monografies i recerques
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Francesca Zantedeschi: Una “nazione mancata”... 141 MONOGRAFIES I RECERQUES Una “nazione mancata”: la questione linguistica occitana nella seconda metà del XIX secolo Francesca Zantedeschi HISTORIADORA ABSTRACT Al llarg del segle XIX, en el marc de la recuperació romàntica de l’edat medieval «occitana» i en sintonia amb els moviments de despertament nacional que actuen a tot Europa, un moviment vivaç de renaixement lingüístic i literari es difon en les terres occitanes de França. Tot i això, la falta d’acords entre els seus animadors i especialment entorn de l’ús de la llengua, tindrà unes profundes repercussions en el destí de la llengua d’oc, així com en tot el moviment de renaixement occità. Paraules clau: llengua d’OC, català, Renaixença, nacionalisme, polítics, cultura. ABSTRACT Throughout the XXth century, during the period of the romantic recovery of occitan medieval times and in harmony with the movements of national awakening that operated all over Europe, a lively movement of linguistic and literary renaissance is spreading throughout the occitane areas of France. In spite of this, the lack of consensus among its followers, especially around the use of the language, will come to have deep repercussions in the destiny of the oc language, as well as in all of the occitan renaissance movement. Key words: Oc Language, language renaissance, nationalism, politics, culture. olto si è scritto sulla rinascita provenzale della seconda metà dell’Ottocento per le sue analogie con la contemporanea Renaixença catalana. Ancor di più si è scritto sulla movimentata relazione tra Frédéric Mistral e Victor Balaguer, incontrastati protagonisti 142 Cercles. Revista d’història cultural, ISSN: 1139-0158, núm. 12, gener 2009, p. 141-158 delle due rinascite. Si è dibattuto sulla loro amicizia, si sono istituiti paragoni, si sono costruiti miti e distrutte intese, tutto questo a causa di una profonda incomprensione (più da parte degli storici che dei protagonisti dell’epoca) delle realtà storico-sociali in cui i due attori rispettivamente si muovevano. Poco si sa, invece, della Société des Langues Romanes (SLR), l’altra importante protagonista della rinascita meridionale in lingua d’oc. La sua azione in favore della lingua è infatti oscurata dal successo ottenuto dal Félibrige e in particolar modo da Mistral, celebrato e osannato poeta provenzale la cui fama varca i confini nazionali, autore di poemi epici quali Mirèio (1859) e Calendau (1867), per i quali sarà insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1904. Nonostante si collochi nello stesso movimento di recupero letterario e linguistico intrapreso dal Félibrige, la SLR si distanzia dall’associazione provenzale per un approccio più scientifico nei confronti delle questioni linguistiche ma anche per una maggior sensibilità nei confronti di tutte le varietà della lingua d’oc. Il presente articolo traccerà, in maniera sommaria, l’attività della società nei suoi primi anni di vita e ne metterà in rilievo i contributi più significativi nell’ambito della rinascita letteraria e linguistica occitana1. A proposito di lingua: qualche chiarimento preliminare Premesso che la questione della lingua è al centro della costruzione nazionale occitana, conviene capire perché la questione della denominazione della lingua assume un’importanza capitale. I termini di lingua d’oc, occitano, provenzale, ritorneranno spesso nel corso delle prossime pagine. Si tratta di termini controversi perché suscettibili di essere manipolati per scopi identificatori. Il termine di lingua d’oc venne introdotto da Dante Alighieri nei primi anni 1300 nel De vulgari eloquentia, in cui classificava le lingue romanze in funzione della maniera nella quale le popolazioni che occupavano le regioni meridionali dell’Europa dicevano “sì”: oc nella “parte occidentale dell’Europa meridionale, cominciando dai confini dei Genovesi”; sì “dai suddetti confini verso oriente, fino a quel promontorio 1 Questo articolo è tratto dalla mia tesi di dottorato, “Une langue en quête d’une nation: le débat sur la langue d’oc au XIXe siècle”, realizzata sotto la direzione dei professori Heinz-Gerhard Haupt (EUI) ed Enric Ucelay-Da Cal (Universitat Pompeu Fabra) e presentata all’Istituto Universitario Europeo di Fiesole nell’aprile 2009. Francesca Zantedeschi: Una “nazione mancata”... 143 d’Italia da cui comincia l’insenatura dell’Adriatico e arrivano fino in Sicilia”; infine oïl, nelle terre a nord di queste2. Nel corso del XIV secolo, la definizione di “lingua occitana” venne utilizzata dall’amministrazione reale in opposizione alla “lingua gallica”, il francese3. Si parlava allora di “lingua occitana”, di “respublica occitana”, di “patriae linguae occitanae”, riconoscendo in tal modo ai feudi meridionali recentemente annessi al regno una specificità che ne faceva un mondo a parte4. Nel corso dei secoli, come il linguista Philippe Gardy ha osservato, l’occitano ha assunto nomi differenti perché è servito a designare delle realtà linguistiche fluttuanti5. Dal XVII secolo fino alla fine del XVIII, per esempio, venivano utilizzati indifferentemente i termini di “patois” o di “gascon” per definire l’insieme del dominio linguistico occitano. A partire dalla fine del XVIII secolo e nel corso di quello successivo, accanto a “patois”, ormai usato come termine generico per l’occitano –quindi, indipendentemente dalle sue varietà dialettali– e per