (con scadenza entro i 12 mesi)
 debiti verso fornitori
 debiti v/soci
 debiti tributari
 debiti verso istituti previdenziali
 quote di mutui o di prestiti obbligazionari in
scadenza entro l’esercizio successivo
 debiti verso banche in c/c
 debiti per TFR verso dipendenti di cui si
prevede la cessazione del rapporto del lavoro
nell’esercizio successivo
 altri debiti a breve (verso dipendenti, verso
società controllate e collegate ecc.)
Ratei e risconti passivi a breve termine
Scorte (Rimanenze)
– Materie prime, sussidiarie e di consumo, prodotti
in corso di lavorazione, semilavorati, prodotti
finiti e merci
+ acconti a fornitori di materie e merci
- acconti da clienti su prodotti e merci
Fondi rischi e oneri a breve termine (ad eccezione di
quelli rettificativi)
Ratei e Risconti attivi a breve termine
TOTALE PASSIVITA’ CORRENTI
TOTALE ATTIVITA’ CORRENTI
attivo immobilizzato
Immobilizzazioni immateriali
(al netto dei F.di Amm.to e F.di svalutazione)
- Brevetti, Spese di costituzione, Disaggi su prestiti
- ecc.
(+ acconti a fornitori su immob. immat.);
(- acconti da clienti su immob. immat.)
Immobilizzazioni materiali
(al netto dei F.di Amm.to e F.di svalutazione)
Fabbricati, Impianti, ecc.
+ acconti a fornitori su immob. materiali;
- acconti da clienti su immob. materiali
PASSIVITÀ CONSOLIDATE (a
medio-lungo termine)
Debiti (con scadenza oltre i 12 mesi)
 mutui e prestiti obbligazionari (al netto della quota
corrente)
 debiti per TFR (al netto della quota corrente)
 debiti verso fornitori
 debiti verso banche in c/c
 altri debiti (verso dipendenti, verso società
controllate e collegate ecc.)
Fondi rischi e oneri a medio-lungo termine
RATEI E RISCONTI PASSIVI PLURIENNALI
Immobilizzazioni finanziarie
 Partecipazioni e altri titoli (non destinati allo patrimonio netto
smobilizzo o di difficile vendita)
 Capitale sociale
 Crediti con scadenza oltre l’esercizio
 Riserve
successivo)
 Utile d’esercizio
RATEI E RISCONTI ATTIVI PLURIENNALI
 (Perdita d’esercizio)
TOTALE ATTIVITA’ IMMOBILIZZATE
TOTALE CAPITALE PERMANENTE
TOTALE ATTIVITA’
TOTALE A PAREGGIO
Il conto economico può essere riclassificato secondo differenti modalità; nella fattispecie si illustra
quella a valore aggiunto, che consente di valutare la redditività economica/creazione di valore
economico prodotto dalla cooperativa.
Conto economico a VALORE AGGIUNTO
RICAVI NETTI DI VENDITA (al netto delle rettifiche)
+
costi patrimonializzati per lavori interni
+/- variazioni delle rimanenze di prodotti finiti, semilavorati, prodotti in lavorazione, lavorazioni
in corso su ordinazione
+
altri ricavi e proventi di gestione dell’area caratteristica
VALORE DELLA PRODUZIONE
Costi di acquisto (al netto delle rettifiche) per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
(+/-) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
( + se RF > RI; - se R.F.< RI)
costi per servizi e per godimento di beni di terzi
altri costi diversi di gestione dell’area caratteristica
VALORE AGGIUNTO
costi del personale
MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL o EBITDA)
ammortamenti
Costi della struttura
svalutazioni crediti
accantonamenti a fondi rischi e oneri
+/+/+/-
MARGINE OPERATIVO NETTO (o RISULTATO OPERATIVO O EBIT)
proventi o oneri finanziari
Risultato della gestione finanziaria
rettifiche di valore di attività finanziarie
proventi o oneri atipici
Risultato della gestione atipica
+/-
RISULTATO ECONOMICO DELLA GESTIONE ORDINARIA
proventi e oneri straordinari
Risultato della gestione
-
RISULTATO ECONOMICO AL LORDO DELLE IMPOSTE
imposte dell’esercizio
UTILE (PERDITA) DELL’ESERCIZIO
Svolte le predette operazioni è possibile procedere all’analisi per indici di bilancio.
