Lectio Magistralis Sessant`anni tra passato, presente e futuro

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Lectio Magistralis Sessant`anni tra passato, presente e futuro
Lectio Magistralis
Sessant’anni tra passato, presente e futuro
Celebrare il sessantesimo anniversario della costituzione dei Collegi IPASVI è, nella
sua etimologia latina, frequentare un fatto ed un evento. E in questa frequenza –
personale,
professionale,
storica,
affettiva,
collettiva
meravigliosamente il passato, il presente e il futuro.
–
noi
confondiamo
Si, poiché ricordare, ovvero riportare al cuore, fonde a nuovo il nostro vivere, il
nostro essere infermieri, la nostra promessa di bene alla comunità del nostro Paese.
Di fronte ad un consesso così autorevole che non solo è stato protagoniste di questi
sessant’anni ma ne conosce le aspirazioni e le delusioni che la storia non ha ancor
saputo descrivere, evitiamo ogni racconto cronologico e fattuale provando invece a
formulare un percorso che fermi il tempo oggi come allora.
Anzitutto abbiamo un fatto. Il 29 ottobre 1954, con legge n.1049, il Parlamento
Italiano, istituiva i Collegi delle infermiere Professionali, delle assistenti sanitarie
visitatrici e delle vigilatrici d’infanzia, promuovendone la loro Federazione.
Dopo il periodo del ventennio fascista che aveva soppresso la libertà di associazione,
costituendo pseudo aggregazioni quali i Sindacati Fascisti specifici per ogni
professione,
l’anelito della liberazione dalla dittatura portò ad una immediata
rinascita, nel 1946 degli ordini delle professioni sanitarie dotandole poco dopo delle
regole di funzionamento (1950). Il paese, distrutto da due guerre cosi ravvicinate e
così devastanti, poteva rinascere anche grazie alle professioni e alla necessaria tutela
che le medesime dovevano assicurare alla nuova comunità repubblicana.
Giova in questa sede ricordare la finalità sostanziale di ordini e collegi. Attraverso
la loro costituzione, il Parlamento e quindi la comunità sociale, riconosceva la
complessità del loro sistema di conoscenze e la loro autonomia di giudizio nel criterio
di scelta per l’applicazione delle medesime conoscenze. Così, lo Stato, prendeva atto
che la tutela dei cittadini doveva essere affidata ai professionisti stessi certo che la
promessa
di servizio avrebbe guidato ogni scelta. La prima e più importante
finalità di un collegio e ordine professionale è la tutela del cittadino ed essa si
esprime favorendo, tutelando, rappresentando, costruendo e anche limitando l’azione
di singoli. Insomma la scienza e la coscienza, antico dualismo rappresentativo della
professione, chiamava i professionisti stessi ad autodeterminarsi per il bene comune.
Così trovava consistenza il concetto di professione intellettuale statuita nel Codice
Civile, nei quali diritti e doveri verrà ricompresa la professione infermieristica nel
1954.
La domanda interessante, dal punto di vista storico, attiene al perché.
Per quale motivo il Parlamento arrivò a legiferare l’istituzione di Collegi IPASVI
nel 1954 ? quali erano i fatti che ne avevano favorito la nascita in un momento così
difficile e di transizione per la nuova repubblica ? Com’è maturato il pensiero di
pochi ovvero il pensiero divergente, fino ad assurgere al pensiero dei più ovvero
pensiero convergente ?
Cominciamo con l’affermare che non vi è stato un solo motivo ma plurime
motivazioni e condizioni che hanno portato la comunità sociale ad una decisione che
oggi ricordiamo con soddisfazione e orgoglio. Proviamo, seppur sommariamente, a
tracciare i profili di alcuni.
Le donne
In primis, va ricordato il ruolo delle donne. L’aristocrazia e la nascente borghesia,
già a cavaliere tra ottocento e novecento, aveva dimostrato l’enorme capacità di
influire sulle politiche sociali e sullo sviluppo della nascente professione. I movimenti
di emancipazione femminile avevano visto nell’insegnante e nell’infermiera (seppur
accuratamente de-femminilizzate) la possibilità di costruire un ruolo sociale che
andasse oltre il tradizionale mondo domestico. Le donne del Consiglio Nazionale
Donne Italiane, le eroine organizzatrici dell’assistenza nelle due guerre, le prime
infermiere riunite nell’ANITI (1919) dapprima, e nell’ACISPAV dappoi (1946), le
donne di Croce Rossa, le prime direttrici di scuola per infermiere di stampo
nightingaliano, le religiose che agirono nello sprono di Leone XIII° con la rerum
Novarum e le Federazioni delle Congregazioni religiose, sono esempi fulgidi di un
impegno forte che ottenne risultati eccellenti.