tutte le lingue di Francia che non erano il francese, vengono utilizzate altre designazioni che restituiscono all’occitano il suo status di lingua e che sono per questo più valorizzanti. “Provenzale”, “lingua provenzale”, “lingua d’oc”, “guascone” ricompaiono poi nei lavori dei romanistes, dei medievalisti, degli “antiquari” e degli appassionati di testi antichi6. Ma la preponderanza crescente assunta nel corso del XIX secolo dal termine “provenzale” per designare l’insieme delle lingue d’oc provoca delle profonde fratture in seno al movimento rinascentista occitano, poiché porta con sé una svalutazione delle altre varietà dialettali. Non bisogna dimenticare infatti che il termine “provenzale” si riferisce a una porzione geograficamente e storicamente ben delimitata del dominio d’oc, ma anche a una koiné letteraria che, grazie al successo conosciuto dalla letteratura 2 “Infatti hanno a oriente i Germani e a ovest e a nord sono chiusi dal mare d’Inghilterra e all’estremo limite hanno i monti d’Aragona; a mezzogiorno confinano coi Provenzali e con lo spluviale delle Alpi Pennine”; Dante, De Vulgari Eloquentia [1303-1305], Milano, Garzanti, pp. 19-21. 3 A. REY, Mille ans de langue française, Paris, Perrin, 2007, p. 365. 4 P. BEC, La langue occitane, Paris, PUF, 1963. 5 P. GARDY, “Le noms de l’occitan/nommer l’occitan”, in E. BOYER et P. GARDY (ed.), Dix siècles d’usages et d’images de l’occitan, Paris, L’Harmattan, 2001, p. 43. 6 Ivi, p. 56. 144 Cercles. Revista d’història cultural, ISSN: 1139-0158, núm. 12, gener 2009, p. 141-158 troubadouresque nel Medioevo, trascende i limiti dell’“Occitania” propriamente detta: a causare problemi è quindi la confusione tra provenzale come lingua dei trovatori –e di cui Mistral si accaparra, monopolizzandola, tutta l’eredità– e il provenzale come dialetto della Provenza. L’“Occitania”, intesa come territorio in cui questa lingua occitana è parlata, non ha mai davvero costituito un insieme politico né culturale unificato. L’occorrenza storica del termine designa in realtà la sola Linguadoca (Etats généraux de Languedoc). Si tratta quindi di un termine di recente creazione, volto a designare la totalità dell’area geografica in cui si parla una delle varietà d’oc. Attualmente parlare d’Occitania significa assumere una posizione ideologica e politica nei confronti della lingua e di ciò che essa implica in quanto criterio di definizione nazionale. “Occitano”, è il nome con cui si indica oggi l’insieme delle parlate romanze del Midi della Francia (a eccezione del catalano, parlato in Rossiglione). Esso rende conto di una presa di posizione chiara in favore dell’unità linguistica della regione. L’occitano è stato unificato in una lingua “normalizzata” che autorizza nondimeno le varianti dialettali (provençal, languedocien, gascon, auvergnat, limousin). Il termine “occitano” pone tuttavia le stesse difficoltà e provoca le stesse reazioni del termine “Occitania”, specialmente presso i “provençalistes”, cioè quei provenzali che, fedeli al Félibrige e alla lingua di Mistral, mantengono ancora intatta la discrepanza tra il “provenzale” e le altre varietà della lingua d’oc. Da parte mia, utilizzerò di preferenza la definizione di lingua d’oc nel senso assegnatole da Dante, per riferirmi alla lingua romanza parlata attualmente in buona parte della Francia meridionale, ma anche nella Val d’Aran e in alcune valli piemontesi d’Italia. Un’ultima osservazione prima di entrare nel vivo della discussione. Se attribuisco un’attenzione particolare alla questione della denominazione della lingua è perché essa è una costruzione sociale e risulta dalla volontà di rendere omogenea e istituire in gerarchia l’infinita varietà dei fatti linguistici. Inoltre, non bisogna trascurare il fatto che per il nazionalismo la posta in gioco implicita nella denominazione delle lingue è considerevole. Nominare significa istituire. Nominare una lingua significa quindi definirla, fissarla, delimitare le sue frontiere, renderla omogenea. Dal momento che non c’è nulla d’arbitrario nella scelta del nome delle lingue, la scelta del Francesca Zantedeschi: Una “nazione mancata”... 145 nome rivela anche la gerarchia che si vuole istituire tra le lingue7. La situazione è destinata a complicarsi quando sullo stesso territorio coesistono vari idiomi e parlate che competono per lo status di lingua “nazionale”. Per quel che concerne la lingua d’oc, questo problema non ha ancora trovato soluzione e ognuna delle varietà dialettali ha subito un processo di normalizzazione indipendente l’uno dagli altri. La rinascita letteraria in lingua d’oc. La questione della lingua Il Félibrige, associazione di giovani poeti provenzali mossi dall’ambizione di salvaguardare la lingua materna, nasce a Font-Segugne, nei pressi d’Avignone, in Provenza, nel maggio 1854. Circolo di poeti all’inizio, “organizzazione minuziosamente regolata” da Mistral in seguito, il Félibrige sarà ormai il leader incontrastato della rinascita letteraria provenzale8. Sostituendosi a un movimento spontaneo d’espressione dialettale, l’associazione si presenta investita di una “responsabilità storica” cardinale, quella di salvare la lingua da una morte ormai imminente. Per questi giovani “troubadours” salvare la lingua del popolo provenzale –minacciata dalla penetrazione, lenta ma irreversibile, del francese nelle campagne– significa restituirle l’antico splendore ed elevarla a un livello di “quasi-ufficialità”9. Nonostante il Félibrige si voglia portatore dell’eredità linguistica del popolo, la preoccupazione d’elevare la lingua provenzale al di sopra del tempo per renderla eterna lo porta inevitabilmente ad allontanarsi dal popolo e dalla sua parlata. Intorno alla personalità e al mito 7 C. CANUT, “Le nom des langues ou les métaphores de la frontière”, Ethnologies comparées, n. 1, automne 2000, http://alor.univ-montp3fr/cerce/revue.htm; P. SERIOT, “Faut-il que les langues aient un nom? Le cas du macédonien”, in Andrée TABOURET-KELLER (ed.), Le nom des langues. L’enjeu de la nomination des langues, Louvain, Peeters, 1997, vol. 1, pp. 167-190. 