Tutela architettura rurale

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Tutela architettura rurale
Per una tutela integrata delle “capanne di pietra”1.
Autore - Giacinto Giglio – Architetto,
Indirizzo: Viale De Laurentis, 15/I, 70124 Bari, Italy - E-mail:[email protected].
Premessa
Nel 1899 Emile Bertaux definiva capanne di pietra i “trulli”1 , oggi il valore di questo
patrimonio è riconosciuto, ma la sua tutela non viene attuata. Dovendo affrontare il tema della
tutela giuridica dei beni culturali, incluso naturalmente, il patrimonio della “Pietra secco” in
Italia e nello specifico in Puglia, non potevamo limitarci al sistema della tutela giuridica come
oggi è attuato sia da parte della Regione, comuni e sia congiuntamente alle Soprintendenze del
Mistero dei BCA. Per comodità espositiva abbiamo diviso il nostro lavoro in tre parti: la prima
parte affronta l’esame delle leggi di tutela “ieri”, fino alla cosiddetta Legge “Galasso”, la
seconda parte esamina la tutela “oggi” dopo le Leggi regionali, il Testo unico dei Beni culturali,
la legge sull’architettura rurale e la vigenza dei Piani Paesistici. Mentre, l’ultima parte esamina
gli strumenti di tutela per il “domani”, valutando la loro possibile applicazione al patrimonio
della “pietra a secco” in Puglia.
1. Ieri: La tutela dei beni culturali in Italia e in Puglia
In Italia, la tutela giuridica dei beni artistici e culturali nasce già dagli editti e decreti degli stati
preunitari, ma le prime leggi organiche dell’Italia unita sono la legge n.1089 sulla “tutela
delle cose d’interesse storico-artistico” e la legge n.1497 sulla “protezione delle bellezze
naturali” entrambe del 1939. Nel 1948 la Costituzione della Repubblica in coerenza con la
storia della tutela italiana, inserisce tra i principi fondamentali all’art.9, “La Repubblica tutela
il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. La tutela dei beni culturali è
stata esercitata dai Ministero della pubblica istruzione attraverso due leggi: la L. n.1089/39
sulla “tutela delle cose d’interesse storico-artistico” considerati come singoli monumenti e la
L. n.1497/39 sulla “protezione delle bellezze naturali” (singole o d’insieme), come panorami
tutelati anche attraverso i piani paesistici per aree particolari. Con la Carta del Restauro nel
1972 e poi con l’istituzione prima del Ministero per i beni culturali e per l’ambiente (1974) e
successivamente con l’Istituzione del Ministero dell'ambiente (L.349/86) è articolata
ulteriormente la tutela ambientale. Ma è con l’ulteriore trasformazione in Ministero per i beni
culturali e le attività culturali (1998) e poi con le norme della legge “Galasso” per la tutela
delle zone di particolare interesse ambientale (L.431/85) che è cambiato il concetto di tutela,
passato da quello di tipo “estetico - percettivo” al concetto di “bene culturale” e “bene
paesaggistico ed ambientale” che ritroviamo nel D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 “Testo unico
delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali”. Così si è anche
definito che “la tutela consiste nell’esercito delle funzioni e nella disciplina delle attività
dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il
patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica
fruizione”. Bisogna ricordare anche il DPR N. 616 del 1977 .
Nel 1977 con il DPR n.616, avviene il trasferimento di alcune funzioni amministrative dallo
Stato alle Regioni, tra queste quelle relative alla materia urbanistica e del paesaggio. Le
regioni italiane hanno potuto legiferare in modo esclusivo ed indirettamente sull’architettura
rurale, attraverso alcune normative di settori di propria competenza: il paesaggio, lo sviluppo
agricolo, l’agriturismo e il turismo rurale, le norme in materia urbanistica edificabilità in zona
agricola o pure attraverso misure e bandi di finanziamento europei del P.O.R. 1994-99.
In Puglia, fino alla L. 431/85, vi erano le aree con vincolo paesaggistico individuate
dalle commissioni provinciali come “bellezze d’insieme” e vincolate dalle Soprintendenze ai
sensi della L.1497/39. Queste aree vincolate in gran parte ricadenti nei territori costieri delle
province di Lecce e Foggia (11,22% superficie), più qualche area prospiciente alcuni centri
storici. La Soprintendenza per i BCA di Puglia non ha realizzato alcun Piano paesistico ai
sensi dell’art.5 L.1497/39 e art. 23, RD 1357/40. Nel 1973 il Prof. Arch. Vittorio Chiaia
predispose per conto della Cassa per il Mezzogiorno lo “Studio per un Piano paesistico del
comprensorio Trulli e Grotte" che non avrà però uno sbocco legislativo e attuativo, purtroppo
per la Murgia dei trulli. Come si può vedere dalla mappa (figura 1) le aree che furono
vincolate con i D.M. 1 agosto 1985, ai sensi della L. 431/85 in Puglia erano solo 57 e
coprivano una superficie di solo 7,76% del territorio regionale. In totale in Puglia sarà solo
il 19% (meno di 1/5), della superficie regionale ad essere formalmente tutelata (ultima
regione d’Italia), anche se in realtà i vincoli della L.1497/39 e L. 431/85 si sovrappongono in
molte aree. La situazione della Puglia non è derivata solo dall’effetto degli automatismi della
legge "Galasso" (boschi, fiumi, laghi ecc.) o dal tipo d’orografia del territorio pugliese che
ha determinato una superficie ridotta, perché altrimenti non si capirebbe perché il Lazio che
è più pianeggiante della Puglia ha il 46,7% della superficie tutelata. Anche i beni culturali
tutelati attraverso la L. 1089/39 erano pochi. Infatti, i beni monumentali (architettonici e
archeologici) extraurbani vincolati o segnalati negli anni ’90 erano circa tremila in tutta la
Puglia.