Furono loro che riuscirono a far divenire la “questio” infermieristica” un caso
nazionale bisognoso di una commissione parlamentare. Si; una professione al
femminile che nella compagine delle professioni sanitarie forse venne stereotipata nel
ruolo ma nel suo interno seppe tenere a bada il maschile. Si pensi al caso
dell’infermiere generico in cui confluirono tutti i serventi maschi in servizio prima
della regolamentazione: essi ottennero la legge di esercizio nel 1927 e la legge di
formazione nel 1954, lo stesso giorno di istituzione dei Collegi. Un caso interessante
da studiare.
Di fronte a questa prestigiosa assemblea, mi soffermo sul ruolo delle donne , per
darne affermazione e riconoscenza. Molte delle donne che stiamo evocando saranno
patrone del primi Collegi IPASVI e ne diverranno Presidenti e anime.
La scienza
Una seconda concausa che aiuta a far luce sulla nascita dei Collegi IPASVI è lo
sviluppo delle conoscenze o meglio, col senno di poi, della scienza.
All’inizio degli anni cinquanta la conoscenza infermieristica era già sviluppata in
modo significativo ed eravamo nello stadio evolutivo, nella nota classificazione di
Meleis, della ricerca. Il sapere degli infermieri aveva già effettuato il passaggio
dalla doxa all’episteme.
Superato il sapere come tradizione e i primi manuali
compilativi di trasmissione del sapere esperienziale ci avviavamo alla giustificazione
della conoscenza. E’ in questi anni la prima editazione teorica e entro la fine degli
anni cinquanta sarà tradotta in italiano.
La scienza, nel novecento, si determina in un profondo rapporto tra teoria ed
esperienza. In un periodo così forte di istanze sociali, e nella necessità di costruzione
dei curricula formativi infermieristici, la teoria che i Collegi andranno a difendere è
profondamente definita dalla prassi. Una teoria e una scienza che manifesta
problemi epistemologici e di eterogeneità ma che si compone di complessità tale da
far rimanere, nel senno di poi, sbalorditi
La coscienza
Per coscienza, o ideale di servizio, intendiamo in questa sede l’anteposizione degli
interessi dell’assistito a quelli del professionista stesso. E’ un impegno morale, etico,
deontologico. In modo singolare, nella tradizione infermieristica dei primi decenni
del novecento la coscienza appare prima della scienza poiché il sistema di vivere degli
ospedali del tempo chiede anzitutto moralità e poi capacità.
La coscienza si traduce così nella responsabilità verso l’uomo e verso la comunità
sociale. Da qui, e solo da qui, nasce il vero status professionale. Una delle
motivazioni fondanti della nascita dei Collegi IPASVI sta nel rigore di coscienza
che le infermiere hanno dimostrato sul campo: nella moralizzazione degli ospedali –
soprattutto attraverso le infermiere abilitate alle funzioni direttive -, nella presa di
possesso delle scuole infermiere soprattutto dopo la norma transitoria decennale
della legge istitutiva del 1925, nello straordinario lavoro effettuato sul territorio
dalle Assistenti Sanitarie Visitatrici, nell’incrollabile sforzo di cura in tempi bellici.
L’impegno, la responsabilità, la chiarezza di obiettivi ha portato nel primo
cinquantennio la professione infermieristica ad uno status di eccellenza.
Insomma, per farla breve l’Istituzione dei Collegi IPASVI nel 1954, arriva quando
la comunità sociale prende atto, attraverso l’impegno soprattutto delle donne, che la
scienza e la coscienza infermieristica ( per gli standard del tempo, è pronta a
classificare gli infermieri come professione intellettuale.