8 R. LAFONT, La revendication occitane, Paris, Flammarion, 1974. La figura di Frédéric Mistral rimane tra i temi più studiati della letteratura provenzale; per approfondire, vd., R. LAFONT, Mistral ou l’illusion (II éd.), Valderiès, Vent Terral, 1980; M. ANDRÉ, La vie harmonieuse de Mistral, Paris, Librairie Plon, 1928; A. THIBAUDET, Mistral ou la République du Soleil, Paris, Hachette, 1930; P. DEVOLUY, Mistral et la rédemption d’une langue, Paris, Grasset, 1941. 9 P. MARTEL, “Les Félibres, leur langue et les linguistes, ou le grand malentendu”, in Lengas, 42, 1997, pp. 105-122. 146 Cercles. Revista d’història cultural, ISSN: 1139-0158, núm. 12, gener 2009, p. 141-158 di Frédéric Mistral l’associazione si sviluppa così come un’entità a sé, estranea alla realtà sociale dell’epoca, che è caratterizzata da profondi mutamenti economici, politici e sociali. Movimento dal “carattere rurale e passabilmente reazionario”, nel Félibrige tutto “sa di fittizio” e “ricorda una mascherata di gusto vecchiotto”10. Incapace di aprirsi alla complessità della realtà occitana, il Félibrige fatica a staccarsi da un certo “provenzalismo”, ragione per la quale non riuscirà a federare in maniera durevole i differenti poli linguistici e letterari del dominio occitano (come Montpellier e Toulouse, importanti centri universitari)11. È quindi sullo sfondo di uno scenario letterario e linguistico grandemente dominato dal Félibrige che la Société des Langues Romanes vede la luce. Impiantata in Linguadoca, la società è caratterizzata da un approccio più moderno e scientifico nei confronti della lingua, ma anche da una maggiore sensibilità nei confronti della complessa realtà del dominio occitano. Creata a Montpellier nel 1869, la Société des Langues Romanes “a pour objet spécial l’étude de la langue romane ancienne et moderne du midi de la France” e nasce dalla volontà di trattare la letteratura del Midi della Francia attraverso lo studio accurato della lingua e l’analisi della società di cui essa era ed è l’espressione12. La Revue de langue romane 10 F. GARAVINI, Parigi e provincia, Torino, Bollati Boringhieri, 1990, p. 117 sqq; e, sempre dello stesso autore, “Le pari mistralien”, Romantisme, n. 33, 1981, pp. 59-74. 11 Abbondante e varia è la bibliografia sul Félibrige. Tra i lavori più interessanti oggigiorno pubblicati, conviene segnalare: E. RIPERT, Le Félibrige, Paris, A. Colin, 1948; R. JOUVEAU, Histoire du Félibrige, Nîmes, Impr. Bené, 1970-1987, 4 voll.; S. CALAMEL e D. JAVEL, La langue d’oc pour étendard, Toulouse, Privat, 2002; P. MARTEL, Félibres et Félibrige 1876-1947. Radioscopie d’une organisation, Université de Paris-VIII Vincennes à Saint-Denis, 1983; “Le Félibrige”, in P. NORA, Les lieux de mémoire, Paris, Gallimard, 1997, t. 3, “Les Frances”, pp. 3515-3553 ; P. PASQUINI, “Le paradoxe du monument: Félibrige et Provence au XIXe siècle”, in Les fous de la langue, Edisud, 1986, pp. 109-115; “Une sociabilité en représentation: les félibréjades”, Provence historique, Fascicule 187, 1997, pp. 231243; “Le Félibrige: les formes d’une institution”, in H. BOYER H et P. GARDY (ed.), Dix siècles d’usages et d’images de l’occitan, Paris, L’Harmattan, 2001, pp. 257290; “Le Félibrige: une association moderne?”, Provence historique, 210, 2002, pp. 467-482. 12 Bulletin de la SLR, 1870, t. I, pp. 8-9. Philippe Martel sottolinea il fatto che, in confronto alle classiche accademie di provincia, concentrazione di grandi notabili locali, la SLR riunisce un organico più numeroso e, soprattutto, più variato; P. Francesca Zantedeschi: Una “nazione mancata”... 147 (RLR), organo della Société, sarà la prima rivista francese interamente dedicata alla filologia e alla linguistica romanze. In essa verranno pubblicati documenti antichi inediti o degni di essere riediti, documenti in lingua moderna ugualmente inediti, lavori teorici13. Nata sulla scia del movimento di riabilitazione storica e filologica in favore della lingua d’oc intrapreso a inizio secolo da Raynouard, e proseguito poi da Fabre d’Olivet, Rochegude e Fauriel, la Société riunisce félibres, notabili –nella tradizione delle sociétés savantes di provincia– ricercatori, professori, bibliotecari “con una formazione non trascurabile in filologia” e universitari14. I cinque membri fondatori adottano come principio costitutivo la divisione del lavoro: Paul Glaize s’incarica della filologia generale, Anatole Boucherie della lingua d’oïl, Charles de Tourtoulon della parte storica, François-Roman Cambouliù della lingua catalana e Achille Montel della lingua dei trovatori. F.-R. Cambouliù è poi nominato presidente della Società e Montel segretario. Mistral, Bernard Alart, Victor Balaguer, Paulin Paris, Saint-René Taillandier, Gaston Paris, Paul Meyer, Guessard, Milá y Fontanals, Manuel de Bofarull, Chabaneau, G. Azaïs, Magnabal, Diez et Boehemer, sono eletti membri corrispondenti15. Stimolata dal successo ottenuto dai lavori sulle lingue meridionali a Parigi e in Germania, ma anche dall’assenza di studi filologici in provincia, la SLR incontra la benevolenza della Société de Linguistique di Parigi (di MARTEL, “Prophète en son pays? La Revue des Langues Romanes vue de Montpellier”, Revue des Langues Romanes, n. 1, t. CV, 2001, pp. 367-383. 