07_Saggio_Schwarz_VII:06 Benedetti*

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A rturo Sch warz
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“L’un dans l’autre” in Me dium ,
n. 2, febbraio 1954 (il corsivo è di
Breton).
194
Vedi “Manifesto del Surrealismo” (1924) in Man ife sti d e l Surre alism o , Einaudi, Torino 1966,
p. 30.
195
“Les mots sans rides”, in Litté rature , II:7, dicembre 1922.
196
Id e m .
197
“L’un dans l’autre”, c it.
198
Id e m .
199
“Poésie II” in Le s C h an ts d e
Mald o ro r (18) trad. it. di Ivos
Margoni, I Canti di Maldo ro r, Einaudi, Torino 1989, p. 491.
200
Le s vase s co m m unicants (1932),
Gallimard, Paris 1955, p. 198.
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La dimensione ludica dell’attività collettiva surrealista:
trionfo del principio del piacere sul principio di realtà
Per più di quaranta anni, sin dal marzo del 1921,
il gioco (inteso nell’accezione che Johan Huizinga dava a questa attività – si veda il suo fondamentale Ho m o lud e n s del 1938) è stato, per i surrealisti, un modo
di essere e una filosofia della vita. Sono principalmente tre i fattori che hanno motivato il loro interesse per
questo tipo di attività che si esplicitò prevalentemente
nel linguaggio. Il primo è che il gioco, “azio ne libe ra per
eccellenza”193, non ha, come lo humour, nessuna finalità produttiva immediata: segna un momento d’indipendenza assoluta ed è anzitutto una rivolta dello spirito e dell’inconscio contro i condizionamenti della società e della vita; esso possiede un valore inesauribile di
sfida e provocazione. È un fattore d’opposizione magistralmente sovversivo in quanto consacra il trionfo del
principio del piacere sul principio di realtà.
Il secondo è che il gioco permette d’indagare, per
Breton, “il funzionamento reale del pensiero”194. Il fine
di questa indagine è di “ridare al linguaggio la sua piena destinazione […]. Questo doveva far compiere un
grande passo avanti alla conoscenza ed esaltare in pari misura la vita”195. Sappiamo, infatti, che per i surrealisti
la conoscenza del Sé ha sempre rivestito un’importanza primaria: essi sono perfettamente consapevoli che se
si vuole riuscire a realizzare le parole d’ordine di Rimbaud, “cambiare la vita”, e quelle di Marx, “trasformare
il mondo”, è necessario trasmutare l’essere, e che per riuscirci è, innanzitutto, necessario conoscerlo. Questo fa
dire a Breton: “Siamo in parecchi ad attribuirvi un’estrema importanza. E si comprende che noi diciamo ‘giochi di parole’ quando in realtà sono in gioco proprio le
nostre più sicure ragioni d’essere. Le parole, del resto,
hanno finito di giocare. Le parole fanno l’amore”196. Insomma, dietro il motto di spirito Breton cerca lo spirito della parola. E dietro i giochi verbali o plastici determinati da un automatismo casuale vi è anche il desiderio di scoprire nuove immagini poetiche.
Il terzo motivo dell’interesse surrealista per il gioco è che questa attività di gruppo permette di rafforza-
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re la coesione dei partecipanti e li aiuta a meglio conoscersi. Sarà ancora Breton a precisare che i giochi collettivi permisero di “stringere maggiormente i legami che
ci univano, favorendo una presa di coscienza dei nostri
desideri in ciò che potevano avere in comune”197.
L’importanza dell’attività ludica è un leitmotiv negli scritti di Breton. In un saggio del 1954, a proposito
del gioco L’un dans l’autre (Uno nell’altro), Breton si sofferma lungamente su questa forma di attività collettiva
che, con i surrealisti, doveva assumere un’importanza
non comune. In questo testo Breton inizia con l’avvertire: “Se c’è, nel Surrealismo, una forma d’attività la cui
persistenza ha avuto il dono d’eccitare l’astio degli imbecilli, è proprio l’attività di gioco, di cui si trova traccia nella maggior parte delle nostre pubblicazioni di questi ultimi trentacinque anni”198. Prima di seguire il consiglio di Breton e rintracciare questa “traccia” nelle riviste surrealiste, continuiamo a citare questo scritto dove egli ricorda i principali giochi del gruppo: “Fra i giochi che ci sollecitarono in modo più o meno durevole
menzioniamo quelli della votazione scolastica (da – 20
a + 20), dell’analogia (se fosse), delle definizioni (che cos’è), dei condizionali (se… quando…), del ‘cadavre exquis’ (scritto o disegnato), dell’intervento dell’irrazionale
(nella conoscenza d’un oggetto, nell’abbellimento di una
città, nell’ampliamento d’un film), del visitatore (aprite?) ecc.”. Breton passa poi a enumerare i vari procedimenti sul piano plastico, col fine di attuare l’automatismo verbale anche nel gesto: collage, frottage, fumage, coulage, decalcomania spontanea, disegno alla candela ecc. Procedimenti che vennero subito messi dal loro inventore alla portata di tutti in conformità con l’auspicio espresso da Lautréamont: “La poesia [e aggiungerei anche ‘l’arte’] deve essere fatta da tutti”199. Breton
prevede che allora, come logica conseguenza, “il poeta
futuro supererà la deprimente idea dell’irreparabile divorzio dell’azione e del sogno”200.
