- Istituto Comprensivo di Vobarno

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IMPARO E IL MONDO CAMBIA
Proposte di educazione alla legalità
Negli anni sono stati prodotti fascicoli, tutti reperibili sul sito del nostro istituto: basta cliccare progetti e aprire la cartella di educazione alla legalità.
Si tratta di letture di approfondimento o di testi di particolare ricchezza emotivo-metaforica
oppure di film con tracce per la discussione o di suggerimenti per la ricerca. Naturalmente
sono stati messi a disposizione come stimolo, lasciando alla libera iniziativa dei docenti la
possibilità di utilizzarli o di avventurarsi su altre strade.
Per comodità si dà qui una sintesi delle tematiche presenti nei fascicoli, per rendere più
agevole la consultazione a chi fosse interessato.
L’immagine e le citazioni introduttive ci fanno sapere che quest’anno arricchiamo i materiali
con un percorso specifico sul valore dell’istruzione muovendoci tra diritti dei bambini, decisione in prima persona di quello che mi serve per crescere, consapevolezza che il sapere
mi rende una persona libera e capace di costruire un mondo migliore.
1. a.s. 2006-07 LA STORIA SIAMO NOI: FASCICOLO LEGATO ALLO SPETTACOLO con LIVIA CASTELLINI. Canzoni stimolo: “La storia siamo noi” di Francesco de Gregori; “Se bastasse una canzone” di Eros Ramazzotti; ”Si può dare di
più” di Tozzi, Morandi Ruggeri. Letture per parlare di regole: “La bestia” di Mario
Lodi (è l’educazione che ti rende bestia o uomo); “Il Piccolo Principe” (capitolo del
re senza sudditi)
2. a.s. 2007-08 IMMAGINA: FASCICOLO CHE CONTIENE MOLTE P R O P O STE, ANCHE PER LE SCUOLE DELL’INFANZIA E PRIMARIA
3. a.s. 2008-09 CAMMINIAMO IN PUNTA DI PIEDI: FASCICOLO LEGATO
ALLO SPETTACOLO con SIMONA BACCOLO a partire dalla CARTA DELLA
TERRA. Testi significativi: “Valore” di Erri de Luca, “Il miele ereditato” di Efrain
Barquero. Raccolta di proposte collegate alla Carta della Terra (“L’uomo che piantava gli alberi”, l’impronta ecologica, Io e gli alberi, 60 passi per salvare la terra,
“Marcovaldo al supermarket” di Italo Calvino, “Walter” di Michele Serra)
4. a.s. 2009-10 VIAGGI DI PAROLE 1: Testo di partenza: “La vera ricchezza”
(storia russa sull’importanza dell’essere e non dell’avere). Parole da pescare per la
libera costruzione di percorsi didattici.
5. a.s. 2010-11 VIAGGI DI PAROLE 2: LETTERA DEL DIRIGENTE SCOLASTICO con parole da scegliere; lettura stimolo “Lezioni di volo” (Hadara vuole imparare a volare per diventare trapezista). A fine anno le classi hanno proposto video,
canzoni, presentazioni varie.
6. a.s. 2011-12 LEGA L’ILLEGALITA’, SLEGA LA FELICITA’: PROPOSTE
PER LE VARIE CLASSI SU LEGALITA’ (testo di Gherardo Colombo), MAFIA e
BULLISMO; SUGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI PER LO STUDIO DELLA C O STITUZIONE E ALTRO.
7. a.s. 2012-13 LA PELLE CHE CI RICOPRE: FASCICOLO CON SUGGERIMENTI PER PARLARE DI DIRITTI DEI BAMBINI, BULLISMO, MAFIA, C O STITUZIONE, LEGALITA’ NON DIMENTICANDO DI PARTIRE DA OGNUNO
DI NOI (dalla pelle che ci ricopre...)
8. a.s. 2013-14 IMPARO E IL MONDO C A M B I A : FASCICOLO CON P R O P O STE PER VALORIZZARE I DONI CHE L’ISTRUZIONE DA’ E NUOVI PERCORSI PER EDUCARE ALLE REGOLE
a. s. 2013-14
“L’educazione è l’arma più potente che si può usare per cambiare il mondo.”
Nelson Mandela
“La mafia teme la scuola più della giustizia. L'istruzione taglia l'erba sotto i piedi della
cultura mafiosa.”
Antonino Caponnetto
“I saggi dicevano che la penna uccide più della spada, ed è vero.”
Malala
Da alcuni anni le scuole secondarie dell’Istituto a fine gennaio organizzano una pausa didattica che lascia il posto ai giorni della legalità.
Il senso di questa scelta è quello di valorizzare, con uno spazio dedicato, il tema dell’educazione alle regole, alla cittadinanza, alla legalità declinandolo in base ai bisogni delle singole classi e condividendolo con il consiglio di classe.
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1° materiale: LA SCUOLA O LA SCARPA di Tahar Ben Jelloun
I guadagni ricavati dalla vendita di questo racconto sono serviti a costruire una scuola in
Mozambico.
Alcuni pellegrini, di ritorno da La Mecca, la città in cui è nata la religione musulmana,
hanno disegnato sulla moschea un aereo o una barca. Qualcuno vi ha disegnato un dromedario. Tempo fa, si partiva per La Mecca su un cammello. Il viaggio durava mesi. Bisognava meritare il pellegrinaggio. Il buon musulmano è colui che non ha scelto la via più
facile per arrivare ai luoghi sacri dell’Islam. Oggi, ci si sposta soprattutto in aereo. E, peraltro, le persone del villaggio hanno molto tempo a loro disposizione. Potrebbero non
avere fretta di arrivare a La Mecca. Il tempo, qui, è l’unica cosa che non manca. Non è
come l’acqua o i cereali, che sono rari. Quando si torna dal pellegrinaggio, si porta il titolo
di “Hadj”, che significa “Pellegrino”, colui che ha avuto la fortuna di stare in raccoglimento
a Medina sulla tomba del profeta dei musulmani, Muhammad, detto dagli europei Maometto.
L’anno scorso, solo il capo e suo nipote sono potuti andare a La Mecca. Qui, infatti, non
c’è denaro. Tutto il villaggio aveva partecipato a una colletta per pagare il viaggio di Baba
e Moha. Fu l’evento più importante della stagione. Erano incaricati di pregare perchè il villaggio fosse salvato, cioè risparmiato dalla siccità e dalla carestia.
Qui, chiacchierare sotto l’albero è più importante che andare a scuola. Conosco bene
questa terra; ho rischiato di perderci gli occhi. La polvere è piena di microbi che provocano
il tracoma, una malattia degli occhi contagiosa. Io sono stato curato in città e grazie a mio
zio, taxista, ho avuto la possibilità di studiare. Ma sono stato fortunato, io, molto fortunato.
Ho avuto anche la benedizione dei miei genitori. Il giorno in cui sono partito, mia madre
ha bruciato dell’incenso e io ho dovuto scavalcare sette volte il piccolo braciere in cui le
braci rosse lo consumavano. Il braciere non profumava affatto. Io mi chiudevo il naso e
facevo ciò che mia madre mi diceva di fare. Non credevo a questi riti, ma obbedivo a mia
madre per non contrariarla e non farla soffrire.
In città sono stato a casa di mio zio. Sua moglie non era per niente contenta. Mi chiamava “prrouci” (sottolineando le “r”). Bisogna che vi spieghi: “prrouci” significa “processo”,
è la multa che il taxi paga quando fa un’infrazione. Io, quindi, ero una contravvenzione,
qualcosa che le era imposto.
Non è carino essere paragonato a una multa. Ma non dicevo nulla. Mia madre mi aveva avvertito: non protestare, non rispondere alla moglie di tuo zio. Andavo al liceo, seguivo le lezioni e la sera lavoravo come cameriere in un caffè. Mangiavo gli avanzi dei sandwich che i clienti lasciavano sul tavolo. I giorni festivi, avevo diritto a un pasto vero e
proprio: purè di fave, una ciotola di riso e un bicchiere di limonata. Il venerdì accompagnavo mio zio all’”hammam”. Mi piacevano le gocce d’acqua che imperlavano i muri, come
quelle che cadevano dal soffitto. Mi piacevano il vapore e le grida degli uomini che si facevano spingere dentro da veri e propri colossi.
Al villaggio, non avevamo un “hammam” così grande. Mi lavavo vicino al pozzo con un
secchio d’acqua. Non di più. Avevo diritto solo una volta alla settimana alla mia razione di
acqua. In città, l’acqua arriva in tutte le case. Ma le persone dimenticano che è un dono
del cielo. La sprecano. Io, invece, so che l’acqua è vita. La gente in città crede che il denaro sia la vita. Come è possibile farle capire che ha torto? Forse le persone non ne vogliono
sapere di questo tipo di cose. Mio nonno diceva: “Solo colui che riceve un colpo di frusta
sa il male che fa.”
Dopo il liceo mio zio mi ha iscritto a una scuola magistrale. Lì mi veniva dato vitto e alloggio, e alla fine del mese anche uno stipendio. Mettevo da parte quasi tutto il denaro. Lo
Questa storia è successa in un paese dell’Africa occidentale, in un villaggio piccolissimo a
un’ora di autobus dalla città principale. Questo paese non ha nome. Viene chiamato “il villaggio”. Io lo chiamo “il nulla” per il vento che spira senza sosta, e la polvere che solleva.
Questo villaggio è tondo come una zucca. E’ quasi un cerchio. Alcune piccole case, senza
acqua corrente nè elettricità, circondano il grande albero, un faggio dai molti rami e dall’età
impressionante. Che età potrà avere? Secondo Hadj Baba, il capo del villaggio, avrebbe
trecentocinquantadue anni. Ma come li conta, lui, gli anni? E’ semplice, ogni ramo sta per
una cinquantina di anni. Sette volte cinquanta fa trecentocinquanta.
E gli altri due anni? Sono quelli di un ramoscello che pende sempre verso il suolo. Secondo lui, diventerà un ramo in futuro. Sono necessari tre uomini e un bambino che si tengano per mano per abbracciare l’albero. Un secolo a persona. La terra è color sabbia.
Quando piove - cosa che succede raramente - diventa rossa. Le pareti della casa sono fatte con un misto di terra argillosa, sassi e paglia. E’ molto meno resistente della pietra o del
calcestruzzo. In questo villaggio non ci sono pietre, ma esistono pozzi. Non ci sono strade
asfaltate, nè segnali stradali. Ci sono solo le piste tracciate dagli animali e dagli uomini.
