Recensioni e segnalazioni

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RUDOLPH J. VECOLI
FRANCESCO DURANTE
Oh Capitano!
La vita favolosa
di Celso Cesare Moreno in
quattro continenti 1831-1901
Marsilio, 2014
Pagg. 368 - Euro 19,00
“Nostalgia, nostalgia canaglia
che ti prende proprio quando
non vuoi …”
Così cantavano Al Bano e Romina Power a un festival di Sanremo di tanti anni fa, ben interpretando quella sensazione, malinconica e insieme dolcissima, che
talvolta avvertono soprattutto i
vecchietti …
Può colpirti nelle più varie occasioni, e perfino mentre vagoli in
libreria cercando qualche novità
che t’incuriosisca, e all’improvviso
ti capita per le mani un volume il
cui titolo o magari la 4ª di copertina ti accende dentro qualcosa.
Già il titolo di questo libro t’innesca subito il ricordo di una celebre
poesia (un epicedio) di Walt Whitman composta per l’assassinio di
Lincoln, ma tutta giocata sulla
metafora che vede negli USA un
bastimento che perde tragicamente il suo comandante: “Oh
Captain, my Captain!...”; in un
linguaggio marinaresco “alto”.
Poi, passando alla 4ª di copertina,
ecco il colpo di grazia: “una vita
che sembra l’invenzione di un romanziere come Emilio Salgari”. E
allora, che fai? Quel libro te lo
compri subito, costi quel che costi (che poi, via, non è molto).
Però questo non è né un poema
né un romanzo: è un libro di Storia, serio, documentato, approfondito: addirittura qualche volta anche troppo, nel senso che
gli AA. talvolta partono un po’
per la tangente, allargando il loro
discorso a vicende alquanto scollegate dal filone principale: giusto per fare un esempio, i cenni
sulla vita del Vescovo d’Ivrea del
quale il protagonista pretende di
essere parente.
Il quale protagonista, la cui vita è
veramente mirabolante, è Celso
Cesare Moreno, piemontese di
Dogliani, Capitano Marittimo per
studi di nautica e architettura navale compiuti a Genova, poi comandante e armatore, avventuriero (absit iniuria verbo), viaggiatore
infaticabile, uomo politico, diplomatico, poliglotta, e chi più ne ha
più ne metta. Dall’Europa all’India, dalla Cocincina agli USA, dalla Cina alle Hawai, ancora indipendenti e delle quali è per un
breve tempo Primo Ministro; il libro ripercorre le tappe quasi incredibili da lui toccate, e i ruoli diversi da lui ricoperti. Molti nemici …
molto onore. Uomo di forti passioni, detesta gl’Inglesi ma talvolta anche gl’Italiani, tra i quali
qualche uomo di governo e qualche membro della diplomazia e
dei consolati, e … la Società Geografica Italiana. S’intrecciano lettere e relazioni su di lui, a volte
encomiastiche, a volte demolitorie. Combattente in vari conflitti,
tra i quali la guerra di Crimea e la
grande rivolta dei Sepoys indiani
contro i colonizzatori inglesi. Va
abbastanza d’accordo con i Francesi, anche grazie al fatto che ha
salvato l’equipaggio del bastimento Augustine-Garnier di Bordeaux,
naufragato presso Penang, conquistandosi la stima dell’Ammiraglio Rigault de Genouilly. Sposa la
figlia di un Rajah di Sumatra, poi
ha occasione di approdare in una
isola sconosciuta su cui vorrebbe
imporre la sovranità italiana, ma
in patria … nessuno se lo fila. Ìdea
un cavo sottomarino transpacifico, ma anche questo progetto resta lettera morta. Eppure, nel cercare di far conoscere le sue idee, riesce a incontrare perfino Vittorio
Emanuele II e Napoleone III. Un
po’ più sul serio viene preso negli
Stati Uniti, ma anche lì senza reale
costrutto finale. Però riesce a farsi
eleggere al Parlamento italiano,
dove permane per breve tempo.