3. Introduzione all’analisi per indici
Le riclassificazioni di bilancio (Conto Economico e Stato Patrimoniale) rappresentino una fonte
preziosa di informazioni. Gli indici (o quozienti) di bilancio rappresentano, rispetto alle
riclassificazioni, un necessario completamento in quanto sintetizzano ulteriormente fenomeni d'azienda
complessi
Calcolare un indice, o quoziente, di bilancio significa confrontare tra di loro due diverse voci di Conto
Economico e/o Stato Patrimoniale, o aggregati di tali voci, o la medesima voce per periodi diversi, con
l'obiettivo di fornire una misurazione quantitativa di un fenomeno.
In altri termini è un modo più agevole per leggere e interpretare i risultati di bilancio o di bilanci di
diversi periodi.
Quali sono i "pro" ed i "contro" dell'analisi per indici?
Vantaggi dell'analisi per indici:
1. i quozienti si memorizzano più facilmente dei valori assoluti;
2.
3.
si riducono fenomeni complessi ad una rappresentazione semplificata (cioè ad un numero);
possono essere utilizzati sia a scopo consuntivo, per la verifica del raggiungimento di determinati
obiettivi, sia a scopo preventivo come strumento per orientare le decisioni.
Svantaggi:
1. si può perdere di vista il valore assoluto dei fenomeni di cui si misurano i quozienti;
2. è sempre necessario ricondursi alla realtà in cui l'impresa opera e ricollegare il dato agli eventi che
l'hanno determinato. Lo stesso dato può essere ritenuto sintomo di una situazione pericolosa per
un'impresa ed essere irrilevante per un'altra;
3. conviene non limitarsi al bilancio di un solo esercizio perché gli alcuni indici possono essere capiti
lungo un arco temporale esteso.
Gli indici di bilancio hanno quindi la capacità di sintetizzare e di esprimere in termini quantitativi
fenomeni d’azienda complessi: in particolare, la redditività, la solidità, la liquidità di un’impresa.
Scegliendo opportunamente un certo insieme di quozienti (comunque limitato nel numero) si può
apprezzare in termini quantitativi ciascuno dei tre fenomeni, comprendere le relazioni che li legano e
quindi esprimere un giudizio di economicità maggiormente fondato sulla complessiva gestione
aziendale.
4. Analisi economica di bilancio: la redditività
La redditività di un’impresa può essere definita come
LA CAPACITA’ DEL CAPITALE DI VARIARE, CIOE’ DI CRESCERE
La valutazione sul livello di redditività di un’impresa può essere eseguita attraverso diversi
indicatori; i più noti sono rappresentati dal ROE e dal ROI.
2.1 Il ROE
Il primo indicatore del livello di redditività di un’impresa è rappresentato dal ROE (Return On
Equitiy, cioè Redditività del Capitale Proprio).
Al fine di valutare la redditività di un’impresa, è necessario innanzitutto prendere in
considerazione le risorse investite nell’azienda dalla proprietà – misurate dal Patrimonio Netto –
e metterle in rapporto con il risultato prodotto nel corso dell’esercizio.
Il ROE quindi è dato dal rapporto tra una variabile stock, il Patrimonio Netto misurato a fine
esercizio, e una variabile flusso, il reddito generato nel corso dell’esercizio attraverso i
conferimenti dei soci.
Abbiamo quindi il seguente indice:
UTILE ESERCIZIO
ROE =
PATRIMONIO NETTO
Interpretazione:
- Il ROE esprime la capacità dell’impresa di produrre reddito per la proprietà, in quanto costruito
dal rapporto tra la redditività netta prodotta dall’attività di impresa e le risorse che la proprietà ha
reso disponibili per svolgere tale attività.
Poiché il ROE misura il tasso di rendimento netto dell’investimento in una data azienda, può
quindi essere confrontato con il tasso di rendimento ottenibile da investimenti alternativi di pari
rischiosità
-
Il ROE permette di valutare la redditività di un’impresa, tenuto conto di tutte le gestioni (si ricorda
infatti che l’utile d’esercizio posto a numeratore è il risultato NETTO d’impresa, calcolato quindi
tenendo conto di tutte le gestioni aziendali, cioè quella caratteristica, patrimoniale, finanziaria,
straordinaria, tributaria).
