UNIVERSITA` DEGLI STUDI DI PARMA
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA FACOLTA’ DI GIURISPRUDENZA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN PROGRAMMAZIONE E GESTIONE DEI SERVIZI SOCIALI – CURRICULUM POLITICHE SOCIALI PER LA FAMIGLIA. I PADRI-SEPARATI. LE POSSIBILI RISPOSTE DELLE POLITICHE SOCIALI: I CASI DI MILANO E GENOVA. Relatore: Chiar.ma Prof.ssa STEFANIA MAZZA Laureanda: ELISA MERULLO ANNO ACCADEMICO 2011/2012 Chiunque è come la Luna: ha una parte che non viene mostrata mai a nessuno. (Mark Twain). Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finirà per pensare come si è vissuto. (Paul Bourget). «Ci accusano di essere assenti, padri part-time, fantasmi, o peggio padri bancomat che dopo avere dato l’assegno se ne infischiano dei problemi…. Etichette che ci hanno cucito addosso ingiustamente, con danni pazzeschi. Pregiudizi, certo. Ma noi non ci stiamo. Se siamo separati dalle mogli, non vogliamo essere separati anche dai figli… Però è dura. Io, come tanti altri, sono stato travolto. Come tanti altri non ce l’ho fatta a reggere economicamente. Il Tribunale ci mette alla porta, assegna la casa a lei, fissa l’assegno mensile, i problemi di sopravvivenza non contano. Avevo una piccola bottega, per due anni ho dormito nel retro. Ho passato tante notti in macchina, poi sono tornato da mia madre, una sconfitta, a 50 anni mi è crollato addosso. Un vero trauma economico ed esistenziale.» (padre separato) «I padri separati chiedono di avere una vita dignitosa per non perdere il rapporto con i figli» (Marino Maglietta, presidente dell’associazione Crescere insieme) «Nessuno di Noi figli ha scelto il divorzio. Nessuno di noi figli ha scelto di avere un solo genitore Presente. Nessuno di Noi figli ha chiesto di discriminare, quindi umiliare, emarginare uno dei nostri genitori. Ferire un nostro genitore è come ferire Noi figli.» (tratto da lettera anonima di un ragazzo, figlio di genitori separati) «Poche righe non possono rendere l’idea del calvario di un padre. Si è padri fino a quando la madre vuole che tu lo sia: non è un diritto ma una concessione. Ho speso 70mila euro per difendere me e mia figlia da una società in cui il padre deve solo pagare. Ho fatto 2 ctu, totali ore 45 di contraddittorio più la bimba 8 ore di ascolto, 2 anni in perizia e per cosa? Per la conflittualità…parola che va di moda oggi per non consentire il condiviso. L’argomento meriterebbe ore di approfondimento. La mia storia è una delle migliaia di storie che ci sono. Auguri per la tesi» (testimonianza diretta, Mirko di Milano) INDICE. Premessa. Introduzione. PARTE I: DOVE SI COLLOCANO I PADRI SEPARATI? QUADRO DEI CAMBIAMENTI FAMILIARI E LEGISLATIVI. INTRODUZIONE: VULNERABILITA’ SOCIALE ED ESCLUSIONE SOCIALE. 1. Vulnerabilità sociale. 2. Che cos’è la povertà? Povertà ed esclusione sociale. CAPITOLO I: CAMBIAMENTI IN AMBITO FAMILIARE. Premessa. 0. Le criticità della famiglia. 1. Come cambiano le forme familiari. 2. Instabilità coniugale. 3. Situazione in Italia su separazioni e divorzi. 4. Caratteristiche demografiche e sociali dei coniugi. 5. Cambiamenti della figura paterna negli ultimi anni. CAPITOLO II: AFFIDO CONDIVISO. 1. 2. 3. 4. 5. 6. Introduzione. I precedenti della nuova Legge 54/2006. La Legge 54/2006. Schema affidamento condiviso: cosa cambia. Situazione in Italia sull’affido condiviso. Aspetti positivi e negativi della Legge 54/2006. Interviste. 6.1. intervista a un avvocato matrimonialista. 6.2. intervista al Segretario Nazionale di ADIANTUM. PARTE II: LA RICERCA PADRI SEPARATI. CAPITOLO I: LA RICERCA. Introduzione. 0. Obiettivo ricerca. 1. Il problema delle fonti. 2. Il questionario. 2.1. le fasi per la realizzazione dell’indagine. 2.2. analisi dei dati. CAPITOLO II: PADRI SEPARATI, ECCO LE LORO STORIE. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Introduzione. La storia di Paolo. La storia di Luca. La storia di Carlo. La storia di Diego. La storia di Marco. La storia di Paolo. Intervista a Mauro. CAPITOLO III: CONCLUSIONI: CAMBIAMENTI POST SEPARATORI. Introduzione. 1. Il ruolo genitoriale. 2. L’aspetto economico. 2.1. Intervista al presidente dell’AMI. PARTE III: EVENTUALI RISPOSTE DALLE POLITICHE SOCIALI. CAPITOLO I: LE POLITICHE SOCIALI NAZIONALI OGGI E LE RISPOSTE AI PADRI SEPARATI. 1. Ripartizione spesa sociale e politiche sociali nazionali per la famiglia. 2. Possibili cambiamenti a livello nazionale nelle politiche sociali. 2.1. Piano nazionale di politiche per la famiglia. 2.2. I padri separati nel piano, i vuoti e le eventuali proposte. 2.3. Progetto di legge 2209 sulla Riforma dell’Affido Condiviso. 2.4. Proposta di legge n. 2524. Norme per la tutela dei padri separati. CAPITOLO II: LE POLITICHE SOCIALI REGIONALI. LA RISPOSTA DI LOMBARDIA, IN PARTICOLARE MILANO. Introduzione. 1. Gli enti locali come promotori di politiche familiari. 2. La realtà Lombarda. 2.1. Servizi ed interventi lombardi a favore dei padri separati. 3. Il Comune di Milano e i suoi progetti. 3.1. Il Piano di Zona del Comune di Milano. 3.2. Alcuni progetti del Comune di Milano. 3.3. Progetto “Casa per il papà” in difficoltà. CAPITOLO III: LA RISPOSTA DI LIGURIA, IN PARTICOLARE DI GENOVA. 1. La regione e le sue politiche. 1.1. Servizi e interventi liguri, a favore dei padri separati. 2. Il Comune di Genova e i suoi progetti. 2.1.Le Linee Programmatiche del Comune di Genova. 2.2.I Progetti. PARTE IV: LE ASSOCIAZIONI DI PAPA’ SEPARATI E IL RUOLO DELL’ ASSISTENTE SOCIALE NEL PROCESSO D’AIUTO AI PAPA’. CAPITOLO I: L’ASSOCIAZIONISMO DEI PAPA’. Introduzione. 1. Un po’ di storia. 2. Le associazioni coinvolte nella ricerca. 2.1. Le caratteristiche delle due associazioni. 3. Iniziative e progetti promossi dalle associazioni. 3.1. La Carta Etica della Bigenitorialità. 3.2. Progetto “SEPAR….AMANDO…SI” CAPITOLO II: L’EVENTUALE RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEL PROCESSO D’AIUTO AI PAPA’. Introduzione. 