Forse è il caso di sottolineare quanto fosse premonitrice l’importanza che Breton fa assumere al gioco se
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Vedi L’id e o lo g ia te d e sc a, Editori Riuniti, Roma 1958, p. 395.
Lite ratu re an d R e v o lu tio n
(1924), Russel & Russel, New
York 1957, trad it. a cura di L.
Maitan e A. Schwarz, Le tte ratura, A rte , Lib e rtà, Schwarz Editore, Milano 1958, p. 107.
203
Conferenza del 1917 ripresa in
L’Esp rit n o uv e au e t le s p o è te s, J.
Haumont, Paris 1946, p. 17 (il
corsivo è di Apollinaire).
204
Si veda in proposito Le C ad av re e xq uis, so n e xaltatio n, catalogo della mostra alla galleria
Schwarz e al Musée d’Art de
Saint Etienne, 1975.
205
“Le Cadavre exquis, la sua esaltazione” (1948), in Breton, Il
Surre alism o e la p ittura, trad. it.,
Marchi, Firenze 1966, p. 288.
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ricordiamo che, per lui, nella futura età dell’oro – prevista da Marx ed Engels201 – quando l’uomo avrà risolto i problemi dell’alienazione sociale e ideologica e sarà
libero di dedicarsi ad attività poetiche e artistiche con
la stessa capacità che impiegherebbe in quelle produttive, l’attività artistica potrà finalmente assumere una dimensione ludica. Allora, come immaginava Trotsky,
“l’uomo comune raggiungerà l’altezza di un Aristotele,
di un Goethe, di un Marx. E nuove vette si ergeranno
oltre queste cime”202.
Torniamo all’accenno precitato di Breton – che precisa che possiamo ritrovare la traccia dei molteplici giochi surrealisti nei periodici del gruppo – e seguiamo il
suo suggerimento. Il titolo, Litté rature , scelto per antifrasi, della prima rivista del gruppo – un mensile – che
esce nel marzo 1919, denota già gli intenti dissacratori
della redazione, composta da Louis Aragon, André Breton e Philippe Soupault. Nel novembre 1919 vengono
pubblicate (sul n. 9) le risposte alla prima inchiesta promossa dalla redazione, “Perché scrivete?”. È poi nel numero 18 del marzo 1921 che troviamo il primo gioco
surrealista, quello della votazione scolastica, intitolato
Liq uid azio n e . I voti furono attribuiti a quasi 200 protagonisti della cultura dagli undici partecipanti (non tutti surrealisti). Ricordiamo alcuni dei voti attribuiti, limitandoci a quelli del solo trio della redazione. La diversità dei giudizi, in particolare per quanto riguarda i
personaggi politici e quello religioso, è notevole e preannuncia la rottura della coesione del gruppo. Soupault,
con il quale le differenze in questi due campi sono notevoli, sarà, infatti, il primo ad andarsene.
Aragon: assegna 19 a Bach, 18 a Baudelaire, 19 a
Breton, 17 a Éluard, 18 a Lautréamont, 18 a Rimbaud,
18 a Soupault, 18 a Tzara, 15 a Freud, 17 a Sade, 10 a
Hegel, -20 a Napoleone, 12 a Chagall, 11 a Ernst, 11
a Ingres, 19 a Picasso, 10 a Trotsky, 13 a Lenin, e 12 a
Gesù.
Breton, che non amava la musica, dà zero a Bach,
e addirittura -25 a Beethoven, mentre attribuisce 16 ad
Aragon, 18 a Baudelaire, 17 a Éluard, 20 a Lautréamont,
18 a Rimbaud, 18 a Soupault, e 18 a Tzara; 16 a Freud,
19 a Sade 15 a Hegel, -25 a Napoleone, 12 a Chagall,
14 a Max Ernst, 17 a Ingres, 15 a Picasso; 10 a Trotsky e 12 a Lenin, zero a Gesù.
Soupault: conferisce 5 a Bach, 12 a Baudelaire, 19
a Breton, 16 a Éluard, 18 a Lautréamont, 15 a Rimbaud, 1 a Freud, 16 a Sade, 0 a Hegel, 13 a Napoleo-
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ne, 3 a Chagall, 2 a Ernst, -25 a Ingres, 1 a Picasso, 24 a Trotsky, -25 a Lenin, 20 a Gesù.
