Le specie

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Le specie
Febo Lumare, 2001. Studio sulla localizzazione di aree potenzialmente idonee alla
gambericoltura in provincia di Cagliari. UNIRIGA (ed), 27 luglio 2001, Lecce: 289 pp
8. I gamberi peneidi di interesse per l’allevamento
Il gambero peneide più diffusamente allevato, al presente, nel Mediterraneo
è Marsupenaeus japonicus. L’interesse nell’area per questo gambero è stata
determinata, originariamente, dalla somiglianza alla specie autoctona
Melicertus
kerathurus,
non
adatto
per
allevamento;
tale
affinità
rappresentava un fattore importante all’epoca dell’introduzione, alla fine
degli anni ’70, quando i consumatori europei nutrivano radicate
pregiudiziali nei confronti di gamberi che fossero diversi per colore e forma
da quelli conosciuti localmente (Lumare, 1988).
I fattori che giocarono a favore dell’introduzione di M. japonicus, oltre
quello già indicato, possono essere riassunti nei seguenti punti: buon tasso
di accrescimento, resistenza alla basse temperature, rusticità intrinseca che
gli permette di sopravvivere anche per qualche giorno fuori dall’acqua,
caratteristica importante questa per la commercializzazione del prodotto,
anche su mercati distanti.
L’attuale consumatore italiano accetta gamberi di diversa provenienza e
pigmentazione, dimostrando con ciò di avere superato le molte diffidenze
esistenti in passato, anche se permangono ancora spiccate preferenze legate
alla forma e colore dell’animale.
I principali criteri dei quali si tiene conto per individuare specie di gamberi
peneidi potenzialmente valide ai fini dell’allevamento possono essere
sintetizzati nei seguenti punti:
1) livello di facilità nella riproduzione e produzione del novellame;
2) elevato tasso di accrescimento;
3) basse richieste nutrizionali;
4) alta densità di stoccaggio;
5) grande tolleranza alla salinità;
6) elevato rendimento produttivo.
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Nel tenere conto dei suddetti parametri, vengono illustrati in tab. 7 vantaggi
e svantaggi dell’impiego in allevamento di alcune specie di peneidi, già
sperimentate nell’area del Mediterraneo.
Specie
Livello
Tasso di
Regime
Densità
difficoltà
accrescimento
alimentare stoccaggio
Tolleranza
Rendimento
salinità
riproduzione
Marsupenaeus
molto basso
medio
carnivoro
bassa
media
medio
medio
medio
onnivoro
bassa
molto alta
medio
molto basso
basso
onnivoro
molto alta
molto alta
molto alto
molto alto
alto
onnivoro
molto alta
alta
alto
basso
medio
onnivoro
molto alta molto bassa
japonicus
Penaeus
semisulcatus
Fenneropenaeus
indicus
Penaeus
monodon
Litopenaeus
molto alto
vannamei
Tab.7.
Caratteristiche svantaggiose (in rosso) e vantaggiose (in blu) delle
principali specie di gamberi peneidi allevati nel Mediterraneo.
Tenuto conto che uno dei fattori limitanti della gambericoltura nel
Mediterraneo, maggiormente lamentato dagli operatori, è rappresentato dai
bassi rendimenti, ad una analisi sommaria dei dati sopra riportati la specie
che raccoglie più consensi appare essere Fenneropenaeus indicus, peneide
di origine indo-pacifica, che permette produzioni molto elevate.
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Si riporta, ora, una rassegna analitica delle diverse specie di gamberi peneidi
utilizzabili a scopo di allevamento e/o ripopolamento nell’area presa in
esame nel presente studio. Di essi vengono presi in considerazione i vari
aspetti biologici, applicativi e le esperienze già maturate nell’area
mediterranea che, meglio di qualsiasi altra indicazione, servono a
sottolinearne l’idoneità alle pratiche colturali.
Melicertus kerathurus (Forskål, 1775)
Fig. 30.
Melicertus kerathurus, la mazzancolla autoctona delle coste italiane
tanto apprezzata dai consumatori italiani.
Melicertus kerathurus (fig. 30), è il gamberone comunemente noto sui nostri
mercati con il nome di mazzancolla o gambero imperiale, specie che vive e
viene pescata lungo le coste italiane, ma con ampio areale di diffusione.
Essa è presente, infatti, in tutto il Mar Mediterraneo, ad esclusione del Mar
Nero, nel Mar Rosso nel quale è penetrata a seguito dell’apertura del Canale
di Suez, e nell’Atlantico. Ivi si estende dalle coste meridionali
dell’Inghilterra fino a quelle africane dell’Angola.
Questo gambero peneide vive in acque costiere da 5 a 50 m, su fondali
sabbiosi e misti a fango, talvolta sul detrito costiero. Da adulto è marino,
mentre gli stadi di postlarva e i giovanili possono frequentare gli ambienti a
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bassa salinità (estuari, lagune etc.); esso è comunque caratterizzato da
spiccata eurialinità.
La colorazione è rosa grigiastra con bande trasversali marroni e margine
posteriore degli uropodi pigmentati in blu, con setole rossastre.
