Torino Auditorium Rai Mercoledì 05.IX.07 ore 21 Orchestra
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Torino Auditorium Rai Mercoledì 05.IX.07 ore 21 Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Arturo Tamayo direttore Pilar Jurado soprano Daniela Uccello soprano Valentina Valente soprano Francesco D’Orazio violino Isang Yun Unsuk Chin Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino Isang Yun (1917-1995) Namo per tre soprani e orchestra su testi di preghiere del Buddhismo Mahāyāna (1971) Réak per orchestra (1966) Unsuk Chin (1961) Concerto per violino e orchestra I II III IV Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Arturo Tamayo, direttore Pilar Jurado, soprano Daniela Uccello, soprano Valentina Valente, soprano Francesco D’Orazio, violino In collaborazione con Rai - Orchestra Sinfonica Nazionale Se desiderate commentare questo concerto, potete collegarvi al calendario presente sul sito www.mitosettembremusica.it dove è attivo uno spazio destinato ai commenti degli spettatori Namo [Om . ] nāmo buddhāya om . nāmah. sarvajñāya vandāmo naravaram prabhām . karam vandāmo gaganatulyamanasam vandāmo vimatticchedakam jinam . vandāmo tribhavapāragam munim nāmāh. sapt.ānām samyaksambuddhakot.ı̄nām om . nāmo ratnatrayāya om . nāmāh. sarvabuddhabodhisattvayā nāma āryāvalokiteśvarāya bodhisattvayā nāmo bhagavatyai Prajñāpārāmitāyai om . man.i padme hūm . ye dharmā hetuprabhavā hetum . tes.ām . tathāgato hiya avadat tes.ām . ca yo nirodhah. evam . vādı̄ mahāśraman.ah. ye paśyanti munim . śāntam evam utpattivarjitam te bhonti nirupādānā ihāmutra nirañjanāh. Salve, Buddha! Om! Salve all’onnisciente! Salutiamo il migliore tra gli uomini, il creatore della luce! Salutiamo lui, il cui spirito è sconfinato come il cielo! Salutiamo lui, che sconfigge il dubbio! Salutiamo il vincitore, il monaco che ha attraversato i tre stadi dell’essere! Salutiamo i sette perfetti illuminati! Om! Salutiamo le tre pietre preziose! Om! Salutiamo tutti i Buddha e i Bodhisattva! Salutiamo il nobile Bodhisattva Avalokiteśvara! Salutiamo la dea Prajñāpārāmitā! Salutiamo il gioiello nel loto, hūm! Di tutto ciò che ha un’origine il Tathāgata ha spiegato l’inizio, e ne ha anche spiegato la fine. Questo è l’insegnamento del grande maestro. Coloro che contemplano il saggio pacificato, colui che è al di fuori del divenire, saranno liberi dal desiderio, liberi dalle passioni. Traduzione dalla versione inglese di Pietro Mussino l titolo Namo deriva dal sanscrito e significa “saluto”. È tratto da alcune pre«I ghiere del Buddhismo Mahāyāna, che sono state impiegate liberamente come base testuale: Saddharmapundarı̄ka, Mahāyānasūtrasamgraha, Sādhanamālā. I tre soprani suonano dei tamburi, come suore buddhiste o come sciamani durante una cerimonia. Questa combinazione di voce cantata e strumento e la declamazione che lungo il corso dell’opera si intensifica fino all’estasi sono gli unici elementi musicali tratti da modelli dell’estremo oriente. Tutto il resto è progettato in modo completamente libero». Così Yun presentava il suo brano all’epoca della prima esecuzione, avvenuta a Berlino il 4 maggio 1971. Gli studi di Eikemeier e Lingorska precisano che i frammenti di testi buddhisti utilizzati sono di tre tipi – formule di saluto, motti sacri (mantra) e insegnamenti (sūtra) – e che derivano da fonti di epoche diverse, rappresentando in tal modo anche vari stadi di sviluppo del Buddhismo (benché senza alcuna preoccupazione cronologica o sistematica). Accanto alle invocazioni al Buddha troviamo infatti quella al