Lavoro in un telefono erotico e sono anch`io una sex

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Lavoro in un telefono erotico e sono anch`io una sex
Lavoro in un telefono erotico e sono anch'io una sex worker anche se mi occupo di una forma di sesso virtuale che
i miei amici francesi chiamano «masturbation sophistiquée ».
La sede del telefono è vicinissima alla stazione, di fronte a
un distributore di benzina.
- Sono sessantamila lire per venticinque minuti di
conversazione.
- Caspita, - dice qualcuno, - per questo prezzo vado a
cercarmi una puttana così faccio l'amore davvero.
Altri invece sono incuriositi dalla novità, amano quello che
una voce speciale, certe parole o fantasie sanno dare.
Suono il secondo campanello della seconda fila che poi è
l'unico dove non c'è scritto niente (mi diverte questa
riservatezza) e mi qualifico come Lorena, il nome che ho
scelto per rispondere al telefono (abbiamo tutte dei nomi
diversi, è come condurre una doppia vita, a volte è
divertente, a volte capita di sbagliarsi).
C'è un corridoio con le pareti un po' scrostate (i primi
tempi c'era appesa una vecchia carta geografica dell'Italia su
cui segnavamo le regioni che telefonavano più spesso). Il
centralino, dove le operatrici rispondono a turno a uno dei
cinque telefoni che squillano in continuazione spiegando il
funzionamento e le modalità di pagamento, è una sala
insonorizzata con contenitori di uova applicati alle pareti. Poi
c'è il bagno, con un telefono (è una delle «stanze» per le
conversazioni), una piccola cucina sporca piena di pacchi di
zucchero e caffè, sempre con un telefono, un'altra saletta
riservata nel caso il bagno e la cucina fossero occupati, e
l'ufficio di Alessio, il capo, meglio il titolare, come lo
chiamano tutte con una sorta di deferenza.
L'ho conosciuto qualche mese fa dopo avere visto
l'annuncio su Secondamano: «Cercasi ragazze disinvolte per
conversazioni particolari».
Ci siamo incontrati al bar della stazione di Modena: voleva
vedermi prima di mostrarmi la sede del telefono. Mi ha
offerto il caffè e ha cominciato a parlare, io lo osservavo un
po' divertita mentre roteava gli occhi e cercava di usare dei
giri di parole per non dire «telefono erotico» oppure «fare
l'amore al telefono» oppure «quelli che chiamano devono
godere». Usava strani eufemismi anche un po' ridicoli,
ribadiva spesso «io cerco ragazze serie e affidabili», mi era
simpatico e decisi di cominciare.
Fu Jessica a insegnarmi (anzi Jessica quando rispondeva al
I44 e Morgana come la fata quando rispondeva al telefono
erotico, erano due cose ben distinte, nel I44 non si parlava di
sesso, solo confidenze e conversazioni varie), lavorava al
telefono da quasi un anno, era mora, magra e gentile, aveva
smesso di studiare ma le sarebbe piaciuto fare la veterinaria
e ne parlava sempre.
- Devi rispondere al centralino, convincerli a fare la
telefonata erotica e a lasciare i loro dati, cerca di essere
dolce ma anche ferma, non cascarci se ti chiedono «dammi
un assaggio, dai, una cosa sola» se no si divertono e poi
riattaccano. Se lasciano i dati li richiami, registri la loro voce
che dice «mi impegno a pagare il vaglia»: ci serve come
prova nel caso non paghino. Poi ti fai richiamare in bagno o
in cucina. Tieni presente che per loro, che sono dei pervertiti,
tu sei nuda e ti trovi in una stanza da letto.
- Per il pagamento?
- Prima di cominciare la conversazione erotica gli dai gli
estremi della casella postale per il vaglia che dovranno fare
entro una settimana, la casella postale è STP, e glielo fai
scrivere lentamente, poi te lo fai ripetere perché a volte
dicono che non hanno pagato perché si sono sbagliati,
magari gli dici pure S come Savona, Torino, Palermo, anche
se io ho trovato uno che aveva scritto per intero i nomi delle
tre città, un vero cretino, dunque STP, casella postale 120,
Modena centro, specifica Modena centro se no i vaglia
arrivano in ritardo e Alessio si arrabbia.
- D'accordo.
Osservai per un po' Jessica che rispondeva con grande
professionalità, sapeva essere suadente, sexy, ma anche
ferma. Non pareva complicato, cominciai.
[Tratto da: Mazzuccato F., Hot line, Einauidi, Torino, 1996, pp. 7 - 9]