1. L’assistente sociale e i papà separati. CONCLUSIONI. BIBLIOGRAFIA. SITOGRAFIA. INDAGINI. ASSOCIAZIONI. ARTICOLI DI GIORNALE. SEMINARI. NORMATIVA. RINGRAZIAMENTI. PREMESSA. L’idea di questa ricerca nasce dalla lettura di un libro “Il bambino del Mercoledì”, che alcuni hanno definito come il “manuale di sopravvivenza del padre separato”. Questa tesi è nata così, da una storia che mi ha colpito, che mi ha lasciato molti interrogativi. Inoltre ho svolto il tirocinio universitario presso l’Ufficio esecuzione penale esterna di Reggio Emilia, e qui si è scoperto che molti uomini sono condannati per non aver pagato gli alimenti. Quindi un’ulteriore conferma di quella che sembrava solo un’idea tratta da un libro. Fantascienza? No, successivamente la lettura di storie vere, l’incontro con alcuni papà separati e alcuni seminari sulla mono genitorialità, mi hanno spinto ad aprirmi al mondo dei papà separati. Di solito “ci si prende cura” della figura materna, ma i padri? Ritengo che nell’ambito del diritto di famiglia (in particolare nel percorso della separazione) e delle politiche sociali per la famiglia, madri e padri hanno, o dovrebbero avere, diritti secondari e subordinati al diritto dei figli. Non c’è, né ci deve essere, per esempio, il diritto urlato del padre a vedere il figlio, né tantomeno il diritto scontato della madre alla casa o all’assegno di mantenimento. Se c’è una separazione tra moglie e marito, non dovrebbe esserci una separazione tra i due genitori come madre e padre. Non è vero che nelle separazioni le vittime sono i padri o le madri, bensì lo sono sempre i figli che hanno la necessità di crescere con il contributo dei genitori, di entrambi i genitori. Sono quest’ultimi i soli detentori del diritto e del dovere di tutelare i figli, a regolare le unioni, le separazioni e i divorzi. Ciò che mi ha spinto a pensare a questa tesi è un unico interrogativo: le politiche sociali cosa hanno fatto fino adesso? quali progetti sono stati costruiti su misura per questi bisogni? La separazione non deve significare esclusione di una figura genitoriale. L’uso del buon senso, che dovrebbe essere applicato a ogni campo del vivere sociale, è indispensabile soprattutto nell’ambito delle separazioni. Non è una tesi né a favore dei padri, né contro le madri: è una tesi che vuole aggiungere un tassello al grande puzzle del mondo familiare, e in particolare delle separazioni e dei divorzi. Premesso questo mio punto di vista, la tesi sarà così strutturata in 4 parti: Una prima parte riguardante i cambiamenti socio-economici, familiari, legislativi. Si darà vita a un quadro in cui collocare i padri separati. Inoltre sempre in questa prima parte si analizzerà la legge sull’affidamento condiviso. Si tratta quindi di una prima parte teorica, necessaria che porta a capire il fenomeno dei “nuovi” poveri, padri separati. Una seconda parte che tratterà il fenomeno dei padri separati in senso stretto: analisi socio-demografica, situazione nelle Province di Genova e Milano, interviste, rapporto con i figli, impoverimento ecc. Questa parte costituisce, quindi, il nucleo centrale del mio lavoro. Per questa fase sono state utilizzate indagini ISTAT, interviste, questionari ecc. Una terza parte si occuperà delle politiche sociali, servizi attivati, piani sociali regionali, interventi pubblici, i progetti fatti fino adesso nelle regioni Lombardia e Liguria, in particolare le città di Milano e Genova Nella quarta parte si cercherà di mettere a fuoco la parte del terzo settore, in particolare le associazioni dei papà separati, che costituiscono una parte fondamentale di sostegno ai cd. “nuovi poveri”. Si conclude la tesi con un capitolo dedicato all’assistente sociale: una possibile visione riguardante le competenze che l’assistente sociale debba avere per affrontare queste problematiche. E infine sarà effettuata un’analisi dei “vuoti”, delle carenze nell’offerta, e verranno presentati personali spunti di miglioramento. È una ricerca parecchio complicata e lunga, soprattutto per la mancanza di letteratura sull’argomento. Spero comunque di riuscire a dare un’idea della portata del fenomeno. INTRODUZIONE. La separazione, la ricerca di una nuova casa, il pagamento del vecchio mutuo e di un nuovo affitto, la difficoltà di stare con i figli come vorrebbero. E, a volte un lavoro precario o, peggio ancora, il licenziamento. I padri separati si muovono in questo scenario, poche luci e molte ombre. E molti, proprio per le mutate condizioni sociali ed economiche che seguono alla separazione, entrano a far parte della categoria dei nuovi poveri1. La nuova emergenza sociale: gli attuali poveri che vanno alle mense gratuite e nei dormitori non sono solo i clochard o gli stranieri, ma anche i padri separati con difficoltà economiche perché devono mantenere la ex moglie e i figli, trovare una nuova casa e se ci si mette anche la perdita del lavoro, si va facilmente sul lastrico. I dati statistici evidenziano una povertà crescente di molti padri separati che non ce la fanno a pagare l’affitto di un’altra abitazione con quel che rimane dello stipendio, una volta tolti il mantenimento dei figli e l’assegno alla moglie. Sono esperienze che sicuramente non raccontano la realtà delle famiglie separate nella loro totalità: ci sono pure padri che purtroppo pur potendo si sottraggono al loro dovere negando gli alimenti oppure di ex mogli che sperperano gli assegni in spese non indispensabili; in ogni modo i racconti di padri separati e rovinati inseguito al divorzio non possono rimanere inascoltati. Non si può far finta di niente: se su 10 uomini separati 6 si “comportano male”, 1 APNF, Associazione per le Nuove Famiglie Onlus, Padri separati: i nuovi poveri del terzo millennio. Perché non aiutare gli altri 4? Perché fare di tutta un’erba un fascio? Perché non fare dei progetti specifici su queste persone? Perché non ci sono politiche sociali adeguate per questa “minoranza”? Nonostante i casi di divorzio siano sempre più numerosi, non è affatto una situazione di benessere quella che affronta l’uomo comune che affronta una separazione matrimoniale. Negli ultimi dieci anni, quindi, nel nostro paese si è sviluppata una nuova piaga sociale causata dall’aumento esponenziale di separati e divorziati. Ogni anno in Italia si separano circa 160.000 persone e 100.000 sono i nuovi divorziati2. È un fenomeno che riguarda per lo più operai, impiegati ecc. Le separazioni e i divorzi, dati gli obblighi economici e le spese che determinano, trasformano questi lavoratori in veri e propri “clochard”; il 25 % degli ospiti delle mense dei poveri sono separati o divorziati. Nell’80 % dei casi si tratta di padri separati, obbligati a mantenere moglie e figli e a non avere più risorse per sopravvivere3. Urge una nuova politica sociale che restituisca dignità a quanti sono stati sfortunati nel loro matrimonio, che hanno perso tutto e che vivono emarginati. Occorrono misure atte a garantire alloggi a questo popolo di nuovi poveri nonché aiuti economici. Anche costoro hanno diritto ad avere pari opportunità. Quando si perde la dignità si rischia di non essere nemmeno buoni genitori. La Caritas è stata tra i primi a percepire questo recente avvenimento sociale; rivela, infatti, che nel 2006 gli operatori dei centri di ascolto hanno incontrato parecchi uomini trascinati dalla rottura del matrimonio agli ultimi posti della scala sociale. Il 78,5 % di essi sono italiani; il 61,1 % ha un’età compresa tra i 35 e i 54 anni; percentuali che nel 2010 sono aumentati del 15 %. 