Chiesa e mafia, il rapporto ambiguo “Boss e corrotti
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Chiesa e mafia, il rapporto ambiguo “Boss e corrotti
La mostra Alla Galleria Drago opere di Pizzi Cannella Quelle ombre cinesi “A piedi e in bicicletta” A MOSTRA delle opere di Piero Pizzi Cannella resta aperta fino al 2 dicembre nella galleria Drago Artecontemporanea. È centrata su un gruppo di piccole, preziose carte che l’artista ha preparato recentemente per illustrare una raccolta di racconti di Erri De Luca e Fabio Pierangeli, uscita con il titolo “A piedi, in L bicicletta” (edizioni Drago). Lo stesso titolo della mostra. Accanto questo nucleo centrale di opere la galleria propone al pubblico anche altre carte scelte tra alcuni dei soggetti più noti dell’artista romano (i vestitini, le ombre cinesi) e una grande e rarissima opera dei primissimi anni ‘90, gli anni in cui produsse alcune delle sue opere più importanti. Piero Pizzi Cannella è uno degli artisti italiani più raffinati e più noti al grande pubblico, le sue opere arricchiscono centinaia di raccolte pubbliche e alcune delle più prestigiose collezioni private. Visite al di fuori degli orari di apertura sono possibili contattando telefonicamente il numero 339 6752646 Parla don Antonio Sciortino, originario di Delia, direttore di Famiglia cristiana: “Seguiamo il monito di Wojtyla ad Agrigento” Chiesa e mafia, il rapporto ambiguo “Boss e corrotti vanno messi al bando” AUGUSTO CAVADI N N on è proprio un ritorno a casa, ma quasi. Don Antonio Sciortino è nato infatti 58 anni fa a Delia e, oggi dirige uno dei settimanali più diffusi, più amati e più contestati del Paese: “Famiglia cristiana”, che nel ventennio berlusconiano, qualcuno ha definito l’unica voce di opposizione del mondo cattolico. Lasciata la Sicilia dopo il ginnasio è vissuto quasi sempre a Milano. Quando qualcuno si è stupito che fosse assegnato a un siciliano l’Ambrogino d’oro, ha risposto di considerarsi un milanese d’adozione. «Ma le mie radici restano sempre in Sicilia — si affretta ad aggiungere — assieme agli affetti e ai valori di dignità e onestà che ho respirato, fin da bambino, in famiglia e nella mia terra». Già, la Sicilia. In cosa la trova mutata in questi decenni? «Purtroppo, faccio fatica a capire l’atavica rassegnazione dei miei compaesani, di chi crede che tutto sia colpa del de- “I padrini che esibiscono Vangeli e crocifissi nei loro nascondigli offendono il sentimento religioso. Padre Puglisi resta un esempio” stino. Come i vinti di Giovanni Verga. Così, è normale che, soprattutto in estate, nei paesi l’acqua arrivi col contagocce. Senza reagire come si deve, perché acqua, strada e luce non si negano a nessuno. Invece, si ritengono fortunati se dai rubinetti scorre tre giorni alla settimana. Eppure, la Sicilia è ricca d’acqua. E così in tante altre situazioni, dove il diritto diventa un favore che bisogna implorare o pagare per averlo. In positivo, c’è qualche accenno di risveglio civile dei giovani, che non si rassegnano alla dittatura della mafia». Al prete-giornalista, che per anni ha seguito Giovanni Paolo II nei suoi viaggi nel mondo, chiediamo un parere sull’atteggiamento della gerarchia cattolica nei confronti dei mafiosi: dall’appello di papa Wojtyla nella Valle dei Templi alle recenti scomuniche dell’arcivescovo di Agrigento che i mafiosi non li vuole in chiesa, né da vivi né da morti. «Certo — osserva don Sciortino — dall’affermazione di tanti anni fa che la mafia in Sicilia non esisteva e che era un’invenzione del Nord, a dichiarazioni esplicite di condanna, il salto è stato netto e positivo. Bisogna far capire che non c’è nessuna accondiscendenza da parte della Chiesa alla mafia e alla mentalità mafiosa. Malavitosi che esibiscono Bibbie, Vangeli, crocifissi e icone sacre nei loro nascondigli offendono il sentimento religioso dei credenti». «Ma — aggiunge — la denuncia pubblica, sia pure importante, non basta. Bisogna partire dalla formazione delle nuove generazioni. Sradicare la mafia è possibile, solo con la repressione, ma soprattutto incidendo il valore della legalità nella mentalità dei giovani. Con la scuola e l’educazione». E allora come mai nessuna voce autorevole del mondo cattolico ha preso le distanze da questi politici ladroni e corrotti?. Il direttore ci scruta un momento, poi risponde: «Nessuno deve strumentalizzare la Chiesa per scopi politici e di parte. Ma, al tempo stesso, neanche la Chiesa deve farsi usare, in