Il primo censimento fotografico dell`Istituto per i beni culturali. Gli
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Il primo censimento fotografico dell`Istituto per i beni culturali. Gli
Priscilla Zucco Il primo censimento fotografico dell’Istituto per i beni culturali. Gli insediamenti storici dell’Appennino forlivese Tra i complessi documentari conservati nella fototeca dell'Istituto beni culturali, uno dei più consistenti e rappresentativi della storia e delle funzioni dell'istituzione è sicuramente il fondo fotografico relativo alle campagne di rilevamento degli insediamenti storici dell'Appennino forlivese, bolognese, modenese e reggiano. La sezione più antica del fondo dell’Appennino risale ad anni precedenti la costituzione dell’Istituto, quando, in seno alla Soprintendenza per i beni e artistici e storici di Bologna, Andrea Emiliani promosse nel 1968 le prime ricerche a livello nazionale sugli insediamenti rurali tipici dell’area montana, ormai soggetti a spopolamento, degrado e perdita di identità. L’area Appenninica si rivelava la più interessante dal punto di vista architettonico perché conservava i reperti più antichi e perché il rapporto cultura, ambiente ed edificio era immediatamente percepibile. La focalizzazione su alcune aree territoriali e l’uso della fotografia come principale strumento di rilevamento erano gli unici aspetti metodologici prescritti. In questo clima pionieristico si mossero, negli anni ’70, gli architetti Vittorio Degli Esposti, Sergio Venturi e Marina Foschi improvvisandosi fotografi perché «la fotografia dice tutto quello che c’è, è più efficace di qualsiasi scheda descrittiva» (Vittorio degli Esposti). L’attenzione fu rivolta agli edifici rurali: case-torri, case con torre, ville padronali, capanne per attrezzi e animali, mulini; al loro rapporto con l’ambiente circostante molto vincolante per i possibili spazi edificabili e per la disponibilità dei materiali costruttivi; agli elementi strutturali: porte, finestre, muri, tetti, feritoie, loggiati; agli elementi decorativi: stemmi e ornamenti; ai beni ecclesiastici: oratori, chiese, monasteri, edicole; alla viabilità: ponti e mulattiere. In occasione della mostra organizzata dall’Amministrazione provinciale di Forlì I beni culturali dell’Appennino forlivese, ricerca sugli insediamenti rurali nelle vallate del Marzeno, Montone, Rabbi e Bidente del 1974, furono pubblicati tre volumi sulle indagini e le ricerche condotte dal 1970 al 1974 cui parteciparono nel rilevamento fotografico Sergio Venturi, Vittorio Degli Esposti e Marina Foschi. Seguirono altre campagne fotografiche come quella del 1980 condotta da Riccardo Vlahov e Paolo Monti, per il volume curato da Marina Foschi Case di pietra. Il recupero del patrimonio edilizio nel demanio forestale, Azienda Regionale delle Foreste, Istituto beni culturali della Regione Emilia-Romagna. Dal 1981 al 1988 furono gli architetti Renzo Tani e Patrizia Tamburini ad occuparsi dei rilevamenti degli insedianti storici nella comunità montana forlivese su incarico dell’Istituto. La ricognizione e la campagna fotografica interessarono nove comuni: Castrocaro Terme e Terra del Sole, Civitella di Romagna, Dovadola, Galeata, Portico e San Benedetto, Predappio, Premilcuore, Rocca San Casciano e Santa Sofia. Il censimento approdò alla compilazione di 300 schede di rilevamento raccolte in registri cartacei e 2000 fotografie solo in parte pubblicate nel volume La valle del Montone, comuni di Castrocaro Terme e Terra del Sole, Dovadola, Rocca San Casciano, Portico e San Benedetto, Il Ponte Vecchio, 1998. Infine il volume La fabbrica dell'Appennino. Architettura, struttura e ornato a cura di Sergio Venturi, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, Istituto per lo sviluppo economico dell’Appennino, 1988, raccoglie in sintesi ed esemplifica vent’anni di schedatura e repertoriazione del patrimonio architettonico dell’Appennino emilianoromagnolo. Il progetto di recupero catalografico ed intervento conservativo che investe tutti i materiali fotografici conservati nella fototeca dell’IBC è partito dalla sezione più ordinata ed identificata di tutta la documentazione fotografica posseduta relativa all’Appennino e cioè i negativi ed i positivi fotografici del censimento di Renzo Tani e Patrizia