lavoratori anziani e mercato del lavoro europeo

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lavoratori anziani e mercato del lavoro europeo
LAVORATORI ANZIANI
E MERCATO DEL LAVORO EUROPEO
STUDI, POLITICHE PUBBLICHE
E BUONE PRASSI AZIENDALI
Diana Gilli, Maria Parente e Claudia Tagliavia
Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego, n. 9/2005
ISFOL – RP(MDL)-9/05
Elaborazione grafica di ANNA NARDONE
di
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Con le monografie sul Mercato del lavoro e le
politiche per l’impiego, vengono presentati e
divulgati in forma sintetica, i principali
risultati di studi realizzati dall’Area di ricerca
Mercato del lavoro dell’Isfol.
Direzione della collana: Diana Gilli
Isfol – Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Via G. B. Morgagni, 33 - 00161 Roma
Tel. 06/44.59.01 – Fax 06/44.59.06.85
Indirizzo Internet http://www.isfol.it
2
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
LAVORATORI ANZIANI E
OLD WORKERS AND
EUROPEAN
MERCATO DEL LAVORO
EUROPEO
LABOUR MARKET
STUDI, POLITICHE PUBLICHE
E BUONE PRASSI AZIENDALI
STUDIES, PUBLIC POLICIES,
COMPANY GOOD PRACTICES
SINTESI
ABSTRACT
L’incremento delle aspettative di vita e la
riduzione dei tassi di fertilità hanno determinato
in tutto il mondo il progressivo invecchiamento
della popolazione.
Tali dinamiche hanno fortemente influenzato le politiche del lavoro dei paesi europei, al
punto che il prolungamento della vita attiva è
divenuto uno degli obiettivi da realizzare al fine
di conseguire il traguardo generale, fissato dal
Consiglio europeo di Lisbona, relativo al
raggiungimento di un tasso d’occupazione pari
al 70% nel 2010.
Il presente lavoro vuole essere un tentativo
di analisi della partecipazione dei lavoratori
adulti al mercato del lavoro europeo, passando
in rassegna le caratteristiche e le tendenze del
panorama internazionale oltre che gli interventi
che i singoli paesi hanno promosso a livello
nazionale al fine di realizzare le indicazioni
europee nell’ambito della promozione dell’occupazione dei lavoratori adulti e anziani.
Dopo aver esaminato nel primo capitolo i
principali snodi istituzionali, scientifici e
culturali, attraverso i quali si è andato precisando il concetto di invecchiamento attivo, il
secondo capitolo considera la situazione
generale di questa fascia di lavoratori nei paesi
dell’Unione europea. Ci si sofferma sul contesto
demografico, sul rapporto tra formazione e
occupazione e sull’individuazione della composizione settoriale del lavoro dei senior; si
esamina, poi, la qualità del lavoro in età
avanzata, i possibili interventi e quelli già messi
in atto, volti al miglioramento delle condizioni
lavorative.
Il terzo capitolo esamina più nel dettaglio le
diverse strategie d’azione che i singoli Stati
hanno scelto al fine di invertire la tendenza al
pensionamento anticipato.
Ever greater life expectancies and the
reduction of fertility rate have had the
consequence of a progressive ageing of people
all over the world. This demographic scenario
has affected labour policies in European
countries deeply, so that the prolonging of
working life has got one of the objectives to
achieve the target established by the European
Council in Lisbon: an employment rate of 70%,
by 2010, in all the EU countries.
This survey analyses the participation of
old workers to European labour market, by
examining the characteristics and trends of the
international scenario and all the initiatives that
each country has promoted, at national level, to
realize the European guidelines to enhance old
workers employment.
After examining, in the first part, the main
features – institutional, scientific, cultural –
through which the concept of active ageing is
being defined, the second part takes into
consideration the general situation of this target
of workers in EU countries. The survey focuses
the demographic setting, the relation between
training and employment and detects the
activity sectors of senior workers as well; then
it analyses the work quality of old workers, the
future initiatives and the ones already carried
out to improve working conditions.
The third part studies, in detail, the various
strategies, that each Country has chosen in
order to reverse the trend towards early
retirement.
The fourth part studies the conditions of
senior workers in the 25 EU countries,
analysing the employment levels, the training
initiatives role, the retirement systems and the
policies promoting the prolonging of active
working life as well.
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ISFOL – Area Mercato del Lavoro
The result is a general improvement of old
workers employment
levels due to the
introduction of specific measures to enhance
active ageing. Since 2002, in fact, no EU
country has recorded employment reductions
for this age target, whereas the whole of EU
has observed a clear employment increase.
Between 1995 and 2002, it has been recorded a
decisive increase of more than two million old
workers, in a peculiar way in the last year
surveyed. Training actions also are quite
relevant to implement active ageing, in fact
senior workers with high qualifications show a
double employment rate respect to workers of
the same age with low qualifications (61%, in
the first case, vs 31%, in the second one).
Moreover it seems quite difficult to access
to professional updating courses, owing to the
low redditivity, on account of establishments,
of investments in courses geared to workers
next to retirement, together with the real
difficulties to adapt to new technologies on
account of old workers.
The improvement of working setting, the
introduction of flexible schedules to make
easier the progressive passage to retirement, the
reduction of difficulties to access to training
courses, the elimination of discriminations due
to the age; all of these represent some
initiatives promoted by EU countries to
implement senior employment.
Most of the countries have left off some
incentives to early retirement and have
introduced others to keep old workers active.
Many NAP in 2004 define initiatives to
improve old workers working conditions, as in
Finland, France, Italy, Netherlands, Portugal,
Denmark and in many newly entered Countries
as well.
The conditions of senior workers in the
countries of Eastern/Central Europe are
peculiarly difficult; their employment rate is 10
points lower than the one recorded in the 15
EU.
The deep industrial restructuring processes,
consequence of the passage to a market
economy, have resulted in a big increase of
Il quarto capitolo infine, affronta la
condizione dei lavoratori senior nei nuovi Stati
membri dell’Unione Europea a 25 considerandone i livelli di occupazione, il ruolo della
formazione, i sistemi pensionistici e le politiche
a favore del prolungamento della vita attiva.
Ciò che emerge è un generale miglioramento dei livelli occupazionali dei senior in
relazione all’introduzione di misure destinate a
favorire l’invecchiamento attivo. Già nel 2002,
infatti, non si sono verificati decrementi occupazionali per questa classe di età in nessuno
degli Stati europei e, per l’insieme dell’Unione
europea, si è assistito ad un netto aumento
dell’occupazione: in termini assoluti, tra il 1995
e il 2002, si sono infatti registrati 2 milioni di
occupati senior in più, con una netta
accelerazione nell’ultimo anno considerato.
Rilevante risulta anche il peso della
formazione nel favorire l’invecchiamento
attivo: i senior in possesso di titoli di studio
elevati mostrano tassi di occupazione doppi
rispetto ai coetanei con scarsi livelli di
istruzione (pari al 61% nel primo caso e al 31%
nell’altro).
Particolarmente difficoltoso appare, tuttavia,
l’accesso all’aggiornamento professionale, a
causa della valutazione di scarsa redditività, da
parte datoriale, degli investimenti in corsi rivolti
a lavoratori prossimi al pensionamento, oltre
alla effettiva difficoltà dei lavoratori stessi di
adattarsi alle nuove tecnologie.
Il miglioramento dell’ambiente di lavoro,
l’introduzione di orari flessibili al fine di
agevolare una transizione graduale al pensionamento, la riduzione delle difficoltà di accesso
alla formazione, l’eliminazione delle discriminazioni basate sull’età sono alcuni degli
interventi previsti dagli Stati europei al fine di
accrescere l’occupazione dei senior.
La maggior parte dei paesi ha, inoltre,
eliminato gli incentivi al prepensionamento e ne
ha introdotti altri al fine di trattenere in attività i
lavoratori maturi. In molti Nap del 2004
vengono previste azioni per migliorare le
condizioni di lavoro anche alle persone meno
giovani; è questo il caso della Finlandia, della
4
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
unemployment, above all among old workers.
In the newly entered Countries, old
unemployed people have to cope with big
difficulties to be replaced, above all should the
unemployment prolong in the time. They are
very often placed in public utility sectors and
only very few of them can take profit from
professional updating courses.
Francia, dell’Italia, dei Paesi Bassi, del
Portogallo, della Danimarca, oltre che di molti
paesi di recente ingresso.
Particolarmente difficile risulta la condiiione dei lavoratori senior nei paesi dell’Europa
centrale e orientale che presentano un tasso di
occupazione di 10 punti percentuali più basso
rispetto all’Unione a 15. I pesanti processi di
ristrutturazione industriale seguiti al passaggio
ad una economia di mercato hanno infatti
prodotto una forte disoccupazione, soprattutto
dei lavoratori in età avanzata.
Nei paesi di recente accesso i disoccupati
senior riscontrano, inoltre, notevoli difficoltà di
ricollocazione, soprattutto se il periodo di
disoccupazione si protrae nel tempo; molto
spesso vengono impiegati in settori di pubblica
utilità, mentre sono pochi quelli che usufruiscono di corsi di aggiornamento.
5
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
INDICE
Sintesi – Abstract
1
Active ageing: verso una definizione dei percorsi concettuali e di
intervento (di Diana Gilli)
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
2
Il quadro internazionale
La dimensione europea
Il ruolo delle istituzioni del mercato del lavoro
Considerare l’intero ciclo della vita
Il ruolo della ricerca e della diffusione delle informazioni
Il panorama internazionale: caratteristiche e tendenze (di Claudia
Tagliavia)
2.1 Le forze di lavoro in età avanzata
2.1.1 Il contesto demografico
2.1.2 I senior nel mercato del lavoro
2.1.3 Il ruolo dell’istruzione
2.1.4 La formazione
2.1.5 Collocazione settoriale
2.2 La qualità del lavoro dei senior: caratteristiche e buone prassi
2.2.1 Suggerimenti e buone prassi nelle imprese
3
Le politiche (di Claudia Tagliavia)
3.1 Gli obiettivi di Stoccolma e di Barcellona
3.2 Le proposte strategiche dell’Unione europea
4
Le politiche nazionali (di Maria Parente e Claudia Tagliavia)
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.8
4.9
4.10
4.11
4.12
Austria
Belgio
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Paesi Bassi
Portogallo
6
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61
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62
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ISFOL – Area Mercato del Lavoro
4.13 Spagna
4.14 Svezia
4.15 Regno Unito
5
Promozione dell’occupazione e politiche per i lavoratori anziani
nell’Europa centrale e orientale (di Maria Parente)
5.1 Tendenze demografiche
5.2 Tendenze del mercato del lavoro in rapporto ai lavoratori
anziani
5.2.1 Livelli di occupazione
5.2.2 Formazione ed occupazione
5.2.3 Discriminazioni contro i lavoratori anziani
5.2.4 Sistemi pensionistici
5.2.5 Politiche a favore del prolungamento della vita attiva
5.2.6 Formazione dei lavoratori adulti
Riferimenti bibliografici
7
pag.
“
“
65
66
67
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68
68
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69
71
71
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76
“
77
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
INDICE DELLE FIGURE
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9
Fig. 10
Fig. 11
Fig. 12
Fig. 13
Fig. 14
Fig. 15
- Previsioni demografiche per l’UE a 15. Anni 2002-2050
pag.
- Rapporto tra inizio e fine della vita attiva, per sesso e livello di
istruzione (UE a 15)
“
- Confronto tra lavoratori senior e lavoratori più giovani nell’accesso
alla formazione
“
- Struttura settoriale dell’occupazione, per classi di età (%
dell’occupazione in ciascuna classe di età), anno 2001
“
- Struttura settoriale dell’occupazione per i lavoratori di età compresa
tra 55 e 64 anni (% dell’occupazione)
“
- Crescita annuale dell’occupazione, per settore e classi di età, anni
1997-2001
“
- Rapporti odds sull’età: variabile spiegata: lavoro a turni (variabili
esplicative oltre all’età: sesso, paese, settore, dimensione d’impresa,
“
categoria socio-professionale)
- Rapporti odds sull’età: variabile spiegata: lavoro in almeno 5 notti al
mese (variabili esplicative oltre all’età: sesso, paese, settore,
“
dimensione d’impresa, categoria socio-professionale)
- Rapporti odds sull’età: variabile spiegata: ritmi di lavoro determinati
dalla domanda diretta (variabili esplicative oltre all’età: sesso, paese,
“
settore, dimensione d’impresa, categoria socio-professionale)
- Rapporti odds sull’età: variabile spiegata: ritmi di lavoro determinati
da obiettivi quantificabili di produzione (variabili esplicative oltre
all’età: sesso, paese, settore, dimensione d’impresa, categoria socioprofessionale)
“
- Rapporti odds sull’età: variabile spiegata: ritmi di lavoro determinati
congiuntamente dalla domanda diretta e da obiettivi quantificabili di
produzione (variabili esplicative oltre all’età: sesso, paese, settore,
dimensione d’impresa, categoria socio-professionale)
“
- Proporzione di lavoratori che affermano di non aver mai usato un
computer, per classi di età – Indagine 1995 e 2000
“
- Proporzione di lavoratori che non hanno mai partecipato a azioni
formative negli ultimi 12 mesi – Indagine 1995 e 2000
- Proporzione di lavoratori che affermano che non imparano nulla nel
loro lavoro – Indagine 1995 e 2000
“
- Proporzione di lavoratori che affermano che dichiarano di non
effettuare rotazione dei compiti – Indagine 1995 e 2000
“
8
31
33
34
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41
41
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42
43
43
44
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
1. ACTIVE
AGEING: VERSO UNA
CONCETTUALI E DI INTERVENTO
DEFINIZIONE
DEI
PERCORSI
1.1 Il quadro internazionale
L’evoluzione demografica della popolazione mondiale mostra profondi e persistenti
cambiamenti che sono destinati ad accentuarsi nei prossimi decenni, soprattutto per
quanto riguarda la sensibile alterazione nella composizione per età della popolazione. La
capacità di migliorare la salute dei cittadini, di far fronte sempre più frequentemente a
malattie un tempo mortali, unita a quella di controllare le nascite ha portato nel corso del
tempo a ridurre i tassi di mortalità e quelli di natalità, ad un allungamento della vita in
tutto il mondo, con effetti di invecchiamento della popolazione nel suo complesso ed una
variazione di peso dei suoi diversi segmenti: diminuiscono in percentuale sul totale della
popolazione le fasce d’età più giovani, aumenta la proporzione di quelle in età più
avanzata. Importanti conseguenze di questi mutamenti si avvertono in tutti i paesi e hanno
cominciato a farsi sentire in maniera pressante sui sistemi del lavoro, nell’economia degli
Stati, nell’organizzazione sanitaria, nella previdenza, nell’organizzazione dei servizi
locali, via via fino a toccare la vita familiare e, naturalmente, quella degli individui.
Il fenomeno non è affatto limitato ai paesi maggiormente industrializzati. Se nel 2002
circa 400 milioni di ultrasessantenni vivevano nei paesi in via di sviluppo, si prevede che
nel 2025 il loro numero toccherà in quei paesi gli 840 milioni, arrivando a rappresentare il
70% di tutti quelli del pianeta. Si pone in primo luogo una questione di sostenibilità dei
sistemi sociali esistenti o di quelli cui le società aspirano e che sono attualmente in via di
costruzione: sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo,
l’invecchiamento della popolazione pone con evidenza la questione se il numero sempre
più contenuto di persone che lavorano sarà compatibile con sistemi di sostegno a quanti
sono comunemente considerati dipendenti dagli altri (bambini e anziani) 1 . Vengono
avvertiti rischi di aumento della povertà, di crescita dei divari tra segmenti svantaggiati e
1
WHO (World Health Organisation), Active Ageing. A Policy Framework, Madrid, April 2002. I tassi di
dipendenza delle persone anziane stanno aumentando rapidamente in tutto il mondo; in Giappone, ad
esempio, dove al giorno d’oggi si contano 39 persone over 60 per ogni 100 in età di lavoro, ve ne saranno
66 nel 2025.
9
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
fasce benestanti della popolazione, di aumento dell’insicurezza in campo sociale. Porre
l’attenzione sull’incremento del tasso di dipendenza significa affrontare un aspetto
cruciale dei mutamenti demografici e delle loro possibili conseguenze; questo indicatore,
tuttavia, non riflette la totalità delle questioni da affrontare né il complesso delle risorse e
dei fabbisogni della popolazione. Limitandosi, infatti, a considerare i fattori connessi alla
dipendenza economica e finanziaria non si considera il contributo, determinante e spesso
vitale per le famiglie e le comunità sociali, che le persone anziane, anche non inserite a
pieno titolo nel mercato del lavoro formale, sono comunque in grado di portare
quotidianamente alla società.
In Europa si prevede che tra il 2005 ed il 2050 gli over 65 arriveranno a rappresentare
il 30% della popolazione residente, mentre i giovani sotto i 24 anni vedranno scendere il
loro peso percentuale dal 30% al 23% del totale. Nel periodo 1995-2000 tutte le regioni
europee salvo 11 sono state interessate da invecchiamento della popolazione, con un
andamento che nelle aree meridionali del continente (Portogallo, Grecia, Francia, Spagna
e Italia) ha interessato sia l’invecchiamento assoluto che quello relativo. Più variegata la
situazione in Germania, Belgio, Austria e Finlandia, dove alcune regioni sono invecchiate
solo in senso assoluto e altre solo relativamente2. Anche nel nostro paese, più che in tanti
altri, l’invecchiamento della popolazione si presenta con dinamiche molto accentuate che
stanno influenzando tutte le sfere dell’organizzazione sociale3.
Sono proprio le questioni connesse all’impatto dell’invecchiamento sulla società
quelle che per prime hanno sollecitato l’attenzione degli organismi politici internazionali
e della comunità scientifica, assumendo un ruolo più incalzante man mano che la
complessità e l’entità dei cambiamenti acquisivano più chiara evidenza. Una delle prime
iniziative di dibattito e confronto di portata mondiale è quella nata su impulso
dell’Argentina nel 1948 presso le Nazioni unite. In occasione dell’Assemblea generale
l’Argentina sottopose una bozza di dichiarazione sui diritti degli anziani; nonostante la
bozza non sia mai entrata in vigore, l’argomento fu delegato al Consiglio economico e
sociale, e ripreso due anni dopo nel Rapporto Il Welfare degli anziani: i diritti degli
anziani4.
2
3
4
Tra i contributi più recenti, si vedano i risultati dell’incontro “Opportunities and perspectives on ageing in
the EU – The impact of the future Cohesion and Research Policies” (3 maggio 2005) organizzato
dall’Intergroup on Ageing del Parlamento Europeo con la partecipazione di ricercatori e studiosi, della
Commissione europea, di parlamentari europei. Una rassegna dedicata specificamente alla dimensione
regionale dell’invecchiamento in Europa è quella di Crisci M. e Heins F., L’invecchiamento della
popolazione nelle regioni dell’Unione europea dei 15. Processi e risposte politiche, Ires Piemonte, 2005.
L’Isfol, in collaborazione con il Dipartimento di demografia dell’Università di Roma “La Sapienza”, ha
realizzato uno studio sul lavoro delle persone appartenenti alle fasce d’età più mature. Due indagini
campionarie condotte dai due Istituti su lavoratori e su imprese hanno costituito la base da cui hanno
preso le mosse riflessioni di economisti, demografi, ricercatori ed esperti di problemi del lavoro. I risultati
sono confluiti in un volume, a cura di Antonio Golini (Università di Roma) e Diana Gilli (Isfol),
attualmente in corso di stampa.
Sidorenko A., Una società per tutte le età: la Politica d’azione delle Nazioni unite sull’invecchiamento,
in “ICSW – International Council on Social Welfare) Social Development Review”, Dec. 2001, vol. 6, n.
1, (trad. di Mirulla A., CISS).
10
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
L’invecchiamento è stato affrontato anche nel 1969, quando il tema
dell’invecchiamento della popolazione è rientrato a far parte dell’agenda delle Nazioni
unite su iniziativa del governo di Malta, e a Vienna nel 1982 con l’Assemblea mondiale
sull’invecchiamento. Nello stesso anno l’Assemblea generale delle Nazioni unite ha
approvato il Piano internazionale di azione sull’invecchiamento, che prevede 62
raccomandazioni ai governi, molte delle quali connesse alle condizioni lavorative e ai
sistemi del lavoro. Nel 1991 sono stati adottati i Principi delle Nazioni unite per le
persone anziane, raccolti in cinque gruppi: indipendenza, partecipazione, tutela,
autorealizzazione e dignità delle persone avanti con gli anni. Il 1999 è stato proclamato
dalle Nazioni unite Anno internazionale degli anziani, ed è stato occasione di campagne
d’informazione, iniziative di dibattito e studio in moltissimi paesi del mondo. Nell’aprile
del 2002 a Madrid si è tenuta la Seconda assemblea mondiale dell’ONU
sull’invecchiamento, conclusasi con l’adozione di un piano d’azione per fronteggiare le
sfide poste dal rapido aumento del numero di anziani nel mondo e soprattutto nei paesi in
via di sviluppo.
Il Piano d’Azione Internazionale, che contiene oltre 120 raccomandazioni, e la
congiunta Dichiarazione Politica si concentrano sulla cruciale importanza di inserire
questioni riguardanti l’invecchiamento in tutti i piani di sviluppo come modo per far
fronte a quella che è stata definita la principale sfida demografica del ventunesimo secolo.
I testi finali dell’Assemblea, approvati dopo una sessione di negoziati che si è prolungata
fino a tarda ora, ha stabilito tre priorità: anziani e sviluppo, miglioramento della salute e
del benessere nella terza età, e creazione di ambienti di sostegno psicofisico.
Molte istituzioni specializzate dell’ONU si occupano dell’invecchiamento; tra di esse
sono attive le Commissioni economiche regionali Unece, Cesap, Eclac, il Programma di
sviluppo Unpd, il Fondo per le attività demografiche Unfpa, l’Organizzazione
internazionale del lavoro Ilo, l’Associazione internazionale per la sicurezza sociale,
l’Ufficio per gli insediamenti umani Habitat, l’Alto Commissariato per i rifugiati,
l’Istituto di ricerca e di formazione per il progresso delle donne, il Fondo monetario
internazionale, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura Fao e
l’Organizzazione mondiale della sanità. È stata attribuita particolare importanza alla
situazione delle donne anziane, all’integrazione sociale delle persone anziane, ai problemi
inerenti alla salute e alla qualità di vita e al lavoro. In collaborazione con altre
organizzazioni nazionali, l’Oms ha fondato anche il Geneva International Network on
Ageing – GINA –, che opera in qualità di ufficio di coordinamento mondiale per i
programmi sull’invecchiamento. Poiché il lavoro dell’ONU attinente all’invecchiamento
è suddiviso fra molte sotto-organizzazioni, all’interno della Divisione per la politica
sociale e lo sviluppo del Segretariato dell’ONU a New York è stato istituito un ufficio
speciale incaricato di coordinare i numerosi progetti, il Program on Ageing, che funziona
da contatto sia per il pubblico sia per i numerosi programmi per le persone anziane
all’interno del sistema ONU.
L’Ilo, ad esempio, ha svolto da decenni un’azione di sollecitazione, elaborazione ed
11
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
organizzazione di dibattiti e ricerche sui lavoratori anziani ed il loro ruolo nella società; lo
strumento più sistematico prodotto è secondo molti osservatori l’Older Workers
Recomandation 1980 (162) che elabora una strategia integrata per la protezione dei diritti
dei lavoratori anziani, indicando le misure necessarie per garantire parità di trattamento.
Tra le Conclusions concerning Human Resources Development and Training, adottate nel
giugno del 2000 si sottolinea l’importanza della formazione continua per adattare le
capacità dei lavoratori avanti negli anni ai cambiamenti del mondo produttivo e per
evitare il ritiro involontario dal lavoro. Ricerche su scala internazionale dimostrano come
la capacità dei lavoratori di acquisire nuove competenze dipendono molto poco da fattori
connessi all’età e risiedono maggiormente in differenze di istruzione, ruolo, capacità di
aggiornarsi, motivazione ed altri fattori indipendenti dall’invecchiamento. Un altro tema
affrontato dall’Ilo è quello delle donne anziane e della loro posizione di svantaggio nel
mondo del lavoro, al quale è dedicato il rapporto Realizing Decent Work for Older
Women Workers, presentato nel 2002 in occasione della Conferenza mondiale di Pechino.
Altre questioni, come quella dei sistemi di sicurezza sociale, della salute e della spesa
sanitaria per una società che invecchia, dell’utilizzo delle nuove tecnologie per superare i
problemi di una società che invecchia, delle migrazioni e delle condizioni di lavoro di
molti immigrati non coperti da schemi di sicurezza sociale né nei paesi di origine né in
quelli di accoglienza, sono oggetti di seminari e conferenze periodiche organizzate
dall’Ilo e di pubblicazioni.
Anche le Associazioni internazionali dei lavoratori e degli industriali ed i loro comitati
consultivi presso l’Ocse ed altre istituzioni europee e internazionali annoverano sempre
più frequentemente il tema dell’invecchiamento della popolazione e quello dell’Active
Ageing tra le questioni più urgenti da affrontare nelle loro agende. Ugualmente molti
governi prestano un’attenzione specifica alla necessità di studiare e predisporre percorsi
di soluzione ad un fenomeno dagli effetti allargati e pervasivi, anche se tutto ciò avviene
generalmente ancora in maniera frammentata e senza sostanziosi investimenti finanziari.
Come contributo all’Anno mondiale delle persone anziane proclamato dall’Onu, ad
esempio, si è tenuta nel settembre 1999 una Conferenza dei Governi del G8 a Tokyo ed
un Simposio sull’invecchiamento attivo; gli obiettivi dell’iniziativa erano di sviluppare
ulteriormente a livello di politiche le implicazioni del concetto di Active Ageing, un
concetto che si riferisce all’idea di rimanere attivi col passare degli anni lavorando più a
lungo, andando in pensione più tardi, impegnandosi in attività di volontariato dopo il
ritiro e adottando stili di vita che permettano un invecchiamento in salute. A livello di G8
il tema era stato affrontato per la prima volta al summit di Denver del 1997, per essere
ripreso nella Job Conference di Kobe, sempre nel 1997, e nel successivo incontro di
Colonia. Incontri specifici o documenti dedicati sono risultati specialmente nei vertici del
2000 a Torino, di Montreal nel 2002, di Stuttgart nel 2003 e di Londra nel marzo 2005.