2 www.libertaepersona.org, Ami, il 25% dei separati e divorziati vive in miseria. www.nomatrimonio.altervista.org, Troppi papà separati sono ridotti sul lastrico, anche per colpa di sentenze contro la dignità della persona. 3 In Italia molti enti pubblici e associazioni si stanno muovendo per cercare di risolvere questa situazione che rischia di diventare davvero una piaga sociale. La Regione Liguria, ad esempio, è stata la prima ad approvare nel 2009 una legge per l’attuazione di case temporanee e sostegni psicologici e legali alle famiglie che si frantumano. Si tratta di un sostegno per i genitori separati; non vuole essere una legge contro le donne, né essere rivendicativa, vuole solo sostenere i padri per consentire loro di continuare a svolgere il loro ruolo genitoriale. Chi deve lasciare la casa e girare buona parte dello stipendio alla ex moglie entra in una situazione di sofferenza tale che gli fa perdere anche la dignità di presentarsi davanti ai figli. Il Consiglio provinciale di Bolzano invece, ha accettato nel 2008 il progetto di realizzazione di case-albergo su misura per padri nuovamente single; a Milano lo stesso è prevista, nel 2010, la “Casa del padre separato”, un centro da 160 posti letto, con camere singole e doppie, la mensa, un piccolo giardino e una biblioteca. Medesima ideazione è partita ugualmente a Roma, nel 2009, “Casa per papà separati” in cui vivere e accogliere degnamente i figli nelle ore loro assegnate in maniera serena. Queste soluzioni abitative purtroppo hanno un costo anche se irrisorio e quindi non si riesce a garantirli gratuitamente; invece nella Regione Piemonte, nel 2010, è stato accolto un provvedimento significativo: genitori separati possono ricevere aiuti economici dall’ente regionale oltre alle abitazioni temporanee o definitive con all’interno supporto psicologico, legale e sociale4. Siamo di fronte ad un panorama “nuovo” o comunque se non nuovo, che solo da pochi anni è venuto allo scoperto. 4 www.lopinionista.it, Benessere finché divorzio non vi separi, 24 aprile 2010. La mia tesi di ricerca ha come obiettivo quello di indagare questo fenomeno e le sue caratteristiche, di analizzarlo in tutte le sue sfaccettature, di collocare i padri separati in un contesto socio-economico, di dare voce a questi padri, di sensibilizzare la conoscenza di un problema che si sta espandendo a macchia d’olio. Spero di riuscire nel mio intento di portare l’attenzione della comunità su un problema di cui non si sa ancora molto. PARTE I DOVE SI COLLOCANO I PADRI SEPARATI? QUADRO DEI CAMBIAMENTI FAMILIARI E LEGISLATIVI INTRODUZIONE VULNERABILITA’ SOCIALE ED ESCLUSIONE SOCIALE 1. VULNERABILITA’ SOCIALE. Per parlare dei “padri separati” come “nuovi” poveri, come “nuova” realtà bisogna prima avere un quadro generale della società, dei suoi cambiamenti e dei cambiamenti dell’istituzione famiglia. Non è facile descrivere i cambiamenti che caratterizzano la nostra società: i giornali e i media continuano a parlare della famiglia che cambia, della mancanza di valori, dei genitori che non sanno più fare i genitori, della crisi, della povertà etc. Siamo “bombardati” dalla mia mattina alla sera di tutto questo. L’unico dato di fatto è che la società attuale è diventata sempre più complessa e, conseguentemente, ricca di nuovi bisogni e nuove esigenze. Le trasformazioni che l’hanno attraversata hanno implicato nuovi rischi di povertà e di esclusione sociale, che richiederebbero misure politiche nuove e appropriate. Cresce la popolazione che risulta versare in condizioni di vulnerabilità. Vulnerabilità sociale significa una quotidianità che si fa “normalmente” insicura. Un lavoro non più a tempo indeterminato oppure sufficientemente remunerativo, famiglie sempre più lunghe e strette poste davanti al dilemma se lavorare entrambi oppure crescere i figli ecc. La vulnerabilità è oggi il problema della nostra società. Il termine “vulnerabilità sociale” è sempre più frequentemente utilizzato per indicare gli effetti di quei cambiamenti socioeconomici che, nel corso degli ultimi decenni, hanno eroso gli asseti tradizionali dello Stato sociale. L’idea è che nelle società cresca l’area della popolazione che risulta versare in situazioni di vulnerabilità; cioè in situazioni che sono caratterizzate da "fragili orizzonti”5anche se non è presente un disagio conclamato. Si tratta di persone normali, che si trovano in un limbo tra la sicurezza di vivere una vita dignitosa e l’insicurezza di trovarsi in situazioni precarie. Oggi si vive in una continua mancanza di certezza e di basi solide. A partire dagli anni ’90, infatti, autori come Robert Castel6, hanno sottolineato che quello che è in gioco è il cambiamento della natura dei rischi sociali. I rischi sociali tradizionali potevano essere configurati come eventi che possono colpire incidentalmente la vita delle persone “normali”, trascinandole in una situazione “anormale” per un periodo di tempo circoscritto. Una situazione di anormalità da cui “o si guarisce in fretta o si perisce”. Oggi questi rischi tradizionali sono sostituiti da altri tipi di rischio che diventano uno stato stabile della vita quotidiana. Quest’ultima, quindi, è diventata normalmente insicura. Con l’immagine di vulnerabilità sociale si vuole trasmettere l’idea di cronicizzazione, quotidianizzazione, familiarizzazione dell’incertezza. 5 NICOLA NEGRI, la vulnerabilità sociale, Animazione sociale, agosto/settembre 2006. Sociologo francese. Tra il 1980 e il 1990 si è interessato ai cambiamenti nel mondo del lavoro, intervento sociale e politica sociale. I suoi studi recenti mettono a fuoco la crescente ondata d’incertezza e di rischio nelle società contemporanee, a causa della transazione verso un “nuovo regime del capitalismo”, che è consustanziale con la precarietà crescente. 