Fin dai primi anni ’70 è stato oggetto, in Italia, di studi sulla maturazione
sessuale e riproduzione in cattività (Lumare et al., 1971; Lumare, 1979;
Lumare, 1979 a; Lumare, 1971). Ne è stato tentato l’allevamento, ma con
risultati poco soddisfacenti. In prove effettuate presso un impianto del
meridione, è stata raggiunta una taglia media finale di 7,6 g in 118 giorni, da
giugno ai primi di ottobre, con una densità iniziale di stoccaggio pari 10
esemplari/m2 e somministrando cibo fresco (sarde e mitili; Lumare 1981 a).
In prove di accrescimento effettuate in saline della Spagna (salinità = 32 46‰, T =12,5-26°C; Rodriguez, 1981) è stata raggiunto il peso medio finale
di 29,7 g, in 17 mesi. E ciò dopo una prima fase di allevamento alla densità
di stoccaggio di 8,3 esemplari/m2 (primo anno) ed una successiva (secondo
anno), con alimentazione naturale, alla densità di 0,1 esemplari/m2.
Al lungo periodo richiesto per raggiungere la taglia di mercato in
allevamento si aggiunge un altro elemento negativo rappresentato dalla
scarsa resistenza alle basse temperature; infatti, questo peneide decede
quando la temperatura dell’acqua scende a circa +6°C, precludendone la
possibilità di svernamento nei bacini, almeno nelle aree centro settentrionali italiane.
In Sardegna, ed in particolar modo nella provincia di Cagliari, dati i valori
termici invernali, la specie sopravvive senza problemi allo svernamento, per
cui il suo impiego può ben prefigurarsi in interventi di ripopolamento in
stagni e lagune, oltre che in mare.
La fattibilità di tale operazione è resa, peraltro, possibile dalla facilità con la
quale questo gambero può essere indotto alla maturazione sessuale ed alla
riproduzione in cattività, consentendo la produzione di elevati numeri di
novellame, con alte percentuali di recupero e costi di produzione
relativamente bassi.
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In merito agli interventi di ripopolamento in mare, l’operazione è facilitata
dalle abitudini di vita stanziale dell’animale che ne consentono la cattura
nell’area di 10-20 km dalla zona di semina, anche dopo un anno dal suo
rilascio. Ciò è importante in quanto assicura il recupero del prodotto nella
stessa zona di semina da parte dello stesso soggetto che ha affrontato le
spese dell’operazione, sia che si tratti di pubblico che di privato. L’impiego
di questo gambero per ripopolamento presenta, perciò, un buon vantaggio,
anche rispetto a molte specie nectoniche ugualmente riproducibili con le
tecniche dell’acquacoltura, in quanto si può prefigurare come una forma
qualsiasi di investimento alla quale deve corrispondere un profitto; ovvero
non solamente una operazione a fini sociali, ma con le dovute ricadute
tipiche delle imprese commerciali (Lumare, 2001).
Tale strategia può essere particolarmente interessante per alcune regioni
meridionali italiane, tenuto conto delle quotazioni molto elevate raggiunte
dalla specie sui mercati; recentemente, nel mese di giugno 2001, è stato
registrato sul mercato di Mazara del Vallo un prezzo al dettaglio di questo
peneide di ben 120.000 Lit./kg.
Marsupenaeus japonicus (Bate, 1888)
Fig. 31. Esemplari del gamberone giapponese, Marsupenaeus japonicus, dalla
tipica livrea a bande (kuruma in giapponese), e molto simile alla specie autoctona
mediterranea, Melicertus kerathurus, nota con il nome di mazzancolla.
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Questo gambero (fig. 31) è uno dei peneidi a più ampio areale di
distribuzione, essendo diffuso in tutto il settore indo-pacifico, dal Giappone
-del quale è originario- alle coste settentrionali e nord orientali
dell’Australia, fino alle Isole Figi; ad ovest si estende
dalle Filippine,
Malesia ed India fino alle coste sud orientali dell’Africa e, verso nord nel
Mar Rosso. Attraverso il Canale di Suez è penetrato nel Mediterraneo
orientale dove si è stabilizzato con popolazioni consistenti lungo le coste di
Egitto, Israele, Libano, Siria e Turchia meridionale.
La specie raggiunge facilmente la maturazione sessuale in cattività, anche
senza dover ricorrere ad ablazione del peduncolo oculare, sebbene tale
tecnica permetta un totale controllo ai fini della pianificazione della
produzione di uova e larve; pertanto essa riveste importanza fondamentale
nella produzione commerciale di novellame sui grandi numeri.
Questo peneide è carnivoro e, quindi, ha elevate esigenze nutrizionali, che
non
vengono
completamente
soddisfatte
dalle
diete
composte,
comunemente commercializzate in Europa, per cui i rendimenti risultano
relativamente bassi (dai 250 kg / ha, in estensivo, ai circa 800 kg/ha in semiestensivo). Il mangime, attualmente impiegato a titolo di integrazione
dietetica (Indice di Conversione Alimentare[ICA] pari a 1,2), ha un costo
che oscilla intorno alle 3.000 Lit./kg.