In occasione dell’ultimo vertice G8 di Londra, nell’ambito della riunione dei Ministri
del lavoro, che era stata preceduta da un incontro con i rappresentanti del parti sociali,
dell’Ilo e dell’Ocse, è stata enfatizzata la necessità di creare maggiori opportunità di
12
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
lavoro per tutte le fasce d’età e assicurare la possibilità di lavorare più a lungo per i
lavoratori anziani. I Servizi per l’impiego vengono indicati come uno degli strumentichiave per assicurare tali opportunità, che devono riguardare tutti i lavoratori e tutto
l’arco della vita (life cycle approach). Per quanto si riferisce specificamente ai lavoratori
avanti con gli anni, in particolare, occorre assicurare loro condizioni per una reale scelta
ed opportunità di trovare e mantenere il lavoro e di estendere nel tempo la vita lavorativa;
per esempio, attraverso la promozione della formazione lungo tutto l’arco della vita;
adattando l’organizzazione del lavoro e dei posti di lavoro; offrendo sia lavoro flessibile
che opportunità di pensionamento graduale5. Il disegno e l’implementazione di misure e
pratiche concrete in tale direzione dovrà essere assicurata con il coinvolgimento dei
Governi, del partenariato sociale, delle istituzioni dell’istruzione e della formazione, di
tutti i soggetti coinvolti; questo aspetto è stato salutato con favore e sottolineato anche dai
rappresentanti dell’Ocse e dal Tuac (Trade Union Advisory Committee to the Oecd).
Analoghe conclusioni sono quelle adottate dai Ministri delle politiche sociali dei paesi
dell’Ocse, riuniti a Parigi il 31 marzo ed il 1° aprile 2005 sul tema Extending
opportunities: How active social policy can benefit us all, con un particolare rilievo ai
temi del sostegno alle famiglie, ai loro componenti in difficoltà come i lavoratori anziani,
e ad un migliore equilibrio tra generazioni; se l’obiettivo dei governi è quello di ampliare
lo spettro delle opportunità a partecipare alla vita e allo sviluppo collettivo, anche gli
individui hanno la responsabilità di avvantaggiarsi di tali politiche in maniera attiva.
L’Ocse ha affrontato con studi monografici e indagini ad ampio spettro il tema
dell’Ageing Society sin dagli anni 80, a partire dai problemi connessi ai sistemi
pensionistici e ai redditi delle persone anziane6, per estendersi ai sistemi di protezione
sociale, agli studi statistici e demografici, fino alla realizzazione di dossier monografici
sulla situazione di singoli paesi e le politiche connesse all’invecchiamento attivo7.
Attualmente sono 21 i paesi che hanno partecipato alla tematic review e 15 i Rapportipaese già pubblicati.
1.2 La dimensione europea
A livello europeo, sin dal 1984 la Comunità ha realizzato studi e seminari sul
5
6
7
Ninth G8 Labour and Employment Ministers Conference. Meeting the Challenge of Demographic
Change. London 10-11 March 2005. Chair’s Conclusions.
Oecd, Ageing populations – implications for public finance, di Hagemann R.P. e Nicoletti G., 1989; The
economic dynamics of an ageing population – the case of four Oecd countries, di Auerbach A.J.,
Laurence J. Kotlikoff, Robert P. Hagemann e Nicoletti G., 1989; Old age income maintenance, di M.
Petrie e P. Sturm, 1991.
Gli abstract delle pubblicazioni in materia realizzate dall’Ocse e i testi in pdf di decine di papers sono
scaricabili dal sito dell’Organizzazione, che presenta un rimando tematico specifico. Tutti i documenti
sono raggruppati nella sezione “Ageing Society”, a sua volta articolata in: Ageing and Employment
policies; Economics Effects of Ageing; Pensions; Social Effects of Ageing.
13
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
contributo fornito dai senior alla vita economica e sociale e dal 1990 ha lanciato
l’Observatory on Ageing and Older People, che identifica l’età e l’impiego come una dei
quattro aree strategiche da tenere sistematicamente sotto osservazione. Considerando il
limitato potere della Comunità nella sfera delle politiche sociali, sulla base dei confini
tracciati dal Trattato allora vigente, è stato soprattutto in seguito ad una serie di
risoluzioni del Parlamento europeo che le tematiche sull’invecchiamento della società e
dei lavoratori hanno trovato sempre maggiore spazio nel dibattito e nei lavori della
Commissione8.
Il primo Programma d’azione della Comunità europea sul tema ha coperto il periodo
dal 1° gennaio 1991 al 31 dicembre 1993, anno che è stato proclamato Anno europeo
degli anziani e della solidarietà tra generazioni. L’anno successivo, nel Consiglio
europeo di Essen, emerge la necessità di adottare provvedimenti speciali nei confronti
della difficile situazione occupazionale delle donne e dei lavoratori in età matura. Nel
1995 la Commissione ha presentato una proposta per un Secondo programma di azione
(Com (95) 53) che però non è stato adottato dal Consiglio in seguito all’opposizione di
alcuni stati membri all’applicazione dell’art. 308 del trattato Ce come base giuridica dei
programmi a carattere sociale. Prosegue, comunque, l’attività di analisi demografica ed
economico-sociale di molti gruppi di lavoro della Commissione centrata sui temi
dell’invecchiamento e delle sue ripercussioni su un ampio ventaglio di settori della vita
collettiva 9 e contemporaneamente si moltiplica il sostegno ad associazioni, iniziative,
forum internazionali o nazionali attivi nel campo dell’osservazione e del sostegno ai
lavoratori anziani.
Con il Consiglio europeo di Cardiff (1998) viene posta chiaramente in evidenza
l’esigenza di considerare le policies per i lavoratori anziani come parte delle azioni
prioritarie per la creazione di una forza lavoro adeguatamente specializzata e flessibile,
contrastando al tempo stesso le discriminazioni nel mercato del lavoro, ed è nel 1999, con
la Comunicazione Verso un’Europa di tutte le età (Com (99) 221), che la Commissione
esamina in profondità le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione
sull’occupazione, la protezione sociale, la sanità ed i servizi sociali. Le conclusioni cui
giunge il documento riguardano tra l’altro l’impegno che la Strategia europea per
l’occupazione dovrà dedicare alle misure volte a mantenere le capacità dei lavoratori, a
promuovere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e per lo sviluppo di forme
flessibili di lavoro che permettano una più ampia partecipazione delle persone anziane. In
questo quadro si incoraggiano interventi nel campo delle politiche di protezione sociale
orientati ad invertire la tendenza al pensionamento anticipato, a favorire il ritiro graduale
8
9
Pearson M., Experience, skill and competitiveness. The implications of an ageing population for the
workplace, European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, Dublin, 1996.
Ad esempio, le questioni connesse all’incremento dei tassi di dipendenza della popolazione anziana sono
affrontate negli annuali Rapporti demografici a cura della Commissione (cfr. Gilli D., Fattori demografici
e mercato del lavoro in Europa, in “Osservatorio Isfol”, n. 4, 1997, dove sono sintetizzati alcuni percorsi
di analisi).
14
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
e viene promossa una specifica attenzione alla ricerca medica e sociale nel campo
dell’invecchiamento all’interno del Quinto programma quadro della ricerca.
Nel 2000 viene emanata la Direttiva n. 2000/78/Ce sulla parità di trattamento in
materia di occupazione e di condizioni di lavoro, la cd. direttiva altre discriminazioni,
poiché prende in considerazione le condotte discriminatorie diverse da quelle di genere e
quelle di razza e origine etnica, regolate dalla precedente disciplina comunitaria10 ed in
particolare quelle motivate dall’età (negli Stati Uniti la legge contro la discriminazione in
base all’età nel mondo del lavoro era in vigore dal 1967). Già diverse ricerche ed indagini
condotte su base europea negli anni 90 avevano messo in luce, a questo proposito, come
la maggioranza dei cittadini europei fosse convinta dell’esistenza di pregiudizi e di vere e
proprie forme di discriminazione sul lavoro nei confronti delle persone non più giovani11,
con conseguenze negative nelle fasi di reclutamento, di ridimensionamento degli
organici, di programmi di formazione e aggiornamento, di avvio al pensionamento.
Un impulso decisivo allo sviluppo di politiche volte a prolungare la vita lavorativa dei
cittadini è derivato dagli obiettivi definiti nell’Agenda di Lisbona ed inclusi nella Seo12,
tra i quali si evidenzia il raggiungimento di un tasso d’occupazione per i lavoratori tra i
55 e i 64 anni del 50% nel 2010. Negli orientamenti specifici per il 2003, poi confermati
anche per l’anno successivo13, ci si propone di accrescere, entro il 2010, un aumento di 5
anni dell’età media effettiva di uscita dal mercato del lavoro su base europea; tra le
condizioni fondamentali per lo sviluppo dell’occupazione degli anziani vengono indicate
la promozione di incentivi alla permanenza nel mercato del lavoro, sotto forma di accesso
alla formazione continua, buone condizioni di salute e la sicurezza sul luogo di lavoro e
forme innovative e flessibili di organizzazione del lavoro14, come il lavoro autonomo,
quello a tempo parziale o la possibilità per il lavoratore di optare per regimi ridotti di
orario di lavoro 15 . Si tratta, insomma, di garantire, tramite tali istituti contrattuali,
l’accesso a posti che meglio si adattano alle loro capacità intellettuali e fisiche dei
lavoratori16.
Il Consiglio di Barcellona (marzo 2002) ha confermato la piena occupazione come
obiettivo prioritario della Seo e richiamato l’importanza di rafforzare la Strategia europea
per raggiungere i target in un’Europa allargata ai nuovi paesi candidati. Tra i punti
maggiormente sottolineati dal Consiglio17 spicca la rilevanza della qualità del lavoro, che
10
11
12
13
14
15
16
17
In particolare la direttiva n. 2000/43/CE riguarda le discriminazioni ricollegabili alla razza ed all’origine
etnica.
Walker A., Age and attitudes. Main results from a Eurobarometer survey, Commission of the European
Communities, DG V, 1993.
Il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha affermato le politiche dell’occupazione degli
Stati membri dovranno realizzare tre obiettivi generali: la piena occupazione, la qualità e produttività sul
posto di lavoro e la coesione e integrazione economica e sociale.
COM(2004) 239 fin.
M. Marocco, Politiche per i lavoratori anziani, in Golini A. e Gilli D. (a cura di), Invecchiamento della
popolazione e transizione lavoro-pensionamento, Isfol, “I libri del Fse”, Roma, 2005 (in corso di stampa).
Così la COM (2004), 146 def.
Marocco M., cit.
Tra i documenti di riferimento è da segnalare la Relazione congiunta della Commissione e del Consiglio
15
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
influisce sull’accesso al mercato del lavoro ma ancor più specificamente sulla decisione
di conservare un impiego e mantenere la propria presenza nella vita attiva. La capacità
attrattiva di un impiego – sintetizza il documento – dipende da tutta una serie di fattori,
tra cui la condizione salariale, la salute e sicurezza sul posto di lavoro, l’equilibrio tra
flessibilità e sicurezza delle condizioni contrattuali: si registra infatti come percentuali
elevate di lavoro volontario a tempo parziale coincidano con tassi di partecipazione più
elevati delle donne e dei lavoratori anziani, mentre le attività involontarie part-time e a
tempo determinato incidono negativamente sui tassi di transizione verso la
disoccupazione e l’inattività. Anche forme di telelavoro o prestazioni svolte al proprio
domicilio consentono frequentemente una maggiore partecipazione delle persone anziane
per il fatto che possono permettere un equilibrio maggiore tra vita privata e vita
professionale.
La Comunicazione su Aumentare l’occupazione dei lavoratori anziani e ritardare
l’uscita dal mercato del lavoro (Com (2004)146 final) sviluppa i risultati e gli obiettivi
definiti a Stoccolma e Barcellona e rilancia il ruolo dei Governi e dei partner sociali nel
promuove un invecchiamento attivo. La posizione delle associazioni sindacali e datoriali
sul tema18 è ancora poco consolidata: se a livello intersettoriale il loro Piano d’azione
2003-2005 contiene un’inziativa Active Ageing a livello settoriale ha sottoscritto le
Guidelines on age diversity at work solamente il settore del commercio (EuroCommerce
e Uni-Europa), raccomandando nelle aziende l’integrazione di tutti i gruppi di età dei
lavoratori.
Uno dei percorsi attraverso i quali l’Unione europea sperimenta e diffonde progetti di
tipo innovativo nel campo dell’occupazione è Equal, Iniziativa comunitaria che si
configura come un laboratorio di sperimentazione inserito nel quadro della Strategia
europea per l’occupazione per contrastare le diverse discriminazioni. Equal ha adottato,
nei confronti dei lavoratori anziani e delle loro difficoltà un approccio multidimensionale,
articolato in una serie di strumenti:
♦ cambiare l’atteggiamento dei datori di lavoro nei confronti dell’età;
♦ focalizzare l’attenzione sull’intero ciclo della vita lavorativa;
♦ migliorare la salute e la sicurezza;
♦ promuovere la solidarietà tra generazioni;
♦ mobilitare tutti i soggetti coinvolti nel problema ed interessati ad una sua soluzione.
La valutazione indipendente di medio termine del percorso della Seo, condotta dalla
Taskforce guidata da Wim Kok, ha contribuito in maniera sostanziale al riorientamento
della Strategia di Lisbona, avviato poi concretamente con la Comunicazione sull’Agenda
sociale (Com (2005)33 final) per il periodo 2006-2010. La questione della partecipazione
18
“Accrescere il tasso di attività e prolungare la vita attiva”, adottato dal Consiglio nella sessione del 7
marzo 2002 (6707/02).
Ueapme, Position on the Communication of the European Commission: “Increasing the employment of
older workers and delaying the exit from the labour market”, Brussels, 15 April 2004.
16
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
dei cittadini senior al mercato del lavoro è tra quelle in primissimo piano nel documento
elaborato dalla Taskforce: Senza urgenti e drastiche misure per invertire le tendenze
attuali, non c’è alcuna possibilità di avvicinarsi…agli obiettivi europei di aumentare
l’occupazione dei lavoratori anziani ed alzare l’età di uscita dal mercato del lavoro. La
sfida non è solamente quella di assicurare che una quota maggiore di chi ha tra i 55 ed i
64 anni rimanga al lavoro, ma anche di rafforzare l’occupabilità dei quarantenni e
cinquantenni 19 . La Taskforce indica, a questo proposito, ai governi e al partenariato
sociale quattro strade da percorrere con decisione:
♦ prevedere incentivi per i lavoratori che ritardino la pensione e per i datori di lavoro
che assumano o mantengano lavoratori anziani (ciò include una revisione dei
meccanismi contributivi, fiscali e previdenziali, specialmente per contrastare il ritiro
anticipato);
♦ promuovere l’accesso alla formazione e alla riqualificazione per tutti,
indipendentemente dall’età ed in modo da compensare la minore presenza di
lavoratori maturi nella formazione;
♦ migliorare la qualità del lavoro in modo da offrire ambienti di lavoro attraenti, con un
buon livello di sicurezza e salvaguardia della salute, adattabili alle esigenze degli
addetti; queste caratteristiche dovranno riguardare il lavoro nell’arco di tutta la vita
lavorativa dei cittadini, comprendendo anche la possibilità concreta di periodi di
intervallo nella carriera e periodi ad orario ridotto.
Qualche breve osservazione su questi tre punti potrà integrare ed esemplificare l’entità
del problema ed alcune sue caratteristiche più specifiche. In primo luogo è noto come
studi condotti a livello europeo registrano che i passi da compiere per innalzare l’età
media reale di ritiro dal lavoro siano ancora tutt’altro che trascurabili: durante il periodo
1995-2002 in media solamente il 35% dei lavoratori dipendenti ha lasciato il mercato del
lavoro all’età pensionabile prevista dalla legislazione del proprio paese, mentre il 22% ha
ottenuto il pensionamento anticipato, il 17% ha lasciato il lavoro per invalidità o malattia,
il 13% ha perduto l’impiego in seguito a licenziamento individuale o collettivo ed un altro
13% per altri motivi20. Si tratta, dunque, di agire su fronti diversi, che vanno, per citarne
solamente alcuni, dall’anticipazione delle cause di crisi aziendali, al miglioramento delle
condizioni delle prestazioni lavorative, alla modernizzazione delle politiche della salute,
alla razionalizzazione dei tempi e delle modalità dei percorsi urbani ed extraurbani, alla
rete di servizi per l’assistenza domiciliare di persone non completamente autosufficienti.
L’altro grande settore d’intervento riguarda l’importanza di potenziare in maniera
radicale sistemi di lifelong learning; occorre tenere conto del fatto che in un sistema
internazionale di produzione in cui il lavoro richiede sempre più capacità tecniche e
competenze evolute l’aggiornamento continuo della popolazione lavorativa è un fattore
19
20
Jobs, Jobs, Jobs. Creating more employment in Europe, Report of the Employment Taskforce, November
2003.
Eurostat, Enquête sur la force de travail. Résultat de Printemps 2003.
17
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
essenziale non soltanto in riferimento ai tassi di occupazione dei lavoratori anziani ma
anche per la competitività europea 21 . A tal fine le imprese dovranno integrare la
formazione nella loro strategia alla stessa stregua di un investimento a medio-lungo
termine senza pretendere che i loro investimenti in questo campo producano un ritorno
rapido o addirittura immediato 22 ed i lavoratori dipendenti, che possono mancare di
entusiasmo o di fiducia nelle proprie capacità di aggiornamento sul piano tecnico o
culturale, dovranno superare le proprie comprensibili resistenze e fare della formazione
una pratica ricorrente. L’organizzazione di sistemi pubblici e di contesti strutturali propizi
allo sviluppo della formazione durante tutto l’arco della vita resta, dunque, un compito
fondamentale sul quale si misurerà la capacità dei paesi e dell’Unione europea di
svilupparsi come società sana, solidale e competitiva.
1.3 Il ruolo delle istituzioni del mercato del lavoro
Nella propria relazione di sintesi al Consiglio europeo della primavera 2004
Promuovere le riforme di Lisbona nell’Europa allargata (Com (2004)29) la Commissione
ha indicato l’invecchiamento attivo come uno dei tre ambiti d’intervento prioritari che
richiedono iniziative urgenti. Con la Comunicazione della Commissione 146 del 2004 dal
titolo Aumentare il tasso d’occupazione dei lavoratori anziani e differire l’uscita dal
mercato del lavoro si insiste anche sulla necessità di rafforzare le politiche attive del
mercato del lavoro, soprattutto quelle a carattere preventivo e di tipo personalizzato, che
trovano nei Servizi per l’impiego, pubblici e privati, il loro principale canale di
realizzazione.
In questo ambito le policies in favore di un invecchiamento attivo si intrecciano
strutturalmente con la fase di modernizzazione dei sistemi del lavoro e dei Public
Employment Services (Pes) che ha conosciuto una intensa accelerazione nell’ultimo
decennio in tutta Europa. Soprattutto a partire dal varo della European Employment
Strategy, nel quadro del Trattato di Amsterdam, le Guidelines per l’occupazione dedicate
alle strategie preventive della disoccupazione e di attivazione dei senza lavoro hanno
richiesto agli Stati europei di assicurare che ogni disoccupato riceva sin dalle prime fasi
del periodo di disoccupazione servizi personalizzati, a cominciare dall’analisi dei propri
fabbisogni formativi, da colloqui di orientamento, assistenza nella ricerca di lavoro e
piani d’azione individuali. Sulla base di questo tipo di analisi, la persona in cerca di
lavoro deve essere seguita e le sue dotazioni e competenze devono essere potenziate,
prestando particolare sostegno a quanti manifestino maggiori difficoltà a trovare un
impiego. Generalmente questo insieme di azioni trova concretezza in un piano d’azione
individuale, concordato tra il funzionario dell’ufficio ed il disoccupato. In alcuni paesi
21
22
Così il Comitato economico e sociale europeo nel suo parere 2005/C 157/22.
Ibidem.
18
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
questo piano d’azione viene inserito in un Patto di servizio nel quale sono previsti diritti e
doveri di ciascuna delle due parti. Questo tipo di organizzazione dei servizi ha fatto in
modo che i Servizi per l’impiego abbiano elaborato in tutta Europa delle modalità di
trattamento dei singoli casi sulla base di profili di utenza, verso i quali fornire una serie di
prestazioni personalizzate rispettose di adeguati standard. Tra queste tipologie di utenti,
generalmente sono previsti i disoccupati di lunga durata, le donne in reinserimento
lavorativo, i lavoratori a rischio di licenziamento nei casi di crisi industriali, le persone
disabili, ecc. I lavoratori anziani possono trovarsi – e frequentemente si trovano – in
situazioni critiche come quelle appena indicate e vengono di norma coinvolti secondo
standard di servizio convenienti rispetto alle loro esigenze e disponibilità in un numero
sempre più ampio di strutture operative europee.
Anche in Italia a partire dalla seconda metà degli anni 90 e fino alla più recente
riforma del mercato del lavoro si è intervenuti per raggiungere una maggiore efficienza,
trasparenza e flessibilità del sistema dei servizi all’impiego, incrementando la gamma
degli strumenti di politica attiva del lavoro e la gamma di operatori autorizzati e
accreditati all’erogazione di tali servizi.
Per quanto riguarda in particolare lo sviluppo delle politiche orientate a promuovere
l’accesso al lavoro da parte di categorie di soggetti che presentano maggiori difficoltà di
inserimento, molta parte delle azioni ha visto come centrale il ruolo dei Servizi per
l’impiego, inquadrato prevalentemente – ma non esclusivamente – sul versante del
miglioramento dell’occupabilità degli individui mediante interventi di tipo preventivo e
prestazioni erogate a livello individuale che operano attraverso la predisposizione
personalizzata di percorsi che vanno dai colloqui di orientamento, al bilancio delle
competenze, ai progetti brevi di formazione, all’organizzazione di esperienze di lavoro e
formazione presso aziende. È dunque necessario che sia funzionante una rete di servizi
evoluti, capillare, ben integrata, dal momento che il successo degli interventi per
l’inserimento al lavoro di soggetti con difficoltà occupazionali passa necessariamente per
un insieme di competenze e di sostegni che presuppongono accessibilità diffusa alle
informazioni, ai servizi, complementarietà tra le azioni.
L’evolversi dei Servizi per l’impiego verso il modello attuale è stato orientato non
soltanto dall’esigenza di fare fronte a modifiche strutturali dei mercati del lavoro europei,
in un contesto mondiale di competizione senza confini, di sviluppo dell’economia dei
servizi, di innovazione continua che ha modificato radicalmente i percorsi di carriera
degli individui, ma anche da paralleli cambiamenti che hanno investito il ruolo ed il
funzionamento delle amministrazioni pubbliche.
Contemporaneamente si è evoluta anche la consapevolezza, da parte dei cittadini,
circa i nuovi requisiti indispensabili per agire nel mercato del lavoro in maniera efficace e
circa gli strumenti di cui ciascuno necessita: maggiore informazione, occasioni di
aggiornamento, nuove capacità relazionali, accesso a servizi efficienti e opportunamente
distribuiti nel territorio quando non addirittura utilizzabili a distanza. Anche le persone in
cerca di lavoro o quelle a rischio di disoccupazione diventano più esigenti quando si tratta
19
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
di utilizzare canali di contatto col mercato del lavoro e strumenti finalizzati ad un
inserimento soddisfacente; questo atteggiamento attivo degli utenti, e la loro possibilità di
rivolgersi ad una pluralità di operatori, è proprio uno degli elementi che stanno spingendo
i sistemi dei Servizi per l’impiego a migliorare per fornire prestazioni adeguate.
Da questo punto di vista i lavoratori più anziani presentano, però, caratteristiche in
qualche misura differenti: spesso dichiarano una maggiore sfiducia nella possibilità di
acquisire nuove competenze o di trovare un buon impiego, mostrano una autostima
limitata, sono meno motivati a dare avvio a nuove attività, non si sentono disponibili a
cambiare mansione né ad allontanarsi dal luogo di residenza. Aver perso l’impiego o
rischiare di esserne allontanati dopo decenni di servizio è una circostanza che mina
profondamente la sicurezza di una persona e mette a serio repentaglio l’andamento ed i
progetti di tutta la sua famiglia. Talvolta si alternano, nello stesso individuo, fasi di
risentimento, di depressione, a momenti di orgoglio che rendono comunque difficile
ricominciare da capo. I percorsi di reinserimento, in questi casi, sono particolarmente
delicati e devono essere condotti da personale esperto e, almeno nel corso dei primi
incontri, da gruppi di lavoro che possano contare su professionalità multidisciplinari.
Attraverso le indagini sulla soddisfazione degli utenti, svolte dai Pes per controllare e
migliorare l’efficacia del proprio operato, si è notato frequentemente come il gradimento
e la soddisfazione per i servizi utilizzati siano più alti quanto maggiore è l’età
dell’intervistato, anche quando i risultati occupazionali realmente raggiunti sono poco
soddisfacenti23. Se è vero che questo probabilmente rispecchia un riconoscimento per i
servizi molto complessi di cui l’anziano ha usufruito, questa tendenza può essere anche
interpretata con il permanere, presso le persone più anziane, di precedenti esperienza
avute nel passato presso i servizi di collocamento24, quando la loro funzione principale
era sostanzialmente burocratica più che di erogazione di servizi su misura; una maggiore
sollecitudine verso gli utenti e la fornitura di servizi nuovi, ancorché non pienamente
adeguati alle necessità, viene comunque percepita dall’utente anziano come un notevole
progresso.
Queste considerazioni vanno attentamente tenute in conto quando si programmano
interventi per migliorare il funzionamento della Ageing Society; oggi, infatti, si
richiedono – e devono avere uno spazio cruciale – anche azioni volte ad aumentare la
consapevolezza dei cittadini anziani circa le opportunità ed i percorsi di soluzione ai quali
possono avere accesso nei diversi snodi della loro vita. Al tempo stesso, come si vedrà ne
seguito del Rapporto, tutte le componenti della società devono essere condotte a
raggiungere una più articolata conoscenza delle problematiche connesse ad una rilevante
23
24
Si veda, in proposito, la rassegna in Isfol, L’utenza dei Cpi e il livello di soddisfazione per i servizi
erogati, di Baronio G., Gasparini C., Linfante G., Natoli G. e Tantillo F., “Monografie sul Mercato del
lavoro e le politiche per l’impiego” n. 7, 2003.
