La valutazione delle aziende
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La valutazione delle aziende
LA VALUTAZIONE DELLE AZIENDE DA PARTE DELLE BANCHE Il controllo del rischio di credito da parte della banca si realizza, in primo luogo, in un’opportuna strutturazione della procedura di indagine da seguire per arrivare alla formulazione di giudizi quanto più realistici possibili nei confronti delle aziende già clienti e soprattutto di quelle potenzialmente tali. Quest’attività viene definita con termine “processuale” ISTRUTTORIA. Prima però di addentrarci nell’esame delle fasi salienti del processo istruttorio, è necessario fare alcune doverose premesse. Negli ultimi anni molte cose sono cambiate nei rapporti tra banca ed impresa. Le aziende, impegnate in una fase di sempre più rapida e pressante innovazione si attendono infatti dagli istituti di credito una migliore qualificazione nella erogazione degli affidamenti, basata soprattutto sulla capacità di individuare progetti di investimento validi: per questo richiedono alle banche di abbandonare il ruolo di semplici fornitori di credito per diventare, invece, collaboratori attivi dell’imprenditore. Da parte loro gli istituti di credito guardano meno alle garanzie rilasciate dalle imprese, ponendo invece una maggiore attenzione alle possibilità di affidamenti basati sulla PATRIMONIALIZZAZIONE (requisito peraltro imprescindibile ai sensi del nuovo Accordo di Basilea II), su PROGETTI AZIENDALI VALIDI e sull’operatività come BANCA DI RIFERIMENTO. Ritorniamo ora, dopo questa breve digressione, alla nostra istruttoria. Per chi fa credito, istruire una pratica è certamente un compito complesso: si tratta, in sostanza, di domandarsi chi è il richiedente, che attività svolge, dove e come la svolge, che capacità possiede (finanziarie e gestionali), quali sono le prospettive del settore nel quale opera, che tipo di concorrenza incontra. Allo scopo, nell’istruire una pratica di affidamento, è fondamentale distinguere alcuni momenti principali: 1) ESAME DELLE FONTI D’INFORMAZIONE ESTERNE (Camera di Commercio; Catasto; Bollettino Protesti; ecc.) 2) ESAME DELLE FONTI D’INFORMAZIONE INTERNE (essenzialmente 1^ informazione Centrale Rischi della Banca d’Italia e SIA); TECNICO-ECONOMICO della documentazione 3) CONTROLLO presentata dalle aziende (essenzialmente bilanci e documenti fiscali; nel caso di società di capitali è opportuno esaminare l’andamento relativo agli ultimi tre esercizi); 4) LETTURA ED UTILIZZAZIONE DEI DATI ESPOSTI NEI BILANCI CON L’EVENTUALE INTEGRAZIONE DI ULTERIORI INFORMAZIONI DI TIPO QUALI/QUANTITATIVO raccolte al di fuori dei documenti ufficiali di contabilità; 5) PREVISIONI SULL’ANDAMENTO FUTURO DELL’AZIENDA. Solo dopo un’attenta analisi indiziaria, la banca procederà con le riclassificazioni contabili. Bisogna tenere presente, infatti, che l’esame dei dati patrimoniali, economici e di settore dell’impresa è indispensabile per farsi un’adeguata idea dei suoi aspetti strutturali e dinamici e per pervenire ad una decisione circa l’appoggio da concederle o da mantenerle. Circa l’analisi di bilancio vi è da evidenziare che tutti i dati hanno significato solo se esaminati in funzione storica (i.e. andamento degli ultimi tre esercizi): il raffronto con il passato esprime l’evoluzione della gestione e consente una verifica della bontà di eventuali correttivi presi e comunque, sempre, dell’indirizzo strategico. PRINCIPI DI RICLASSIFICAZIONE Di qui la necessità di un approfondito esame delle poste dell’ATTIVO: • IMMOBILIZZAZIONI TECNICHE: la valutazione della congruità inerente i valori delle immobilizzazioni è connessa all’individuazione degli elementi dai quali far scaturire le basi per una futura crescita dell’azienda. Le immobilizzazioni, infatti, a seconda della loro tipologia, attestano l’effettiva esistenza di un impegno di crescita già diffuso all’interno dell’impresa, condizione questa che per una banca può • • • • • costituire un valido segnale di trovarsi di fronte ad un soggetto che in via diretta vuol fare sviluppare la