Mamma, mi faccio prete! - Provincia Regionale di Catania
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Mamma, mi faccio prete! - Provincia Regionale di Catania
12 SPECIALE Mamma, mi faccio prete! In provincia di Catania, quasi 70 seminaristi si avviano al sacerdozio. Viaggio nel mondo delle vocazioni, dove... rancesco lavorava.Ad appena 20 anni conseguito il diploma di tecnico elettronico era riuscito da solo, i genitori piccoli braccianti agricoli,non avevano potuto aiutarlo in alcun modo,ad inventarsi un lavoro come programmatore di pc. Un giorno torna a casa e informa che vuole entrare in seminario per farsi prete. Giuseppe, invece, 28 anni, impiegato in un Ente pubblico, fidanzato da due, da tempo si dedica, nel tempo libero a propagandare la fede dei Testimoni di Geova, addirittura aveva fatto “carriera” diventando un bravo lettore del Vangelo anche lui, nello spazio di un mattino, decide di intraprendere gli studi teologici per diventare sacerdote. Due esempi dei circa 70 seminaristi che attualmente frequentano l’Istituto Teologico San Paolo a Catania alla Circonvallazione provenienti anche dagli altri due seminari della F L’Istituto Teologico San Paolo di Catania provincia quello di Caltagirone e quello di Acireale. Per capire cosa spinge un giovane a percorrere la difficile strada della vocazione sacerdotale abbiamo fatto un piccolo viaggio all’interno della realtà vocazionale della Provincia di Catania. Prima tappa Caltagirone. Il Vicario Generale e Rettore del seminario è don Vito Valenti che si occupa della struttura da oltre 10 anni. Dalla zona del Calatino provengono una quindicina di giovani;la gran parte di loro segue i corsi di Catania,due sono a Messina ed uno a Roma. “Consideri - dice don Valenti - che gli studi sono abbastanza lunghi. Non sono mai inferiori ai 7-8 anni (tra anni di base, specializzazione e almeno un anno di studi pastorali). I nostri ragazzi sono tutti molto motivati e appena ordinati sacerdoti non vedono l’ora di tornare nella zona di origine per mettere al servizio della comunità locale tutto quello che hanno imparato, per tornare a servire la propria gente”. In questo senso è un patrimonio importante che rimane sul territorio. Non subisce, salvo casi sporadici ed episodici, fenomeni di migrazione se non temporanea e legata al ciclo di studi”. Oggi le vocazioni sono consapevoli, avvengono sempre più spesso in età adulta tanto che i cosiddetti Seminari minori (quelli che accoglievano i giovanissimi spesso spinti dalle famiglie o da fattori culturali e sociali) non esistono più. E dire che negli anni ’70 si era assistito ad un crollo delle vocazioni. Sembrava che le chiese dovessero restare desolatamente chiuse per mancanza di sacerdoti. Un tracollo che faceva presagire fosco il futuro. Tutta colpa della spinta rivoluzionaria del Concilio Vaticano II° che, come ogni grande novità, Il prete, chi è? come ogni momento rivoluzionario rappresentando un cambiamento troppo forte aveva disorientato tutto il mondo delle vocazioni facendo apparire come inutile, se non “vecchia”, ogni spinta alla vocazione sacerdotale. Quindi preti sempre più vecchi e sempre più pochi. Invece dalla metà degli anni ’80 la rapida ripresa. Il clima culturale post-conciliare si rasserena, si chiariscono i contorni della riforma voluta da Papa Giovanni XXIII e continuata da Paolo VI, e le vocazioni sacerdotali riprendono nuovo vigore. Don Sebastiano Raciti, rettore del Seminario di Acireale, afferma “una ripresa che è stata opera anche dell’esplosione delle associazioni cattoliche, del volontariato, di tutto un mondo parallelo che ha fatto da terra di coltura per i nuovi sacerdoti”. Un sacerdote quello “moderno” che sente il proprio compito come pilastro della società, come identità di riscatto per l’uomo moderno. I giovani che scelgono di diventare sacerdoti studiano a Catania,spesso da pendolari,a volte vivendo nel grande edificio dell’Istituto teologico San Paolo della Circonvallazione, “infatti - dice don Vincenzo Algeri che ne è il Rettore - noi “raccogliamo” tutti i ragazzi della Provincia e non solo da quella di Catania perché da noi studiano anche 6 seminaristi che vengono da Nicosia, in provincia di Enna, e 5 da varie parti del mondo. Il nostro istituto di fatto raggruppa gli studenti di sei Diocesi della Sicilia. La mia esperienza mi suggerisce di affermare che ogni vocazione è una storia unica. Il cammino di fede che si intraprende per abbracciare la vocazione cam- Chi è il prete? Rispondere a questa domanda non è facile; non