Si vedano in proposito le interessanti testimonianze riportate in Isfol, Invecchiamento e lavoro. Elementi
per un profilo meridionale, di Porcari S. e Mirabile M.L., “Monografie sul Mercato del lavoro e le
politiche per l’impiego”, n. 6, 2004.
20
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
presenza delle classi d’età più avanzate nel contesto sociale: senza un cambiamento
generalizzato della mentalità collettiva gran parte degli sforzi prodotti sembra destinato a
risultati piuttosto limitati.
1.4 Considerare l’intero ciclo della vita
Il tema dei cambiamenti demografici e della scelta di promuovere un invecchiamento
attivo è strettamente intrecciato, come si è visto, con quello dei più generali cambiamenti
demografici e socio-economici che il mondo contemporaneo, e l’Europa in particolare, si
trovano ad affrontare. Per fare fronte a queste trasformazioni il recente Libro verde della
Commissione Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti
demografici (Com (2005)94 def) indica tre priorità essenziali:
♦ ritrovare la strada della crescita demografica;
♦ garantire un equilibrio tra le generazioni nella ripartizione del tempo lungo tutto
l’arco della vita e nella ripartizione sia dei frutti della crescita sia delle esigenze di
finanziamento delle pensioni e della sanità;
♦ inventare nuove transizioni tra le età. I giovani – rileva il Libro verde – incontrano
persistenti difficoltà d’inserimento professionale; un numero crescente di giovani
pensionati desidera partecipare alla vita sociale ed economica. Il periodo degli studi si
allunga e i giovani che lavorano necessitano di tempo per i figli. Queste tendenze
modificano i confini e le transizioni tra attività e inattività.
Si tratta di un modo più integrato e complessivo di affrontare le problematiche della
Ageing Society, che valorizza e porta a una sintesi più larga una serie di elementi che per
un lungo periodo di tempo erano stati oggetto di riflessioni e di interventi settoriali.
L’approccio comprehensive deve, in somma, essere in grado di superare il frazionamento.
La discussione e la consultazione in corso circa le indicazioni contenute nel Libro Verde
ha avuto un interessante momento di sintesi ed approfondimento in un recente incontro
tenutosi a Bruxelles nel mese di luglio di quest’anno25. Organizzato intorno a quattro
tematiche principali (1. Il ruolo degli uomini e delle donne nella società; 2.
Invecchiamento attivo; 3. Movimenti migratori; 4. La diminuzione dei tassi di natalità) è
stato concluso da una tavola rotonda dedicata ai cambiamenti necessari per adottare nelle
strategie europee un approccio orientato al Ciclo di vita.
Rispetto alle prospettive adottate nel passato, secondo le quali l’obiettivo principale
era quello di prolungare la vita lavorativa degli individui per favorire la crescita
economica e contribuire alla sostenibilità dei sistemi pensionistici, oggi ci si rende
maggiormente conto che si tratta di un approccio necessario ma non sufficiente, e
comunque ancora lontano da essere raggiunto. L’integrazione sociale ed il benessere delle
25
European Conference “Confronting demographic change: a new solidarity between the generations”,
Brussels, 11/12 July 2005.
21
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
persone anziane dipendono anche dalla capacità di assicurare abitudini e comportamenti
attivi ed un’esistenza autonoma e soddisfacente anche dopo il ritiro dal lavoro formale, a
qualunque età esso si collochi. Il concetto di invecchiamento attivo che si usa oggi è
differente da quello di invecchiamento produttivo26 che ha prevalso in molti contesti, e
che va invece reso più largo e comprehensive. Da una parte, dunque, è indispensabile
prestare una maggiore attenzione ad adeguare i servizi di cura e di assistenza per gli
anziani più fragili, ma dall’altra non vanno sottovalutati interventi a sostegno delle
attività sociali che coinvolgono la popolazione a riposo, nel cui ambito potranno essere
protagonisti anche gli anziani meno anziani, con idee ed attività che non rientrano nel
lavoro formale ma sono più vicine a quello volontario, diventando una risorsa importante
della vita delle comunità locali.
In questo quadro, una prospettiva centrata sul ciclo di vita considera come le diverse
fasi dell’esistenza stiano diventando più lunghe nel loro protrarsi e più complesse nelle
loro interazioni; ad esempio, sono sempre più frequenti scelte familiari nelle quali un
genitore interrompe la carriera lavorativa per dedicarsi a figli piccoli o a parenti
ammalati, o nelle quali un giovane lavoratore sceglie di usufruire di congedi di studio o
formazione. Rientri nel percorso lavorativo dopo interruzioni sono meno rari che nel
passato e richiedono supporti e servizi utili al reinserimento. Tutti questi fenomeni
comportano nuove forme dell’organizzazione dei servizi pubblici e nei servizi locali, di
cui il policy maker deve anticipare l’entità e la qualità in modo che siano adeguate ai
fabbisogni sociali.
Trova una nuova centralità, in questo approccio comprehensive, il tema del benessere
e della salute delle persone nelle diverse età della vita; questione che è stata sempre
particolarmente seguita dall’Oms, facendo integralmente parte del concetto di
invecchiamento attivo così come proposto dall’Organizzazione mondiale della sanità: Se
progredire nell’età deve essere un’esperienza positiva, una vita più lunga deve essere
accompagnata da opportunità costanti relative alla salute, alla partecipazione e alla
sicurezza. L’Oms ha adottato il termine Active ageing per esprimere il processo che
conduca a questa prospettiva 27 . Più specificamente si sottolinea come il concetto di
invecchiamento attivo si riferisca alla partecipazione alla vita economica, sociale,
culturale, spirituale e civile, non soltanto alla capacità di essere fisicamente attivi o di
partecipare alle forze di lavoro. In questo senso, i programmi o gli interventi che
promuovono, ad esempio, la salute mentale o quelli che facilitano le relazioni sociali dei
senior sono tanto importanti quanto quelli orientati al miglioramento della salute fisica
degli individui.
In particolar modo per quanto riguarda le questioni connesse al benessere fisico e alla
salute, è ormai riconosciuto da tutti gli osservatori che non è possibile adottare un
26
27
Walker A., Report from the Worshop 2: How to promote Active Ageing”, European Conference, cit.
Brussels 11-12 July 2005.
WHO (World Health Organisation), Active Ageing. A Policy Framework”, Madrid, April 2002.
22
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
approccio indifferenziato alla popolazione, neppure a quella comunemente considerata
anziana; esistono enormi differenze tra le diverse fasce d’età e tra segmenti di
popolazione dotati di redditi, storie lavorative, condizioni fisiche, strutture familiari,
livelli d’istruzione e condizioni abitative e locali differenti. Nonostante si possa affermare
che gran parte delle persone anziane gode di una salute che non si distanzia
particolarmente da quella media del gruppo sociale di riferimento, è però vero che il
passare del tempo è comunque accompagnato da cambiamenti fisici che aumentano il
rischio di malattia, disabilità e la probabilità di morire. Nonostante le malattie croniche
non necessariamente comportino gravi impedimenti o forme di disabilità e di rado
abbianno effetti sulla capacità di condurre una vita attiva, la prevalenza di disabilità è
fortemente correlata al crescere dell’età e raggiunge livelli alti nelle fasi più avanzate
della vita28. Ugualmente, con l’incremento del numero dei molto anziani, è necessario
prevedere un’estensione dei servizi di cura per i più fragili ed i meno autosufficienti: se la
spesa per servizi sanitari e per la salute aumenta solo moderatamente prima dei 60 anni,
alcune stime condotte su base mondiale e altre in singole realtà nazionali mostrano che
intorno ai 70 anni la spesa pro-capite è circa doppia rispetto alla media della popolazione
e diventa quattro volte più alta per chi supera gli 80 anni 29 . Le proiezioni riportate
dall’Ocse prevedono, per i 19 paesi per i quali vi sono dati disponibili, un aumento delle
spese sanitarie e per assistenza medica di lungo periodo di circa il 3,5% (tra il 2000 ed il
2050); le distanze tra i diversi paesi sono considerevoli, andando da più del 6% in
Australia a meno del 2% nel Regno Unito e meno dell’1% in Corea30. Incrementi del 4%
sono previsti per Canada, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Stati Uniti, anche se sono
naturalmente presenti margini di errore non quantificabili al presente, dipendenti da una
pluralità di fattori connessi all’evoluzione tecnologica, all’entrata in funzione di nuove
riforme, ai progressi nelle scienze mediche, a mutamenti organizzativi del settore
sanitario e dell’assistenza sociale.
Per quanto riguarda l’intreccio tra salute e invecchiamento attivo, gli orientamenti più
accreditati negli ultimi decenni indicano come sia essenziale una attenzione al problema
estesa a tutto l’arco della vita; se gran parte dei problemi di salute che si manifestano
nella seconda parte dell’esistenza trovano le loro ragioni in stili di vita poco sani adottati
nelle età precedenti, in abitudini alimentari e motorie che posso essere migliorate,
esistono allora le condizioni perché gli stessi luoghi di istruzione e di lavoro vengano
adattati anche per apprendere e a migliorare le proprie abitudini in modo da favorire una
vita più sana e da prolungare la salute meglio di quanto non si sia fatto nel passato.
Questo approccio, orientato a mantenere e promuovere la salute dei cittadini e dei
28
29
30
UNFPA (United Nations Population Fund), Technical and Policy Division, Population Ageing:
Background Review.
Ibidem, p. 13.
Oecd – Economic Department, Policies for an ageing society: recent measures and areas for further
reform. Economic Department Working Paper n. 369, di Csey B., Oxley H., Whithaouse E., Antolin P.,
Duval R., Leibfritz W. (nov. 2003).
23
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
lavoratori, deve coinvolgere tutti i soggetti che operano nel mondo dell’istruzione, della
formazione e del lavoro, non soltanto attraverso programmi ed interventi specifici, ma
anche nella configurazione fisica ed ergonomica delle postazioni e con la disponibilità di
orari e di locali per l’esercizio fisico ed impostazioni organizzative che evitino ripetitività
delle mansioni, isolamento, stress, eccessivi carichi di lavoro, pressione ingiustificata
dovuta a ritmi o responsabilità non attentamente calibrate31. Anche azioni preventive delle
più frequenti malattie possono essere promosse nei posti di lavoro, anche prevedendo
permessi per analisi cliniche e check-up32.
Per promuovere economie favorevoli all’inserimento sociale, assicurando al tempo
stesso margini di sicurezza per gli inabili al lavoro, lo strumento che il Consiglio europeo
ha individuato come più efficace per generare la crescita economica necessaria e
promuovere econome favorevoli all’inserimento sociale è quello dell’aumento dei livelli
occupazionali33. A questo scopo si rende necessario un nuovo approccio al lavoro basato
sul ciclo di vita nel cui quadro svolgono un ruolo fondamentale la qualità dei posti di
lavoro, misurabile in termini di salari e indennizzi, condizioni lavorative, sicurezza
dell’impiego, formazione continua e prospettive di carriera, nonché il sostegno e gli
incentivi derivanti dai regimi previdenziali34.
L’adozione dei nuovi orientamenti sancisce, dunque, la scelta di considerare
l’approccio al ciclo di vita come quello che dovrà informare i prossimi anni delle
politiche di crescita economico-sociale dell’Unione.
1.5 Il ruolo della ricerca e della diffusione delle informazioni
Un ruolo di primo piano all’interno delle politiche dell’Unione è rappresentato dai
programmi di ricerca, il cui contributo all’innovazione e allo sviluppo viene riconosciuto
come essenziale anche negli Orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione. Nel
percorso di Lisbona la conoscenza e la ricerca rappresentano il core dell’agenda
politica35, ed il raddoppio richiesto dalla Commissione per gli investimenti europei in
ricerca e sviluppo può permettere un impatto significativo sulla crescita economica,
l’occupazione e la vita sociale. In particolare, in termini di impatto sociale, il
rafforzamento del Programma quadro andrà ad incidere sui temi della salute, della
sicurezza, la valorizzazione del capitale umano con una forte attenzione alle questioni
31
32
33
34
35
Queste tematiche, sviluppate specialmente in ambito WHO, sono articolate e sintetizzate in maniera
efficace in Isfol, Prolungamento della vita attiva e politiche del lavoro, di Linfante G. e Scassellati A.,
Franco Angeli, 2003, pp. 219 e ss.
Pearson M., 1993, cit.
Decisione del Consiglio dell’Unione europea sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a
favore dell’occupazione, 12 luglio 2005.
Ibidem.
European Commission, Commission Proposal for the 7th Research framework programme,
EUR21730EN 2005.
24
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
connesse all’invecchiamento demografico. Queste vengono affrontate nelle sezioni
dedicate al campo di ricerca sulla salute, sulla diffusione di nuove tecnologie, nelle
discipline socio-economiche.
Già a partire dal 4° Programma quadro di ricerca erano stati avviati progetti di ricerca
sui temi legati all’invecchiamento, sia dal punto di vista medico e biologico, sia da quello
dello sviluppo di tecnologie a supporto di una società che invecchia. La struttura del 4°
Programma era piuttosto frammentata, ed è stata rivista radicalmente nel 5° (1998-2002)
articolato in 4 programmi tematici e 23 Azioni-chiave integrate. Ai problemi dell’ageing
sono dedicate specifiche aree di ricerca, ed un Forum (European Forum on Population
Ageing Research) ne assiste le attività, incoraggiando la condivisione dei risultati,
migliorando i canali di comunicazione, promuovendo una cooperazione europea sempre
più larga ed innalzando il livello di metodologie e obiettivi. Nelle occasioni di
disseminazione e implementazione vengono coinvolti ricercatori e scienziati, politici e
amministratori pubblici, finanziatori e gruppi di utenti.
Il lavoro del Forum è proseguito anche durante il 6° Programma quadro, e nel
dicembre 2004 è stato presentato un set di raccomandazioni circa la programmazione
della ricerca europea sul tema dell’invecchiamento attivo. Osservando come l’Unione
europea riconosca l’importanza del coordinamento e della condivisione delle
informazioni provenienti dalla ricerca sull’invecchiamento ma, a differenza degli Stati
Uniti, la ricerca europea sull’invecchiamento difetta ancora di un approccio coordinato36,
viene indicata la priorità di istituire un Istituto europeo sull’invecchiamento nel quale far
confluire tutte le discipline che si occupano del tema, in modo da massimizzare il
potenziale europeo della ricerca in questo campo. Un accento specifico viene posto sulla
necessità di promuovere progetti interdisciplinari e sull’opportunità di sollecitare
finanziamenti tali da incoraggiare i ricercatori ad occuparsi sistematicamente del tema. È
anche indispensabile coinvolgere gli utenti nel processo di ricerca, anche promuovendo
modelli efficaci di coinvolgimento degli utenti. I tre ambiti fondamentali della ricerca
dovrebbero essere:
♦ qualità della vita;
♦ salute a assistenza medica e sociale;
♦ genetica, longevità e demografia.
36
Memorandum by Professor Alan Walker, Dr Joanne Cook and Mr Peter Traynoron European Research
Priorities in the Field of Ageing, The United Kingdom Parliament, “Selected Committee on Science and
Technology Written Evidence”, Oct. 2004.
25
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Tematiche prioritarie identificate dal Forum per la ricerca europea
in tema di Active Ageing (ottobre 2004)
•
•
•
•
•
•
•
Maggiore centralità dovrebbe essere data agli studi comparativi sulle politiche
sociali e alla valutazione dell’efficacia dei differenti modelli di welfare e di
assistenza sanitaria.
Maggiore impegno sulla ricerca sulle diverse popolazioni europee ed in
particolare su come tale diversità, ad esempio di etnie, relazioni di genere,
modelli migratori, interagisce con i processi di invecchiamento.
Un maggior numero di studi sull’interazione tra ambiente ed invecchiamento,
ad esempio le differenze tra i processi di invecchiamento nelle aree rurali ed
urbane e gli effetti dell’ambiente abitativo e di quello residenziale
sull’invecchiamento e la qualità della vita.
Valutare gli interventi per l’invecchiamento e la salute, comprendendo anche
gli aspetti etici.
La transizione verso l’età anziana, inclusi i cambiamenti nei redditi e nelle
risorse personali, i mutamenti familiari, la continuazione del lavoro dopo il
pensionamento.
Ricerche sugli anziani in quanto soggetti che provvedono alla cura o che
ricevono cure e sulle varie forme di relazione ed interazione che agiscono nei
rapporti di assistenza e di cura.
Discriminazione diretta ed indiretta.
Il quadro presentato dal Forum è stato ripreso anche nel corso dei lavori
dell’Intergroup on Ageing del Parlamento europeo, che nel maggio 2005 ha organizzato
un incontro sul futuro della ricerca europea e della politica di coesione37. Anche in questa
sede è stato sottolineato come ci sia bisogno di maggiore interdisciplinarietà nella ricerca:
L’invecchiamento è un’esperienza complessiva e va studiato in maniera integrata. Nella
proposta di 7° Programma quadro della ricerca, invece, il tema è segmentato mentre
dovrebbe essere una tematica specifica con una propria linea di finanziamento. È
importante anche attivare specifiche azioni a livello di politiche di coesione, con progetti
ed iniziative regionali e locali.
Tra le misure da adottare non può mancare un richiamo all’importanza della
informazione pubblica, quale quello proposto dal Comitato economico e sociale europeo
del 15 dicembre 200438: al di là delle iniziative concrete da intraprendere, sotto il profilo
37
38
Van Nistelrooij L., Report on the meeting “Opportunities and perspectives on ageing in the EU – The
impact of the future Cohesion and research Policies, 3 May 2005 (consultabile sul sito del Parlamento
Europeo).
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al
26
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
psicologico è fondamentale fare tutto il necessario per giungere ad un cambiamento di
mentalità e per sensibilizzare sia le imprese che i dipendenti. Occorre far sì che lavorare
dopo i 55 anni sia visto dagli interessati come un fattore valorizzante e che le imprese o i
servizi pubblici siano consapevoli dei vantaggi che possono trarre dai lavoratori anziani
(esperienza maturata, know-how, capacità di trasmettere le proprie conoscenze ad altri,
ecc.). Il Comitato riprende, dunque, anche di recente il suggerimento già espresso nel
2000 39 di promuovere, con la collaborazione degli Stati membri, un’ampia campagna
informativa ed esplicativa per favorire una percezione positiva del ruolo che i lavoratori
già maturi possono svolgere nelle imprese come nei servizi pubblici.
Si tratta di un approccio adottato e sottolineato con particolare efficacia anche nei
progetti Equal, basato sull’assunzione che una implementazione orizzontale di pari
opportunità anche sotto il profilo dell’età dipende dal livello di consapevolezza e dalla
percezione sociale delle disuguaglianze e della discriminazione. Azioni per contrastare
nell’opinione pubblica e particolarmente tra i datori di lavoro ed i lavoratori stessi i
pregiudizi e gli atteggiamenti nei confronti dei lavoratori avanti con gli anni sono stati al
centro dei lavori di un gruppo di esperti che ha cominciato a lavorare sul tema
nell’ottobre 2003 insieme ai responsabili nazionali dell’iniziativa.
39
Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni
“Aumentare il tasso di occupazione dei lavoratori anziani e differire l’uscita dal mercato del lavoro
(2005/C 157/22).
Parere d’iniziativa sul tema “I lavoratori anziani”, GU C 14 del 16 gennaio 2001 (relatore Dantin).
27
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
2. IL PANORAMA INTERNAZIONALE: CARATTERISTICHE E TENDENZE
2.1 Le forze di lavoro in età avanzata40
Il termine, piuttosto sgradevole, lavoratore anziano ha origine anglosassone (ageing
worker) e, sebbene non esista al riguardo una definizione del tutto condivisa, in generale
con esso si fa riferimento al segmento di popolazione con 50 o 55 anni e oltre.
Spesso però a questo termine non è associato un limite superiore di età, che viene
definito sulla base delle norme previdenziali vigenti nei diversi paesi. Nella definizione
ufficiale del Bureau International du Travail (BIT), d’altra parte, non si fa alcun esplicito
riferimento a età definite e per lavoratori anziani si intendono genericamente coloro che,
in età avanzata, possono incontrare difficoltà in materia professionale e di lavoro.
Che tuttavia il problema sia rilevante lo testimonia il moltiplicarsi di studi 41 e
40
41
La maggior parte delle informazioni contenute in questo capitolo, salvo diversa indicazione, sono tratte
dagli approfondimenti pubblicati in Emploi en Europe, 2003.
Sebbene l’interesse per questa parte della forza lavoro abbia cominciato a diffondersi negli anni Settanta
conoscendo la massima diffusione a partire dal decennio passato, si segnalano però alcuni studi condotti
già a partire dagli anni Trenta. Analisi su questo tema sono state effettuate nell’ambito delle diverse
discipline umanistiche e sociali e, in particolare, economiche. E, da questo punto di vista, alla questione si
è guardato:
in prospettiva micro-economica. Il postulato di base, in questo caso, è che il pensionamento
anticipato sia un atto volontario e razionale del lavoratore anziano il quale valuta e i costi e i
benefici che può trarre, da un lato, dalla diminuzione di reddito e dall’aumento di tempo libero e,
dall’altro, dalla conservazione del reddito e dalla suddivisione del tempo in tempo di lavoro e tempo
libero;
in prospettiva meso-economica. Si pone, in questo caso, maggiore attenzione al peso della recente
crisi occupazione. Anziché costituire un semplice effetto congiunturale, questa crisi rifletterebbe una
più profonda trasformazione del mercato del lavoro determinata, in particolare, dall’apparizione di
nuove tecniche di gestione che privilegiano la mobilità professionale rispetto alla tradizionale
anzianità aziendale. Queste trasformazioni hanno dunque determinato l’esclusione dei lavoratori
anziani e l’utilizzo, a tal fine, degli strumenti di assicurazione sociale (pensioni, indennità di
disoccupazione, sussidi di invalidità);
in prospettiva macro-economica. Questo approccio ha focalizzato l’attenzione sul finanziamento
delle forme di assicurazione sociale e, in particolare, di quella previdenziale. In tale prospettiva, si è
ritenuto che il pensionamento anticipato costituisse un paradosso in relazione al costo rappresentato
dall’invecchiamento della popolazione.
Il carattere strettamente contabile di quest’ultimo approccio ha condotto ad una critica di matrice
sociologica fondata sulla constatazione che, da un lato, i prepensionamenti e, dall’altro, l’aumento della
speranza di vita – e il miglioramento delle condizioni di salute – hanno creato una situazione in cui il
rischio pensione (legato al mercato del lavoro) e il rischio dipendenza (collegato all’invecchiamento
28
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
interventi in riferimento a questo segmento di popolazione fondamentalmente basati sulla
considerazione – di cui daremo conto in questo capitolo – che, a fronte di un progressivo
invecchiamento della popolazione, nelle classi superiori di età la partecipazione al lavoro
e allo sviluppo economico tenda a ridursi.
2.1.1
Il contesto demografico
Le evidenze emergenti nei paesi occidentali e, in particolare, in Europa mostrano il
parallelo incremento delle aspettative di vita e il decremento dei tassi di fertilità, tali da
determinare il progressivo invecchiamento della popolazione42. Se, infatti, nel 1950 gli
over 60 costituivano l’8,1% della popolazione mondiale, a un secolo di distanza si
prevede che rappresenteranno il 20% del totale.
Tuttavia questa tendenza assume andamenti anche profondamente diversi nei
differenti contesti geografici e l’invecchiamento della popolazione appare nettamente più
accentuato nei paesi industrializzati. In particolare, è l’Europa che mostra la tendenza più
marcata all’invecchiamento: se, infatti, nel 1998 gli anziani rappresentavano il 20% (con
l’Italia in testa, seguita da Grecia, Spagna e Germania), nel 2050 costituiranno il 35% del
totale (con la Spagna che aprirà la classifica seguita però, ancora una volta, dall’Italia).
I dati sull’invecchiamento appaiono ancor più rilevanti se si prende in esame la quota
di soggetti in età lavorativa (15-64 anni) che, tra il 2005 e il 2030, si prevede diminuirà di
20,8 milioni di unità43.
Questo conduce ad una rapida crescita del tasso di dipendenza44 e del rapporto tra
occupati e pensionati. In prospettiva, i paesi nei quali si verificheranno maggiori problemi
saranno, da questo punto di vista, l’Italia, la Spagna e l’Irlanda con 1,5 (o meno) occupati
per ogni pensionato. (Auer, Fortuny, 2000) (tab. 1).
Altri studi confermano gli elementi di preoccupazione e prevedono il passaggio da un
42
43
44
demografico) non sono sincronizzati, mentre la loro armonizzazione, che si esprimeva nella definizione
dell’età pensionabile, ha rappresentato uno dei pilastri nella creazione dei regimi previdenziali della prima
metà del XX secolo.
(Tratto da: Dictionnaire suisse de politique sociale, alla voce “Travailleurs âgés”. Disponibile su internet
all’indirizzo: www.socialinfo.ch).
Secondo gli studi condotti nell’ambito delle Nazioni unite, l’invecchiamento della popolazione è da
addebitarsi principalmente al calo dei tassi di fertilità. Mentre, infatti, per garantire il ricambio
generazionale ogni donna dovrebbe avere in media 2,1 figli, il dato medio nei paesi Ocse (ad eccezione di
Turchia e Messico) è di 1,5 figli per ogni donna (Fonte: Auer P., Fortuny M., Ageing of the Labour Force
in OECD Countries: Economic and Social Consequences, International Labour Office, Employment
paper n. 2, Geneva, 2000). Studi più recenti confermano questa tendenza e rilevano per il 2003 un tasso di
fertilità nell’Unione europea pari a 1,48. Questo condurrà a un progressivo declino demografico: per il
2025 è previsto che i cittadini europei saranno 469,5 milioni e nel 2030 scenderanno a 468,7 milioni.
Commission des Communautés Européennes, Communication de la Commission «Livre vert “Face aux
changements démographiques, une nouvelle solidarité entre génération”», COM (2005) 94 def.,
Bruxelles, 16.3.2005.
Il tasso di dipendenza indica il rapporto tra la popolazione con più di 64 anni e quella in età lavorativa
(15-64 anni). Si tratta però di una misura puramente demografica da momento che non tiene conto
dell’effettiva partecipazione al mercato del lavoro.
