La gallina dalle uova d`oro
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La gallina dalle uova d`oro
La gallina dalle uova d'oro - I Scritto da Franco Di Antonio ovvero: quando l’Alitalia comprava gli aerei (prima parte – la flotta dal 1960 ad oggi) Così si intitolava un ottimo articolo, pubblicato dal settimanale “Il Mondo” nei primi anni ’80, che descriveva lo scriteriato modo con cui si depredava la compagnia di bandiera, allora di Stato, ovvero IRI al 100%. Quella denuncia rimase del tutto inascoltata. Si usciva dall’epopea espansiva e di successo della compagnia, una compagnia condotta con serietà ed entusiasmo da una coppia di dirigenti di altissimo profilo: il conte Niccolò Carandini (Presidente) e l’Ing. Bruno Velani (AD). Velani in particolare fu un vero e proprio mito nazionale, già pilota militare ed ingegnere aeronautico era uno degli ultimi dirigenti di compagnia aerea ad essere un “addetto ai lavori” cioè un vero profondo conoscitore del sistema aeronautico. Nel 1960, con l'arrivo nella flotta Alitalia, prima in Europa, dei Douglas DC8-43 (lungo raggio) e dei Sud-Aviation Caravelle (medio raggio), l'aviazione commerciale italiana entrava nell’era del jet. La decisione di mantenere nella propria rete degli efficaci collegamenti interni su tratte di notevole lunghezza e con un’elevata densità di passeggeri, determinava il nuovo assetto della compagnia e di conseguenza della flotta. Nel 1963 venne quindi deciso di inserire un nuovo velivolo sulle linee internazionali a medio raggio. La prima valutazione fatta dalla direzione tecnica di Alitalia riguardò quattro velivoli: il Boeing 727-100, il BAC 1-11 Serie 200, il Trident 1C e il Douglas DC-9/10. Nessuno dei modelli presi in esame risultò rispondente ai requisiti previsti dalla compagnia italiana. Venne quindi intrapresa una seconda valutazione che prese in esame i progetti del 727-200 e del 737 della Boeing, la versione allungata del BAC 1-11, la Serie 500, il Trident nella nuova versione 1E e la nuova versione Serie 30 del DC-9 della Douglas Commercial. La scelta definitiva venne presa in favore dell’acquisto del velivolo della Douglas. Ma quella scelta non fu certo una decisione priva di contrasti. I vertici di Alitalia infatti divennero oggetto di pesanti pressioni politiche e interferenze mediatiche (anche allora) a causa dei rapporti molto stretti fra il governo di centro-sinistra italiano e quello laburista allora al potere in Gran Bretagna. L'offerta fatta dagli inglesi per la versione 500 del BAC 1-11 venne spalleggiata, senza esclusione di colpi, da molti politici italiani, soprattutto dell’area socialista, che contestavano la 1/3 La gallina dalle uova d'oro - I Scritto da Franco Di Antonio scelta a favore del velivolo americano e sottolineavano la possibilità di importanti compensazioni industriali offerte dall’industria aeronautica inglese. Alitalia venne pubblicamente accusata di non voler scegliere aeroplani e tecnologia europei, fatto storicamente contestabile perché la compagnia, quando era stato necessario, aveva acquistato prodotti dell’industria europea come l’inglese Vikers Viscount e il francese Sud-Aviation Caravelle. Alitalia contrastò con efficacia tutte le manovre politiche, portando come giustificazione della scelta il fatto che la versione 500 del BAC 1-11 era ancora un progetto tutt'altro che definitivo e che il velivolo inglese non aveva la piena rispondenza ai requisiti formulati dal vettore italiano. E’ significativo ricordare che anche l'industria aeronautica italiana non era molto entusiasta delle limitate commesse per la produzione di parti di velivoli militari promesse dagli inglesi e per la “compensazione industriale”, che di fatto si sarebbe risolta soltanto nella produzione su licenza dei soli velivoli acquistati dall’Italia. Un semplice comunicato stampa emesso il 15 dicembre 1965 annunciava che Alitalia aveva deciso di ordinare 28 velivoli DC-9 Serie 30 per un ammontara a oltre 85 miliardi di lire dell’epoca; lo