6 Il sociologo tedesco Beck7 ha assunto la categoria del rischio come chiave interpretativa della “seconda modernità”8. Più precisamente, egli ravvisa due facce della così detta “società del rischio”, che si va delineando: se, infatti, da un lato si assiste ad una tendenza alla globalizzazione dei rischi, si registra dall’altro il progressivo sgretolamento degli assi portanti dell’architettura della società industriale. Riassumendo, il passaggio alla vulnerabilità coincide con un cambiamento non solo dei profili di rischio, ma della natura stessa dei rischi. Come si è visto, da eventi rari, essi si sono trasformati in esperienze quasi ineludibili. Da situazioni temporalmente circoscritte sono diventati stati indefiniti. I dati statistici evidenziano come il nuovo assetto socio-economico faccia emergere nuove forme di disagio e nuovi rischi sociali. Al centro di questi stanno problemi che riflettono una vulnerabilità che ha due volti: uno materiale (concernente il reperimento delle risorse economiche necessarie); l’altro relazionale (inerenti il grado di inserimento sociale, la tenuta delle reti familiari). Ma quali sono le cause di questa diffusione dei rischi? 7 U. Beck ha pubblicato diversi studi sulla modernità, problemi ecologici, individualizzazione e globalizzazione, oltre ad aver introdotto nuovi concetti nella sociologia, quali l’idea di una “seconda modernità” e la teoria del rischio. 8 La tesi principale di Beck è la contrapposizione dell'attuale "società del rischio" alla precedente "società classista". Il trapasso all'attuale società è stato favorito dal processo di modernizzazione, che ha permesso l'evoluzione della precedente "società di scarsità" (in cui il principale problema era la redistribuzione della ricchezza). Il nuovo problema è dunque la distribuzione del rischio, inteso come "un modo sistematico di trattare le insicurezze e le casualità indotte e introdotte dalla modernità stessa". Il rischio che la società attuale è costretta ad affrontare, è difficilmente riconoscibile (e pertanto difficilmente assicurabile) ed è sistemico (derivante cioè dalla natura stessa delle tecniche di produzione moderne, una sorta di "effetto indesiderato" delle stesse). Secondo Castel9 la causa della vulnerabilità, della diffusione dei rischi, può essere ricondotta alla crisi simultanea delle tre grandi istituzioni su cui era fondata la sicurezza della società industriale. La prima istituzione è quella del mercato del lavoro dominato dalla grande industria; la seconda è quella della famiglia basata sulla divisione tradizionale dei ruoli secondo il genere; la terza grande istituzione è quella del welfare. In questa prospettiva, accanto alla disoccupazione, si è di fronte alla crescita dell’instabilità lavorativa e del lavoro atipico. La precarietà lavorativa, peraltro, alimenta situazioni di disoccupazione ricorrente che rischiano di cronicizzarsi e condurre così al ritiro dal mercato del lavoro10. Per quanto riguarda la famiglia, le trasformazioni intervenute negli ultimi decenni del secolo scorso hanno determinato un indebolimento della sua funzione d’integrazione: da un lato si assiste ad una crescente fragilità dei legami familiari (attestata dalla diminuzione dei matrimoni, dall’aumento delle separazioni), dall’altro si registra una contrazione delle reti familiari (che si manifesta nella diffusione di famiglie mono genitoriali). Le trasformazioni della famiglia rilevano un processo di indebolimento della tradizionale funzione della famiglia di ammortizzatore sociale (ovvero della capacità di protezione dai rischi di povertà ed esclusione sociale), in virtù sia dei mutamenti nella composizione (famiglie monoparentali, mono personali) sia dei cambiamenti nella relazione tra famiglia e lavoro. 9 L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti?, Piccola biblioteca Einaudi, 2011. Quaderni della ricerca sociale, Le città ai margini, povertà estreme e governo delle aree urbane, Anno 2010, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. 10 Infine, si conclude guardando al welfare, i cui sistemi, mostrandosi largamente impreparati dinanzi alle trasformazioni che interessano il mondo del lavoro e l’organizzazione familiare, contribuirebbero ad alimentare piuttosto che a limitare le situazioni di vulnerabilità. Oltre a problemi di sostenibilità economica, tra i principali limiti del nostro sistema di welfare si ravvisa l’incongruenza tra dispositivi di protezione e nuovi rischi sociali: in assenza di sintonia con i nuovi scenari demografici e socio-economici, rischiano di rimanere “sguarnite” condizioni di bisogno sempre più gravi e frequenti. Inoltre, di fronte alla “nuova” vulnerabilità sociale, si mostra largamente inadeguato il profilo prevalentemente assicurativo del nostro welfare. Ci vorrebbero politiche in cui gli individui diventano protagonisti e non semplici recettori dei programmi d’intervento: in particolare nelle politiche familiari, la famiglia dovrebbe essere un attore partner, come soggetto sociale11. Infatti, le nuove caratteristiche della povertà e del disagio impongono una ridefinizione delle politiche tradizionali: diventa centrale la capacità di avviare e sostenere politiche in grado di cogliere e trattare gli elementi specifici della vulnerabilità sociale. La vulnerabilità non costituisce, di necessità, una condizione preliminare alla condotta in situazioni di povertà e di esclusione sociale. Non è detto che chi fa parte della vulnerabilità entra a far parte automaticamente della categoria dei poveri o degli esclusi. Le transizioni da uno stato di vulnerabilità ad uno di povertà o di esclusione sociale dipendono da un lato dalle caratteristiche peculiari degli individui e del nucleo familiare, dall’altro dalle condizioni socio-economiche e da modelli culturali che orientano e condizionano scelte e comportamenti. 