2.2 Il ROI
Il secondo indicatore del livello di redditività di un’impresa è rappresentato dal ROI (Return On
Investiment, cioè Redditività del Capitale Investito), altrimenti definito ROA (Return On Assets).
L’indice è così costruito:
RISULTATO OPERATIVO
ROI =
CAPITALE INVESTITO NETTO
Al numeratore troviamo il risultato operativo, cioè il reddito prodotto dalla gestione caratteristica e
patrimoniale accessoria; a denominatore il capitale investito nell’azienda, cioè il totale dell’attivo al
netto delle relative poste rettificative, quali i fondi ammortamento, fondo svalutazione crediti, etc.
Interpretazione:
- Poiché a numeratore troviamo il risultato operativo (cioè il reddito al lordo della gestione
finanziaria, tributaria, straordinaria), tale indice esprime la capacità dell’impresa di produrre
reddito per tutti i propri finanziatori, quindi non solo per la proprietà, ma anche i finanziatori
esterni (Es: banche); in particolare la remunerazione per i soci sarà costituita dai dividendi, per i
finanziatori esterni dagli interessi passivi.
Il ROI esprime quindi la capacità dell’impresa di produrre reddito, a prescindere
dal modo con cui essa si finanzia!
-
Il ROI è un indicatore della capacità di un’impresa di produrre reddito mediante lo svolgimento
della sola attività caratteristica, si ricorda infatti che a numeratore viene preso in considerazione
soltanto il risultato operativo della gestione, escludendo quindi sia la gestione finanziaria, che
quella tributaria e straordinaria.
6. Analisi finanziaria di bilancio: la liquidità
Per analisi della liquidità si intende lo studio della capacità dell'azienda di essere sempre solvibile nel
tempo.
Conviene ricordare, inoltre, che con l'espressione "grado di liquidità" si intende l'attitudine di un bene
ad essere trasformato in moneta nel breve termine senza perdita di valore rispetto al valore di bilancio.
In altri termini, tutte le attività aziendali possono essere trasformate in denaro ma con tempi ed
opportunità molto differenti (ad esempio: come è possibile pagare salari e stipendi se non ci sono
disponibilità liquide e l'unica voce dell'attivo è costituita dalle immobilizzazioni??).
La liquidità può quindi essere definita come
LA CAPACITA’ DELL’IMPRESA DI RESTITUIRE A SCADENZA
IL DENARO OTTENUTO A PRESTITO
in altri termini,
LA CAPACITA’ DA PARTE DELL’IMPRESA DI RISPETTARE LE SCADENZE
STABILITE CON I PROPRI FINANZIATORI
Al fine di valutare il livello di liquidità di un’impresa è possibile eseguire diversi tipi di indagine:
- analisi della struttura dell’attivo del passivo;
- calcolo di indici;
- calcolo di margini assoluti, quali il CCN.
Esaminiamo nel dettaglio i vari metodi.
6.1 Analisi struttura dell’attivo e del passivo
La prima analisi che è possibile eseguire è quella della struttura dell’attivo e del passivo, al fine
di verificare l’incidenza delle diverse voci di attività e passività sul totale.
Per le attività avremo i seguenti indicatori:
ATTIVITA’ CORRENTI
TOTALE ATTIVO NETTO
Tale indicatore esprime l’incidenza delle attività a breve termine (liquidabili cioè entro 12 mesi)
sul totale dell’attivo, fornendo così una misura dell’elasticità strutturale; tale indice è
solitamente definito grado di elasticità degli impieghi.
Quanto più il valore di questo indicatore è elevato, tanto migliore è la situazione finanziaria
d’impresa, perché significa che l’azienda ha a disposizione risorse liquide sufficienti per far
fronte ai propri debiti.