Il gioco successivo, detto del C adave re squisito , nacque intorno al 1925 e prese il nome dalla prima locuzione – “Il cadavere squisito berrà il vino nuovo” – ottenuta nel corso di un esercizio al quale parteciparono
cinque persone. Il gioco consiste nel far comporre una
frase da più persone senza che nessuna possa tener conto delle collaborazioni precedenti. La prima scrive un
sostantivo su un foglietto di carta, lo piega, nascondendo quanto scritto, e lo trasmette al secondo; questi vi aggiunge un aggettivo, passandolo, allo stesso modo, al terzo, che precisa con un verbo, continuando con il quarto e il quinto complice che completano la frase. Gli esiti sono sempre sorprendenti per la loro qualità insolita
e molto spesso poetica ed è straordinario come qui l’arbitrario diventi razionale – anzi evoca addirittura una
realtà altra. Gioca qui lo humour e in particolare la sorpresa, proprio quella che faceva dire, profeticamente, ad
Apollinaire, nel 1917, “La so rp re sa è la n uo v a g ran d e
m o lla. È per la sorpresa, per il ruolo importante riservato alla sorpresa, che lo spirito nuovo si distingue”203.
Per quanto concerne i disegni ottenuti con la tecnica del C ad av e re sq uisito – dove ogni partecipante aggiunge un particolare al disegno precedente senza vederlo – i risultati sono altrettanto sorprendenti204. In proposito, Breton chiarì che “nella loro preesistente volontà
di c o m p o r re un p e rso n ag g io i disegni che obbediscono
alla tecnica del Cadavere squisito hanno, per definizione, l’effetto di portare al colmo l’antropomorfismo e di
accentuare straordinariamente i rapporti che uniscono
il mondo esterno e quello interiore”205. Cito, a titolo
esemplificativo, un paio di Cadave ri squisiti firmati XXX
e pubblicati su Le Sur ré alism e au se r v ic e d e la ré v o lutio n (n. 4, dicembre 1931): “La ghigliottina profondamente egoista e diurna piangerà la bottiglia reale ma
corretta”. “Il sesso senza fine va a letto con la lingua ortodossa”.
Un altro gioco, Le Dialo g ue e n 1928, quello delle
domande e risposte dove chi rispondeva ignorava – è la
condizione primaria di tutti questo giochi verbali – il quesito dell’interrogante, fu pubblicato sul periodico succeduto a Litté rature : La Ré vo lutio n surré aliste (IV:11, marzo 1928). Il “dialogo” risultante da questo esercizio dette luogo, anche qui, a emozionanti quanto inconsuete immagine poetiche. Così dalla domanda di Suzanne Muzart, “Cos’è il giorno?”, Breton risponde: “Una donna
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che fa il bagno nuda quando cade la notte”. Quando la
stessa chiede: “Cos’è un bacio”, Breton risponde: “Una
divagazione dove tutto è stravolto”. In questo scambio
di battute – che riflettono in modo esemplare l’atmosfera
sentimentale che regnava tra i due protagonisti – sono
stupefacenti la coincidenza della questione con la risposta. Il dialogo seguente, tra Breton e Péret, entrambi fortemente impegnati politicamente, è altrettanto sorprendente per la stessa ragione. Péret chiede: “Cosa è la fratellanza”, Breton risponde: “Forse una cipolla”; Breton
chiede: “Cos’è il servizio militare?”, e Péret di rimando:
“È il suono di un paio di stivali che cadono in una scala!” Péret: “Cos’è un magistrato?”, Breton risponde: “Una
canaglia, un sudicione, una testa di cazzo”.
A questo primo Dialo g o ne seguì un altro nel 1929,
pubblicato sul periodico belga Varié té s – dove, nuovamente, chi rispondeva non conosceva la domanda – ma
con una variante, il gioco qui non si basa su un interrogativo ma sul condizionale (se… quando…), con risultati altrettanto improvvisi essendo entrambi i termini del condizionale frutto dell’automatismo verbale. Ne
cito alcuni con interlocutori diversi.
Breton: “Se la Rivoluzione scoppiasse domani” –
Aragon: “Essere recidivo sarebbe un onore per tutti”.
Yves Tanguy: “Quando i figli schiaffeggeranno i loro padri” – Breton: “I giovanotti avranno tutti i capelli bianchi”.
Péret: “Se le orchidee spuntassero nel cavo della mia
mano” – Breton: “I massaggiatori avrebbero qualcosa
da fare”.
Fecero seguito, a questi primi due dialoghi, esercizi più complessi che chiedevano risposte molto più articolate. Sotto il titolo di “Ricerche sperimentali”, il primo dei due dialoghi successivi fu pubblicato ne Le
Sur ré alism e au Se r v ic e d e la R é v o lutio n (n. 6, 15 maggio 1933), e aveva come tema “La conoscenza irrazionale dell’oggetto”. Si trattava quindi di indagare le caratteristiche ‘irrazionali’ delle cinque categorie seguenti: la palla di cristallo delle veggenti; un pezzo di velluto rosa; il dipinto di de Chirico, L’é nig m e d’une jo ur né e ;
Le possibilità irrazionali della vita in una data qualsiasi; Le possibilità di abbellimento irrazionale di una città.
A proposito di ciascuna di queste cinque categorie erano posti ben 26 quesiti. Per esempio, per la palla di cristallo delle veggenti, le prime tre delle 26 domande chiedevano: “È diurna o notturna? È favorevole all’amore?
Si presta a delle metamorfosi?”, alle quali Breton rispose,
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rispettivamente: “Notturna; Maggiormente indifferente, parzialmente molto favorevole; È proprio il luogo di
tutte le metamorfosi possibili”.