Subito la professione ebbe chiaro come l’inserimento nel sistema ordinistico non fu
punto di approdo ma di partenza. In un’epoca storica nella quale il nostro Paese
non aveva ancora istituito il Ministero della Sanità i nuovi Collegi IPASVI, le cui
presidenti saranno prevalentemente assistenti sanitarie visitatrici, sono un elemento
fondamentale della costruzione reale della nuova Repubblica
I 60 anni
Avendo cercato di indagare brevemente le motivazioni che portarono alla nascita dei
Collegi IPASVI e della loro conseguente Federazione ora sarebbe necessario narrare
la cronologia di questi sessant’anni.Proprio se soffermiamo l’attenzione sulla
dimensione temporale un esempio mitologico greco ci viene in soccorso.
Per gli antichi grei il tempo aveva due definizioni: Kronos e Kairos.
Tra i miti preolimpici grechi troviamo Kronos, che è il padre di Zeus. Kronos ha 12
figli ( o in alcuni racconti mitologici 10) che ripetutamente divora. La moglie,
astuta come le donne già ricordate, trova il modo di fargli risparmiare Zeus facendo
divorare a Kronos una pietra.
Kronos è il tempo cronologico che mangia i suoi figli, che mangia le sue ore, e che
corre oggi sempre più velocemente a tal punto che il live motive nelle professioni, in
tutte le professioni e nel vivere umano, è che non abbiamo più tempo. Kronos vive di
due dimensioni sole: il qui e l’adesso, l’ hic et nunc .
Si, la cronologia vive nello spazio e nel tempo che divora.
I sessant’anni divorati da Kronos vanno quindi letti in questa prospettiva. Come in
ogni fenomeno ci sono luci ed ombre. Ci sono state titubanze eccessive nel nominare
il sapere professionale, confusioni metodologiche tra morale e deontologia,
arrendevolezza ai sistemi di potentato delle organizzazioni sanitarie. Ma nel
contempo, importanti luci hanno illuminato il cammino.
I Collegi e la Federazione in sessant’anni hanno saputo far fronte alla riforma
ospedaliera del 1968, alla fagocitante voracità delle organizzazioni sindacali degli
inizi anni settanta;
hanno saputo salvaguardare le scuole professionali
traghettandole nella normativa europea e promuovendo la formazione universitaria,
hanno apprezzato e sostenuto la riforma del sistema sanitario sul modello inglese,.
Dal punto di vista cronologico, gli ultimi vent’anni sono però stati rivoluzionari, nel
senso che hanno rivisto i paradigmi fondanti il pensiero e l’azione.
Per usare una espressione incisiva si sono create nuove e solide basi per lo sviluppo e
affrancamento di scienza e coscienza.
La statuizione del profilo, l’inserimento nelle professioni sanitarie, la formazione
universitaria, la considerazione della dirigenza, il nuovo ed ottimo codice
deontologico in vigore, sono esempi
non solo capaci di dare grande vitalità
professionale ma di lucidità e determinazione nei mezzi e nei fini.
In merito ai due capisaldi del concetto di professione, ovvero scienza e coscienza, il
compito fondante del sistema ordinistico sta nella creazione delle condizioni perché
l’una e l’altra – come colonne del tempio – possano essere salde e armoniche.
Ma la cronologia non basta. Kronos non basta.
Un'altra dimensione del tempo portata dagli antichi greci era definita come Kairòs.
Termine difficilissimo da tradurre in modo esaustivo, Kairòs è il tempo favorevole, il
tempo perfetto, il tempo in cui la cronologia si ferma e si costituisce in
un’immanenza assoluta. E’ un tempo salvifico in cui gli infermieri stabilmente
vivono. È il tempo del toccare, è il tempo dell’assistere, è il tempo della nostra
attività quotidiana. In questo senso è il tempo dell’eterno nel quale il gesto
assistenziale si pone al di fuori del tempo ed è momento in cui l’uomo percepisce, di
non essere il centro ma trova il proprio centro in quell’esperienza d’infinito che
chiamiamo relazione di cura e che, così, non si ripeterà più.
E tutto questo si celebra, anche in questo sessantesimo. Ci sono immanenze nella
rappresentazione della professione infermieristica nella società, seppur quest’ultima
cambia e cambierà sempre più velocemente.
Sono immanenze che chiamano e richiamano la nostra responsabilità.