Spesso il cielo è tutto bianco. Si dice che prepari la pioggia. Ma la pioggia non cade. Deve
preparare qualcos’altro, di fatto. Si dice anche che protegga dietro il suo velo bianco i sogni
dei bambini. Si dice che sia un libro le cui parole sono le stelle, in cui la Via Lattea è un fiume dove scorrono tutte le musiche del mondo. Si dice che sia il cimitero degli angeli - i
bambini rapiti troppo presto dalla malattia.
Il cielo li farebbe ascendere per sorvegliare le stelle che non stanno al loro posto e che
fuggono verso altre galassie. Si dicono così tante cose sul cielo al punto che questo finisce
per farsi beffa dei suoi abitanti. Come? Svuotando il carico delle sue nubi sulla città e dimenticando di annaffiare i campi del villaggio. Oppure facendo la faccia scura a coloro che
sperano nella sua clemenza. Il cielo non ama i poveri. Nessuno li ama. E’ ingiusto, e crudele. Ma cosa significa, poi, essere poveri? Significa risvegliarsi, il mattino, chiedendosi se
la giornata passerà senza che i bambini piangano per la fame. Significa non avere fortuna,
o più precisamente non avere nulla, neanche fave per i tempi di siccità. Significa non avere che le proprie mani, le proprie braccia e grandi occhi per controllare l’orizzonte. Qui, tutti
hanno gli occhi rivolti all’orizzonte. Si pensa che il salvatore venga da lì. Si crede anche
che le carestie siano un’invenzione degli uomini. A cosa deve assomigliare un salvatore? A
un branco di cammelli che porti cibo a tutto il villaggio? A un mago su un cavallo bianco,
con una bacchetta magica capace di rendere la terra fertile e gli uomini più produttivi? A
un uccello rapace che rinunci alla sua rapacità e sappia trasformare le nuvole in pioggia? A
un profeta che parli del Bene e del Male, del Paradiso e dell’Inferno, e prometta la fine
della miseria, a patto che si obbedisca ai suoi ordini? No, il salvatore non sarà nè un profeta nè un mago. Sarà l’insieme degli uomini che si uniscono, lavorano la terra, reclamano i
loro diritti e impediscano che la carestia colpisca il villaggio.
La scuola è nella moschea. Più precisamente la moschea fa da scuola. Ci si entra togliendosi le scarpe. Ma qui la maggior parte dei bambini non ha scarpe. Ha i piedi sporchi
coperti di polvere. La terra è secca. I muri sono rossi.
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davo a mia madre ogni volta che tornavo al paese. Lei ci comprava delle stoffe per farci i
vestiti. Il venditore di stoffe passa in paese una volta al mese. Le donne l'aspettano con
impazienza. Mia madre era fiera di poterlo pagare con dei soldi. Di solito, le donne lo pagano con i loro gioielli.
Dopo tre anni, ero pronto per fare l'insegnante. Mi sono comprato un vestito europeo e
delle scarpe che facevano male e, soprattutto, ho potuto cambiare i miei occhiali.
Ora sono il nuovo maestro. In realtà, devo essere il primo insegnante nominato dal Ministero per questo posto. Ho una lettera di incarico, ma non so ancora quale sarà il mio stipendio. Forse sarò pagato in sacchi di grano saraceno.
Come in ogni posto del mondo, il primo giorno di scuola è un giorno di festa. Qui, non è
una festa come le altre. I ragazzi fanno baccano, urlano, si tirano i gessi. Si divertono. Per
loro la scuola è una ricreazione, una curiosità. Accorrono per vedere se il maestro è in
gamba. Io stesso mi chiedo se sono in gamba. Cosa vuol dire, qui? Essere gentile e al
tempo stesso severo. E io non sono né troppo gentile né troppo severo. E' possibile essere
in gamba nel villaggio del nulla, dove non è stato sepolto un solo santo, dove non si è fermato nemmeno un profeta? Devo abituarmi all'idea che, per questi bambini, la scuola è
come il circo che passa una volta all'anno. Che cos'è la scuola per un bambino che non ha
da mangiare quando ha fame? Come spiegargli che è necessario passare per la scuola per
non patire più la fame, un giorno?
Ho distribuito agli allievi dei quaderni e delle matite arrivate dalla Francia, e delle cartelle arrivate dal Belgio. Sono trenta ragazzi, tra maschi e femmine. Vengono tutti dalla
scuola coranica. Certi sanno già leggere e scrivere. Hanno gli occhi vivi e i corpi magri.
Come me. Anche io sono alto e magro. Sono contento di portare i miei nuovi occhiali.
Non solo vedo meglio, ma questi occhiali rendono più chiare le mie idee.
Sono contento di tornare in questa pianura persa tra le colline e la sabbia. I ragazzi sono
seduti per terra. Mi hanno detto che i tavoli e le sedie arriveranno entro il mese. Saranno
un regalo dei canadesi. Per il momento ci dobbiamo arrangiare alla meglio. E la lavagna?
Sarà il regalo del falegname più ricco della città. La stiamo aspettando. Da sola, non arriverà. Bisogna andarla a prendere e trasportarla sul tetto del furgoncino del droghiere che
viene ogni quindici giorni al villaggio.
I miei ricordi d'infanzia non sono tristi. Come oggi, anche allora mancava tutto. La cosa
faceva soffrire molto i nostri genitori. Però noi bambini ci divertivamo; ci piaceva giocare
con i gatti morti. La nostra scuola era la moschea. Ci facevano imparare a memoria i versetti del Corano e li recitavamo senza capirli. Il maestro della scuola era un vecchio quasi
cieco. Era un saggio. Diceva che l'Africa era la madre degli altri continenti ma che si lasciava saccheggiare. Diceva anche: “E' ricco chi non possiede nulla”, “E' ricco chi è libero”,
e aggiungeva: “Ma noi non siamo né ricchi né liberi, siamo schiavi del cielo e degli uomini
che dettano legge.”
Quando faccio l'appello, i bambini ridono. A loro piace ridere. Sono incuranti o semplicemente felici? Malgrado le difficoltà delle età, sono allegri. Il secondo giorno di scuola, mancano due allievi. Sono ammalati o si sono persi per strada? Nessuno risponde. Due assenti
su trenta non sono tanti. Verranno domani. In realtà, l'indomani non arrivano.
Mancano altri tre bambini. Mi preoccupo. Non un direttore cui rivolgermi. Sono il maestro,
il direttore, il bidello e il guardiano della scuola.
Gli altri bambini non dicono niente. Faccio lezione nonostante la preoccupazione. Alla
fine del mese, mi ritrovo con la metà degli allievi. Dove sono finiti gli altri quindici? A questa domanda, i ragazzi ridono e rispondono una cosa qualsiasi.
Decido di parlarne al capo del villaggio, Hadj Baba. Lo trovo sul tardo pomeriggio sotto
l'albero, circondato da alcuni uomini, sempre gli stessi. Mi dice, scacciando con la mano le
mosche che gli ronzano intorno: "I bambini sono sassi, rami di un albero che perde le foglie, parole azzurre, scoppi di risa... vanno, vengono, passano e non lasciano tracce... tutto questo tu che vieni dalla città dovresti saperlo! Ricordati, non hanno ancora l'abitudine di
andare a scuola con regolarità. Forse, poi, non ti prendono sul serio, sei troppo giovane,
hai l'aspetto di un ragazzo. Per loro, il sapere deve essere insegnato da un uomo maturo,
un anziano con la barba bianca, un uomo che sappia parlare agli alberi e agli animali. Tu
vieni dalla città e hai dimenticato la realtà del tuo villaggio.”
“No, è proprio perché amo il mio villaggio che sono tornato, per rendermi utile. Ma perché
non vengono a scuola?”
“Ah! La scuola! Tu chiami questo rudere una scuola? Non hai neanche una lavagna. Quanto ai tavoli e alle sedie, aspetta, aspetta pure. Perché questo villaggio sperduto dovrebbe
essere preso in considerazione dalle autorità della città? Sei ingenuo, figlio mio. E poi, hai
visto le condizioni del bestiame? L'anno scorso tu non c'eri. Non ha fatto una sola goccia di
pioggia. Intorno a queste colline si aggira la morte. Tieni, siediti e guarda il cielo. Se hai
pazienza, imparerai che il cielo è vuoto; non ci riserva nulla di buono. Siamo maledetti. E
in ogni caso, dopo la morte del nostro maestro, il villaggio continua a morire. Quindi la
scuola...”
“Ho una nomina ufficiale per insegnare in questa scuola.”
“Benissimo, e quindi? Noi, qui, siamo vittime dell'aridità. L'aridità del cielo e degli uomini.
Perché le persone della capitale non hanno nominato qualcuno per aiutarci a lottare contro
la fame?”
“ Avete paura di un'epidemia?”
“Cos'è un'epidemia?”
“Una malattia che colpisce tutti.”
“No, non è una malattia; guardati intorno, cosa vedi? Sabbia, pietre, un albero - quello
sotto cui siamo seduti; vuoto, polvere, un pazzo che parla da solo, e poi questa moschea
trasformata in scuola. Ecco tutto. Anche se arriva una malattia, se ne andrà. Non troverà
niente e nessuno da colpire. Questa è la nostra fortuna e la nostra sfortuna. Moriremo da
soli. Non abbiamo bisogno di malattie. Qui le persone muoiono dormendo. Non si svegliano. Tutto qui. Non te la prendere se i bambini spariscono; torneranno.”
“Devo andare a cercare i bambini e riportarli a scuola.”
“Se li trovi. Forse sono stati inghiottiti da un pozzo, un pozzo secco, un buco in cui al momento si svolge un congresso di scorpioni e serpenti a sonagli. I bambini ci sfuggono,
come le parole, prendono il volo e si allontanano con le rare nuvole che si fermano sopra
le nostre teste.”
“Parlerò ai loro genitori.”
“Può essere un'idea, ma non ti porterà lontano; gira piuttosto, guardati intorno….”
Ho preso quindi la bicicletta, e sono andato alla ricerca dei bambini. Un pastore mi indica
un edificio, all'orizzonte. Non ci avevo mai fatto caso. Mi dice che gli piacerebbe andare in
quell'edificio bianco, ma non trova nessuno che gli controlli gli animali.
“Cos'è quell'edificio?”
