La legalità è come l`acqua
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La legalità è come l`acqua
“Per il mio popolo non tacerò” I giovani dell’Agraria si confrontano sulla legalità con la testimonianza di Don Aniello. Oggi, Giovedì 20 Febbraio, presso l’IIS Garibaldi di Macerata si è svolto un convegno sul tema della legalità a cui hanno partecipato il sacerdote guanelliano Don Aniello Manganiello e il tenente della guardia di finanza di Macerata Dottor Aurelio Bordo. Ad introdurre la discussione la dirigente della scuola Dott.ssa Maria Antonella Angerilli che ha sottolineato la qualità del percorso formativo che la scuola sta già realizzando, dall’inizio dell’anno scolastico, con una serie di incontri riguardanti la sensibilizzazione verso i temi quali le devianze giovanili e la legalità. Forte e toccante è stata la testimonianza di Don Aniello e dei suoi 16 anni vissuti a Scampia, raccontati nel suo libro “Gesù è più forte della Camorra”(Ed. Rizzoli) dove si è trovato a fronteggiare, oltre alle ingiurie e alle minacce della camorra, anche il silenzio da lui definito “assordante”, ricorrendo ad un bellissimo ossimoro n.d.r., dei compaesani che per paura tacevano. E’ opera del suo sacerdozio militante la realizzazione di alcune opere, tra cui una società sportiva finalizzata al recupero di giovani, come noi, che però hanno subito la piaga della criminalità locale sulla loro pelle. Parallelamente alla testimonianza diretta di Don Aniello è subentrato l’intervento del Dottor Bordo che ha parlato, in maniera più generica, di problematiche riguardanti la criminalità in Italia, in particolare ha focalizzato l’attenzione sull’evasione fiscale e sul mercato della droga. Chiudendo il suo intervento con lo slogan che ha ispirato l’anima dell’assemblea “La legalità è come l’acqua: per vivere bisogna berla ogni giorno”. (Matteo Nespolesi 3° E) Di seguito le riflessioni di alcuni studenti: “Oggi Don Aniello Manganiello insieme a un capitano della guardia di finanza ci ha parlato della mafia e della legalità. Don Aniello è stato 16 anni a Scampia e in questo lasso di tempo ha avuto la possibilità, con iniziale difficoltà, di realizzare un percorso di vita basato sulla conversione e l’onestà. Lui, come tutti gli abitanti di Scampia ha vissuto la camorra in prima persona, sulla sua stessa pelle. Ci ha raccontato come in 16 anni sia riuscito a costruire una realtà diversa per lui e per questo quartiere disagiato, come la costruzioni di campi da calcio e di strutture per i giovani. Ma Don Aniello si è scagliato anche contro chi ha dipinto questo quartiere come l’inferno, cioè Matteo Garrone col suo film Gomorra. Recentemente Scampia e soprattutto il rione di appartenenza di Don Aniello è stato protagonista di un film della rai : “l’oro di Scampia”, che parla della vera storia di Pino Maddaloni, judoka cresciuto nella piccola palestra del padre situata proprio a Scampia , che riuscì nella grande impresa di vincere l’oro olimpico a Sydney 2000. Passiamo adesso ai veri lati negativi del quartiere dove, come ci ha detto Don Aniello, esistono realtà fuori da ogni logica, con commercianti costretti a comprare i prodotti dei camorristi e a pagare il pizzo, dove ci sono le piazze di spaccio più grandi del sud Italia, posti in cui i minorenni sono i protagonisti di una realtà di degrado. Sappiamo che a Scampia abitano circa 140.000 persone distribuite in vari palazzi chiamati “le vele di Scampia”, grandi case popolari costruite negli anni ’70 di cui ne sono rimaste 5 che sono causa di un vasto inquinamento in quanto costruite con amianto. Proprio questi edifici sono luoghi di guerre tra clan che negli ultimi anni rispondono ai nomi degli Scissionisti e dei di Lauro che controllano i vari traffici della zona. il 20% degli abitanti di Scampia sono, secondo un’indagine, coinvolti nella criminalità organizzata. Non è raro sentire che la guerra tra questi 2 clan finiscano con delle vere e proprie stragi per una posta in palio molto alta. Don Aniello ha dovuto concludere la sua avventura a Scampia nel 2010 causa il suo trasferimento a Roma, ma non smette mai di pensare ai suoi ragazzi, tanto che ogni estate la trascorre a Serravalle in loro compagnia cercando di regalargli dei mesi felici e spensierati lontani da quell’inferno. Dopo aver pubblicato il suo libro “Gesù è più forte della camorra” ha rifiutato di perseguire alcun guadagno dalle vendite con le quali ha finanziato la sua associazione “Ultimi” la quale cerca di aiutare i giovani di Scampia a evitare la criminalità organizzata e per questo dalla Chiesa non ha più una retribuzione.” (Lorenzo Scagnetti - Daniele Andreozzi - Raffaele Persichini 3° E) Spesso i giovani, in particolar modo nell’ambito scolastico dove viene affrontato l’argomento, hanno a che fare con il concetto di criminalità organizzata. Un mondo, diremmo, lontano dalla nostra quotidianità: relegato nelle regioni del sud Italia che si muove