13 Ivi, p. 5. 14 D. BAGGIONI, “De Coquebert de Montbret et Raynouard au duo G. Paris/P. Meyer: Aux sources de la linguistique et dialectologie romanes françaises”, Revue des Langues Romanes, n. 1, t. C,1996, n. 1, p. 143. 15 La divisione dei membri in tre categorie (membri residenti, membri corrispondenti e membri liberi) è stabilita unicamente sulla base della possibilità dei membri di assistere regolarmente alle riunioni; “Résumé des décisions prises en séance du comité d’administration du 11 février au 31 décembre 1869”, Bulletin de la SLR, tome I, 1870, pp. 22-23. Vedi anche J.-M. PETIT, “Entre le Félibrige et l’université: la Société pour l’étude des langues romanes de 1869 à 1918”, in L’Université de Montpellier (1289-1989), Actes du 61e congrès Fédération historique du Languedoc méditerranéen et du Roussillon, Montpellier, 1989, pp. 271-282. 148 Cercles. Revista d’història cultural, ISSN: 1139-0158, núm. 12, gener 2009, p. 141-158 cui il famoso linguista Michael Bréal era segretario) e di altri specialisti di lingue romanze della capitale16. Tra le questioni scientifiche che maggiormente interessano la società, un posto particolare occupano la questione delle origini dei dialetti della lingua d’oc e della lingua d’oil, così come quella dell’ortografia più adatta ai dialetti moderni della lingua d’oc. Gli interessi puramente scientifici della SLR s’accompagnano a delle preoccupazioni letterarie, e le evoluzioni contemporanee della lingua sono studiate sotto il doppio aspetto popolare e letterario17. Da una prima analisi dei resoconti delle sedute della società, è possibile trarre delle conclusioni riguardo: 1) la scelta del nome: Société pour l’étude des Langues Romanes. L’adozione del termine “romane” per la lingua permette d’abbordare lo studio di tutte le lingue romanze e neolatine in generale, incluse la lingua d’oil e il catalano. Ma la scelta di studiare la “langue romane” permette anche, per quanto riguarda il dominio d’oc, di evitare di cadere nella querelle relativa alla denominazione della lingua; 2) le ambizioni scientifiche della SLR e la sua volontà di farsi spazio nel campo degli studi linguistici internazionali, ambizioni che si concretizzano in una premura costante nell’adottare le norme di lavoro scientifico internazionali. I rapporti che la SLR intrattiene con la romanistica tedesca vanno in questa direzione18; 3) l’interesse per la lingua e la letteratura d’oc, sia antiche che moderne. Ciò permette alla SLR di porsi come erede diretta degli studi storico-comparativi sulla lingua d’oc inaugurati da Raynouard, ma anche di fornire una cauzione scientifica alla creazione letteraria in lingua d’oc, specialmente a quella dei félibres. 16 P. BOUTAN, “La Revue des Langues Romanes, le Félibrige et Michel Bréal”, Lengas, n. 42, 1997, pp. 125-126. 17 “Compte rendu des travaux de la Société…”, op. cit., pp. 10-11. 18 D. BAGGIONI, art. cit.., p.144. A tale proposito, è interessante osservare che la guerra franco-prussiana del 1870 non intaccherà “les jugements scientifiques émis dans les comptes rendus concernant la RLR ou les autres publications de ses collaborateurs. Camille Chabaneau, particulièrement, jouit d’un prestige incontestable en Allemagne”; K. BOCHMANN, “La Revue des Langues Romanes et la romanistique allemande du XIXe siècle”, Revue des Langues Romanes, n. 1, t. CVI, 2002, pp. 173-182. Francesca Zantedeschi: Una “nazione mancata”... 149 Quale lingua? La creazione della SLR segna un evento fondamentale nel quadro degli studi delle lingue romanze (neolatine) in Francia e una frattura importante nel campo dell’elaborazione culturale in lingua d’oc, fino ad allora monopolizzato dagli scrittori provenzali raccolti intorno al Félibrige19. Philippe Gardy, che ha analizzato la creazione letteraria contemporanea pubblicata nella RLR nel corso degli anni 1870-1900, osserva che la rivista è stata, durante i suoi primi vent’anni di vita, una sorta di “laboratorio” della scrittura occitana in divenire. Nonostante la produzione letteraria occupi un posto meno importante della ricerca filologica nelle pagine della rivista, la presenza di opere di scrittori contemporanei mira a fornire un’immagine vivace della lingua e della letteratura d’oc, volta anche a giustificare l’azione intrapresa dalla Société20. Il rilievo assegnato alla diffusione di opere di scrittori locali provenienti dal complesso dei paesi d’oc attesta inoltre la volontà di Montpellier di divenire un “luogo di confluenza e di scambi”, oltre che di “favorire dei registri e delle opere in divenire”21. La RLR gioca quindi un ruolo essenziale nella rinascita letteraria di lingua d’oc, grazie al suo impegno attivo nella “promozione di autori meno rinomati e di generi letterari fino ad allora trascurati” a causa della loro non appartenenza ai circoli del Félibrige22. Pur situandosi nella linea di recupero linguistico e di creazione letteraria intrapresa dal Félibrige, la SLR se ne stacca perciò sia per una maggiore preoccupazione scientifica riguardo alla questione linguistica, sia per la volontà di forgiare una lingua comune a tutto il Midi occitano, al di là 19 Citato in J.