Forse la sua impresa più meritoria è la lotta contro la schiavitù
dei bambini italiani immigrati
negli USA, costretti alla mendicità o a lavori faticosissimi, se non
a più obbrobriose brutture. Almeno in questa sua battaglia ottiene risultati concreti.
Quasi impossibile riassumere, se
non per sommi capi, i fatti più
salienti di questa vicenda umana
veramente fantasmagorica di un
personaggio incredibile: e va dato grande merito ai due AA. per
averlo fatto riemergere dalle brume del dimenticatoio. Del resto,
anche la gestazione dell’opera è
intrigante: Rudolph J. Vecoli,
professore nell’Università del
Minnesota, grande studioso dell’immigrazione in America, al
collocamento in pensione riprende in mano la sua tesi di laurea dedicata, appunto, a Moreno,
e coinvolge nella ricerca il suo
collega e corrispondente italiano
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Francesco Durante, dell’Università “Suor Orsola Benincasa” di
Napoli, cultore delle stesse materie. S’intreccia una corrispondenza e s’instaura una collaborazione, ma all’improvviso l’italoamericano informa il napoletano
che gli è stata diagnosticata una
leucemia che gli lascia poche settimane di vita! Affida quindi al
collega il compimento dell’impresa; e il risultato è questo magnifico, affascinante libro.
Celso Cesare Moreno: fu vera
gloria? Ai posteri … (ma poi scusate, i posteri non siamo noi?)
Renato Ferraro
EMILIO SALGARI
I Corsari delle Bermude
Edizioni della Sera, 2014
Pagg. 400 - Euro 11,90
E ancora quella gran canaglia della nostalgia …
Ti capita sott’occhio, mentre
deambuli sonnacchioso in libreria in cerca di chissacché, il nome
di un Autore che ti fa sobbalzare:
Emilio Salgari! E subito ti tornano
alla mente tanti ricordi e sogni e
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dubbi adolescenziali, primo di
tutti l’eterno dilemma: si dice Sàlgari o Salgàri? Tu eri del primo
partito, perché quella parola
sdrucciola già in sé risuonava
quasi come un grido di battaglia.
Poi ti sforzi di ricordare se quel libro tu lo abbia letto o no, tra le
decine che hai divorate ai tuoi
dodici o tredici anni. Ma ti pare
proprio – quasi con un po’ di vergogna – di no. E te lo compri.
Cominciando a scorrerne le pagine hai la conferma, con un senso
di disappunto, che no, non faceva già parte del tuo carniere. Poi,
a mano a mano che vai avanti,
subentra un senso di delusione,
come rincontrando una fidanzatina dei tempi della prima giovinezza, e vedi che intanto l’eterea
ragazzetta che accendeva le tue
fantasie e scatenava le tue prime
tempeste ormonali è intanto diventata un’anziana signora che
denuncia tutt’i segni del tempo
ma che appare ancora battagliera, magari segaligna e dalla dentatura ingiallita come la Miss
Nelly che è, appunto, uno dei
personaggi del romanzo. Però
pure non sfuggi a un senso di curiosità ed anche di dolcezza, e
vuoi riannodare, se certo non l’amoretto adolescenziale, almeno
una serena ed anche un po’ tenera frequentazione amicale.
In altri termini, ti tuffi nella lettura a marce forzate, e cogli tanti
particolari che ti sembrano quasi
ridicoli, a cominciare da una terminologia marinara che, se hai
passato tanti anni in Marina, e soprattutto se sei stato imbarcato sul
Vespucci, ti appare abbastanza bislacca, o quanto meno vetusta: “ribolla” per barra del timone; “artimone” per vela di gabbia; “babordo” e “tribordo”, francesismi vietatissimi nella nostra Forza Armata; “scialuppa” per lancia, “tolda”
per coperta, ed altri ancora. E poi
l’imperdonabile “nodi all’ora”.
