Tra proteste e carenza di organico I reclami della polizia

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Tra proteste e carenza di organico I reclami della polizia
Primo Piano
INFORMAZIONE DI PARMA
SABATO 14 FEBBRAIO 2009
L’INCONTRO
3
HA DETTO
“
Simone Aiolfi
nche qui dentro siamo
persone tutte uguali davanti a Dio.Viviamo,semplicemente, condizioni diverse».
Parole,queste del vescovo di
Parma,pronunciate con fermezza e semplicità pur in un
contesto a dir poco “particolare”,così come l’uditorio che
monsignor Enrico Solmi aveva di fronte.Ieri,infatti,il capo
della diocesi di Parma è stato
protagonista di un incontro
all’interno del carcere di via
Burla,nell’ambito di una giornata di studio che ha coinvolto anche l’agenzia comunale
per la Famiglia,rappresentata da Cecilia Greci.Tema: la
vita e il suicidio.Argomenti
quanto mai delicati,soprattutto se discussi «in giorni come
questi - ha ricordato il direttore della casa circondariale
Silvio Di Gregorio - quando
le cronache hanno portato
tutti noi a interrogarci sul senso della vita.Il carcere vive le
stesse dinamiche della comunità esterna,anche se è naturale che qui l’isolamento
dal mondo e,in molti casi,dalla famiglia,finiscano per rappresentare una pena doppia».
Il vescovo è partito da qui
per quella che, a tutti gli effetti,è stata una lectio magistralis sul tema della dignità
della vita e sulle azioni necessarie per prevenire le pulsioni suicide. Lezione seguita
con attenzione da una trentina di detenuti che, per l’occasione,hanno riempito la sala teatro del carcere senza
perdersi nemmeno un minuto del discorso di monsignor
Solmi.«Prendersi cura di chi
ci sta intorno e,quindi,cercare anche di cogliere i segnali
di sofferenza che le altre persone a volte ci inviano».Questa, secondo il vescovo, la
principale azione preventiva
da mettere in atto per evitare
che si creino le condizioni favorevoli «a quel genere di disperazione da cui l’unica via
d’uscita sembra la morte».
Tanto più in un ambiente come quello di una casa circondariale,dove «chi è detenuto
va incontro a molte situazioni
“a rischio”; le prime 24 ore
dopo l’arresto,ad esempio,o
certe notizie che a volte arrivano da fuori come quelle riguardanti la rottura di una famiglia». Il passo più urgente
da compiere è,quindi,quello
di «passare dai tanti, troppi
“voi”con cui i detenuti vengono apostrofati al “noi”di una
comunità in cui ognuno si riconosce.Ma per operare questo passaggio è necessario
prima rispondere ad una domanda:possiamo pensare al
carcere come ad una realtà
in cui siamo disposti a prenderci addosso le difficoltà
degli altri»? Ed è qui che entra in gioco il ruolo «di quanti operano all’interno di strutture come questa:dagli agenti agli educatori,tutti contribuiscono a quel “prendersi
cura”senza il quale i momen-
Possiamo pensare
al carcere come ad
una realtà in cui
siamo disposti a
prenderci addosso
le difficoltà degli
altri?
La vicenda di
Caino ci insegna
che per Dio la
nostra vita e la
dignità che la
caratterizza sono
molto più
importanti degli
sbagli che
commettiamo. La
Bibbia, del resto, è
il più grande
progetto di
recupero che sia
mai esistito; Dio,
infatti, dopo averci
creati ci redime dai
nostri errori
«A
“
La visita Monsignor Solmi
nel carcere di via Burla con
Cecilia Greci
Giornata di studio e riflessione con il capo della diocesi sui temi della vita e del suicidio
«Voi non siete soli dietro a queste mura»
Il vescovo Enrico Solmi in visita al carcere
ti difficili possono diventare
insuperabili».
Molti, nel discorso del vescovo,i riferimenti biblici relativi al valore ed alla dignità
della vita umana anche quando si attraversano situazioni
drammatiche e apparentemente senza uscita.«La vicenda di Caino, ad esempio, ci
insegna che per Dio la nostra
vita e la dignità che la caratterizza sono molto più importanti degli sbagli che commettiamo.La Bibbia,del resto,è il
più grande progetto di recupero che sia mai esistito;Dio,
infatti,dopo averci creati ci redime dai nostri errori».
In ultima analisi,«è necessa-
rio favorire in tutti i modi la
nostra libertà:quella interiore, capace di toglierci tutti i
condizionamenti e che ci fa
capire che non siamo soli
nemmeno dentro a queste
mura. Per i cristiani, del resto,il momento più alto consiste nel credere ad un “condannato”sulla croce.Un con-
dannato talmente libero da
perdonare e donare se stesso
per salvare l’umanità».
Monsignor Solmi, rispondendo ad una richiesta del
direttore del carcere,ha infine
garantito che entro Pasqua
renderà disponibile in forma
scritta il discorso che ha tenuto ieri, affinché diventi una
sorta di manuale operativo.
«Anche chi sta fuori da qui - ha
concluso - deve vedere via
Burla con gli occhi di chi ama,
ed esprimerlo a chi è detenuto. Perché la giustizia, senza
amore,diventa ingiusta ed impietosa.E io so che la possibilità di voler bene agli altri esiste.Anche qui».
Nella norma il numero di detenuti. Ma mancano quasi 200 agenti
«E’
un momento difficile
dal punto di vista delle
risorse. Ma cercheremo comunque di mandare a Parma
qualche operatore sociale in
più in tempi brevi».E’quanto
ha dichiarato ieri Nello Cesari,
provveditore delle carceri dell’Emilia,in occasione della visita del vescovo di Parma Enrico Solmi nella casa circondariale di via Burla.
Una buona notizia attesa da
tempo in una struttura penitanziaria che,come tutte le altre presenti sul territorio nazionale,registra da tempo parecchi problemi in termini di
numeri.A questo proposito,
la prima cosa da chiarire è che
il numero di detenuti attualmente ospitati nel carcere di
via Burla resta comunque al di
sotto della capienza massima
Tra proteste e carenza di organico
I reclami della polizia penitenziaria
prevista per la struttura. Lo
scarto è di meno di quaranta
unità (circa 425 su un massimo di 460),ma in confronto
ad altri penitenziari la situazione è comunque ampiamente
sotto controllo.Lo stesso non
si può dire,però,per quanto riguarda il numero di agenti di
polizia penitenziaria in servizio all’interno della casa circondariale.In questo caso,infatti,in base ai dati del Sappe,
prima sigla sindacale di categoria, mancano all’appello
ben 180 effettivi.Il che si traduce inevitabilmente in una
serie di difficoltà croniche e
crescenti per quanto riguarda
i turni di lavoro,che i responsabili dei sindacati hanno definito a più riprese massacranti,
a fronte di compensi e straordinari ridotti ai minimi termini.E la presenza di più di un
detenuto soggetto al 41 bis (il
cosiddetto carcere duro comminato ai condannati per reati di mafia),o di carcerati“particolari”che necessitano di
una sorveglianza più rigida
(da ultimo Olindo Romano)
non aiutano certo a rasserenare il clima.
Per tutti questi motivi,infatti,è in corso da tempo un duro braccio di ferro con la direzione del carcere, che in
tempi brevi rischia di sfociare in una serie di iniziative di
protesta da parte degli agenti. (s. a.)