Figura 1 – Puglia: aree vincolate dalle leggi n.1497/39 e 1089/39 e dai D.M. ”Galasso”.
2. Oggi: La tutela del paesaggio agrario, nel Piano paesistico (PUTT/p)2
Nel 1985, la Giunta Regionale della Puglia avviò l’elaborazione del Piano paesistico, anzi di
Piano Urbanistico Territoriale Tematico per il Paesaggio (PUTT/P) della Regione, come
richiesto dalla L. 431/85 legge “Galasso” e della LR n. 56/80 legge Urbanistica regionale.
Dopo una lunga gestazione ed un commissariamento da parte del Ministero BCA, il 15
dicembre 2000 con la Deliberazione GR n. 1748 si approvava definitivamente il PUTT/P
adeguato al D.lvo 490/99. Il PUTT/P attualmente vigente analizza tutto il territorio regionale,
ma tutela circa il 50% della superficie regionale compreso, si badi bene i “territori costruiti”
(esclusi dall’efficacia del Piano) e le aree già vincolate dalle leggi dello Stato.
Per quanto riguarda la tutela del “paesaggio agrario” e del patrimonio della “pietra a secco” ,
il PUTT/P individua due caratteristiche aree agrarie: una è l'area delle "Grotte e masserie" (a
cavallo delle province di Bari e Brindisi), e l'altra la "Valle d'Itria" (a cavallo delle Province
di Bari-Brindisi-Taranto), per le quali le norme di Piano rinviano una precisa disciplina dei
Piani tematici di secondo livello, detti Sottopiani, attraverso una progettazione paesaggistica
di dettaglio. In particolare, per quanto concerne i beni rurali, il Piano individua due tipologie:
-
I "Beni diffusi nel paesaggio agrario" : vengono definiti sommariamente (piante isolate o
a gruppi, rilevanti per età e dimensioni, alberature stradali, pareti a secco, terrazzamenti in
collina e delimitazioni stradali), non possono essere individuati sulle mappe IGM in scala
1:25.000 e si rimanda tale compito agli strumenti urbanistici generali dei Comuni e ai
Sottopiani. Si fissa per essi un "unico regime" di tutela, con "indirizzi di tutela" generici
che non consentono: nuovi insediamenti residenziali e produttivi, arature profonde e
movimenti di terra, nuove strade; ma invece, genericamente: ampliamenti di fabbricati
esistenti, per un massimo del 20% del volume esistente, oltre a strade poderali, annessi
rustici che non alterino “significativamente” lo stato dei luoghi.
-
il "Paesaggio agrario ed usi civici": vengono definiti alcuni siti di interesse storicoartistico (usi civici), insediativo (edificazione, infrastrutturazione) e delle tecniche di
conduzione agricola nel contesto visuale e formale dei centri storici (collinari, e/o di
versante o costieri). Anche in questo caso, l’individuazione con precisione viene
demandata agli strumenti urbanistici generali dei comuni e ai Sottopiani.
Gli Ambiti Territoriali Estesi (ATE), come si può facilmente constatare, si sovrappongono ai
vincoli preesistenti (figura 2) e la loro classificazione di valore penalizza gran parte del
paesaggio agrario pugliese definito di “valore relativo”.
Figura 2 - Ambiti Territoriali Estesi (ATE) del PUTT/p per grado di valore.
2.1 Oggi: Le norme per la tutela “dell’architettura rurale”
Solo nel 2003, con la legge n.378, “Disposizioni per la tutela e valorizzazione
dell’architettura rurale”, lo Stato ha legiferato sugli edifici o fabbricati rurali e gli
insediamenti agricoli realizzati tra XIII ed il XIX sec., che costituiscono testimonianza
dell’economia rurale tradizionale della nazione. Nel 2004, è stato emanato il “Codice dei
Beni culturali e del paesaggio” (D.lgs 42/2004 s.m.i.) che nel suo articolato comprende le
seguenti tipologie di A.R.:
- i “beni culturali” all’art.10 comma 4, l) le architetture rurali aventi interesse storico od
etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale;
- i “beni ambientali” da tutelare nella pianificazione paesaggistica delle regioni all’art.135,
comma 4, lettera d) valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla
salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale
dell'UNESCO.