Ma, tutto sommato, che te n’importa? La vicenda t’intriga e ti appassiona anche se abbastanza improbabile (o forse proprio per
questo), ed hai modo di rivivere
quelle emozioni provate tanti anni (decenni!) or sono: abbordaggi, cannoneggiamenti magari con
palle incatenate, duelli in punta
di fioretto, mostruose bevute di
aguardiente o di bordeaux o di medoc, e amori tenerissimi e romantici (ma sempre contrastati) quali
ora non son più di moda.
Il canovaccio s’intreccia proprio
intorno all’amore del protagonista, Sir William Mac-Lellan, il
Corsaro - figlio illegittimo di un
Lord inglese e di una damigella
francese - per una bellissima miss
scozzese, Mary di Wentwort, che
è però contesa dal fratellastro del
protagonista, un turpe Marchese
di Halifax. E poi ci sono i comprimari: il Signor Howard è l’efficiente Secondo della Tuonante, la
corvetta di Sir William; il quartiermastro Testa di Pietra, bretone, e
il gabbiere Piccolo Fiocco, provenzale, fedelissimi e astuti compagni
d’avventure del Corsaro; Miss
Nelly, l’ancella di Mary; e tanti altri personaggi scolpiti a tutto tondo o dipinti a vividi colori.
Lo scenario è l’assedio di Boston, in
mano alle forze di Sua Maestà Britannica, circondata dai ribelli indipendentisti americani, per i quali si
batte Sir William, intenzionato a ristrappare Mary dalle grinfie del
perfido Marchese. La battaglia è feroce e cruentissima, ma alla fine risultano vittoriosi gli yankees.
Tutto bene, dunque? No, per fortuna ci viene risparmiato un insulso happy end: Halifax se ne va con
Mary sua prigioniera, e il povero
Sir William resta a bocca asciutta.
Ma ci sarà forse un seguito? Quasi quasi non ti dispiacerebbe …
Renato Ferraro
DOMENICO AMBROSINO
Gente di Procida
Pescatori, Marinai, Contadini,
preti
Massa Editore
Pagg. 200 - Euro 15,00
Gente di Procida = gente di mare!
Qui anche i contadini e i preti
sono marinai!
Questo libro, scritto dal più noto
scrittore, giornalista ed intellettuale dell’Isola, Domenico Ambrosino (detto “Chiodo” per la sua figura snella ed elegante), anch’egli
di stirpe marinara, è una galleria
affascinante di personaggi procidani contemporanei od anche
passati, che formano quasi un affresco del mondo locale. E proprio
perché i personaggi raccontati sono tantissimi, questo recensore è,
suo sommo malgrado, costretto
dai limiti di spazio concessigli a
fermare l’attenzione soltanto su
alcune figure più emblematiche.
Sì, qui anche gli uomini di Chiesa
sono marinai. Don Antonio Assante, cappellano di bordo con oltre quindici anni di navigazione
registrati in matricola, ha dovuto
battersi per realizzare entrambe le
sue vocazioni: quella sacerdotale
e quella marinara. C’è voluta tutta la sua ostinazione per convin-
cere le autorità ecclesiastiche da
cui dipendeva, in successione i
Cardinali Arcivescovi napoletani
(Procida fa parte della diocesi partenopea) Mimmi e poi Castaldo, a
consentirgli di intraprendere le
vie del mare. Ma quello che più
intriga è il fatto che, oltre a seguire studi teologici, egli ha conseguito anche il diploma del Nautico e, quasi incredibile, il “patentino” di Aspirante CLC!
Del resto, va ricordato che il glorioso Istituto Nautico di Procida,
fra i più antichi d’Italia (fu fondato dalla gloriosa dinastia dei Borbone) – dove fra l’altro l’A. ha insegnato – ha improntato di sé la
storia dell’isola, formando generazioni di Capitani e Direttori di
Macchina. E può vantare il primato nella formazione anche di
ragazze: Franca Assante, sorella di
Don Antonio, è stata la prima diplomata nautica d’Italia. E in proposito va anche ricordato che
quello procidano è stato tra i primissimi Circomare ad essere retto
da una Comandante donna, il Tenente di Vascello Flavia La Spada.
