GIAN ENRICO MANZONI UNA BRESCIANA PER DAFNI E CLOE

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GIAN ENRICO MANZONI UNA BRESCIANA PER DAFNI E CLOE
GIAN ENRICO MANZONI
UNA BRESCIANA PER DAFNI E CLOE1
«Era ormai l’inizio dell’estate e tutto era al culmine del suo rigoglio; gli alberi in frutto, i campi con le
loro messi. Dolce era il canto delle cicale, soave la fragranza dei frutti maturi, piacevole il belare delle
pecore. Si sarebbe creduto che i fiumi placidamente fluendo mormorassero un canto, che i venti spiranti
fra i pini suonassero melodie di flauti e che il sole invitasse ciascuno a spogliarsi». Sono parole della
traduzione del testo greco di un romanzo pastorale, intitolato «Dafni e Cloe», opera di Longo detto
Sofista. Ci descrivono un paesaggio estivo in cui il caldo si fa sentire ovunque ma non è opprimente,
lascia spazio alle attività agricolo-pastorali e permette ai corsi d’acqua di continuare a scorrere con la loro
corrente leggera. Un’estate idilliaca, questa, con le caratteristiche della piacevolezza, dell’amenità dei
luoghi e del clima. È ambientata in un’isola greca dal nome famoso: Lesbo, la patria della poetessa Saffo
e forse dell’autore del romanzo di cui stiamo parlando. Di Longo sappiamo davvero poco e su di lui
possiamo formulare solo congetture. Forse era un cittadino romano residente in quell’isola, forse aveva
un nome greco cioè Makròs, romanizzato in Longus, che voleva dire quasi la stessa cosa. Oppure niente
di tutto questo è vero, e le più diverse ipotesi sono aperte. Neanche sappiamo con sufficiente precisione
quando sia vissuto. Il suo romanzo, in quattro libri, è stato collocato tra il secondo e il sesto secolo d.C.,
ma più probabilmente appartiene alla fine del secondo o all’inizio del terzo: è un’espressione di quel
movimento letterario e filosofico che prende il nome di Nuova (o Seconda) Sofistica, che cercava di
trovare una forma di conciliazione culturale tra la retorica e la filosofia. Abbiamo visto prima un passo
del primo libro, in una bella traduzione italiana. Essa è opera recente di Maria Pia Pattoni, docente di
Letteratura greca nella sede bresciana dell’Università Cattolica. La studiosa ha da poco pubblicato nella
collana dei classici greci e latini della Bur un volume che contiene i quattro libri di «Dafni e Cloe», con il
testo greco e la traduzione italiana; e soprattutto, con una ricchissima introduzione, corredata da molte
schede informative, che spiegano tutto il possibile su questo romanzo e il suo autore. L’introduzione è di
taglio soprattutto letterario, con capitoli che studiano il rapporto con l’epica, con la tragedia, con la
commedia, con il mimo e con la poesia pastorale precedente a Longo, in cui il modello è il siracusano
Teocrito con i suoi idilli. Pur essendo questo un volume destinato a un pubblico non specialistico, qui
anche lo specialista trova spiegazioni approfondite ed esaustive. Poi c’è il testo del racconto, greco e
italiano, e il lettore prova a questo punto il piacere della lettura: è una narrazione amena, che ha per
protagonisti due giovani pastorelli, che vivono quotidianamente il sorgere e lo sviluppo della loro
passione amorosa. L’ambiente è quello della campagna intorno alla città di Mitilene, nell’isola di Lesbo.
La vicenda amorosa conosce momenti alterni e un po’ di vicissitudini, che obbediscono, ma solo in parte
- precisa la Pattoni - al cliché del romanzo greco: ci sono anche i pirati e dei soldati rapitori a
movimentare la trama, ma alla fine la conclusione è lieta, e Dafni e Cloe convolano a nozze. La
cerimonia nuziale è ridotta al minimo, e Longo precisa che si tratta di un rito pastorale, che si risolve in
una festa piacevole. Si svolge un grande banchetto, in cui alcuni invitati cantano alla maniera dei
mietitori, mentre altri provvedono ad animare la serata, lanciando motteggi all’indirizzo degli sposi. Ci
sono alcuni partecipanti alla festa che suonano i flauti, altri la zampogna, altri ancora che danzano, ma gli
sposi non si curano di ciò che avviene intorno a loro e continuano a scambiarsi baci. È un mondo in pace
con se stesso, pieno di buoni sentimenti e di garbate maniere: ed è merito di Maria Pia Pattoni di averci
fornito gli strumenti per conoscerlo e gustarlo.
1
Giornale di Brescia, 14.7.2005.