Alfred Hitchcock Vertigo (1958)

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Alfred Hitchcock Vertigo (1958)
Alfred Hitchcock
Hitchcock era considerato dalla critica come un regista commerciale, perché faceva film di
genere e di successo e lavorava per l’industria hollywoodiana. Sarà la battaglia svolta da quei
critici che poi diventeranno i registi della Nouvelle Vague (Truffaut, ecc.) a riabilitare il
cinema di Hitchcock. Questa battaglia farà leva sul concetto di AUTORE e sulla POLITICA
DEGLI AUTORI.
La figura del REGISTA-AUTORE. Assegnando al regista la responsabilità creativa del testo
(quindi il regista è la figura più importante), tutte le altre componenti del team finiscono in
secondo piano. Ma non tutti i registi possono essere definiti autori e quelli che non lo sono
non lo saranno mai.
Significa che se un regista non viene considerato autore da una rivista e, ad un certo punto
della sua carriera, realizza un film di successo, non viene riconosciuto come vero autore!
Attraverso questo strumento critico, il Cahier du Cinema (rivista fondata da Bazin),
riescono a rivalutare la posizione della critica degli anziani fondatori del giornale, affermando
che Hitchcock è UN AUTORE, perché gira film PERSONALI.
Un film come Vertigo è un film molto personale.
«Un’instancabile ricerca della donna ideale da venerare, il perfetto complemento per il ciccione
frustrato che si è sempre considerato». (Donald Spoto, Il lato oscuro del genio cit., p. 24.).
«Siccome era inconcepibile per un uomo inglese ammettere che una donna potesse avere un lavoro
più importante del suo, Hitch aspettò di avere una posizione superiore per parlarmi» (La dichiarazione
è riportata in Dan Auiler, Vertigo. The Making of a Hitchcock classic, St. Martin’s Press, New York 1998,
p. 4 [nostra traduzione]).
Il malessere di Hitchcock si aggrava sempre più con Uccelli, film nel quale la donna appare
con svariate cicatrici sul viso. Ha trasfigurato, attraverso l’arte, delle vicende personali.
Questo dipendeva dallo stato di innamorato non corrisposto. Hitchcock fa l’amore con le
proprie attrici attraverso la macchina da presa. Trasforma una donna in modo da farle
assumere un altra identità era perché su tali binari si giocava il rapporto tra Hitchcock e le
sue attrici. Poteva trasformare un’attrice in una diva, perciò era difficile dirgli di no. Attuava
un controllo ossessivo della loro vita privata, che culminava poi con esplicite avance sessuali.
Tutti gli sforzi di Scott (protagonista di Vertigo) erano portati a plasmare il tipo ideale di
Hitchcock.
Vertigo (1958)
Judy dice: Se mi faccio cambiare, mi amerai?
Il senso di vertigine è messo in campo fin dall’inizio. Scottie sembra essere il personaggio
sano in grado di curare la Madeleine dissociata, ma poi si scoprirà che il vero malato è lui.
Finirà poi in una casa di cura. Uscito dalla clinica Scott vaga per la città inseguendo fantasmi,
fino a quando non rincontra la ragazza, che però adesso si chiama Judy. Madeleine recitava un
ruolo ed ha esibito il proprio corpo in cambio di denaro. Scott si trova in un qualche modo
coinvolto in quel contesto. La donna che governa le sue fantasticherie è la donna
rappresentata da Judy. Invece di smascherare il sogno cerca di rimodellare la realtà (come
Hitchcock con le sue attrici) per farla somigliare al proprio sogno, in modo ossessivo
interviene sulla figura di Judy e la rimodella in modo che aderisca alla donna dei suoi sogni.
La fascinazione sta all’origine della sua malattia. La vertigine è rappresentata in maniera
soggettiva con il carrello indietro e lo zoom in avanti—un duplice movimento
contrastante. Ci rimanda al duplice movimento che Hitchcock vive nel suo rapportarsi alle
donne. Aveva trovato il modo per operare un movimento in contraddizione con sé stesso, in
modo da creare quell’effetto di vertigine che va ricondotto alle pene d’amore del personaggio.
L’attrazione segue senza continuità la repulsione. L’immobilismo quindi di un atto
incompiuto. È come se Scottie stesse spogliando la donna, invece che vestirla. Tutti gli sforzi di
James Stewart (Scottie) per ricreare la donna, cinematograficamente, sono mostrati come se
cercasse di spogliarla.
Tutte le scene con Judy/Madeleine sono girate con dei colori verdi. Madeleine è avvolta in
una sorta di figura fantasmatica creata con un filtro verde. Nella scena del bacio, oltre allo
zoom c’è anche la videocamera che ruota intorno ai personaggi che a loro volta sono su una
pedana e ruotano nel senso opposto.
A differenza del cinema di Rossellini, questo cinema è fortemente complesso
Il film è tratto da un romanzo giallo, ma la grande differenza fra il romanzo e il film è che
inizia con un flashback di Judy, che svela tutte le carte della trama. Ciò che il romanzo giallo
non dovrebbe fare. Il film fu uno dei pochi insuccessi di Hitchcock e la colpa fu data dalla casa
di produzione al flashback. È come se il vero film iniziasse da qui. Il film è trasformato in un
melodramma. Il mistero viene svelato. Lo spettatore sa tutto, resta legato al film, non più
perché incuriosito dalla detective story, ma per le vicende amorose in sospeso. Non si
identifica più in Scottie detective, ma in quello innamorato. Il rapporto tra Scottie e Judy
diviene estremamente patetico. Scottie vuole la donna dei suoi sogni e non quella reale,
«innamorato non di una donna, ma dell’idea di una donna» (Eric Rohmer, Il gusto della
bellezza cit., p. 267).
Sono la stessa persona, ma non perde l’occasione che c’è per rimarcare tutta la differenza tra
Madeleine e Judy. Anche il riferimento a Jack lo Squartatore rende più vicina Judy ad una
prostituta.
Nel tragico finale, Scottie potrebbe perdonare Judy. Ma a Scottie Judy non interessa, gli
interessa solo il suo ideale di donna. Egli segue il corpo di Judy che precipita. A questo punto
gli rimane la donna vista come figura materna dell’inizio. Nel finale alternativo il regista dà
rappresentazione di ciò che aveva immaginato. Midge è una figura materna, che fa compagnia
a Scottie, mentre ripensa alla morte di Judy con malinconia.