Alma Mater di marinai della Mercantile e di pescatori, l’isola ha
anche dato prestigiose figure alla
Marina Militare: l’Ammiraglio di
Squadra Giuseppe Lubrano di Negozio entra a 15 anni all’Accademia di Livorno e percorre tutt’i
gradini della carriera, fino a ricoprire l’incarico di Comandante in
Capo del Dipartimento MM del
Basso Tirreno e, nell’organigramma NATO, quello di Comandante
del Mediterraneo Centrale. E va
ricordato anche il Capitano di
Fregata (CP) Antonio De Rubertis,
autentico scienziato della navigazione, ahimè stroncato da un male incurabile nel pieno della sua
attività professionale e scientifica.
Ma, parlando di militari, non si
può far a meno di ricordare una
unità che non a caso Ambrosino
definisce “mitica”: la motovedetta CP2033, dislocata alla Marina
Grande, sempre pronta a muove-
re per la terraferma (Pozzuoli) per
il trasporto di emergenza di malati, traumatizzati o … partorienti,
detta anche “la Cicogna” proprio
perché a bordo si è avuto anche
qualche parto! Tanto che nei brevi periodi in cui “l’ambulanza del
mare” doveva essere sottoposta a
manutenzioni sullo scalo, qualche ragazza in avanzata gravidanza andava a sollecitarne il compimento perché, sottolineava, “sto
per uscire dai conti”.
E a proposito di attività scientifica,
come non citare Salvatore Scotto
di Santillo, per anni capitano d’armamento della flotta del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nella quale si distingueva la Bannock,
un vecchio rimorchiatore d’alto
mare che, sotto bandiera USA,
aveva partecipato allo sbarco in
Normandia. Ceduta dal CNR in
comodato alla Guardia Costiera
italiana, ha navigato per qualche
anno come nave scuola, fino a terminare la sua lunga vita operativa
ormeggiata al Molo San Vincenzo
di Napoli da cui, superati finalmente incredibili e indecifrabili
ostacoli burocratici, si spera che
possa riprendere il mare, o almeno
vivere una più dignitosa vecchiaia.
Fra i pescatori, merita una menzione speciale Carlino Intartaglia, ultimo rais della tonnara di Ciraccio.
Figlio d’arte, Carlino aveva cominciato a lavorare a 10 (dieci!) anni
con il padre Menechiello, rais della
tonnara di Lacco Ameno. Un mondo che non esiste più …
Fra i pescatori con la lenza “di
fondo”, quando ancora la pesca a
strascico non aveva invaso e depauperato i nostri fondali, va ricordato Dimino Intartaglia, della
Chiaiolella.
Si potrebbe andare avanti per pagine e pagine, citando tanti uomini di mare che, fin dall’Ottocento,
hanno solcato prestigiosamente
tutti gli oceani: ma non si può
chiudere questa rapida rassegna
senza far riferimento a un fenomeno antico quanto la stessa na-
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vigazione ma ritornato di tragica
attualità: quello della pirateria.
Vittime ne sono stati vari ufficiali
e marittimi dell’isola, per fortuna
senza conseguenze luttuose, ma
che hanno dovuto subire drammatiche peripezie, sempre però
sopportate con esemplare dignità.
Un pregevole corredo fotografico
che immortala tanti personaggi
degni di memoria impreziosisce
l’opera, e così pure la davvero
splendida copertina realizzata da
Luigi Nappa, un pittore isolano
che per metà dell’anno vive e lavora a Sidney, ma anch’egli –
guarda un po’! – già ufficiale della Mercantile e poi dirigente armatoriale, ora in pensione.