Bodhisattva (“colui la cui essenza è l’illuminazione”) Avalokiteśvara – il compassionevole e pietoso, una sorta di Buddha eterno che soccorre gli uomini nelle loro più gravi difficoltà, spesso raffigurato con mille braccia e undici teste (i dieci gradini della perfezione, più l’illuminazione) – e quella alla dea Prajñāpārāmitā, un Bodhisattva al femminile, il cui nome indica la saggezza (prajñā) suprema e compiuta, che “è giunta all’altra sponda” (quella dell’illuminazione) – due figure la cui devozione si impose lentamente lungo i secoli e in modo diverso in differenti correnti del Buddhismo: Prajñāpārāmitā, ad esempio, è venerata soprattutto nel Buddhismo Vajrāyāna tibetano. L’intento musicale è chiaramente quello di costruire un contesto rituale dentro il quale tracciare una via espressiva all’estasi della contemplazione. I tre soprani, che vocalizzano battendo ciascuno su un tamburo, rappresentano la comunità monastica immersa nella preghiera: l’orchestra intorno a loro è, con le sue ampie superfici sonore, un magnifico tempio dalle pareti luminose, iridescenti. L’invocazione si fa sempre più ardente, i melismi sono sempre più estesi ed elaborati. Le tre voci non vivono mai nell’indipendenza reciproca, ma si intrecciano in una ricca eterofonia, dove glissandi e acciaccature multiple si alternano a grandi scarti di registro e all’uso del parlato semi-intonato (Sprechgesang). Il disegno complessivo del brano è un grande climax che, raggiunta l’estasi, fissa lo sguardo nel traguardo mistico: le voci sole disegnano, sugli ultimi quattro versi, la pace dell’illuminazione, la libertà dalle passioni, l’uscita dal tempo. Nella progressiva maturazione del linguaggio musicale di Yun, Réak (eseguito per la prima volta il 23 ottobre 1966 al Festival für Neue Musik di Donaueschingen) rappresenta con tutta probabilità uno dei punti di svolta più significativi. Troviamo qui utilizzata, forse per la prima volta in modo tanto esteso, coerente ed efficace, la cosiddetta “tecnica del suono principale”: «Suono principale è, ad esempio, quando prendo come suono principale il la. Il la da solo non può essere musica, ma prima, durante e alla fine ci deve ancora essere qualcosa, ad esempio delle appoggiature. Abbiamo bisogno di fasi preparatorie per stabilizzare il la, e queste possono anche essere piuttosto lunghe. [...] In mezzo ci possono essere abbellimenti, possono accadere molte cose, ma il la deve stare al centro come suono principale. [...] E se ho la visione d’insieme di un pezzo musicale dall’inizio alla fine, sette, dieci o venti minuti, i suoni principali creano articolazioni». Quest’idea tutta orientale, che la musica si possa scrivere con note lunghe, tenute e ripetute, intensamente variate durante la loro evoluzione, in Réak fa un passo più in là: combinando più suoni principali in tessiture omogenee affidate alle diverse famiglie strumentali si ottengono suoni principali complessi. L’aspetto sonoro è quello di superfici timbriche internamente mobili e continuamente cangianti, o anche quello di un’emersione graduale e progressiva di parti sempre diverse dell’infinito continuum sonoro, come se la musica fosse cominciata molto prima dell’ascolto e potesse continuare indefi- nitamente dopo. Réak significa “musica festosa” o “celebrativa”, ma sembra che a Yun interessi soprattutto l’aspetto solenne e rituale dell’antica tradizione a cui egli vuole rifarsi (assai caratteristico è il trapianto dalla musica tradizionale coreana all’orchestra europea della frusta bak, con la quale si apre e si chiude il brano). In