Per le attività a medio/lungo termine abbiamo il seguente indice:
ATTIVITA’ MEDIO/LUNGO
TERMINE
TOTALE ATTIVO NETTO
Tale indicatore esprime l’incidenza delle attività a medio/lungo termine (liquidabili cioè oltre 12
mesi) sul totale dell’attivo; quanto più il valore di questo indicatore è elevato, tanto peggiore è la
situazione finanziaria, perché significa che l’azienda non ha a disposizione nell’immediato
risorse liquide sufficienti per far fronte ai propri debiti.
Per le passività è possibile eseguire un’analisi speculare; anche in questo caso abbiamo due
indicatori, il primo si riferisce alle passività a breve termine, il secondo a quelle a lungo termine;
quindi:
PASSIVITA’ CORRENTI
TOTALE PASSIVO
Tale indice, definito grado di elasticità delle fonti, indica il peso delle fonti a breve rispetto a quelle
consolidate. Interpretazione in antitesi rispetto a quella fornita per il grado di elasticità degli impieghi:
quanto maggiore è questo indice tanto più rischiosa appare la struttura.
Per le passività a medio/lungo termine avremo:
PASSIVITA’ MEDIO/LUNGO
TERMINE
TOTALE PASSIVO
Tale indicatore esprime l’incidenza delle passività a medio/lungo termine (cioè debiti che devono
essere saldati oltre 12 mesi) sul totale del passivo; quanto più il valore di questo indicatore è
elevato, tanto migliore è la situazione finanziaria aziendale, poiché significa che l’azienda ha
finanziato le proprie attività principalmente concordando dilazioni di pagamento superiori
all’anno: non incontrerà quindi almeno nel breve termine problemi di liquidità.
L’indice di liquidità è dato da:
ATTIVITA’ CORRENTI
IL =
PASSIVITA’ CORRENTI
L’indice di liquidità è dato dal rapporto tra Attivo Corrente (attività che diventeranno liquide entro 12
mesi) e Passivo Corrente (debiti che devono essere saldati entro 12 mesi); quanto più elevato è questo
indicatore, tanto più positiva è la situazione finanziaria a breve termine dell’impresa, poiché significa
che nel presente sono disponibili risorse finanziarie sufficienti per far fronte ai debiti a breve, primi fra
tutti quelli contratti nei confronti dei fornitori.
E’ necessario però osservare che tale rapporto è soltanto un indicatore approssimativo della liquidità
aziendale. Attività e passività infatti possono avere diverse scadenze; di conseguenza anche se tale
indice ha un valore superiore all’unità, ciò non costituisce garanzia assoluta di solvibilità giorno dopo
giorno da parte dell’impresa.
Accanto all’indice di liquidità sono stati costruiti altri indici che, a partire da questo, permettono di
valutare più analiticamente la composizione dell’attivo corrente e quindi l’effettiva capacità
dell’impresa di essere solvibile nel breve termine.
In particolare, come già osservato discutendo della riclassificazione dello Stato Patrimoniale, le tre
voci più importanti di cui si compone l’attivo corrente sono rappresentate da:
1. Cassa, Conti correnti bancari e postali (Liquidità immediate);
2. Crediti esigibili entro 12 mesi (Liquidità differite);
3. Magazzino (Disponibilità).
Le voci indicate sono state riportate in ordine crescente di liquidità; la situazione migliore per
un’impresa si ha quando nell’attivo corrente la quota maggiore è rappresentata da cassa e banche (in
quanto denaro contante immediatamente disponibile per far fronte alle proprie esigenze) e
l’importanza del magazzino, la voce di attivo corrente più difficilmente liquidabile, è ridotta.
Si avranno quindi i seguenti indici:
INDICE LIQUIDITA’ PRIMARIA
LIQUIDITA’ IMMEDIATA
LP =
PASSIVITA’ CORRENTI
Quanto più elevato è questo indicatore, tanto più positiva è la situazione finanziaria a breve termine
dell’impresa: se l’indice è superiore a 1 significa infatti che nel presente sono già disponibili risorse
liquide sufficienti per pagare tutti i fornitori.
INDICE DI LIQUIDITA’ SECONDARIA
LIQUIDITA’ IMMEDIATA + DIFFERITA
LS =
PASSIVITA’ CORRENTI
Anche in questo caso quanto più elevato è questo indicatore, tanto più positiva è la situazione
finanziaria a breve termine dell’impresa: se l’indice è superiore a 1 significa infatti che l’azienda non
nell’immediato, ma comunque nel breve termine, riuscirà a reperire denaro sufficiente per estinguere
le proprie passività.
