Il mercato deI manager
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Il mercato deI manager
Dirigente, la rivista di Manageritalia - Luglio/Agosto 2015 Focus Il mercato dei manager Barbara Busetto è partner di Proper Transearch e consulente senior di executive search. Fabio Ciarapica è consigliere di amministrazione di Praxi e managing director di Praxi Alliance. Proper Transearch, Praxi Alliance, Kilpatrick International, Key2people: quattro società di executive search fanno il punto sulle migliori opportunità professionali in Italia e all’estero, dando consigli utili per la carriera Enrico Pedretti 38 luglio/agosto 2015 Cristina Spagna è presidente e direttore generale di Kilpatrick International e membro del board. Francesco Tamagni è direttore generale di Intermedia Selection, gruppo Key2people di cui è partner. Qual è il polso del mercato manageriale che seguite per settori e tipologie di aziende? Barbara Busetto, Proper Transearch «Il mercato è stabile sui valori del 2014, con leggera crescita per i quadri, per figure destinate ai mercati esteri e per le aziende di grande dimensione. Le pmi mostrano interesse crescente per i nostri servizi ma a volte non vi accedono per via dei costi». Fabio Ciarapica, Praxi Alliance «Più che di settori con trend positivo possiamo parlare di leader e follower all’interno dello stesso settore, con mood positivo ovviamente solo per coloro che operano con oltre il 50% e più del fatturato su mercati internazionali extraeuropei. Le pmi scontano ancora un gap culturale di attenzione nei confronti della managerialità diffusa, trasversale, rispetto alla competenza tecnica distintiva attesa. Rispetto agli ultimi cinque anni però si ha un andamento sinusoidale, ma in leggera salita». Cristina Spagna, Kilpatrick International «Il mercato continua a essere poco prevedibile e fluttuante. Purtroppo le aziende più piccole sono molto incostanti e si basano sull’andamento del business e del day by day senza pianificare inserimenti mirati per raggiungere gli obiettivi o modificando in corsa le loro esigenze. È un peccato perché avrebbero proprio bisogno di fare strategie mirate per l’internazionalizzazione, soprattutto nei mercati extraeuropei. Le multinazionali invece sembrano avere le idee più chiare, ma per l’incertezza sull’andamento dei mercati hanno comunque molta paura a inserire quadri e dirigenti e questo rallenta i processi decisionali». Francesco Tamagni, Key2people «Il mercato del lavoro sta dando segnali di risveglio con una crescita di circa il 10% rispetto al primo semestre 2014. Si rafforzano soprattutto le multinazionali tascabili italiane, che hanno raggiunto una dimensione interessante in tutto il mondo con una crescita dell’export e una presenza non più come delocalizzatore di produzione, ma come aziende glocal (produco per soddisfare le richieste dei mercati locali). Se le multinazionali straniere complessivamente crescono poco, un fenomeno interessante da osservare è l’apertura a una maggiore managerializzazione della pubblica amministrazione, che più che mai ha “fame” di manager che hanno costruito la loro carriera in aziende private». Quali sono le figure più ricercate? B. Busetto «Quelle nell’ambito commerciale in generale con competenze relazionali, di resistenza a situazioni di difficoltà e di disponibilità al nuovo. In crescita la richiesta di manager con varie competenze in ambito digitale. Quanto ai settori: life science, retail, professional service, industrial in generale». F. Ciarapica «A livelli apicali permane la predilezione per figure di estrazione cfo stategici con background pianificazione e controllo, soprattutto per le grandi aziende finance driven. Nelle aziende industriali aumentano le chance per i senior manager con esperienze di supply chain integrata, magari a scapito dei classici direttori generali di estrazione plant e operation management. Infine, forse un segnale positivo, tornano a giocarsi le loro chance figure di sales&marketing strategico, non solo per le branch commerciali ma anche per le corporate. A livelli medio-alti si manifesta un turnover non più bloccato come negli anni scorsi e abbastanza in media tra le diverse famiglie professionali. Molto caldo è l’aspetto digitale, con una trasversalità che tocca tutte le funzioni manageriali, non solo quelle dedicate all’e-commerce o al digital marketing». «Le figure più ricercate sono nell’ambito commerciale in generale con competenze relazionali, di resistenza a situazioni di difficoltà