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“Un posto dove si guadagnano dei soldi.”
“E come?”
“Non lo so. Tutti quelli che ci vanno, escono con dei soldi. Io non ho mai avuto denaro.
Anche le capre sono attirate da quell'edificio bianco. Un giorno, anch'io partirò al mattino e
tornerò la sera con dei soldi. Credo che a quel punto non tornerò qui, andrò in città. Lì, col
denaro si ottiene tutto. Qui, abbiamo solo vento e polvere. Passo il mio tempo contando il
bestiame. Do un nome ad ogni capra. La più grossa la chiamo “Palazzo Bianco”, Peccato
che sia nera!”
La porta dell'edificio è chiusa. La forzo. Un guardiano mi minaccia con un bastone. Faccio
un passo indietro e aspetto. Gli offro delle sigarette e a quel punto mi apre. Entro in un
corridoio e mi trovo di fronte a una sala in cui un centinaio di ragazzi stanno cucendo pezzi
di cuoio, bianco e nero. In fondo, una dozzina di ragazze molto giovani lavora con le macchine da cucire. I miei allievi fanno palloni da calcio o scarpe. Sulle pareti sono appesi dei
manifesti pubblicitari in cui c'è un campione sportivo nero che sta per iniziare una corsa.
Leggo: “Le scarpe da pallacanestro del terzo millennio «Lo spirito della vittoria”.
Quale vittoria? Quella che fa lavorare i bambini, quella che li allontana dalla scuola per
poterli sfruttare, visto che sono poveri e non possono difendersi?
Con la testa bassa, lavorano in silenzio e senza perdere tempo. Gli oggetti confezionati
vengono controllati da un capo bianco, occidentale, quindi messi dentro scatole di cartone.
Mi avvicino. Lui si stupisce, poi mi dice:
“Immagino che lei sia il maestro.”
“ Sì.”
“I tuoi studenti preferiscono la mia fabbrica alla tua scuola. Almeno qui guadagnano.”
“Ma sono dei bambini, dei minorenni, lei non ha il diritto di farli lavorare.”
“Non li obbligo io. Del resto, è qui tutta la tua classe. Potrai tenere le lezioni quando avrai
dato loro da mangiare. Perché io, qui, li faccio anche mangiare. In America si lavora con
le macchine. Qui, si cuce ancora a mano. È roba buona, questa. Si fa notare.”
“La denuncerò. Le ricordo l'articolo 4 della Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo:
"Nessuno potrà essere tenuto in condizione di schiavitù e di servitù; la schiavitù e la tratta
degli schiavi saranno proibite in qualsiasi forma". Ha capito? "In qualsiasi forma." Il lavoro
minorile è una forma di schiavitù. E punito dalla legge.”
“O la smetti o ti spacco la testa con questo bastone. Qui non abbiamo bisogno di persone
che ci diano lezioni di morale. Chiedigli di seguirti. Vedrai che nemmeno un ragazzino lascerà il suo posto. È meglio che tu te ne vada.”
Gli allievi non osano guardarmi in faccia. Forse per paura, forse per vergogna. Cerco di rivolgermi a loro, ma il capo occidentale mi spinge verso la porta.
Mi ritrovo fuori senza sapere cosa fare, solo con la mia rabbia.
Mi ripeto: “Far lavorare i bambini anziché lasciarli andare a scuola, che cattiveria! È una
forma di sfruttamento, di schiavitù.”
Il guardiano mi osserva, un po' imbarazzato.
“Lì dentro, ho due bambini. Dopo la stagione, sono sicuro che torneranno alla tua scuola.
Per il momento, portano a casa un po' di soldi.”
Tornando al villaggio, racconto tutto a Hadj Baba, che scuote la testa e mi dice:
“Non sei più forte del vento, né più crudele del cielo. La terra ha sete e il bestiame è in
pessimo stato. Un dollaro al giorno, per ogni bambino: quasi nulla. La scuola è lì, non si
sposterà. Quando andrà meglio, riprenderai le tue lezioni. Il sapere può attendere, la pancia degli uomini, no. Sai, i poveri non li ama nessuno. E così, non c'è niente da fare. Vedrai, potrai prendertela col cielo, con Dio…. Hai ragione, sarebbe meglio la scuola della
fabbrica; ma non abbiamo scelta. Ah! Imparare la storia, la geografia, la matematica e le
scienze, la tecnica e la medicina... È importante; ma per noi, in questo momento, è un lusso. Siamo abbandonati, crepiamo, viviamo di ciò che la gente di città vuole donarci. La
scuola sarà per un'altra volta, abbi pazienza, resta con noi; sono sicuro che troverai una
soluzione.”
Alla fine della giornata, sono tornato a scuola; ho guardato le stuoie per terra, le pareti
screpolate, ho sentito le urla dei bambini e poi il silenzio. Cosa fare in una classe vuota?
Non ho nessuno con cui parlare. Ho pensato che avrei potuto aspettare il ritorno dei bambini. Una settimana, un mese. Forse più. Aspettare leggendo. Andare in città a cercare le
sedie e i tavoli. Ma non ho denaro. Ho raccolto le mie cose, il vocabolario, i libri. Ho fatto
un po' d'ordine nella stanza e sono uscito senza voltarmi indietro. Ho preso la bicicletta per
ritornare in città. Ho ripensato a quello che diceva il mio maestro, il saggio. La miseria non
è una fatalità, qualcosa di inevitabile. Non sta scritto da nessuna parte che questo villaggio
debba continuare ad essere maledetto, senza ricchezza, senz'acqua, senza scuola e senza
avvenire. Bisogna combattere, non bisogna incrociare le braccia. Ma io qui sono il solo a
reagire. Gli altri soprattutto i vecchi, sono pigri e passano il tempo a parlare per non dirsi
nulla. Si direbbe che tutti siano stati punti dalla mosca tze-tze. No, la mosca tze-tze non
esiste. Ma un insetto strano deve girare intorno a questi uomini che non si muovono e
aspettano che la manna scenda dal cielo.
Per strada ho incontrato alcuni studenti. Stranamente erano calmi e disciplinati. Parlavano tra di loro a voce bassa. Appena mi hanno visto, mi sono venuti incontro impedendomi
di proseguire. Sul loro viso, mi è sembrato di leggere una preghiera: ”Resta!” Credo anche
di aver sentito qualcosa come: “Abbiamo bisogno di te, torneremo presto.” Prima devo
aver fatto un passo indietro, poi due, spinto da tutti questi bambini stretti l'uno contro
l'altro. Ho indietreggiato commosso. Erano cambiati. Forse la mia visita alla fabbrica li
aveva fatti riflettere. Il fatto che non vengano a scuola non significa che non siano intelligenti.
Qualche giorno dopo, il pastore bussa alla porta. Mi dice: “Mio padre non è più malato,
ha ripreso il suo gregge e quindi io torno a scuola.”
“Non hai più voglia di andare alla fabbrica?”
”No, ci ho pensato. Ho voglia di imparare a leggere e a scrivere, a contare, a guidare il
camion, a conoscere il nome delle stelle, a fare molte cose.”
“Ma non potrò aprire la scuola per un solo ragazzo!”
“Non sarò solo. Ci sarà anche Dialo, quello che ha un braccio solo, la fabbrica non l’ha voluto. E Moh, che ha un occhio distrutto dalla polvere e non si è nemmeno presentato per
l’assunzione; e Souleymane, quello che il capo ha mandato via dalla fabbrica perchè non
era abbastanza veloce; e ci sarà Felix, quello che non parla con nessuno e gioca con gli
scorpioni, i suoi genitori hanno un frutteto dall’altra parte della collina. Altri due bambini arriveranno dall’oasi perchè hanno sentito parlare della nostra scuola e preferiscono venire
qui. E poi ci sarà Modibo, quel bambino piccolo e grasso a cui la scuola piace, e la sorella
gemella Aisha: non si lasciano mai.”
Ecco... siamo abbastanza per fare una piccola classe... aspettando.
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PROPOSTA DI LAVORO SUL TESTO:
Comprensione
1. Chi racconta la storia?
2. Dove è collocata la vicenda?
3. Perchè il villaggio è chiamato dal narratore “il nulla”?
4. Completa la descrizione del villaggio:
• è tondo____________________________________________________________
• le case ___________________________________________________________
• non ci sono _________________________________________________________
• al centro c’è _________________________________________________________
• la scuola è _________________________
5. Che cosa dice e pensa la gente del cielo?
6. Il narratore - maestro propone una sua idea di povertà: rintraccia le frasi.
7. Il narratore - maestro espone anche idee contrastanti sul “salvatore”: quali sono?
8. Nella tradizione del villaggio andare a La Mecca è importante: perchè? Con quali conseguenze?
9. Perchè il maestro si sente “fortunato”? Come veniva considerato da suo zio? Quali differenze ha potuto conoscere tra la vita nel villaggio e quella in città?
10. Attraverso quali fasi e quali difficoltà il protagonista è diventato maestro?
11. Cosa sa del suo stipendio il maestro?
12. Quale impressione ha all’inizio dei suoi allievi?
13. Nei giorni successivi, che cosa succede?
14. Alla fine del mese qual è la situazione?
15. Completa: Quando il maestro chiede dove sono finiti i bambini
- gli altri allievi reagiscono______________________________________________
- il capo del villaggio, Hadj Baba, risponde dicendo che _____________________
16. Hadj Baba e il maestro mostrano due mentalità differenti: mettile a confronto.
il maestro è preoccupato perchè Hadj Baba spiega che i bambini non hanno l’abitudine
i bambini non vengono a scuola ....
il maestro ribatte che
il capo bianco si difende dicendo che
il maestro promette che
il capo bianco
il maestro nota che i bambini
20. Il maestro riferisce ad Hadj Baba della visita alla fabbrica: quali considerazioni fa Hadj
Baba?
21. Nella parte finale del racconto la situazione si ribalta: perché?
Per la discussione e per l’approfondimento:
22. Trova l’articolo della Convenzione sui diritti dell’infanzia dedicata all’istruzione.
23. Trova l’articolo della Costituzione italiana dedicato all’istruzione.
24. Cerca dati sull’analfabetismo nel mondo e sui perchè i bambini non vanno a scuola in
molte parti del mondo.
25. Puoi completare le tue conoscenze utilizzando brani tratti dall’antologia (Oltrepagina 1
e 2) dedicati a questo tema.
