Variazioni a permesso di costruire

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Variazioni a permesso di costruire
ASSOCIAZIONE NAZIONALE
COMUNI ITALIANI
Associazione Regionale del Piemonte
QUESITO
VARIAZIONI A PERMESSO DI COSTRUIRE
SI RISCONTRA IL QUESITO IN OGGETTO, ARTICOLATO IN DUE QUESTIONI:
1) IN PRIMO LUOGO CHIARIRE SE SIA CORRETTO IL CONVINCIMENTO
SECONDO CUI, FERMA LA INCONTESTATA CONFORMITÀ AL PRG DELLA
SITUAZIONE POSTA IN ESSERE DALLA MODIFICAZIONE INTRODOTTA NEL
PROGETTO ORIGINARIAMENTE ASSENTITO, TUTTE LE CASISTICHE NON
RICOMPRESE NELLA DEFINIZIONE DI VARIANTE ESSENZIALE CONTENUTA
NELLA NORMA REGIONALE DEBBANO ESSERE IPSO FACTO CONSIDERATE
VARIANTI IN CORSO D’OPERA E COME TALE ESEGUIBILI SENZA PREVIA
AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA, ESSENDO LA NORMA REGIONALE
PREVALENTE RISPETTO ALLA DEFINIZIONE CONTENUTA NELLA NORMA
NAZIONALE;
2) IN SECONDO LUOGO CONOSCERE SE SIA FONDATA LA TESI PER CUI
ESISTEREBBE UNA TERZA FATTISPECIE DI VARIANTE CHE, PUR NON
ESSENDO
ESSENZIALE,
NON
POSSA
GIOVARSI
DELLE
PROCEDURE
SEMPLIFICATE DI CUI ALL’ART. 22 COMMA 2 DEL D.P.R. N. 380 DEL 2001.
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PARERE
Al riguardo occorre riportare la normativa rilevante (sottolineature nostre):
1
Art. 32 d.P.R. n. 380 del 2001
(L) - Determinazione delle variazioni essenziali
(Legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 8)
1. Fermo restando quanto disposto dal comma 1 dell’articolo 31*, le regioni stabiliscono quali siano le
variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l'essenzialità ricorre esclusivamente
quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto
ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto
approvato;
c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della
localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti
procedurali.
2. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature
accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico,
architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in
aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli
effetti degli articoli 31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni
essenziali.
A fronte di tale dettato normativo, la Regione Piemonte è intervenuta in materia mediante la
disposizione di seguito riportata:
Art. 6 Legge regionale 8 luglio 1999, n. 19
(Determinazione delle variazioni essenziali al progetto approvato)
1. Agli effetti degli articoli 7 e 8 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo
dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive) e successive
modifiche ed integrazioni si ha variazione essenziale al progetto approvato quando si verificano una o
più delle seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d'uso degli immobili o di parti di unità immobiliari, superiori al 30
per cento della superficie utile lorda dell'unita' stessa o superiori a 20 metri quadrati per unità
immobiliare, qualora ciò comporti il passaggio da una ad altra categoria di cui all'articolo 8, comma 1,
lettere a), b), c), d), e), f);
b) aumento di entità superiore al 5 per cento di uno dei seguenti parametri: superficie coperta,
superficie utile lorda, volumetria;
*
A mente del quale: “Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che
comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche,
planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi
oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza
ed autonomamente utilizzabile”.
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c) riduzione di entità superiore al 10 per cento di uno dei seguenti parametri: distanza da altri
fabbricati, dai confini di proprietà, dalle strade;
d) modifica della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza, quando la sovrapposizione della
sagoma a terra dell'edificio in progetto e di quello realizzato, per effetto di rotazione o traslazione di
questo, sia inferiore al 50 per cento;
e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti
procedurali.
2. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature
accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico,
architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale, nonché su immobili ricadenti in parchi o in aree
protette, nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dalla concessione, ai sensi e per gli
effetti degli articoli 7 e 20 della l. 47/1985.
Attesa la distinzione operata dalla legislazione statale tra varianti essenziali e varianti in corso
d’opera (le prime assoggettate a previo assenso della p.a.; le seconde assoggettate a DIA), ci
si chiede se la norma specifica regionale che definisce le fattispecie della variante essenziale
sia da considerarsi norma di riferimento esclusiva a tali fini sotto ogni profilo non solo
procedimentale ma anche sanzionatorio.
Sul rapporto tra la disposizione normativa statale e quella regionale si è espresso il T.a.r.
Piemonte, con particolare riferimento agli interventi effettuati su immobili sottoposti a
vincolo.
È necessario analizzare tale pronuncia, da cui possono trarsi spunti generali:
T.A.R. PIEMONTE – TORINO, SEZ. I, Sentenza 17 gennaio 2007 n. 45.