Il 6 ottobre 2005, il Ministro per i Beni e le Attività Culturali emana un Decreto, che
definisce come individuare le diverse tipologie di architettura rurale presenti sul territorio
nazionale, gli interventi ammissibili a contributo, le specifiche tecniche d’intervento e nello
stesso D.M. viene istituito il Comitato Paritetico per l’architettura rurale. Dopo quest’ultimo
atto normativo nazionale, nel 2005 la regione Liguria approva un Bando dal titolo
“Salvaguardia e valorizzazione delle tipologie d’architettura rurale nei comuni dell'entroterra
ligure”, nel 2006 la regione Campania emana invece la Lr. n.22/2006 "Norme in materia di
tutela, salvaguardia e valorizzazione dell'architettura rurale" che si ispira alla L.n.378/2003.
Mentre, nell’ottobre 2008, il Ministero per i Beni ed attività culturali pubblica la direttiva
“Interventi in materia di tutela e valorizzazione dell'architettura rurale”. Nel 2009, prima la
Sardenia e poi il Veneto emanano i bandi per accedere al Fondo nazionale per la tutela e
valorizzazione dell’Architettura rurale. Ma ad oggi, nessuna regione italiana ha ottenuto i
contributi per la tutela e valorizzazione dell’Architettura rurale.
Riportiamo in sintesi le norme del D.M. 6 ottobre 2006 che individuano, a livello nazionale,
tre tipologie di architettura rurale:


“edifici rurali che costituiscono testimonianza …”, gli edifici rurali adibiti ad uso
residenziale o ad attività funzionali all’agricoltura, realizzati entro il XIII e il XIX secolo,
che abbiano un rapporto diretto o comunque funzionale con fondi agricoli circostanti e
che presentino una riconoscibilità del loro stato originario, in quanto non siano stati
irreversibilmente alterati nell’impianto tipologico, nelle caratteristiche architettoniche
costruttive e nei materiali tradizionali impiegati;
per “costruzioni rurali” quelli che connotano il legame organico tra edifici rurali e aree
agricole di pertinenza quali: le recinzioni, le pavimentazioni, la viabilità rurale storica, i
sistemi di canalizzazione, irrigazione e approvvigionamento idrico, i sistemi di
contenimento dei terrazzamenti, i ricoveri temporanei (vegetali o in grotta) e gli elementi
e i segni della religiosità locale; fienili, ricoveri, stalle, essiccatoi, forni, pozzi, fontane,
abbeveratoi, acciottolati, muri a secco, specchi, ecc.

per “insediamenti agricoli” i nuclei, con non più di 50 abitanti residenti, completamente
inseriti in contesti rurali, edificati per funzioni residenziali, produttive e di servizio alle
attività agro-silvo-pastorali, le cui caratteristiche non siano state alterate nel corso del XX
secolo
Inoltre, le norme all’art. 2 definiscono i seguenti interventi ammessi a contributo:

gli spostamenti minimi in verticale dei solai interni, nei soli casi in cui le altezze esistenti
rendano i locali inidonei alle destinazioni d'uso abitative, produttive e aziendali;
 la ricomposizione e la riorganizzazione degli spazi interni nella misura strettamente
necessaria all'adeguamento tecnologico e funzionale;
 le modifiche delle destinazioni d'uso per comprovate esigenze abitative, produttive ed
aziendali, purché non ne compromettano l'originaria destinazione d'uso degli
insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, alla tutela delle aree circostanti, dei tipi e
metodi di coltivazione tradizionali, e all'insediamento di attività compatibili con le
tradizioni culturali tipiche;
 la ricostituzione di edifici non più abitati o utilizzati le cui strutture in elevazione si siano
anche in parte mantenute, secondo i limiti volumetrici e planimetrici identificabili
attraverso la lettura dell'esistente o mediante idonea documentazione iconografica
attestante le utilizzazioni agricole tradizionali di cui all'art. 1, comma 1, della legge L.
n.378/2003 .
L’aggiunta di parti nuove, necessari all’esercizio delle attività agricole, è ammessa, purché,
compatibili con le parti preesistenti e rispettose delle tradizioni edilizie locali.
Tab. 1 - Tipologie A.R. e criteri tecnici per gli interventi di tutela e valorizzazione
Le specifiche tecniche, divise per componenti tecnologiche saranno successivamente
confrontate con le Linee guida della Regione Puglia per il patrimonio della “pietra a secco”.