Oltre valutare il livello di liquidità di un’impresa attraverso indice relativi, può essere utile considerare
anche delle grande assolute; questo compito viene svolto dal Capitale Circolante Netto:
CCN = ATTIVITA’ CORRENTI – PASSIVITA’
CORRENTI
L'attivo corrente rappresenta gli investimenti che generano, nell'arco temporale di riferimento, entrate
monetarie. Il passivo corrente rappresenta le fonti di finanziamento che generano, nel corso dell'arco
temporale di riferimento, delle uscite monetarie.
La differenza tra attivo corrente e passivo corrente si denomina CCN (Capitale circolante netto) e
rappresenta "il surplus" (ma anche "il deficit" in alcune circostanze) di risorse monetarie che l'azienda
ha investito in eccedenza rispetto al passivo corrente.
Il Capitale Circolante Netto è un valore di notevole importanza perché fornisce la misura
dell'equilibrio finanziario a breve termine dell'azienda.
Se dall’analisi risulta un CCN positivo, la conclusione dovrebbe essere quindi: "più grande è il CCN
migliore è la situazione finanziaria dell'azienda".
Va precisato, peraltro, che il giudizio sull'equilibrio finanziario a breve, diagnosticato dall'analisi,
molto immediata, del CCN, va confermata da un minino di approfondimento.
Esistono infatti aziende con CCN negativi, ma il cui squilibrio è solo apparente. Si pensi, ad esempio,
al caso di un'azienda il cui potere contrattuale presso i propri fornitori sia tale da garantirle di
finanziarsi in buona misura anche con questa voce del passivo a breve. là chiaro che per tale azienda
l'eventuale CCN negativo non è sintomo di alcuno squilibrio,
Altro esempio può essere quello di un CCN negativo dovuto però a situazioni contingenti: valga per
tutti il caso di acquisto di immobilizzazioni tecniche per il quale, di comune accordo con la banca, si è
utilizzato un finanziamento a breve, in attesa della definizione delle pratiche di mutuo. L'affermazione
sopra riportata va perciò rettificata come segue: generalmente, più grande è il CCN migliore è la
situazione finanziaria dell'azienda.
Valutare la liquidità dal punto di vista assoluto è utile perchè spesso considerare soltanto l’indicatore
percentuale può essere fuorviante; si pensi al caso di un’azienda di grande dimensioni in crisi: questa
potrebbe avere un indice di liquidità dal valore apparentemente non preoccupante, ma il reale
disavanzo tra attivo e passivo potrebbe essere costituito da diversi milioni di euro!
Altro caso possibile è quello dell’azienda appena costituita: ad una prima indagine guardando
esclusivamente l’indice di liquidità potremmo farci ingannare da valori molto bassi; calcolando poi il
Capitale Circolante Netto potremmo invece scoprire che il disanvanzo è costituito da poche migliaia di
euro, una situazione abbastanza normale per un’azienda appena costituita.
In conclusione quindi, la dimensione assoluta e relativa della liquidità aziendale non devono mai
essere osservate separatamente se si vuole avere un quadro attendibile e preciso della reale situazione
finanziaria a breve termine di un’impresa!
7. Analisi patrimoniale di bilancio: la solidità
Il concetto di solidità misura
IL RISCHIO DI UN’IMPRESA DI NON ESSERE PIU’ LIQUIDA NEL TEMPO
in altri termini:
UN’IMPRESA NON E’ SOLIDA SE, PUR ESSENDO LIQUIDA NEL BREVE TERMINE, RISCHIA DI
NON ESSERLO IN FUTURO!
La solidità di un’impresa dipende principalmente da due fattori:
- correlazione esistente tra investimenti e capitali;
- grado di indebitamento nei confronti di terzi.
Un primo indice per la misurazione del grado di correlazione tra investimenti e capitali è l'indice di
copertura degli immobilizzazioni definito dal rapporto:
PATRIMONIO NETTO
IC I=
ATTIVO FI SSO NETTO
Poiché l'orizzonte temporale di riferimento è di medio lungo periodo (solidità vuol dire anche
condizione di sopravvivenza nel tempo), i capitali ai quali ci si riferisce sono i mezzi propri.