Questo gambero rimane vivo all’asciutto per oltre 48 ore, in condizioni di
umidità e temperatura controllate, per cui può essere esportato anche su
mercati molto distanti dalle zone di produzione.
Principali requisiti ambientali per l’allevamento sono: salinità da 5 a 50 ‰
(ottimale 20- 35 ‰) e temperatura da 16 a 32 C° (ottimale 26 - 29 C°).
La specie, tipicamente di clima temperato, può sopportare abbassamenti dei
valori termici, purché graduali, fino a +2, +3 C° (Shigueno, 1975).
Questo peneide è stato introdotto in Europa a scopo di allevamento fin dagli
anni ’70 ed attualmente rappresenta la specie maggiormente allevata in
Mediterraneo. Le forme di gambericoltura nelle quali trova applicazione
vanno dai modelli di estensivo, caratterizzati da bassi rendimenti ( 150-300
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kg/ha in 3-4 mesi; vallicoltura veneta, le “marais” francesi, gli “esteros”
spagnoli) a quelli intensivi i cui rendimenti oscillano da 2,5 a 3,5 t/ha /anno
(in Spagna, con l’impiego di alimento costituito esclusivamente da scarto
della pesca, con eventuali integrazioni di krill; Lumare, 2001 ).
In Giappone, dove questa specie è particolarmente apprezzata, essa viene
allevata ad alte densità di stoccaggio, con produzioni che variano da 3 a 10
t/ha/anno e con una media di 5 t/ha /anno (Fast, 1992). In tal caso vengono
impiegati mangimi autosufficienti molto sofisticati il cui costo risulta, in
genere, elevato (anche oltre 10 $ USA/kg). Tenuto conto dell’indice di
conversione alimentare (ICA) pari a circa 2, il prodotto raggiunge in
Giappone dei costi di produzione molto elevati che, tuttavia, vengono
ampiamente compensati dall’elevata quotazione di mercato (circa 70 $
USA/kg ed oltre) del gambero vivo in certe epoche dell’anno. Tale elevata
quotazione ha favorito lo sviluppo di numerose iniziative di allevamento del
gambero giapponese in paesi esteri (Taiwan, Cina, Australia, ma anche
nell’area del Mediterraneo, con Spagna e Turchia) per la vendita in
Giappone del prodotto vivo, ibernato e spedito a secco, secondo sofisticate
tecniche.
Questo peneide viene consumato, preferibilmente, alla taglia compresa tra
18 e 35 g, sebbene possa raggiungere un peso massimo superiore a 100 g
(lunghezza totale massima di 225 mm nelle femmine e di 190 mm nei
maschi; Grey et al., 1983; Holthuis, 1980).
In Italia questa specie viene allevata in Veneto, Puglia e Sardegna. Molti
studi e ricerche sui modelli di accrescimento di questa specie sono stati
svolti nel Veneto (Lumare 1988; 1998; Lumare et al.,1986; 1987; 1995;
1999; 2000), caratterizzato tuttavia da clima temperato freddo (3-4 mesi
disponibili per l’accrescimento), e quindi non congeniale alla specie, ma
favorito dalla lunga tradizione nell’allevamento estensivo del pesce
(vallicoltura) e dalla presenza di vasti areali confinati di acque salmastre
gestibili anche per allevamento di peneidi.
Gli studi hanno consentito di sviluppare in questa area -non certo favorevole
climaticamente al gambero- un modello di gambericoltura semi-estensiva
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basato sui seguenti criteri:1) fertilizzazione dell’invaso in fase di
preparazione ricorrendo a concimi organici (circa 700 kg di pollina secca in
pellet per ha); 2) risparmio dei costi energetici mediante la riduzione del
ricambio idrico (0,9% giornaliero del volume totale di acqua contenuto
nell’invaso). Ciò permette, anche, di riciclare il detrito organico all’interno
del bacino da allevamento e, quindi, di incrementare la produzione della rete
trofica a vantaggio della dieta naturale dei gamberi; 3) somministrazione,
solo dopo il tramonto, di mangimi composti di basso costo (circa 3.000
Lit./kg, ma con stabilità in acqua intorno a 30 minuti) a titolo integrativo
della dieta naturale e pari a non oltre il 60% della richiesta nutrizionale dei
gamberi; 4) mantenimento della torbidità di origine biologica (prodotta da
fitoplancton e zooplancton); 5) azioni di equilibrio ambientale mediante
fitodepurazione
endogena,
sostenuta
dalle
alghe
unicellulari,
e
stabilizzazione dell’ossigeno disciolto attraverso la fotosintesi clorofilliana,
durante il giorno, e con l’impiego di aeratori (almeno in numero di tre per
una potenza complessiva di circa 6 Hp/ha) durante la notte; 6) sfoltimento
della popolazione allevata nel periodo finale di accrescimento, quando la
curva di crescita corporea dei gamberi tende ad appiattirsi, mediante pesca
selettiva (bertovelli con maglia da 23 mm); questa rende possibile la cattura
degli esemplari di maggiore taglia (oltre circa 23 g), sfruttando il
dimorfismo sessuale legato appunto alla diversa pezzatura. Ciò consente il
recupero di una prima parte della popolazione in allevamento, pari a poco
più del 40 %, ed ha gli scopi sia di riequilibrare la capacità portante
dell’ecosistema con la richiesta alimentare che di abbattere il cannibalismo.