29
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
tasso di dipendenza totale europeo pari al 49% nel 2005 ad uno prossimo al 66% nel
203045.
Tab. 1 - Rapporto tra occupati e pensionati in alcuni paesi dell’Ocse
1990
2020
3,2
2,5
2,4
2,0
2,1
2,6
2,2
2,5
1,9
2,3
2,2
2,4
1,8
1,8
1,8
1,5
1,4
1,8
2,0
2,1
1,5
1,9
1,9
1,7
Finlandia
Francia
Germania
Irlanda
Italia
Olanda
Norvegia
Portogallo
Spagna
Svezia
Regno Unito
Totale
Fonte: Ageing of the Labour Force in Oecd Countries: Economic and Social Consequences, Ilo, 2000.
L’invecchiamento della popolazione europea è tuttavia parzialmente frenata sia
dall’afflusso di immigrati, sia della più ridotta speranza di vita che caratterizza i paesi di
nuovo accesso. Dal momento che però in questi paesi si assiste a un rapido innalzamento
dell’età media (e dunque a un rapido invecchiamento), è prevedibile, dopo un temporaneo
rallentamento, che si assisterà ad una nuova ripresa di questa tendenza sul lungo periodo.
2.1.2
I senior nel mercato del lavoro
Se si considera la distribuzione in classi di età della popolazione europea in età
lavorativa (15-64 anni), è possibile osservare come la quota di senior (55-64 anni)
costituisca già oggi il 17% del totale e sia destinata a raggiungere il 19% nel breve
periodo (2010), aumentando ulteriormente – nelle previsioni elaborate da Eurostat – fino
al 24% nel 2025, per scendere al 22% nel 2050 (fig. 1).
Inoltre, il peso economico delle classi di età elevata è già oggi molto rilevante dal
momento che nell’Unione a 15 l’uscita dal lavoro avviene, in media, attorno ai 60 anni e,
a quell’età, la speranza di vita è di almeno 24 anni per le donne e di 19 per gli uomini.
45
Commission des Communautés Européennes, op. cit.
30
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Fig. 1 - Previsioni demografiche per l’UE a 15. Anni 2002-2050
Lavoratori di 55-64 anni sul totale della popolazione in età lavorativa (15-64 anni)
Popolazione di 65 anni e più in
% sulla
popolazione
in età2025
lavorativa
2002
2010
2015 2020
2030 2035 ### 2045
Lavoratori
di
55-64
anni
sul
totale
60
della popolazione in età lavorativa (1550anni)
64
17
19
20
22
24
24
23 22
22
Popolazione di 65 anni e più in %
40 popolazione in età lavorativa
sulla
25
27
30
32
36
40
45 48
49
30
20
10
0
2002
2010
2015
2020
2025
2030
2035
2040
2045
2050
Fonte: previsioni demografiche Eurostat, Emploi en Europe, 2003.
Le forze di lavoro: tassi di occupazione e di disoccupazione
I livelli di impiego dei senior di età compresa tra i 55 e i 64 anni erano nel 2001
inferiori al 40%46 – con rilevati differenze tra uomini e donne: solo un terzo delle attive
aveva infatti un lavoro, contro il 49% di uomini occupati della stessa età – mentre tra le
persone di età compresa tra i 45 e il 54 anni il tasso di occupazione raggiungeva il 73%.
Tuttavia, proprio riguardo ai livelli occupazionali dei senior si osservano notevoli
miglioramenti, da porre in relazione con l’introduzione di misure destinate a favorire un
invecchiamento attivo (si vedano, in proposito, i parr. 2.1 e 2.2). Già nel 2002, infatti, non
si sono verificati decrementi occupazionali per questa classe di età in nessuno degli Stati
membri e, per l’insieme dell’Unione europea, si è assistito ad un netto incremento
dell’occupazione dovuto principalmente ai progressi di Francia e Italia: in termini
assoluti, tra il 1995 e il 2002, si sono infatti registrati 2 milioni di occupati senior in più,
con una netta accelerazione nell’ultimo anno considerato.
Un fattore di cui tener conto è inoltre rappresentato dall’impatto dell’ampliamento
europeo. Sebbene infatti i livelli occupazionali dei senior siano, nell’Europa a 15, ancora
molto bassi risultano, tuttavia, decisamente superiori a quelli osservati nei nuovi Stati
membri. Questi ultimi presentano infatti un tasso di occupazione inferiore di 10 punti
percentuali rispetto all’Unione a 15 e questo conduce ad un abbassamento dell’1 o 2% del
tasso di occupazione complessivo.
Riguardo alla disoccupazione, inoltre, l’Unione europea contava nel 2001 circa un
milione di senior in tali condizioni, equivalenti al 3% della forza lavoro in età elevata.
46
Tra quanti hanno più di 65 anni gli inattivi rappresentano in Europa il 97%, mentre negli Stati Uniti
costituiscono l’88%.
31
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Tassi di attività47
Nel 2001 i senior inattivi nell’Unione europea a 15 erano circa 29 milioni, pari al 59%
della popolazione in età compresa tra i 55 e i 64 anni (un terzo del totale degli inattivi) e,
per metà di loro, la causa dell’inattività è costituita dal pensionamento48.
Tuttavia, una quota di inattivi si colloca al confine con il mercato del lavoro (e, in
particolare, con la disoccupazione) dal momento che, pur non cercando attivamente
lavoro, desidererebbe trovarne uno. Si tratta del 6% degli inattivi (pari al 3% della
popolazione nella classe di età considerata) che, se aggiunti ai disoccupati veri e propri,
farebbe salire i tassi di attività dei senior di 3 punti percentuali.
Una parte considerevole delle persone in età elevata esterne alle forza di lavoro
presenta però tratti che renderebbero particolarmente arduo il loro inserimento
professionale. Il 17% di loro dichiara, infatti, di non aver alcuna esperienza di lavoro alle
spalle (se si guarda però alla composizione di genere, in questo gruppo rientra il 25%
delle inattive) e si tratta, per lo più, di soggetti con bassi livelli di istruzione (il 90% di
loro non ha frequentato o completato le scuole medie superiori).
Per quanto riguarda, infine, i paesi di recente accesso, i pesanti processi di
ristrutturazione industriale che in essi hanno avuto luogo hanno colpito soprattutto i
lavoratori in età avanzata, provocando un netto decremento dei loro livelli di
partecipazione nella popolazione in età matura. Nonostante, infatti, i tassi di attività
fossero tradizionalmente molto elevati, si osservano dinamiche come quelle registrate in
Polonia dove si è passati da tassi di attività al 72% nel 1970 all’attuale 30% di attivi tra i
senior. Di conseguenza, nel 2002 i livelli di attività nei nuovi Stati membri erano prossimi
al 33%, anche in questo caso inferiori del 10% rispetto al resto dell’Unione.
2.1.3
Il ruolo dell’istruzione
I senior in possesso di titoli di studio elevati49 mostrano tassi di occupazione doppi
rispetto ai coevi con scarsi livelli di istruzione (pari al 61% nel primo caso e al 31%
nell’altro) e la stessa proporzione si osserva sia tra gli uomini che tra le donne50. Nei paesi
di recente accesso il peso dell’istruzione appare ancora più rilevante nel favorire
l’invecchiamento attivo: se infatti tra i laureati senior il tasso di occupazione è del 56%,
tra chi ha scarsi livelli di istruzione non raggiunge il 20%.
47
48
49
50
Il tasso di attività indica la quota di forze lavoro (composte, a loro volta, da occupati e da disoccupati) sul
totale della popolazione in età lavorativa (in questo caso il riferimento è costituito dalla specifica classe di
età 55-64 anni).
Tra gli inattivi rientrano numerose categorie di soggetti che per vari motivi non fanno parte delle forze di
lavoro: ad esempio, gli studenti, le casalinghe e, per l’appunto, i pensionati.
I livelli di istruzione “alti” corrispondono alla formazione universitaria (diploma di laurea o titoli postlaurea), quelli medi alla scuola secondaria superiore (con il conseguimento del diploma relativo) e quelli
bassi ai percorsi che non superano la scuola media inferiore.
Occorre però ricordare come permanga, anche per questa classe di età, una netta distanza tra i livelli di
occupazione maschili e femminili. Nel 2002, ad esempio, gli uomini occupati costituivano la metà delle
forze di lavoro di età elevata, mentre tra le donne il tasso di occupazione superava appena il 30%.
32
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Se dunque i senior con scarsa qualificazione sono soggetti a livelli di occupazione e di
partecipazione più bassi, si osserva come siano anche esposti a una fuoriuscita precoce
dal mercato del lavoro: si è stimato infatti che, nel 2001, l’età media di interruzione delle
attività professionali nell’Unione a 15 fosse di 62,3 anni per i laureati, di 60,3 anni per i
diplomati mentre, per le persone con scarsi livelli di istruzione, scendesse a 58,7 anni (fig.
2).
Fig. 2 - Rapporto tra inizio e fine della vita attiva, per sesso e livello di istruzione (UE a 15)
Elevato
livello di
istruzione
Medio
livello di
istruzione
Basso
livello di
istruzione
Donne
Uomini
Totale
Domanda posta alle persone di 55-64 anni: "A quanti anni siete entrati nella vita attiva,
oppure avete iniziato il votro primo lavoro/attività?"
Basso Medio Elevato
Età media di uscita dal mercato del lavoro (2001)
livello livello livello
di
di
di
70,0
istruzio istruzio istruzio
60,0
ne
ne
Totale Uomini Donne ne
Domanda
posta
alle
persone
di
5550,0
64 anni: "A quanti anni siete entrati
40,0
nella vita attiva, oppure avete
30,0
iniziato il votro primo
20,0
lavoro/attività?"
18,7
18,2
19,3
18,0
18,6
21,2
Età
media
di
uscita
dal
mercato
del
10,0
lavoro (2001)
59,9
60,5
59,1
58,7
60,3
62,3
0,0
Fonte: Eurostat - ETF, Emploi en Europe, 2003.
Tali differenze sono però determinate principalmente dalle diverse età di acceso al
lavoro: in media, infatti, i diplomati che oggi hanno tra i 55 e i 64 anni sono entrati nella
vita attiva a 18 anni, tre anni prima di chi ha un titolo di studio universitario e, quasi la
metà dei senior con bassa qualificazione, ha cominciato a lavorare a 16 anni51. Da questo
sembra dunque emergere come, nonostante la precoce uscita dall’attività professionale, la
durata della vita lavorativa sia, anzi, più lunga per le persone con scarsi livelli di
istruzione rispetto ai laureati. I senior con una qualificazione più debole sono infatti
certamente rimasti in attività più a lungo di tutti gli altri gruppi e, dal momento che a
bassi livelli di istruzione si associano spesso lavori meno qualificati e caratterizzati da
peggiori condizioni di lavoro, di questo è necessario tenere conto nei processi di revisione
dei sistemi previdenziali al fine di evitare automatismi che penalizzerebbero segmenti di
popolazione con una lunga e pesante esperienza lavorativa alle spalle.
51
I dati in questione sono stati ricavati dall’indagine sul panel europeo delle famiglie (Echp).
33
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
2.1.4
La formazione
I lavoratori senior sono caratterizzati da maggiore difficoltà di accesso alle occasioni
di formazione rispetto al resto degli occupati: nel 2001, solo il 5,2% dei lavoratori anziani
aveva partecipato ad azioni formative, contro il 9,3% osservato tra gli occupati più
giovani (fig. 3).
A determinare lo scarso coinvolgimento dei lavoratori maturi nelle iniziative di
formazione sono, da un lato, le valutazioni datoriali sulla scarsa redditività di investimenti
rivolti a lavoratori prossimi al pensionamento; dall’altro, la sapienza professionale dei
senior che, caratterizzati da maggiore stabilità di impiego e più lunga permanenza
aziendale rispetto ai giovani, conoscono e padroneggiano meglio i processi produttivi e si
ritiene, dunque, abbiano minor bisogno di formazione complementare.
In generale, poi, si osserva come le opportunità di formazioni siano più numerose per i
lavoratori con qualificazione più elevata e questo può essere in parte attribuito, secondo
gli analisti, ad una loro fuoriuscita dal mercato del lavoro meno precoce. Tuttavia è anche
possibile invertire l’ordine del nesso causale e supporre che, ad anticipare l’abbandono
del lavoro da parte dei senior con minore qualificazione, contribuisca proprio la scarsa
possibilità di accesso alla formazione e dunque di riqualificazione professionale.
Fig. 3 - Confronto tra lavoratori senior e lavoratori più giovani nell’accesso alla formazione
Lavoratori di 25-54 anni Lavoratori di 55-64 anni
18
Basso
Medio
Elevato
16
livello di
livello di
livello di
14
istruzione
istruzione
istruzione
Tutti
12
Lavoratori di 25-54 anni
9,3
2,7
9,5
15,5
10
Lavoratori di 55-64 anni
6,2
1,8
5,8
9,7
8
6
4
2
0
Tutti
Basso
Medio
Elevato
livello di istruzione livello di istruzione livello di istruzione
Fonte: Eurostat - ETF, Emploi en Europe, 2003.
2.1.5
Collocazione settoriale
Riguardo alla distribuzione settoriale (fig. 4), si osserva come la presenza dei senior
sia, nel confronto con gli occupati delle altre classi di età, comparativamente più rilevante
soprattutto in agricoltura dove essi costituiscono il 20% del totale di addetti del settore.
Prevalenza questa che, non soltanto caratterizza il dato comunitario nel complesso ma
34
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
rappresenta una costante in tutti i singoli paesi dell’UE a 15 (fig. 5). La massiccia
presenza di senior nell’insegnamento costituisce l’ulteriore dato emergente sia a livello
europeo, sia nelle distribuzioni nazionali (con le uniche eccezione rappresentate da
Portogallo e Grecia).
L’esame della composizione settoriale del lavoro dei senior consente inoltre di
confutare due stereotipi al riguardo:
♦ ad eccezione dell’agricoltura, si osserva come gli occupati di età elevata non siano
affatto concentrati nei settori in declino. I più elevati tassi di crescita
dell’occupazione matura (fig. 6) riguardano infatti comparti rilevanti del terziario
come le attività di intermediazione finanziaria, i servizi immobiliari e alle imprese, la
scuola e i servizi sociali e sanitari;
♦ l’esame dei dati di ingresso e uscita dal lavoro evidenzia, inoltre, come lavoratori
giovani e anziani non siano affatto intercambiabili: sono infatti diversi i settori da cui
escono i senior rispetto a quelli in cui fanno il loro ingresso i più giovani (15-24
anni).
In riferimento ai paesi di recente accesso, l’analisi settoriale richiama ed evidenzia
come una delle cause degli scarsi livelli occupazionali tra i senior sia costituita dai
drastici processi di ristrutturazione industriale condotti negli ultimi anni. Si osserva infatti
come la collocazione prevalente – e maggiormente penalizzata – dei lavoratori in età
elevate sia proprio l’industria. Rilevante è anche la quota di lavoro agricolo e anche qui le
prospettive occupazionali appaiono decisamente poco incoraggiati: in questo settore i
lavoratori anziani dei paesi di recente accesso costituiscono il 20% del totale degli
occupati (contro il 7% osservato nel resto dell’Unione) e la previsione di riduzione dei
posti di lavoro in quest’ambito produttivo far temere un’ulteriore contrazione del già
debole livello occupazionale dei senior.
35
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Fig. 4 - Struttura settoriale dell’occupazione, per classi di età (% dell’occupazione in ciascuna classe di età), anno 2001
25,0
20,0
15,0
Agrico Industri Costru
ltura e a
zioni
pesca manifatt
uriera
10,0
15-24 anni
5,0
24-54 anni
55-64 anni
Comm.
ingrosso
e
dettaglio
Alberg
hi e
ristoraz
ione
Trasporti Attività
,
finanziari
stoccag e
gio e
comunic
azioni
Servizi P.A. e Educazi Sanità Servizi
immobili difesa one
e
alla
ari e alle
servizi persona
imprese
sociali
3,0
20,1
9,8
21,5
8,1
5,0
2,8
8,2
4,3
3,2
7,1
5,4
3,5
20,0
7,7
13,8
3,6
6,5
3,6
9,2
8,1
7,1
10,1
4,5
7,4
17,9
7,8
13,8
3,0
5,8
2,5
8,4
7,9
8,6
9,4
5,0
Fonte: Eurostat - ETF, Emploi en Europe, 2003.
36
Servizi alla persona
Sanità e servizi
sociali
Educazione
P.A. e difesa
Servizi immobiliari e
alle imprese
Attività finanziarie
Trasporti, stoccaggio
e comunicazioni
Alberghi e
ristorazione
Comm. ingrosso e
dettaglio
Costruzioni
Industria
manifatturiera
Agricoltura e pesca
0,0
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Fig. 5 - Struttura settoriale dell’occupazione per i lavoratori di età compresa tra 55 e 64 anni (% dell’occupazione)
Agricoltura Industria Servizi
3,5
20,6
75,9
5,0
23,2
71,8
3,6
31,1
65,3
35,0
19,6
45,3
11,4
30,2
58,4
7,1
22,9
70,0
13,1
22,4
64,5
9,2
25,6
65,2
3,6
19,8
76,5
4,9
22,1
73,0
11,8
25,2
63,0
26,1
22,9
51,0
8,3
25,3
66,4
3,2
22,4
74,5
1,9
25,1
73,0
12,7
27,7
59,5
6,7
37,0
56,3
6,6
27,3
66,1
8,3
30,0
61,7
27,0
24,7
48,4
22,1
30,3
47,5
34,8
19,2
46,1
33,9
27,6
38,4
10,3
36,0
53,7
35,8
21,9
42,4
7,1
26,3
66,6
B100%
DK
D
EL90%
E
F
80%
IRL
I
L 70%
NL
A
P 60%
FIN
S
UK50%
CY
CZ
EE40%
HU
LT
LV30%
PL
SI
SK20%
ACs
UE10%
15
Agricoltura
Industria
Servizi
0%
B
DK
D
EL
E
F
IRL
I
L
NL
A
P
FIN
Fonte: Eurostat - ETF, Emploi en Europe, 2003.
37
S
UK CY
CZ
EE
HU
LT
LV
PL
SI
SK ACs UE
15
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Fig. 6 - Crescita annuale dell’occupazione, per settore e classi di età, anni 1997-2001
Agricoltur Industria Costruzio Commerc Alberghi
Traspo
P.A.anni
e
15-24
anni Attività
24-54 Servizi
anni 55-64
a e pesca manifatt ni
io
e
rti,
finanzi immobiliari difesa
uriera
all'ingross ristorazio stocca arie
e alle
o e al
ne
ggio e
imprese
dettaglio
comun
icazion
i
10,0
8,0
Educazio Sanità Servizi
ne
e
alla
servizi persona
sociali
6,0
15-24 anni
4,0 anni
24-54
55-64 anni
-3,9
-1,6
-5,3
-0,5
1,1
1,0
3,4
1,9
1,4
1,7
1,3
0,6
2,0
1,7
-1,9
6,5
2,7
3,1
0,8
0,7
3,5
7,0
6,1
7,5
2,0
1,6
2,3
5,4
1,4
3,9
1,5
2,2
5,6
2,4
2,6
2,8
2,0
0,0
-2,0
-4,0
Fonte: Eurostat - ETF, Emploi en Europe, 2003.
38
Servizi alla persona
Sanità e servizi
sociali
Educazione
P.A. e difesa
Servizi immobiliari e
alle imprese
Attività finanziarie
Trasporti, stoccaggio
e comunicazioni
Alberghi e
ristorazione
Commercio
all'ingrosso e al
dettaglio
Costruzioni
Industria
manifatturiera
Agricoltura e pesca
-6,0
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
2.2 La qualità del lavoro dei senior: caratteristiche e buone prassi
Grande importanza viene riservata nell’indagine agli aspetti fisici e strutturali del
lavoro e, riguardo ad essi, risulta che, sebbene le occupazioni che comportano disagio
fisico (lavori che prevedono il sollevamento di carichi pesanti) siano riservate soprattutto
ai più giovani, è al crescere dell’età che i soggetti esposti a tali condizioni denunciano gli
effetti più rilevanti a carico dell’organismo: tali attività producono dolori osteo-articolari
per il 70% di uomini di età compresa tra i 45 e i 55 anni e l’80% delle donne con
impieghi analoghi soffre di questi problemi a partire dai 50 anni.
Anche riguardo al lavoro a turni (fig. 7), a quello notturno (fig. 8) e ad altri regimi di
orario atipici, si assiste ad una minore presenza di over 45: col crescere dell’età si tende
infatti a preferire il ritorno a orari di lavoro normali.
Tuttavia anche tra i senior è presente una quota di lavoratori sottoposti ad orari di
lavoro disagevoli e tra di essi sono particolarmente diffusi i problemi di saluti collegati
(più di un terzo degli occupati di 45-54 anni soggetti a turnazioni e al lavoro notturno
afferma, infatti, di soffrire di disturbi del sonno).
Fig. 7 - Rapporti odds* sull’età: variabile spiegata: lavoro a turni (variabili esplicative oltre
all’età: sesso, paese, settore, dimensione d’impresa, categoria socio-professionale)
Rapporti odds
1,4
1,2
1,0
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
1
0,89
0,91
0,69
0,45
%
0,8
0,6
0,4
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
* In questo come per altre rappresentazioni grafiche, si è preferito far riferimento a modellizzazioni logistiche (rapporti
odds) che consentono di mettere a fuoco gli andamenti di un fenomeno in reazione alle modalità assunte da una variabile –
in questo caso, l’età – correggendo le distorsioni legate ad altri fattori (ad esempio: il sesso, il settore produttivo, la
dimensione d’impresa, ecc.).
Fonte: Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail au sein de
l’Union européenne (2003).
39
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Fig. 8 - Rapporti odds sull’età: variabile spiegata: lavoro in almeno 5 notti al mese (variabili
esplicative oltre all’età: sesso, paese, settore, dimensione d’impresa, categoria socioprofessionale)
Rapporti odds
1,4
1,2
1,0
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
1
0,93
0,96
0,8
0,52
%
0,8
0,6
0,4
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Fonte: Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail au sein de
l’Union européenne (2003).
I lavoratori nelle classi superiori di età soffrono più di altri degli effetti
dell’intensificazione del lavoro: la quota di dipendenti che ritiene manchi il tempo per
fare il proprio lavoro aumenta infatti progressivamente fino a 55 anni (passando dal 26%
al 31%). Inoltre, le indagini della Fondazione fanno rilevare come, nella realtà produttiva
europea, si assista ad una frequente sovrapposizione di fattori che determinano
l’intensificazione del lavoro.
Permangono, infatti, le cause di tipo industriale – ossia la dipendenza dei ritmi del
lavoro umano da quelli imposti dalle macchine – (fig. 9) a cui si sommano i fattori di
natura terziaria, caratterizzati dalla pressione della domanda (fig. 10).
Sebbene ciascuno di questi due fattori (industriale e terziario) tenda a determinare una
selezione a svantaggio dei lavoratori anziani, la compresenza di entrambi provoca una
loro esclusione ancora più marcata: nei casi in cui si debba far fronte sia ai ritmi
automatizzati, sia a quelli derivanti dal rapporto con la domanda diminuisce infatti
drasticamente la quota di lavoratori anziani sul totale degli addetti (fig. 11).
Al crescere dell’età aumenta anche la difficoltà di accedere alle nuove tecnologie e la
proporzione di lavoratori che dichiarano di non averne mai fatto uso sale notevolmente a
partire dai 45 anni (fig. 12).
40
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Fig. 9 - Rapporti odds sull’età: variabile spiegata: ritmi di lavoro determinati dalla domanda
diretta (variabili esplicative oltre all’età: sesso, paese, settore, dimensione d’impresa, categoria
socio-professionale)
Rapporti odds
1,4
%
1,2
Fig. 9
1,0
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
0,8
0,6
1
1,16
1,11
0,985
0,735
0,4
0,2
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Fonte: Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail au sein de
l’Union européenne (2003).
Fig. 10 - Rapporti odds sull’età: variabile spiegata: ritmi di lavoro determinati da obiettivi
quantificabili di produzione (variabili esplicative oltre all’età: sesso, paese, settore, dimensione
d’impresa, categoria socio-professionale)
Rapporti odds
1,4
%
1,2
1,0
Fig. 10
0,8
0,6
0,4
0,2
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 an
15-24 anni
1
1,17
1
0,87
0,74
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Fonte: Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail au sein de
l’Union européenne (2003).
41
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Fig. 11 - Rapporti odds sull’età: variabile spiegata: ritmi di lavoro determinati congiuntamente
dalla domanda diretta e da obiettivi quantificabili di produzione (variabili esplicative oltre
all’età: sesso, paese, settore, dimensione d’impresa, categoria socio-professionale)
Rapporti odds
1,4
1,2
%
Fig. 11
1,0
0,8
0,6
0,4
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 an
1
1,045
0,91
0,75
0,64
0,2
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Fonte: Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail au sein de
l’Union européenne (2003).
Fig. 12 - Proporzione di lavoratori che affermano di non aver mai usato un computer, per classi
di età – Indagine 1995 e 2000
Uomini 1995
Uomini 2000
Donne 1995
Donne 2000
Uomini 1995 Uomini 2000 Donne 1995 Donne 2000
15-24 anni
68
59
52
49,5
25-34 anni
50,5
45
48
46
35-44 anni
48
44
51,5
44
45-54 anni
53
51,5
58
49
Oltre 55 anni
65
59
65
66
70
60
50
40
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Fonte: Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail au sein de
l’Union européenne (2002).
A conferma dei dati emersi anche in altre indagini a carattere europeo (come quelle
Eurostat citate nel par. 1.1.4), l’accesso dei lavoratori alla formazione appare difficoltoso
ed estremamente limitato a tutte le età ma, anche in questo caso, lo scarto tra inclusi ed
esclusi dalle iniziative formative è particolarmente ampio tra i più anziani (fig. 13).
42
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Fig. 13 - Proporzione di lavoratori che non hanno mai partecipato a azioni formative negli ultimi
12 mesi – Indagine 1995 e 2000
Uomini 1995
Uomini 2000
Donne 1995
Donne 2000
Uomini 1995 Uomini 2000 Donne 1995 Donne 2000
15-24 anni
70
68,5
64,5
68,5
25-34 anni
68,5
66
73
66,5
35-44 anni
70,5
67,5
70
67
45-54 anni
72,5
70,5
70,5
67,5
Oltre 55 anni
78,5
81,5
80,5
79
90
80
70
60
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Fonte: Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail au sein de
l’Union européenne (2002).
