poligami - Infoteca

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poligami - Infoteca
inchiesta
Enrico Casale
«L
o rifarei? No, non credo. Forse la poligamia ha
un senso in una società
rurale, come quella africana, dove all’aspetto affettivo si aggiunge
quello economico: più mogli e più
figli sono anche braccia utili alla
coltivazione nei campi. Nella società
postmoderna italiana avere due o più
mogli non ha alcun senso». Edoardo
M., italiano, una vita avventurosa
trascorsa in Africa e oggi di nuovo residente in Italia, è un bigamo
pentito. Pentito non tanto degli affetti che ha costruito con le sue due
mogli africane, ma di una struttura
familiare complessa, proveniente da
mondi estranei alla nostra cultura.
FENOMENO SFUGGENTE
Se fino a una trentina di anni fa la
poligamia era un fenomeno ridotto
a qualche caso isolato, oggi, con la
crescita della presenza di immigrati
nel nostro Paese, sta assumendo una
certa rilevanza. E casi come quello
di Edoardo non sono più unici, frutto di vicende personali particolari,
ma una presenza effettiva, anche se
spesso nascosta. Il codice penale italiano infatti punisce chi si sposa più
volte. È per questo motivo che chi
contrae matrimoni multipli
«Il Centro Averroè
all’estero non
ha calcolato
ne fa menche nel nostro
zione quando
Paese sarebbero
arriva in Itapresenti
lia. Così come
14.500 famiglie
poligamiche stabili. chi nel nostro
Paese si sposa
A queste bisogna
due volte, lo
aggiungere
fa utilizzando
i matrimoni
esca motage
a tempo»
che sfruttano i
varchi lasciati aperti dalla legge (cfr
p. 33). Per questo motivo non esistono statistiche ufficiali sulle famiglie
poligamiche in Italia, ma solo stime.
«Il Centro Averroè - spiega Souad
Sbai, origini marocchine, giornali30 Popoli gennaio 2013
Poligami
d’Italia
Quasi sconosciuta fino a una trentina di anni fa,
la poligamia si sta diffondendo nel nostro Paese
sull’onda dei flussi migratori. È un fenomeno
illegale e perciò sommerso, caratterizzato da un
corollario di violenze sulle donne e diritti negati
sta, deputata del Pdl al Parlamento
italiano - ha calcolato che nel nostro
Paese sono presenti almeno 14.500
famiglie poligamiche stabili. A queste bisogna aggiungere i matrimoni
a tempo (orfi). È un istituto previsto
dalla legge islamica: un’unione suggellata da un patto segreto tra marito
e moglie, alla presenza del notaio e
di due testimoni. I mariti arabi sposati in Italia tornano al loro Paese di
origine per contrarre matrimoni a
tempo con donne locali. La seconda
moglie spesso non sa che il marito
è già sposato. Non solo, ma non ha
alcun diritto perché il marito può
strappare in qualsiasi momento il
certificato di matrimonio. Oltre alla
negazione, di fatto, dei diritti della
donna, anche gli eventuali figli non
godono di alcuna garanzia».
Ma c’è chi contesta queste statistiche.
«Le cifre che circolano sui giornali
e in internet non sono fondate - af-
identità - differenza
Kuala Lumpur (Malaysia), Mohammed
Ikramullah Ashaari a passeggio con tre
delle sue mogli e undici dei suoi figli.
AFFETTI E RISORSE
«Con le mie due mogli non ho mai
avuto problemi - osserva Edoardo -.
Sono entrambe africane ed entrambe
provengono da famiglie di cultura
animista. La prima è sudafricana e
l’ho sposata nel 1976 a Dakar (Senegal) con un rito civile. Abbiamo
cercato di avere figli, ma invano.
Proprio lei mi ha invitato a prendere
una seconda moglie per diventare
padre. Così mi sono sposato la seconda volta nel 1981 con una donna
senegalese dalla quale ho avuto tre
figli». Edoardo vive in Africa per
26 anni. A metà degli anni Novanta
torna in Italia e la poligamia diventa
un problema. Le mogli chiedono di
avere due abitazioni separate. Lui si
indebita per acquistare una cascina
formata da due edifici divisi da un
cortile. «Ai problemi logistici - ricorda - si sono aggiunti quelli burocratici. La prima moglie ha ottenuto la
cittadinanza in quanto mia consorte
ufficiale. Lo stesso è capitato ai miei
figli. La seconda moglie invece è
dovuta entrare in Italia con un visto
turistico e poi, per anni, ha dovuto
rinnovare il permesso di soggiorno».