Nel 1934 Breton visita, con Giacometti, il mercato delle pulci, e gli vengono in mente una nuova serie
di domande per proseguire l’esperienza instaurata con
i due dialoghi precedenti. Il dialogo fu pubblicato su un
numero speciale di Do c um e n ts (giugno 1934), dal quale traggo alcuni esempi.
Éluard: “Cos’è l’esercito?” – Breton: “È un mezzo-soldato”.
Breton: “Cos’è la ragione?” – Éluard: “È una nuvola mangiata dal sole”.
Péret: “Cos’è la gioventù?” – Breton: “È un ladruncolo”.
Breton: “Cos’è il lavoro?” – Péret: “È l’esecuzione
di Luigi XVI”.
Breton: “Cos’è la pittura?” – Tanguy: “È una piccola nuvola bianca”. Risposta veramente straordinaria
dato che una nuvoletta bianca è quasi una costante nei
dipinti di Tanguy.
Tanguy: “Cos’è l’amore fisico” – Breton: “È la metà
del piacere”. Risposta altrettanto stupefacente conoscendo la visione surrealista dell’amore e tenendo presente che, in questo gioco, come già segnalato, chi risponde ignora qual è la domanda.
Un susseguirsi di avvenimenti tragici preannunciano
lo scoppio del secondo conflitto mondiale. Ovunque
prendono il sopravento le forze della reazione. In URSS
i processi di Mosca (1936-1938) liquidano i protagonisti della Rivoluzione d’Ottobre. In Francia vi è un tentativo di colpo di stato con l’assalto delle leghe fasciste
al Parlamento (1934). Francia e Inghilterra si rendono
complici, con la politica di non-intervento, dell’occupazione della Renania (1936), dell’intervento nazi-fascista
in Spagna (1936-38), dell’invasione dell’Etiopia (1935)
e dell’Albania (aprile 1939), dell’occupazione del territorio dei Sudeti (1938), dell’annessione dell’Austria
(1938). I surrealisti moltiplicano i loro interventi politici – non c’è più spazio per i giochi.
Un altro gioco, detto di Marsiglia, nacque durante
il periodo dell’occupazione tedesca (1940-41) quando
alcuni surrealisti si rifugiarono in zona non occupata,
a Marsiglia, alla villa Air Bel messa a disposizione dall’intellettuale e giornalista americano Varian Fry. In
quell’occasione fu ideato da André Breton un nuovo
gioco di carte che sarà disegnato da Frédéric Delan-
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glade, Oscar Dominguez, Max Ernst, Jacques Hérold,
Wifredo Lam e André Masson. Due serie “rosse” e due
serie “nere” hanno per simbolo, rispettivamente, la rossa: la Fiamma (=Amore), e la ruota insanguinata (=Rivoluzione), la Stella nera (= Sogno) e la Serratura (=
Conoscenza). L’asso, il re e la dama sono sostituiti dal
genio, dalla sirena e dal mago (il fante scompare) che
rappresentano dei personaggi storici o letterari, nell’ordine: Baudelaire, la religiosa portoghese, Novalis
(la fiamma); Sade, Lamiel (l’eroina di Stendhal) e Pancho Villa (la ruota). Lautréamont, Alice, Freud (“stella”); Hegel, Helène Smith (la medium), Paracelso (serratura). Il joker è il Père Ubu nel disegno di Alfred
Jarry.
Con il ritorno di Breton in Francia nel 1946 si ricostituisce il gruppo surrealista parigino i cui componenti
si riuniscono quasi quotidianamente e danno il via a nuovi giochi. Il primo dei quali, non pubblicato in rivista,
fu quello delle analogie. Si chiedeva quale animale avrebbe potuto essere un certo protagonista della cultura. Nel
1952 i partecipanti si riunirono il 26, 27, 28 aprile e il
2 maggio, prima al Caffé della Place Blanche e poi a
quello di Rue Bonaparte. Tra i 28 personaggi scelti vi
erano, tra gli altri, i poeti Apollinaire, Baudelaire, Lautréamont, Mallarmé, Rimbaud; tra i pittori, Hieronymus Bosch, il Doganiere Henri Rousseau, Giorgio de
Chirico, Marcel Duchamp, Gauguin, Munch, Watteau;
tra gli scrittori, Victor Hugo, Kafka, Novalis, Edgar Poe.
Ricordiamo alcune delle analogie più intriganti: Per
Breton, Apollinaire era un Uccello lira; per Jean-Louis
Bédouin, Baudelaire era un cigno nero; per Elisa Breton, Bosch era un millepiedi gigante; per Jean Schuster,
Duchamp era un’egretta (airone maggiore); per Péret,
Kafka era un castoro; per Charles Flamand, Novalis era
un gufo.
Il gioco seguente, anche questo non pubblicato in
rivista, si svolse tra il 1952 e il 1954, ed è una nuova versione dei Dialo g h i apparsi nel 1928, 1929, 1933 e 1934.
Questa volta la risposta a una triplice domanda (cosa
è?) non conosciuta dall’interlocutore esige una triplice
risposta (è). Diamo alcuni esempi.