26. Costruisci un doppio elenco: nel primo scrivi “Di cosa viene privato un bambino che nn
va a scuola?” e nel secondo “La scuola per me sta facendo questo...”. Confronta i tuoi
elenchi con quelli dei compagni. Si può realizzare un cartellone conclusivo per la classe. In
alternativa su dei cartoncini si riportano le frasi più belle dedicate al valore della scuola e si
abbellisce l’aula.
27. Se si vuole dare un taglio più autobiografico si può chiedere ai ragazzi e alle ragazze di
sviluppare una riflessione: Un insegnante che è stato importante per me... anche mettendosi in cerchio.
Una piccola nota
il maestro è tornato al villaggio Hadj Baba precisa che forse i bambini non prendono sul
per ...
serio il maestro perchè ....
il maestro decide di ....
il capo bianco afferma che i bambini
Nei materiali previsti lo scorso anno c’era il capitolo di Pinocchio che viene invitato a
marinare la scuola per recarsi nel meraviglioso Paese dei Balocchi.
Sia la lettura di Tahar ben Jelloun, sia il testo successivo (il discorso di Malala
all’ONU), possono fargli compagnia.
E per chi vuole, si possono aggiungere alcune attività ricavate dal libro “E se nessuno
mi becca” di cui si dà notizia al materiale 4.
E i due film di cui si offre la scheda nei punti successivi.
Hadj Baba esprime un giudizio sulla scuola: ....
Hadj Baba riguardo al futuro è ....
Hadj Baba riguardo ai problemi del villaggio pensa ...
17. Il maestro con la bicicletta va alla ricerca dei bambini: che cosa scopre?
18. “Quale vittoria? Quella che fa lavorare i bambini, quella che li allontana dalla scuola
per poterli sfruttare, visto che sono poveri e non possono difendersi?” A chi appartiene
questa riflessione? Che cosa vuol dire?
19. Nella fabbrica si svolge un dialogo tra il maestro e un capo bianco che controlla il lavoro:
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2° materiale: IL DISCORSO DI MALALA ALL’ONU
Due parole su Malala
Malala è una ragazza pakistana. I talebani le hanno sparato in testa, ma dopo numerose
operazioni in un ospedale inglese, il suo viso è stato ricostruito. A soli 16 anni è stata invitata all’ONU, il 12 luglio 2013, giorno del suo compleanno: ha pronunciato questo discorso.
to.
Anche se avessi una pistola in mano e lui fosse in piedi di fronte a me, non gli sparerei.
Questa è il sentimento di compassione che ho imparato da Maometto, il profeta della misericordia, da Gesù Cristo e Buddha. Questa è la spinta al cambiamento che ho ereditato
da Martin Luther King, Nelson Mandela e Mohammed Ali Jinnah. Questa è la filosofia della non violenza che ho imparato da Gandhi, Bacha Khan e Madre Teresa. E questo è il
perdono che ho imparato da mio padre e da mia madre. Questo è ciò che la mia anima mi
dice: stai in pace e ama tutti.
Cari fratelli e sorelle, ci rendiamo conto dell'importanza della luce quando vediamo le tenebre. Ci rendiamo conto dell'importanza della nostra voce quando ci mettono a tacere.
Allo stesso modo, quando eravamo in Swat, nel Nord del Pakistan, abbiamo capito
l'importanza delle penne e dei libri quando abbiamo visto le armi. Il saggio proverbio "La
penna è più potente della spada" dice la verità. Gli estremisti hanno paura dei libri e delle
penne. Il potere dell'educazione li spaventa. Hanno paura delle donne. Il potere della
voce delle donne li spaventa. Questo è il motivo per cui hanno ucciso 14 studenti innocenti nel recente attentato a Quetta. Ed è per questo uccidono le insegnanti donne. Questo è
il motivo per cui ogni giorno fanno saltare le scuole: perché hanno paura del cambiamento
e dell'uguaglianza che porteremo nella nostra società. Ricordo che c'era un ragazzo della
nostra scuola a cui un giornalista chiese: "Perché i talebani sono contro l'educazione dei
ragazzi?". Lui rispose molto semplicemente: indicò il suo libro e disse: "I talebani non sanno
che cosa c'è scritto in questo libro".
Loro pensano che Dio sia un piccolo esseruccio conservatore che punterebbe la pistola
alla testa delle persone solo per il fatto che vanno a scuola. Questi terroristi sfruttano il
nome dell'islam per i propri interessi. Il Pakistan è un Paese democratico, amante della
pace. I Pashtun vogliono educazione per i loro figli e figlie. L'Islam è una religione di pace,
umanità e fratellanza. Che dice: è un preciso dovere quello di dare un'educazione a ogni
bambino. La pace è necessaria per l'istruzione. In molte parti del mondo, in particolare il
Pakistan e l'Afghanistan, il terrorismo, la guerra e i conflitti impediscono ai bambini di andare a scuola. Siamo veramente stanchi di queste guerre. Donne e bambini soffrono in
molti modi in molte parti del mondo.
In India, bambini innocenti e poveri sono vittime del lavoro minorile. Molte scuole sono
state distrutte in Nigeria. La gente in Afghanistan è colpita dall'estremismo. Le ragazze devono lavorare in casa e sono costrette a sposarsi in età precoce. La povertà, l'ignoranza,
l'ingiustizia, il razzismo e la privazione dei diritti fondamentali sono i principali problemi che
uomini e donne devono affrontare.
Oggi, mi concentro sui diritti delle donne e sull'istruzione delle ragazze, perché sono
quelle che soffrono di più. C'è stato un tempo in cui le donne hanno chiesto agli uomini a
difendere i loro diritti. Ma questa volta lo faremo da sole. Non sto dicendo che gli uomini
devono smetterla di parlare dei diritti delle donne, ma il mio obiettivo è che le donne diventino indipendenti e capaci di combattere per se stesse. Quindi, cari fratelli e sorelle, ora
è il momento di alzare la voce. Oggi invitiamo i leader mondiali a cambiare le loro politiche a favore della pace e della prosperità. Chiediamo ai leader mondiali che i loro accordi
servano a proteggere i diritti delle donne e dei bambini. Accordi che vadano contro i diritti
delle donne sono inaccettabili.
Facciamo appello a tutti i governi affinché garantiscano un'istruzione gratuita e obbliga-
"Onorevole Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon, spettabile presidente
dell'Assemblea Generale Vuk Jeremic, onorevole inviato speciale delle Nazioni Unite per
l'istruzione globale Gordon Brown, rispettati anziani rispettati e miei cari fratelli e sorelle:
Assalamu alaikum (la pace sia con voi, n.d.T).
Oggi è un onore per me tornare a parlare dopo un lungo periodo di tempo. Essere qui
con persone così illustri è un grande momento nella mia vita ed è un onore per me che
oggi sto indossando uno scialle della defunta Benazir Bhutto. Non so da dove cominciare il
mio discorso. Non so cosa la gente si aspetti che dica, ma prima di tutto voglio ringraziare
Dio per il quale siamo tutti uguali e ringraziare tutti coloro che hanno pregato per una mia
veloce guarigione e una nuova vita. Non riesco a credere quanto amore le persone mi
hanno dimostrato. Ho ricevuto migliaia di cartoline di auguri e regali da tutto il mondo.
Grazie a tutti. Grazie ai bambini le cui parole innocenti mi hanno incoraggiato. Grazie ai
miei anziani le cui preghiere mi hanno rafforzato. E grazie agli infermieri, ai medici e al
personale degli ospedali in Pakistan e nel Regno Unito e il governo degli Emirati Arabi
Uniti che mi hanno aiutato a stare meglio e a riprendere le forze.
Sono qui per dare tutto il mio appoggio al segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon
nella sua Iniziativa Globale "Prima l'istruzione" e al lavoro dell'inviato speciale delle Nazioni Unite per l'Educazione Globale Gordon Brown. Li ringrazio per la leadership che continuano a esercitare. Essi continuano a stimolare tutti noi all'azione. Cari fratelli e sorelle, ricordiamo una cosa: il Malala Day non è il mio giorno. Oggi è il giorno di ogni donna, ogni
ragazzo e ogni ragazza che hanno alzato la voce per i loro diritti.
Ci sono centinaia di attivisti per i diritti umani e operatori sociali che non solo parlano per
i loro diritti, ma che lottano per raggiungere un obiettivo di pace, educazione e uguaglianza. Migliaia di persone sono state uccise dai terroristi e milioni sono stati feriti. Io sono solo
una di loro. Così eccomi qui, una ragazza come tante. Io non parlo per me stessa, ma per
dare una voce a coloro che meritano di essere ascoltati. Coloro che hanno lottato per i loro
diritti. Per il loro diritto a vivere in pace. Per il loro diritto a essere trattati con dignità. Per
il loro diritto alle pari opportunità. Per il loro diritto all'istruzione.
Cari amici, il 9 ottobre 2012, i talebani mi hanno sparato sul lato sinistro della fronte.
Hanno sparato ai miei amici, anche. Pensavano che i proiettili ci avrebbero messi a tacere,
ma hanno fallito. Anzi, dal silenzio sono spuntate migliaia di voci. I terroristi pensavano di
cambiare i miei obiettivi e fermare le mie ambizioni. Ma nulla è cambiato nella mia vita,
tranne questo: debolezza, paura e disperazione sono morte; forza, energia e coraggio sono
nati. Io sono la stessa Malala. Le mie ambizioni sono le stesse. Le mie speranze sono le
stesse. E i miei sogni sono gli stessi.
Cari fratelli e sorelle, io non sono contro nessuno. Né sono qui a parlare in termini di
vendetta personale contro i talebani o qualsiasi altro gruppo terroristico. Sono qui a parlare
per il diritto all'istruzione per tutti i bambini. Voglio un'istruzione per i figli e le figlie dei talebani e di tutti i terroristi e gli estremisti. Non odio nemmeno il talebano che mi ha spara6
toria in tutto il mondo per ogni bambino. Facciamo appello a tutti i governi affinché combattano il terrorismo e la violenza. Affinché proteggano i bambini dalla brutalità e dal dolore. Invitiamo le nazioni sviluppate a favorire l'espansione delle opportunità di istruzione
per le ragazze nel mondo in via di sviluppo. Facciamo appello a tutte le comunità affinché
siano tolleranti, affinché rifiutino i pregiudizi basati sulle casta, la fede, la setta, il colore,
garantiscano invece libertà e uguaglianza per le donne in modo che esse possano fiorire.