Edoardo dà una lettura critica della
poligamia: «Un uomo che ha due
mogli deve sottostare a regole precise. L’uomo deve dividersi equamente
tra le diverse mogli. Non è solo una
questione di “ripartizione di affetti”,
ma anche di “ripartizione di risorse”.
Il marito deve garantire alle mogli
lo stesso tenore di vita. In breve, la
vita per un marito diventa impossibile perché gestire due mogli non è
cune comunità straniere praticano la semplice anche se le mogli, come le
poligamia e non sono le comunità più mie, vanno d’accordo. Figuriamoci
numerose in Italia. La poligamia ri- quando litigano».
guarda un numero limitato di coppie A quella di Edoardo si affiancano
esperienze caratterizall’interno delle quali la
zate da violenze psicopresenza di più mogli «Se fossero
logiche e fisiche sulle
non crea alcun problema vere le cifre
donne. «Nelle famiglie
perché è normale nella che circolano
poligamiche - sottolinea
cultura di appartenenza - ribatte il
Sbai - la maggior paro perché accettata dalle sociologo Allievi
te delle donne subisce
donne italiane che spo- - vorrebbe dire
abusi. I mariti picchiano
sano uno straniero».
che in Italia ci
ferma Stefano Allievi, professore di
Sociologia all’Università di Padova -.
Se davvero le famiglie poligamiche
fossero 14.500 ciò significherebbe
che in Italia il 15% delle coppie con
entrambi i coniugi stranieri e il 6%
di quelle con almeno un coniuge
straniero sono poligame. E questo
non è possibile. Anzitutto perché
vorrebbe dire che in Italia, in proporzione, ci sono più famiglie poligamiche che in Marocco o in Algeria,
Paesi di tradizione musulmana nei
quali la percentuale si ferma però al
3%. In secondo luogo, perché solo al-
sono più famiglie
poligamiche
che in Marocco
e in Algeria»
le mogli che non vogliono accettare
la nuova sposa o, dopo qualche anno, abbandonano la seconda moglie
e la donna si ritrova senza alimenti
né garanzie perché non può chiedere
il divorzio, dato che il suo matrimonio non ha effetti civili».
FORZATE ALLA BIGAMIA
Alcuni mariti sposano una seconda donna all’insaputa della prima.
È il caso di Luisa B., italiana. Nel
corso di una vacanza in Egitto ha
conosciuto un uomo egiziano e si è
innamorata di lui. Dopo due anni di
fidanzamento a distanza, i due decidono di sposarsi civilmente presso
l’ambasciata italiana al Cairo, poi
nella sede del ministero degli Esteri
egiziano. Un atto quindi legale in
Italia e in Egitto. «Il matrimo«I mariti spesso
nio - ricorda - è
picchiano le mogli
durato cinque
che non accettano
anni. I primi
la nuova sposa
tre sono andati
o abbandonano
abbastan­za bela seconda.
ne. Gli ultimi
La donna si
due sono staritrova così senza
ti un inferno.
garanzie perché
Ho notato che
non può chiedere
lui, una volil divorzio»
ta in Italia, ha
subito una sorta di “regressione”.
Inizialmente frequentava la Grande
moschea di Roma. Poi ha iniziato a
recarsi in altri centri di preghiera in
periferia. Qui ha fatto gruppo con
alcuni connazionali estremisti. Ogni
volta che tornava a casa era sempre
più sprezzante nei miei confronti.
Diceva: “Se non ti converti all’islam,
Allah mi manderà all’inferno”».
In Italia, il marito ottiene un permesso di soggiorno per ricongiungimento famigliare e poi fa domanda
per ottenere la cittadinanza italiana.
Dopo cinque anni, torna in Egitto.
Arrivato nel suo Paese sposa una
ragazza egiziana che rimane incinta. Decide così di portarla in Italia.
Poco tempo prima che il permesso
di soggiorno scada, si rivolge a Luisa
gennaio 2013 Popoli 31
inchiesta
PAESI ISLAMICI
Per il Corano è lecita, per la legge non sempre
I
l diritto musulmano prevede che la poligamia sia lecita e ammissibile fino al limite di
quattro mogli. Secondo ricostruzioni storiche, nell’Arabia prima di Maometto la poligamia era praticata senza limitazioni. L’islam è intervenuto prescrivendo un limite quantitativo di quattro mogli e l’obbligo di pari trattamento delle mogli. L’islam avrebbe quindi
ristretto e regolato un tipo di organizzazione familiare che esisteva precedentemente.