Jean-Louis Bédouin chiede: “Cos’è l’onomatopea?
La barba? L’amianto?”.
Toyen risponde: “La finestra aperta; la farfalla di
notte; la marea bassa”.
Anne Seghers chiede: “Cos’è il sogno? La polvere? Un ombrello?”.
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Jean Schuster risponde: “Il Surrealismo [!!!]; un calabrone innamorato; un disco volante”.
Jean Schuster chiede: “Cos’è la morte? La pubertà?
Un calabrone?”.
Michel Zimbacca risponde: “Un monumento all’autocritica di Carrara; la luna che fugge; i legami dell’imene”.
Verso la fine del 1953, in un caffé di Parigi, nasce
il gioco dei sillogismi (anche questo non pubblicato in
rivista). Il gioco si svolse in tre o in gruppi di tre giocatori, ognuno dei quali è ignaro di quanto scritto dal predecessore, come è il caso per il C ad av e re sq uisito . Il primo fa un affermazione che inizia con la parola “Tutti”,
il secondo aggiunge una proposizione che inizia con
“però” e il terzo conclude il sillogismo con una frase che
inizia con “dunque”. Diamo un paio di esempi.
Péret: “Gli dei arrossiscono nell’erba alta…”
J.-L. Bédouin: “…però la libellula vede tutto nero…”
J. Schuster: “…dunque il crepuscolo è una frittella che arretra”.
Toyen: “Le conchiglie si socchiudono e si richiudono prima di rientrare…”
Péret: “…però la cavalletta prende gli ordini…”
J.-L. Bédouin: “…dunque la verginità è un vino da
tavola”.
O uv re z-v o us? (Aprireste [la porta]?) fu pubblicato, nel novembre 1953, sul primo numero del nuovo periodico surrealista Me d ium . Breton spiega: “Dato che
succede che siamo visitati in sogno da illustri personaggi
scomparsi da tempo […] non è sforzare troppo la china delle possibilità immaginare che, dallo spiraglio d’una porta, a seguito d’una suoneria, o di un bussare, potremmo essere in presenza di tale ‘nobile visitatore’ (come si dice un ‘nobile viaggiatore’) uscito dalla nostra iconografia. L’interesse di una tale speculazione sarebbe
– prescindendo dallo stupore che un tale brusco riconoscimento provocherebbe – di far subito precipitare
in noi i sentimenti assai spesso complessi che potremmo avere se identifichiamo di primo acchito l’arrivato,
oppure se fosse stato necessario che si presenti. Le uniche risorse sarebbero, infatti, di farlo entrare (con più
o meno entusiasmo) o di congedarlo (con più o meno
garbo)”.
Tra i personaggi a cui aprire, o meno, la porta, citiamo i seguenti: Balzac, Baudelaire, Cézanne, Chateaubriand, Fourier, Freud, Gauguin, Goethe, Goya, He-
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gel, Victor Hugo, Lenin, Mallarmé, Marx, Gustave Moreau, Nerval, Nietzsche, Novalis, Edgar Allan Poe, Robespierre, Henri Rousseau, J.-J. Rousseau, Seurat,
Stendhal, Van Gogh, Verlaine. Ed ecco un campionario di come i partecipanti a questo gioco accolsero l’ipotetico bussante. Da notare la coesione ideologica del
gruppo, le reazioni, negative o positive che siano, furono quasi sempre identiche, anche se con motivazioni evidentemente diverse.
Se il bussante fosse stato Cézanne, Breton risponde: “No, non avremmo nulla da dirci”; Jean Schuster:
“No, odio le mele”; Michel Zimbacca: “No, amo troppo i frutti”.
Nel caso di Freud, Breton: “Sì, con profonda deferenza”; Wolfgang Paalen: “Sì, pregandolo di farmi conoscere i passi omessi dal suo libro su Mosé”.
Per Hegel, Breton: “Sì, perché ne sono affascinato”; Gérard Legrand: “Sì, molto fieramente”; Péret: “Sì,
lo saluterai con grande rispetto”.
Per Lenin, Breton: “Sì (lo stratega)”; Wolfgang Paalen: “No, ha iniziato dei metodi inquisitori perfezionati dai suoi successori”; Zimbacca: “Sì, riservandomi di
fargli certe domande”.
Per Robespierre, Breton: “Sì, gli occhi negli occhi”;
Elisa Breton: “Sì, con amore”; Péret: “Sì, gli spalancherei
la porta”.
Per Verlaine, Breton: “No (abietto)”; Julien Grack:
“No, contatto sgradevole”; Legrand: “No, e con disprezzo”.
Tra i giochi del 1954, svoltisi in un caffé e non pubblicati in rivista, ricordiamo quello degli animali surrealisti. Qui si trattava di precisare, in ordine di preferenza, i dieci animali più amati. Vi parteciparono: Anne Bédouin (nessuna parentela con il seguente), JeanLouis Bédouin, Robert Benayoun, Breton, Jacques
Brouté (presenza meteorica), Cachin (idem), Aube Elléouët (figlia di Breton), Yves Elléouët (suo marito), Charles Estienne, Janover, Gérard Legrand, Nora Mitrani,
José Pierre, C. Seghers (presenza meteorica), Jean-Claude Silberman, Jean Schuster, Toyen. Le preferenze di
alcuni partecipanti:
Breton: farfalla, salamandra, tarsio, mantide, granduca, leone, elefante, giraffa, lince, scoiattolo,
Aube Elléouët (figlia di Breton): elefante, balena,
giraffa, uccello-mosca, cormorano, scoiattolo, scarabeo,
puma, salamandra, farfalla.