11 P. DONATI, sociologia delle politiche familiari, Roma, Carocci. Vulnerabilità sociale ed esclusione sociale si presentano, infatti, come due problemi diversi. L’obiettivo di chi affronta il problema dell’esclusione è quello di far entrare le persone in situazione di vita sicura. Ricorrendo ad una metafora si tratta “di far entrare chi sta fuori dal castello dentro le mura del castello”. Il problema della vulnerabilità, invece, è che “le persone dentro al castello sono costrette a uscire per procacciarsi il cibo e, uscendo, rischiano di non potervi più rientrare”.12 Una linea sottile separa le due problematiche: la vulnerabilità sfuma nell’escludibilità e quest’ultima sfuma nella prima. Se un tempo l’attenzione era centrata sul dato economico e materiale, oggi l’attenzione è centrata anche su una povertà caratterizzata anche dalla collocazione del soggetto sul piano simbolico-relazionale: povero è colui il quale vive una carenza di beni ma anche un’assenza o una perdita di relazioni significative. Schematizzando si può dire che il problema sociale della povertà è una questione di collocazione del soggetto sia su una scala rispetto alla quale il benessere materiale fornisce il parametro sia rispetto a un nucleo centrale di partecipazione sociale e di visibilità. Ad ingrossare le file delle persone in attesa di un posto o di un colloquio presso le strutture territoriali, troviamo soggetti “insospettabili”, volti e storie di una normalità impressionante se confrontati con lo stereotipo che associa alla povertà l’immagine della persona in abbigliamento logoro o trasandata nell’igiene. 12 NICOLA NEGRI, la vulnerabilità sociale, Animazione sociale, agosto/settembre 2006. Si constata, quindi, la scomparsa di una fascia di popolazione a rischio, che lascia spazio a persone che più che povere si trovano in stato di vulnerabilità. La nozione di vulnerabilità è utilizzabile e spendibile nell’attuale riflessione perché non prevede dei predestinati, ma si presta a essere inserita nell’analisi delle traiettorie di vita dei soggetti che vivono nei sistemi metropolitani. Vulnerabili, in conclusione, sono coloro per i quali eventi negativi, anche di modesta portata, provocano microfratture sui piani economico e relazionali, lasciandoli in balia di un sistema che non garantisce l’accesso alle risorse alle quali fare appello per una progressiva emancipazione della povertà.13 2. CHE COS’E’ LA POVERTA’? POVERTA’ ED ESCLUSIONE SOCIALE. Nel linguaggio corrente, spesso i concetti di povertà ed esclusione sociale sembrano coincidere, ma negli ultimi anni si è assistito, da parte degli studiosi, ad uno spostamento d’attenzione dal primo termine al secondo, in quanto il concetto di povertà considera unicamente gli aspetti economici della privazione, mentre l’esclusione comprende anche quelli relazionali e sociali in senso più ampio14. Infatti, la povertà è solo una dimensione dell’esclusione sociale, ben più ampia e articolata. Pertanto la povertà e l’esclusione non sono termini equivalenti. È’ possibile essere poveri ma non esclusi e, allo stesso modo, non tutti gli esclusi sono poveri, sebbene molte indagini mostrino l’esistenza di un’ampia area nella quale povertà ed esclusione sociale si sovrappongono. 13 FRANCESCONI C., “segni” d’impoverimento: una riflessione socio-antropologica sulla vulnerabilità, Angeli, Milano 2003, cap. 1. 14 NEGRI N. SARACENO C., Povertà, disoccupazione ed esclusione sociale, in Stato e mercato, 2010. Quello della povertà è un fenomeno complesso e legato ai cambiamenti storici, culturali, e sociali delle società contemporanee il cui contrasto è un impegno arduo in assenza di uno sforzo sostanziale sul piano della informazione e della sua conoscenza. Il fenomeno della povertà è stato studiato storicamente attraverso il riferimento a tre distinti modelli che si sono succeduti nel tempo: povertà assoluta, povertà relativa, povertà soggettiva. Per povertà assoluta s’intende uno stato di deprivazione sostanziale che rende il soggetto incapace di procurarsi un insieme di beni e servizi ritenuti essenziali al soddisfacimento dei bisogni primari15. Questa è la definizione di povertà che viene implicitamente posta alla base delle politiche assistenziali le quali, almeno teoricamente, dovrebbero garantire alle persone di non scendere al di sotto di un certo livello considerato minimo. Il concetto di povertà assoluta è quindi eliminabile per definizione, perché individua una soglia che, con adeguati interventi di ridistribuzione, può essere superata. La povertà relativa è un concetto che tiene conto degli standard di vita, dei livelli medi di un’intera popolazione. Si può qualificare la povertà relativa come la condizione di coloro che si trovano in una posizione che è costantemente inferiore a quella media della società nella quale vivono. La povertà assume concretezza nel confronto fra i bisogni percepiti e le risorse disponibili ed aumenta o diminuisce quando variano risorse e bisogni. 15 Fondazione LABOS (Laboratorio per le politiche sociali), Nuove Povertà ed esclusione sociale, 6 Giugno 2007. Povertà assoluta e povertà relativa riducono il sociale entro due sole categorie – benestanti e poveri – e finiscono per perdere di vista le molteplici forme di vulnerabilità che costituiscono stati intermedi tra il benessere e la povertà e che si originano da particolari accadimenti di corso di vita – perdita di un lavoro, la dissoluzione del legame familiare, il peggioramento delle condizioni di salute. Alle due povertà se ne aggiunge una terza: povertà soggettiva, cioè povertà soggettivamente percepita. Nella povertà soggettiva, il concetto tradizionale di povertà viene inserito in logiche più ampie che rimandano al diniego dei diritti sociali di cittadinanza, alle difficoltà incontrate nel trasformare risorse in capacità. Questa povertà è la situazione di coloro che si sentono poveri. Il disagio appare in questo caso correlato con altre tre dimensioni più tipicamente connesse con la qualità della vita e dei servizi: La lontananza, fisica e/o culturale, dalle opportunità della società moderna; La cattiva qualità dell’ambiente sociale locale; La cattiva qualità del contesto fisico ambientale. Oggi il concetto di povertà lascia il passo al concetto di “esclusione sociale”, che coinvolge sia le istituzioni che la società civile nella genesi e nelle strategie di contrasto alla povertà. In ambito europeo il termine esclusione sociale si riferisce all’impossibilità, l’incapacità, o la discriminazione nella partecipazione ad importanti attività sociali e personali per cui l’individuo perde la percezione di appartenenza ad una data comunità.16 L’esclusione sociale viene intesa come forma di deprivazione materiale e di fragilità che non riguarda esclusivamente la povertà economica e il disagio