I “danni collaterali” di industria ed agricoltura

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I “danni collaterali” di industria ed agricoltura
L’opinione
del direttore fiPE
I “danni collaterali”
di industria ed agricoltura
le ragioni per
cui ci opponiamo
all’articolo
62 del decreto
liberalizzazioni
4 mixer
novembre 2012
S
ui giornali si legge tutti i giorni
che i bombardamenti ed i cannoneggiamenti del regime di Damasco
invece di colpire gli insorti hanno
fatto strage di innocenti in città e
villaggi: questi li chiamano “danni collaterali”. Anche in Italia abbiamo subito eventi
di questo tipo, ma ritenevamo che con la
fine della guerra fossero cessati.
Errore!
Con il decreto liberalizzazioni è stato introdotto il famigerato articolo 62 che impone
di pagare a 30/60 giorni i prodotti alimentari e di avere un contratto di acquisto per
ogni fornitore e ciò allo scopo di tutelare
produttori ed agricoltori dallo strapotere
delle centrali di acquisto di ipermercati e
supermercati.
La norma, guarda caso, si applica a tutti gli
acquisti di alimenti da chiunque effettuati
e, quindi, investe centinaia di migliaia di
imprese di tutte le dimensioni, ma prevalentemente micro, del settore della somministrazione di alimenti e bevande che
dovranno pagare a 30 giorni i fornitori di
alimenti freschi ed a 60 quelli di alimenti
non deperibili, pena una sanzione da 500
a mezzo milione di euro.
Tutto ciò mette in ginocchio un settore un
settore in forte difficoltà causando rilevanti
problemi tanto ai ristoranti di fascia alta,
che alle mense, che ai locali marginali,
che agli stessi produttori destinati a perdere fasce di clientela che non potranno
più permettersi di avere delle scorte, ma
dovranno esasperare la rotazione del magazzino vista sia la difficoltà di accesso al
credito che il divieto di contrattare diversi
termini di pagamento.
Infatti, anche se l’esercente si dovesse accordare con il suo fornitore per pagare con
comodo rischierebbe in caso di ispezione
della Guardia di Finanza la denuncia all’Antitrust per aver pagato dopo 30/60 giorni o
per non avere copia del contratto e, in ogni
caso, sarebbe condannato a non cambiare
fornitore per non essere denunciato dal
vecchio per ritardato pagamento.
Siamo di fronte ad una norma palesemente incostituzionale poiché tratta nello stesso modo situazioni diverse ( basti
pensare al produttore quotato in borsa
che la usa contro il chiosco bar ) ed in
contrasto con la normativa comunitaria
che prevede per i privati la piena libertà
di determinare i termini di pagamento.
FIPE, con la assistenza del Prof. Antonio
Baldassarre, ha provveduto sia a denunciare
il Governo italiano alla Comunità affinché
questa apra una procedura di infrazione,
sia a porre in essere le azioni per provocare
una pronuncia della Corte Costituzionale. M
Marcello Fiore