Si può sostenere che in condizioni di equilibrio, e quindi solidi da un punto di vista patrimoniale, le
risorse apportate dai soci sono in grado di finanziare completamente gli investimenti in attività fisse,
cioè in attività che devono garantire la possibilità di produrre beni/servizi.
Situazioni diverse possono non essere di equilibrio. In particolare
- se i mezzi propri sono superiori all’attivo fisso netto zero l'azienda è solida ma sono stati investiti
capitali in misura eccessiva rispetto all'esigenza di perseguire un buon livello di redditività (ciò non
vuol dire che possa essere ugualmente conveniente per i conferenti capitale);
- se i mezzi propri sono inferiori all’attivo fisso netto l'azienda non è solida in quanto per sostenere i
propri investimenti ha dovuto far ricorso all'indebitamento.
Un altro indice utile per analizzare la solidità è dato dal margine di struttura definito dalla differenza
(questa volta però in valore assoluto) tra mezzi propri e immobilizzazioni nette:
MS= PATRIMONIO NETTO – ATTIVO FISSO
NETTO
Vale quanto appena detto per l’indice di copertura delle immobilizzazioni: in un’impresa
finanziariamente solida le risorse apportate dai soci sono in grado di finanziare completamente gli
investimenti in attività fisse, cioè in attività che devono garantire la possibilità di produrre beni/servizi.
Situazioni differenti da quella descritta possono non essere di equilibrio.
Inoltre come già osservato per il livello di liquidità, per valutare la reale situazione finanziaria di
un’impresa le due misure, relativa ed assoluta, devono essere sempreconsiderate congiuntamente
Un altro indice, molto importante, è costituito dal grado di indebitamento definito dal rapporto tra
mezzi propri e mezzi di terzi.
CAPITALE DI TERZI
GI =
CAPITALE PROPRIO
Alti valori dell'indice denotano una situazione di grande indebitamento, cioè elevata
sottocapitalizzazione, con conseguente pregiudizio per la solidità dell'azienda. Infatti i finanziatori
vorranno, prima o poi, essere rimborsati e l'impresa, in questa potrebbe essere obbligata a dismettere i
suoi investimenti in attività fisse.
Bassi valori invece indicano solidità.
Il rapporto di indebitamento consente di apprezzare il rischio finanziario dell'impresa. Tale quoziente
può essere nullo (se l'impresa "lavora" solo con mezzi propri) o, al limite, tendere all'infinito (per
l'impresa che utilizza in misura crescente capitale di terzi.
In ogni caso l'impresa che si avvale di capitale di terzi amplifica la redditività operativa (sia in caso
positivo che negativo); si tratta del cosiddetto effetto leva o leverage che verrà discusso
dettagliatamente nel paragrafo seguente.
8. Leva Finanziaria
Una volta verificati i rischi connessi alla realizzazione degli investimenti mediante il ricorso al
capitale di terzi, appare lecito chiedersi per quale motivo un’azienda dovrebbere preferire
ricorrere alle fonti di finanziamento esterne rispetto a quelle interne.
La prima ragione è la più intuitiva: un’impresa ricorre a finanziamenti esterni quando il capitale
apportato dai soci non è sufficiente alla realizzazione degli investimenti programmati per lo
svolgimento dell'attività.
E’ quindi fondalmentalmente un problema di disponibilità di risorse: mancando quelle interne diventa
indispensabile il ricorso al capitale di terzi.
Esiste però un’altra motivazione più importante che prescinde dall’analisi delle disponibilità
finanziarie: un’azienda può decidere di finanziare le proprie attività indebitandosi esclusivamente per
ragioni di convenienza economica!
Se infatti il ROI è maggiore del costo del capitale di terzi (misurato dal tasso di interesse passivo)
l’impresa, pur indebitandosi, realizza utile: le risorse generate dagli investimenti saranno infatti
sufficienti per far fronte ai debiti e la differenza costituirà reddito netto a disposizione dell’azienda.