Al crescere dell’età, inoltre, un numero sempre maggiore di lavoratori ritiene che la
propria attività non permetta di imparare cose nuove (fig. 14). E si riducono
sensibilmente, già a partire dai 45 anni, le possibilità di rotazione di compiti (intese come
occasioni di rompere la monotonia e arricchire il contenuto del lavoro) (fig. 15).
Fig. 14 - Proporzione di lavoratori che affermano che non imparano nulla nel loro lavoro –
Indagine 1995 e 2000
Uomini 1995
50
40
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Uomini 2000
Donne 1995
Donne 2000
Uomini 1995 Uomini 2000 Donne 1995 Donne 2000
28,5
25,5
28,5
29
21
26
25,8
29,5
22,5
26,5
26,3
28
23
30,5
30,5
33
33
38,5
39
43
30
20
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Fonte: Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail au sein de
l’Union européenne (2002).
43
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Fig. 15 - Proporzione di lavoratori che affermano che dichiarano di non effettuare rotazione dei
compiti – Indagine 1995 e 2000
Uomini 1995
fig. 15
70
60
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Uomini 2000
Donne 1995
Donne 2000
Uomini 1995 Uomini 2000 Donne 1995 Donne 2000
46,5
52
42,5
49,2
42,5
54,8
45
57
45,5
54,5
42
56
46
57
48,5
59
51,5
69
53,5
63
50
40
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
Oltre 55 anni
Fonte: Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail au sein de
l’Union européenne (2002).
2.2.1
Suggerimenti e buone prassi nelle imprese
Come anticipato, i lavori della Fondazione Dublino mettono anche in luce, a fianco
delle evidenze empiriche riguardanti le condizioni di lavoro nelle diverse età, alcune
proposte e interventi concretamente volti a ridurre gli aspetti negativi evidenziati.
Riguardo ai disagi collegati alla pesantezza fisica del lavoro, vengono evidenziate
alcune possibili azioni di contrasto52. Queste possono, ad esempio, prevedere:
♦ la valutazione delle caratteristiche ergonomiche del lavoro da porre in relazione con
le trasformazioni nelle capacità fisiche dei lavoratori al crescere dell’età. Tali
valutazioni consentirebbero di assegnare compiti lavorativi adeguati alle esigenze di
chi lavora;
♦ l’introduzione di controlli medici e l’acquisizione di pratiche che favoriscano la
prevenzione delle malattie e riducano il disagio fisico. In particolare, l’obiettivo
perseguito nelle esperienze citate è quello di formare all’impiego di buoni gesti
teorici ossia di indicare modalità meno dannose di esecuzione dei compiti pesanti;
♦ l’alleggerimento del carico di lavoro attraverso una o più misure congiunte, come, ad
esempio, la riduzione dell’orario di lavoro, la suddivisione dei compiti pesanti tra più
persone o all’interno di équipe, l’introduzione di impianti e macchinari finalizzati a
ridurre i disagi.
In riferimento al rischio di selezione in base all’età associata agli orari irregolari e
atipici, le iniziative presentate tengono conto di almeno due inconvenienti collegati a
52
Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail
au sein de l’Union européenne, Dublin, 2003.
44
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
questi aspetti. Da un lato si osserva infatti un possibile danno di carattere biologico
(dovuto alla de-sincronizzazioni nei ritmi sonno-veglia e da quelli di assunzione del cibo),
dall’altro, si rileva un pericolo di carattere sociale, collegato alla sfasatura tra i tempi di
lavoro e i ritmi generali della vita sociale. Invecchiando aumenta l’intolleranza verso
queste asincronie – che producono malattie anche di notevole gravità e persistenza – tanto
da accrescere la necessità di tornare a ritmi normali e questo può portare a fenomeni di
esclusione dei lavoratori anziani da impieghi caratterizzati da atipicità oraria e alla loro
sostituzione con persone più giovani.
Riguardo alle azioni di contrasto ai rischi indicati, gli analisti della Fondazione
ritengono che, per risolvere il problema, occorrerebbe prevedere una riduzione del
volume globale di orari atipici, soluzione che tuttavia contrasta con l’esigenza delle
imprese di utilizzare intensivamente personale e strutture produttive. Al contrario, da
parte datoriale si prevede un’intensificazione nell’impiego di questi regimi orari e in
particolare del lavoro a turni, compensati magari da misure specifiche per i senior.
Tali misure possono riguardare (in base a concrete sperimentazioni effettuate in
Europa):
♦ una rimodulazione dei turni – in base a soglie di tolleranza osservate e studiate con
l’aiuto medico –, alternati a giornate di riposo;
♦ la compensazione del lavoro a turni con una riduzione oraria e con la possibilità di
effettuare una rotazione delle turnazioni che riduca la quota di lavoro notturno
(adottando uno schema misto: mattina/pomeriggio/sera).
Anche in riferimento all’intensificazione dei ritmi di lavoro, si osserva un analogo
rischio di selezione sulla base dell’età soprattutto quando si somma la pressione
proveniente dagli obiettivi e dagli automatismi di produzione a quella derivante dal
contatto con l’utenza/clientela. Misure di contrasto all’intensificazione dei ritmi sono
state osservate sia con specifico riferimento alla popolazione in età matura, sia riguardo
all’insieme dei lavoratori.
Nel primo caso, sono state predisposte iniziative specifiche per chi ha un’elevata
anzianità di lavoro. Uno degli esempi citati è quello dello stabilimento Volvo di
Torslanda presso il quale sono state introdotte tre misure di sostegno: il Laboratorio di
preparazione, la Squadra risorse e la Squadra dei senior.
Il Laboratorio di preparazione (di supporto al lavoro in linea) è il primo ad essere stato
creato. In esso vengono effettuate lavorazioni che consentono l’assunzione di posizioni
più comode e offrono maggiori possibilità di organizzare e programmare il proprio lavoro
rispetto a quanto accada nella vicina catena di montaggio.
Quando il piccolo Laboratorio si è mostrato insufficiente a contenere tutti i dipendenti
con elevata anzianità o con problemi di salute è stata creata la Squadra Risorse finalizzata
a effettuare operazioni di servizio precedentemente affidate a società esterne (pulizie,
pittura, sistemazione degli uffici, manutenzioni e tutti i compiti che non prevedono i ritmi
tipici della catena di montaggio).
Per ultima è stata costituita la Squadra dei Senior composta da 12-15 lavoratori con gli
45
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
stessi obblighi degli altri ma con una cadenza di lavoro meno serrata (pari a circa il 75%
di quella affidata al resto del personale alla catena di montaggio). Inoltre, si è ritenuto che
non fosse importante valutare la performance individuale, preferendo considerare il
rendimento dell’intera squadra e accrescendo dunque i margini di flessibilità interna.
Si è inoltre osservato che, dopo alcuni anni di rodaggio, l’efficienza di queste squadre
è tale da riuscire ad eguagliare quella degli altri lavoratori.
Altre esperienze finalizzate a ridurre i rimi di lavoro – non necessariamente
predisposte per rispondere alle esigenze dei lavoratori con età elevata – hanno previsto
l’introduzione di:
♦ misure di riduzione del ritmo di lavoro attraverso interventi sugli automatismi
(soprattutto nel lavoro alla linea di montaggio): con la creazione, ad esempio, di
piccole scorte-tampone;
♦ interventi di regolazione collettiva dell’intensità dei ritmi. Un esempio è costituito
dalla creazione di squadre di lavoro caratterizzate da autonomia interna nella
suddivisione dei compiti e dei tempi di lavoro. Nel caso di squadre con lavoratori di
età diverse si è osservato che si produce una sorta di auto-regolazione interna in base
alla quale sono i giovani a farsi carico di ritmi più intensi.
In riferimento alle occasioni di cambiamento, apprendimento e di polivalenza nella
prassi lavorativa – particolarmente limitate, come si è osservato, per i senior –, si rileva
che, da un lato, esse potrebbero costituire un elemento di forte motivazione e di stimolo al
mantenimento del lavoro anche in età avanzata ma, dall’altro, le difficoltà che incontrano
in questo campo molti lavoratori maturi suscitano preoccupazione da parte datoriale:
queste rappresentazioni dei datori di lavoro fanno da eco (forse alimentandole) alle
reticenze di un parte degli stessi lavoratori. […] Ma questi a priori sfavorevoli producono
effetti concreti, e si osservano disuguaglianze basate sull’età nell’accesso dei dipendenti
alla formazione o alle nuove tecnologie, nella mobilità o ancora nella polivalenza53.
In linea di massima, si rileva come la buona riuscita di trasformazioni e cambiamenti
lavorativi negli ultimi anni di vita attiva sia legata ad alcune azioni che possono essere
messe in campo in ambito aziendale. Tra queste si segnala l’esigenza di: enunciare con
chiarezza gli obiettivi del cambiamento; le modalità di formazione previste devono tener
conto delle peculiarità dei lavoratori (in particolare, le differenze relative al loro percorso
professionale e alle loro esperienze precedenti, l’articolazione tra conoscenze nuove e
quelle già possedute); il calendario delle attività deve permettere di scaglionare e
consolidare le acquisizioni; un’attenzione particolare deve essere prestata alla fase di
avvio della formazione e delle nuove esperienze lavorative così come alla ricorsività della
formazione che deve abbracciare l’intero arco della vita.
Esperienze concrete relative alle questioni accennate hanno riguardato:
♦ azioni di sensibilizzazione finalizzate a modificare gli stereotipi diffusi tra le parti in
53
Fondation européenne pour l’amélioration des conditions de vie et de travail, Age et condition de travail
au sein de l’Union européenne, Dublin, 2003, p. 57.
46
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
causa (vertici aziendali e lavoratori). Una concreta esperienza54 realizzata a tal fine,
prevede la conduzione di seminari al termine dei quali viene proposto un colloquio
sul percorso. In quell’occasione il singolo lavoratore senior e il proprio superiore
tracciano il futuro percorso di carriera. Ai colloqui sul percorso si affiancano incontri
annuali di valutazione, tra superiori e dipendenti, in cui si assumono e sottoscrivono
reciproci impegni;
♦ predisposizione di azioni formative. In un’esperienza riguardante una fase di
ristrutturazione produttiva in ambito siderurgico, sono stati sviluppati a tal fine
colloqui individuali tra i lavoratori e la gerarchia intermedia per individuare
fabbisogni formativi e competenze possedute dai dipendenti. I percorsi formativi
predisposti nelle fasi successive hanno alternato teoria e pratica, sono stati calibrati
sugli specifici mestieri in transizione, sono stati diretti a gruppi omogenei di
lavoratori, sono stati caratterizzati da una diluizione nel tempo e da una particolare
attenzione alla possibilità di applicare al lavoro le conoscenze acquisite;
♦ riconoscimento e valorizzazione delle competenze dei lavoratori maturi. A tale
obiettivo puntano ad esempio iniziative di tutorship di lavoratori esperti nei confronti
dei più giovani finalizzate alla trasmissioni di conoscenze tra le diverse generazioni;
♦ progettazione di occasioni di mobilità finalizzate a rompere la sclerosi cognitiva
dovuta a un protratto immobilismo professionale e a ridotti scambi di esperienza.
Iniziative citate al riguardo55 hanno visto la predisposizione di una serie articolata di
incontri e colloqui con lavoratori over 45 e rappresentanti aziendali al fine di
individuare una diversa destinazione, nell’ambito della stessa impresa, per i lavoratori
coinvolti.
54
55
Nell’esempio riportato dai ricercatori della Fondazione Dublino (2003), si fa riferimento all’iniziativa
intrapresa dai Servizi sociali della contea di Vestfold e di un ente pubblico olandese.
L’esempio citato nel rapporto della Fondazione Dublino (2003) riguarda la Siemens olandese.
47
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
3. LE POLITICHE
3.1 Gli obiettivi di Stoccolma e di Barcellona
Per realizzare l’obiettivo generale, fissato dal Consiglio europeo di Lisbona (marzo
2000), relativo al raggiungimento di un tasso d’occupazione pari al 70% nel 2010, è parso
essenziale operare anche sul fronte della partecipazione al lavoro dei senior e i Consigli
europei di Stoccolma (2001) e di Barcellona (2002) hanno definito specifici obiettivi al
riguardo:
♦ il Consiglio europeo di Barcellona ha focalizzato la propria attenzione sui livelli di
partecipazione al mercato del lavoro, stabilendo che, entro il 2010, si sarebbe dovuto
accrescere progressivamente di circa cinque anni la durata della vita attiva, ritardando
così il pensionamento;
♦ nel Consiglio di Stoccolma si è inoltre puntato ad accrescere l’occupazione dei senior
e si è, in proposito, convenuto che sempre entro il 2010 si sarebbe dovuto portare al
50% il tasso medio di occupazione di uomini e donne in età compresa tra i 55 e i 64
anni.
I calcoli preliminari relativi agli obiettivi di Barcellona indicavano che, nel 2001, era
di 59,9 anni l’età media di fuoriuscita dal mercato del lavoro, con livelli medi più alti in
alcuni paesi – Regno Unito, Portogallo, Finlandia, Danimarca e Svezia – sebbene in
nessuno si raggiungessero i 65 anni. Si rilevò inoltre una marcata differenza di genere
nell’età di pensionamento, con gli uomini che lasciavano il mercato del lavoro 1,5 anni
più tardi rispetto alle donne.
Riguardo agli obiettivi di Stoccolma, al momento del varo si osservò che il tasso di
occupazione medio dei 55-64enni era del 39% e che solo in quatto paesi (Danimarca,
Svezia, Portogallo e Regno Unito) era già stato raggiunto il livello sperato mentre in altri
neanche un terzo delle forze di lavoro di età elevata risultava occupato (Belgio, Italia,
Austria, Lussemburgo e Francia).
Le serie storiche sugli andamenti occupazionali indicavano, inoltre, una diversa
capacità degli Stati di accrescere la partecipazione al lavoro dei senior: in alcuni paesi si
era assistito ad aumenti anche consistenti dei tassi di occupazione per i senior (Finlandia,
Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda, Spagna e Svezia), in altri i livelli occupazionali erano
48
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
cresciuti lievemente (Francia e Belgio), in altri ancora non erano mutati affatto (Italia,
Lussemburgo e Austria) oppure erano regrediti (Germania e Grecia).
Tab. 2 - Obiettivi di Barcellona e Stoccolma (2001)
Obiettivo di Stoccolma
Tasso di occupazione dei
lavoratori di 55-64 anni
(2001)
Uomini Donne
Belgio
Danimarca
Germania
Grecia
Spagna
Francia
Irlanda
Italia
Lussemburgo
Paesi Bassi
Austria
Portogallo
Finlandia
Svezia
Regno Unito
Totale (UE a 15)
35,1
65,5
46,5
55,0
57,9
36,2
64,7
40,4
35,9
51,1
40,1
61,3
46,6
69,4
61,7
48,9
15,5
49,7
29,5
22,5
21,8
27,8
28,8
16,2
15,2
28,0
18,4
40,2
45,0
64,0
43,1
29,1
Obiettivo di Barcellona
Variazione dei tassi di
occupazione dei lavoratori di
55-64 anni (1997-2001)
Totale
Uomini
Donne
25,1
58,0
37,9
38,0
39,2
31,9
46,8
28,0
25,6
39,6
28,9
50,1
45,7
66,7
52,3
38,8
3,5
2,8
-1,1
-4,1
6,7
2,9
5,9
-1,6
0,5
6,7
-0,3
-1,7
8,5
4,4
3,4
1,6
2,5
9,4
0,7
-2,2
3,6
2,8
7,2
1,4
2,4
8,1
1,5
4,4
11,6
3,6
4,6
3,0
Totale
3,0
6,2
-0,3
-3,0
5,2
2,9
6,5
0,1
1,7
7,6
0,7
1,8
10,1
4,1
4,0
2,4
Età media di uscita dal
mercato del lavoro (2001)
Uomini Donne
57,8
62,1
60,9
51,2
60,7
58,2
63,1
59,6
57,5
61,1
59,9
52,1
61,5
62,2
63,0
60,5
55,9
61,0
60,4
57,7
60,2
58,0
62,0
59,2
55,3
60,8
58,5
61,6
61,3
61,9
61,0
59,1
Totale
57,0
61,8
60,7
59,6
60,6
58,1
62,9
59,4
56,8
61,0
59,5
62,1
61,5
62,1
62,0
59,9
Fonte: Eurostat - EFT, Commission européenne, Emploi en Europe, 2003.
Si calcolò, inoltre, che per realizzare l’obiettivo fissato a Stoccolma si sarebbero
dovuti creare 7 milioni di posti di lavoro supplementari a favore della popolazione in età
matura (pari a circa 900.000 ogni anno) mentre, per raggiungere quello definito a
Barcellona, gli attivi nella classe di età compresa tra i 55 e i 64 anni avrebbero dovuto
aumentare di 7-9 milioni di unità.
Si osservò inoltre che i paesi in cui si sarebbero dovuti realizzare gli sforzi più
consistenti sarebbero stati l’Italia, il Belgio, la Germania, la Grecia, la Francia, il
Lussemburgo e l’Austria.
3.2 Le proposte strategiche dell’Unione europea
Il rapporto congiunto della Commissione e del Consiglio europei presentato al Summit
di Barcellona (Verso la crescita della partecipazione attiva al mercato del lavoro e la
49
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
promozione dell’invecchiamento attivo), propose un approccio fondato sul ciclo di vita,
nel quale si chiedeva gli Stati membri di definire una strategia globale ispirata a cinque
linee-guida:
♦ più occupazione e di migliore qualità: un ambiente di lavoro sicuro, attraente e
flessibile – si sostiene nel documento – può favorire la permanenza e la
partecipazione al lavoro. Il part-time, in particolare, può agevolare una transizione
morbida al pensionamento così come il miglioramento dell’ambiente di lavoro, orari
flessibili e l’accesso alla formazione producono un impatto positivo in termini di
motivazioni e di produttività;
♦ rendere redditizio il lavoro: si suggerisce, al riguardo, l’adozione di regimi fiscali e
retributivi che incentivino economicamente i lavoratori senior ma si chiede
l’eliminazione di facilitazioni per il pensionamento anticipato;
♦ competenze professionali più elevate e adattabili: si propone di ridurre le difficoltà,
che riguardano in particolare i lavoratori anziani, di accesso alla formazione e si
sottolinea l’urgenza di mettere effettivamente in atto il progetto di educazione lungo
tutto l’arco della vita;
♦ rendere il lavoro un’opzione effettiva per tutti: si ritiene essenziale che i datori di
lavoro modifichino il loro approccio al fine di riconoscere l’effettivo potenziale dei
lavoratori maturi. È inoltre essenziale opporsi alle discriminazioni basate sull’età e, in
questo senso, un ruolo fondamentale è affidato ai Servizi pubblici per l’impiego cui
spetta il compito di sostenere i lavoratori nella ricerca di un impiego e di combattere
gli stereotipi negativi diffusi in ambito datoriale;
♦ una strategia di partenariato costituisce un invito, rivolto ai poteri pubblici, a
coinvolgere le parti sociali. In particolare, il soggetto pubblico, i sindacati e le
associazioni datoriali sono chiamati a intervenire sull’organizzazione del lavoro e
sull’ampliamento delle possibilità di accesso alla formazione per consentire ai
lavoratori senior di restare attivi più a lungo.
50
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
4. LE POLITICHE NAZIONALI
La strategia per l’occupazione elaborata a livello europeo ha indicato alcune lineeguida specifiche per il prolungamento della vita attiva e l’occupazione delle persone più
avanti negli anni; sono stati anche stabiliti degli obiettivi precisi per raggiungere i quali
ogni paese ha individuato percorsi congruenti con il proprio quadro nazionale. I singoli
Stati hanno scelto, infatti, strategie d’azione diverse, tutte finalizzate però ad arrestare e a
capovolgere la tendenza al pensionamento anticipato e alla contrazione della vita attiva.
La maggior parte dei paesi ha eliminato gli incentivi al prepensionamento e ne ha
introdotti altri con il fine di trattenere in attività i lavoratori maturi: in alcuni casi sono
state predisposte misure per rendere più flessibile la transizione tra lavoro e
pensionamento, in molti altri sono stati definiti interventi di politica attiva del lavoro (in
generale, costituiti da integrazioni salariali, formazione e orientamento professionale e
campagne di sensibilizzazione) destinate a questo segmento di popolazione56. Ciò che
sembra essere ancora carente, pur con l’eccezione di alcuni sistemi nazionali, è un
approccio comprensivo di misure diversificate, tra le quali sempre più si rende evidente la
necessità di aumentare i tassi di partecipazione della popolazione in età di lavoro,
attraverso strategie indirizzate all’intero ciclo di vita. Se, dunque, l’adozione di riforme
dei sistemi pensionistici appare in molti casi indispensabile, includendo l’innalzamento
dei requisiti per il godimento della pensione e l’introduzione di percorsi di ritiro più
flessibili, va comunque prestata una maggiore attenzione a rafforzare la capacità
lavorativa delle persone avanti negli anni, sia attraverso interventi formativi ricorrenti, sia
attraverso il miglioramento delle condizioni lavorative e la qualità del lavoro.
Sono previste in molti Nap del 2004 azioni per migliorare le condizioni di lavoro,
proprio nella prospettiva di rendere compatibile ed attraente il lavoro anche alle persone
meno giovani; è questo il caso della Finlandia, della Francia, dei Paesi Bassi, del
Portogallo, della Danimarca, oltre che di molti paesi di recente ingresso.
L’età media di uscita dal lavoro è aumentata negli ultimi anni in Europa; nel 2003 si è
arrivati a 61 anni, rispetto ai 60,4 dell’anno precedente considerando l’Europa a 25 Stati
(per l’UE a 15 il progresso è stato da 60,8 a 61,3). I maggiori progressi in questo percorso
sono stati compiuti da Ungheria, Irlanda, Grecia, Danimarca, Polonia ed Italia. Molti
56
La documentazione di base di questo capitolo comprende, come punto di partenza, il quadro complessivo
che è stato fornito dall’European Employment Observatory, che ha dedicato un’ampia sezione a questo
tema sul numero della primavera 2003. Altre informazioni provengono dalle rassegne della Commissione
europea, dal Joint Employment Report (varie annate) oltre che da studi specifici prodotti nei diversi paesi.
51
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
paesi stanno, inoltre, assistendo ad un incremento delle persone che divengono inattive
per problemi connessi alla salute e all’inabilità parziale a conservare il loro posto di
lavoro. Si tratta di un fenomeno che interessa, per l’intensità con cui si sta manifestando,
prevalentemente paesi come Danimarca, Regno Unito, Paesi Bassi e Lussemburgo. Da
questo punto di vista sarà sempre più importante coordinare le misure per il
prolungamento della vita attiva con interventi migliorativi dell’ambiente di lavoro e con
la promozione di un approccio alla salute sul lavoro che si estenda a tutta la vita
lavorativa.
Tav. 1 - Principali politiche relative ai lavoratori maturi negli Stati membri
Politiche
Paesi interessati
Approccio politico strategico all’occupazione e al
pensionamento dei lavoratori maturi
Austria, Finlandia, Regno Unito
Programmi di ricerca e sviluppo sulla questione
dell’età e dell’occupazione
Finlandia, Germania, Italia, Regno Unito
Riforme delle pensioni e della sicurezza sociale
finalizzate a eliminare gli incentivi al pensionamento anticipato e a incoraggiare il rinvio del
pensionamento
Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania,
Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, Regno Unito
Dispositivi di pensionamento progressivo
Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia,
Germania, Paesi Bassi, Spagna
Legislazione contro le discriminazioni basate
sull’età, protezione contro i licenziamenti, divieto
di inserire limiti di età per le offerte di lavoro e le
assunzioni e/o abolizione del pensionamento
obbligatorio
Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia,
Spagna, Regno Unito
Campagne di sensibilizzazione rivolte alle imprese
e all’opinione pubblica
Danimarca, Finlandia, Germania, Paesi Bassi,
Regno Unito
Programmi per l’occupazione e la formazione dei
lavoratori maturi
Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia,
Germania, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi, Regno
Unito
Sostegno alle imprese, consulenza e orientamento,
formazione, intermediazione di mano d’opera
Danimarca, Finlandia, Regno Unito
Integrazioni salariali e altri incentivi
all’occupazione
Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia,
Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi
Bassi, Regno Unito
Fonte: P. Taylor (2002), in OEE (2003).
52
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Nonostante siano state predisposte misure per il contrasto all’uscita anticipata dei
senior dal mercato del lavoro, gli effetti di tali interventi appaiono però ancora modesti,
certamente lontani, in ogni caso, dal raggiungimento degli obiettivi di Barcellona e
Stoccolma e questo per molti motivi:
♦ i governi non sempre sono intervenuti con sufficiente determinazione nel bloccare gli
incentivi al prepensionamento e nell’incoraggiare il proseguimento della vita attiva;
♦ sono ancora scarsi gli interventi a favore del pensionamento graduale, nonostante
numerose ricerche evidenzino un notevole gradimento dei lavoratori per questa
soluzione. Le difficoltà di introdurre il pensionamento graduale sono legate, da un
lato, allo scarso desiderio delle imprese di riorganizzarsi al fine di trasformare alcuni
impieghi a tempo pieno in part-time, dall’altro, all’assenza o alla scarsità, sul mercato
del lavoro, di occupazioni a tempo ridotto;
♦ i sostegni alle imprese che offrono possibilità di impiego ai lavoratori maturi non
hanno prodotto i risultati attesi (ad eccezione del programma New Deal over 50 del
Regno Unito che ha destinato le sovvenzioni ai lavoratori e non ai datori di lavoro);
♦ si rilevano non poche perplessità riguardo all’efficacia delle campagne di
sensibilizzazione per il contrasto degli stereotipi negativi riguardanti i senior.
4.1 Austria
Alla fine del 2000 è stato varato un pacchetto di riforme, denominato Patto per i
lavoratori anziani finalizzato a ridurre il numero di pre-pensionamenti e ad accrescere la
quota di attivi nelle classe superiori di età.