2.2 Le norme di tutela e lo stato del patrimonio della “pietra a secco” in Puglia4
Dopo questo excursus sulla normativa di tutela in Italia, siamo passati alla verifica
dell’efficacia delle norme di tutela paesistico-architettonica nella regione Puglia, ed in
particolare, dove è più densa ed articolata la presenza del patrimonio della “pietra a secco” (p.
a s.). Se esaminiamo le aree con vincolo di tutela paesaggistica in Puglia (L.1497/39 e
decreti “Galassini“ L.4321/8%), si può notare (figura 1) come queste aree difesa
del
paesaggio interessino in minima parte le zone con costruzioni p.a s., anche, la dove, come
nella Murgia dei Trulli, il Piano paesistico vigente (PUTT/p., 1998) aveva perimetrato l’area
“Valle dei trulli”: il tutto è rimandato ad un ipotetico sottopiano. Se invece, esaminiamo la
tutela “monumentale” (L.1089/39) dei beni della p.a s., questa interessa alcuni rari grandi
trulli o masserie, naturalmente fa eccezione il centro storico di Alberobello, che ha
rispettivamente: un vincolo di zona monumentale e panoramica dal 1910, un vincolo di tipo
paesaggistico dal 1970 ed infine un riconoscimento dell’UNESCO dal 1996. Le carenze
normative regionali, i mancati controlli ed i facili permessi edilizi hanno portato il patrimonio
diffuso della “pietra a secco” ed in particolare dei trulli nelle seguenti condizioni:
Trullo rudere/abbandonato
Trullo a due piani “abitato” stabilmente
Trullo “recuperato” ed ampliato a lamia
Trullo “alienato” (trasformato in villetta)
Trulli “revival” in costruzione
Chiesa rurale in stile “trullesco”
Fig. 3 Le condizioni del patrimonio in “pietra a secco” in Puglia
3. Domani: gli strumenti della tutela del patrimonio in “pietra a secco” in Puglia.
Oggi l’Italia ha una legge nazionale specifica sulla tutela dell’architettura rurale, ed anche le
prime leggi regionali, ma persiste un contrasto tra le norme di tutela e norme che consentono
le trasformazioni urbanistiche nelle zone agricole. Questo fenomeno è amplificato da una
frammentazione delle competenze degli Enti pubblici, che a vario titolo operano su tali beni
culturali. Inoltre, la crisi dell’economica agricola ha portato: all’abbandono dei suoli agricoli
meno vocati e alla trasformazione del paesaggio agrario per opera dell’agricoltura intensiva.
L’agricoltura industrializzata porta alla riduzione degli addetti e all’abbandono delle case
sparse rurali degli agricoltori residenti. Così i vecchi fabbricati in “pietra a secco”, sono oggi
destinati o alla distruzione o all’alienazione turistica. Quest’ultima parte del lavoro è
dedicato all’esame dei nuovi strumenti di tutela che potranno essere messi in campo nei
prossimi anni da parte della Regione e degli Enti locali.
3.1 Un Programmi triennali regionali per l’architettura rurale3
Alla V Trobada d’estudi per la preservació del patrimoni de pedra en sec als Països Catalans
– di Palma, abbiamo illustrato estesamente lo strumento del Programmi triennali regionali per
l’architettura rurale a cui rimandiamo per i dettagli. Possiamo solo aggiungere che ad oggi in
Puglia, non è stato realizzato tale Programma regionale, nonostante le sollecitazioni del
Ministero BCA, che ha convocato in giugno tutte le regioni italiane per spingerle ad adottare
un Programma ed accedere ai contributi per la tutela e valorizzazione dell’Architettura rurale
del Fondo Nazionale che restano inutilizzati e potranno essere destinati ad altro impiego dal
Governo in una situazione di crisi economica. Ma La Puglia non ha ancora scelto tra il
programma e la legge regionale A.R..
3.2 Una legge regionale per la tutela dell’architettura rurale pugliese4
L’’associazione Italia Nostra di Puglia ha preparato una Proposta di Legge regionale “Norme
per la tutela e valorizzazione dell’architettura rurale” (P.d.L.) che è che stata donata,
all’assessore regionale ai Beni culturali Prof. Barbanente, ma che non ha avuto alcun seguito.
Per questo si è anche pensato ad una Proposta di legge d’iniziativa popolare che però
necessita delle firme di 15.000 cittadini o la sottoscrizione di 5 comuni. Su questa ultima
ipotesi, si sono resi disponibili due comuni dell’area della Murgia dei trulli, ma ancora non si
è concretizzato nulla. La P.d.L. aveva una duplice finalità, come in Campania, da un lato
accedere al fondo nazionale per A.R. e dall’altro definire delle norme tecniche
immediatamente applicabili da comuni e Soprintendenza BCA della Puglia. Inoltre, il P.d.L.
prevede: gli interventi finanziati e le specifiche tecniche, le procedure di concessione dei
contributi, un Comitato Paritetico per l’architettura rurale, la programmazione triennale degli
interventi ed una scheda riassuntiva degli interventi proposti. Siamo coscienti che da sole le
norme di una legge regionale di sola tutela e valorizzazione dell’architettura rurale, limitata
ai soli interventi finanziati o finanziabili, non valida per il resto del patrimonio “pietra a
secco”, ed per questo va accompagnata da una legge regionale che consideri gli “Interventi di
trasformazione urbanistica edilizia delle zone agricole”, che limiti il “consumo di suolo”
legando la costruzione/trasformazione “una tantum” dei fabbricati rurali al tipo di coltura
pratica. Inoltre, ogni intervento edilizio deve essere previsto in un “Programma aziendale
pluriennale di miglioramento agricolo ambientale”, che dia priorità al restauro ed al
risanamento conservativo, prima di prevedere nuovi volumi e che vieti il cambio di
destinazione d’uso. Ma, nello stesso tempo definisca anche gli interventi sul patrimonio
edilizio esistente, con destinazione d’uso non agricola, che preveda restauro e recupero e gli
interventi sul patrimonio edilizio esistente, che il cambio di destinazione d’uso agricolo
preveda il convenzionamento e gli oneri di miglioramento ambientale del sistema insediativo
a scomputo degli oneri di urbanizzazione da corrispondere al Comune.