Tamburini. Questa sezione consiste in fotogrammi di negativi di formato 36 mm, nei relativi positivi a contatto in fogli di formato 24x30 cm e nelle stampe positive di formato 18x24 cm. I documenti fotografici grazie ad un puntuale ed ordinato lavoro di identificazione e didascalizzazione svolto da Stefano Fiorentini nel 1995 e 1996, sono corredati da una scheda cartacea dattiloscritta con titolo e numero del rullino, data di esecuzione degli scatti e titoli dei singoli fotogrammi. Sul verso delle stampe positive 18x24 cm una didascalia manoscritta riporta il numero del rullino, del fotogramma, il nome del comune, della località, del toponimo, l’oggetto, la localizzazione secondo la cartografia I.G.M. e l’altitudine. Nel lavoro di catalogazione informatizzata delle fotografie dei beni architettonici dell’Appennino abbiamo cercato di rispettare in massima parte i criteri descrittivi e classificatori che hanno ispirato e formalizzato i rilevamenti sul campo, strutturandoli in un modello descrittivo normalizzato di matrice biblioteconomica. La localizzazione geografica è la prima voce nella formulazione del titolo. Il criterio risponde sia alla metodologia di censimento adottata dai rilevatori, «si procedeva per zone», sia alla tradizione storica delle prime campagne fotografiche, vedi gli Alinari. Il complemento di titolo individua la tipologia del bene architettonico riprodotto. Il legame con i nomi degli autori delle fotografie offre un accesso e un raggruppamento dei materiali per voci di autorità. Il collegamento con altri documenti è utilizzato per stabilire un immediato rinvio sia tra la serie dei negativi e i provini, sia tra la stampa positiva 18x24 cm ed il fotogramma negativo corrispondente. Un legame al registro cartaceo che contiene la scheda di rilevamento del soggetto architettonico e un legame al volume in cui è pubblicata la fotografia forniscono ulteriori canali di ricerca. Il legame «altro titolo» è utilizzato per creare un accesso attraverso le coordinate geografiche della cartografia I.G.M. e attraverso i titoli dei singoli fotogrammi nel record della serie dei negativi. La soggettazione dei documenti fotografici dell’architettura rurale dell’Appennino forlivese si è attenuta alle voci previste dal Soggettario per i Cataloghi delle Biblioteche Italiane a cura della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e alla Lista dei descrittori del catalogo per soggetti della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte pubblicata dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico. Anche nell’indicizzazione abbiamo voluto conservare una rispondenza semantica tra i descrittori ammessi dal Soggettario di Firenze ed il vocabolario di classificazione utilizzato dagli architetti rilevatori e schedatori. Il campo collocazione rispecchia la collocazione fisica definitiva dei materiali fotografici in contenitori idonei alla conservazione acquistati presso una ditta specializzata e differenziati per tipologia di supporti. Conclusasi la catalogazione della sezione relativa ai rilevamenti di Tani e Tamburini, abbiamo avviato il trattamento degli album, organizzati per comune, che raccolgono le fotografie di Marina Foschi, Sergio Venturi, Vittorio degli Esposti, Riccardo Vlahov e Paolo Monti. La didascalia delle fotografie si limita all’identificazione della località ma l’omogeneità dei soggetti fotografici con la sezione delle fotografie di Tani e Tamburini, ci consente di titolare adeguatamente le immagini fotografiche e di rispondere anche in questo caso, si spera, alle richieste di ricerca di un’utenza specializzata. Per concludere desideriamo affermare e sottolineare ancora una volta l’efficacia del sistema descrittivo adottato in sede di catalogazione, sia per quanto attiene la strutturazione dei dati, sia per quanto concerne il supporto informatico. L’osservanza di un’uniformità catalografica nel trattamento di diverse tipologie di materiale e la possibilità di creare relazioni tra documenti di diversa natura non solo non compromettono un’adeguata rappresentazione di specificità e contenuti ma anche incrementano e sviluppano nuovi canali di interrogazione e, come è evidente nel nostro caso, manifestano e valorizzano i contesti produttivi, le dinamiche storiche e le prospettive funzionali dei beni documentali.