Renato Ferraro
DECIO LUCANO
Piccola Antologia
di Vittorio G. Rossi
Il Mare Libreria Internazionale
Roma 2013 – pagg. 141
Euro 15,00
Era la primavera del 1973 e, giovane guardiamarina, prestavo servizio a Maristat, a Roma. “Ha visto
passare Vittorio G. Rossi?” chiese il
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mio comandante. “Quando mai”,
risposi stupito; conoscevo lo scrittore di nome e di fama ma non di
aspetto, avevo letto alcuni suoi libri, moltissimi suoi articoli e lo
ammiravo incondizionatamente
ma, come tutti gli idoli, se proprio
non ci sbattiamo il naso sopra,
pensiamo sempre che si trovino
in altre parti del mondo, in tutt’altre faccende affaccendati.
“Eppure...ah, eccolo”, accennò
con la mano. Mi volsi in quella
direzione e vidi un uomo di media statura, con capelli bianchi
un poco alla Ben Gurion e un
paio di occhiali dietro le cui lenti
balenava uno sguardo gentile e
intelligente, che sembrava abbracciare tutto il mondo. Mi sorrise e in quel momento mi resi
conto che l’uomo, lo scrittore e il
giornalista erano un tutt’uno; come testimoniava il fatto che tutti
lo chiamavano, forse inconsciamente, “Vittorio G. Rossi” quasi
fosse il catalogo di sé stesso, e si
comprendeva di colpo che lui
“era” quello che scriveva e come
lo scriveva, con quella sua narrazione tutt’altro che purista, ma
tanto splendida e particolare.
Una delle caratteristiche delle
quali ci possiamo ben vantare nel
nostro bel Paese, è quella di non
comprendere mai appieno il valore delle persone che non siano
rampanti, arrivisti o che posseggano qualche altra bella dote di
questo genere; di conseguenza,
spesso e volentieri, per non dire
quasi sempre, al di fuori della loro nicchia naturale le ignoriamo
e le misconosciamo, con giusto
onore per la nostra sensibilità,
cultura e intelligenza.
Così avvenne per Vittorio G. Rossi, capitano di lungo corso, ufficiale della branca navale della
Guardia di Finanza (era nato a
Santa Margherita Ligure nel
1898), assegnato, dopo la Grande
Guerra, alla flottiglia della Finanza austroungarica di Trieste in fase
di riorganizzazione, comandante
della Scuola Navale GdF di Pola,
viaggiatore, scrittore, giornalista,
inviato speciale ma sempre, comunque, dovunque e soprattutto
uomo di mare. Soleva dire “L’uomo di mare non è un uomo come un
altro; il mare gli toglie molte cose,
ma quelle che gli dà il mare nessuno
in terra glie le può dare.”.
Quello che pensava era quello che
vedeva, e quello che credeva era
ciò che diceva, con cortesia ma
con precisione, senza rispettare
niente e nessuno, neanche grandi
nomi, grandi firme, onorevoli, politici e così via; e questi lo ricambiarono immediatamente con il
calcio che dà il somaro al leone
morente, rinchiudendolo in una
sorta di limbo ove si trova tuttora.
Nel 2013, a 125 anni dalla sua nascita, la Libreria Internazionale Il
Mare ha deciso di onorarne l’anniversario pubblicando una piccola antologia curata in un simpatico volumetto dal noto giornalista Decio Luciano, che ha operato una deliziosa scelta di 15 brevi
brani a conclusione dei quali troviamo un piccolo cameo, quasi
un fiore delicatamente colto da
una mano amorevole e deposto
sulle onde che rappresentano il
sepolcro di tanta gente di mare,
“Quelli dell’RD 36”, breve cronaca
e storia di una vicenda realmente
avvenuta nelle acque libiche durante l’ultimo conflitto, dove un
vecchio e minuscolo dragamine
della Guardia di Finanza, armato
solamente con un misero vecchio
cannone, si sacrificò volontariamente scagliandosi contro tre cacciatorpediniere inglesi, nel tentativo di consentire alle navi che
scortava di porsi in salvo. Purtroppo fu un sacrificio inutile.
Un’opera simpatica, ben gestibile
e dalle dimensioni ottimali per es-
sere letta in viaggio, sui mezzi
pubblici o in barca anche se, in
proporzione alle sue dimensioni, è
un po’ costosa. Comunque valida
anche se, per un uomo delle dimensioni morali e culturali di Vittorio G. Rossi, ci saremmo aspettati qualcosa di più consistente.