Così, ponendoci fuori dall’hic et nunc, poniamo alcune ultime osservazioni che
fondono lo ieri, l’oggi, il domani.
Il testimone che abbiamo ricevuto, oltre ogni tempo e oltre ogni spazio, è la
responsabilità versus la scienza e la coscienza.
Qui vive l’immanenza, oltre il tempo.
E’ questa responsabilità che tutela il cittadino italiano ed è questa responsabilità
che da senso alla esistenza dei Collegi IPASVI oggi.
Il futuro di scienza e coscienza
La conoscenza infermieristica, racchiusa in universo disciplinare, è solida,
epistemologicamente valida, diversificata, ben supportata dalla ricerca e dalle prove
empiriche in clinica, organizzazione e formazione
Dopo il periodo delle teorie professionali ci andiamo muovendo verso le filosofie di
assistenza infermieristica arricchite dai sistemi di classificazione di linguaggio ed
azione.
Possiamo con sufficiente rigorosità scientifica affermare come l’assetto conoscitivo
infermieristico ed i suoi fondamenti epistemologici siano i più in linea con la
dimensione antropologica dell’uomo attuale nel nostro paese.
Questa affermazione, di certo peso, abbisogna di essere sostanziata.
I mutamenti epidemiologici, chiaramente espressi dai tassi di morbilità e mortalità,
unitamente agli scenari di proiezione demografica, aprono scenari nuovi.
L’invecchiamento della popolazione, di cui l’Italia è acme statistico, e l’allungamento
di vita delle malattie ad andamento cronico degenerativo propongono una sanità
che debba confrontarsi con esuberi empirici nuovi. Cronicità, non-autosufficienza,
fragilità, sono neologismi che la realtà va proponendo e verso i quali le professioni e i
sistemi sanitari debbono trovare risposte interpretative. Popper nell’ ipotizzare lo
sviluppo della conoscenza, identifica la necessità di far fronte, attraverso ricerca ed
organizzazione, alle novità che l’esperienza propone, delineandole col termine esubero
empirico. In verità la realtà che si va delineando e, in Italia, ricompresa nella
definizione troppo generica di socio-sanitario o territorio, chiede comprensione del
fenomeno per darne compiuta risposta interpretativa. E’ tempo di fare delle scelte e
abbandonare la visione ospedalocentrica tradizionale degli infermieri e muovere
verso questa nuova terra nata dalla separazione tra salute e sanità;
Il futuro dei sistemi sanitari si realizzerà prevalentemente al di fuori dei sistemi
ospedalieri. Non si tratta di contrapporre ospedale e territorio venendosi invece a
realizzare un continuum che prevede tra questi due estremi numerose strutture e
modelli assistenziali. Non è più tempo di contenitori strutturali. L’unico contenitore
è la persona e il suo approccio deve prevedere contenitori funzionali come ad esempio
centrati sul PDTA;
Lo scenario della centralità della persona presa in carico ha ormai in letteratura
diversi modelli organizzativi ( rete di patologie, assistenza domiciliare integrata,
complessità di cure, primary nursing, case manager, ecc.). Essi muovono verso un
duplice obiettivo: anzitutto definiscono con chiarezza che il protagonista del processo
di cura è la persona e il suo entourage modulando gli interventi nella consapevolezza
che sono le strutture che debbono muoversi attorno i problemi e non viceversa; in
secondo luogo essi definiscono, aggregando le migliori competenze, il comportamento
virtuoso di efficacia e efficienza per ogni problema (best practice). Abbiamo bisogno
di maggiori e precise sperimentazioni, a gestione infermieristica.