Ma cosa si intende per «pari trattamento»? Il diritto islamico prevede che ogni moglie abbia spazi propri uguali a quelli dell’altra o delle altre mogli, il marito riservi
lo stesso tempo a ognuna di esse e il trattamento economico deve essere pari
per tutte le consorti. Nell’interpretazione contemporanea, alcuni teologi musulmani
hanno collegato il versetto tradizionale, che imponeva la giustizia tra le consorti, a
quello che sosteneva che, anche volendolo, gli uomini non possono essere «giusti»
con tutte le mogli cioè non possono amare tutte le mogli con lo stesso amore. Ciò
corrisponderebbe a una sorta di bocciatura della poligamia.
In effetti non tutti i Paesi a maggioranza islamica ammettono la poligamia. In Turchia,
per esempio, già nel 1923 è stato abolito il vecchio codice civile ottomano, molto
influenzato dal diritto musulmano, ed è stato sostituito da un codice ispirato alle
legislazioni europee. Questo nuovo codice ha recepito il modello di famiglia monogamica. Lo stesso è avvenuto in Tunisia nel 1956. Qui Habib Bourguiba, leader della
lotta per l’indipendenza e fondatore della Tunisia moderna, ha introdotto la monogamia sostenendo che questo modello familiare monogamico portava a termine la
rivoluzione che era stata avviata dall’islam. La rivelazione islamica era infatti diretta a
un popolo che non era ancora in grado di passare da un regime di poligamia illimitata
alla monogamia. Ed è per questo che il diritto islamico aveva indicato una strada
vincolando la poligamia preislamica, ma il punto finale era in realtà la monogamia.
Marocco e Algeria pur non abolendo la poligamia hanno introdotto disposizioni che
tendono a limitarla. In Marocco, per esempio, il codice di famiglia prevede che il
marito debba chiedere alla moglie l’autorizzazione per poter contrarre un altro matrimonio e debba farlo di fronte a un notaio.
La poligamia è invece ancora ampiamente praticata in Egitto e nei Paesi del Golfo,
dove la sharia è ancora la fonte principale del diritto.
Nantes (Francia), un immigrato
musulmano con le sue due mogli.
32 Popoli gennaio 2013
chiedendole aiuto per concludere la
pratica per la cittadinanza. «Siccome
ero ancora innamorata e ignara del
fatto che si fosse sposato, ho deciso
di dargli una mano - ricorda -. Sono
andata all’Ufficio cittadinanza dove
gli è stata rilasciata la Carta di soggiorno. Dopo un po’ di giorni mi ha
detto dell’altra moglie e della figlia.
Nell’annunciarmelo mi ha insultato
e mi ha picchiato, dicendomi che, in
quanto musulmano, voleva sposarsi
quattro volte». Di fronte a questa situazione, Luisa denuncia l’uomo per
bigamia. A dicembre è iniziato un
processo per revocare la cittadinanza all’ex marito perché, in quanto
bigamo, avrebbe violato i valori della
nostra Carta costituzionale.
IN FUGA DAL MARITO
Anche la storia di Najet è esemplare.
Lei, marocchina, sposa un egiziano e
con lui ha quattro figli. Ma al marito
non basta una sola moglie così torna
in Egitto e si risposa. A malincuore, lei accetta il nuovo matrimonio.
Quando però il consorte fa venire in
Italia la seconda moglie, Najet non
vuole convivere con un’altra donna
e denuncia il marito. Lui scappa in
Egitto insieme alla seconda moglie,
ai due figli di questa e ai due figli
più piccoli di Najet. Nonostante le
denunce (per bigamia e violenze), gli
esposti alla magistratura, gli appelli
all’ambasciata egiziana, Najet non
riesce a farsi affidare i figli. Dopo
sei anni di sofferenze, organizza un
colpo di mano. Va in Egitto li prende
davanti alla scuola e fugge in Libia
da dove poi si trasferisce in Marocco.
«Ho raccolto le testimonianze di donne costrette a vivere con le altre
mogli, il marito e i figli in 45 mq racconta Sbai -. E le mogli dormivano una sera in salotto e l’altra nella
stanza da letto insieme al marito.
Per molte donne sentire il marito a
letto con l’altra moglie è causa di
gravi sofferenze psicologiche. Perché non denunciano alla polizia o
alla magistratura questa situazio-
ne? Queste donne hanno un livello
basso di istruzione e non parlano
italiano. Non conoscono i loro diritti
e credono che quella condizione sia
un qualcosa di ineluttabile». Spesso
poi vengono picchiate. «Ciò che più
colpisce è l’assenza delle istituzioni conclude Souad Sbai -. In Parlamento non esistono progetti di legge per
limitare il fenomeno. Ho presentato
numerose interpellanze per chiedere
un intervento governativo, ma non
ho ricevuto risposte».