Per quanto riguarda l’aspetto previdenziale della riforma, a partire dall’entrata in
vigore del Patto si è proceduto ad un graduale innalzamento dell’età pensionistica e
all’introduzione di disincentivi economici per i lavoratori che decidessero di ritirarsi
prima dei 65 anni nel caso degli uomini o dei 60 per le donne. È stata inoltre introdotta la
possibilità di scegliere la riduzione dell’orario e di integrare lo stipendio con un
trattamento previdenziale per i lavoratori che avessero maturato un numero elevato di
contributi e fossero prossimi all’età di pensionamento.
L’intervento del governo federale ha inoltre introdotto misure di politica attiva per
evitare che i lavoratori cui era stato interdetto il pensionamento fossero esclusi dal
mercato del lavoro. Queste consistono in:
♦ disposizioni per il pensionamento a part-time. In tal modo si prevede di introdurre
una graduale riduzione oraria legata all’età del lavoratore: per le donne over 50 anni e
per gli uomini 55enni è possibile ridurre l’orario del 40-60%, percependo tra il 70 e
l’80% del salario pieno grazie all’integrazione del servizio pubblico per l’impiego. I
contributi previdenziali e assicurativi sono versati in analoga proporzione e sono
previsti aiuti diretti anche all’impresa;
53
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
♦ sussidi per la formazione – che possono essere percepiti anche nel corso di congedi
non retribuiti – che si sommano, per i lavoratori over 45, all’indennità di
disoccupazione;
♦ sgravi contributivi per le imprese che assumono lavoratori over 50. Parallelamente, si
è provveduto a introdurre multe pecuniarie per chiunque licenzi lavoratori con più di
50 anni di età e meno di 10 anni di versamenti;
♦ sussidi destinati alle imprese e finalizzati a promuovere l’inserimento o il
reinserimento lavorativo di donne con più di 45 anni e uomini over 50. Sono stati
istituiti anche incentivi collegati all’avvio di attività professionali non profit e agli
interventi di agenzie di lavoro interinale non a scopo di lucro.
A partire dalla fine del 2002 è stata tuttavia avviata una revisione del sistema
previdenziale con l’ulteriore, graduale aumento dell’età pensionabile, l’armonizzazione
tra fondi pensionistici diversi e l’abolizione delle pensioni di anzianità.
Come primi effetti di questi mutamenti normativi, dal 2002 al 2003 il tasso di
occupazione per la fascia di età 55-64 anni è aumentato in Austria di un punto
percentuale, anche se la quota di occupati senior resta nel paese tra le più basse d’Europa
(30,1%). Resta piuttosto diffuso il ritiro anticipato dei lavoratori, specialmente attraverso
l’utilizzo di pensioni per disabilità e nel pubblico impiego, settore per il quale le politiche
nazionali sono orientate ad un incisivo ridimensionamento.
4.2 Belgio
Il Belgio si collocava, nel 2001, al livello più critico tra i paesi europei per quanto si
riferisce ai tassi di occupazione dei 55-64enni, con una situazione nella quale solamente
25,1 persone su 100 in tale fascia d’età avevano un impiego. Anche l’età media di uscita
dal lavoro in Belgio era nel 2001 la più bassa in Europa: 57 anni rispetto alla media UE di
59,9.
A partire dal 2002, in Belgio sono state predisposte misure finalizzate a incentivare la
permanenza degli over 50 al lavoro, scoraggiare i pre-pensionamenti, incoraggiare il
reinserimento dei disoccupati di età elevata e favorire la permanenza nel mercato del
lavoro di persone con più di 45 anni.
Innanzitutto, è stata elevata a 65 anni l’età di pensionamento (nell’immediato per gli
uomini e, a partire dal 2009, anche per le donne), sono state ridotte le possibilità di
pensionamento anticipato (innalzando il limite di età minimo, per questi casi, dai 58 ai 60
anni) e sono stati introdotti incentivi per favorire la permanenza al lavoro e premiare le
imprese che assumono persone con più di 58 anni.
Sono stati inoltre previsti sostegni per lavoratori over 45 e per gruppi a rischio. Questi
prevedono:
♦ crediti-tempo, che possono tradursi in congedi aggiuntivi oppure in una riduzione
54
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
dell’orario di lavoro;
♦ diritto alla riduzione dell’orario di lavoro pari a un quinto del tempo pieno;
♦ diritto per i lavoratori con più di 50 anni di ridurre l’orario di lavoro compensando la
perdita salariale con un’indennità speciale;
♦ per i lavoratori con più di 45 anni impiegati nella sanità e nelle organizzazioni non
profit è prevista la possibilità di ridurre l’orario di lavoro senza diminuzioni salariali
oppure di percepire un bonus nel caso scelgano il tempo pieno;
♦ riduzione degli oneri assicurativi e previdenziali per i lavoratori con più di 58 anni
Sono stati effettuati anche interventi finalizzati a:
♦ favorire l’accesso alla formazione lungo tutto l’arco della vita. Sono stati predisposti
programmi formativi specifici per i soggetti a rischio di marginalizzazione nel
mercato del lavoro e, in particolare, per gli over 45 (con la riserva di una quota di
finanziamenti dedicati e che si prevede di accrescere progressivamente);
♦ migliorare la qualità del lavoro, ad esempio, attraverso la riduzione di orario e
facilitando la conciliabilità tra lavoro e vita privata. Sono inoltre incoraggiate
esperienze di tutorship realizzate da lavoratori esperti verso i neo-assunti;
♦ introdurre misure di flessibilità finalizzate a rendere meno onerosi i carichi di lavoro
per i più anziani contrastando però forme di precariato e di impoverimento che
possono colpire questo segmento di popolazione (sono stati introdotti anche benefici
a favore di percettori di pensione – anche da lavoro indipendente – e disoccupati
anziani).
Uno strumento recente, il Fondo di esperienza professionale (Het ervaringsfond/Fond
de l’expérience professionnelle) offre alle imprese un sussidio per misure che migliorino
le condizioni dei lavoratori over 55. Sono previsti due tipi di misure:
♦ adattamento e miglioramento dell’organizzazione del lavoro e del posto di lavoro
(attraverso maggiore attenzione alla salute del lavoratore, all’ergonomia,
all’adattabilità del posto e dell’orario alle caratteristiche degli individui anziani);
♦ studi e progettazione di miglioramenti dell’organizzazione per facilitare i lavoratori
senior (i sussidi verranno erogati solamente al momento dell’applicazione concreta di
tali studi).
L’ultima riforma degli ammortizzatori sociali, che introduce misure più intense di
orientamento e accompagnamento al lavoro per i disoccupati, condizionando al tempo
stesso la percezione delle indennità ad una reale attivazione dei beneficiari, non
comprende tra i destinatari di queste misure i più anziani. Se negli ultimi 5 anni il tasso di
occupazione della fascia d’età 55-64 è cresciuto del 3,5%, raggiungendo nel 2003 il
28,1%, non si è però ridotto in Belgio il divario occupazionale rispetto alla media
europea.
55
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
4.3 Danimarca
La Danimarca è tra i paesi europei tra quelli nei quali il tasso di occupazione dei 5564enni risulta più elevato, con una percentuale di occupati nel 2003 che arriva al 60,2%,
seconda solamente alla Svezia. Anche l’età media di ritiro dal lavoro è la seconda più alta
nell’UE 15, con alti tassi di occupazione anche oltre i 65 anni. In questo paese si assiste
ad un fenomeno opposto, dal punto di vista previdenziale, a quello osservato negli altri:
mentre, infatti si tende ovunque a procrastinare l’uscita dalla vita attiva, qui si è ridotta
l’età pensionabile dai 67 anni iniziali agli attuali 65. Si è trattato di una riduzione
progressiva, che non comporta alcun obbligo di interruzione dell’attività professionale57
ma solo di un limite oltre il quale si acquisisce il diritto alla pensione di vecchiaia.
Tuttavia non erano infrequenti i prepensionamenti e questa possibilità è stata ridotta – o,
in alcuni casi, eliminata del tutto – a cavallo tra il decennio passato e i primi anni del
nuovo.
Dal 2003 i criteri che presiedono ai pre-pensionamenti hanno subito ulteriori
modifiche, con l’obiettivo di basare l’uscita anticipata dal lavoro su una valutazione delle
capacità e dell’occupabilità del singolo lavoratore.
Inoltre, nonostante esistesse già dalla fine degli anni Ottanta la possibilità di graduare
l’uscita dal lavoro attraverso una riduzione dell’orario (pensionamento part-time), è stata
introdotta maggiore flessibilità nell’organizzazione dei tempi di lavoro e, anche in questo
caso, si è prevista la compresenza di salario e reddito da pensione al fine di compensare la
riduzione stipendiale.
Attenzione speciale è stata posta, inoltre, alla formazione degli adulti e alle iniziative
in favore dei disoccupati con oltre 60 anni. A questi è diretta la riforma – denominata Più
attivi – finalizzata a rimuovere qualunque ostacolo, più o meno formale, al loro
inserimento.
Ma la Politica per i Senior costituisce un impegno del governo e delle parti sociali già
da molti anni. A partire dal 1995, ad esempio, tutti i contratti collettivi contengono un
capitolo dedicato a questo e ad altri segmenti deboli di forza lavoro. Nel quadro della
Politica per i Senior, inoltre, il Ministero del lavoro ha predisposto:
♦ la creazione di un fondo speciale per incoraggiare l’inserimento dei disoccupati
anziani, da utilizzare per modificare le modalità di reclutamento utilizzate dalle
imprese; valutare le competenze dei lavoratori maturi e organizzare campagne di
sensibilizzazione per diffondere buone prassi;
♦ consulenze specialistiche gratuite rivolte a tutti i datori di lavoro per assisterli nella
stesura di una politica dei senior, nella definizione di una strategia di sviluppo delle
risorse umane (di età elevata) e per metterli in rete con altri manager e imprenditori;
♦ supporto finanziario per le auto-imprenditorialità dei disoccupati over 50.
57
Nel settore pubblico si può lavorare fino a 70 anni e nel privato non è stato fissato alcun limite sebbene
alcune imprese lo fissino a 67 anni.
56
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Emergono inoltre interessanti risposte aziendali alle sollecitazioni del governo:
♦ è stato, ad esempio, progettato un nuovo supermercato nel quale è impiegato soltanto
personale con più di 45 anni;
♦ in un’impresa manifatturiera sono stati esaminate tutte le postazioni di lavoro al fine
di adattarle alle esigenze dei lavoratori senior;
♦ in un ospedale pubblico vengono organizzati seminari per valutare le possibilità di
restare al lavoro; ecc.
Nonostante fosse già molto al di sopra della media europea (55,4% nel 1999), il tasso
di occupazione dei danesi over 55 ha continuato a migliorare, arrivando nel 2003 al
60,2%. Anche nell’ultimo anno è stato lanciato un nuovo schema che incentiva il
prolungamento della vita lavorativa anche oltre i 65 anni.
4.4 Finlandia
In Finlandia il tasso di occupazione degli over 55 è salito di 14 punti percentuali nel
periodo 1997-2003. Nel periodo considerato sono state migliorate le opportunità per il
lavoro a orario ridotto nelle fasi precedenti il ritiro dall’attività ed è stata implementata la
riforma del sistema pensionistico.
Nell’ambito della riforma previdenziale è stata realizzata la progressiva soppressione
delle pensioni di invalidità e sono stati introdotti disincentivi al prepensionamento, in
vista della sua totale eliminazione. Inoltre, in accordo con le parti sociali, si ritiene di
dover aumentare, a partire dal 2005, l’età pensionabile di due o tre anni (mentre
attualmente l’età pensionabile è di 65 anni, sarà possibile in futuro andare in pensione tra
i 63 e 68 anni e, per chi resta al lavoro oltre i 68 anni, è previsto un incremento
pensionistico dello 0,4% al mese) ed è in programma, per quella data, una nuova riforma
previdenziale58.
In Finlandia, inoltre, il pensionamento graduale (a tempo parziale) è stato introdotto
con largo anticipo rispetto ad altri paesi, ma ha avuto un avvio incerto e, solo negli ultimi
anni, ha suscitato maggiore interesse tra i lavoratori, tanto che l’età di accesso a questi
provvedimenti è stata abbassata prima a 58 e poi – sebbene temporaneamente – a 56 anni.
Riguardo alle misure finalizzate a favorire l’invecchiamento attivo, sono state adottate
iniziative contro le discriminazioni basate sull’età.
Dal 1998 è stato avviato il Programma nazionale per lavoratori anziani (Finpaw) che
segue un approccio preventivo al ciclo di vita e si compone di parti differenti gestite
simultaneamente da diversi settori amministrativi, tra i quali l’Istituto finlandese della
salute nel lavoro, che nel quadro dell’iniziativa promuove formazione per il management
delle PMI in una prospettiva di diversity management. Molte azioni sono concretamente
58
European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, Ageing and work in
Europe, Dublin, 2004.
57
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
dirette alla formazione e alla rassicurazione dei lavoratori maturi e di quelli senior, altre
all’adattamento delle postazioni di lavoro, altre ancora propongono riflessioni teoriche e
approcci metodologici di alto profilo che possono essere sviluppati in una pluralità di
contesti. Il Programma è stato adottato tra le best practices in materia di Strategia europea
per l’occupazione nel 2003, in seguito ad una valutazione effettuata nel quadro delle Peer
Reviews da 11 paesi.
Una delle iniziative condotte al fine di consolidare il ruolo dei lavoratori maturi è il
programma Promozione della salute sul lavoro. Questo si basa sulla collaborazione tra
imprese, consigli aziendali e dipendenti, con il fine di rafforzare le capacità lavorative. Le
attività previste tendono a migliorare le condizioni di salute, la forma fisica, le
motivazioni e le capacità professionali del lavoratore così come le condizioni di lavoro,
dell’ambiente professionale e delle relazioni tra colleghi.
All’inizio del 2004 è stato lanciato il Programma Tykes, che supporta lo sviluppo
dell’organizzazione del lavoro attraverso la cooperazione tra imprese e lavoratori e la
creazione di team di lavoro. Finalizzato ad innalzare la produttività, come il precedente
Programma per lo Sviluppo del posto di lavoro, Tykes coniuga tale obiettivo con quello
di promuovere il benessere sul lavoro, anche questo fatto oggetto nel passato di un
apposito Programma. Tikes, che prevede specifici progetti per lavoratori senior, è stato
finanziato per il periodo 2004-2009 con 87 milioni di Euro e prevede di coinvolgere
250.000 partecipanti.
Tra le esperienze mirate a sostenere i lavoratori in età avanzata viene, inoltre,
segnalata quella condotta presso una grande impresa manifatturiera la quale, al fine di
ritardare la fuoriuscita dal lavoro del personale, ha predisposto un programma per la
promozione del benessere dei lavoratori. Gli elementi principali di tale programma sono
costituiti da interventi per il miglioramento della soddisfazione professionale e del clima
lavorativo, la responsabilizzazione del dipendente e lo sviluppo delle capacità lavorative e
della forma fisica.
4.5 Francia
Dall’inizio del 2004 è entrata in vigore la nuova riforma della previdenza francese59,
che prevede il prolungamento dei versamenti pensionistici dagli attuali 40 a 41 anni entro
il 2012.
Sono stati introdotti, inoltre, incentivi economici per quanti decideranno di restare al
lavoro anche oltre i 60 anni di età (ma non oltre i 65) e i 40 di anzianità contributiva e
progressivamente l’età di pensionamento salirà a 65 anni. Si è anche provveduto ad
alleggerire gli oneri legati al cumulo tra reddito pensionistico e da lavoro e le fuoriuscite
59
Observatoire Européen de l’Emploi, Bilan, autunno 2003.
58
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
dal lavoro non avranno carattere definitivo, consentendo di proseguire l’attività lavorativa
a tempo parziale.
Oltre ad una progressiva abolizione dei pre-pensionamenti, questi, nell’immediato,
saranno soggetti a forti aggravi contributivi a carico delle imprese. Inoltre, per il
licenziamento di lavoratori ultra 50enni è previsto che i datori di lavoro debbano
continuare ad effettuare i versamenti contributivi a loro favore a meno che, al momento
dell’assunzione tali lavoratori non avessero compiuto 45 anni.
Ancora incerto appare invece l’intervento in materia di politiche attive per
l’occupazione dei senior, sebbene si osservino iniziative locali o aziendali come, ad
esempio, quelle messe in campo da alcune imprese industriali di grandi dimensioni che
prevedono forme di fuoriuscita graduale dal lavoro (part-time) oppure l’introduzione di
bilanci professionali per gli over 45 condotti utilizzando permessi per motivi di studio
(120 ore).
4.6 Germania
Ingenti restrizioni sono state introdotte in campo previdenziale, sia riguardo alle
modalità di calcolo del trattamento pensionistico che è passato dal 69,1% al 64,5%
dell’ultimo stipendio (si tratta, però, di un passaggio graduale che sarà completato solo
nel 2030), sia in riferimento alle età pensionabile:
♦ dal 2002 non è più possibile andare in pensione se non al compimento dei 65 anni
anche nei casi di disoccupazione involontaria. È possibile anticipare il pensionamento
per questa causa a 60 anni, ma con una perdita di reddito pari al 3,6% per ogni anno
anticipato;
♦ dal 2005 le donne possono andare in pensione (senza decurtazioni) solo al
compimento dei 65 anni di età;
♦ dal 2004 persone con handicap grave non possono ricevere la pensione piena prima
dei 63 anni di età.
Infine, pur essendo ancora consentito il prepensionamento, in relazione ad esso sono
stati introdotti numerosi disincentivi di carattere economico.
Dal 1996 è prevista una fuoriuscita progressiva dal lavoro tramite riduzione
dell’orario: al compimento dei 55 anni di età il lavoratore può, infatti, ottenere il
dimezzamento dell’impegno orario e il datore di lavoro conserva, da un lato, l’obbligo di
versamenti contributivi quasi pieni – il 90% di quelli precedentemente versati – al fine di
non penalizzare il lavoratore dal punto di vista previdenziale, dall’altro, ottiene un
indennizzo dall’Ufficio federale del lavoro.
Ai disoccupati senior sono destinate indennità che possono essere percepite per un
massimo di 60 mesi da quanti hanno superato i 55 anni e per 36 mesi per chi ha un’età
inferiore (ma la durata del sostegno aumenta al crescere dell’età). Esistono poi altre
59
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
misure di sostegno economico nei casi di riduzione forzata dell’orario di lavoro
(analoghe, ci sembra di poter dire, alla Cig italiana).
Inoltre, a partire dal 2003, i disoccupati e i lavoratori che rischiano di perdere il loro
impiego e hanno superato i 50 anni maturano il diritto a percepire un sussidio garantito
qualora accettino un lavoro a bassa retribuzione. Le imprese che offrono loro
un’occupazione hanno, dal canto loro, diritto ad una riduzione contributiva.
Ai lavoratori anziani sono rivolte anche politiche attive, come nel caso della campagna
50 plus. Con essa si pone l’accento sulle capacità peculiari dei lavoratori anziani e sulla
possibilità di metterle a frutto all’interno di équipe costituite da soggetti di età diversa.
Inoltre nel 2002 è stata introdotta una sovvenzione rivolta alle imprese con più di 100
dipendenti e finalizzata a favorire la formazione continua dei lavoratori over 50.
Altre misure a sostegno dei lavoratori maturi sono inoltre contenute negli accordi
collettivi che spesso prevedono:
♦ protezione contro il licenziamento: in alcuni contratti sono previsti divieti di
licenziamento ordinario collegati all’età e all’anzianità aziendale del lavoratore (ad
esempio, presso un gruppo industriale metallurgico il divieto scatta al compimento
dei 53 anni con ameno 3 anni di anzianità di servizio) e in generale si tende a
salvaguardare l’impiego dei senior soprattutto se caratterizzati da una prolungata
permanenza presso l’impresa;
♦ retribuzione: i sistemi retributivi tendono a privilegiare l’anzianità anagrafica e
professionale e per i lavoratori maturi sono, in genere, previste clausole di salario
minimo e divieti di regressione salariale nei casi di cambiamento o riorganizzazione
delle mansioni;
♦ durata del lavoro: in molti settori sono state contrattate riduzioni della durata del
lavoro per i soggetti in età matura. In alcuni casi vengono anche concessi congedi
supplementari oppure sono state istituite banche del tempo di cui possono usufruire i
senior anche al fine di anticipare il loro pensionamento;
♦ organizzazione e sicurezza sul lavoro: sono stati effettuati alcuni interventi volti a
contrastare il peggioramento delle performance dei lavoratori di età elevata. In alcuni
casi, si agisce a scopo preventivo evitando l’usura delle capacità lavorative. In altri, si
interviene per ridurre il carico di lavoro (ad esempio, nelle compagnie portuali gli
over 55 sono esentati dal lavoro notturno);
♦ formazione: gli accordi in tal senso non sono numerosi e, in alcuni casi, ai lavoratori
anziani è permesso rifiutare la partecipazione ad azioni formative. In altri casi invece
– come prevede il contratto sulla formazione sottoscritto dalla IG Metall – i
dipendenti hanno diritto a discutere regolarmente dei loro fabbisogni con i vertici
aziendali e l’accordo prevede che debba essere prestata particolare attenzione alle
esigenze formative dei lavoratori di età elevata.
60
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
4.7 Grecia
Riguardo alle possibilità di prepensionamento, la normativa introdotta al termine del
decennio passato prevede un graduale e progressivo aumento dei limiti di età, finalizzato
a incentivare la permanenza nel mercato del lavoro e ad allineare – entro il 2007 – i criteri
in vigore per i diversi settori (con specifico riferimento all’innalzamento dell’età
pensionabile nel pubblico impiego e nei settori soggetti a regimi speciali).
Anche per l’attribuzione delle pensioni di invalidità sono stati introdotti criteri
restrittivi.
Mancano, tuttavia, programmi specificamente destinati a favorire un invecchiamento
attivo, ad eccezione di iniziative formative destinate a lavoratori di età compresa tra i 45 e
i 64 anni e a un dispositivo di sostegno per le imprese e per gli enti parastatali che offrano
impiego a disoccupati prossimi al pensionamento (a meno di 5 anni dall’età pensionabile). Queste sovvenzioni, finanziate tramite un fondo bilaterale, possono avere la
durata complessiva di 60 mesi e aumentano dopo i primi due anni di impiego.
La risposta politica alle raccomandazioni per un approccio complessivo e robusto al
tema dell’invecchiamento attivo da parte della Grecia viene ritenuta insufficiente nei
documenti europei nel quadro della Strategia europea per l’occupazione. Ciò può essere
posto in relazione con il fatto che in questi anni il paese registra un tasso di occupazione
per i lavoratori over 55 relativamente alto (42,1%, nel 2003, rispetto alla media Ue di
40,2%).
4.8 Irlanda
A partire dal 2003 è stata realizzata nel paese una riforma previdenziale finalizzata a
creare fondi aperti a gestione privata che possano adeguarsi al cambiamento di impieghi
nel corso della vita attiva (Conto personale di risparmio pensionistico). Questi
produrranno effetti soprattutto nei prossimi decenni, consentendo l’accesso a trattamenti
previdenziali anche per i lavoratori atipici.
Nell’immediato, per i lavoratori già al termine della vita attiva sono stati condotti studi
sulla necessità di estendere la formazione all’intero percorso esistenziale e interventi
legislativi contro le discriminazioni basate (anche) sull’età.
Le politiche finalizzate al coinvolgimento di un maggior numero di persone nel
mercato del lavoro, che sono tra quelle centrali nella strategia irlandese per
l’occupazione, hanno raggiunto buoni risultati anche sul versante dell’incremento dei
tassi di occupazione dei lavoratori al di sopra dei 55 anni di età: dal 46,8% del 2001 il
parametro è salito nel 2003 al 49%, grazie, soprattutto, all’aumento della componente
femminile.
61
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
4.9 Italia
Nell’incremento dei tassi di occupazione della popolazione 55-64 anni si osserva un
miglioramento della situazione italiana, che appare tuttavia ancora molto distante dagli
impegni assunti in sede comunitaria. I tassi di occupazione (per i 55-64enni) sono infatti
passati dal 28,2% del 1999 a più del 31% nel 2003 ma restano ancora troppo esigui. Si
registra però una progressiva riduzione del gender gap (che tuttavia resta ancora molto
elevato, con una presenza di uomini più che doppia rispetto alle donne al lavoro in età
avanzata) e una crescita della presenza femminile del 3,5% tra il 1999 e il 2004. Diseguali
anche gli andamenti dell’occupazione matura in relazione alle diverse aree geografiche
del paese.
Stime circa la consistenza di lavoro grigio o sommerso tra i lavoratori anziani fanno
ritenere che i tassi di occupazione di questa fascia di popolazione sarebbero sensibilmente
più elevati se avessero successo interventi per la riduzione dell’economia sommersa.
Gli interventi messi in atto negli ultimi anni per fronteggiare l’aumento dei tassi di
dipendenza della popolazione sono stati concentrati principalmente su quattro versanti:
♦ nel campo dei Servizi per l’impiego, con l’avvio di interventi precoci per il
reinserimento di disoccupati (D.Lgs. 181/2000 e 297/2002) è stato strutturato un
sistema con una forte integrazione degli strumenti previsti (orientamento, formazione,
accompagnamento). La realizzazione del sistema appare però ancora diseguale su
base territoriale e secondo standard di qualità non ancora omogenei.
♦ la riforma del mercato del lavoro ha introdotto nuove tipologie contrattuali orientate a
favorire la manodopera di età avanzata nei percorsi di rientro e di permanenza
nell’occupazione (dal lavoro ripartito, al contratto di inserimento, al nuovo part-time,
al lavoro intermittente, al lavoro a progetto);
♦ la creazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua dovrebbe dare
luogo ad una svolta nel sistema della valorizzazione del capitale umano dei lavoratori
anziani, con significative ricadute sull’occupabilità di questa fascia, la cui
permanenza al lavoro è minacciata prevalentemente dall’obsolescenza delle
competenze;
♦ un’ulteriore riforma del sistema pensionistico, approvata nel 2004 ma con avvio nel
2008, prolunga i cicli di permanenza la lavoro ed è stata affiancata con effetto
immediato da incentivi economici transitori per i lavoratori che decidono di rinviare
l’accesso alla pensione nel settore privato.
4.10 Lussemburgo
I tassi di occupazione delle persone tra i 55 ed i 64 anni in Lussemburgo sono tra i più
bassi d’Europa, nonostante la crescita importante che si è registrata negli ultimi anni: dal
62
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
2001 al 2003 si è infatti passati dal 25,6% al 30%, dato che rimane ampiamente al di sotto
della media europea.