Adottando questi accorgimenti è stato possibile conseguire i seguenti
risultati: tasso di recupero finale della popolazione del 91,3%, peso corporeo
medio finale di circa 24 g, ICA di 1,04 e rendimento di 852,4 kg per ha, in
110 giorni (accrescimento settimanale della massa corporea pari a 1,5 g).
Il rendimento potrebbe essere migliorato nel caso si disponga per
l’allevamento di un arco maggiore di tempo. Nella Sardegna meridionale, in
cui il clima temperato caldo permette un accrescimento pieno di non meno
di 6 mesi, adottando
circa le stesse tecniche messe in atto nel clima
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temperato freddo della costa nord orientale italiana, la taglia media finale
raggiunge 38,5 g. Anche se la sopravvivenza può risultare minore
(dell’80%) a causa
del maggiore arco di tempo di crescita, si può
conseguire un rendimento finale di 1.219 kg/ha.
Circa l’allevamento intensivo di Marsupenaeus japonicus si potrebbe
concludere che, ricorrendo a mangime specifico, ma molto costoso,
importato dal Giappone, questo incrementa notevolmente il costo di
produzione del prodotto, rendendolo non proponibile sul mercato
mediterraneo. Infatti, tale operazione potrebbe essere giustificabile solo nel
caso si voglia commercializzare il prodotto vivo, ibernato e spedito a secco
sul mercato giapponese, dove può raggiungere una quotazione di oltre 70
US $/kg.
Tale scelta implica, tuttavia, grossi rischi legati al trasferimento della merce
che potrebbero essere superati ottimizzando tale fase in modo da assicurare
la vendita del prodotto sui mercati principali del Giappone entro e non oltre
le 40 ore dal momento della preparazione per la spedizione.
Il modello di allevamento estensivo (rendimenti 400-800 kg/ha in 3-4 mesi
di allevamento), gestito ricorrendo al potenziamento trofico dell’ecosistema
da allevamento, e con eventuali integrazioni a base di diete prodotte
localmente, può trovare una buona base di applicazione nel clima temperato
freddo o moderato delle regioni italiane settentrionali e centrali. Ciò
consente di ottenere comunque un prodotto a prezzi altamente competitivi
per il mercato italiano e mediterraneo.
Nell’Italia meridionale, e maggiormente nella provincia di Cagliari che gode
di uno dei clima più privilegiati a livello nazionale per l’allevamento dei
gamberi, si presentano almeno due possibilità. Una è quella di sviluppare
una gambericoltura semi-intensiva basata sul peneide giapponese, adottando
i criteri di cui si è detto, a costi di produzione competitivi, con i rendimenti
indicati in precedenza (1.219 kg/ha) ed anche migliorabili, malgrado il
grave problema legato alla indisponibilità di mangimi realmente
autosufficienti sul mercato europeo e mediterraneo.
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L’altra alternativa potrebbe essere, invece, l’allevamento intensivo di specie
molto meno esigenti sotto il profilo trofico, meno fossorie del gambero
giapponese e la cui riproduzione
non presenti difficoltà (ad esempio,
Fenneropenaeus indicus).
Penaeus semisulcatus De Haan, 1844
E’ specie tipicamente tropicale, con area di distribuzione nel settore indopacifico da dove -attraverso il Canale di Suez- si è diffusa sulle coste di
Egitto, Israele, Libano, Siria e Turchia meridionale.
La pigmentazione può essere molto simile a quella di Penaeus monodon, dal
quale
si differenzia, tuttavia, per una attenuazione della componente
cromatica scura a favore di quella rossastra, a bande, sul corpo e sulle
appendici. Gli esemplari rinvenibili nel Mediterraneo orientale, invece,
presentano una pigmentazione chiara, con una leggera marcatura delle
bande in grigio ed appendici rosate (fig. 32).
La specie raggiunge, in natura, buone pezzature ( peso massimo intorno ai
130 g; lunghezza totale 228 mm nelle femmine e 180 mm nei maschi;
Holthuis, 1980)
In colture commerciali, svolte
recentemente in Turchia, la specie ha
raggiunto la taglia finale di circa 20 g in 3 mesi, con densità di 2 - 4 es . m 2,
con recuperi variabili dal 50 al 95 %.
Questa specie viene allevata con successo anche in impianti commerciali
egiziani (Lumare, 2001).
La specie, in quanto predilige ambienti a salinità relativamente elevata per
accrescersi e riprodursi (campo di variabilità ottimale tra 38 e 41‰; Browdy
et al., 1986; Lumare et al; 1997) può risultare interessante per l’allevamento
nell’area mediterranea e per quella meridionale, in particolare; il fatto poi
che sia una delle specie maggiormente allevate in Egitto conferma tale
caratteristica.