Ma lavorare sul fronte legislativo è
sufficiente? «La poligamia è inaccettabile e la legge giustamente la
punisce - spiega Khaled Chaouki,
responsabile “Nuovi italiani” del Pd
-. Però, più che sotto il profilo legislativo, credo si debba intervenire sul
fronte culturale e sociale. È indispensabile un lavoro di sensibilizzazione
sui temi dei diritti della donna e
della parità dei sessi. Un lavoro che
va fatto insieme alla società civile
e alle comunità islamiche. Qualche
risultato è già stato raggiunto. Per
esempio, alcune associazioni e comunità islamiche (a partire dalla Grande
moschea di Roma), prima di celebrare
un matrimonio religioso, chiedono
alla coppia di sposarsi civilmente. In
questo modo prevengono la poligamia e, allo stesso tempo, non giustificano dal punto di vista religioso una
pratica che è illegale».
In Europa la famiglia
è monogamica, però...
P
erché le legislazioni europee
proibiscono la poligamia?
In Europa - spiega Roberta Aluffi,
docente di Diritto privato comparato
all’Università degli Studi di Torino -,
la scelta, da parte degli ordinamenti,
del modello di famiglia monogamica
è antica e affonda le radici nella tradizione giudeo-cristiana. Il diritto di
famiglia ha fatto proprio il modello
della coppia monogamica affermato
nei codici canonici. La nascita degli
Stati laici non ha modificato questa
impostazione. Tanto è vero che anche
i matrimoni civili sono sempre stati
pensati come unioni monogamiche.
Come si comportano i Paesi europei
di fronte a matrimoni poligamici
contratti fuori dal territorio europeo?
Garantire i diritti fondamentali alle
mogli che hanno contratto un matrimonio poligamico in un Paese in cui
è permesso è un problema. È possibile fare entrare nell’asse ereditario
tutte le mogli? Se il marito muore in
un incidente, le mogli hanno lo stesso diritto di ottenere il risarcimento
dei danni? Finora i giudici europei
IL CODICE PENALE ITALIANO
La poligamia è reato
N
el nostro Paese la legislazione vieta la poligamia. L’articolo n. 556
del codice penale italiano è molto chiaro e recita: «Chiunque, essendo
legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pure avente
effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena
soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili. La pena è aumentata se il colpevole ha
indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla libertà
dello stato proprio o di lei».
Il nostro ordinamento quindi punisce chi contrae più matrimoni aventi effetti
civili riconosciuti dalla legge italiana. Secondo la norma, il reato si estingue
solo se il precedente matrimonio è dichiarato nullo. Non è invece causa di
estinzione il divorzio o la morte del primo coniuge.
Alcune recenti sentenze della Corte di cassazione hanno però segnato aperture nei confronti della poligamia. Tra esse, vanno segnalati due pronunciamenti del 1999 che hanno riconosciuto la possibilità per un padre poligamo
di riconoscere come «figlio naturale» il figlio nato dal secondo matrimonio.
hanno risposto cercando di estendere
i diritti a tutte le mogli. Anche se ci
sono eccezioni. Una di queste è la
pensione di reversibilità. In Inghilterra, per esempio, non viene concessa a nessuna moglie; in Francia e
in Italia, solo alla moglie sposata con
una cerimonia avente effetti civili;
in Germania, è garantita a tutte le
mogli.
Com’è possibile che in Italia, nonostante il codice vieti la bigamia, vivano numerose famiglie poligame?
Nel nostro Paese non è possibile
contrarre due matrimoni con effetti
civili e non è neppure possibile per
uno straniero chiedere il ricongiungimento famigliare per le mogli non
sposate con matrimoni aventi effetti
civili. Uno straniero residente in Italia e sposato con due donne può però
chiedere un permesso di soggiorno
per ricongiungimento familiare per
una moglie e per l’altra (o le altre)
chiedere un visto per altri motivi
(turismo, lavoro, ecc.). Ma è anche
possibile crearsi una famiglia poligamica vivendo nel nostro Paese. La
prima moglie può essere sposata con
una cerimonia civile. La seconda con
un matrimonio religioso, come quello islamico, che non produce effetti
civili e quindi non è riconosciuto
dallo Stato.