Noi non possiamo avere successo se la metà del genere umano è tenuta indietro. Esortiamo le nostre sorelle di tutto il mondo a essere coraggiose, a sentire la forza che hanno
dentro e a esprimere il loro pieno potenziale.
Cari fratelli e sorelle, vogliamo scuole e istruzione per il futuro luminoso di ogni bambino.
Continueremo il nostro viaggio verso la nostra destinazione di pace e di educazione.
Nessuno ci può fermare. Alzeremo la voce per i nostri diritti e la nostra voce porterà al
cambiamento. Noi crediamo nella forza delle nostre parole. Le nostre parole possono cambiare il mondo, perché siamo tutti insieme, uniti per la causa dell'istruzione. E se vogliamo
raggiungere il nostro obiettivo, cerchiamo di armarci con l'arma della conoscenza e di farci
scudo con l'unità e la solidarietà.
Cari fratelli e sorelle, non dobbiamo dimenticare che milioni di persone soffrono la povertà e l'ingiustizia e l'ignoranza. Non dobbiamo dimenticare che milioni di bambini sono
fuori dalle loro scuole. Non dobbiamo dimenticare che i nostri fratelli e sorelle sono in attesa di un luminoso futuro di pace. Cerchiamo quindi di condurre una gloriosa lotta contro
l'analfabetismo, la povertà e il terrorismo, dobbiamo imbracciare i libri e le penne, sono le
armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il
mondo. L'istruzione è l'unica soluzione. L'istruzione è la prima cosa. Grazie".
(traduzione di Fulvio Scaglione)
ATTIVITA’:
1. Quali frasi del discorso ti hanno colpito di più? Perchè?
2. Quale critica viene rivolta ai talebani? Sai chi sono e cosa pensano?
3. Quale atteggiamento mantiene Malala nei loro confronti? A chi si ispira?
4. Quale impegno viene richiesto ai potenti? Su che cosa è maggiormente decisa Malala?
Quali pregiudizi devono essere sconfitti?
5. A quali valori Malala collega l’istruzione?
6. Prova ad essere tu Malala e riduci il suo discorso indicando le parti che pronunceresti all’ONU. In alternativa componi delle frasi dove esprimi l’importanza dell’istruzione per raggiungere altri obiettivi (es. pace, uguaglianza, fratellanza)
7. Fai una ricerca su programmi ONU e gruppi della cooperazione internazionale che si occupano di scuole e istruzione nei paesi poveri. Raccogli informazioni sui loro progetti trascrivendo: paese in cui è attivato, obiettivi, risorse, risultati raggiunti.
3° materiale: IL SOLE DENTRO, film
Genere: drammatico. Regia: Paolo Bianchini. Anno: 2012
Durata: 100’ Attori: Angela Finocchiaro, Diego Bianchi, Mohamed Lamine Keita, Mohamed Toumany Sylia, Gaetano Fresa, Fallou Kama, con la partecipazione di Francesco
Salvi e con l’amichevole partecipazione di Giobbe Covatta
Sinossi:
Il film racconta due storie: una vera e l’altra di invenzione, ma tratta da vicende reali. La
storia vera è quella del lungo viaggio di Yaguine e Fodè, due adolescenti guineani che nel
1999 hanno scritto a nome di tutti i bambini e i ragazzi africani una lettera indirizzata “Alle
loro Eccellenze i membri e responsabili dell’Europa“. Nella lettera i due ragazzi chiedono
aiuto per avere scuole, cibo, cure. Con la lettera in tasca Yaguine e Fodè si nascondono
nel vano del carrello di un aereo diretto a Bruxelles ed inizia così il loro straordinario viaggio della speranza che si concluderà tragicamente.
Le vicende di Yaguine e Fodè si incrociano con la seconda storia che narra di un altro viaggio, questa volta dall’Europa all’Africa, avvenuto dieci anni dopo, intrapreso da altri due
adolescenti ed un pallone. Thabo e Rocco, uno africano e l’altro italiano, sono vittime del
mercato di bambini calciatori, dal quale sono fuggiti. Un vero e proprio sfruttamento in cui i
bambini spesso vengono tolti alle famiglie, “usati” e abbandonati quando non servono più.
I due ragazzi giocando con un pallone, loro unico compagno di viaggio, attraversano l’Africa a piedi, percorrendo in senso opposto uno dei tanti “sentieri delle scarpe” tracciati in
anni da migliaia di uomini, donne, bambini, in fuga dalle carestie e dalle guerre. Il loro
viaggio è ricco di insidie e difficoltà, ma anche di incontri ed esperienze straordinarie che li
cambieranno per sempre.
Quando l’Airbus A300 della Sabena conclude il suo lungo volo atterrando a Bruxelles, un
tecnico scopre abbracciati i corpi assiderati di Yaguine e Fodè, nelle loro tasche la lettera
indirizzata “ Alle loro Eccellenze…”. Anche il lungo viaggio di Thabo e Rocco si conclude
con l’arrivo a N’Dola il paese natale di Thabo , dove li aspetta in un campo di calcio dedicato a Yaguine e Fodè un mister un po’ speciale che tutti chiamano “pasta e fagioli”.
ANALISI DEL FILM
Una delle caratteristiche fondamentali de “Il sole dentro” che lo rende un importante strumento didattico e divulgativo è la sua capacità di offrire numerosi spunti di riflessione su
diverse tematiche, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro, ma soprattutto divertendo
ed interessando i ragazzi. Questo si è verificato anche in una proiezione specifica per 830
ragazzi dai 10 ai 13 anni (luglio 2012, all’interno del Festival di Giffoni).
Nel film sono intrecciate due storie differenti, ma non viene rivelato subito l’elemento che
le congiunge; ciò consente di mantenere l’attenzione sempre attiva. Entrambe le vicende
sono trattate con delicatezza e sensibilità, senza mai scadere nei luoghi comuni. La presenza di attori brillanti come Angela Finocchiaro, Giobbe Covatta, Francesco Salvi e Diego
Bianchi consente al film di scorrere con piacevolezza. Lo stile registico è asciutto per lasciare spazio alle storie, ai luoghi dove è stato girato (Puglia – deserto tunisino – Guinea
Conakry) e ai volti degli attori, in particolar modo dei quattro ragazzini protagonisti diretti
con sensibilità. Il regista Paolo Bianchini per il suo impegno verso l’infanzia e i suoi diritti è
7
Infine vi supplichiamo di scusarci moltissimo di aver osato scrivervi questa lettera
in quanto voi siete degli adulti a cui noi dobbiamo molto rispetto...
Yaguine e Fodè due bambini guineani.
stato nominato ambasciatore dell’Unicef. Attraverso le immagini del film si possono scoprire gli ampi spazi del deserto del Sahara ed entrare nelle case reali di Yaguine e Fodè e conoscere i loro veri genitori. Il finale del film, nonostante la tragica morte di Yaguine e Fodè, lascia un messaggio di speranza per il futuro.
LA TRATTA DEI BABY CALCIATORI
Il calcio nell’immaginario collettivo è visto come un mondo dorato attorno al quale c’è un
giro economico di proporzioni mastodontiche e dove gli atleti sono strapagati ma c’è una
realtà che pochi conoscono, fatta di dolore e sfruttamento: è la tratta dei baby calciatori.
Persone senza scrupoli, sedicenti procuratori, che sono stati nominati “scafisti del calcio” girano il mondo, soprattutto l’Africa, alla ricerca di piccoli talenti. Una volta individuati dei
ragazzi, convincono le famiglie a farseli consegnare per portarli a giocare ed allenarsi in
qualche club europeo con il sogno e la speranza di diventare i campioni del domani, ma
per fare ciò si fanno pagare lautamente. Le famiglie che sperano di vedere il proprio figlio
diventare un grande calciatore consegnano tutti i loro risparmi o si indebitano. Alcuni ragazzi vengono portati effettivamente nei club, ma se dopo pochissimo tempo non rispondono alle caratteristiche richieste vengono abbandonati dove capita oppure sfruttati come
manodopera a basso costo. Molti di loro provano a tornare a casa e finiscono nella rete
della malavita, mentre altri scompaiono e si perdono completamente le loro tracce.
Questi ragazzi vengono chiamati “nuovi schiavi del calcio”, sono circa 20.000 e provengono quasi tutti dall’Africa, le meta principale è la Francia, ma si sono verificati numerosi casi
anche in Italia.
La compravendita dei calciatori minorenni è vietata dall’articolo 19 del Regolamento Fifa
sullo Status e sul Trasferimento dei giocatori, che recita: “I trasferimenti internazionali dei
calciatori sono consentiti solo se il calciatore ha superato il 18° anno di età”. Sono previste,
però, delle eccezioni: il trasferimento di un giocatore di 16 anni è consentito all’interno dell’UE o dell’ AEE, per via della sentenza Bosman (che liberalizza il mercato del calcio europeo); se i genitori del ragazzo si sono trasferiti nel Paese della nuova società per motivi indipendenti dal calcio; se è in essere un accordo di collaborazione tra accademie giovanili
dei due club (con adeguato alloggio, mantenimento e istruzione). E su queste eccezioni
s’innestano i sedicenti procuratori che riescono a falsificare i documenti oppure produrre falsi attestati in cui risulta che i genitori lavorano in Europa e per la Fifa è impossibile controllare tutto, specie se i ragazzi giocano in squadre amatoriali, e non riconosciute.
LA STORIA DI YAGUINE E FODE'
Conakry – Guinea 1999: Yaguine Coita e Fodè Tounkara sono due ragazzi rispettivamente di 15 e 14 anni. Vivono a Conakry, la capitale della Guinea, in delle baracche ai margini della città. Frequentano una scuola affollata e povera, senza corrente elettrica né libri.