E’ questo il concetto di leva finanziaria o leverage secondo il quale:
la reddività aziendale cresce nonostante la crescita dell’indebitamento
se e solo se il ROI è maggiore del costo del capitale di terzi
E’ anche vero però che, per quanto detto in precedenza a riguardo della solidità, la crescita
dell’indebitamento comporta una crescita del rischio: la reddività del capitale investito misurata dal
ROI e il tasso di interesse passivo sono infatti variabili esogene, non predeterminate al momento della
realizzazione delle scelte di investimento.
Per comprendere meglio tale concetto, si può osservare la relazione seguente:
ROE =
ROI
GEST. NON CARATT.
*
REDDITO OPERATIVO
ROE =
LEVERAGE
*
TOTALE ATTIVO
*
INDICE INCIDENZA
UTILE D’ESERCIZIO
*
Il ROE, cioè la reddività del capitale proprio, può essere scomposto in tre ulteriori rapporti:
1) il ROI o reddività del capitale investito.
Il legame fra ROI e ROE è abbastanza intuititvo: quanto maggiore è la redditività che l’azienda
ottiene attraverso lo svolgimento dell’attività caratteristica, tanto maggiore è la redditività dei
mezzi propri.
Si può aggiungere che è auspicabile, evidentemente, che un ROE elevato sia dovuto anche ad un
ROI elevato, cioè all’attitudine delle risorse investite nel business tipico dell’impresa di generare
una redditività soddisfacente.
2) Il Leverage o Leva finanziaria, dato dal rapporto tra il totale dell’attivo e le fonti di finanziamento
interne, misurate Patrimonio Netto; quanto più cresce il ricorso a capitali esterni, quanto più
aumenta potenzialamente l’effetto leva;
3) l’indice di incidenza della gestione extracaratteristica misurato dal rapporto fra l’utile d’esercizio e
il reddito operativo: quanto più elevato è il costo del capitale di terzi (quindi tanto più elevata è
l’incidenza della gestione extracaratteristica – finanziaria), quanto più questo indice assumerà
valori prossimi a zero.
Come interpretare questa relazione? Al crescere dell’indebitamento cresce il Leverage e quindi
l’effetto moltiplicativo sul ROE.
Quale sarà il segno di tale effetto leva? Dipende appunto dal ROI e dal costo del capitale di terzi:
- se il ROI è maggiore del costo del capitale di terzi, l’indice di incidenza della gestione
extracaratteristica, e quindi finanziaria, tenderà all’unità e quindi l’effetto sul ROE sarà massimo in
senso positivo;
- viceversa, se il ROI è minore del tasso di interesse passivo, l’indice di incidenza della gestione
extracaratteristica assumerà valori sempre più ridotti o addirittura negativi e quindi anche in questo
caso l’effetto leva sul ROE sarà massimo, ma in senso contrario rispetto al precedente.
L’indebitamento provocherà, per i suoi costi, notevoli effetti negativi sulla reddività aziendale.
9. Il bilancio sociale.
Redigere il bilancio sociale è una scelta gestionale importante: significa presentarsi agli stakeholders
interni ed esterni per quello che si è, e quello che si vorrebbe essere.
La struttura di un bilancio sociale è normalmente la seguente:
-
presentazione della cooperativa;
descrizione della vision e della mission;
decrizione degli ambiti interessati e delle attività svolte;
analisi del benessere organizzativo;
analisi del grado di soddisfazione degli stakeholders;
politiche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente;
utilizzo di indicatori di performance sociale per la valutazione del valore sociale prodotto.
Il livello introduttivo della dispensa in oggetto non consente di approfondire l’analisi degli indicatori di
performance sociale, e più in generale della redazione del bilancio sociale.
Si raccomanda per i lettori maggiormente interessati all’argomento lo studio dell’analisi costi-benefici,
e della metodologia balanced-scorecard.
10. Conclusioni.
Al termine della lettura/studio della presente dispensa dovrebbe essere principalmente chiaro che la
valutazione e il controllo di gestione di una società cooperativa sono intrinsecamente più problematici
di quelli relativi ad una impresa profit, in quanto il valore dell’output non è solo economico ma anche
e soprattutto sociale, generando importanti complicazioni per l’analiis dell’efficacia e dell’efficienza
delle società cooperative sottoposte a controllo di gestione.