estremo, ma anche carenze rispetto ai 16 Progetto NET.MATE, Azioni di sensibilizzazione per l’inclusione sociale. Nuove povertà ed esclusione, fondazione labos. legami sociali, ai sistemi abitativi, alla formazione o all’integrazione lavorativa e sociale17. Si tratta, quindi, di un fenomeno prodotto dall’interazione di una pluralità di fattori di rischio che ne mettono a repentaglio l’integrità: l’esclusione sociale è un fenomeno multidimensionale, che non può essere analizzato da un unico punto di vista, cioè quello economico; costituisce “fatto sociale”. Si tratta di un fenomeno sempre più diffuso nelle società avanzate e può riguardare anche soggetti che, almeno apparentemente, versano in condizioni di normalità e di benessere. Infatti, il venir meno di alcune “reti di sostegno” – sia familiari che comunitarie – può portare a far cadere in condizioni d’isolamento anche soggetti “forti”. L’esclusione sociale è una condizione di deprivazione che si manifesta dunque attraverso una condizione di svantaggio generalizzato ed è la somma di più condizioni di disagio dovute all’inadeguatezza delle risorse e ad un limitato accesso a diverse importanti dimensioni delle attività umane quali educazione, lavoro, famiglia, reti informali, consumo di beni e servizi, comunità di riferimento e istituzioni pubbliche, vita politica, tempo libero e svago. Il concetto di esclusione sociale si rivela molto più dinamico rispetto a quello di povertà e quindi fortemente operativo, con dei contenuti immateriali oltre che materiali. Le povertà oggi sono, dunque, delle povertà composite, in quanto all’interno di questa condizione convivono diversi livelli di bisogni quali: Bisogni primari: relativi alla disponibilità di beni materiali di sopravvivenza; Bisogni secondari: la cui soddisfazione implica la responsabilità delle istituzioni (salute, igiene, assistenza, scuola, ecc.) 17 N. NEGRI – C. SARACENO, Povertà, disoccupazione ed esclusione sociale, Stato e mercato, n° 59 / agosto 2000, p. 184. Bisogni relazionali: relativi alla caduta dei legami comunitari e alla mancanza di rapporti interpersonali significativi sul piano dell’affettività. Questi rivelano tutta la loro incomprensibilità nella misura in cui si logorano i rapporti interpersonali all’interno della stessa famiglia, della società civile e gruppi marginali. Ed è sui bisogni relazionali che si costruiscono le “nuove povertà”, povertà che si definiscono trans-materiali in quanto si collocano contemporaneamente all’interno e all’esterno della sfera materiale. Con il termine di nuove povertà si fa riferimento ad una povertà non più intesa come condizione economica oggettivamente misurabile, ma come senso d’insicurezza, di instabilità, una zona grigia sempre più ampia dove povertà è anche fragilità di relazioni, precarietà lavorativa, insicurezza sociale, malattia, inadeguatezza ad un sistema dominato dalla competitività e dalla produttività. Queste povertà vengono a determinarsi sulla base di fattori di cambiamento demografico e sociale che si sviluppano all’interno delle nostre società: l’incremento del numero dei nuclei familiari composti da giovani single, il sorgere di diverse forme di coabitazione, l’incremento della proporzione di nascite fuori dal matrimonio, il cambiamento dei ruoli di genere nelle famiglie, l’incremento della incompatibilità dei tempi di lavoro con quelli di cura dei figli, l’incremento di famiglie monoparentali con figli; la riduzione della mortalità e l’incremento del numero di anziani sopra i 75 anni. È possibile quindi individuare quattro distinte categorie di popolazione che possono essere incluse nel concetto di nuove povertà: anziani soli, giovani coppie, genitori single, disoccupati. Nel caso di studio è interessata la “categoria” genitori single. Tale categoria comprende due tipologie diverse: Famiglia mono genitoriale: famiglia in cui la sola madre o il solo padre vivono con uno o più figli. È l’espressione di una convivenza “di fatto”; Genitore separato o famiglie unipersonali. Le analisi proposte dall’ISTAT mostra come i genitori single, nel 2010, sperimentino livelli di povertà superiori alla media (13,5%) e come il fenomeno sia più diffuso al nord Italia, dove le famiglie monogenitore povere sono il 5,8% contro una media ripartizione del 4,5%. La lotta alla vulnerabilità sociale, alla povertà e all’esclusione sociale rappresenta il punto di partenza attuale per l’implementazione di qualsiasi modello di sviluppo. Si tratta di aspetti di una stessa medaglia, cui bisognerebbe rispondere con interventi più opportuni in ambito di politiche pubbliche e sociali. Cambiano le strutture familiari, cambia il mercato del lavoro, lo stesso welfare cambia; e in tutti questi cambiamenti le persone diventano defaffilies18, persone che hanno compiuto un disconoscimento di paternità nei confronti del sistema sociale nel quale si vive: persone senza fissa dimora, separati, divorziati, persone in povertà estrema ecc. Ogni politica d’intervento deve prendere le mosse da una considerazione: qualunque strategia d’azione nei confronti di queste persone è subordinata al controllo del processo d’isolamento, di scivolamento, di uscita da un qualsiasi gruppo culturalmente e strutturalmente organizzato. 18 CASTEL, les metamorphoses de la question sociale, Fayard, Parigi, 1995. CAPITOLO I CAMBIAMENTI IN AMBITO FAMILIARE PREMESSA. Negli ultimi decenni profonde trasformazioni hanno investito la sfera delle relazioni familiari e sociali, i costumi e gli stili di vita nel nostro paese. L’istituzione famiglia, in particolare, ha subito grandi cambiamenti, in rapporto all’emergere di nuovi fenomeni demografico-sociali che si presentano con intensità diversa secondo il territorio, le aree culturali e le fasce sociali. Si sono modificate le forme e le strutture familiari: sono cresciute le famiglie ricostituite, i genitori soli e i single non vedovi, le unioni libere. Molteplici sono gli elementi che fanno da sfondo al processo di diversificazione delle tipologie familiari in Italia: Diminuzione dei tassi di nuzialità, tendenza alla posticipazione delle nozze e incremento della quota di matrimoni celebrati con rito civile; La scarsa natalità; Il ritardo nel passaggio alla vita adulta, con conseguente rinvio nel tempo delle decisioni di formazione della famiglia subordinate alla sicurezza o continuità del lavoro, alla stabilità del