Per raggiungere risultati strutturali sul fronte dell’invecchiamento attivo, sono state
introdotte, a partire dal 2002, modifiche sul piano previdenziale e sono stati introdotti
aumenti scaglionati degli importi pensionistici definiti in funzione dell’età e
dell’anzianità di servizio. Tali aumenti si applicano tuttavia a patto che il beneficiario
abbia almeno 55 anni di età e 38 anni di versamenti contributivi.
Sempre al fine di prolungare la vita attiva, è stato sottoscritto un accordo (stipulato nel
2000 e rinnovato nel 2002) relativo al pubblico impiego e alla scuola in base al quale i
funzionari possono rimanere al lavoro – a tempo pieno o part-time – per un massimo di
tre anni oltre il limite di età pensionabile. Al cumulo tra reddito da lavoro e da pensione è
stato tuttavia posto un limite, pari al 10% in più dell’ultimo stipendio percepito. È stata
inoltre promulgata una legge anti-discriminazione nel reclutamento di manodopera sulla
base di caratteristiche connesse all’età mentre vengono incoraggiate pratiche di
organizzazione flessibile del lavoro nelle fasi precedenti il ritiro.
Per quanto riguarda le misure di politica attiva, sono piuttosto limitati gli interventi
descritti in letteratura, se si esclude uno studio Ocse sull’invecchiamento della forza
lavoro in Lussemburgo, la cui diffusione e discussione ha portato in primo piano la
necessità di approcci integrati al problema, coinvolgendo nel dibattito anche le parti
sociali.. Sono state rilevate, infatti, soltanto iniziative destinate ai disoccupati e a chi
rischia di perdere il lavoro (indipendentemente dall’età anagrafica) e sgravi contributivi
per le imprese che assumono disoccupati di età elevata o di lunga durata.
4.11 Paesi Bassi
Gli Stati generali olandesi (il Senato) hanno approvato, a fine 2003, una legge contro
le discriminazioni lavorative basate sull’età60. Questa norma si applica al reclutamento,
alle selezioni e all’assunzione del personale; alle condizioni di lavoro; ai percorsi di
carriera così come ai licenziamenti61.
Distinzioni basate sull’età possono essere consentite a determinate condizioni. È, ad
esempio, consentito il licenziamento di lavoratori che abbiano raggiunto l’età
pensionabile e possano, dunque, ricevere la pensione pubblica destinata a tutti i cittadini
over 65. Possono anche essere previste quelle che potremmo definire discriminazioni
positive come il reddito minimo di inserimento riservato ai giovani oppure i congedi
supplementari riservati agli anziani, ma solo sulla base di solide e oggettive motivazioni.
60
61
Observatoire Européen de l’Emploi, Bilan, primavera 2004.
La legge del 2003 è solo l’ultima di una lunga serie di interventi normativi su questo argomento. A partire
dal primo testo del 1997, passando per quello del 1999 e infine a quello attuale si è ampliato e precisato
l’ambito di intervento dei dispositivi anti-discriminatori inizialmente limitati al solo reclutamento.
63
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Inoltre, questo principio dovrà essere recepito entro il 2006 nell’ambito degli accordi
collettivi sui licenziamenti.
La norma anti-discriminatoria prevede infine l’istituzione di organismi di controllo (la
Commissione per l’uguaglianza di trattamento), dotata di potere di indagine e di verifica
della piena e corretta applicazione del dispositivo.
Per quanto riguarda le misure finalizzate a favorire l’invecchiamento attivo, dal luglio
2004 è stato abolito il regime favorevole al pensionamento anticipato. È stato inoltre
introdotto il Piano per tutto il corso della vita, che consentirà, a partire dal gennaio 2006,
ai lavoratori di accantonare benefici fiscali accumulati nei periodi di lavoro per poterli
utilizzare nei periodi di disoccupazione o inattività che dovessero presentarsi nel corso
della loro vita lavorativa. Questo schema intende facilitare la costruzione di percorsi di
carriera individuali, intervalli da dedicare alla famiglia o alla formazione, senza incorrere
in una drastica caduta del reddito.
A partire dal 2004, i disoccupati che, nel 1999, avevano almeno 57 anni sono tenuti a
iscriversi al Centro per il lavoro e il reddito (Cwi) e, sebbene siano esentati dal cercare
attivamente un impiego, debbono però accettare i lavori appropriati eventualmente
proposti loro.
Dopo i 57 anni è inoltre previsto un alleggerimento – che aumenta con il crescere
dell’età – degli oneri fiscali, anche al fine di consentire, aumentando la disponibilità
economica del lavoratore, una riduzione d’orario.
Non mancano, inoltre, studi e raccomandazioni provenienti da soggetti istituzionali e
condivise dalle parti sociali riguardo all’importanza di attuare l’obiettivo di una
formazione lungo tutto l’arco della vita così come viene consigliata dalla Fondazione del
lavoro62 l’introduzione di piani di carriera individuali condotti in ambito aziendale.
Ulteriori interventi per i senior sono contenuti negli accordi collettivi (che fanno
rientrare nel raggruppamento in esame i lavoratori di età compresa tra i 40 e i 60 anni). In
alcuni contratti viene indicata la possibilità per i senior di:
♦ ottenere congedi supplementari;
♦ modificare l’articolazione degli orari di lavoro per ridurre i fattori di maggiore
disagio, con riferimento al lavoro supplementare, notturno, nei fine settimana, nei
festivi; agli orari irregolari e ai turni;
♦ ridurre l’orario di lavoro;
♦ usufruire di congedi per motivi di studio e formazione;
♦ usufruire di un periodi di preavviso più lunghi in caso di licenziamento;
♦ sottoporsi ad esami medici (obbligatori o a carico del lavoratore);
♦ usufruire di modalità di pensionamento flessibile o a tempo parziale.
62
La Fondazione del lavoro è un organo consultivo, di diritto privato, a carattere bilaterale composto dalle
tre principali organizzazioni sindacali e da altrettante associazioni datoriali di maggior rilievo.
64
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
4.12 Portogallo
Alcuni provvedimenti relativi al sistema previdenziale portoghese hanno voluto
scoraggiare i prepensionamenti attraverso una riduzione dell’importo pensionistico
applicata ad ogni anno di anticipo rispetto al limite fissato a 65 anni. In parallelo, si è
previsto un incentivo economico per quanti continuino a lavorare oltre l’età pensionabile
e abbiano accumulato almeno 40 anni di versamenti.
Tuttavia, a partire dal 2003, sono stati introdotte modifiche – finalizzate a combattere
la disoccupazione – che hanno abbassato a 58 anni l’età pensionabile.
Riguardo alle misure volte a favorire la permanenza di lavoratori senior nella vita
attiva, sono stati segnalati:
♦ alleggerimenti contributivi per le imprese che assumono percettori di pensioni di
vecchiaia o di invalidità;
♦ accordi tra le parti sociali finalizzati ad escludere, nell’ambito degli accordi collettivi,
ogni ostacolo alla permanenza in attività dei lavoratori in età avanzata;
♦ introduzione di dispositivi flessibili di avvio al pensionamento.
4.13 Spagna
In Spagna è stata introdotta una riforma pensionistica decisamente contrastata, poiché
basata su un accordo tra governo e parti sociali a cui non ha aderito una delle due
organizzazioni sindacali più rappresentative del paese. Ciò nonostante, parte dell’accordo
è stato ratificato per via legislativa nel 2002 e ha comportato:
♦ l’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile. Per chi decida di lavorare oltre tale
limite sono previsti miglioramenti della situazione previdenziali di cui godrà nel
successivo periodo di pensionamento;
♦ l’introduzione di misure di pensionamento a tempo parziale. Per ciascun lavoratore di
età compresa tra i 60 e i 65 anni che sceglie tale opzione, l’impresa è tenuta ad
assumere, per coprire il tempo non lavorato dal senior, un disoccupato o ad affidare
quei compiti a un altro part-timer presente in azienda. È previsto che la decurtazione
salariale legata alla riduzione d’orario sia compensata da una quota corrispondente
erogata dall’ente previdenziale;
♦ l’introduzione di misure di pensionamento flessibile, riservate ai lavoratori con
almeno 60 anni di età e 15 di contribuzione, che permette, anche in questo caso, di
percepire una parte della pensione e di continuare a lavorare a tempo parziale ma che,
rispetto alla misura precedentemente indicata, non richiede l’affiancamento di un
altro lavoratore e consente di far rientrare nel calcolo previdenziale anche il periodo
di pensionamento flessibile;
♦ l’innalzamento dei limiti di età per il prepensionamento (da 60 a 61 anni) e il
65
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
condizionamento di tale possibilità al possesso di specifici requisiti (iscrizione nelle
liste di disoccupazione da più di 6 mesi; almeno 30 anni di anzianità contributiva; non
aver determinato la rottura contrattuale). Inoltre, l’importo pensionistico è stato
ridotto nei casi di ritiro anticipato;
♦ estensione dell’indennità di disoccupazione fino al pensionamento per quanti abbiano
compiuto 52 anni.
Oltre all’intervento citato, a sostegno dei lavoratori maturi sono state predisposte nel
2001 misure di riduzione del carico previdenziale e assicurativo per le imprese che
assumano personale a tempo indeterminato in età superiore ai 45 anni. Inoltre, gli sgravi
aumentano in relazione all’età dei neo-assunti, fino a divenire totali per gli over 65.
4.14 Svezia
La Svezia è il paese europeo con il tasso di occupazione per le persone di età
compresa tra i 55 ed i 64 anni più alto: 68,6%. Nonostante la diminuzione nell’ultimo
anno del tasso di occupazione svedese, quello dei lavoratori senior è migliorato di
qualche decimale.
Il sistema previdenziale svedese appare in via di transizione; tuttavia, i dispositivi in
vigore prevedono la possibilità di andare in pensione tra i 61 e i 65 anni (mentre prima
del 2003 non era previsto un limite massimo di età) con la possibilità, per il lavoratore, di
innalzare a 67 anni tale limite. A partire dal 2001 è stato invece abolito il sistema, in
precedenza piuttosto favorevole, di pensionamento a tempo parziale.
Le politiche rivolte ai senior sono state introdotte in questo paese con grande anticipo
rispetto al resto dell’Europa (in particolare negli anni Novanta) e in molti casi hanno
esaurito la loro funzione e sono state, dunque, abolite. All’inizio del decennio è stata però
introdotta una misura di sostegno destinata a tutti i disoccupati con più di 56 anni (che
percepiscono un sussidio pari al 75% del costo salariale per un massimo di 24 mesi).
Inoltre, un programma di formazione specifico è stato dedicato all’educazione degli
adulti.
Iniziative significative si osservano anche a livello aziendale. Una degli esempi più
significativi in tal senso riguarda un istituto di credito nel quale, per favorire la presenza e
lo sviluppo professionale dei senior, sono state previste azioni volte al miglioramento
della salute degli impiegati (con visite mediche annuali ed esercizi fisici durante l’orario
di lavoro) e interventi di formazione (con piani di carriera elaborati sempre nel corso
dell’orario di lavoro) per gli over 55.
A queste iniziative si è aggiunta, per i dipendenti con più di 58 anni, anche la
possibilità di ridurre l’orario di lavoro (a una riduzione di orario pari al 20% corrisponde
una diminuzione salariale del 10%) e di usufruire di tre giorni di congedo supplementare
nel corso dell’anno.
66
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
4.15 Regno Unito
Con un tasso di occupazione del 55,5% le fasce senior di lavoratori del Regno Unito
sono tra quelle meglio rappresentate nel mercato del lavoro europeo; anche l’incremento
del tasso nell’ultimo quinquennio è stato tale da collocare il Regno Unito tra i paesi che
hanno registrato i maggiori progressi dal punto di vista di questo indicatore.
Il problema dell’invecchiamento attivo è stato affrontato con un ampio raggio di
misure finalizzate a rendere effettivo il sostegno per il rientro al lavoro di chi ha più di 50
anni, contrastare la discriminazione basata sull’età, estendere la durata della vita
lavorativa e l’abbandono graduale del lavoro.
Il Programma New Deal 50 Plus – avviato nel 2000 – prevede sostegni intensivi e
personalizzati per il rientro al lavoro, orientamento, un credito settimanale ed un sussidio
per formazione in-work. Circa un terzo dei beneficiari sono persone con differenti gradi
di disabilità ed un terzo sono donne. Il sussidio per la formazione sul lavoro è stato
raddoppiato nel 2002 e la sua durata è stata estesa fino a due anni (rispetto ai 12 mesi
previsti precedentemente) per permettere l’innalzamento delle competenze raggiungibili.
Per quanto riguarda i provvedimenti contro la discriminazione, dal 1999 è in vigore il
Code of Practice on Age Diversity in Employment. Un accompagnamento per i datori di
lavoro li aiuta a realizzare i vantaggi derivati dall’adozione di comportamenti non
discriminatori. La valutazione effettuata sui risultati di questa misura mostrano come i
datori di lavoro con una manodopera che integra personale di età diverse godono di
inferiori tassi di turnover, minore assenteismo ed hanno dipendenti con più elevati livelli
di motivazione ed efficienza. In seguito agli studi valutativi effettuati, il Codice è stato
aggiornato nel dicembre 2002.
Sono anche stati organizzati, a partire dal 2002 e dal 2003 in Scozia e Galles, cicli di
seminari rivolti ai piccoli imprenditori sul diversity management relativo all’età ed i suoi
vantaggi per le aziende. Dal dicembre 2001 è attivo il sito Age Positive che ospita studi di
caso che dimostrano la convenienza economica per le aziende ad adottare pratiche di
impiego orientate a diversificare l’età dei dipendenti e a valorizzare i senior. Il Governo
britannico ha pubblicato, in collaborazione con l’Employers Forum on Age i risultati del
progetto Flexible Working Practices Including Progressive Retirement, dove vengono
descritti ed analizzati i fattori di convenienza all’introduzione di percorsi flessibili e a
orario ridotto per i lavoratori che si avvicinano alla pensione.
Sono inoltre previsti incentivi per i lavoratori che differiscono il godimento della
pensione oltre l’età prevista per il ritiro.
67
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
5. PROMOZIONE
DELL’OCCUPAZIONE
E
POLITICHE
PER
LAVORATORI ANZIANI NELL’EUROPA CENTRALE E ORIENTALE
I
Negli anni Novanta, i paesi dell’Europa centrale ed orientale (CEECs) hanno
sperimentato una significativa riduzione dell’occupazione che ha accompagnato il
passaggio a un’economia di mercato e, in molti casi, si è deciso, al fine di bilanciare
questo stato di cose, di incoraggiare l’uscita anticipata dei lavoratori senior dal mercato
del lavoro.
L’aumento delle aspettative di vita ha reso necessarie delle modifiche del sistemi
pensionistici dei paesi dell’allargamento.
L’Ilo (International Labour Office) ha condotto una ricerca sui nuovi Stati membri
dell’Unione europea a 25 e su quelli al tempo candidati (Bulgaria, Cipro, Repubblica
Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia,
Slovenia e Turchia)63, nella quale si è proposta di conoscere le tendenze del mercato del
lavoro in rapporto ai lavoratori anziani.
Le informazioni e le principali considerazioni proposte dall’ILO sono state
ampiamente utilizzate per la redazione di questo capitolo.
5.1 Tendenze demografiche
I recenti cambiamenti economici e sociali hanno avuto un profondo impatto
sull’andamento demografico dei paesi esaminati.
Il tasso di natalità, già diminuito a partire dagli anni Settanta e Ottanta, ha subito
un’ulteriore radicale riduzione.
Si è, inoltre, verificato un progressivo invecchiamento della popolazione: negli ultimi
50 anni le aspettative medie di vita sono passate da 63 a 72 anni e si prevede che il
numero di individui con oltre 50 e 60 anni sarà destinato a crescere notevolmente, nei
prossimi 30 anni.
Ci si aspetta che il calo della forza lavoro nei paesi in via di transizione sarà, in
generale, più forte di quella del resto d’Europa, dal momento che la popolazione in età
63
Cfr. Fortuny M., Nesporova A., Popova N., Employment promotion policies for older workers in the EU
accession countries, the Russian Federation and Ukraine, International Labour Office, Employment paper
n. 50, Geneva, 2003.
68
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
lavorativa nel 2030 e nel 2050 diminuirà, rispetto al 2000, del 14% e 33%, indici
maggiori di quelli degli Stati dell’Unione a 15 (rispettivamente il 12% e 25%)64.
Esistono, tuttavia, delle differenze significative tra i paesi presi in esame: la Bulgaria
subirà, probabilmente, con maggiore lentezza degli altri questo processo; mentre Turchia,
Slovacchia Slovenia e Malta sperimenteranno un più precoce invecchiamento della
popolazione. In generale, comunque, l’invecchiamento maschile risulta più accelerato di
quello femminile. Le aspettative medie di vita maschile in questi paesi sono, infatti, molto
più basse. La maggiore prevalenza di donne tra i 50 e i 64 anni è prevista nel 2015 nelle
ex repubbliche sovietiche, in Ungheria e in Bulgaria65.
I paesi in cui è più alto il tasso di dipendenza sono quelli con le economie più forti
ossia la Repubblica ceca, Malta e la Slovenia. In quest’ultimo Stato, in particolare, gli
scenari futuri delle Nazioni unite prevedono un rapidissimo innalzamento del rapporto di
dipendenza: in soli quaranta anni, infatti, dal 2005 al 2045, si passerebbe dal 52,8% al
113,7%66
Entro il 2030 la Bulgaria, l’Estonia e la Lettonia subiranno una diminuzione della
forza lavoro di più del 20% rispetto al 2000.67 In Romania, invece, si prevede che il tasso
di dipendenza resti, per il 2030, uguale a quello osservato nel 2000. In Estonia, nel 2003,
il valore corrispondente è stato di 2,84, soprattutto a causa del basso livello delle nascite68
5.2 Tendenze del mercato del lavoro in rapporto ai lavoratori anziani
5.2.1
Livelli di occupazione
Secondo gli studi e le previsioni della Commissione europea, il basso tasso di attività
dei lavoratori anziani nei paesi dell’Unione a 15 (40%), si riduce ulteriormente se si
considerano quelli di nuovo ingresso (30%)69.
Il livello di partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro nei paesi di
recente adesione è strettamente connesso alla più generale situazione di crisi economica
64
65
66
67
68
69
Palomba R., Kotowska I., The economically active population in Europe, Council of Europe, Population
studies, n. 40, agosto 2003.
Avramov D., Maskova M., Active Ageing, Consiglio d’Europa, Strasburgo, 2003.
De Angelis V., Marini C., Tendenze dell’invecchiamento della popolazione nei paesi dell’Unione
europea e in quelli del bacino del Mediterraneo. Analisi, conseguenze e politiche, in Golini A. (a cura di),
Analisi e problemi dell’invecchiamento della popolazione, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”,
Dipartimento di scienze demografiche.
The economically active population …, op. cit., p. 63.
Ahto Pärl, The ageing of population. A challenge for the enlarging European Union Social Policy,
University of Tartu, 2004.
Commissione europea, (2004), Report of the High-Level Group on the future of social policy in an
enlarged European Union, Bruxelles.
69
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
che questi Stati si sono trovati ad affrontare. Il processo di globalizzazione, l’uscita dal
Comecon, la riorganizzazione radicale di un sistema economico prima integrato e
successivamente riarticolato in nuove entità nazionali, l’apertura verso una
ristrutturazione economica e politica sono stati fattori di grande rilevanza nel determinare
la perdita di molti posti di lavoro.
I lavoratori maturi e anziani sono stati una delle categorie che ha sofferto
maggiormente degli effetti della transizione ad una economia di mercato: il livello delle
pensioni, infatti, è sensibilmente diminuito a causa dell’inflazione e, con esso, si sono
anche ridotti i contributi versati nei fondi pensionistici.
Il basso livello delle pensioni ha, inoltre, costretto i lavoratori ad assumere un’altra
occupazione, anche se malpagata o irregolare, con evidenti distorsioni degli assetti
precedenti.
Alla crisi occupazionale si è risposto con una politica simile a quella adottata dagli
Stati occidentali più industrializzati: incoraggiando il pensionamento anticipato e quello
per invalidità. Inoltre, per spingere i lavoratori anziani ad uscire dal mercato del lavoro,
sono stati introdotti anche limiti di cumulabilità tra salario e pensione. Si è cercato, in tal
modo, di accrescere le opportunità di lavoro a favore delle nuove generazioni, ritenendo
prioritario il contrasto alla disoccupazione giovanile, per gli effetti di lunga durata che
essa produce.
Ciò ha condotto, però, ad un generale calo dell’età media di uscita dal mercato del
lavoro e all’insorgere dei problemi di sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico.
Al termine del periodo di transizione, il miglioramento della situazione economica in
molti paesi, unito al generale invecchiamento della popolazione, hanno portato a favorire
l’avanzamento dell’età pensionabile.
Emergono tuttavia significative differenze di genere al riguardo. Dalle rilevazioni
statistiche risulta, infatti, che tende a diminuire il tasso di partecipazione maschile con
l’avanzare dell’età mentre per le donne si assiste ad un andamento opposto.
L’allontanamento dal lavoro della componente femminile si verifica, infatti, più
frequentemente in età giovanile, alla nascita dei figli, mentre per gli uomini i fattori che
determinano l’uscita dal mercato del lavoro sono prevalentemente correlati allo stress e
alle malattie.
Si riscontrano, inoltre, notevoli differenze tra i nuovi Stati membri dell’Unione
europea riguardo ai livelli occupazionali: mentre infatti nel 2000 il tasso di occupazione
(55-64 anni) in Slovacchia era del 21,5% e in Ungheria del 21, 9%, in Estonia è stato del
43% ed in Romania del 52%70. Nel 2003 la Slovenia presenta il tasso d’occupazione dei
lavoratori anziani (55-64 anni) più basso dell’Unione a 25 (23,5%), seguita dalla
Repubblica Slovacca (24,6%) e dalla Polonia (26,9%).
70
Il tasso di attività degli anziani è così alto in Romania perché vengono presi in considerazione nelle
rilevazioni statistiche gli agricoltori che posseggono appezzamenti di terreno e che continuano a lavorare
senza avere limiti di età.
70
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Gli uomini anziani sono, generalmente, più colpiti dalla disoccupazione rispetto alle
coetanee in quasi tutti i paesi di recente adesione, tranne che in Polonia e nella
Repubblica Ceca, dove si osservano livelli di disoccupazione analoghi tra uomini e
donne.
5.2.2
Formazione ed occupazione
Negli ultimi 25 anni, i paesi in esame hanno sperimentato un incremento dei livelli
d’istruzione e, in particolare, una netta crescita della quota dei diplomati. I più giovani
sono, quindi, caratterizzati da migliore istruzione e le differenze tra le generazioni
appaiono, da questo punto di vista, più marcate che nell’Unione a 15, dove il livello
medio di formazione è più uniforme tra le varie classi d’età.
Livelli di istruzione corrispondono, in genere, a più alti tassi di occupazione e questo è
tanto più vero per quanto riguarda i lavoratori maturi nei paesi dell’allargamento dove si
osserva, inoltre, come i più istruiti abbiano anche maggiori probabilità di avere una vita
lavorativa più lunga (in analogia con quanto osservato per il resto dell’Unione europea).
Se si considerano coloro che sono prossimi alla pensione, si osserva però come la
domanda di lavoro si focalizzi non soltanto sui lavoratori con alti livelli si istruzione
formale ma anche su quanti, al contrario, hanno scarsa qualificazione. Se infatti i
lavoratori molto istruiti vengono generalmente preferiti dalle imprese perché ritenuti più
disponibili al cambiamento, l’assunzione delle persone con scarsi livelli di istruzione è
giudicata conveniente per il modesto costo salariale del loro lavoro e per la maggiore
disponibilità ad accettare condizioni meno favorevoli di impiego.
Al contrario, i lavoratori che hanno un livello intermedio di istruzione rappresentano
la categoria meno apprezzata, perché le loro competenze sono considerate quelle
maggiormente soggette a obsolescenza.
5.2.3
Discriminazioni contro i lavoratori anziani
Le discriminazioni basate sull’età possono essere di due tipi: diretta o indiretta.
Rientrano nel primo caso le norme che, ad esempio, stabiliscono un limite massimo d’età
per le assunzioni o per la partecipazione ad azioni formative, mentre un esempio di
discriminazione indiretta è rappresentato dalle esortazioni al pensionamento messe in atto
da imprese che desiderano liberarsi del lavoratore anziano per ridurre i costi di
produzione. Lo studio dell’Ilo mette in evidenza come tali discriminazioni siano
comparse anche in paesi nei quali erano, fino ad anni recenti, ancora sconosciute. Ad
esempio, nell’ex Unione Sovietica i lavoratori anziani potevano continuare a lavorare
oltre l’età pensionabile mantenendo, entro certi limiti, sia la pensione che un salario. Con
la transizione a una economia di mercato, sono stati introdotti, invece, limiti di età sia
rispetto alle uscite, sia riguardo agli ingressi o ai reinserimenti nel lavoro. Sempre più
71
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
spesso, infatti, le offerte di lavoro contengono indicazioni sui limiti di età per
l’assunzione e questo è avvertito dalla popolazione come un forte elemento di
discriminazione. Il lavoratore anziano sperimenta, inoltre, una forte instabilità lavorativa.
Egli teme che, in caso di perdita del lavoro, avrebbe scarse possibilità di trovarne un altro,
anche perché, probabilmente, le sue conoscenze sono ormai obsolete. Ciò lo porta ad
accettare un eventuale peggioramento delle condizioni retributive e di lavoro, nel timore
di perdere il suo impiego.
Nel 2000 è stata emanata una direttiva europea, che indica, per la prima volta,
chiaramente l’età come possibile motivo di discriminazione nel lavoro.
Sebbene tutti i paesi dell’allargamento proibiscano qualunque forma di
discriminazione lavorativa, solo Bulgaria, Slovacchia, Malta, Lettonia e Repubblica Ceca
hanno una legislazione che vieta esplicitamente le discriminazioni nei confronti dei
lavoratori anziani. Quella della Repubblica Slovacca, in particolare, prevede che gli
annunci che pubblicizzano offerte di lavoro non possano prevedere limiti d’età e contiene
misure di sostegno all’occupazione delle categorie a rischio71.