Nora Mitrani: lince, mantide, uccello-mosca, gran-
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duca, pantera, ermellino, tartaruga, salamandra, stella
di mare, scoiattolo.
Toyen: aquila, elefante, lince, pantera, granduca,
vampiro, cormorano, puma, scarabeo, balena.
Una curiosità di ordine statistico, gli animali più frequentemente segnalati furono, in ordine di presenza:
scoiattolo (9 volte), aquila (8), mantide (8), lince (7), leone (6), salamandra (6), farfalla (5), uccello-mosca (5), giraffa (5), elefante (4), ornitorinco (4), granduca (3), gatto (3).
Anche il gioco “Chi sono i tre” non fu pubblicato
in rivista ed è databile 1954-55. Si trattava di rispondere a 24 domande che elencavano persone, idee o oggetti la cui sparizione fosse la più augurabile. Elenco, a
titolo d’esempio, alcune di queste domande, con le risposte di alcuni dei partecipanti (non tutti hanno sempre risposto a tutte le domande).
1. Quali sono i tre atteggiamenti che ritenete più
intollerabili in una donna (o in un uomo?
Breton: Denunciare, ammazzare, elemosinare.
Péret: la volgarità, gli atteggiamenti libidinosi, l’ipocrisia.
Gérard Legrand: l’atteggiamento materno, l’indifferenza alle idee, la pretesa alle idee.
Nora Mitrani: la vigliaccheria, la menzogna, l’opportunismo.
Jean Schuster: la venalità, il senso dell’intrigo mondano, la grande presunzione intellettuale.
Toyen: la vigliaccheria, la volgarità, la brutalità.
2. Quali sono i tre individui la cui sparizione sarebbe la più augurabile?
Péret: il prefetto di polizia, il Papa, Franco.
Legrand: Franco, Cocteau, Anouilh, il quale affermava che l’amore si prende come la scabbia.
Mitrani: Salazar, Elsa Triolet, Cocteau.
José Pierre: Claudel, Buffet, Montherlant.
Toyen: Cocteau, Léger, Abbé Pierre.
4. I tre libri d’autori oggi celebri che non dovrebbero assolutamente essere ripubblicati?
Péret: La Fontaine, Molière, Voltaire.
Legrand: La Fontaine, Gide (I nutrim e nti te r re stri),
Carrel (L’uo m o q ue sto sc o n o sc iuto ).
Mitrani: tutta l’opera di Voltaire, Il c uo re in n um e re v o le di Anne de Noailles, I Pe n sie ri di Chamfort.
Schuster: La Fontaine, Racine, Voltaire.
Toyen: Aragon (Le s C o m m uniste s), Sartre (L’Esse re
e il n ulla), Malraux (Le v o c i d e l sile n zio ).
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Breton, “L’Un dans l’autre”, in
Mé d ium , n° 3, maggio 1954 (il
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5. Le tre idee che vi sembrano più dannose?
Péret: famiglia, lavoro, patria.
Legrand: l’Umanesimo, il lavoro, la “democrazia”
(suffragio universale).
Mitrani: il potere autoritario, l’idea della polizia, tutte le norme relative all’igiene, la paura dei microbi, principalmente nell’amore e l’amicizia.
Schuster: l’idea di morte, l’idea di Dio, l’idea del
lavoro.
Toyen: Dio, lo stalinismo, il fascismo.
18. Le tre perversioni che non potete ammettere?
Péret: coprofagia, necrofilia, lo stupro sistematico.
Legrand: omosessualità maschile, masochismo
maschile, voyeurismo.
Mitrani: coprofagia, rapporti con animali, sadismo
non gradito dal partner.
Toyen: masochismo, necrofilia, scatologia.
20. Le tre circostanze che vi impedirebbero di fare l’amore con l’essere che amate?
Péret: la presenza d’un uomo, un terremoto, esercizi di piano.
Legrand: un’ossessione intellettuale, una grande
stanchezza, il freddo esterno.
Schuster: davanti ad un pubblico cosciente del fatto, ubriaco, gravi turbe affettive.
Toyen: la malattia, la distanza, la stanchezza.
22. Le 3 leggi che vorreste siano abrogate?
Péret: servizio militare, la pena di morte, la legge
sulle camere ammobiliate.
Legrand: la pena di morte, la legge contro l’aborto, la legge che istituisce le case di correzione.
Schuster: non-denuncia dei malfattori, tutte le leggi che complicano all’estremo la concessione del divorzio, la legge sulla coscrizione.