Quale trattamento riserva la legge
italiana ai figli di un unico padre, ma
di madri diverse?
I figli di un’eventuale seconda moglie
sposata all’estero o in Italia con il rito
religioso sono riconosciuti co­me figli
naturali. Grazie alla legge approvata
il 29 novembre, tra figli na­turali e
legittimi non esiste più alcuna differenza di fronte alla legge. gennaio 2013 Popoli 33
inchiesta
Lo Sposalizio della Vergine di Raffaello
Sanzio, conservato nella Pinacoteca
di Brera a Milano.
Alle radici della monogamia,
tra Bibbia e diritto romano
Stefano Cucchetti *
T
re ordini di idee si raccolgono attorno al prioritario riferimento monogamico nella cultura occidentale di matrice
giudaico-cristiana. Il legame tra
queste tre correnti può aiutarci a
comprendere meglio la radice di
questa proclamazione valoriale e a
entrare in dialogo con prospettive
culturali differenti.
Troviamo un primo riferimento
nello sviluppo storico-teologico
descritto dalle fonti scritturistiche
dell’Antico e Nuovo Testamento.
L’Antico Testamento mostra una
fluidità della situazione istituzionale del matrimonio in consonanza con le culture circostanti
il popolo di Israele. Due fattori
hanno condotto verso un progressivo affermarsi della monogamia
assoluta: da un parte l’esigenza
pratica di provvedere concretamente al mantenimento di più
famiglie e di evitare inutili contese
e frazionamenti del patrimonio
familiare; dall’altra la rilettura
teologica, sviluppatasi in ambito
profetico, che istituisce un legame
tra l’amore dell’uomo e della donna
e l’alleanza di Dio con il popolo.
Si ritrova il compimento di questa
linea nell’insegnamento cristiano
che evidenzia come all’origine del
legame che unisce uomo e donna
stia l’esclusività dell’amore di Cristo per la sua Chiesa.
Un secondo riferimento spiega l’affermarsi della pratica monogamica: la traduzione del vincolo
matrimoniale all’interno dell’ordinamento giuridico occidentale, di
matrice romana. Il modello contrattuale per dire il patto coniugale
nel contesto romano assume la
34 Popoli gennaio 2013
fiducia nella libera responsabilità
dei soggetti in vista del bene comune tipica di quella cultura giuridica. Concretamente l’esigenza di
custodia del vincolo patrimoniale
e sociale si traduce nell’esclusività
del vincolo affidato alla libertà dei
coniugi.
UNA SCELTA DI LIBERTÀ
Dalla considerazione delle due
principali radici della cultura occidentale viene una terza riflessione
più antropologica ed etica. Entrambe le correnti appoggiano l’affermazione progressiva della monogamia alla considerazione della
consistenza reale della libertà.
Nel primo caso si evidenzia la profonda radice teologica: il decidersi
dell’uomo e della donna ha sempre
a che fare con la salvezza, con il
compimento che rimanda alla sua
figura assoluta in Dio. Nel secondo
caso si sottolinea invece la dimensione intrinsecamente sociale della
libertà: la decisione verso l’altro
coniuge è decisione per gli altri
che mi circondano, scelta che si
traduce nella costruzione di vincoli sociali precisi.
A queste due considerazioni, l’antropologia contemporanea ne aggiunge una terza: la consistenza
corporea della libertà. Non si dà
scelta che non sia incarnata in un
corpo. Per questo la decisione di
consegna di sé all’altro deve fare i
conti con l’unicità della carne. La
mia libertà di donarmi all’amato/a
si confronta con la consistenza
dell’uno e dell’intero che io sono
nel mio corpo: non posso donare
una parte di me. Perché il legame
che affermo sia vero, il dono deve
essere totale e quindi non lasciare
più nulla per altri.
Queste tre piste di riflessione indicano una direzione di cammino
utile sia all’approfondimento teorico, sia alla pratica nella nostra
società plurale: cartina di tornasole per misurare la tenuta di
forme istituzionali anche diverse
e per condurre un dialogo serio
è la considerazione della libertà
nelle sue dimensioni oggettive,
concrete e profonde. Il dialogo deve concentrarsi attorno alla figura
e al modello di libertà incarnato in
pratiche familiari anche differenti.
Ciò consentirebbe di poter meglio
comprendere le prassi a noi più
comuni e includere le diverse visioni in una seria pratica di (auto)
critica.
* Docente di Teologia morale
presso il Seminario di Milano
e l’Istituto superiore
di Scienze religiose di Milano