La Slovenia incoraggia il prolungamento dell’età attiva anche tramite incentivi e
bonus e la legislazione di questo paese stabilisce che i lavoratori a cui mancano meno di
cinque anni per il pensionamento non possano essere licenziati a meno che non venga
garantita loro la copertura assicurativa o un sussidio di disoccupazione fino al
raggiungimento dell’età pensionabile, oppure che venga loro corrisposta una sostanziosa
buonuscita.
In Lituania il lavoratore anziano ha diritto, in caso di risoluzione del rapporto di
lavoro, ad un preavviso di quattro mesi, invece che di due come accade per gli altri
lavoratori. Il Codice del Lavoro lettone stabilisce che, in caso di esubero del personale, a
parità di competenze e di rendimento, sia preservato l’impiego dei lavoratori cui mancano
meno di cinque anni al pensionamento.
Nello stesso paese, per far fronte alla discriminazione che i pensionati che lavorano
subivano con la diminuzione della pensione rispetto ai pensionati inattivi, ha emesso una
risoluzione in cui considera tale riduzione incostituzionale72.
A Cipro, invece, i lavoratori ultra sessantacinquenni non pagano contributi, mentre in
Turchia sono stati ridotti i versamenti a carico delle imprese che hanno alle proprie
dipendenze lavoratori anziani.
Nella concreta realtà socio-economica degli Stati in esame si osserva però come i
pregiudizi nei confronti dei lavoratori anziani si stiano diffondendo e siano
particolarmente accentuati nei Paesi baltici, così come nelle nazioni in cui si verificano
71
72
Il Codice del lavoro slovacco sottolinea, infine, il diritto al lavoro per ogni persona e condanna ogni
forma di discriminazione. Il Piano nazionale per l’occupazione, approvato dal governo slovacco nel
novembre 2002, indica inoltre l’introduzione di misure volte all’eliminazione delle discriminazioni nel
mercato del lavoro.
Dobravolskas A., Buivyadas R., Study on the Social Protection Systems in the 13 Applicant Countries,
Lithuania Country Study, European Commission, 2003.
72
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
condizioni economiche sfavorevoli. L’età, inoltre, sembra costituire una discriminante in
senso negativo soprattutto per l’accesso ad incarichi manageriali e ai livelli tecnici,
particolarmente nel settore privato.
Sono poi in special modo le lavoratrici a soffrire di maggiori rischi di perdita del
lavoro al crescere dell’età e risultano così soggette a una doppia discriminazione, a causa
dell’età e del sesso; analogo rischio di sovrapposizione di fattori di discriminazione si
osserva anche per i lavoratori senior con disabilità.
L’immagine che i Servizi per l’impiego forniscono dei lavoratori anziani, d’altra parte,
nella maggior parte dei paese presi in esame, non è molto positiva: i disoccupati senior
sono generalmente considerati difficili da collocare, perché meno attivi nella ricerca di
un’occupazione rispetto ai giovani e poco propensi ad utilizzare nuove tecnologie.
5.2.4
Sistemi pensionistici
L’età pensionabile dei paesi dell’Europa centrale e orientale era generalmente
piuttosto bassa all’inizio degli anni Novanta: era fissata a 60 anni per gli uomini e 55 per
le donne. Il carico finanziario per lo Stato che ne è seguito ha spinto, come già accennato,
i governi di quasi tutti paesi considerati a posticipare l’età pensionabile.
Tra gli Stati inclusi nell’Unione a 25, Cipro è quello che, attualmente, mostra limiti di
pensionamento prossimi alla media europea, mentre a Malta sono stati rilevati quelli più
bassi (61 anni per gli uomini e 60 per le donne). Tra i Paesi candidati è, invece, la Turchia
a far rilevare limiti formali di età particolarmente bassi (55 anni per gli uomini e 50 per le
donne) e, in generale, nei Paesi dell’Europa centrale e orientale l’età pensionabile risulta
essere nettamente inferiore rispetto a quella fissata nell’Europa a 15.
Le minori aspettative di vita, nei paesi europei Centro orientali, fanno sì che il periodo
di pensionamento sia, in realtà, più breve che per il resto d’Europa; nondimeno secondo
l’Ilo l’aumento dell’età pensionabile è reso necessario a causa dell’elevato tasso di
dipendenza della popolazione anziana, la cui numerosità è in costante aumento.
È necessario considerare, inoltre che, spesso, l’età effettiva alla quale i lavoratori
escono dal mercato del lavoro è più bassa di quella prevista dalla legge. Le donne, in
particolare, risultano accedere al pensionamento prima dei 60 anni. L’età standard
maschile di uscita dal mercato del lavoro nella Repubblica ceca è stata, nel periodo 20002003, di 62 anni, in Estonia e in Slovenia di 63, ed in Lituania di 61,573. In Ungheria,
Bulgaria e Romania l’età di pensionamento è marcatamente precoce (nel 2000 in
Ungheria è stata, sia per gli uomini che per le donne, di 52,5 anni). In Bulgaria, nel 2002,
in seguito alla riforma del sistema pensionistico del 2000, l’età standard di collocamento
a riposo è stata di 61 anni e 6 mesi per gli uomini e 56 anni e 6 mesi per le donne.
All’inizio di ogni anno l’età eleggibile cresce di 6 mesi fino al 2009, quando sarà di 63
73
Kotowska I. E., Population Ageing and its Challenger to Social Policies. Old Workers in the Labour
Market and Social Policies, European Population Conference 2005, Council of Europe, Strasburgo.
73
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
anni per gli uomini e 60 per le donne74. Nella Repubblica ceca l’età pensionabile per le
donne è influenzata dal numero di figli: nel 1995 variava da 53-57, a seconda del numero
di nati, mentre a partire dal dicembre 2006 l’intervallo sarà dai 57 ai 61 anni75.
Anche nella Repubblica Slovacca le donne possono andare in pensione tra i 53 e i 57
anni in rapporto a quanti figli hanno allevato; fattore, questo che unito alla maggiore
longevità femminile fa sì che le donne costituiscano la maggioranza dei pensionati (il
69,9% delle pensioni nel 2000)76. Le differenze riguardanti l’età reale di collocamento a
riposo sono però strettamente connesse alle possibilità di accedere allo schema del
prepensionamento e, tra i paesi presi in esame, solo la Lituania e la Turchia non hanno
sistemi di prepensionamento, mentre a Malta esso è limitato al solo settore privato.
L’orientamento generale, negli Stati dell’Europa centrale e orientale, è stato di
passare, da una ampia diffusione del pensionamento anticipato 77 , a una maggiore
limitazione che riguardasse solo specifiche categorie di lavoratori particolarmente
soggette allo stress e al logoramento. In controtendenza, l’Estonia e la Lettonia hanno
introdotto prepensionamenti solo di recente (nel 2000 in entrambi i casi, anche se, in
Lettonia, per quanto riguarda le donne, questa possibilità era già in vigore dal 1996). In
Slovenia il prepensionamento è consentito, ma chi decide di usufruirne vede la sua
pensione ridotta dell’1,5% per ogni anno mancante al raggiungimento dell’età minima per
il pensionamento. Sono, invece, previsti incentivi al fine di ritardare l’uscita dal mercato
del lavoro quali un aumento mensile dello 0,3% dell’indennità di pensione base dal
raggiungimento dei requisiti minimi 78 . Allo stesso modo, la Lituania ha previsto un
aumento del 4% della pensione per ogni anno di differimento del collocamento a riposo79.
In Polonia il pensionamento anticipato, inizialmente previsto quale strumento di
politica sociale a favore degli anziani, è stato abolito da una riforma del sistema
pensionistico introdotta nel 199980.
La facilità di accesso al prepensionamento è un elemento che rende più precaria la
posizione del lavoratore anziano nel mercato del lavoro. In caso di esubero del personale,
infatti, il datore di lavoro potrebbe considerare socialmente più accettabile incoraggiare i
lavoratori anziani al ritiro anticipato, piuttosto che licenziare quelli più giovani.
74
75
76
77
78
79
80
Noncheva T., Satcheva D., Study on the Social Protection Systems in the 13 Applicant Countries,
Bulgaria Country Study, European Commission, 2003.
Tomeš I., Koldinská K., Ji í N mec, Study on the Social Protection System in the 13 Applicant Countries,
Czech Republic Country Study, European Commission, 2003.
Vagac L., Haulikova L., Study on the Social Protection System in the 13 Applicant Countries, Slovak
Republic, Country Report, European Commission, 2003.
La facilità di accesso al pensionamento anticipato è considerato dagli analisti dell’ILO un elemento che
rende più precaria la posizione del lavoratore anziano nel mercato del lavoro. In caso di esubero del
personale, infatti, il datore di lavoro potrebbe ritenere socialmente più accettabile incoraggiare i lavoratori
anziani al ritiro anticipato, piuttosto che licenziare quelli più giovani.
Tendenze dell’invecchiamento della popolazione …, op. cit., p. 68.
Study on the Social Protection Systems …, op. cit., p. 55, Lithuania Country Study.
Golinowska S., Pietra K., Sowada C., Zukowski M., Study on the Social Protection Systems with 13
Applicant Countries, Poland Country Study, European Commission, 2003.
74
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
5.2.5
Politiche a favore del prolungamento della vita attiva
Sono molteplici le misure previste a favore dei lavoratori di età più elevata nei nuovi
Stati membri e in quelli candidati all’ingresso nell’Unione europea.
Tra le politiche passive rientrano, ad esempio, sussidi di disoccupazione la cui durata
varia da sei mesi della Repubblica ceca, a un anno in Bulgaria e Ungheria, fino a un anno
e mezzo in Polonia. L’orientamento professionale e l’intermediazione tra domanda e
offerta di lavoro sono invece i principali interventi di politica attiva, mentre appaiono
ancora poco sviluppati i programmi a favore dell’auto-imprenditorialità.
Anche le iniziative per la mobilità della forza lavoro sono poco diffuse, nonostante ci
sia molta disomogeneità tra richiesta e offerta di lavoro a livello regionale nei paesi
studiati. Le scarse sperimentazioni avviate in tal senso appaiono, per di più, inadeguate,
dal momento che forniscono al lavoratore solo i fondi necessari per il trasferimento nelle
zone più dinamiche e non coprono gli elevati costi di alloggio. Poco frequenti sono anche
le azioni di monitoraggio degli interventi a favore dei disoccupati e, qualora siano state
predisposte, riguardano quasi esclusivamente i programmi di formazione.
Nei paesi di recente accesso il disoccupato senior riceve, solitamente, una tempestiva
assistenza subito dopo aver perso la sua occupazione. Tuttavia, gli operatori dei Servizi
per l’impiego sono molto scettici sulle effettive possibilità di ricollocazione degli anziani,
soprattutto se il periodo di disoccupazione si protrae nel tempo. Essi, piuttosto che
continuare la ricerca di lavoro, preferiscono offrire ai disoccupati avanti con gli anni dei
benefici economici, proporre il prepensionamento o la pensione di invalidità.
Questo stato di cose determina una scarsa fiducia dei disoccupati anziani nei Servizi
per l’impiego, oltre che una limitata efficacia dei programmi.
Molto spesso i lavoratori anziani vengono impiegati in settori di pubblica utilità;
mentre sono pochi quelli che usufruiscono di corsi di aggiornamento, nonostante le loro
conoscenze si rivelino spesso obsolete rispetto alle esigenze del mercato del lavoro.
In Estonia, ad esempio, la percentuale di senior impiegata in lavori di pubblica utilità è
molto alta, mentre solo l’8,2% partecipa a corsi di formazione.
In Slovenia gli anziani occupati nei settori di pubblica utilità sono il 50% del totale di
questi lavoratori, mentre in Slovacchia la percentuale è del 38%. Questo paese, in
particolare, ha elaborato un programma di sostegno agli anziani che comprende:
l’orientamento professionale dei disoccupati con oltre 50 anni, l’impiego di donne over
40 anni per l’assistenza agli anziani presenti in alcune comunità e la consulenza ai
lavoratori senior disoccupati da lungo tempo.
Anche l’Ungheria ha predisposto alcuni programmi a favore dei lavoratori over 50.
Tali iniziative prevedono l’associazione di corsi di informatica e di lingue straniere,
training motivazionale, sostegno psicologico e assistenza all’inserimento lavorativo.
Infine, il Piano di occupazione dell’Estonia include tra i suoi obiettivi il supporto
all’occupazione dei lavoratori senior incoraggiando il prolungamento della vita
lavorativa, il part-time, il passaggio graduale dal lavoro alla pensione e l’aggiornamento.
75
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
5.2.6
Formazione dei lavoratori adulti
Nei paesi presi in considerazione, nel periodo precedente alla transizione verso
l’economia di mercato, i corsi professionali erano finanziati alternativamente dallo Stato
o dalle maggiori aziende. La successiva fase di crisi economica ha reso impossibile per
entrambi i soggetti continuare a sostenere i costi della formazione, in un momento in cui,
d’altra parte, la globalizzazione rendeva maggiormente necessario riqualificare i
lavoratori per tenere il passo con i cambiamenti tecnologici.
Attualmente, i corsi di formazione sono rivolti indistintamente a tutta la forza lavoro,
oppure sono per lo più indirizzati ai giovani, piuttosto che ai lavoratori maturi.
In Estonia, l’Associazione per la formazione degli adulti rappresenta l’unico
organismo, ad occuparsi specificamente di questa categoria di lavoratori. Si tratta, in
questo caso, di un ente non governativo, come in Polonia, dove è l’Associazione degli
Istituti per la formazione professionale ad interessarsi all’istruzione dei lavoratori più
adulti.
In Lituania un numero sempre maggiore di imprese comincia a comprendere
l’importanza della formazione continua. Molte aziende, infatti, sono in fase di
ristrutturazione e necessitano, perciò, del costante aggiornamento dei loro dipendenti
riguardo all’utilizzo delle nuove tecnologie. I Servizi per l’impiego, allora, offrono ai
datori di lavoro l’opportunità di aggiornare le competenze dei dipendenti a rischio di
licenziamento.
In Bulgaria è previsto l’avvio di un progetto di collaborazione tra agenzie governative,
sindacati, datori di lavoro ed enti non governativi al fine di potenziare la formazione
continua.
Tuttavia, permane in molti datori di lavoro l’opinione che i lavoratori anziani abbiano
maggiori difficoltà degli altri nell’ adeguarsi alle nuove tecnologie. Gli unici a sfuggire a
tale stereotipo sono quelli più istruiti che possono vantare, comunque, una buona
formazione di base e sono ritenuti più capaci degli altri di assimilare nuove conoscenze.
Durante una Conferenza Tripartita del 2002 tra l’Ilo, il Governo estone e il Ministero
del lavoro finlandese, si è sottolineata l’importanza dell’utilizzo delle nuove tecnologie
per l’introduzione di nuove modalità lavorative – quali il telelavoro – che possono
migliorare le condizioni operative dei lavoratori. L’Estonia è uno degli Stati dell’Europa
orientale a mostrare le più ampie e articolate politiche a favore degli anziani. L’aumento
dell’occupazione e il miglioramento delle condizioni lavorative delle donne adulte
impiegate nelle aree rurali, in particolare, sono tra i principali progetti previsti nell’ambito
di tali politiche.
76
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Auer P., Fortuny M., Ageing of the Labour Force in OECD Countries: Economic and
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ISFOL – Area Mercato del Lavoro
Numeri
pubblicati:
n. 1, 1998
La mobilità degli occupati: tipologie e segmenti, di S. Porcari e C. Malpede
n. 1, 1999
Incentivi alle assunzioni: ipotesi per la valutazione e prime applicazioni, di M.
Ferrara, C. Malpede, M. Mancini e M. Marocco
n. 2, 1999
La formazione per i patti territoriali e le aree di crisi, di D. Gilli e A. Scassellati
n. 3, 1999
Flessibilità in uscita e occupazione: segmenti e profili dei soggetti a rischio di
licenziamento, di M. Marocco, V. Parisi e S. Porcari
n. 4, 1999
Le professioni: ipotesi classificatorie e nuove categorie interpretative, di A.
Mocavini e A. Paliotta
n. 5, 1999
Gli incentivi all’imprenditorialità nelle politiche attive del lavoro: gli interventi
dello Stato e delle Regioni, di M. Mancini e V. Menegatti
n. 6, 1999
Strategia europea per l’occupazione: analisi comparata dei Piani nazionali di
azione, di L. Incagli e S. Porcari
n. 7, 1999
Il lavoro interinale indagine esplorativa, di V. Menegatti e E. Mari
n. 1, 2000
La riforma dei Servizi Pubblici per l’impiego: l’originalità del modello italiano, di
M. Marocco e L. Incagli
n. 2, 2000
Valutare le politiche per l’occupabilità le borse lavoro, di A. Mocavini e M.
Lattanzi
n. 3, 2000
Modelli per l’occupazione a confronto: strategie Ocse e orientamenti europei, di
V. Parisi
n. 4, 2000
I sistemi di protezione del reddito dei disoccupati in Italia tra politica sociale e
strategia per l’occupazione. Analisi e confronti internazionali, di M. Mancini
n. 5, 2000
Interventi per lo sviluppo locale nel Mezzogiorno e ruolo della formazione Rapporto 2000, a cura di D. Gilli
n. 6, 2000
Job vacancies in Italia - Il quadro teorico, le indagini, le evidenze empiriche, di A.
Mocavini e A. Paliotta
n. 7, 2000
Valutare gli interventi per l’occupazione: I tirocini di orientamento, a cura di C.
Serra
n. 8, 2000
Obiettivo occupazione: le strategie dei paesi europei, di M. Curtarelli e S. Porcari
n. 1, 2001
Servizi per l’impiego - Rapporto di monitoraggio 2000, di D. Gilli, G. Perri e F.
Tantillo
82
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
n. 2, 2001
Strumenti per le analisi di flusso nel mercato del lavoro - Una procedura per la
ricostruzione della struttura longitudinale della Rilevazione trimestrale Istat sulle
forze di lavoro, di M. Centra, A. Discenza e E. Rustichelli
n. 3, 2001
La riforma del part-time – Il compromesso tra tutela e flessibilità in Italia ed in
Europa, di M. Emanuele, M. Marocco e E. Rustichelli
n. 4, 2001
Ict e New Ecomomy – Orientamenti della letteratura e primi elementi per la
costruzione di un percorso critico, di A. Paliotta e A. Pannone
n. 5, 2001
Il lavoro interinale - Prime Analisi su dati amministrativi, di F. Carmignani, E.
Rustichelli e G. Marzano
n. 6, 2001
Valutare gli interventi per l’occupabilità - I piani di inserimento professionale ed
elementi comparativi con altre misure, a cura di C. Serra
n. 7, 2001
Verso nuovi dispositivi di workfare - Lavori socialmente utili - Profili valutativi,
di M. Marocco e A. Scialà
n. 1, 2002
Monitoraggio Spi 2001 - Analisi di profondità dei Centri per l’impiego: per
target, per funzioni e per strutture, a cura di D. Gilli
n. 2, 2002
La programmazione regionale a sostegno dei Servizi per l’impiego - Azioni di
sistema ed integrazione con lo sviluppo locale, a cura di G. Di Domenico
n. 3, 2002
Servizi per l’impiego - Rapporto di monitoraggio 2001, di D. Gilli, R. Landi e G.
Perri
n. 4, 2002
I Servizi privati per l’impiego: il caso delle Agenzie di collocamento, a cura di G.
Linfante
n. 5, 2002
I nuovi Servizi per l’impiego: esperienze di formazione del personale, di R. Landi
n. 6, 2002
Monitoraggio Spi 2002 - Analisi di profondità dei Centri per l’impiego: per
target, per funzioni e per strutture, a cura di D. Gilli
Supplemento Le fonctionnement des Centres pour l’emploi en Italie - Suivi 2002, Supplément
au n. 6/2002 des Monographies sur le Marché du travail et les politiques pour
l’emploi
Supplemento The Functioning of the Employment Centres in Italy - 2002 Monitoring,
Supplement to Issue N. 6/2002 of the Monographs on the Labour Market and
Employment Policies
n. 7, 2002
Le politiche per l’occupabilità: Valutazione della loro efficacia attraverso
un’analisi sui giovani in cerca di lavoro che hanno partecipato a Piani di
inserimento Professionale o a Tirocini, a cura di C. Serra
n. 1, 2003
Monitoraggio Spi 2002 - Analisi di profondità dei Centri per l’impiego nelle
regioni Ob. 1, a cura della Struttura Isfol di monitoraggio Spi
n. 2, 2003
Servizi per l’impiego e sistema imprenditoriale. Esigenze ed aspettative dei datori
di lavoro, di G. Di Domenico
83
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
n. 3, 2003
Indagine sulle attività di monitoraggio svolte dai Servizi per l’impiego, di F.
Tantillo e M. Ferrara
n. 4, 2003
Rilevazione semestrale sulla domanda di lavoro: il percorso metodologico, di L.
Incagli, A. De Sanctis e D. Radicchia
n. 5, 2003
La rete Eures in Italia - Analisi del quadro normativo-istituzionale, valutazione
degli aspetti organizzativi, di M. Bonanni e R. Landi
n. 6, 2003
L’organizzazione dei Servizi per l’impiego - Un’analisi sperimentale, a cura di G.
Di Domenico
n. 7, 2003
L’utenza dei Cpi e il livello di soddisfazione per i servizi erogati, di G. Baronio,
C. Gasparini, G. Linfante, G. Natoli e F. Tantillo
Supplemento Users of the Employment Centres and the level of satisfaction for the services
provided, by G. Baronio, C. Gasparini, G. Linfante, G. Natoli e F. Tantillo
Supplement to Issue N. 7/2003 of the Monographs on the Labour Market and
Employment Policies
n. 8, 2003
Formazione del personale Spi: ricognizione ed analisi valutativa delle attività
formative 2001-2002, di R. Landi e L. Palomba
Supplemento Formazione del personale Spi nelle regioni ob. 1, di R. Landi e L. Palomba,
Supplemento al n. 8/2003 delle Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche
per l’impiego
n. 9, 2003
Evoluzione del sistema dei Servizi per l’impiego nelle regioni ob. 1, a cura della
Struttura Isfol di monitoraggio
n. 10, 2003
Public Employment Services in Europe – Innovative practices in the provision of
services: on-line, to companies, and to leng-term unemployed, a cura di G. Di
Domenico
Services publics de l’emploi en Europe – Expériences innovantes dans l’offre de
services: en ligne, aux entreprises, aux chômeurs de longue dureé, a cura di G. Di
Domenico
n. 11, 2003
Lavoro atipico e Servizi per l’impiego - Studi di caso e modelli di intervento, di
M. Curtarelli e C. Tagliavia
n. 12, 2003
Rassegna internazionale della letteratura in materia di Servizi per l’impiego, a
cura di L. Incagli e M. Marocco
n. 13, 2003
Employment Services - Summery of the Monitoring Exercise 2002, a cura di S.
Rosati
Les services de l’emploi - Synthese du suivi 2002, a cura di S. Rosati
n. 1, 2004
Indagine campionaria sul funzionamento dei Centri per l’impiego nelle regioni
del Mezzogiorno, a cura di D. Gilli e M. Parente
n. 2, 2004
Relazione tra Servizi per l’impiego e Aziende-utenti - L’impatto delle procedure
informatizzate, a cura di G. Di Domenico
84
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
n. 3, 2004
Dossier regionali sul mercato del lavoro 1-2004, a cura di G. Riccio
n. 4, 2004
Analisi del valore aggiunto delle azioni di sistema del Pon a sostegno della
riforma dei Servizi per l’impiego - Un’indagine pilota, a cura di M. D’Onofrio, L.
Guazzaloca, A. Salomone
n. 5, 2004
Reti tecnologiche e reti di relazioni nei Servizi pubblici per l’impiego: un’analisi
territoriale, a cura di D. Di Francesco, C. Serra
n. 6, 2004
Invecchiamento e lavoro – Elementi per un profilo meridionale, di S. Porcari e
M.L. Mirabile
n. 7, 2004
Gli utenti e i Centri per l’impiego, di G. Baronio, M. D’Emilione, C. Gasperini,
G. Lintante e F. Tantillo
n. 8, 2004
Il lavoro ripartito, tra riforma legislativa e contrattazione collettiva, a cura di M.
Emanuele
n. 9, 2004
Gli interventi formativi rivolti agli operatori dei Servizi per l’impiego: dal
monitoraggio alla valutazione della qualità, di M. Bonanni, M. Ferritti e L.
Palomba
n. 10, 2004
Dossier regionali sul mercato del lavoro – Il lavoro femminile, a cura di G. Riccio
n. 11, 2004
Comparative Atlas on Employment Services in the enlarged European Union, di
G. Di Domenico
n. 12, 2004
I lavoratori adulti tra programmazione regionale e politiche locali - Un’analisi
comparata, di S. Porcari, P. Riccone e G. Folini
n. 13, 2004
Dalle collaborazioni coordinate e continuative al lavoro a progetto, di M.
Marocco e E. Rustichelli
n. 14, 2004
Dossier regionali sul mercato del lavoro – 2/2004, a cura di G. Riccio
n. 15, 2004
La rete Eures in Italia – Monitoraggio 2003, a cura di M. Bonanni e R. Landi
n. 1, 2005
Servizi per l’impiego e welfare locale - Indagine comparata sulle forme di
cooperazione fra Spi e comuni in Italia e in Europa, di I. Appetecchia, C.
Gasparini, Giacobbe e F. Tantillo
n. 2, 2005
L’utenza extracomunitaria nei Centri per l’impiego – Una prima indagine
sperimentale, di G. Baronio e M. D’Emilione
n. 3, 2005
Servizi informatizzati per il lavoro – La percezione delle aziende-utenti, di G. Di
Domenico
n. 4, 2005
Dossier regionali sul mercato del lavoro – 3/2004, a cura di G. Riccio
n. 5, 2005
Osservatorio sulle politiche regionali di sostegno ai lavoratori adulti, a cura di G.
Riccio
n. 6, 2005
Indagine campionaria sul funzionamento dei Centri per l’impiego 2004, a cura di
D. Gilli e R. Landi
85
ISFOL – Area Mercato del Lavoro
n. 7, 2005
Il nuovo part-time – La concertazione della flessibilità, a cura di E. Rustichelli
n. 8, 2005
Il contratto di inserimento – Una nuova opportunità per l’ingresso nel mercato del
lavoro, a cura di M. Emanuele
86