propria unità produttiva; IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI: occorre suddividere tra quanto costituisce ricchezza per l’azienda (marchi; brevetti) e le altre immobilizzazioni immateriali, come per esempio “spese di ricerca, sviluppo e pubblicità”, “spese di impianto ed ampliamento”, “oneri pluriennali”. In presenza di queste voci, soprattutto se consistenti, l’attenzione di chi esamina il bilancio deve essere massima in quanto l’iscrizione delle stesse nell’attivo patrimoniale potrebbe nascondere perdite d’esercizio. Il codice civile “tollera” la capitalizzazione (art. 2426, n.5), ma pone precisi limiti alla stessa: consenso dei sindaci, ammortamento nel periodo massimo di cinque anni, limitazioni alla distribuzione di dividendi (devono essere iscritte nel “patrimonio netto” riserve pari all’importo dei costi ancora da ammortizzare); IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE: esame della natura delle società controllate e/o collegate nonché valutazione sulla congruità del valore di carico delle stesse. Le partecipazioni, in caso di risultato negativo, possono determinare contraccolpi di rilievo, anche in ribaltamento della buona gestione dell’azienda esaminata ? MAGAZZINO: i criteri di valutazione sono stati modificati rispetto al precedente esercizio (e se sì, i sindaci hanno approvato ?) ? Esistono poste svalutative, obsolescenze, beni particolarmente soggetti alla moda ? Verificare la consistenza di questa voce rispetto al fatturato (in particolare: incremento significativo della posta; tempi di rotazione che, se variati, possono significare le difficoltà riscontrate per mantenere la quota di mercato); CREDITI A BREVE: hanno natura finanziaria o commerciale ? Esiste del contenzioso o crediti di dubbio realizzo (n.b.: in tale caso la quota di crediti di dubbio realizzo va riclassificata tra le immobilizzazioni finanziarie, richiedendo al cliente la specifica dei tempi d’incasso) ? E’ stato costituito un apposito fondo di svalutazione ? Quali sono i tempi d’incasso (anche in relazione allo specifico settore d’appartenenza) ? E ancora: l’azienda è esportatrice di beni ? Verso quali paesi ? Si tratta di fatto straordinario o consolidato ? LIQUIDITA’: è fatto normale o momentaneo in conseguenza di recenti incassi ? Si tratta di precostituzione di fondi in occasione di particolari pagamenti ? Se costantemente presente in misura significativa, come si giustificano le esposizioni bancarie e le richieste di nuovi affidamenti (il “caso Parmalat” insegna). E del PASSIVO: • PATRIMONIO NETTO: quant’è il capitale sociale ? Deriva da sottoscrizioni onerose o da aumenti gratuiti (tramite utilizzo delle riserve) ? Da chi è posseduto (i soci hanno altri interessi imprenditoriali ? Li conosciamo ? Sono variati rispetto al precedente esercizio ?) ? Quante e quali sono le riserve ? Quanto di esse è destinato a rimanere in azienda (i soci usano prelevare gli utili dell’anno precedente ?) ? • DEBITI V/SOCI: i soci sono presenti come fiducia diretta tramite finanziamenti fruttiferi/infruttiferi di interessi o prestiti obbligazionari (convertibili/non convertibili)? • DEBITI FINANZIARI A MEDIO/LUNGO TERMINE: analizzarne natura e specifica funzione; • ALTRE PASSIVITA’ A MEDIO/LUNGO TERMINE: quali sono gli accantonamenti ? • DEBITI A BREVE TERMINE VERSO BANCHE: esaminarne entità e loro evoluzione storica nei dodici mesi, tramite utilizzo dei database della Centrale Rischi della Banca d’Italia e SIA; • DEBITI VERSO FORNITORI: appurare i tempi di dilazione che vengono accordati dai fornitori. Ciò rappresenta infatti un’ulteriore fonte di finanziamento di natura commerciale che deve essere coordinata con l’esposizione che l’azienda esaminata va ad assumersi nei confronti delle banche; • DEBITI VERSO L’ERARIO: il controllo che verrà effettuato tenderà ad accertare la congruità dell’importo iscritto in bilancio in rapporto all’eventuale esistenza di impegni per oneri fiscali. Veniamo, infine, al CONTO ECONOMICO. Tramite una sua corretta riclassificazione si possono individuare: • la