e di disponibilità al nuovo» Barbara Busetto C. Spagna «Sono quelle capaci di portare business e di aprire nuovi mercati, quindi figure in ambito sales, export management e business development. Fortunatamente anche il tema “innovazione” ha ripreso quota, soprattutto nel food, pharma, fashion e automotive. Grande richiesta poi c’è per le nuove figure specializzate nel digital, poco reperibili sul mercato domestico. Inoltre è forte la richiesta da parte dei nostri clienti di country manager o regional sales manager direttamente in loco sui paesi esteri. Sempre meno, invece, le candidature da espatriare». F. Tamagni «Soprattutto export manager, responsabili di sviluppo di paesi esteri, area acquisti e logistica. Nel mondo finance, direttori di com- luglio/agosto 2015 39 Focus «Le aziende cercano persone in grado di gestire complessità pluripaese. Sono frequenti infatti per le multinazionali le centralizzazioni dei ruoli manageriali» Cristina Spagna pliance, audit e controllo di gestione industriale. La funzione che sta facendo da padrone è il digitale, con profili di taglio più da middle che da top, che devono incidere sulla digital trasformation della propria azienda. Oltre a quelli indicati precedentemente, danno segnali di ripresa il settore meccanico, il real estate e il private banking». Che tipo di manager cercano oggi le aziende? B. Busetto «Vogliono manager capaci di innovare, agili nell’execution, con forte leadership situazionale». F. Ciarapica «Cercano competenze distintive e 40 luglio/agosto 2015 focalizzate sui risultati a breve termine, a scapito della managerialità trasversale di cui tanto si parla. La digital leadership, come il problem solving, è oggi un must da declinare nella capacità di immaginare nuovi modelli di business. Oggi non basta più creare consenso, ma “facendo” e “risolvendo” bisogna creare senso. In sintesi, trovo molto bella l’espressione “makeger” frutto della crasi (maker e manager) per risolvere la crisi!» C. Spagna «Sono richieste persone in grado di gestire complessità pluripaese. Sono frequenti infatti per le multinazionali le centralizzazioni che vedono la nascita di ruoli manageriali responsabili di cluster di paesi. Sempre di più le competenze linguistiche fanno la differenza, così come la capacità di gestire team multiculturali a distanza». F. Tamagni «Cercano una mente flessibile, aperta ad affrontare nuove sfide in un mondo che cambia rapidamente, curiosità, capacità di saper gestire una squadra in modo autorevole e sicuro». Vogliono manager che portino idee, fatturato, tagli...? B. Busetto «Dipende dalla situazione specifica, direi comunque che il manager tagliatore non è più richiesto come negli anni scorsi. Ora si cerca il ricostruttore, l’integratore di culture e apporti diversi. Spesso il cliente non sa da dove viene questo manager e chiede all’headhunter non solo un’indagine di settore ma anche capacità di analisi trasversale per arrivare a soluzioni sorprendenti». F. Ciarapica «Innovation e cost saving sono sempre le parole d’ordine, senza considerare il ciclo di vita dell’azienda e dei suoi prodotti. Spesso si confonde il top performer con il top manager, senza valorizzare il vero asset manageriale necessario all’azienda». C. Spagna «Chiaramente il fatturato, accompagnato dalla capacità di fare un reale change all’interno dei team di riferimento. Le idee vengono riconosciute e chieste per trovare nuove opportunità di business o per aprire nuovi mercati. Il fatturato rimane quindi il vero drive». F. Tamagni «Indubbiamente ci sono ancora realtà che chiedono tagli, ma rispetto agli anni scorsi sono in decrescita a favore di manager che dai tagli sono in grado di portare nuova linfa vitale con idee innovative. E visione nella riorganizzazione della squadra». Cercano giovani con esperienza? E gli over 50? B. Busetto «Cercano le competenze giuste prevalentemente sotto i 45 anni. L’esperienza specifica pluriennale conta ancora molto. Per gli over 60, solo rarissime opportunità per pro- getti brevi, sono graditi come direttori generali in contesti ad alta competitività poiché visti anche come mentori». F. Ciarapica «Stiamo vivendo contemporaneamente una generational e una digital revolution. Spesso i nuovi competitor non vengono dallo stesso mercato, ma da altri contesti. Solo mixando new talent ed esperienze in rapporto paritetico si può cavalcare questo mercato, ma poche aziende lo fanno, sbagliando o in un senso o nell’altro». C. Spagna «Cercano persone di esperienza che