Nella classe di Fodè ci sono 107 alunni. La sera per studiare sono costretti a percorrere decine di km a piedi per raggiungere il parcheggio dell’aeroporto di Conakry unico luogo in
cui ci sia la corrente e l’illuminazione e dove li attendono tanti altri ragazzi. Yaguine e Fodè
sono legati da una profonda amicizia e li accomuna un desiderio: studiare per crescere,
emanciparsi, per aiutare le loro famiglie e gli altri ragazzi guineani e Africani e li unisce anche la speranza di poter cambiare le cose con lo studio, con il dialogo. La loro speranza,
purezza e anche ingenuità fa nascere in loro un pensiero: scrivere una lettera ai “signori
membri e responsabili dell’Europa”, per raccontare quello che succede in Africa e chiedere
loro aiuto, perché nelle menti dei due ragazzi i “Responsabili dell’Europa” non possono sapere quello che succede in Africa altrimenti non lo permetterebbero. E così ogni sera si ritrovano nel parcheggio dell’aeroporto dove, armati di carta e penna, iniziano a scrivere la
loro lettera. Finché un giorno, terminata la redazione, decidono di consegnarla personalmente al Parlamento Europeo utilizzando uno dei tanti aerei che da Conakry vanno a
Bruxelles. Preparano le loro poche cose e con coraggio riescono ad infilarsi nel vano del
carrello di atterraggio di un Airbus A300 della compagnia belga Sabena.
I loro corpi sono stati trovati solo qualche giorno dopo all’aeroporto di Bruxelles; indossavano diverse paia di pantaloni e maglioni infilati l’uno sopra l’altro, ma ai piedi calzavano i
sandali. Sono morti di freddo, sicuramente: all'altitudine di crociera di un aereo, la temperatura oscilla tra i -50 e i -55 gradi. Nelle loro tasche hanno trovato questa lettera:
Alle Loro Eccellenze i signori membri e responsabili dell’Europa.
Abbiamo l’onore e il piacere e la grande fiducia di scrivervi questa lettera
per parlarvi del nostro viaggio e della sofferenza di noi bambini e giovani dell’Africa.
Ma prima di tutto, vi presentiamo i nostri saluti più squisiti rispettosi, a tal fine,
siate il nostro sostegno e il nostro aiuto, siatelo per noi in Africa, voi ai quali bisogna chiedere soccorso; ve ne supplichiamo per l’amore del vostro bel continente, per il vostro sentimento verso i vostri popoli , le vostre famiglie e soprattutto per l’amore per i vostri figli
che voi amate come la vita...
Signori membri e responsabili dell’Europa, è alla vostra solidarietà e alla vostra
gentilezza che noi gridiamo aiuto per l’Africa.
Aiutateci, soffriamo enormemente in Africa aiutateci, abbiamo dei problemi e i
bambini non hanno diritti... noi africani, e soprattutto noi bambini e giovani africani, vi
chiediamo di fare una grande organizzazione utile per l’Africa, perché progredisca. Se vedete che ci sacrifichiamo rischiamo la vita, è perché soffriamo troppo in Africa e abbiamo
bisogno di voi per lottare contro la povertà e mettere fine alla guerra in Africa.
Ciò nonostante noi vogliamo studiare, vi chiediamo di aiutarci a studiare per essere come voi...
TEMATICHE DEL FILM (adatto a tutte le età)
• La storia vera della lettera di Yaguine e Fodè
• La tratta dei baby calciatori e lo sfruttamento dei minorenni
• L’amicizia che supera barriere e differenze
• Le difficoltà, la carenza affettiva e l’abbandono di molti ragazzi italiani
• Il viaggio alla scoperta dell’altro e di sé
• L’Africa, le sue difficoltà ma anche la sua bellezza, la sua gioia e i suoi valori
• Le ragioni e le difficoltà dell’emigrazione
• Il diritto e la possibilità dei bambini e dei giovani di vivere in un “mondo migliore”
• Le differenze e le somiglianze fra ragazzi italiani ed africani
• Lo studio e l’impegno come strumenti per migliorare il proprio Paese e la propria
esistenza
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• Il calcio e lo sport come momento di aggregazione, di crescita e di aiuto reciproco
• L’espressione dell’affettività nella relazione fra le persone messa in difficoltà, nei
nostri giorni, dalla presenza sempre più invadente delle tecnologie
• La personalità, la capacità degli italiani all’Estero di interagire con le realtà locali e
l’importanza della cooperazione
Spunti di riflessione per discutere dopo il film:
Quale momento del film ti ha colpito di più? Perchè?
1. Il titolo “Il sole dentro” a cosa si riferisce?
2. Cosa ha spinto Yaguinè e Fodè a scrivere la loro lettera al Parlamento Europeo e qual
è la situazione dei ragazzi africani?
3. Dove si trova la Guinea e qual è la sua situazione socio-politica?
4. Nel film sono mostrati i veri genitori di Yaguine e Fodè e le loro case. Quali riflessioni e
spunti nascono guardando i volti dei genitori e le loro umili abitazioni? Quali differenze con
la nostra realtà?
5. Yaguine e Fodè, nella loro lettera, chiedono di poter studiare. Qual è il valore dello studio e della cultura? Che cosa vuol dire per un Paese essere culturalmente arretrato?
6. Rocco e Thabo, gli altri due piccoli protagonisti del film, partono da Bari e raggiungono
l’Africa centrale a piedi, attraversando il deserto. Qual è il loro percorso?
7. Nel deserto, Rocco e Thabo incontrano una serie di persone: lo speaker della radio, il
nomade, i migranti, Padre X. Che cosa rappresentano?
8. La figura di Padre X è enigmatica e misteriosa. Che valore e simbologia hanno, secondo
voi, gli aquiloni che egli fa volare nel cielo?
9. Chiara, interpretata da Angela Finocchiaro, è una donna che ha deciso di abbandonare
le comodità della sua vita per trasferirsi in Africa e allenare una piccola squadra di calcio.
Quali sono le ragioni della sua scelta? L’aver abbandonato una serie di comodità l’ha resa
più infelice o più serena?
10. Il console, interpretato da Diego Bianchi, è una figura divertente e allegra. Ma qual è il
suo vero ruolo nel film quando deve diventare una persona seria?
11. Molti italiani come Chiara, il console, il rappresentante dell’Unicef, sono impegnati all’Estero in azioni umanitarie o diplomatiche. Qual è il ruolo e l’attività specifica dell’Unicef?
12. Che cosa ha spinto Thabo e la sua famiglia a farlo partire con un sedicente procuratore? Quali speranze e sogni avevano per il futuro? Cos’è la tratta dei baby calciatori? Quali
altre forme di sfruttamento esistono nei Paesi più poveri (bambini soldato, minatori in cunicoli talmente stretti che entrano solo piccoli corpi ecc.) ?
13. Rocco, una volta giunto in Africa, è un clandestino come lo sono molti degli africani
che giungono in Italia. Cosa vuol dire essere un clandestino?
14. Nella partita di calcio finale, in un campo povero e polveroso ma costruito con amore,
tutti i ragazzi giocano insieme senza distinzione di provenienza. Qual è il valore dello
sport? E’ ancora possibile oggi sperare in un calcio pulito che rappresenti un momento di
confronto agonistico sano e leale?
15. Come mai centinaia di migliaia di persone ogni anno abbandonano il proprio Paese lasciando tutti gli affetti e rischiando la vita per raggiungere l’Europa?
16. Sia l’amicizia fra Yaguine e Fodè che fra Rocco e Thabo si rivela un elemento fondamentale per superare le difficoltà. Qual è il valore dell’amicizia e cosa vuol dire avere un
vero amico?
4° materiale: A partire dal libro “E
SE NESSUNO MI BECCA?”
Segnaliamo il testo: Bruce Weinstein e Tuono Pettinato, E SE NESSUNO MI
BECCA? Breve trattato di etica per ragazzi, edizioni Il Castoro
LA SCUOLA NE POSSIEDE 4 COPIE e qualche insegnante lo sta utilizzando.
Il libro, dallo stile semplice e colloquiale, parte dall’idea che nella vita il successo non dipenda solo dall’intelligenza, ma anche dall’etica. La proposta dell’autore è di sottoporre ai
ragazzi 5 principi di vita (o pilastri) che sono:
1. Non fare del male a nessuno
2. Lascia il mondo un po’ migliore di come l’hai trovato
3. Rispetta il prossimo
4. Sii giusto
5. Sii amorevole
Alla luce di questi principi i ragazzi sono invitati a discutere di situazioni quotidiane di amicizia, vita in famiglia, uso delle tecnologie, primi amori, impegno verso i propri doveri, rapporti con i compagni ecc.
Le domande che vengono dibattute sono ad esempio: bisogna sempre essere sinceri, a costo di essere brutali? Quando si può non rispettare una promessa? Che fare quando a
comportarsi male sono i genitori? Si può lasciare una fidanzata con un’e-mail? Che cosa c’è
di male se compro un compito su internet? Che cosa c’entro io se a imbrogliare è un altro?
Quando c’è bisogno di chiedere scusa?
Partendo da cinque principi pratici, con tantissimi esempi concreti, il libro mira a guidare i
ragazzi verso la costruzione di una convivenza più rispettosa e serena con gli altri ma anche, e soprattutto, con se stessi.
Il libro può essere utilizzato in vari modi: sul sito ESENESSUNOMIBECCA.IT troverete il
KIT GRATUITO DI ISTRUZIONI PER L’USO e ATTIVITÀ PRATICHE per
INSEGNANTI, FAMIGLIE ed EDUCATORI + IL BLOG. L’autrice e docente Annalisa Strada ha predisposto alcune attività che ogni docente può liberamente selezionare.
Il libro, come spiega il kit di istruzioni, può essere usato in molti modi diversi: se ne può
fare la lettura in classe, oppure il testo è nelle mani del docente che propone attività adatte ai suoi studenti.
Le problematiche sono collegabili ad altre letture.
Per esempio, se si vuole utilizzare Pinocchio sono utili le pagine 24-25, dedicate al principio
n° 3 "Rispetta il prossimo" : Di' la verità/mantieni le promesse; oppure pag. 35 dove ci si
chiede: Sinceri a costo di essere brutali? O ancora: pag. 38, Quando si può non rispettare
una promessa? e pag. 99, Quando vedi qualcuno che bara, che fai?
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5° NON UNO DI MENO - film
Cina 1999, durata 106'
Genere: drammatico
Regia di: Zhang Yimou
Cast principale: Minzhi Wei, Huike Zhang, Zhenda Tian, Enman Gao
Tematiche: scuola, bambini, povertà
Target: Sopra i 12 anni
Sinossi
In un poverissimo villaggio dell’interno della Cina, il maestro Gao è costretto ad assentarsi
per un mese dalla scuola elementare in cui insegna, per assistere la madre malata. In sua
sostituzione il capo del villaggio chiama, come supplente, Wei Minzhi, una giovanissima ragazza di soli tredici anni. Cosciente dell’inesperienza e dell’impreparazione della ragazza, il
maestro Gao è convinto che quella supplente non sarà mai in grado di insegnare nulla a
degli alunni di pochissimo più giovani di lei e protesta con il sindaco, ma non ci sono altre
soluzioni, nessun altro accetterebbe mai un simile incarico. Preoccupato che quanto meno
Wei Minzhi riesca a sorvegliare i suoi alunni e che nessuno abbandoni la scuola durante la
sua assenza, strappa alla ragazzina una solenne promessa: “non uno di meno”, cioè se riuscirà a fare in modo che neppure un alunno lasci la scuola, riceverà in cambio un compenso di dieci yuan.