Negli anni passati erano state presentate alcune proposte di legge regionali sulla materia,
ma ad oggi le uniche norme riferibili alla “pietra a secco” sono:

LR. n.72 del 26 marzo 1979 “Tutela dell’ambiente naturale e culturale caratteristico
della Regione Puglia, valorizzazione, salvaguardia e destinazione d’uso dei trulli di
Alberobello. Intervento urgente.

LR n.26/2009“Tutela e valorizzazione del sistema costruttivo con copertura a volta”
(non comprende le pseudo - cupole dei trulli).

LR n,. 23/1998 …aumento di spessori muri per coibenza acustica e risparmio
energetico;

LR n. 26/2009 “Tutela e valorizzazione del sistema costruttivo con copertura a volta”.
Invece, nel Programma di Sviluppo Rurale (PSR) per la regione Puglia 2007-2013, è previsto
l’erogazione di fondi per gli interventi di ripristino di “muretti a secco” nelle aree naturali
protette e nei Siti Natura 2000 che rispettino le seguenti Indicazioni tecniche:
1. Nella ricostruzione parziale o totale di muri a secco devono essere garantite le loro
capacità di drenaggio;
2. In caso di ripristino totale dei muri crollati, gli stessi dovranno avere la tipologia e le
dimensioni originarie;
3. Il materiale di riempimento degli spazi liberi del muro dovrà essere costituito
esclusivamente da pietrame di ridotte dimensioni;
4. Le operazioni di ripristino dei muri a secco dovranno essere condotte senza l’ausilio di
mezzi meccanici ed esclusivamente con strumenti manuali;
5. La vegetazione ormai consolidata sulla traiettoria del muro o di fianco ad esso non deve
essere eliminata. Le specie arboree potranno esclusivamente essere spalcate per
consentire agli operai di lavorare al ripristino del muro. Quelle arbustive e sarmentose (ad
es.: biancospino, caprifoglio, prugnolo), presenti sui lati, potranno solo essere contenute
mediante taglio raso dei polloni con diametro inferiore a 3 cm, lasciando almeno trecinque polloni per pianta. Gli alberelli di perastro (Pyrus amygdaliformis) e mandorlo di
Webb (prunus webbii) vanno salvaguardati e soltanto moderatamente potati se
interferiscono con i lavori;
6. Ogni trenta metri dovranno essere realizzati cunicoli a livello del terreno per permettere il
passaggio dei piccoli animali. Tali passaggi, da assimilarsi a quelli per il passaggio
dell’acqua, dovranno avere dimensione minima di circa 30x30 cm. In alternativa potranno
essere creati ogni 100 m varchi che interrompono la continuità della barriera pietrosa;
7. Il materiale per il ripristino dei muri a secco non dovrà provenire dalle antiche specchie o
dai cumuli sui quali si é affermata vegetazione arborea ed arbustiva spontanea. Potrà
essere utilizzato il materiale proveniente dai crolli o presente in modo spaiato in luoghi
limitrofi al sito d’intervento emerso a seguito di ordinarie lavorazioni del terreno.
3. 3 La tutela del p. a s. nel Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR)5
Nel 2010 è stato adottato il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR), che forse
porrà rimedio “all’incoerente” normativa vigente. Nel PPTR, oltre alle analisi e Strategie del
“Patto città-campagna”, alla “Carta dei Beni regionale dei culturali”, sono state predisposte
“le linee guida per il recupero, la manutenzione e il riuso delle’edilizia e dei beni rurali”, che
rappresentano un dettaglio delle N.T.A. del PPTR. Queste norme, per essere attuate
necessiteranno di un recepimento da parte dei Comuni e delle Province negli strumenti e
regolamenti edilizi In tali Linee guida, sono previste, oltre al recupero ecosostenibile del
manufatto e del contesto, anche la concessione, “una tantum”, di ampliamento in deroga ai
PRG dei fabbricati rurali per realizzare: servizi igienici e cucina (25 mq), vani tecnici (15 mq)
e vani per le nuove funzionalità turistiche (ampliamento del 25% se S.U.E. <100mq e 10% se
S.U.E. >500 mq).
Le costruzioni a secco hanno una norma specifica che sono “le linee guida per il restauro e il
riuso dei manufatti in pietra a secco” (elaborato 4.4.4.). In esse si stabiliscono i criteri per
individuare: le tipologie di manufatti, i tre comprensori interessati (figura 4) e gli indirizzi per
la conoscenza e valorizzazione.