cambio di favori e privilegi. La sua voce deve essere nitida quando sono in ballo valori fondamentali. O quando vengono calpestati i diritti dei più deboli. Deve annunciare il Vangelo nella sua interezza e scomodità, senza balbettare. Anche quando non è fa- DIRETTORE Don Antonio Sciortino di “Famiglia cristiana” cile dire la verità. E c’è un costo da pagare. Ma la verità, come ci ricorda il Vangelo di san Giovanni, ci renderà liberi. No, quindi, ai compromessi col potere, soprattutto se iniquo». Don Sciortino è a Palermo per parlare, nella rinnovata sede storica della Libreria Paoline di Corso Vittorio Emanuele, nella città che il maggio dell’anno venturo, sarà teatro di un evento storico: la beatificazione del parroco di Brancaccio, don Pino Puglisi. «Tutti i preti dovrebbero fare quello che faceva don Puglisi. Che non era nulla di così straordinario, ma solo l’annuncio del Vangelo per educare le nuove generazioni secondo i principi cristiani, che sono antitetici con la mentalità mafiosa». Prima di chiudere la conversazione sulla Sicilia di ieri e di oggi, gli chiediamo uno sprazzo sul futuro. «Sogno finalmente una Sicilia protagonista del suo destino. Sia in campo ecclesiale che civile. Che sappia reagire alla rassegnazione, e contrastare il fenomeno mafioso alla radice. Con più senso dello Stato e delle istituzioni. Ma ci vuole una nuova classe politica, meno gattopardesca, che badi più al bene comune, che ai propri privilegi, davvero smisurati». © RIPRODUZIONE RISERVATA I quarant’anni della casa editrice calabrese e il lungo rapporto con l’Isola DA SCIASCIA A IMPASTATO LA SICILIA DI RUBBETTINO ANTONELLA SCANDONE L L a mafia, certo, ma anche un personaggio, allora non ancora riscoperto, come Peppino Impastato e il lancio di una scrittrice, allora sconosciuta come Giuseppina Torregrossa. C’è tanta Sicilia nei quarant’anni della casa editrice calabrese Rubbettino, testimonianza che i quaranta siano un’età perfetta, grazie al giusto dosaggio di maturità ed energie, anche per le attività imprenditoriali. A spegnere le candeline ed a festeggiare con giusto orgoglio sono i titolari della casa editrice nata quaranta anni fa, appunto, in un scantinato di Soveria Mannelli, in provincia di Catanzaro, grazie ad un azzardo di non mancano letteratura e poesia, Rosario Rubbettino, che, con la ti- con un occhio sempre puntato alla pica caparbia calabrese, ha trasfor- difficile e complessa realtà del Sud. Sempre molto forte il legame mato una piccola stamperia in azienda tipografica e, soprattutto, con la Sicilia: sin dagli esordi, la in una realtà editoriale che oggi può Rubbettino ha pubblicato libri che Il saggio su Cosa nostra durante il fascismo ispirò l’articolo sui “professionisti dell’antimafia” vantare un catalogo di duemila titoli, suddivisi tra cinquanta collane. Ogni anno sono mediamente un centinaio i nuovi libri che vengono pubblicati con diffusione che varca anche i confini nazionali. La produzione editoriale è principalmente orientata alla saggistica, anche se affrontavano il tema della mafia quando molti editori isolani non osavano. Tra questi, “La mafia durante il fascismo” di Cristopher Duggan, allievo di Dennis Mac Smith, che fruttò l’accesa recensione di Leonardo Sciascia sul Corriere uscita con il titolo “I professioni- sti dell’antimafia”, capace di provocare un’infinita scia di polemiche ed equivoci. E dello scrittore di Racalmuto la Rubbettino ha pubblicato da poco con il titolo “Lettere dal centro del mondo 1951 — 1988” la fitta corrispondenza con Mario La Cava: lettere che rivelano i retroscena privati e le difficoltà che diedero origine alle opere dei due scrittori. Ma sono davvero tanti i testi sulla Sicilia: tra questi, “L’eretico” il libro di Nino Amadore su Mimì La Cavera, l’industriale “rosso”, la biografia di Peppino Impastato, scritta da Salvo Vitale, dalla quale è stato tratto il film “I cento passi” (nella foto una scena), e “L’assaggiatrice”, il racconto che segnò l’esordio di Giuseppina Torregrossa. Nel 2000, alla scomparsa del fondatore, le redini sono state prese in mano dai due figli, Florindo e Marco. «Rubbettino ha la testa piantata nel Mezzogiorno ed i piedi in Europa — dicono gli editori — nel senso che ha il Sud tra i suoi interessi principali ma i cui confini non si fermano a Napoli. Il Sud è un punto di osservazione sull’Europa e sul mondo. Solo così si supera il provincialismo senza abdicare alla propria identità». © RIPRODUZIONE RISERVATA