Mossa dal desiderio di guadagnare i soldi promessi, più che da interesse per il ruolo che
dovrà assumere, la giovane maestrina si mette al lavoro. I primi tentativi d’insegnamento
però sono un vero disastro: i bambini non l’ascoltano, sono vivaci e irrequieti e si rifiutano
di svolgere quanto lei propone. I noiosi esercizi di copiatura di ideogrammi dalla lavagna
vengono eseguiti solo da un esiguo numero di alunni, mentre gli altri preferiscono seguire e
imitare il comportamento trasgressivo dell’alunno più esuberante: Zhang Huike.
La maestrina perciò ben presto rinuncia ad assumere il ruolo educativo per cui era stata
chiamata e si limita piuttosto a fare la guardiana dei bambini: ogni mattina, dopo aver fatto l’appello e aver verificato che tutti gli alunni sono presenti, si siede sulle scale, fuori dalla porta dell’aula e vigila che nessuno esca senza il suo permesso.
Un giorno però l’allievo Zhang Huike non si presenta alle lezioni: la madre gravemente
ammalata l’ha mandato in città con una parente incaricata di aiutarlo a trovarsi un lavoro.
Questo evento modifica radicalmente il comportamento di Wei Minzhi: preoccupata di non
riuscire a mantener fede alla promessa fatta al maestro Gao e di non ricevere di conseguenza i dieci yuan pattuiti, decide di andarlo a cercare e di non arrendersi finchè non
l’avrà ritrovato e riportato a scuola. Ma per andare in città servono soldi e lei non ne ha e
non sa come fare per racimolarli. Questo problema trasforma completamente il rapporto
con i suoi piccoli alunni: all’indifferenza iniziale si sostituisce una grande collaborazione e
tutti si danno da fare per guadagnare qualche spicciolo. Non solo, anche a scuola si impegnano moltissimo a far conti e a scrivere tutte le idee che emergono, così senza accorgersi
si applicano nello studio e imparano nuove cose. Un giorno tutti insieme spostano più di
mille mattoni in un capannone e riescono a raggranellare quindici yuan: sperano così di pagare il biglietto alla maestra, ma i soldi sono insufficienti e quando Wei Minzhi tenta di salire sull’autobus viene scacciata in malo modo.
Maestra ed alunni si consolano perciò usando il denaro per comprare due lattine di cocacola
che si dividono equamente. Wei è comunque decisa a non arrendersi, dunque si avvia a
piedi verso la città e, fra peripezie varie, riesce ad arrivarci. Subito inizia la ricerca del ra-
gazzino: ma è come cercare un ago in un pagliaio, a lungo vaga senza meta precisa, frastornata e confusa dalla metropoli caotica e rumorosa, dove tutto è estraneo, sconosciuto
e incomprensibile, ma da cui cerca di non lasciarsi intimorire. Quando finalmente riesce a
rintracciare la parente che aveva accompagnato Zhang Huike in città, scopre che questa
l’ha perso alla stazione ferroviaria, quindi vi si precipita e inizia a cercarlo invano. A nulla
servono gli avvisi fatti tramite altoparlante: del bambino nessuna traccia. Alla stazione Wei
Minzhi scrive instancabilmente numerosi avvisi da affiggere per le strade, ma durante la
notte - mentre lei esausta dorme nella sala d’aspetto - i messaggi volano via. Su consiglio
di un uomo conosciuto alla stazione, la maestrina pensa di rivolgere un appello a Zhang
Huike tramite la televisione, ma una volta rintracciati gli studi televisivi, la portinaia le
vieta l’accesso come prescrive il regolamento. Cocciuta e decisa a non mollare, si piazza
dunque davanti ai cancelli della rete televisiva intenzionata a trovare il presidente della televisione e a farsi ascoltare.
Dopo innumerevoli tentativi andati a vuoto e una notte passata a dormire accovacciata
fuori dai cancelli, riesce finalmente nel suo intento: incontra il presidente che la porta davanti alle telecamere per raccontare la sua storia e lanciare il suo appello in una specie di
“Chi l’ha visto?” cinese che si chiama “L’arcobaleno della vita”. Intimidita e imbarazzata,
Wei Minzhi riesce comunque a lanciare un accorato appello che viene sentito dalla padrona
del ristorante presso il quale lavora come lavapiatti Zhang Huike. Attraverso la trasmissione il piccolo viene ritrovato, maestra e allievo si ricongiungono e, accompagnati da tutta la
troupe televisiva che documenta l’avvenimento, tornano festosi a casa. Lo sperduto villaggio viene così invaso dalla “benefica modernità” della televisione che offre, sotto gli occhi di milioni di telespettatori, tanti regali, tanti sorrisi, i fondi per ricostruire la scuola che si
chiamerà “Scuola della Speranza” e tanti gessetti colorati con i quali la lavagna diventa,
nell’ultima scena, un fiorire di ideogrammi multicolori. Fra essi spicca la scritta, composta
dal vivace alunno ritrovato, con il nome della maestra Wei Minzhi, promossa sul campo…
Analisi
Non uno di meno è un film tutto giocato insomma su coppie di opposti
• estetico-linguistici (campi lunghissimi-primissimi piani; orizzontalità-verticalità;
dilatazione-concentrazione; macchina da presa fissa-macchina da presa molto mobile; lentezza-velocità; staticità- movimento; cromatismo caldo-cromatismo freddo;
bianco-colore; luci diurne naturali, luci notturne artificiali; spazi aperti-spazi chiusi;
rumori naturali-rumori artificiali; silenzio- confusione)
• tematico - contenutistici (villaggio-città; tradizione-modernità; passato-presente;
istruzione-lavoro minorile; messaggio manuale-messaggio televisivo; diritti-doveri;
copiare-ragionare; apprendimento passivo-apprendimento attivo; maschile-femminile; adulti- bambini; autorità-autorevolezza; esclusione-appartenenza; indifferenzacollaborazione; imposizione-scelta…)
• dimensione individuale e dimensione collettiva (come cambia il rapporto tra la
maestrina ei suoi alunni).
A legare questi contrasti è il viaggio che la protagonista compie dal villaggio rurale alla
tentacolare città: viaggio reale fatto bruciando chilometri di terra sotto i piedi e viaggio
metaforico nelle relazioni fra la giovane maestrina e i suoi alunni nel quale, al sentimento
iniziale dell’indifferenza, si sostituiscono via via quelli collaborazione e complicità.
L’effetto di realismo ricercato dal regista è reso sia attraverso la scelta dei protagonisti che
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dell’ambientazione in cui la vicenda si svolge.
Gli attori infatti non sono professionisti, ma gente presa dalla strada; tutti conservano i loro
nomi e interpretano nel film gli stessi ruoli che hanno nella vita: il maestro Gao è un vero
maestro, Wei Minzhi si chiama proprio così, ha 13 anni ed è contadina e lo stesso vale per
gli altri interpreti.
La maestrina è una giovane ragazza tenera, testarda, capace di perseguire i propri obiettivi
con coraggio, caparbietà e la tenacia di un mulo. Non sa che in Cina moltissimi bambini
abbandonano la scuola e dunque il suo inseguimento del ragazzino nella metropoli caotica
è solo frutto della sua coerenza con la promessa fatta: non c’è in lei la consapevolezza di
un qualche impegno sociale.
Non uno di meno è ambientato, nella prima parte, in un autentico villaggio poverissimo,
senza luce né acqua corrente, mentre nella seconda parte la narrazione si sposta in una città. I luoghi della messa in scena sono tutti rigorosamente reali e sono esplorati dalla macchina da presa con attenzione, mettendo in evidenza gli elementi e i dettagli che li caratterizzano. Il villaggio, dove si respira un’aria medioevale, è prima di tutto svelato nella sua
dimensione sonora: l’abbaiare dei cani, il canto del gallo, il cinguettio degli uccelli, il ragliare
degli asini, sono tutti rumori rurali funzionali a sottolinearne la sua arcaica bellezza; ma anche il taglio delle riprese prevalentemente orizzontale, i limitatissimi movimenti di macchina, le inquadrature prolungate e fisse, la scarsità degli elementi presenti nella scena, sono
tutte scelte estetiche che concorrono a conferire al luogo una fisionomia d’altri tempi e a
immergere lo spettatore in un universo dove il tempo sembra scorrere più lentamente e
dove la vita è ancora scandita da ritmi naturali. La scuola poi è il segno più tangibile dell’alto livello di povertà del villaggio: è priva di tutto, perfino dei gessi che il maestro Gao
usa con molta parsimonia. I banchi sono rotti, c’è un solo libro vecchio e consunto, non c’è
la campanella e la fine delle lezioni è segnalata dal posarsi dei raggi del sole su un chiodo
appeso alla parete. Anche l’abitazione della maestra è indice del profondo livello di indigenza: più che una casa, si può definire un tugurio con arredamento essenziale: un giaciglio
per dormire e un piccolo tavolino di legno ormai consumato dal tempo.