Fig. 4 Densità dei manufatti in pietra secco in Puglia - elaborazione PPTR
Inoltre, per coordinare le politiche attive e le operazioni di conservazione e il riuso dei
manufatti in p.a s., si prevede di istituire 4 Centri Studi Regionali nelle aree omogenee:
Gargano, Puglia centrale, Murgia dei trulli, Salento. Nell’attesa di questi quattro Centri Studi,
saranno i comuni a provvedere alla compilazione degli elenchi dei siti di particolare interesse
per la p.a s.. Nel seguito, abbiamo confrontato le specifiche tecniche nazionali con quelle
3. (Solai, volte, coperture).
2. (Murature).
1.
(Materiali)
Componenti
tecnologiche
della Puglia, dividendole per tipo di componente tecnologica dei manufatti:
Specifiche Tecniche
DM 6 ottobre 2005
Linee guida per il restauro e il riuso dei
manufatti in pietra a secco (elaborato 4.4.4.
del PPTR della Puglia).
l'impiego di materiali appartenenti alla Vietato l’uso di materiali diversi dalla pietra
tradizione locale
della zona. Lavorata a mano e senza uso di
calcestruzzo armato o non per i
consolidamenti.
la ricostruzione delle murature, sono Rispetto delle tecniche tradizionali delle
attuate con l'impiego di tecniche definite diverse zone della Puglia. Conformità della
in continuità con le caratteristiche lavorazione, forma e dimensioni dei conci
costruttive ed estetiche tradizionali.
lapidei nell’integrazione delle diverse parti
dell’edificio. Vietata la sigillatura dei giunti
dei paramenti murari. Intervento sulle
murature con il “cuci scuci” per parti limitate
ed alternate. Solo in presenza di instabilità si
può fare lo smontaggio/ri-montaggio dei
manufatti.
Le strutture orizzontali (solai in legno, Mantenere le coperture esterne. Per le
volte) sono di regola mantenute nelle aggiunte di volumi tecnici usare: tetti piani
loro caratteristiche costruttive. Gli praticabili, a botte,
a padiglione
interventi attuati con tecniche definite in eventualmente ricoperte di manto di
continuità
con
le
caratteristiche “chiancarelle”, salvo presidenti tetti con la
costruttive ed estetiche tradizionali, carpenteria lignea e manto in tegole di cotto.
estese
agli
elementi
accessori In nuovi volumi devono avere altezza
(comignoli, gronde, doccioni), sono fatti inferiore rispetto alle cinte basamentali dei
salvi gli adeguamenti necessari quali: corpi esistenti. Sono ammessi volumi di
l'impermeabilizzazione
e
la raccordo più bassi del corpo principale.
coibentazione, con esclusione della
modifica delle quote d'imposta, di
gronda, di colmo e delle pendenze.
Qualora, ai fini della sicurezza sismica,
si renda necessario il rifacimento di
singoli elementi questo e' effettuato nel
rispetto delle disposizioni di cui all'art.
2, comma 4.
superfici
e
4. (Facciate
esterne
5. (Infissi e serramenti).
6. (Pavimentazioni esterne e
recinzioni).
7. (Servizi e impianti i
tecnologici).
Le attuati facciate sulla base della I trattamenti superficiali esistenti nella parte
valutazione analitica delle tecniche basamentale va mantenuta: la pietra a vista,
tradizionali, dei materiali e delle gli intonaci realizzati con lo scialbo di calce o
successive trasformazioni. Il ripristino secondo la tradizione del contesto locale. Le
generalizzato dell'intonaco su superfici pietre di rivestimento della copertura possono
in pietra o in laterizio, al presente a essere revisionate, smontate o rimontate.
vista, appartenenti ad edifici anteriori al Per l’aereazione esterna delle alcove si
XIX secolo e' consentito solo se possono realizzare finestre max 30x30 cm
rispondente ad esigenze di un corretto e reversibile e compatibili con la struttura.
rigoroso restauro. La rimozione degli
intonaci tradizionali e' di norma vietata.
Il
mantenimento
dell'omogeneità Manutenzione dei vecchi infissi in legno. I
tecnologica propria della tradizione nuovi infissi in legno con tecniche uguali o
locale, utilizzati materiali e tecniche simili all’originale, con porta-finestra a due
della tradizione locale ed elementi propri battenti all’esterno ed un portoncino (alla
dell'edilizia
rurale
(ante,
oscuri, mercantile) all’interno. .
persiane) e non potranno essere
impiegati materiali plastici, alluminio
anodizzato e leghe metalliche in genere.
I portoncini, le cancellate, le inferriate, e
gli altri elementi di chiusura e apertura
di vani che siano espressione della
tradizione locale sono preferibilmente
conservati o restaurati; altrimenti sono
realizzati con tecniche e materiali uguali
o simili agli originali.