Il giudice amministrativo ha richiamato la norma transitoria contenuta nell’art. 2 c. 3 DPR
380/01, concludendo che “fino a quando la legislazione regionale piemontese non si adeguerà
ai principi di riordino di cui al DPR 380/01, le disposizioni di cui all’art. 32 del T.U. in
materia di variazioni essenziali prevarranno sulle norme in materia di variazioni essenziali
contenute nella legge urbanistica piemontese”.
I ricorrenti avevano denunciato la violazione dell’art. 6 della legge Regione Piemonte 8 luglio
1999, n. 19.
Premettono i deducenti, al riguardo, che il Comune avrebbe inteso applicare, nella fattispecie,
l’art. 32, terzo comma, ultimo alinea, del d.P.R. n. 380/2001.
Tale disposizione (“Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni
essenziali”) riconduce al regime delle variazioni essenziali gli interventi eseguiti su immobili
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vincolati in difformità dal progetto approvato, anche qualora non rientranti nelle ipotesi
espressamente previste dal primo comma.
Secondo la disposizione citata, pertanto, anche le variazioni di modesta entità, qualora
eseguite su immobili vincolati, devono essere ascritte alla categoria delle variazioni essenziali
che impongono, ai sensi dell’art. 31, la rimozione o demolizione dell’abuso.
Nell’ordinamento della Regione Piemonte vige, però, il menzionato art. 6 della legge n.
19/1999 che, pur riproducendo sostanzialmente la disciplina statuale in materia di variazioni
essenziali, non contiene la disposizione in parola.
Ne consegue, secondo la prospettazione difensiva, che le variazioni di modesta entità su
immobili vincolati si sottraggono, nell’ordinamento della Regione Piemonte, al regime delle
variazioni essenziali, donde l’illegittimità del provvedimento emesso ai sensi dell’art. 32 del
d.P.R. n. 380/2001.
Anche in questo caso, è condivisibile l’assunto da cui muove l’argomentazione degli
esponenti, atteso che le difformità riscontrate nel caso di specie sono sicuramente di modesta
entità e non rientrano nel novero delle variazioni essenziali espressamente configurate dal
primo comma dell’art. 32.
Non possono essere accolte, invece, le conclusioni cui pervengono i ricorrenti, laddove
escludono l’applicabilità del terzo comma, ultimo alinea, dell’art. 32.
Si deve considerare, infatti, che, ai sensi della norma transitoria contenuta nell’art. 2, comma
3, del d.P.R. n. 380/2001, fino all’adeguamento della legislazione regionale ai principi di
riordino contenuti nel testo unico dell’edilizia, le disposizioni, anche di dettaglio, del testo
unico medesimo operano direttamente nei confronti delle regioni a statuto ordinario.
Anche nell’ordinamento della Regione Piemonte, pertanto, trova applicazione la più volte
menzionata disposizione che considera variazioni essenziali tutti gli interventi in difformità su
immobili vincolati.
Ne consegue che il Comune ha legittimamente applicato, nel caso di specie, l’art. 32 del
d.P.R. n. 380/2001.
Dalla pronuncia riportata emerge che :
-
la disciplina delle variazioni essenziali è rimessa al legislatore regionale;
-
essa è dettata in via generale dall’art. 6 della l.r. Piemonte n. 19 del 1999;
-
tale legislazione tuttavia deve rispettare i principi stabiliti dall’art. 32 del T.u. n. 380
del 2001 (cfr. anche Cass. Sez. III 21 dicembre 2006 n. 42114: “In proposito va
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rilevato che il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 32, affida alle regioni il compito di
definire le variazioni essenziali nel rispetto dei principi direttivi fissati dalla legge
statale”);
-
ove la legislazione regionale non si sia ancora adeguata a tali principi (come nel caso
degli interventi su immobili vincolati), prevale la disciplina statale ai sensi della
norma transitoria contenuta nell’art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001.
Ciò premesso, il quesito riporta criticamente una teoria minoritaria che distingue tre tipologie
di variante:
a) le variazioni essenziali,
b) le variazioni non essenziali,
c) le c.d. “variazioni in corso d’opera” (art. 22 comma 2 del d.P.R. n. 380 del 2001),
laddove le (c) non incidono sui parametri urbanistici, mentre le (b) potrebbero incidere su tali
parametri e quindi non potrebbero usufruire della DIA ex art. 22, comma 2 d.P.R. n. 380 del
2001.
Secondo tale teoria, la distinzione fra variazioni essenziali e variazioni non essenziali sarebbe
limitata alla definizione del regime sanzionatorio di cui agli articoli 31 e 44 comma 1 lett. c)
del d.P.R. n. 380 del 2001, ma non rileverebbe in merito all’applicazione della procedura
semplificata prevista dall’articolo 22 comma 2 T.u. cit.
Il quesito chiede quindi di conoscere se sia fondata la tesi per cui esisterebbe una terza
fattispecie di variante che, pur non essendo essenziale, non possa giovarsi delle procedure
semplificate richiamate.
Anche sul punto è necessario analizzare lo stato della giurisprudenza.