tanto perché occorrerebbero molte parole, quanto perché il prete è un mistero a se stesso. E ogni parola è terribilmente insufficiente ad esprimere il mistero. Quando un fedele va a confessarsi e sente le parole del perdono, sa benissimo che è un uomo fragile come lui che le sta pronunciando, ma in quel momento sperimenta che Gesù Cristo si sta servendo di quell’uomo per ricolmarlo nello Spirito Santo,della misericordia del Padre. Il fedele, quando partecipa alla Messa, vede benissimo che un uomo come lui sta a guidare la preghiera della comunità e ripete le parole e i gesti di Gesù, ma sperimenta in quella guida,nelle parole del Vangelo che egli proclama, in quei gesti e in quelle parole di Gesù che egli ripete, la presenza stessa di Gesù Salvatore, del suo sacrificio, del suo corpo offerto e del suo sangue versato. Nel prete il fedele sa di incontrare Gesù pastore. Conosce e sperimenta i limiti di un uomo, ma lo sa strumento di Gesù, che ha promesso di essere presente nei suoi ministri: “Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato” (Luca 10,16). Ed è fedele a questa promessa: è presente nei suoi ministri, soprattutto quando celebrano i sacramenti. S. Francesco, che non era prete,aveva un gran rispetto dei preti e lo ha insegnato ai suoi frati. Il motivo di questo rispetto lo trova proprio nel fatto che i preti celebrano l'Eucarestia. Il prete è portatore di un mistero più grande di lui. Il mistero dell'amore di Dio, che in Cristo cerca l'uomo per farlo partecipe della sua vita. I fedeli incontrando il prete vogliono incontrare Dio, cercano la sua parola cercano l'incontro con lui. Il prete deve farsi trasparenza di questa presenza. Deve farsi plasmare dallo Spirito Santo per fare trasparire in Cristo pastore. Don Vincenzo Algeri, rettore del Seminario Arcivescovile di Catania 13 14 La vita SPECIALE bia radicalmente da soggetto a soggetto forse con un’unica determinazione tornare tra la propria gente a predicare il Vangelo”. E le ragazze? Anche tra le ragazze esiste un rilancio delle vocazioni? “No - risponde don Algeri - dalle mie informazioni risulta che tra le ragazze la crisi vocazionale perdura. C’è un certo risveglio solo verso le condizioni contemplative, di clausura o missionarie ma la condizione di vita nelle normali congregazioni religiose non è vista con interesse dalle ragazze. Un po’ per le condizioni comunitarie tra le religiose, un po’ per il ruolo, purtroppo ancora marginale, operato dalle suore rispetto al sacerdote che è inserito molto più attivamente nella vita sociale. Una condizione, un luogo comune che non condivido ma del quale, al momento si deve prendere atto”. Quello che emerge dalla nostra breve indagine è, in conclusione, che fare il prete oggi non è più un sano rifugio, un mestiere contemplativo, un amministrare i sacramenti ma viene inteso come servizio, come compito di sostegno verso una società debole, con tanti problemi che ha bisogno di punti di riferimento, di supporti organizzativi e morali. Compiti, questi, che il sacerdote svolge sempre con grande impegno anche sostituendosi a tanti altri soggetti sociali che questi compiti non svolgono più. La vita è un grande e irripetibile dono e chiede di essere impegnata per qualcosa o meglio per Qualcuno. Nella cultura dominante questa consapevolezza si è pericolosamente affievolita e si scade facilmente in concezioni di vita segnate dalla sete del guadagno o del successo e il dono viene sì investito ma per arricchirsi egoisticamente anche a scapito di chi mi vive accanto. Scoprire che invece si è conosciuti con il proprio nome – la mia vicenda personale – e chiamati a portare a compimento un compito a favore degli altri, fa uscire dalla monotonia grigia e ripetitiva perché si diventa protagonisti di un futuro costruito sull’amore e sul dono gratuito di sé agli altri. Questo significa interpretare la vita come vocazione, come invito di Dio che cambia la direzione di marcia e apre il cuore alla gioia di essere collaboratori della Sua presenza nella storia di oggi. Don Sebastiano Raciti, Rettore del Seminario Vescovile di Acireale Roberto Lombardo Per passione, solo per passione... In una serena e assolata mattinata di gennaio, incontriamo tre preti al seminario arcivescovile di Catania. Un’oasi nascosta tra alberi e prati curati, a riparo dalla trafficatissima circonvallazione di Catania, ma in realtà distante solo pochi metri. Un vivace scambio di idee con il rettore del seminario Monsignore Vincenzo Angeri, il giovanissimo vicerettore, scambiato per