-M. PETIT, art. cit., p. 276. Precisa l’autore che la creazione e il programma della RLR sono anteriori a quelli, paralleli, della Revue Celtique (1871), de la Romania (1872) e della Revue des Patois Gallo-Romans (1887). 20 P. GARDY, “La création littéraire occitane contemporaine dans les années 1870-1900 de la Revue des Langues Romanes. Une composante incongrue dans une publication d’études romanes?”, Revue des Langues Romanes, n. 1, t. CV, 2001, pp. 335-336. 21 Per poter meglio valutare le modalità che l’impegno della RLR nei confronti della letteratura d’oc contemporanea ha assunto nel corso degli anni, Philippe Gardy ha analizzato due tipi d’attività: da una parte, “le rubriche di critica di opere recentemente pubblicate” e, dall’altra, i “concorsi letterari e altri jeux floraux felibri”; ivi, pp. 349-350. 22 Ivi, p. 360. 150 Cercles. Revista d’història cultural, ISSN: 1139-0158, núm. 12, gener 2009, p. 141-158 delle differenze dialettali. Il movimento letterario meridionale, scrive nel 1869 Charles de Tourtoulon a Mistral, ha due portate: “1 la résurrection ou plutôt la formation d’une langue littéraire commune à tout le Midi; 2 l’étude du langage populaire dans toutes ses nuances dialectales”. Per raggiungere il primo obiettivo, puramente letterario, è necessario che gli scrittori provenienti dai vari punti del territorio d’oc rinuncino ad alcune forme dialettali proprie alle loro regioni per ridurre il più possibile le differenze e avvicinarsi così a una “lingua tipo”. D’altra parte, lo studio approfondito della lingua popolare, quindi l’analisi minuziosa di ogni dialetto e sottodialetto e delle variazioni che hanno subito nel tempo e nello spazio, s’impone come obiettivo eminentemente filologico. Nonostante sia disposto a riconoscere l’ortografia dei félibres come “la plus rationnelle, la plus historiquement exacte”, perché consacrata da opere letterarie che “fanno autorità”, Tourtoulon ribadisce la necessità di lasciare intatta ogni differenza dialettale23. Il rifiuto di Tourtoulon d’abbandonare le varietà dialettali per far posto all’uso esclusivo del provenzale risponde quindi alla necessità di preservare una produzione letteraria ricca e variata, ma anche a una concezione della lingua che si voleva più attuale e moderna rispetto a quella del Félibrige. Secondo lui sussiste poi una profonda confusione a proposito della lingua d’oc e della lingua provenzale: “On appelle quelquefois langue provençale la langue d’oc prise dans son ensemble. C’est un legs de l’époque des troubadours, un souvenir des temps où le nom de Provence s’étendait à toute la France méridionale ; mais la tradition a été si longtemps interrompue, et les noms de Provence et de provençal sont aujourd’hui si bien localisés dans une partie de la Provence de nos vieux poëtes, qu’il nous paraît préférable, pour éviter toute confusion, de donner 23 Citato in M. DÉCIMO, “Un jalon dans l’institutionnalisation du romanisme en province: la création de la Société et de la Revue des langues romanes, vue à travers divers fragments de la correspondance reçue par Mistral entre 1868 et 1883”, Revue des Langues Romanes, n. 1, t. CV, 2001, pp. 415-416. Per un approfondimento sulla creazione della lingua letteraria provenzale, vd., J.-Y. CASANOVA, “Elaboration d’une langue littéraire: l’exemple mistralien”, in C.A. GARABATO C.A. (dir.), L’éveil des nationalités et les revendications linguistiques en Europe, Paris, L’Harmattan, 2005, pp. 67-88; F. GARAVINI, “Le pari mistralien”, Romantisme, n. 33, 1981, pp. 59-74. Francesca Zantedeschi: Una “nazione mancata”... 151 à ces mots leur signification moderne. Nous appellerons donc langue d’oc la langue populaire de la France du Midi, par opposition à la langue d’oïl, qui est celle de la France septentrionale. Ces deux expressions ont l’avantage d’être usitées depuis longtemps dans le sens que nous leur donnons, de ne point supposer résolues des questions d’origine encore pendantes, et de permettre aucun malentendu”24. La posizione di Tourtoulon è chiara: nella sua accezione antica, la lingua provenzale designava la lingua d’oc nel suo insieme; nella sua accezione moderna, essa non designa che una piccola porzione, una varietà specifica e ben localizzata, della lingua d’oc. Per evitare ogni equivoco, Tourtoulon opta quindi per la definizione di lingua d’oc per designare l’insieme delle parlate del Midi di Francia. Al pari della questione della definizione e della denominazione della lingua, anche la questione ortografica assume grande rilievo perché porta in sé una profonda valenza ideologica. Ogni presa di posizione nei confronti della lingua è infatti riconducibile a una questione ortografica, visto che questa è il segno esteriore, visibile, dell’idea che ci facciamo della lingua: della sua unità, della sua dignità storica, della sua “purezza”. La purezza della lingua si costruisce sulla differenza con il vicino immediato, sul confronto/contrasto con l’“altro”. Ma la complessità della questione linguistica occitana è data dal fatto che, a causa della presenza di numerose varietà d’oc sullo stesso territorio, queste stesse varietà possono essere utilizzate come costitutive dell’“altro” con cui confrontarsi e da cui differenziarsi: in questo caso, il linguadociano costituisce “l’altro” per il provenzale. È quindi la concezione della lingua che determina la scelta dell’ortografia, dal momento che scelte differenti denotano differenti concezioni della lingua. Quando Tourtoulon afferma la necessità di formare una lingua letteraria e di fare ciò con l’aiuto dello studio scientifico dei dialetti, mira a uscire dall’impasse provocato da due diverse concezioni della lingua con lo scopo di conciliare creazione letteraria –l’istituzione della lingua passa infatti attraverso lo scritto– e scientificità –visto che la lingua è un “monumento”, lo studio scientifico ne permetterebbe la conservazione. Ciò significherebbe aprire la strada a una politica linguistica 24 Revue des Langues Romanes, t. I, 1870, p. 42. 