Le pavimentazioni tradizionali degli Pavimenti antichi in “chianche” restaurati e/o
spazi aperti o porticati (acciottolati, reintegrati in pietra, se degradati è totale o in
lastricati, ammattonati) e gli elementi di assenza di pavimentazione anche con un
recinzione e perimetrazione (muri, solido pavimento in “coccio pesto”. Per i
steccati, barriere) sono mantenuti, muri a secco di recinzione o contenimento
restaurati e ripristinati, nella loro valgono le norme del PSR della Puglia. Le
estensione e consistenza materiale, di sistemazioni esterne devono essere conformi
struttura, di disegno, escludendo all’ambiente rurale quindi sobrie, senza decori
interventi distruttivi o sostitutivi con inutili, impropri ed eccessivi.
Le
materiali non conformi.
pavimentazioni delle aree di soggiorno
all’aperto ed dei vialetti devono essere
permeabili.
E'
ammesso
l'adeguamento
e Inserimento di servizi igienici e sanitari
l'inserimento di impianti tecnologici, all’interno delle strutture esistenti, se
purché non alterino la struttura statica compatibili con le dimensioni e le tipologie
degli edifici e l'immagine complessiva altrimenti,
in aggiunta volumi tecnici
degli ambiti storico-antropologici di integrativi. Tutte le canalizzazioni realizzate
riferimento.
“a vista” o rimuovendo il pavimento si
possono predisporre sotto le “chianche”. Per
il riscaldamento riattivare il “focarile” o
impianti solari ad isola per 15 mq
opportunamente celati sul terrazzo dei vani
tecnici.
Inoltre, i manufatti in pietra a secco a cui fanno riferimento le Linee Guida regionali devono
avere una minima superficie coperta, al netto delle murature, di 12 mq e la cubatura non
deve superare i 150 mc. Mentre, il lotto di pertinenza o “unità di minimo intervento” devono
avere le seguenti caratteristiche: superficie minima 1.000 mq, superficie lotto = volume della
costruzione 0,3 (comprensivo delle parti aggiunte). I nuovi volumi aggiunti vanno in deroga
“una tantum” a quanto previsto dai P.R.G., la presenza a costruzioni p.a s. esclude nuove
costruzioni nel lotto. Il dimensionamento dei corpi aggiunti volume max 75 mc e superficie
netta max 25 mq e rapporto volume esistente/volume del corpo aggiunto = 1/3, rapporto
superficie corpo aggiunto/superficie netta esistente = 0,7. I nuovi corpi aggiunti saranno
collocati ad una distanza di 6 metri dai volumi originari, comunque in posizione defilata e a
non meno di 3 metri dai confini del lotto. Sarà possibile accostare i nuovi volumi, collegarli,
se lo spessore del muro sia > 100 cm, realizzando una luce > 90 cm di apertura, tale da
rendere minimo il taglio a forza delle pareti.
3.2 Le nuove norme del Piano Regolatore del Comune di Cisternino (BR)
Uno degli ultimi piani Regolatori Comunali (PRG) approvato dalla regione Puglia è quello di
Cisternino (BR) ricadente in piena Valle d’Itria, per questo abbiamo esaminiamo le Norme
Tecniche di Attuazione (NTA) riferite alle:
A) Opere di ampliamento di
complessi a trullo. In questo caso le strutture portanti
dell’ampliamento devono essere indipendenti dall’esistente in modo da essere reversibili,
l’altezza del volume a farsi, deve essere inferiore all’imposta della copertura a “chiancarelle”
per il minimo impatto visivo. Il Dimensionamento degli ampliamenti per un trullo di s. u. 20
mq l’ampliamento sarà di 20 mq, se il fabbricato è di 100 mq l’ampliamento sarà di 10 mq.
Ma, se l’ampliamento è realizzato in stile “trullesco” le superfici d’ampliamento passano a
60 mq e a 20mq.
B) opere di recupero e rifunzionalizzazione di complessi di trulli esistenti, devono essere
eseguiti con i criteri del restauro monumentale ed il rispetto dei caratteri formali e materici
del complesso a trulli. I manti di copertura devono mantenere l’originaria curvatura
riutilizzando il materiale originario o materiale a spacco di cava. Le opere di consolidamento
per quanto possibile realizzate con il ”cuci e scuci”, la creazione limitata di collegamenti
interni e l’utilizzo della pietra da taglio nel caso di sostituzione di pietre in recuperabili, non
si possono realizzare pinnacoli falsi e rifacimenti della pavimentazione con pietra di Trani
levigata. Si prevede persino, in contrasto, con le Linee guida regionali, la stilatura dei giunti
con cemento bianco a raso e la successiva inbianchitura a più passate a latte di calce..