ogni caso, i modelli tecnici ed estetici sono tutti orientali e Réak rappresenta un primo grande tentativo di realizzare quei modelli dentro il contesto della scrittura occidentale. Curiosamente (o significativamente) l’esito mostra delle vistose convergenze con alcune esperienze europee – come quella di Ligeti – che negli stessi anni cercavano una possibile uscita dal vicolo cieco dello strutturalismo darmstadtiano. L’abbandono di qualunque tematismo (esplicito o implicito) e l’utilizzo della polifonia in funzione del timbro e della dinamica saranno tra le innovazioni più feconde della seconda metà del Novecento musicale. Scritto nel 2001, il Concerto per violino e orchestra di Unsuk Chin ha vinto nel 2004 il Grawemeyer Award, il premio internazionale che, in ventidue anni di vita (dal 1985), ha visto entrare nell’Olimpo dei suoi vincitori molti tra i nomi più importanti della musica contemporanea mondiale (da Ligeti a Birtwistle, da Penderecki a Takemitsu, da Adams a Boulez). La compositrice coreana, che in patria ha ricevuto l’eredità di Isang Yun da Sukhi Kang (allievo di Yun a Berlino) prima di completare la sua formazione ad Amburgo con Ligeti, mostra una grande padronanza dei propri mezzi riunendo nel suo Concerto un impianto generale di derivazione classica, il virtuosismo audace ma mai conflittuale dello strumento solista e un clima meditativo ricco di sottili e cangianti suggestioni. I quattro movimenti del brano ripercorrono i luoghi tipici del concerto classico: primo movimento di grande impegno formale, secondo movimento lento, una sorta di scherzo insaporito di colori accesi e guizzi gestuali; poi un finale assai mobile e fluido, che si congeda scegliendo una traccia dell’idea di partenza, quasi a chiudere su se stesso il cerchio della memoria. Il solista non gareggia mai con l’orchestra, non lotta per la supremazia, semplicemente conduce il gioco dei timbri e delle forme e spesso lo impreziosisce, lo decora tessendo un filo sempre raffinato e prezioso. L’orecchio occidentale sente, a tratti, la mancanza di un solido realismo, di un aggancio alla terra, ma guadagna tutto il fascino di un mondo delicato e soffuso, sospeso nella distanza di un sogno. Pietro Mussino L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai è nata nel 1994: i primi concerti furono diretti da Georges Prêtre e Giuseppe Sinopoli. Jeffrey Tate è stato primo direttore ospite dal 1998 al 2002, assumendo quindi il titolo di direttore onorario. Dal 2001 al 2007 Rafael Frühbeck de Burgos è stato direttore principale. Nel triennio 2003-2006 Gianandrea Noseda è stato primo direttore ospite. Dal 1996 al 2001 Eliahu Inbal è stato direttore onorario dell’Orchestra. Altre presenze significative sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai sono state quelle di Carlo Maria Giulini, Wolfgang Sawallisch, Mstislav Rostropovič, MyungWhun Chung, Riccardo Chailly, Lorin Maazel, Zubin Mehta, Yuri Ahronovitch, Marek Janowski, Dmitrij Kitaenko, Aleksandr Lazarev, Valery Gergiev, Gerd Albrecht, Yutaka Sado, Mikko Franck. L’Orchestra tiene a Torino regolari stagioni concertistiche, affiancandovi spesso cicli primaverili o speciali: fra questi fortunatissimo quello dedicato alle nove Sinfonie di Beethoven dirette da Rafael Frühbeck de Burgos nel giugno 2004. Dal febbraio 2004 si svolge a Torino il ciclo Rai NuovaMusica: una rassegna dedicata alla produzione contemporanea che presenta in concerti sinfonici e da camera prime esecuzioni assolute, molte delle quali di opere composte su commissione. L’Orchestra svolge una