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In Italia questa specie è stata oggetto di prove di allevamento su scala
commerciale e di confronto con Marsupenaeus japonicus, nell’area della
vallicoltura veneta (clima temperato freddo).
Fig. 32. Esemplare di Penaeus semisulcatus, specie caratterizzata da rapido
accrescimento e molto apprezzata sui mercati del Mediterraneo sud orientale, dove
viene allevata e costituisce, anche, oggetto di pesca in mare.
In un primo test Penaeus semisulcatus, allevato nello stesso bacino con il
gambero giapponese -quindi nelle identiche condizioni ambientali e
gestionali- in semi-estensivo (densità di stoccaggio pari a 2,8 es. /m2), ha
raggiunto dopo 78 giorni di coltura il peso medio di 21,6 g, contro i 13,1 g
della seconda specie. In tal caso esso ha, quindi, evidenziato una
performance di accrescimento superiore al gambero giapponese del 65%
(recupero totale dei due peneidi pari all’81,4%; ICA pari a 1,6; Lumare et
al., 1999) .
In una seconda prova di confronto tra le due specie (Lumare et al., 2001),
condotta in doppio ed in bacini separati, ma con gli stessi parametri
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gestionali, il peso medio finale di P. semisulcatus è risultato maggiore
rispetto al gambero giapponese (18,1 g contro 16,1g,) così come anche sia la
percentuale di recupero (76,5% contro 52,7%) che il rendimento (563,1
kg/ha contro 386 kg/ha), in circa 103 giorni di allevamento.
Queste prove sull’accrescimento di P. semisulcatus, sono state considerate
molto soddisfacenti, sebbene sia da ritenere che, -essendo state svolte sulla
costa nord orientale italiana, caratterizzata da bassa salinità (22 –33 ‰)- la
specie, notoriamente con preferenza per valori alini decisamente più elevati,
non abbia potuto esprimere il meglio delle proprie potenzialità di
accrescimento.
Alla luce delle esperienze svolte e degli elementi acquisiti, nonché delle
caratteristiche biologiche e morfologiche, la specie potrebbe trovare una
collocazione molto interessante nella gambericoltura della Sardegna,
notoriamente carente di risorse idriche dolci o ipoaline. Sarebbe perciò
fortemente raccomandabile che di detta specie venisse svolta ivi
una
adeguata sperimentazione sull’accrescimento ad orientamento produttivo,
per verificarne la rispondenza alle specifiche condizioni ambientali.
Fenneropenaeus indicus (Milne Edwards, 1837)
Specie (fig. 33) originaria dell’Oceano Indiano, ha la sua distribuzione
geografica dal Mar Rosso e sud Africa all’Asia sud orientale, e dalle
Filippine fino all’Australia nord orientale; essa rappresenta nella regione
anche una delle specie più importanti dal punto di vista della pesca
commerciale. E’ considerata in India la più importante specie dal punto di
vista economico e quella maggiormente allevata in estensivo nel sud est
asiatico ed in policoltura con il riso nella zona di Kerala.
Questo peneide da un certo tempo sta sollevando l’interesse degli allevatori
per il fatto che tollera condizioni della qualità dell’acqua anche scadenti,
meglio che Penaeus monodon. Esso può, inoltre, crescere a densità molto
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elevate, in virtù delle abitudini di vita poco fossorie; infine, è facilmente
reperibile in natura, nelle aree di naturale distribuzione geografica.
Al contrario di molti altri peneidi da allevamento questa specie raggiunge
regolarmente la maturità sessuale nei bacini da allevamento e sopporta
valori elevati di salinità.
Fig. 33. Fenneropenaeus indicus, peneide allevato nell’Isola di Cipro e
caratterizzato da alta tolleranza nei confronti della salinità; esso è dotato di
grande capacità di segregazione e, pertanto, consente elevati rendimenti in
allevamento. Tali aspetti ed altri positivi sono da considerare molto interessanti
per la gambericoltura in Sardegna e nell’Italia meridionale, in genere.
Non raggiunge pezzature elevate: il peso massimo registrato in allevamento
è di circa 50 g; in letteratura vengono riportati valori di lunghezza totale pari
a 230 mm nelle femmine e a 190 mm nei maschi.
Questa specie viene allevata con successo a Cipro, dove permette di
raggiungere rendimenti ampiamente superiori a 10 t per ha (Lumare, 2001),
fino a 35 t per ha all’anno, con densità media di stoccaggio superiore a 150
esemplari/m2.
Le condizioni climatiche favorevoli esistenti sul territorio di Cagliari (con
almeno 6 mesi pieni per l’accrescimento) e la scarsità di acque dovrebbero
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favorire l’adozione di questa specie che potrebbe consentire rendimenti, pur
con una stima prudenziale, ben maggiori di 5 t/ha.
Le informazioni reperibili in letteratura sull’allevamento di Fenneropenaeus
indicus in generale, ed a Cipro in particolare, sono pressoché inesistenti.
Sarebbe fortemente raccomandabile una sperimentazione a
carattere
applicativo sulle potenzialità dell’allevamento di questo peneide in
Sardegna.