reddito, alla ricerca dell’abitazione; Emancipazione femminile; Maggiori possibilità di spostamenti e di contatti sociali. In questo variegato scenario si inserisce la contemporanea crescita dell’instabilità coniugale, misurata attraverso il numero di separazioni e divorzi concessi. Questi eventi sono fortemente aumentati nell’ultimo decennio, pur mantenendosi al di sotto della media europea (3 matrimoni su 4 finiscono)19. La rottura dell’unione coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie ricostituite composte da almeno una persona che ha vissuto una precedente esperienza matrimoniale, generando nuove tipologie familiari.20 0. LE CRITICITA’ DELLA FAMIGLIA. La famiglia, in quanto realtà umana, è sempre vulnerabile. Essa corre dei rischi oppure si mette in pericolo quando si rompe l’equilibrio tra: le esigenze fondamentali della famiglia, come capacità di risposta ai bisogni dei suoi membri e le risorse che esistono e che essa è capace di metterle in campo per affrontarle. Le difficoltà emergenti della famiglia sono: Criticità culturali: che riguardano la fragilità del fondamento, la debolezza del progetto, il ripiegamento nel presente e la paura dell’incertezza; Eventi critici: si tratta di eventi che provocano un potenziale cambiamento nella famiglia e che richiedono di attingere a risorse esterne e interne per ristabilire il proprio funzionamento. Implicano sempre una perdita (di un legame, di un ruolo, di una rappresentazione di sé). Ad oggi, le aree di sofferenza familiare sono: 1) il funzionamento familiare (cioè quando la famiglia non riesce ad organizzarsi al suo interno per realizzare il proprio progetto di vita); 2) emergenza educativa; 3) presenza di un membro in difficoltà; 4) problemi di tipo etico- 19 20 I valori più elevati si riscontrano nei paesi dell’Est Europa, Eurostat Demography, 2009. Istituto nazionale di statistica, Evoluzione e nuove tendenze dell’instabilità coniugale, 2008. valoriale; 5) la mancata integrazione sociale (che comprende solitudine, emarginazione ed esclusione); 6) risorse economiche21. 1. COME CAMBIANO LE FORME FAMILIARI. Ogni anno le indagini multiscopo condotte dall’Istat rilevano i comportamenti e gli aspetti più importanti della vita quotidiana delle famiglie. Il processo di trasformazione delle strutture familiari, che ormai da decenni riguarda l’Italia, continua a far registrare un incremento del numero delle famiglie e una contrazione della loro dimensione. Una famiglia, così come definita dalle indagini, è costituita dalle persone che vivono insieme e sono legate fra loro da vincoli di matrimonio, parentela, adozione o affettivi. Un nucleo è l’insieme delle persone che formano una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio. Una famiglia può essere formata da un nucleo, da un nucleo più altri membri aggregati, da più nuclei o da nessun nucleo (persone sole, famiglie composte per esempio da due sorelle, da un genitore separato con un figlio ecc.). Secondo l’indagine condotta nell’anno 2009 crescono le nuove forme familiari: sono 6 milioni 866 mila i single non vedovi, i mono genitori non vedovi, le coppie non coniugate e le famiglie ricostituite coniugate. Vivono in queste famiglie 12 milioni di persone, circa il 20% della popolazione. I single non vedovi sono soprattutto uomini (55,3 %), mentre i mono genitori sono in gran parte donne (86,1 %). 21 Rielaborazione da F. Belletti, Famiglia e servizi sociali. Risorse e sfide di oggi, in “Famiglia oggi”, n. 3, marzo 2001, pp. 8-17. Figura 1. “Nuove Famiglie” e persone che vivono in nuove famiglie per tipo. Anni 1998 e 2009. Dati in migliaia. Statistiche report, www.istat.it, 15 settembre 2011. Numero di famiglie Single non vedovi Libere unioni Famiglie ricostituite coniugate Madri sole non vedove Padri soli non vedovi Combinazione delle precedenti forme familiari 2.204 340 377 Numero Numero di di persone famiglie che ci vivono 2009 1998 4.157 2.204 881 948 629 1.142 568 1.012 100 4 Totale 3.594 1998 Numero di Per 100 Per persone abitanti 100 che ci abitanti vivono 1998 2009 2009 4.157 3,9 6,9 2.523 1,7 4,2 1.972 2,0 3,3 1.579 2.765 2,8 4,6 163 272 495 0,5 0,8 24 25 129 0,0 0,2 12.010 10,9 20 6.866 6.169 Dal 1998 ad oggi sono aumentate le persone sole, le coppie senza figli e le famiglie mono genitore, mentre sono diminuite le coppie con figli e le famiglie “estese”. Le coppie coniugate con figli rappresentano ormai solo il 36,4 % delle famiglie (erano 46,8 % nel 1998). Cresce, come è emerso, il peso delle nuove forme familiari: single non vedovi, mono genitori non vedovi, famiglie ricostituite coniugate e unioni libere, che nel complesso passano dal 16,9 % del 1998 al 28 % del 200922. La crescita di separazioni e divorzi è in gran parte alla base dell’incremento di questo tipo di famiglie. I single non vedovi rappresentano più di 1/3 delle persone che vivono in queste famiglie (34,6 %), raggiungono i 4 milioni 157 mila e sono maggiormente presenti nel CentroNord del paese (23, 2 %), dove l’instabilità coniugale è maggiore. Rilevante anche il peso dei mono genitori non vedovi (1 milione 175 mila famiglie, per un totale di 3 milioni 260 mila persone). Nei single non vedovi la metà sono padri separati. Nello specifico le nuove forme familiari sono: FAMIGLIE UNIPERSONALI: se un numero sempre maggiore di persone sceglie di convivere a causa della maggiore instabilità nel matrimonio, un’altra scelta è quella di vivere da soli. Si tratta soprattutto di uomini o donne separati o divorziati. L’intervento innaturale che viene posto con la legislazione relativa alla separazione contribuisce in larga maniera a sviluppare il fenomeno delle “persone sole”. FAMIGLIE MONOGENITORIALI: negli ultimi 30 anni c’è stato un forte incremento nella percentuale di unità familiari monoparentali. Il maggior numero è composto da donne alla fine dei 20 anni o nei primi 30. 