Lasciamoli sottoterra

Transcript

Lasciamoli sottoterra
Scienza
Serbatoi di greggio a Cushing, in Oklahoma, aprile 2016
pegni presi con l’apertura di nuovi pozzi,
miniere e siti di fratturazione è la cattura e il
sequestro del carbonio: estrarre l’anidride
carbonica dai gas di scarico delle centrali e
coninarla in appositi siti geologici di stoccaggio. Ma, nonostante i tentativi di dimostrarne l’eicacia, la tecnologia non è stata
testata su larga scala e sembra essere a un
punto morto.
NICk OxFORd (REUtERS/CONtRaStO)
Soluzioni magiche
Lasciamoli sottoterra
George Monbiot, The Guardian, Regno Unito
La scelta è semplice: o si
continuano a sfruttare i
combustibili fossili o si rispetta
l’accordo di Parigi sul clima.
Fare entrambe le cose non è
possibile, scrive George Monbiot
vranno anche irmato, ma hanno capito di che si tratta? Si direbbe di no. I governi non hanno la più pallida idea di cosa
comporta la ratiica dell’accordo di Parigi
sul cambiamento climatico: o rispettano gli
impegni presi a livello internazionale o consentono la prospezione e lo sfruttamento di
nuove riserve di combustibili fossili. Fare
entrambe le cose non è possibile.
L’accordo di Parigi, raggiunto a dicembre da duecento paesi, s’impegna a mantenere “l’aumento della temperatura media
mondiale ben al di sotto di due gradi rispetto ai livelli preindustriali” e aspira a limitarlo a 1,5 gradi. Che signiica? Grazie a un rapporto dell’associazione Oil change international è ora possibile rispondere alla domanda con un certo margine di precisione.
Partendo dai dati del settore, il rapporto
A
104
Internazionale 1174 | 7 ottobre 2016
mostra che bruciare petrolio, gas e carbone
dei giacimenti e delle miniere attivi o in
procinto d’apertura causerebbe un aumento della temperatura globale di più di due
gradi. Se l’intera estrazione di carbone venisse interrotta oggi stesso, il petrolio e il
gas estratti inora provocherebbero un aumento di più di 1,5 gradi. L’idea che si possano sfruttare nuove riserve di gas, petrolio o
carbone senza mandare in fumo gli impegni presi a Parigi è dunque insostenibile.
Non è un eccesso di pessimismo, anzi. Il
rapporto si serve della valutazione del rischio adottata dalle Nazioni Unite, che ha
stimato al 66 per cento la probabilità d’impedire l’aumento di due gradi e al 50 per
cento la probabilità d’impedire quello di 1,5
gradi, un rischio che in qualunque altro settore sarebbe ritenuto avventato. Per scongiurare l’aggravarsi della situazione, però,
l’obiettivo dei due gradi comporta l’uso solo dell’85 per cento dei combustibili fossili
oggi disponibili, mentre l’obiettivo di 1,5
gradi comporta l’estrazione di poco più di
un terzo dei combustibili. Che senso ha,
quindi, inaugurare nuovi giacimenti se l’accordo di Parigi preclude l’intera estrazione
delle risorse già in produzione?
L’unico strumento per conciliare gli im-
La convinzione di alcuni governi di poter
sforare i limiti ed eliminare in seguito l’anidride carbonica dall’aria si fonda su soluzioni che non sarebbero meno realistiche se
contemplassero la stregoneria.
La proposta più difusa è combinare il
miraggio della cattura e del sequestro con
piantagioni di biocombustibili su una supericie due o tre volte più grande di quella
dell’India per poi raccogliere questo combustibile, bruciarlo e stoccarne le emissioni. L’occupazione di qualche centinaio di
milioni di ettari di terra fertile dovrebbe
competere con tutti gli altri problemi (che
la bacchetta magica dei biocombustibili
dovrebbe far sparire), come l’uso di benzina e cherosene, o la trascurabile questione
di sfamare la popolazione mondiale.
Sciocchezze simili si spacciano per alternative a un’idea molto semplice: smettere di scavare. C’è un’unica forma di sequestro del carbonio scientiicamente provata
e pronta all’uso: lasciare i combustibili fossili sottoterra. Non avviare nuovi giacimenti è molto più facile che aprirli per poi doverli chiudere. Come sottolinea il rapporto di
Oil change international, chiudere le miniere e i pozzi attivi signiica afrontare e
risarcire le aziende che hanno investito nella produzione nonché riqualiicare e riassumere i dipendenti che perdono il lavoro. Ma
per rispettare l’accordo di Parigi bisognerà
farlo comunque. Perché, allora, alimentare
il problema invece di contenerlo?
Ecco le scelte a disposizione. 1) Ridurre
gradualmente e in modo regolato la produzione esistente rimpiazzandola con energie
rinnovabili e infrastrutture a basse emissioni che danno occupazione. 2) Consentire
ancora per un po’ la produzione di combustibili fossili ai ritmi attuali, e poi far chiudere improvvisamente il settore, con ripercussioni rovinose sull’occupazione e l’economia. 3) Continuare a produrre combustibili fossili come adesso, con conseguente
catastrofe climatica.
È così diicile scegliere? u sdf