Penaeus monodon Fabricius, 1798
Viene chiamato comunemente anche gambero tigre gigante per la notevole
taglia che raggiunge e per le bande verticali (fig. 34) che percorrono i
segmenti addominali. Questa specie domina la produzione in quasi tutti i
paesi asiatici, eccetto Giappone e Cina, ed a livello mondiale costituisce il
56% della produzione di gamberi peneidi da allevamento (Shrimp News,
2000).
La specie, assente in natura nel Mediterraneo, è originaria dell’Oceano
Indiano e dell’Oceano Pacifico sud occidentale, con estensione dal
Giappone all’Australia, e rappresenta -tra i peneidi allevati- quello che
raggiunge la taglia maggiore (363 mm) ed ha il più elevato tasso di
accrescimento.
Questo gambero è abbastanza tollerante alla salinità elevata, ma presenta
l’inconveniente di una scarsa reperibilità dei riproduttori in natura; a ciò si
aggiunga che la riproduzione in cattività è abbastanza difficoltosa e la
sopravvivenza delle post-larve negli schiuditoi è piuttosto bassa (dal 20 al
30 %).
Esso è, infine, molto suscettibile a due delle più letali patologie di origine
virale che affliggono i peneidi: la malattia della “testa gialla” e quella della
“macchia bianca (WSVS)”.
Penaeus monodon è stato oggetto di sperimentazione su scala commerciale
in Italia ed in particolare nell’area del nord Adriatico (clima temperato
freddo) con prove di allevamento intensivo ed estensivo.
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Fig. 34. Esemplari del gambero tigre nero, Penaeus monodon, caratterizzato da
elevatissimo tasso di accrescimento, il cui allevamento sulle coste mediterranee è
reso difficoltoso dai problemi legati alla riproduzione in cattività e dalle gravi
patologie alle quali è soggetto.
Nel primo caso, impostando la densità di semina a 9,1 es./m2 (stadio iniziale
PL41, corrispondente ad un peso medio di 0,142 g) e ricorrendo a diete di
tipo commerciale a basso costo, è stato ottenuto un rendimento di 1.208
kg/ha in 71 giorni di accrescimento (dalla data di semina a quella di inizio
delle operazioni di pesca), un recupero del 73,8%, una taglia media finale di
17,9 g (accrescimento medio ponderale di 1,8 g/settimana) ed un valore ICA
pari a 1,17 ( Lumare et al., 1993).
Nella prova di allevamento a bassa densità di stoccaggio (1,14 esemplari/m2
allo stadio di PL38 corrispondente ad un peso medio di 0,06 g) è stato
ottenuto un rendimento di 570 kg/ha in 87 giorni di allevamento con un
recupero del 95,2%, una taglia media finale di 54,8 g ed un accrescimento
ponderale medio settimanale di 4,4 g. L’allevamento, in questo caso, è stato
condotto fertilizzando il fondo del bacino in fase di preparazione ed
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integrando la dieta naturale con piccoli quantitativi di mangime composto
commerciale (ICA pari a 0,11).
Un’altro test di allevamento condotto a densità di stoccaggio intermedia
(3,95 esemplari/m2) ha fornito, dopo 87 giorni di allevamento (con
somministrazione
di
fertilizzante
organico
e
mangime
composto
commerciale), un rendimento di 852 kg/ha con recupero del 91,3%, peso
medio finale di 21,8 g, accrescimento ponderale settimanale di 4,4 g ed ICA
pari a 1,04 (Lumare et al. 1995).
Le prove di allevamento intensivo già svolte su questa specie nel nord
Italia, su un periodo di 10 settimane, consentono di ipotizzare un
prolungamento dell’allevamento ad almeno 5 mesi nell’area di Cagliari; ciò
dovrebbe portare la taglia finale, stimando sempre lo stesso accrescimento
medio già indicato di 1,8 g per settimana, a 38 g, con un rendimento pari a
2.500 kg/ha (Lumare, 1998).
La taglia minima della prima riproduzione (80-100 g) raggiungibile in non
meno di 8 mesi di accrescimento, a temperature favorevoli, e la difficoltà
nell’ottenimento del novellame in schiuditoio da animali tenuti in cattività,
lasciano come unica alternativa, nel caso si volesse adottare la specie per
attività di gambericoltura produttiva, quella di importare larve e post-larve.
Le patologie virali alle quali il peneide è particolarmente sensibile e la
mancanza di certezze circa sia l’immunità da malattie dei ceppi riproduttori
che l’efficacia dei controlli sanitari sulle larve sconsigliano, per ora,
l’adozione di questa specie in allevamenti commerciali in Sardegna.
Litopenaeus vannamei (Boone, 1931)
Questo peneide è tipico della fascia tropicale e subtropicale dell’Oceano
Pacifico e presenta un areale di distribuzione che si estende dalle coste del
Messico a quelle del Perù. Fa parte del gruppo dei “gamberi bianchi”
americani (fig. 35) e rappresenta una delle specie più importanti per la
gambericoltura in Messico, Panama, Ecuador, Colombia, Venezuela,
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Hawaii (dove è stata introdotta) ed altri paesi dello stesso areale. Esso è
stato introdotto anche nel Mediterraneo, in Grecia ed in Israele
Fig. 35. Litopenaeus vannamei, peneide molto interessante per gli elevati
rendimenti ottenibili, ma con possibili problemi di accettazione da parte del
grande pubblico a causa della pigmentazione bianca, inusuale per i gamberi del
mediterraneo.