ricca attività discografica, specialmente in campo contemporaneo. Dai suoi concerti dal vivo sono spesso ricavati cd e dvd. Numerosi premi e riconoscimenti sono stati conferiti all’OSN sia in ambito discografico, sia per produzioni e rassegne specifiche. Nato a Madrid, Arturo Tamayo ha compiuto gli studi universitari presso la facoltà di Giurisprudenza e quelli musicali al Conservatorio Reale di Madrid, per proseguirli presso la Staatliche Hochschule di Friburgo e a Vienna. Dal 1977 ha intrapreso un’intensa attività che lo ha visto impegnato in diverse produzioni radiofoniche e televisive e lo ha portato sul podio dei più importanti complessi sinfonici europei, soprattutto per il repertorio contemporaneo. Ospite di festival internazionali quali Donaueschinger Musiktage, Festival di Salisburgo, Biennale di Venezia, Maggio Musicale Fiorentino, Autunno di Varsavia, Festival di Lucerna, Biennale di Berlino, Torino Settembre Musica, Proms di Londra, ha diretto anche diverse produzioni operistiche e di balletto nei più importanti teatri d’Europa. Numerose sono le sue incisioni discografiche con formazioni quali Ensemble Intercontemporain, Orchestra della BBC di Londra, Philharmonique du Luxembourg, WDR di Colonia e Orchestre Philharmonique de Radio France, molte delle quali hanno conseguito premi internazionali. Prossimamente inciderà con la Radio-Symphonie Orchester di Hilversum un nuovo cd con opere orchestrali e vocali di Franco Donatoni. Negli ultimi anni Pilar Jurado è diventata una delle interpreti di riferimento della musica contemporanea europea. La sua vasta formazione musicale (ha studiato canto, pianoforte, composizione, musicologia, direzione d’orchestra e pedagogia musicale) le ha consentito di distribuirsi fra i ruoli di cantante, compositrice e direttore d’orchestra. Si è esibita in tutti i maggiori teatri e sale da concerto europee: Teatro Real di Madrid, Liceu di Barcellona, Teatro de la Maestranza di Siviglia, Concertgebouw di Amsterdam, Deutsche Oper Berlin, Teatro Comunale di Bologna, sotto la direzione di Sinopoli, Coin, Savall, Encinar, Frühbeck de Burgos, Noseda, Asensio, Petrenko, Navarro, fra gli altri. Come compositrice è stata premiata in numerose occasioni; sue opere sono state commissionate dal Ministero della Cultura Spagnolo, dalle Università di Siviglia, Malaga e Pittsburgh e da numerosi festival e fondazioni. È stata selezionata per rappresentare la Spagna alle Giornate Internazionali di Musica Contemporanea di Seul 1997 e Manchester 1998. Recentemente ha presentato in tutti i maggiori teatri spagnoli il suo spettacolo Transópera; la sua ultima composizione per pianoforte Entre las sombras del sueño è stata eseguita all’International Keyboard Festival di New York e una monografia della sua opera con i Berliner Solisten è stata presentata all’Auditorium del Museo de Arte “Reina Sofia”. Daniela Uccello, nata a Messina, ha iniziato lo studio del pianoforte e del canto con la madre, diplomandosi poi con il massimo dei voti e la lode. Si è perfezionata al Mozarteum di Salisburgo sotto la guida di Rita Streich e al Centro di avviamento lirico del Teatro alla Scala di Milano. È inoltre diplomata in scenografia e laureata al DAMS di Bologna. Vanta un vastissimo repertorio operistico e da concerto che comprende personaggi di grande tradizione e opere meno note quali L’Italiana in Londra di Cimarosa, L’Arcadia in Brenta di Galuppi, Torquato Tasso di Donizetti, Memet di Sammartini. Numerose sono anche le esecuzioni di musica contemporanea di compositori come Giacomo Manzoni, Adriano