seminarista, Nunzio Capizzi e il padre spirituale Giuseppe Schillaci, ha segnato il nostro incontro con questi uomini di fede. “Chi approda in seminario, solitamente almeno, ha 18 anni compiuti, dopo la maturità. Attualmente a Catania ci sono 30 seminaristi, tra questi 6 ragazzi della diocesi di Nicosia, e 5 stranieri (2 del Burundi, 2 dall’India e un ragazzo dal Guatemala). Gli anni di studio sono sei piuttosto impegnativi, il primo è propedeutico, un anno istituito da poco che prepara all’ingresso al seminario e soprattutto alla vita sacerdotale. Padre Capizzi ci tiene a sottolineare che “andare al Seminario non equivale ad andare ad imparare un mestiere, ma è un modo per apprendere uno stile di vita. Chi si fa prete dà la sua vita a Dio ed ad altre persone”. “La formazione dei giovani seminaristi punta su quattro dimensioni importanti. - afferma padre Schillaci Quella “umana” basata sui valori che definiscono l’uomo nella sua maturità, che l’aiutano a rapportarsi con gli altri, quella “spirituale” che indica il cammino tracciato dalla parola del Vangelo, dalla preghiera e dalla celebrazione eucaristica, per andare al terzo passo, quello “intellettuale”. A tutti questi ambiti va incluso l’inserimento dei seminaristi nelle parrocchie, dove vanno durante il week end. Questa è la dimensione “pastorale”, i ragazzi rientrano almeno due giorni alla settimana La vocazione Non è mai stato facile farsi prete, tanto più in questi nostri tempi in cui il pensare della società non è certamente orientato a valori ed interessi spirituali! Pur tuttavia, anche oggi ci sono giovani che scommettono la loro vita per dedicarsi al servizio di Dio e dei fratelli. Farsi prete oggi è un andare contro corrente, un volere dare senso alla propria vita e al proprio futuro a partire da qualcosa o meglio da QUALCUNO che ti ha affascinato, che riempie d'amore la tua vita. Proprio il sentirsi amati, il sentirsi chiamati ad amare può orientare un'esistenza; anche quella del prete è un'esperienza d'amore. Questa vita ha come orizzonte lo spendersi per gli altri, come metodo il dono di sè attraverso l'esercizio del ministero della Parola, dell'Eucarestia, del Perdono... La sorgente da cui scaturisce questa felicità e dunque la realizzazione di questo progetto di vita è nella consapevolezza di doversi fare quotidianamente e con molta umiltà discepoli del Signore. Don Vito Valenti Vicario Generale Diocesi di Caltagirone nella comunità di appartenenza, conoscendo meglio le problematiche della quotidianità e della vita parrocchiale”. Certo è un periodo lungo quello del seminario, che oltre alla preghiera e allo studio, prevede momenti di riflessione e non si escludono tantomeno i ripensamenti e il desiderio di tornare alla vita di tutti i giorni. E su l’abbandono monsignore Angeri salomonicamente dichiara che “anche chi lascia il seminario lo fa per seguire il vero cammino. Questi anni di studio servono per capire se è stata una chiamata vera o no. Le paure che colgono i nostri seminaristi sono quelle legate alle scelte da fare e alle relative conseguenze continua il rettore del seminario arcivescovile - Non possiamo certo dire che c’è una crisi delle vocazioni. C’è solo una sproporzione notevole tra il numero di preti presenti sul territorio e il numero di fedeli. Comunque tutte le parrocchie della nostra diocesi hanno un prete che si occupa nella propria comunità. Una certa crisi di vocazione, dal punto di vista numerico, si avverte solo tra i religiosi che sono sempre meno”. Ma una volta imboccata la via del sacerdozio quali sono le difficoltà o i traguardi che un prete deve affrontare o raggiungere? Per padre Capizzi “ è importante avviare il dialogo con i propri parrocchiani. Il prete non è come l’amico con cui si scambiano le confidenze da pari, ma deve dare la parola più grande, deve saper dire la verità anche se questa è dura e difficile”. “Un sacerdote non deve aspettarsi nulla, deve essere un uomo di misericordia, deve seminare senza aspettare i frutti” enuncia padre Schillaci. Nel nostro lungo incontro abbiamo ricordato anche un prete che adesso non è più nel regno dei vivi, padre Nino Cannata, un ex dipendente della Provincia, che aveva avuto la sua vocazione non più giovanissimo, e che è approdato alla vita sacerdotale solo per tre mesi, da giugno a settembre dello scorso anno. Il seminario arcivescovile di Catania oltre a formare i sacerdoti prepara diversi laici grazie la “Scuola teologica”, un modo per completare la loro formazione cristiana ed approfondire la fede. Anna Asero 15