La maledizione del tesoro di Anubis di Giuseppe Vecchio
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La maledizione del tesoro di Anubis di Giuseppe Vecchio
La maledizione del tesoro di Anubis di Giuseppe Vecchio Anubis era il dio della necropoli ed era rappresentato come un uomo con testa di sciacallo preposto ai riti funerari e alla mummificazione. Il suo compito era quello di accompagnare il defunto al cospetto del dio Osiris, padre di Anubis stesso. E’ bene ricordare che lo sciacallo, animale pericoloso del deserto, cercava prede nei cimiteri e nei luoghi dove i defunti venivano imbalsamati. Si narra che nell’800 un noto archeologo andò in Egitto alla ricerca del tesoro di Anubis: un anello con incastonata una pietra preziosa e magica. Durante il viaggio l’archeologo, di nome Abir, si fece accompagnare dal suo amico egittologo Rufus. Arrivati in Egitto si diressero nel tempio di Anubis e qui per giorni, setacciando ogni piccola parte, cercarono il famoso anello magico. Trovarono però un sarcofago dietro ad una grande statua del dio Anubis che riportava una scritta. L’esperto Rufus decifrò quei geroglifici . - “Che cosa c’è scritto?” chiese con insistenza Abir al suo fedele amico. -“C’è un codice di cinque lettere e una scritta enigmatica che dice: "Se Osiris ti ordina, tu non esitare, ma in altre circostanze tu non entrare”. “Non conosco la crittografia, ma questa frase a me risuona come una sorta di avvertimento” disse Rufus al suo collega. Tuttavia la curiosità del professor Abir era più forte, lentamente aprirono il sarcofago e lo stupore fu grande nel vedere il famoso anello magico incastonato al dito di uno scheletro mummificato. All’interno della tomba trovarono un libro magico per il defunto e vari amuleti tipici degli antichi Egizi. Quando Abir prese l’anello si sentì un forte boato, ma solo quando tentò di prendere il grosso scarabeo posto sul cuore della mummia fu risucchiato magicamente dalla mummia stessa. Finirono in un’altra dimensione, dove regnava il nulla. Lì i due studiosi videro davanti a loro una sagoma in lontananza che si avvicinava verso loro, diventando sempre più grande e più nitida. Capirono che era il dio Anubis che cercava di uccidere i due studiosi , colpevoli di aver cercato di profanare il famoso tesoro. “Chi ha osato cercare di rubare il mio tesoro?” gridò la divinità. “Siamo soltanto dei ricercatori che volevamo donare il tuo gioiello al museo di storia naturale di New York… non volevamo prendere il tuo tesoro per avidità! Perdonaci!”supplicarono i due ricercatori. “Voi avete osato rubare il mio tesoro… e ora la pagherete!” replicò Anubis, e nello stesso momento, come se fosse una magia, alzò le braccia in alto, tenendo in mano un bastone particolare; si scatenò una violentissima tempesta si sabbia: il vento era così forte che sembrava di trovarsi ai piedi di un ciclone e la sabbia batteva così forte sulla pelle che sembravano pietre. “Dobbiamo trovare un riparo! Altrimenti la tempesta ci ucciderà” disse Abir. “Possiamo ripararci dietro quel tumulo di sassi…”- propose Rufus. Così i due si protessero dalla tempesta dietro a un tumulo di pietre che si trovava a pochi passi da loro, ma raggiungerlo fu molto difficile, poiché bisognava camminare controvento, facendo sembrare il riparo lontano chilometri. Finalmente, dopo pochi minuti, i due raggiunsero il riparo, rimasero lì finché non si fosse calmata la tempesta. I due notarono che Anubis era scomparso tra la sabbia, senza lasciare nessuna traccia. Dopo quasi un ora la tempesta di sabbia si calmò. I due pensarono un piano per fuggire: “Come facciamo ora a uscire da qui?” si chiese Abir. “Secondo gli antichi egizi, Anubis veniva rappresentato con un bastone, lo scettro rituale, che ridonava la vita a chi moriva, infatti se hai notato, Anubis aveva in mano uno scettro, con cui ha scatenato la tempesta, da qui il suo secondo nome ‘Grande di magia’” disse Rufus. “Si hai ragione! Ma con questo cosa vorresti dire?” -“Secondo me, se gli togliamo quel bastone e lo distruggiamo, dovremmo spezzare la maledizione”. Così i due si misero a chiamare Anubis, per digli che avevano scampato la morte. Apparve così d’improvviso il dio, che era ancora più infuriato e disse:”Se i miei poteri non vi hanno sconfitto, io stesso con le mie mani vi ucciderò!”. I due sfruttarono l’occasione per toglierli dalla mano il bastone magico. Grazie ai fucili e alle pistole che avevano i due ricercatori, si avvicinarono il più possibile al dio e gli spararono alle gambe, facendolo cadere a terra. Immediatamente presero il bastone, scivolato dalle sue mani, e lo spezzarono, provocando la morte del dio. Subito i due scienziati si risvegliarono, trovandosi di nuovo nel tempio, accasciati a terra. I due capirono che le loro anime erano state catturate dal dio e che, una volta uccisi i due ricercatori, si sarebbe cibato dei loro cadaveri. Alla fine i due presero lo scarabeo e lo donarono al museo, fieri di aver compiuto una missione così pericolosa.