Vive in acque costiere da 0 a 72 m, su fondi fangosi, con preferenza per le
acque marine da parte degli adulti e per quelle di estuario da parte delle
post-larve e giovanili.
La taglia massima è di 230 mm e la specie è caratterizzata da abitudini di
vita non fossorie.
Esso preferisce acque non molto salate ed esprime il miglior tasso di
accrescimento a 25 ‰; i valori limiti possono essere compresi tra il 5 ‰ ed
il 45 ‰ (Tseng, 1988).
La specie appartiene al gruppo di peneidi con thelycum aperto e la
maturazione sessuale può essere indotta con il metodo di ablazione
unilaterale del peduncolo oculare o, naturalmente, in allevamento
controllato ed in vasche. L’accoppiamento avviene dalle tra le 14.00 e 15.00
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dello stesso giorno in cui la femmina deporrà le uova, dopo il tramonto; il
maschio dopo una breve fase di corteggiamento si accoppia facendo aderire
la spermatofora, costituita da una massa mucillaginosa ricoperta da una
guaina e contenente gli spermatozoi, alla superficie ventrale della femmina,
tra il terzo ed il quinto paio di pereiopodi.
In media una femmina emette in cattività tra 50.000 e 300.000 uova e si può
riprodurre in ambiente controllato da 9 a 10 volte. La percentuale di
schiusa è mediamente del 50 %, in condizioni controllate di temperatura
(29-30 °C) e di salinità (20-30 ‰); la sopravvivenza del novellame è in
genere elevata oscillando dal 50 al 60 % ( Treece and Fox, 1993).
La riproduzione in cattività di questa specie è certamente più agevole di
Penaeus monodon, ma non così facile come Marsupenaeus japonicus.
Attualmente gli operatori del Centro America hanno a disposizione per le
attività produttive ceppi di riproduttori mantenuti in cattività, in alcuni casi
anche da circa 30 anni, indenni dalle temibili patologie virali o addirittura
patogeno-resistenti (World Shrimp Farming, 2001).
La specie utilizza bene mangimi a basso contenuto proteico (meno del
30%) e ciò ne facilita l’allevamento con l’uso di diete commerciali di basso
costo.
Questo peneide accetta elevate densità di stoccaggio (anche intorno a 100
es. / m2) che permettono rendimenti superiori a 3 t /ha in 3-3,5 mesi, con
temperature medie di 23,5-25,7 °C, percentuali di sopravvivenza tra 85 e
95% ed ICA di circa 1,7-2,6. Purtroppo le taglie finali, in tali condizioni non
sono molto elevate oscillando da 14,6 g a 17,8 g (Wyban and Sweeney,
1991).
Prove sperimentali di allevamento in piccoli bacini condotte nella Carolina
del Sud (USA) hanno permesso di effettuare raccolti di più di 12 t/ha
(Sandifer et al., 1988). Allevamenti di questo gambero in bacini di ridotte
dimensioni (0,2 ha), in impianti commerciali, hanno consentito raccolti
intorno a 5 t/ha, ma le prospettive fanno sperare in rendimenti di almeno 10
t/ha per raccolto ( Fast, 1992).
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Altri tentativi sono stati effettuati adottando densità di stoccaggio di 45, 75 e
100 es. / m2 in bacini da 0,03 - 0,2 ha. Mantenendo un ricambio idrico
mediamente del 61% al giorno e con ICA tra 2,0 e 2,2, sono stati ottenuti
rendimenti tra 9 e 16 t/ha, in un periodo di 80-88 giorni. Stimando di poter
effettuare almeno 3,7 raccolti all’anno, la produzione potrebbe variare tra
34,2 e 60,5 t/ha per anno (Fast, 1992a).
Per la produzione commerciale si cerca, in genere, un compromesso tra i
vari fattori seminando a densità di 10-13 es. / m2; ciò consente rendimenti di
circa 1.600 kg/ha, con peso finale di 17 - 20 g, in periodi di 4 -7 mesi
(Tseng, 1988), e con la possibilità, in aree tropicali, di ottenere più di un
raccolto all’anno.
Questa specie potrebbe essere interessante per la gambericoltura in
Sardegna in ordine sia agli elevati rendimenti ottenibili che alla disponibilità
di ceppi indenni dalle principali patologie virali, nonché alla bassa richiesta
proteica nella dieta. Rappresenta invece una forte limitazione l’esigenza
della specie per le basse salinità dell’acqua ai fini del buon accrescimento;
ciò ne circoscrive la possibile adozione a quelle poche zone che dispongono
di fonti di acqua dolce o a bassa salinità.