La soddisfazione del cliente è certamente uno scenario di cui tenere conto. Dopo
anni di dominanza delle professioni e delle organizzazioni sanitarie, oggi l’estrema
soggettivazione del concetto di salute pone alla ribalta la corretta unione tra qualità
reale e qualità percepita. La qualità reale deve essere garantita dalle professioni
attraverso una attività dettata da migliore evidenza scientifica disponibile allo stato
delle conoscenze. In tal senso le organizzazioni sanitarie hanno l’obbligo di garantire
ai professionisti la possibilità di esercizio secondo le migliori linee guida che la
scienza propone e ai Collegi IPASVI spetta promozione e vigilanza. La soddisfazione
della clientela, ovvero la qualità percepita, si sostanzia in massima parte entro tre
fattori: l’efficienza organizzativa di risposta alla necessità, la qualità di ospitalità
alberghiera, la qualità della relazione con la quale i professionisti sanitari esercitano
la loro pratica di evidenza scientifica. In un mondo che confonde bisogno e desiderio,
la qualità reale e la qualità percepita, debbono muoversi di pari passo poiché è
altamente rischioso che uno dei due elementi prevalga a favore dell’altro. Non
possono esistere sistemi sanitari con assoluta evidenza scientifica e senza attenzione
alle esigenze della persona presa in carico, ma non possono esistere nemmeno sistemi
capaci di grande attenzione commerciale al cliente senza garanzia di elevati
standard di scienza e coscienza.
La Tecnica e la Tecnologia sono, per i sistemi sanitari europei, una realtà
ineludibile. Pensare ad una sanità senza tecnologia è oggi un vero paradosso, Le
capacità di giudizio dei professionisti infermieri e la necessaria documentazione del
percorso terapeutico-assistenziale, abbisogna di tecnica e tecnologia. Va tuttavia
ricordato come la tecnologia semplicemente funziona e non apre alcun scenario di
salvezza. Essa risponde al come non interessandosi al cosa e al perché. L’aumento di
utilizzo di tecnica e tecnologia non deve far dimenticare come sia necessario
misurare tutto il misurabile nella certezza che esiste il non-misurabile.
Per quanto sinora detto si può ipotizzare un cambiamento di ruolo delle professioni
sanitarie entro i sistemi organizzativi della salute. La centralità di costruzione
organizzativa basata oggi sulla disciplina medica deve trovare un nuovo equilibrio
con le altre professioni sanitarie oggi più in linea – nei fondamenti epistemologici
disciplinari – con il mutamento del vivere dell’uomo. In tal senso l’Italia rimane uno
dei paesi più lenti nel procedere ad una riconsiderazione dei ruoli che in altri paesi
del Nord - Europa è ormai quasi compiuta.
La scienza infermieristica è la disciplina più in linea alla costruzione dell’homo
viator delle società post-occidentali e si configura come la vera compagna di viaggio
dell’uomo del XXI° secolo.
A noi spetta dare evidenza sociale a questa possibilità.
Alla scienza si unisce la coscienza.
Possiamo affermare che la stessa storica suddivisione tracciata sinora tra scienza e
coscienza non ha più ragione di esistere.
Per i fenomeni di cui ci occupiamo e per il vivere della nostra comunità sociale ogni
atto scientifico è atto deontologico. La scienza cede oggi più che mai coscienza, e il
Codice Deontologico ultimo ben manifesta la concretezza deontologica dell’agito.
Forse è una delle nostre più acute responsabilità odierne quella di riportare l’umano
all’interno della scienza.
“ Il problema che oggi sembra essere il più scottante, il più decisivo di tutti, la
domanda che ciascuno dovrebbe porre a se stesso ed anche agli altri … La domanda
circa la possibilità che l’uomo esista senza decadere in una condizione infraumana,
se l’uomo si consegna soltanto all’attività dalla quale deriva un guadagno
immediato e se la conoscenza dev’essere misurata e sottomessa al suo potere di
incrementare il progresso tecnico” scriveva Maria Zambrano.
Gli infermieri continuano ogni giorno a manifestare la loro assoluta fedeltà
all’umano e lo fanno nel quotidiano senza clamori e pregiudizi; sono coloro che
muoiono tanto nelle alluvioni quanto nell’epidemie, come la devastante epidemia
d’Ebola, a significare che prima dei propri interessi viene l’interesse dell’assistito
Si scrive in più parti che le professioni siano profondamente cambiate, come le
medesime non manifestino più i loro caratteri originari, che sia tempo di de-
normare ogni ambito di attività. Tutto ciò in parte è vero, tuttavia il fenomeno di
complessità che invade il nostro modo d’essere richiede più che mai oggi una
responsabilità che si fa governo, tutela, promozione. Questo è il vero senso del
celebrare sessant’anni di storia e prendere fiato per camminare verso il futuro.
Edoardo Manzoni
Roma, 26 ottobre 2014