Franco Maria Puddu
ERMINIO BAGNASCO
ACHILLE RASTELLI
E
Navi e marinai italiani
nella Grande Guerra
Ermanno Albertelli Editore
Parma 2012 – Pagg. 199 – s.i.p.
Nella loro premessa gli Autori specificano che l’Opera “non vuole essere l’ennesimo libro sulla storia del
primo conflitto mondiale. Il nostro
obiettivo è soprattutto quello di presentare una raccolta fotografica, in
cui molte immagini sono inedite, dedicata alle operazioni della Regia
Marina durante la grande Guerra
…". Obiettivo sicuramente raggiunto per quanto riguarda la presentazione della (stupenda) raccolta fotografica dedicata soprattutto alle unità minori, le vere
protagonistiche di quella guerra
sul mare. Ma l’elaborato è anche
fonte cronologica e racconto, entrambi utilissimi per iniziare qualsiasi tipo di ricerca storico-navale
sull’argomento. Il libro è diviso in
due parti principali, la prima delle
quali (La Grande Guerra in Mediterraneo) inizia raccontando brevemente come si arrivò all’intervento italiano nel conflitto e descrivendo com’erano le forze italiane
e austroungariche all’inizio delle
ostilità. A questa introduzione segue una parte dedicata agli avvenimenti principali della guerra sul
mare fra le predette nazioni. La
parte prima si conclude con una
rapida cronologia della Grande
Guerra, dall’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, alla firma dei trattati di pace il
29 giugno del 1919.
Nella Parte II (Cronologia dei principali avvenimenti), vi è la cronologia, anno per anno degli eventi bellici in Mediterraneo.
Lo sviluppo cronologico è arricchito da oltre 400 fotografie, 343
delle quali raccontano nella didascalia dedicata la storia dell’evento o dell’unità cui si riferiscono. Per ogni anno, dopo la cronologia, è anche riportato uno
specchio riassuntivo della dislocazione e dell’organizzazione
delle unità navali combattenti.
La parte II termina con il riepilogo di unità dell’asse assegnate all’Italia o ad altre Marine al termine del conflitto.
A seguire tre appendici con il riassunto delle unità italiane, militari e civili, e delle unità militari
austroungariche perse durante il
conflitto mondiale.
Quattro Tavole con disegni di M.
Brescia di unità italiane, austriache e non solo, arricchiscono
l’Opera.
In sintesi, me lo perdonino gli Autori, un libro sulla Grande Guerra,
costruito in modo da essere essenziale, preciso, di facile lettura e rapida comprensione degli avvenimenti e dei mezzi impiegati, modernamente incentrato sulle immagini, che fanno da filo conduttore allo scritto storico.
Stéphan Jules Buchet
SEGNALAZIONI
FRANCESCA CARIGNANI
Rotta verso l’Egeo
Ed il Frangente – Verona 2014
Pagg. 192 - Euro 25,00
Una lunga crociera dall’Argentario a Rodi e ritorno, con soste nelle più famose località delle Cicladi
e del Dodecaneso, hanno suggerito all’A. la stesura di un diario nel
quale le esperienze personali si intrecciano con interessanti considerazioni e utilissimi consigli di
carattere nautico. Oltre alle cartine ed ai piani di porti in bianco e
nero, molte suggestive foto a colori sono collocate fuori testo.
LUCA TONGHINI
Un piccolo mare
di nome GARDA
Ed.il Frangente – Verona 2014
Pagg. 160 - Euro 24,50
I 165 chilometri delle coste del
Garda con i loro 136 porti sono
dettagliatamente descritti in questo volume che è un vero e proprio portolano.Oltre ad un notevole numero di disegni di profili
di costa e di accurati piani dei porti, utilissimi per i diportisti, è una
fonte interessante di notizie e curiosità sulla storia e sulle tradizioni
del più grande bacino d’Italia.
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