bontà dell’azienda esaminata (solidità ed equilibrio, attuali ed in proiezione); • la qualità della gestione attraverso il chiarimento delle reali motivazioni che hanno determinato: PERDITE (evento eccezionale, fatto subito o difficoltà settoriale; cattivo andamento delle controllate; inadeguata preselezione dei clienti; conseguenza di perdita di competitività; ecc.) o UTILI (loro destinazione: quanto distribuito ai soci e quanto rimane in azienda ?; perdurare ed andamento); • occorre in ogni caso sempre suddividere la GESTIONE CARATTERISTICA o TIPICA dell’impresa (i.e. ricavi e costi riconducibili all’attività caratteristica) da quella NON TIPICA, per appurare l’effettiva competitività dell’azienda alla luce degli indirizzi imprenditoriali e del settore di appartenenza. In sintesi, l’impresa “guadagna o perde” soprattutto per la validità di: • SCELTE IMPRENDITORIALI; • SOLIDITA’ PATRIMONIALE; • CRITERI GESTIONALI: magazzino; personale; rete di vendita; dilazioni alla clientela (potere contrattuale o necessità di “vendere comunque”); investimenti; ricerca; ecc. • INCIDENZA DEGLI ONERI FINANZIARI, e ciò indipendentemente dall’elevato differenziale (valore aggiunto) delle produzioni che possono anche determinare un utile della gestione caratteristica. LA VALUTAZIONE DELLE START-UP Un cenno, infine, sulla valutazione delle imprese neo-costituite (start-up). La genesi di una nuova impresa e, poi, il suo sviluppo rappresentano un onere delicato e rilevante. E’ uno sforzo che appartiene a ciascuno dei soci sin dalla prima ora ma anche ai finanziatori, che ne sostengono la creazione attivando strumenti diversi, tecnici e finanziari. Il percorso da compiere non è agevole ed impegna tutti: in particolare l’obiettivo primario dell’imprenditore è la redazione di un appropriato business plan1, cioè di un documento coerente con le sue intenzioni ed ambizioni e che soddisfi la contemporanea esigenza di approfondimento degli aspetti organizzativi ed economici, che sono quelli che maggiormente interessano i finanziatori esterni (banche; finanziarie; società di leasing; enti pubblici). Non è questa la sede per approfondire il discorso sulla redazione di un business plan efficace, ma è comunque da evidenziare che tanto più questo documento sarà scritto in maniera professionale, tanto più l’operatore bancario sarà portato a valutare positivamente la figura dell’imprenditore. E’ comunque da evidenziare – per concludere - come la maggior parte degli istituti di credito, qualora si trovino a dover valutare il merito di credito di una start-up, richiedano al neo-imprenditore garanzie aggiuntive, almeno nel primo periodo di sviluppo. Bibliografia • A.Alberici – S.Caselli, “La valutazione dell’impresa per i fidi bancari”, Milano, Franco Angeli, 2003 • D.Balducci, “La valutazione dell’azienda”, Milano, FAG Editore, 2003 1 Documento finalizzato a trasferire l’idea e l’opportunità di business ad un pubblico di riferimento (finanziatori; fornitori; clienti), in maniera CHIARA, PRECISA e CONCRETA, fornendo indicazioni COMPLETE, ATTENDIBILI e CREDIBILI. In particolare il business plan interessa i potenziali finanziatori perché dimostra: 1) la validità dell’idea imprenditoriale; 2) l’affidabilità dell’imprenditore; 3) i flussi di cassa; 4) l’apporto di capitale proprio da parte dell’imprenditore. Attenzione: sentenze della Cassazione hanno equiparato il business plan alle “comunicazioni sociali” (quindi sottoposto al reato di “false comunicazioni sociali”). Cfr. “Principi generali di redazione del business plan”, Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti, 2001. • P.Ballerini, “Concedere crediti. Come una banca si organizza per valutare il merito creditizio e gestire le crisi aziendali”, Milano, Franco Angeli, 2002 • S.Caselli, “Corporate Banking per le piccole e medie imprese. il cambiamento delle strategie e dei processi gestionali della banca per lo sviluppo del rapporto con le Pmi”, Roma, Bancaria Editrice, 2001 • Autori Vari, “Finanziare l’impresa”, Milano, Il Sole24Ore, 1999. Carlo Pezzoli 14 dicembre 2004