Guarnieri, Ennio Morricone, Beat Furrer, Giuseppe Sinopoli, Giovanni Sollima, nonché la consuetudine al repertorio liederistico, in collaborazione con grandi pianisti quali Antonio Ballista, Massimiliano Damerini, Mario Delli Ponti. Fra i teatri e festival che la vedono ospite ricordiamo San Carlo di Napoli, Maggio Musicale Fiorentino, Ravenna Festival, Sferisterio di Macerata, Teatro Massimo di Palermo, Accademia di Santa Cecilia, Teatro dell’Opera di Budapest, Auditorium “Reina Sofia” di Madrid. Da alcuni anni è titolare della cattedra di Musica Vocale da Camera presso il Conservatorio di Milano. Allieva di Elio Battaglia, diplomata al Conservatorio di Genova, vincitrice del Premio Mozart al X Concorso Internazionale Belvedere di Vienna nel 1991 e primo premio nel 1992 al Concorso Gayarre di Pamplona, Valentina Valente ha debuttato a Berlino nel 1993 diretta da Claudio Abbado nel ruolo di Xenia nel Boris Godunov di Musorgskij. Acclamata prima interprete italiana di Lulu di Alban Berg a Liegi, Palermo e Francoforte, ha interpretato Le rêve de Diotime di Pierre Bartholomée, è stata Antigone in Oedipe sur la route, ruolo scritto per lei da Bartholomée e Bauchau, in prima mondiale a Bruxelles, e Cordelia nella prima italiana di Lear al Teatro Regio di Torino per la regia di Ronconi. Artista poliedrica, ha cantato in opere di autori quali Nono, Reimann, Dallapiccola, e il suo repertorio si estende dal barocco al contemporaneo. Si è esibita con Erik Battaglia nelle maratone su Brahms e Schumann e in un concerto dedicato ad Aribert Reimann per Torino Settembre Musica, nell’integrale dei Lieder di Strauss al Festival Strauss di Perugia e nell’originale spettacolo Suleika e lo specchio, ispirato al Divan di Goethe e a fonti della tradizione mediorientale. Nato a Bari, Francesco D’Orazio si è diplomato in violino e viola sotto la guida del padre, perfezionandosi poi con Carlo Chiarappa e Cristiano Rossi. Ha studiato inoltre con Denes Zsigmondy al Mozarteum di Salisburgo e con Yair Kless all’Accademia Rubin di Tel Aviv. Si è laureato in lettere con una tesi in Storia della Musica su Virgilio Mortari. È molto attivo nel campo della musica antica, come violinista dell’ensemble L’Astrée, e nel campo della musica contemporanea, in cui è interprete preferito di numerosi compositori. Di particolare rilievo è stata la sua collaborazione con Luciano Berio, del quale ha eseguito Divertimento per trio d’archi in prima mondiale al Festival di Strasburgo, Sequenza VIII al Festival di Salisburgo, Corale per violino e orchestra alla Cité de la Musique di Parigi e all’Auditorium Nacional de Musica di Madrid, diretto dall’autore. Ha tenuto concerti in tutto il mondo ed è stato ospite di prestigiose istituzioni musicali quali Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Unione Musicale di Torino, Teatro Lirico di Cagliari, Cambridge Society for Early Music di Boston, Centre de Musique Baroque de Versailles, Amici della Musica di Firenze, nonché dei festival di Londra, Ravello, Istanbul, Ravenna, Urbino, Postdam, Salisburgo, Strasburgo, Stresa e Tanglewood. Ha tenuto concerti con l’Orchestra Filarmonica di Città del Messico, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, l’Orchestra Filarmonica di Shangai, l’Orchestra Filarmonica di Torino, l’Orchestra da Camera “Reina Sofia” di Madrid, i Virtuosi di Toronto, l’Accademia Bizantina. È un progetto di Realizzato da in collaborazione con Con il sostegno di Partner partner istituzionale Gruppo Fondiaria Sai Sponsor Sponsor tecnici media partner media partner