In ogni caso sarebbe opportuno poter valutare se ai fini del rendimento
finale non abbiano maggiore peso una buona densità di stoccaggio e
l’utilizzo di diete commerciali a basso costo, piuttosto che gli effetti delle
alte salinità delle acque, aspetto ricorrente della realtà ambientale sarda.
Altre specie
Nel gruppo di peneidi potenzialmente allevabili nel Mediterraneo, per
esperienze già svolte o per affinità con i gamberi dei quali si è già detto,
meritano un accenno alcune altre specie che riportiamo di seguito.
Fenneropenaeus chinensis (Osbeck, 1765)
Di questo gambero (fig. 36) è stato effettuato in Italia un unico tentativo di
allevamento, nelle valli da pesca del nord Italia, con esito positivo.
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La temperatura minima di riproduzione viene indicata intorno ai 13 °C
(Liao and Chien,1990), mentre quella ottimale di accrescimento oscilla tra
18 e 25 °C, anche se questo peneide può crescere bene intorno ai 30 °C
(mostra segni di insofferenza oltre i 33 °C e la minima soglia termica di
sopravvivenza si colloca a 3 °C; Liao and Chien, 1990). Si adatta ad un
ampio spettro di salinità che varia dal 2 al 40 ‰ (Yang, 1990), con un
campo di variabilità ottimale tra 26 e 31 ‰ (Kim,1990). La massima
lunghezza totale varia da 180 mm nelle femmine a 150 mm nei maschi
(Holthuis, 1980), con peso medio delle riproduttrici, in natura, intorno a 76
g (Rho, 1990). Matura spontaneamente anche nei bacini esterni di
stoccaggio (Qingyin et al., 1995) ed il suo allevamento è relativamente
semplice. Uno svantaggio è rappresentato dal fatto che la specie manifesta
elevate esigenze nutrizionali nei confronti delle proteine (40-60 %),
superiori a quelle di P. monodon, ma comunque inferiori a quelle di M.
japonicus (50-65%; AAVV., 1990).
Fig. 36. Il gamberone cinese Fenneropenaeus chinensis, che presenta interessanti
possibilità di allevamento in quanto, adattandosi a temperature anche poco
elevate, potrebbe avere una stagione di accrescimento molto lunga in Sardegna.
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Altro aspetto negativo è rappresentato dal più basso contenuto in carne
(56%) rispetto ad altre specie (61% in P. monodon e 63% in L. vannamei).
Fenneropenaeus merguiensis (De Mann, 1888)
Questo peneide (fig. 37) è originario dell’Oceano Indiano ed è diffuso
dall’Oman alla costa occidentale dell’Australia e del sud est dell’Asia, e
dalle Filippine alle coste orientali dall’Australia. Esso rappresenta in
quest’area una specie molto importante ai fini della pesca. La taglia
massima nelle femmine risulta di 240 mm e nei maschi di 200 mm.
Questo peneide viene ampiamente impiegato a scopo di allevamento in
forme
estensive
di
gambericoltura
ed
ha
caratteri
biologici
e
comportamentali in allevamento molto simili a Fenneropenaeus indicus.
E’ una specie poco fossoria ed ha il grande vantaggio di lasciarsi facilmente
catturare nelle camere da pesca dei bacini da allevamento con il flusso di
scarico dell’acqua in uscita.
Fig. 37 . Fenneropenaeus merguiensis, gambero asiatico con caratteristiche simili
a F. indicus, ma con il vantaggio di un più elevato tasso di accrescimento.
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Non risulta, in base a dati ufficiali, che siano state effettuate prove di
allevamento di questa specie nel Mediterraneo.
Litopenaeus stylirostris (Stimpson, 1874)
La distribuzione geografica di questo peneide (fig. 38) si estende lungo la
costa del Pacifico del Sud America ed America centrale, ovvero dal Perù al
Messico.
Similmente a Litopenaeus vannamei appartiene al gruppo dei gamberi
bianchi americani ed è caratterizzato, come del resto il precedente, da
thelycum aperto.
Ad un esame generico appare molto simile al vannamei e se ne differenzia,
ad un esame macroscopico, per avere il rostro accentuatamente esteso oltre
l’articolo basale delle antennule.
Fig. 38. Litopenaeus stylirostris, altro gambero bianco americano, a thelycum
aperto, simile a L. vannamei, ma con il vantaggio di essere caratterizzato da un
tasso maggiore di accrescimento.
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In passato l’allevamento di questa specie era molto diffuso, ma in seguito ad
una patologia virale (IHHN; Infectious Hypodermal and Hematopoietic
Necrosis) alla quale L. vannamei risultò indenne, esso venne abbandonato
per questo secondo. Tuttavia, attraverso selezione di ceppi, è stato possibile
ottenere popolazioni resistenti al virus.
Oggi L. stylirostris viene riutilizzato diffusamente in allevamento in quanto
cresce più rapidamente del vannamei pur presentando le stesse esigenze
colturali.
Attualmente il novellame dei due gamberi viene commercializzato ed
allevato insieme, senza alcuna distinzione tra le due specie; ciò lascia
supporre che i lotti importati nell’area del Mediterraneo come vannamei
possano, in realtà, essere costituiti dalle due specie.
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