152 Cercles. Revista d’història cultural, ISSN: 1139-0158, núm. 12, gener 2009, p. 141-158 coerente e fattibile. Nella fissazione della norma linguistica, anche la scelta del vocabolario risulta fondamentale. Per arrivarci, è necessario escludere le molteplici varietà vernacole, che sono caratterizzate ognuna da una diversa norma di pronuncia e d’ortografia e, talvolta, di vocabolario e di grammatica25. In definitiva, l’assenza di una norma unanimemente ammessa e adottata segna il destino successivo della lingua d’oc. L’evidente preferenza dei Félibrige per il sistema fonetico alla francese non poteva essere accettato dai linguisti e dai filologi della SLR che, attraverso il loro lavoro sulla lingua, cercavano di stabilire un sistema ortografico purificato dalle influenze francesi, più vicino all’etimologia. La scelta del sistema ortografico che collaboratori e scrittori dovranno adottare per la pubblicazione di documenti in lingua d’oc moderna sulle pagine della Revue des Langues Romanes viene pubblicata sul primo numero della rivista. Dopo aver esposto gli inconvenienti e i vantaggi degli unici sistemi possibili, quello fonetico (“qui se conforme à la prononciation”) e quello etimologico (“qui remonte aux origines”), la SLR opta per un sistema ortografico misto, in grado di soddisfare la tradizione pur rispettando le differenze dialettali e i cambiamenti introdotti dal tempo26. Adottando il sistema misto, la SLR “affirme la communauté d’efforts et de travaux qu’elle veut établir dans tout le Midi par une première unité, toute extérieure, qui est celle de l’écriture”27. SLR e Félibrige, una relazione difficile Attraverso la discussione sulla lingua, la relazione di discendenza/sudditanza che inizialmente legava la SLR al Félibrige provenzale viene quindi messa in discussione. La SLR, dedita agli interessi scientifici e letterari della regione e spinta dall’ambizione di fare di Montpellier “un grand centre philologique, en attendant qu’on en fasse un grand centre universitaire”28, non può accontentarsi del ruolo ausiliario che 25 J. FISHMAN, Language and Nationalism. Two Integrative Essays, Rowley, Massachusetts, Newbury House Publishers, 1973, pp. 68-69. 26 Revue des Langues Romanes, t. I, 1870, p. 40. 27 Ivi, p. 41. 28 Ch. DE TOURTOULON, “Note sur le dialecte provençal et ses sous-dialectes”, Francesca Zantedeschi: Una “nazione mancata”... 153 la relega sullo sfondo della rinascita letteraria in lingua d’oc. Come JeanMarie Petit ha osservato in varie occasioni, la SLR ha portato una dimensione intellettuale erudita alla rinascita occitana del XIX secolo, dimensione “che faceva un tantino difetto alla scuola d’Avignone”29. Istigatrice di un certo numero di progetti miranti a mettere Montpellier al centro della scena felibre e organizzatrice di importanti manifestazioni –come il concorso letterario e filologico del 1875, le imponenti feste latine del 1878, il Primo Congresso mondiale di filologia romanza tenutosi nel 1890–, la SLR rappresenta l’opposizione “silenziosa” ma operante “all’imperialismo linguistico e letterario avignonese” 30. Benché non si possa parlare di vera e propria concorrenza tra Félibrige e SLR, a causa della diversa natura delle due associazioni, ciò non toglie che ci siano stati tra le due “dei punti di frizione/scontro, delle querelle ideologiche, linguistiche, ortografiche, conflitti di potere, soprattutto conflitti di persone”31. Questi conflitti potevano prendere una dimensione ideologica se si considerano le inclinazioni politiche differenti: mentre ad Avignone la stragrande maggioranza dei félibres ha delle simpatie legittimiste e cattoliche, a Montpellier si raggruppano “l’ala repubblicana, liberale, del Félibrige e i massoni”32. Le divergenze tra SLR e Félibrige che ho cercato di tracciare in queste pagine sono elementi di debolezza interni al movimento rinascentista occitano destinati a segnarne il destino. Come è già stato parecchie volte ripetuto, questi fattori di debolezza hanno attinenza con: 1) l’assenza di Revue des Langues Romanes, t. XVI, 1879, p. 198. J.-M. PETIT, “Entre le Félibrige et l’université: la Société pour l’étude des langues romanes de 1869 à 1918”, in L’Université de Montpellier (1289-1989), Actes du 61e congrès Fédération historique du Languedoc méditerranéen et du Roussillon, Montpellier, 1989, pp. 271-282. 30 J.-M. PETIT, “Trois figures de la période montpelliéraines de la renaissance occitane du XIXe siècle: Charles de Tourtoulon, Alphonse Roque-Ferrier et Camille Chabaneau”, Revue des Langues Romanes, n. 89, 1985, pp. 93-121 31 J.-M. PETIT, “Entre le Félibrige et l’université”, art. cit., p. 274. 32 “Certes la Société a aussi son aile droite, ses blancs avec Arnavielle et Roumieux et ses bleus avec l’omniprésent Roque-Ferrier, mais les “intellectuels” Boucherie, Chabaneau, Tourtoulon seront contrairement à ce que l’on a dit […] de tendance nettement républicaine”; ivi, p. 279. 