Il gioco “L’uno nell’altro” fu ideato nel corso di una
riunione del gruppo, nel marzo del 1954, al caffé della
Place Blanche. Quella sera vi si discuteva, ancora una
volta, dell’analogia, e Breton, per fare un esempio, disse che il leone poteva facilmente essere descritto a partire dal fiammifero che stava per fregare. “Improvvisamente”, esclamò, “m’apparve evidente che la fiamma
contenuta in potenza nel fiammifero ‘avrebbe dato’ in
quel caso la criniera e che partendo da ciò sarebbero
bastate pochissime parole tendenti a differenziare, a particolareggiare il fiammifero, per imbastire il leone. Il leone è n e l fiammifero come il fiammifero è n e l leone”206.
Fu nel corso del ritiro del gruppo nel villaggio di Saint-
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Cirq La Poppi che l’idea fu attuata. Breton ne spiega le
regole: “Uno di noi ‘usciva’ e doveva decidere, tra sé e
sé , d’identificarsi con questo o quell’oggetto determinato
(una scala per esempio). In sua assenza, tutti gli altri dovevano convenire che egli si sarebbe presentato come
un altro oggetto (per esempio come una bottiglia di
champagne). Egli doveva quindi descriversi come una
bottiglia di champagne, offrendo tuttavia delle particolarità tali che all’immagine della bottiglia venisse a sovrapporsi a poco a poco, fino a sostituirvisi, l’immagine della scala. Nel far ciò, è ovvio che egli deve mantenersi in grado di potere incominciare le sue frasi, in modo più o meno esplicito, con ‘Io, bottiglia di champagne…’, o ancora: ‘Se io fossi una bottiglia di champagne che…’. Nel caso in cui il suo monologo, d’una durata compresa tra i due e i cinque minuti, non avesse
ancora permesso d’indovinare l’oggetto, i presenti erano invitati a fare delle domande, purché queste non cadessero nel gioco del ‘ritratto’”207. Quello che fu stupefacente, osserva ancora Breton, è che “per le circa trecento volte in cui il gioco dell’‘uno nell’altro’ venne ripetuto a Saint-Cirq con partecipanti variabili, n o i n o n
abb iam o av uto un so lo in suc c e sso . A volte la soluzione
venne data con una rapidità stupefacente, inspiegabile
sulla base delle poche cose che erano già state dette”208.
Do qui appresso il punto di partenza e d’arrivo dei due
termini dell’analogia:
Breton: sono un abito da sera = ricciolo di capelli.
Elisa Breton: sono una farfalla = bacchetta di rabdomante.
Péret: sono un cerimoniere ecclesiastico = baraccone di tiro.
Man Ray: sono una borsetta = biglia.
Schuster: sono una zanna d’elefante = Madame Sabatier.
Toyen: sono un cappello = crocicchio.
Zimbacca: sono un monocolo = gamba di legno.
J.-L. Bédouin: sono un coccodrillo = Jean-Jacques
Rousseau.
Robert Benayoun: sono un fuoco di bengala =
Lewis Carroll.
Il gioco seguente, quello delle C arte d i an alo g ia, fu
pubblicato nella primavera del 1959 in Le Sur ré alism e ,
m ê m e . Sul modello della carta d’identità francese, che
comporta varie rubriche, si trattava di elaborarne una
per un dato personaggio storico. La cosa comportava
due fasi. Il personaggio era scelto qualche giorno pri-
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Breton, “De qui est-ce”, in Le
Surré alism e , m ê m e , n. 5 (primavera 1959).
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ma della seduta. Ogni partecipante preparava la carta
d’identità (il numero delle rubriche essendo variabile).
Nel corso della seconda fase trascriveva la sua carta, che
doveva essere anonima, su un bollettino. Tutte le risposte
erano poi lette e si procedeva al voto per scegliere quelle che avrebbero figurato sulla carta d’identità, frutto così di un lavoro collettivo. Qui appresso tre di queste carte d’identità:
Sigmund Freud
1. Fotografia: talpa stellata
2. Figlio di: del giorno e della notte
3. Data di nascita: il 2 dicembre 1814 alle 10 di sera
4. Luogo di nascita: Giza ai piedi della Sfinge
5. Nazionalità: siberiana (Circolo paleolitico)
6. Professione: gioco dell’oca
7. Domicilio: Il G rid o di Edward Munch
8. Taglia: fico di baniano
9. Cappelli: oltremare
10. Viso: Jasone
Charles Baudelaire
Fotografia: cigno nero
Figlio di: un ciottolo nero e d’una tuberosa
Data di nascita: inizio della cultura delle orchidee
Luogo di nascita: Oasis di Bunger (antartico)
Nazionalità: balinese
Professione: roulette russa
Domicilio: La te m p e ta di Giorgione
Taglia: fiammeggiante
Cappelli: vecchia Borgogna
Viso: ambrosio
Occhi: labradorite
Tinta: luna rossa
Voce: Cantico dei Canti
Segno particolare: imbalsamazione priapica
Cambio di domicilio: letto
Religione: voluttà e calore di morte
Impronta digitale: un fuoco racchiuso in un’acqua
De Q ui e st-c e ? (Di chi è?). Questo gioco – forse il
più straordinario esempio dell’arte della divinazione laica, ebbe come protagonisti Breton e la moglie Elisa –