stesso comunicato inoltre annunciava che erano stati firmati degli accordi di co-produzione fra la società Douglas di Long Beach e delle aziende manifatturiere del gruppo IRI. La conclusione della disputa fruttava all'Aerfer di Pomigliano D’Arco un accordo per la costruzione su licenza dei pannelli di fusoliera di tutti i DC-9 ordinati da allora in poi. Questo primo contratto per l'Aerfer riguardava la fornitura di 4421 pannelli strutturali per un totale di 221 fusoliere, con le prime consegne previste per l’agosto 1966. L' accordo originale si sviluppò in seguito con altre nuove commesse e venne quindi ereditato dall'Aeritalia, poi Alenia Aeronautica. La scelta del DC-9 si rivelò un affare decisamente pagante e prestigioso per l’industria aeronautica italiana. I protagonisti di questi anni (Velani e Carandini) erano legati per lo più al concetto secondo il quale le compagnie aeree si identificavano con le "macchine" cioè gli aeroplani che riuscivano a comprare e che ne erano la gloria. Nel 1966 Alitalia guadagna il 7° posto nella graduatoria del trasporto aereo internazionale, collegando 70 paesi e operando su ben 163 città e scali operativi. Nel 1967 entra in flotta sulle rotte di corto-medio raggio il DC9/30, mentre il grattacielo dell’Eur diventa la nuova sede della Compagnia. Nel 1968 è il terzo vettore europeo e sempre il settimo nel mondo. Fattura 140 miliardi di lire, ha 10mila dipendenti. Quelle dei DC9, insieme a quelle dei Boeing 747, il cui primo esemplare della flotta Alitalia atterrò a Fiumicino la mattina del 20 maggio 1970, furono le ultime commesse “tecniche”. Inizierà poi l’epoca degli ordini per scopi diversi da quelli della compagnia, ed il cambiamento dei dirigenti dell’azienda fu inevitabile vista l’efficacia con cui agivano “contro” il potere politico, 2/3 La gallina dalle uova d'oro - I Scritto da Franco Di Antonio e all’epopea espansiva con i dirigenti storici seguirà l’era istituzionale incentrata su personaggi legati per lo più alla politica ed ai suoi riti e vizi, brevemente Cesare Romiti e poi Umberto Nordio. Prima di entrare nel nuovo decennio Alitalia decide di rinnovare la sua immagine: nel 1969 saluta la gloriosa Freccia Alata, che l’aveva accompagnata negli anni del suo sviluppo, e da il benvenuto a un nuovissimo logo: una “A” tricolore, accompagnata da una lunga striscia verde disegnata sul fianco delle fusoliere, logo che ancora oggi rappresenta la nostra compagnia nel mondo e talmente valido da risultare tuttora insostituibile. Nei primi anni settanta siamo in una situazione di estremo successo, si edificano manufatti e strutture d’avanguardia, si acquistano terreni ed ovviamente aerei, ma la storia delle future acquisizioni degli aerei è decisamente emblematica di come sarà condotta l’azienda fino all’inevitabile fallimento. I decenni 70 e 80 sono per Alitalia gli anni del potenziamento della flotta. Nel 1973 arriva il trireattore Douglas DC10, che opera sulle rotte intercontinentali; dal 1976 è in linea un altro trireattore, il Boeing B-727 per il corto-medio raggio. L’ammodernamento della flotta prosegue, poi, nel 1980 con l’acquisto dell’Airbus A-300B, un aeromobile bimotore a grande capacità. Quattro anni dopo Alitalia decide di affidarsi anche ai nuovi bireattori della McDonnell Douglas MD80, per trasportare sul breve/medio raggio oltre 130 passeggeri in due classi. Gli anni 90 vedono altri importanti nuovi arrivi in flotta: i trireattori McDonnell Douglas MD11 affiancano i B747 sulle rotte intercontinentali mentre l’Airbus A321, “twin-jet” ad avanzata tecnologia, diventa in breve tempo l’aereo di punta per lo sviluppo del medio raggio. Arrivano, insieme a molte polemiche per l’iniziale affidamento del programma alla compagnia australiana Ansett, anche i Boeing 767 a lungo raggio e media capacità. Il 21 novembre 2002 il nuovissimo B777, la nuova “ammiraglia” Alitalia, decolla dalla pista dell’aeroporto di Fiumicino con destinazione New York. ( continua ) (23 ottobre 2009) 3/3