29 154 Cercles. Revista d’història cultural, ISSN: 1139-0158, núm. 12, gener 2009, p. 141-158 unanimità a proposito della denominazione della lingua –provocata da concezioni della lingua, dello spazio e della storia dei paesi del dominio d’oc parecchio diverse se non addirittura apertamente antagoniste; e, di conseguenza, con 2) l’assenza di collaborazione tra i principali protagonisti della rinascita letteraria e linguistica meridionale. 1) L’assenza di unanimità a proposito della denominazione della lingua. Le dispute, all’apparenza piuttosto futili, su come chiamare la lingua –provenzale, limosina, romanza o semplicemente lingua d’oc– denotano una percezione differente dello spazio occitano, della sua lingua, della sua storia. Nel XIX secolo, la preminenza del provenzale sulle altre varietà d’oc, dovuta agli studi pionieri di Raynouard ma soprattutto al grande successo letterario ottenuto da Mistral, relega le altre parlate in secondo piano. La propensione stessa a ridurre la lingua d’oc alla lingua provenzale tout court è un segnale evidente di questa tendenza. D’altra parte, in uno spazio geografico così esteso come l’occitano, la presenza di vari centri culturali in concorrenza tra di loro –o l’assenza di una capitale culturale, se si vuole– impedisce la possibilità di pensare un insieme d’oc unificato. Marseille, Montpellier, Toulouse, Bordeaux (per citare solo le città principali) sono le “capitali” di altrettanti spazi linguistici: Marseille del provenzale (per non parlare d’Avignon, “capitale” del Félibrige provenzale), Montpellier e Toulouse del linguadociano, Bordeaux dell’aquitano. Sul piano linguistico, tutto ciò si traduce in una concezione della lingua differente secondo la regione e, di conseguenza, nella volontà di salvare le varietà linguistiche di ogni regione di fronte al successo crescente del provenzale nella seconda metà del XIX secolo. 2) L’assenza di collaborazione tra i principali protagonisti della rinascita letteraria e linguistica meridionale. Le complicazioni provocate dall’esistenza di differenti concezioni della lingua sono destinate a scoppiare in seguito alla fondazione della SLR nel 1869. L’atteggiamento nei confronti della lingua che caratterizza Félibrige e SLR è destinato ad avere delle ripercussioni importanti sull’avvenire della lingua e del movimento rinascentista di lingua d’oc. Benché partecipino entrambe alla rinascita meridionale, le due associazioni non condividono le stesse ambizioni linguistiche e letterarie, né, soprattutto, l’abbiamo appena visto, la medesima concezione della lingua. Pur apprezzando Mistral e la sua Francesca Zantedeschi: Una “nazione mancata”... 155 opera, che ha consentito alla lingua d’oc di mettersi nelle migliori condizioni di resistenza, i membri più attivi della SLR denunceranno a varie riprese un presunto “imperialismo mistraliano”: imperialismo percepibile nell’egemonia letteraria del provenzale e che si traduce nell’impossibilità di dialogare con i capi del Félibrige avignonese a proposito della normalizzazione della lingua d’oc. La SLR, che avrebbe potuto rappresentare un’alternativa reale al progetto linguistico di Mistral, contribuisce in definitiva a fornire una cauzione scientifica alla lingua letteraria del poeta provenzale, che incarna di fatto l’unica realtà letteraria di qualche valore nei paesi del dominio d’oc. Infatti, dal momento che solo lo scritto è in grado di fissare la norma, il contributo delle grandi opere letterarie è fondamentale, e l’esempio di Mistral lo stava dimostrando. D’altra parte, l’unica possibilità per far rivivere la lingua d’oc era “normalizzandola”, istituzionalizzandola, ed è proprio qui che si trova lo smacco. Il confronto con i catalani è illuminante. Infatti, contrariamente al caso catalano, in cui la lingua è strumentalizzata per la costruzione nazionale, la lingua d’oc non riesce a superare le difficoltà causate dalla concorrenza tra Provenza e Linguadoca da un lato, ma anche dalla politica francese dall’altro. Mia opinione è quindi che sono proprio queste differenze di concezione della lingua –che hanno come conseguenza un profondo divario negli obiettivi linguistici e/o letterari delle due associazioni– a frenare la riuscita del movimento rinascentista occitano. L’alleanza tra Félibrige e SLR (letteraria e linguistica), ma anche quella tra Provenza e Linguadoca, avrebbe forse permesso di riunire le condizioni per pervenire a un qualche risultato: se la SLR non poteva fare a meno del successo letterario ottenuto da Mistral a livello nazionale e internazionale –dato che legittimava la sua azione linguistica e dava visibilità alla rinascita letteraria e linguistica della lingua d’oc–, il Félibrige avrebbe dovuto mettere il suo savoir-faire a disposizione della scienza linguistica per uscire dal suo isolamento sociale e linguistico e rallentare, così facendo, l’involuzione della lingua. D’altra parte, il problema principale della mancata adesione intorno alla questione linguistica rimane l’assenza di supporto delle classi sociali ascendenti coinvolte nella modernizzazione economica e politica, e la mancanza di avvicendamento sociale. È infatti necessario che le élite 156 Cercles. Revista d’història cultural, ISSN: 1139-0158, núm. 12, gener 2009, p. 141-158 economiche e politiche subentrino a poeti e linguisti nella costruzione identitaria nazionale –come dimostra l’esempio di Prat de la Riba che incarica Pompeu Fabra della normalizzazione del catalano. Le nazioni “funzionano” su un dinamismo economico, sociale, politico, demografico; esse hanno bisogno d’identificare un “altro” contro cui lottare. Presso gli occitani, l’unico momento in cui queste condizioni si sono riunite è in occasione della “révolte des vignerons” del 1907, ma l’inazione che caratterizza il movimento occitano fa in modo che il solo beneficiario degli eventi del 1907 sia il socialismo33. L’analisi della “rivalità” tra Félibrige e SLR, che ho tracciato a partire dai loro approcci nei confronti della lingua e dai punti di frizione che ne conseguono, permette anche, a un livello teorico più generale, di: 1) sottolineare l’importanza di questioni fondamentali nel processo di definizione e di standardizzazione di una lingua ma anche nei meccanismi d’identificazione e di legittimazione di una nazione. Il problema non è secondario, perché strettamente connesso alla percezione che i membri di una comunità nazionale hanno di loro stessi, ma anche della nazione alla quale partecipano. Vorrei spiegarmi. A ogni lingua corrisponde, immancabilmente, un territorio geograficamente e storicamente delimitato. Se all’interno di un medesimo spazio linguistico si fanno concorrenza due concezioni della lingua portatrici di progetti linguistici diversi, è chiaro che non ci sarà accordo sull’azione linguistica e politica da intraprendere, né sugli scopi da perseguire. L’assenza di accordo a proposito della lingua ha delle ripercussioni sulla percezione del territorio e della storia, così come sulla definizione stessa del paese in questione. Per ricondurre tutto ciò al tema di quest’articolo, vorrei insistere sul fatto che concezioni linguistiche diverse tra provenzali e linguadociani hanno dato luogo a progetti linguistici –ed eventualmente “nazionali”– incompatibili; 2) fermarsi sulla portata degli studi filologici e linguistici in un periodo storico segnato dall’irruzione sulla scena europea di giovani nazioni emergenti, ma anche dalla ricerca di legittimazione da parte degli Stati già stabiliti. Non dimentichiamo che molto spesso sono questi studi a 33 A. THIBAUDET, Mistral ou la République du Soleil, Paris, Hachette, 1930, pp. 236237. Francesca Zantedeschi: Una “nazione mancata”... 157 legittimare le giovani nazioni o a giustificare l’esistenza di Stati già stabiliti. Lo studio “scientifico” della lingua, l’analisi filologica dei testi hanno la funzione di fornire materiale storico e letterario a giustificazione della nazione. A ciò s’aggiunge la normalizzazione linguistica, cioè la fissazione delle norme (lessico, fonologia, sintassi) e delle regole linguistiche, con il fine di facilitare gli scambi e la comunicazione: come Daniel Baggioni ha giustamente osservato, c’è norma linguistica “dall’istante in cui su un territorio determinato un processo d’unificazione politica e/o culturale è all’opera; perché questa unificazione s’organizza per mezzo della dominazione di una classe sociale sulle altre” 34; 3) mettere in valore il ruolo fondamentale giocato dalle élite intellettuali nel processo di nation-building, in particolar modo nel corso di quella che lo storico ceco Miroslav Hroch ha definito la “fase A” del processo35. Sono infatti queste élite, in relazione stretta con l’élite politica della nazione, che definiscono che cos’è una nazione, quali sono gli elementi che la compongono e la differenziano dalle altre nazioni36. Nel caso occitano, il peso che queste élite esercitano sui meccanismi d’identificazione nazionale è destinato a emergere in due diverse maniere. Da una parte, attraverso la debolezza dell’élite intellettuale “occitana” che, pur disponendo degli elementi propri a definire una nazione, non perviene a maneggiarli e a farsi portatrice di un progetto nazionale –e ciò per diverse ragioni: mancanza d’accordo, mancanza di peso sociale, mancanza di 34 D. BAGGIONI, “Pour un point de vue relativisé et historicisé sur la norme”, Cahiers de Linguistique Sociale, n. 1, 1976, pp. 32-45. 35 M. HROCH, Social Preconditions of National Revival in Europe: A Comparative Analysis of Patriotic Group Among the Smaller European Nations, Cambridge, 1985; “Real y construida: la naturaleza de la nación”, in J.A. HALL (ed.), Estado y nación, Madrid, Cambridge University Press, 2000, pp. 60-77. 36 U. ÖZKIRIMLI, “The Nation as an Artichoke? A Critique of Ethnosymbolist Interpretations of Nationalism”, Nations and Nationalism, 9 (3), 2003, pp. 339-355. Il sociologo A.D. Smith ha definito queste élite “il nuovo clero della nazione”, A.D. SMITH, Le origini etniche delle nazioni, Bologna, Il Mulino, 1992, p. 330. Per il ruolo giocato dalle élite nel processo di costruzione nazionale, vd. anche E.J. HOBSBAWM, Nazioni e nazionalismo dal 1780, Torino, Einaudi, 1991; E.J. HOBSBAWM e T. RANGER, L’invenzione della tradizione, Torino, Einaudi, 1994; A.-M. THIESSE, La création des identités nationales, Paris, Seuil, 1999. 158 Cercles. Revista d’història cultural, ISSN: 1139-0158, núm. 12, gener 2009, p. 141-158 strutture statali a supporto della sua azione, semplicemente mancanza di un’organizzazione politico-sociale in grado d’assicurare la diffusione delle idee e di coordinare l’azione; dall’altra, attraverso il successo ottenuto, al contrario, dalle élite intellettuali di Stato (nel caso specifico, dagli universitaires al servizio della Repubblica), in relazione stretta con le élite politiche al potere. L’esclusione della SLR sul piano scientifico è senza dubbio la conseguenza anche del suo allontanamento (geografico, culturale, sociale) dai centri di potere accademici e politici parigini. Ma questo è un altro capitolo della nostra storia.