e conferma, ai miei occhi, che tra due esseri legati da
un amore profondo si stabilisce un rapporto anche telepatico. Breton racconta come nacque, del tutto casualmente, questo esercizio che, in difetto di un altro termine, chiamiamo pure ‘gioco’: “Chiedo a Elisa se, prendendo una busta chiusa che le si porge, prova, come me
– in presenza di una scrittura sconosciuta, o non rico-
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nosciuta – un sentimento di simpatia o antipatia che potrebbe, in seguito a un esempio più approfondito, lasciare
oscuramente presentire qualche affinità o il loro contrario. – Non vi ha mai pensato consciamente; dato il
suo temperamento ‘sognatore’ è capace di identificare
tuttalpiù solo una decina di scritture […] e certifico che
ignora persino i rudimenti della grafologia. – Così metto sotto i suoi occhi una prima busta poi altre, dato l’interesse di quanto le ha suggerito. Secondo la divinatrice, ella procede secondo un sistema d’in te g razio n e della stessa natura esposta da Malcolm de Chazal nella prefazione del suo Se n s p lastiq ue II; ‘Mi integro all’albero, al fiore o al frutto [lei, alla scrittura] da dove, con
l’occhio interiore del mio doppio, contemplo, dietro queste vetrine immateriali della vita, la natura [qui, lo spirito altrui] come dall’interno, per tornare poi al mio essere primo, grazie a un narcisismo al rovescio’. L’esame visivo si avvale spesso di un movimento dell’indice
destro che riproduce in aria il disegno delle lettere. Il
tempo di lettura è, mediamente, dai cinque ai sette minuti”209. Breton conclude con una riflessione che potremmo fare nostra: “Che si tratti di un dono elettivo,
oppure no, si riconoscerà, penso, che vi sono qui delle
intuizioni sorprendenti e che gli errori minuti sono largamente compensati”. A titolo d’esempio, cito tre interpretazioni fatte da Elisa della scrittura, a lei sconosciuta, di uno scienziato, di un pittore e di un poeta.
Busta ricevuta da Sigmund Freud:
Molto preoccupato da problemi tedeschi (come del
romanticismo tedesco oppure…) non essendo lui per
niente tedesco, ma… – Temperamento estroverso. – Certamente una grande personalità. – Qualcuno che vede
molto di più i grandi campi della vita che i loro dettagli. – Molta vitalità. – Esuberanza. – Segue la sua via
senza fermarsi. Continuità del pensiero.
Busta ricevuta da Francis Picabia:
Grande forza istintiva che si traduce in tutto quello che fa. – Spirito pieno d’invenzione che non guarda
per niente al passato, alla tradizione. Grande indipendenza di giudizio. Mette molta aria in quello che fa; niente di ristretto in lui. – Violento. – Audace; nessuna timidità. – Bisogno di bruciare le tappe. – Lato cinico –
Anche lato sentimentale. – Uomo di grande calibro e violenza. – 60 anni (ma allora in ottima forma). Creatore.
Busta ricevuta da Antonin Artaud:
(Lie vissim o so r riso ). Molta spontaneità e disordine.
– Una persona che non vive per niente sui dati razio-
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nali. Grande avventuriero dello spirito. Nessun senso dell’economia. – Francamente disordinato dal lato materiale della vita. – Mi dà l’impressione di vivere come un
uccello sulla frasca, totalmente imprevidente. – Molto
artista, artista nell’anima, certamente. – Pittore. – La vita civile pesa su di lui. – Ricca immaginazione. – Molto a margine delle convenzioni di ogni tipo. –55 anni.
Un’altra occasione che esplicitò l’interesse dei surrealisti per la dimensione ludica della vita fu il “Festino
sul corpo della donna nuda “ (in quel caso quello di Meret Oppenheim). L’evento fu messo in scena alla Galerie
Daniel Cordier nel 1960, per la vernice della mostra collettiva surrealista dal titolo “EROS”. Sul corpo di Meret, che riposava su un tavolo, furono collocati una grande varietà di cibi. I commensali, nel consumarli, svelavano, sempre più, il bellissimo corpo della nostra eroina.
Vedi La Brè c h e , n. 3, settembre 1962.
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L’ultimo gioco, A r ric ch ite il v o stro v o c ab o lario 210,
fu ideato nel 1962, quattro anni prima che Breton ci lasciasse prematuramente appena raggiunti i settant’anni. Qui si trattava di dettare una definizione lapidaria,
seguita da un esempio pratico, come d’uso nei dizionari,
per una parola inventata. Una delle parole scelte fu Mam o u. Tra le altre, cito due definizioni che ne furono date.
Questa è quella di Elisa Breton: “Forma oscura dell’impronta di una lupa sul palmo della mano. Il mamou
re sta v isib ile attrav e rso il g uan to ”.
Arrabal ne dette la definizione seguente: “Piccolo
vitello. Esempio: il m am o u si sc o stò d a m e p e r un istan te e p o te i v e d e re la sua p an c ia. V id i all’in te r n o un m am o u ch e d o r m iv a: il suo v iso e ra il m io ”.