3.3 Un “Parco rurale” per la tutela della Valle d’Itria.
Si era ipotizzato qualche anno fa, anche di istituire un “Parco rurale” per l’area della Valle
d’Itria. La vecchia classificazione dell’Unione Internazionale per la Conservazione della
Natura (UICN) denominava “Riserva antropologica” quell’area che “consentisse la
sopravvivenza di stili di vita di popoli che vivono in armonia con la natura, senza che
vengano compromessi dalla tecnologia moderna.” Ma, oggi sono trascorsi 15 anni da
quell’ipotesi di “Parco rurale” e la valle d’Itria si è trasformata ed anche la classificazione
UICN la categoria V inserisce “Paesaggi terrestri e marini protetti” che siano “aree di terra,
con coste e mare, dove le interazioni tra popolazione umana e natura hanno prodotto un’area
di carattere distinto con un valore estetico, ecologico e/o culturale e spesso con un alto tasso
di diversità biologica”. In queste aree definite dall’UICN sono consente attività umane che
hanno a che fare con le tradizioni locali, purché caratterizzate da un uso sostenibile delle
risorse naturali, un turismo non aggressivo e attività ricreative compatibili con l’ambiente.
Purtroppo, questo tipo di aree naturali protette non è presente nella Legge n.394/1991 e
ovviamente nella LR n. 19/1997 "Norme per l'istituzione e la gestione delle aree naturali
protette nella Regione Puglia".
3.4 Gli ecomusei per la conservazione e valorizzazione
L’ecomuseo nasce dalle esperienze francesi degli anni ’70, si sono sviluppati in Italia prima
in Piemonte e poi in altre regioni. L’ecomuseo può essere definito "un'istituzione culturale
che assicura in forma permanente, su un determinato territorio e con la partecipazione della
popolazione, le funzioni di ricerca, conservazione e valorizzazione di un insieme di beni
naturali e culturali, rappresentativi di un ambiente e dei modi di vita che lì si sono succeduti"
Uno strumento promozione dell’identità collettiva e del patrimonio culturale, ambientale e
paesaggistico sono gli “Ecomusei” quali luoghi nella forma del museo permanente nel
territorio. Per gli ecomusei, di recente è stata approvata la LR 15/2011 d’istituzione degli
ecomusei della Puglia. Oggi, sono già otto gli ecomusei in Puglia, tra di essi quello della
Valle d’Itria a cui aderiscono sette comuni contermini. L’ecomuseo della valle d’Itria si
propone di documentare, conservare e valorizzare la cultura materiale ed immateriale (trulli,
masserie, muri a secco, tratturi, la vita e il lavoro, saperi tradizionali, produzioni locali).
Viene adottato lo strumento delle “Mappe di comunità”, che sono finalizzate a promuovere il
ruolo degli abitanti nella costruzione di rappresentazioni del territorio in grado di
rappresentare - attraverso tecniche generalmente a debole formalizzazione e in maniera
immediatamente comunicabile - il proprio spazio vissuto, e i valori socialmente riconosciuti
del territorio di appartenenza.
Conclusioni
Dalla disamina degli strumenti di tutela, siamo giunti alla conclusione che serve una “tutela
integrata” che coordini le leggi, i piani, enti e le risorse, per recuperare il valore patrimoniale
ed identitario del patrimonio della “pietra a secco”. Per questo, i tre maggiori comprensori
con più concentrazione di manufatti p.a s. (Gargano, Murgia e Salento, fig. 4) vanno
sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi della Parte III del D.lgs 42/2004 o dal PPTR. Se,
invece, dagli elenchi dei siti comunali si evidenzino manufatti di particolare interesse
culturale questi vanno sottoposti a vincolo monumentale ai sensi della Parte II del D.lgs
42/2004.
Per completare la necessaria difesa serve la “legge regionale per tutela e
valorizzazione dell’architettura rurale”, che preveda l’acquisizione al demanio comunale del
patrimonio in “pietra a secco” abbandonato attraverso il diritto di prelazione e la cogenza
delle norme per i piani urbanistici. Ma, sappiamo bene che non bastano i vincoli per fare la
tutela ed è per questo che bisogna avviare i “Programmi triennali regionali per l’architettura
rurale” ed altri finanziamenti che prevedano prioritariamente il restauro conservativo dei beni
nelle aree vincolate. Altri strumenti d’intervento, come gli Ecomusei, se non riescono ad
attuare una “tutela integrata”, saranno solo azioni culturali o di marketing territoriale.
Bibliografia
1. Emile Bertaux - “Etude d'un type d'habitation primitive - trulli, caselle et specchie des
Pouilles”, 1899;
2. “I Paesaggi sensibili nel PPTR della Puglia, nel Primo rapporto nazionale sulla
pianificazione paesaggistica, Italia Nostra, 21 ottobre 2010;
3. "Un Programma regionale per architettura in "pietra a secco", presentato V Trobada
d'estudi per a la preservació del patrimoni de pedra en sec als Països Catalans - Palma, 23,
24 i 25 ottobre 2009;
4. Proposta di Legge regionale “Norme per la tutela e valorizzazione dell’architettura
rurale” di iniziativa popolare avanzata da Italia Nostra Puglia, ottobre 2008;
5. DGR n.1 del 11/01/2010 “Approvazione della proposta di Piano paesaggistico territoriale
della Regione Puglia” (PPTR).