possano raggiungere fin dal primo giorno i risultati di budget. Difficile l’inserimento degli over 50 con un contratto a tempo indeterminato se non per ruoli di executive. Per loro è più facile entrare in azienda come temporary o con un contratto di consulenza che, in alcuni casi, può essere successivamente trasformato». F. Tamagni «Le pmi, la pubblica amministrazione e le multinazionali tascabili italiane prediligono figure con diversi anni di esperienza, quindi gli over 50 possono giocare le loro carte. Le multinazionali straniere, avendo ridotto in diversi casi il loro organico in Italia, puntano su manager giovani». Cosa deve fare oggi un manager per piacere agli executive search? B. Busetto «Deve essere aperto, buon raccon- tatore con dettagli del suo curriculum, disponibile logisticamente e a rimettersi in discussione». F. Ciarapica «Deve dimostrare in primis di essere un problem solver, operativo tanto quanto visionario. Deve trasmettere e interpretare dei valori manageriali di comportamento organizzativo e avere sempre uno spirito imprenditivo. Infine, ovviamente, deve corrispondere al “profilo obiettivo” quanto a fitting di ruolo». C. Spagna «All’headhunter piace il profilo che meglio combacia con le richieste e le esigenze del cliente». F. Tamagni «Come dicevo, deve saper cavalcare il cambiamento. Inoltre deve mostrare apertura mentale nel considerare opportunità che possono dare anche nuove e diverse prospettive della sua carriera manageriale». E per piacere alle aziende? B. Busetto «Bisogna essere se stessi, con la chiara dimostrabilità delle proprie competenze». F. Ciarapica «Temo che debba soprattutto avere un ruolo adeguato». C. Spagna «Alle aziende piacciono le persone che rispondono al profilo ricercato al momento in termini di fitting con le competenze, con il mindset dell’azienda, con i loro valori e alto grado di flessibilità, responsabilità e performance». F. Tamagni «Deve soprattutto saper osare. Oggi c’è molta tendenza ad avere paura di cambiare e questo nei colloqui si percepisce risultando poi un boomerang nella valutazione finale». Quali sono invece le leve, oltre a quella economica, che le aziende utilizzano per attrarre un candidato? B. Busetto «La qualità del lavoro offerto in termini di possibilità di accumulo di valore delle competenze spendibili, i benefit sempre più fantasiosi che sfociano nel tempo libero, la formazione». «Per piacere agli executive search un manager deve dimostrare in primis di essere un problem solver, operativo e visionario. Deve trasmettere e interpretare valori manageriali di comportamento organizzativo e avere sempre uno spirito imprenditivo» Fabio Ciarapica luglio/agosto 2015 41 Focus sante, stimolante e l’azienda deve essere brava e chiara nel saperlo raccontare e nell’ingaggiarlo». Le aziende cercano la sicurezza della conoscenza del settore o nuove esperienze e competenze? B. Busetto «No, sono molto più aperte di prima ad apporti esogeni». «Per attrarre un manager di valore ci deve essere un progetto interessante, stimolante e l’azienda deve essere brava e chiara nel saperlo raccontare e nell’ingaggiarlo» Francesco Tamagni F. Ciarapica «Un’azienda seria, con investimenti e strategie, dovrebbe attrarre proprio attraverso il piano strategico e schemi ben strutturati di long term incentive. Ed esplicitando, cosa rara, un proprio tessuto di valori manageriali in modo ben diverso dalle banali mission, vision, “our credo” delle homepage. In questo le aziende italiane, magari meno “marchettare” delle corporation, sanno essere più coerenti e concrete». C. Spagna «Il next step. Sono particolarmente gradite offerte che prevedono già una chiarezza sulle prospettive dell’azienda e, soprattutto, del ruolo a breve-medio termine». F. Tamagni «Per attrarre un manager di valore ci deve essere un progetto interes- 42 luglio/agosto 2015 F. Ciarapica «Purtroppo a certi livelli le aziende raramente se la sentono di rischiare e fare esperimenti con manager che arrivano da settori diversi. è vero che le conoscenze delle dinamiche di settore sono spesso importantissime, ma spetta anche al consulente saper individuare le affinità da settori paralleli, vicini o simili per modello di business e “ibridare” aiutando a creare valore». C. Spagna «Il più delle volte ci chiedono persone provenienti dalla diretta concorrenza. La novità rispetto a qualche anno fa è che decidono di aprire i confini della ricerca e valutare candidati stranieri, ma sempre e comunque del proprio settore». F. Tamagni «Purtroppo la tentazione dello stesso settore è irresistibile e noi head hunter dobbiamo fare di più per fare cross fertilization». Le aziende italiane cercano manager esteri? E i manager italiani cercano e/o sono disposti ad andare all’estero? B. Busetto «È in atto un processo di più facile circolazione internazionale dei cosiddetti talenti ed è in aumento il numero di italiani “con la valigia”, quelli che noi chiamiamo manager senza frontiere e per i quali abbiamo avviato un progetto ad hoc. Poche invece le aziende italiane che cercano manager stranieri, se non, naturalmente, per territori esteri». F. Ciarapica «Raramente le aziende italiane, soprattutto quelle medie, cercano in maniera mirata un manager estero. E forse giustamente, anche perché senza un esclusivo plus, il gap culturale li svantaggerebbe. Per le multinazionali, anche di medio livello, ormai non fa quasi più differenza da dove venga il manager. I manager italiani sembrano disposti ad andare all’estero più a parole che nei fatti, o meglio, solo quando restano a casa: ma la carriera occorre pianificarla in itinere, non solo quando sorgono i problemi…». C. Spagna «Quello che vale è la ricerca della competenza che non sempre è residente nel nostro paese. Per quanto riguarda i manager italiani, sono sempre più disponibili a valutare opportunità professionali oltre confine. Ahimè, il focus continua a essere su paesi “facili”. Le richieste invece ricadono spesso e volentieri su paesi che hanno elevata crescita di pil ma non sempre dietro l’angolo e non sempre vicini alla nostra cultura mediterranea». F. Tamagni «Le aziende italiane prediligono italiani che hanno fatto esperienze all’estero. In certi ruoli sta diventando fondamentale il fatto di avere assunto delle responsabilità in più paesi o di essere stati “expatriati” in un periodo specifico. Per quanto riguarda gli stranieri in Italia, l’interesse da parte delle aziende esiste, c’è però una certa resistenza da parte dei candidati per aspetti economici poco interessanti e con organizzazioni poco strutturate ed evolute». Le aziende sono aperte verso coloro che hanno perso il posto di lavoro? B. Busetto «Preferiscono quelli che stanno lavorando, ma sono più aperte di prima ad assumere chi è momentaneamente disoccupato in quanto più vantaggioso in fase di negoziazione del contratto». F. Ciarapica «Una situazione di crisi prima deflagrante e poi strutturale ha ovviamente portato tutto il mercato a comprendere che molti manager sono senza lavoro ma sono comunque validi. Personalmente mi sarei aspettato un maggior utilizzo da parte delle medie imprese italiane di questa managerialità disponibile». C. Spagna «Non ci sono particolari preclusioni da parte della maggior parte delle aziende nel considerare candidature valide attualmente disoccupate. Ciò nonostante, le persone che han- no perso il posto di lavoro rischiano di uscire dal raggio di azione dell’headhunter, di perdere il proprio network professionale e di conseguenza di diventare “invisibili”». F. Tamagni «Alcune multinazionali di primo acchito hanno ancora delle resistenze “psicologiche” ad assumere chi non ha lavoro perché temono ci siano dei “buchi neri” nel loro percorso professionale. Se la ragione della fuoriuscita viene ben motivata, con referenze affidabili e provate, si tende a superare anche queste resistenze». Quali consigli darebbe a un manager oggi per essere sul mercato al meglio? B. Busetto «Continuare a studiare e ad aggiornarsi, a perfezionare la conoscenza delle lingue e a cercare contatti personalizzati con gli headhunter, coltivare un proprio network di relazioni ed essere aperto a culture diverse». F. Ciarapica «Mantenersi sempre in pratica e in allenamento e mixare il continuo presidio delle proprie competenze con il training delle proprie capacità manageriali. Mixare leadership e networking… gestione del team e delle relazioni. Cavalcare la propria digital reputation ed essere un network leader, un e-leader. E coltivare la cultura dei comportamenti organizzativi, le competenze morali manageriali, non solo quelle tecniche». C. Spagna «Sicuramente di utilizzare gli strumenti digitali a disposizione proprio per mantenere quella “visibilità” di cui parlavamo prima. Curare e ampliare il proprio network professionale cogliendo tutte le occasioni di incontro e di stimolo. Aumentare le proprie competenze poi non è mai tempo perso». F. Tamagni «Network, coraggio e intraprendenza». 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