In sintesi dalla analisi delle pronunce giurisprudenziali si può argomentare che:
- esistono due tipi di varianti: quelle “principali”, che debbono necessariamente essere
precedute nella loro realizzazione da una concessione o un atto autorizzativi, e quelle minori,
c.d. “in corso d’opera” che possono essere eseguite anche senza preventivo atto autorizzativo,
il quale, tuttavia, dovrà essere richiesto prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori,
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cioè fino a quando è ancora efficace l’originario permesso di costruire, al quale esso accede
(da ultimo, in via ricostruttiva, T.a.r. Molise, Sez. Prima, 11 giugno 2009, n. 386);
- vanno distinte le varianti in senso proprio, cioè quelle che si riferiscono a modifiche
quantitative e qualitative di limitata consistenza e di scarso rilievo rispetto al progetto
originario, da quelle che, pur chiamate varianti nel linguaggio usuale del termine, tali non
possono essere considerate perché, fuori dai limiti ora ricordati, richiedono la realizzazione di
un qualcosa di completamente diverso rispetto all’originario permesso di costruire e, quindi,
richiedono un ulteriore permesso: in questa seconda categoria vengono ricondotte le varianti
cc.dd. "improprie" o "essenziali" (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 aprile 2001 n. 1898);
- a tal fine, assumono rilievo le modifiche apportate all'originario progetto e relative alla
superficie coperta, al perimetro, all'aumento del numero dei piani, alla volumetria, alla
distanza dalle proprietà limitrofe, nonché alle caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed
esterne, del fabbricato (Consiglio di Stato 22 gennaio 2003, n. 249);
- rispetto a questi parametri, sussiste un'effettiva variante solo se le modifiche quantitative e
qualitative, in una valutazione complessiva dell'erigendo edificio, risultano sostanzialmente
irrilevanti, in modo da poter ritenere che la costruzione sia ancora regolata dal primo
permesso di costruire che, quindi, conserva intatta la sua efficacia ex tunc (Consiglio di Stato
30 luglio 2002, n. 4081);
- al contrario il nuovo provvedimento, anche se definito di variante, è essenziale ed ha il
carattere di nuovo permesso di costruire se le nuove opere edilizie vengono autorizzate sulla
base di un progetto modificato in modo notevole in alcuno degli elementi sopra indicati (T.a.r.
Liguria 1 aprile 2005, n. 410; T.a.r. Piemonte, Sez. I, 7 febbraio 2005, n. 269).
- perché ci sia variante essenziale, in base ai principi di cui all’art. 31 t.u., non basta una
traslazione parziale, ma è necessario che essa sia tale da comportare lo spostamento del
fabbricato su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente
prevista: una modifica tale, appunto, da richiedere una nuova valutazione dell’intero progetto
da parte dell'Amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i
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parametri urbanistici e con la considerazione dell'area, e non una mera valutazione di singole
modifiche allo stesso (Consiglio di Stato 20 novembre 2008, n. 5743);
- anche se la legge qualifica impropriamente tali denunce di varianti non essenziali come
dichiarazioni di inizio attività, in realtà poi chiarisce che esse possono essere presentate anche
dopo che siano già stati realizzati i lavori, e cioè prima della dichiarazione di ultimazione dei
medesimi (articolo 22 comma 2 d.p.r. n. 380 del 2001).
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Alla luce delle considerazioni riportate si può concludere:
-
alla luce della legislazione vigente le tipologie di varianti sono due: quelle principali
(o essenziali) e quelle minori (o in corso d’opera);
-
la loro differenza è sostanziale ed ha ricadute procedimentali: il legislatore statale
stabilisce i principi in base ai quali la variazione è da considerarsi essenziale e lascia al
legislatore regionale la disciplina delle variazioni essenziali nel rispetto di tali principi
e, residualmente, la disciplina delle variazioni in corso d’opera;
-
ove la legge regionale non rispetti i principi del T.u., prevale la fonte statale (come nel
caso degli immobili vincolati per la Regione Piemonte);
-
verificato il rispetto da parte della legislazione regionale dei principi del T.u., le
fattispecie di variazioni che il legislatore regionale non definisce essenziali paiono
doversi considerare assoggettabili al regime di variazioni in corso d’opera, dunque alla
disciplina di cui all’art. 22, co. 2, dello stesso T.u.;
-
la teoria che individua una terza tipologia di variante, non essenziale ma in grado di
alterare il carico urbanistico, è in contrasto con lo spirito del T.u. e non è supportata
dalla giurisprudenza;
-
anche se la legge qualifica le denunce di varianti non essenziali come dichiarazioni di
inizio attività, esse possono essere presentate anche dopo che siano già stati realizzati i
lavori, e cioè prima della dichiarazione di ultimazione dei medesimi (articolo 22
comma 2 d.p.r. n. 380 del 2001).
La Presidente di ANCI Piemonte
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Amalia NEIROTTI
(Sindaco di Rivalta di Torino)
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