In netta contrapposizione con la rappresentazione del villaggio caratterizzato dalla lentezza
e avvolto in una quiete quasi “spiazzante”, è la messa in scena della città. Una caotica
metropoli, simbolo della globalizzazione galoppante dove convivono scenari di miseria resa
visibile dai mendicanti che elemosinano agli angoli delle strade, con aspetti di modernità e
indici di ricchezza e benessere riservati a pochi eletti. Una città caratterizzata da una saturazione sonora e visiva: sferragliare di treni, echi di altoparlanti, rombi e clacson di auto,
voci che si sovrappongono confusamente, suoni e rumori che paiono provenire da ogni angolo. Persone che si muovono ininterrottamente e instancabilmente, un’infinità di oggetti
diversificati che riempiono lo schermo, movimenti che si susseguono senza sosta. Inquadrature brevi, veloci, riprese che si sviluppano prevalentemente nella direzione della verticalità, movimenti di macchina volti a segnalare il dinamismo della vita urbana. Tutti elementi insomma che concorrono a “informare” lo spettatore dei radicali cambiamenti in atto
nella società cinese e che segnalano in modo inequivocabile la profonda differenza fra città
e campagna. E, come ponte fra i due mondi, quello rurale e quello urbano, ci sta la televisione con i suoi studi dai colori squillanti, che si delinea immediatamente come “altro” rispetto alla realtà, ma al tempo stesso unico mezzo potente per incidere sulla realtà e cambiare il corso degli eventi. Descritta un po’ come la “fata buona” delle vecchie fiabe senza
la quale la storia non potrebbe andare avanti e il bene non potrebbe trionfare, la televisione è raccontata come fosse lo strumento della riconciliazione, capace di annullare o almeno
attenuare le distanze (economiche, emotive e spaziali) e di condurre a un “hippy end” in
grande stile. Ma tutti gli altri segni disseminati nella storia in fondo non possono non portare lo spettatore a interrogarsi sul fatto che si tratti di un “hippy end” vero o presunto, di un
finale lieto o amaro, di un’immagine positiva o negativa del paese…
ITINERARI DIDATTICI
Prima della visione del film:
Il film Non uno di meno mette lo spettatore “dentro” a una realtà geo-antropologica molto
differente da quella italiana e fornisce diversi indizi per la conoscenza della attuale situazione cinese. Per stimolare pertanto una visione più attenta, motivata e uno sguardo capace
di cogliere oltre la superficie e di cercare nel testo filmico informazioni utili e risposte, è necessario (o quantomeno opportuno) verificare le preconoscenze di ciascuno e creare nei ragazzi, prima della visione del film, curiosità e interesse, stimolandoli con domande.
• L’immagine della Cina: si divide la classe in piccoli gruppi e si propone a ciascuno di
realizzare su un grande cartellone una mappa della Cina utilizzando la tecnica del
foto collage (si disegna una mappa muta, si ricercano su riviste immagini varie, o
frammenti di immagini, che in qualche modo si possono associare all’idea che ciascuno ha della Cina e poi si incollano sulla mappa. È possibile anche completare
con interventi grafici di vario tipo). Le mappe prodotte vengono analizzate e confrontate collettivamente.
• Se dico Cina, mi viene in mente… In alternativa alla mappa, per scoprire la percezione generica che il gruppo ha della Cina, utilizzando la tecnica del brainstorming
si può chiedere agli studenti di elencare tutto ciò che a loro viene in mente (luoghi,
eventi, monumenti, persone, abbigliamento, atteggiamenti, immagini, Collio) pensando alla Cina. Dopo la visione del film sarebbe interessante fare un altro brainstorming collettivo e confrontarlo con quello precedente per riflettere su quanto e
come si è ampliata o modificata la percezione dei singoli.
• Introdurre le tematiche del film con un questionario: Cosa sappiamo dell’istruzione
e del lavoro minorile nel mondo? La somministrazione di un questionario prima della visione (e la probabile difficoltà di dare risposte) potrebbe diventare una “molla”
capace di stimolare una visione attenta che va alla ricerca, proprio nella narrazione
cinematografica, di risposte a quesiti rimasti aperti. Le domande tipo potrebbero essere: come funziona il sistema scolastico in Cina? Esistono differenze fra scuole rurali e urbane? Quali? L’istruzione obbligatoria? Fino a che età? Cosa si studia nelle
scuole? Con quali metodi e strumenti? La frequenza è regolare? È diffuso il fenomeno dell’abbandono scolastico? Per quali motivi? Esistono in Cina bambini lavoratori?
Per quali motivi? Se sì, quanti? Impiegati in quali settori?.. Lo stesso questionario
può essere ripreso in mano dopo la visione e le risposte completate. Anche in questo caso il film può costituire un punto di partenza per una ricerca approfondita sulle
tematiche.
Dopo la visione del film:
• Alfabeto emotivo del film: è un gioco che può divertire gli alunni e, contemporaneamente può costituire la prima tappa per avviare l’analisi – riflessione sul film. Si
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scrivono, su un grande foglio, una sotto l’altra tutte le lettere dell’alfabeto e poi di
fianco a ciascuna si cercano parole con l’iniziale corrispondente (emozioni, sensazioni, tematiche…) suscitate dalla visione del film. Le parole emerse possono diventare
il punto di partenza per avviare una discussione collettiva e per richiamare le diverse scene del film a cui collegare ciascuna parola. Sarebbe opportuno cercare anche
di capire insieme attraverso quali strategie linguistiche (uso di luci e colori, scelta
delle inquadrature, movimenti di macchina, funzione della colonna sonora…) il film
è riuscito a suscitare certe sensazioni-emozioni.
• Un viaggio in Cina: gli ambienti del film: per riflettere sulle caratteristiche degli ambienti messi in scena è possibile, su un grande cartellone, elencare tutti gli elementi
che caratterizzano il villaggio e quelli che connotano la città e confrontarli con quanto era emerso nel brainstorming o nelle mappe realizzate prima del film.
• Le coppie di opposti: come detto, Non uno di meno è tutto giocato su coppie di opposti estetico-linguistici e tematico-contenutistici che si contrappongono nettamente
e fungono un po’ da linee di separazione fra due mondi: quello rurale e quello urbano, ma anche da linea di confine fra un prima e un dopo del film e segnano il passaggio da una dimensione individuale e da un atteggiamento di separazione-alterità
della maestra a una dimensione collettiva e a un nuovo modo di relazionarsi con i
propri alunni. Potrebbe risultare significativo cercare di individuare con gli alunni
tutti gli elementi posti fra loro in contrapposizione (per questo esercizio vedere indicazioni contenute nel paragrafo “Analisi della struttura”).
• Il cerchio delle relazioni: i personaggi del film: l’analisi dei personaggi del film può
essere affrontata in modi differenti (creare la carta d’identità di ciascuno; focalizzare
l’attenzione su aspetto fisico, abbigliamento, carattere, comportamenti, trasformazioni nel corso della narrazione, modalità di ripresa dei vari personaggi). Ma particolarmente interessante in questo film è l’aspetto relazionale che unisce i vari personaggi. Scrivendo nel centro di un cartellone il nome della giovane maestra Wei
Minzhi e intorno, a cerchio, tutti gli altri (capo villaggio, maestro Gao, alunni, alunno Zhang Huike, portinaia rete televisiva, presidente della TV, ragazza della città,
uomo incontrato alla stazione….) è possibile classificare e definire il tipo di relazione
fra la protagonista principale e gli altri servendosi di frecce di diverso colore: relazione positiva (in rosso) o negativa (in blu) e utilizzando termini appropriati.
• La strada dei sentimenti e dei cambiamenti di Wei Minzhi: Wei Minzhi è un chiaro
esempio di come, eventi, accadimenti, incontri possano cambiare gli atteggiamenti
di una persona. Per visualizzare in modo chiaro come tutto ciò è avvenuto e capirne il perché, si potrebbe tracciare, su un cartellone, una lunga strada indicando le
tappe principali della narrazione (inizio del film, le prime lezioni, la sparizione di
Zhang Huike, la ricerca dei soldi, in viaggio verso la città, in città, ritorno al villaggio) e scrivere o raccontare per ogni tappa quali eventi significativi l’hanno caratterizzata, quale comportamento ha assunto la protagonista, quali sentimenti può aver
provato e in che senso il rapporto con gli alunni è cambiato.
ELEMENTI PER LA DISCUSSIONE
Sul piano tematico il film offre numerosi spunti per discutere e riflettere su:
- L’istruzione. Un diritto o un dovere?
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- I metodi di insegnamento / apprendimento: copiare o ragionare?
- Diritti e doveri: limiti e libertà
- Disciplina, norme, regole, punizioni: il ruolo dell’insegnante e quello degli alunni nella relazione educativa
- Insegnante-alunni: autorità o autorevolezza? Passività o partecipazione?
- Il gruppo dei pari: appartenenza, esclusione, conflitti, collaborazione
- I ruoli nel gruppo: il leader, il gregario, il collaborativo, la vittima, il capro espiatorio…
- L’unione fa la forza: come superare prove e ostacoli aiutandosi a vicenda
- Il lavoro minorile: una realtà sconosciuta?
- La povertà, gli squilibri Nord-Sud del Mondo
- La comunicazione mass-mediologica: il potere della televisione
IDEE
Il film “Non uno di meno” può costituire uno stimolo per sviluppare indagini e ricerche, in
particolare sui seguenti temi:
– La storia della Cina dal periodo dei grandi imperi alla rivoluzione popolare sino ad oggi
vista anche attraverso il cinema: L’ultimo imperatore (B. Bertolucci), L’impero del sole (S.
Spielberg), Lanterne rosse, La storia di Qiu Ju (Z.Yimou)
– La condizione dell’infanzia nella Cina attuale esplorata anche attraverso testi e video documentaristici realizzati da varie ONG (Organizzazioni Non Governative)
– I diritti dei minori: analisi della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia; confronto fra diritti legislativi e diritti garantiti nel Nord e nel Sud del Mondo
– Il lavoro minorile (art. 32 della Convenzione) in Cina, nel paesi del Sud del Mondo e in
Italia, esplorata anche attraverso video prodotti da Manitese e dall’UNICEF
– Il diritto all’istruzione (art. 28 della Convenzione), in Cina, in Italia e nel resto del mondo, esplorato anche attraverso documentari prodotti dalle ONG
– La scuola in Cina, Iran, Mali raccontata attraverso l’occhio di tre registi: Z.Yimou, A. Kiarostami, C. O. Sissoko.Visione e confronto di tre film: Non uno di meno; Dov’è la casa del
mio amico; Nyamanton, La lezione dell’immondizia.
(fonte: Arrivano i film, Regione Lombardia)
6° CONCLUSIONI
Poichè i giorni della legalità cadono nei dintorni del 27 gennaio, ricordiamo che le scuole
secondarie posseggono diversi flm (oltre ai molto noti quali “La vita è bella”). Ecco un
elenco seppure incompleto:
• Vento di primavera
• Monsieour Batignole
• Concorrenza sleale
• L’isola degli uccelli
• L’amico ritrovato
• Jona che visse nella balena
• Il diario di Anna Frank
• Train de vie
• Arrivederci ragazzi
BUON LAVORO A TUTTI, SOPRATTUTTO A CHI IMPARA E CAMBIA IL MONDO.
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