sotto il sole della Campania e tra i limoni della Sicilia. Una realtà che a stento possiamo immaginare perché così diametralmente opposta alla nostra. Ed è proprio da quelle regioni, in particolare la Campania la cui fama ci raggiunge dapprima di vederla, che ci porta a noi Don Aniello Manganiello, un cittadino attivo prima che prete la cui testimonianza riporta una situazione ben diversa degli stereotipi di quartieri come Scampia e di altri scenari della malavita organizzata. Un uomo che ha vissuto a contatto con questa realtà e che ci ha riportato le cronache di un paese piegato, ma non spezzato dalla camorra contro la quale ha esercitato una strenua lotta e un’instancabile ed assidua campagna di sensibilizzazione rivolta, in special modo ai giovani, che cadono spesso nella morsa della criminalità organizzata. La sua vita a Scampia, un quartiere di Napoli affollatissimo e, purtroppo, tristemente noto all’Italia come uno dei quartieri “focolai” della camorra, si svolge in un arco di 16 anni, intensi e difficili, ma rivoluzionari grazie all’intensa opera di Don Aniello e la sua parrocchia che hanno reso possibile recuperare centinaia di giovani che altrimenti sarebbero stati perduti, “conquistati” dalla camorra. Non c’è nessun segreto dietro al suo “successo” se non una sincera voglia di cambiare e di mostrare un barlume di speranza in luoghi e in tempi tanto duri da vivere. Raccogliendo fondi tramite donazioni ed offerte, la parrocchia riesce a costruire diverse strutture sportive, finalizzate a distogliere i giovani dalla malavita che è spesso protagonista nella vita di questi ultimi già fin da giovanissimi. “L’impresa – continua Don Aniello – non fu affatto facile”. In quanto persino gli abitanti di Scampia tentarono più volte di dissuaderlo nel mettersi contro individui reputati troppo “pericolosi”. Si alludeva ovviamente ai camorristi che, a differenza dell’opinione comune, non vivono nascosti: sono facce viste, gente conosciuta, il vecchio seduto al bar o l’impresario della ditta vicino casa. Personalmente, non so se la criminalità organizzata abbia sempre agito in questo modo o se, negli anni abbia cambiato modo di agire: sta di fatto che, oggi come oggi, “vive” allo scoperto: tra gare di appalti e nella politica a partire da quella provinciale e a salire…sino ai piani alti. Don Aniello crede che non esistono luoghi o persone che non possono essere recuperate, strappate dall’intricata ragnatela della criminalità organizzata. Agendo nel giusto modo ogni camorrista, ogni giovane pusher di droga attratto dai facili guadagni che la camorra gli offre, possono essere salvati e reimmessi nella società. Lascia trasparire nei suoi discorsi che quartieri come Scampia non sono altro che quartieri “infetti” ma non “malati” e che quindi, se aiutati in tempo, possono essere “guariti”. La vera svolta che definirei vergognosamente triste avviene 4 anni fa. È incredibile come sia lo Stato ad aver fatto allontanare Don Aniello da Scampia e non le minacce di morte ricevute dai clan camorristi della zona. Come ci racconta Don Aniello, uno Stato che decide di inviare una scorta ad un prete che dovrebbe essere un simbolo, un esempio di rivolta personale contro il tacito assenso della popolazione contro i soprusi della criminalità organizzata, è un segno di quanto lo Stato stesso sia a suo modo succube dei ricatti della camorra. Ogni cittadino, dal nord al sud, non deve aver paura di sapere qualcosa di troppo, di aver visto qualcosa che non doveva esser visto e di dire ciò che è vero per paura delle ritorsioni. Il succo del discorso che viene riportato in ambito più concreto grazie alla testimonianza di Aurelio Bordo, Tenente della Guardia di Finanza di Macerata che passando la sua vita a scovare la Criminalità organizzata nell’ambito economico ci illustra che in fondo, quel mondo non è poi così lontano dalla nostra quotidianità: evasione, droga, e corruzione sono fattori che hanno in comune sia la nostra vita di tutti i giorni sia la criminalità organizzata. Se ci pensiamo bene, ci accorgiamo che c’è un solo tassello di distanza tra la nostra e la realtà di Scampia. Sono più i fattori che ci accomunano che quelli che ci differenziano: stesso paese, stesse persone, stesso Stato e stesso circolo di soldi. L’unica cosa che in definitiva distingue noi cittadini dai membri della criminalità organizzata è il senso di giustizia che dovrebbe essere insegnato a scuola, vissuto , ed insegnato alle nuove generazioni; facendo sì che queste ultime non tacciano di fronte ai soprusi, che non si pieghino di fronte alla camorra e che non seppelliscano la coscienza come i rifiuti della terra dei fuochi. E’ la legalità il vero metro di misura tra noi e loro. E come Don Aniello ci testimonia, non c’è nulla di più sfrontato e allo stesso tempo coraggioso nell’offrire la propria vita affinché questi principi rimangano forti e vividi nella mente dei nostri eredi. ( Milo Renzi 3°E)