22 “Nuove Famiglie” e persone che vivono in nuove famiglie per tipo. Anni 1998 e 2009. Dati in migliaia. Statistiche report, www.istat.it, 15 settembre 2011. FAMIGLIE RICOSTITUITE: ci sono famiglie che si formano come risultato del secondo matrimonio di uno o entrambi i genitori, che costituiscono una crescente percentuale in seguito alla crescita dei divorzi. Un numero significativo di chi si risposa ha dei figli provenienti dai precedenti matrimoni. È più probabile che siano le donne, piuttosto che gli uomini, ad avere la custodia dei figli dopo il divorzio, così soltanto una piccola percentuale di unità familiari ricostruite comprenderà sia il maschio sia la femmina divorziati con figli dai loro precedenti matrimoni. In sintesi, nell’arco degli ultimi vent’anni il numero totale delle famiglie in Italia è aumentato di quasi 4 milioni. Questa crescita è dovuta alle “famiglie senza nucleo” che sono passate dai poco più di quattro milioni del 1988 a quasi sette milioni vent’anni dopo, ossia a poco meno del 30% del totale delle famiglie italiane. D’altra parte, il numero dei single si è accresciuto del 68,3% e il suo peso relativo si è alzato dal 19% del 1988 al 27% del 2008: più di ¼ delle famiglie italiane è oggigiorno costituito da persone sole. Un incremento quasi altrettanto significativo si rileva anche nel caso in cui vi sia “un genitore con figli” (+40,3%). La struttura della famiglia sembra dunque avviata ad una semplificazione. Il panorama dell’ultimo ventennio sottolinea dunque tanto il processo di nuclearizzazione in atto nella realtà italiana – inteso come progressivo ridursi delle forme familiari estese e plurinucleari, fino alla scomparsa del nucleo stesso – quanto quello di polverizzazione delle forme di famiglia, ovvero dell’aumento del numero di famiglie e la contemporanea riduzione del numero medio di componenti. 23 Figura 2 . Famiglie per tipologia – anni 1988 e 2008 (media). 1988 2008 (migliaia) Variazione Assoluta % FAMIGLIE SENZA NUCLEI Una persona sola FAMIGLIE CON UN NUCLEO Un nucleo senza altre persone Coppie senza figli Coppie con figli Un solo genitore con figli Un nucleo con altre persone Coppie senza figli Coppie con figli Un solo genitore con figli FAMIGLIE CON PIU’ NUCLEI 4116 3832 15510 1471 3534 9810 137 793 169 535 89 247 6930 6450 16428 15606 4753 8946 1907 822 252 427 143 276 2814 2618 918 890 1219 - 864 535 29 83 - 108 54 29 68,4 68,3 5,9 6,0 34,5 - 8,8 39,0 3,7 49,1 - 20,2 60,7 11,7 Totale 19872 23634 3762 18,9 23 ISTAT, conferenza nazionale della Famiglia, Milano 8-10 novembre 2010. 2. INSTABILITA’ CONIUGALE. Come è stato evidenziato dalle analisi sopra descritta, alla base dei cambiamenti delle forme familiari c’è l’instabilità coniugale. Lo scioglimento di un’unione impone un’interruzione del corso di vita degli individui. Ciò ha inevitabili conseguenze sia sulla carriera familiare che su quella abitativa delle persone che direttamente (coppia) ed indirettamente (figli) sono coinvolti nell’esperienza. Per alcuni ciò ha anche un impatto su altri ambiti della vita personale: fecondità, reddito, lavoro, ruolo, identità personale, salute fisica e psicologica. È cresciuta l’instabilità coniugale. L’aumento del numero dei matrimoni che terminano con una sentenza di tribunale, con un divorzio, o con una separazione legale, ha prodotto cambiamenti. Ha fatto crescere, come si è visto, il numero delle famiglie unipersonali, ossia di coloro che vivono da soli; ha creato famiglie mono genitoriali, ossia costituite da chi coabita con i figli, e famiglie estese, per chi invece ritorna nel nucleo d’origine. La crescita dell’instabilità coniugale è un’importante trasformazione di carattere demografico che ha investito la famiglia in tutti i paesi occidentali. Le conseguenze sono state non solo demografiche ma anche sociali. Demografiche poiché è seguito un aumento del numero delle famiglie, una contrazione della loro dimensione e una diversificazione delle strutture familiari, con la progressiva crescita delle famiglie mono genitore, ricostituite e impersonali. Sociali in quanto la diffusione dell’instabilità coniugale su vasta scala ha avuto un forte impatto tanto sulla società nel suo complesso, quanto su singoli individui. Dal punto di vista della società ne consegue una riorganizzazione dei sistemi di welfare, in primo luogo delle politiche di conciliazione famiglia-lavoro e di lotta alla povertà, per fronteggiare i carichi di lavoro aggiuntivi e le situazioni di deprivazione economica che possono ricadere su coloro che si separano e divorziano, in particolare sulle madri con figli minori. La crescita dell’instabilità coniugale è avvenuta nei paesi occidentali in tempi relativamente recenti, ma non va dimenticato che questo fenomeno era largamente diffuso anche nelle società moderne: è vero che nel passato i matrimoni duravano “finché morte non ci separi” ma è anche vero che la morte separava i coniugi ben prima di quanto avvenga oggi. In epoca contemporanea sono le separazioni e i divorzi, più che i lutti, a sciogliere le nozze. Si può affermare, quindi, che non è nuovo il fenomeno dell’instabilità coniugale bensì è nuovo l’evento che lo provoca. Il fenomeno delle separazioni e dei divorzi è stato analizzato in modo approfondito da più punti di vista e da diverse professionalità (giuristi, politici, sociologi, psicologi, ecc.) e sono state proposte diverse politiche pubbliche da mettere in atto per contenere gli effetti. Questo, tuttavia, non è avvenuto in Italia, Paese in cui separazioni e divorzi portano profonde lacerazioni sia tra le forze politiche sia nell’opinione pubblica. Di conseguenza se ne parla poco e se ne scrive ancora meno: non si parla molto dell’instabilità coniugale, dei nuclei mono genitori che si formano, dei genitori separati in particolare i padri ecc. 3. SITUAZIONE IN ITALIA SU SEPARAZIONI E DIVORZI. La famiglia ha da sempre rappresentato una realtà in cui storicamente si riflettono i valori che caratterizzano la società. La realtà italiana, fino a poco tempo fa (anni ’80-‘90) era caratterizzata da una forte stabilità coniugale rispetto agli altri paesi europei. L’Italia ha, quindi, forti radici nell’istituzione familiare ed un sistema particolare di porre fine ad un’unione ufficializzata col matrimonio. Lo scioglimento del matrimonio è un procedimento a due stadi: per ottenere il divorzio bisogna prima ottenere la separazione. Data la bassa incidenza passata del fenomeno, non vi sono state particolari indagini che analizzassero le separazioni. L’evoluzione del fenomeno delle dissoluzioni coniugali ha sempre avuto e continua ad avere valori differenziati tra nord e sud dal Paese, con una tendenza che è comunque e ovunque in crescita. Ogni anno l’Istat diffonde i principali risultati delle rivelazioni sulle separazioni e sui divorzi condotte presso le cancellerie dei 165 tribunali civili, raccogliendo i dati relativi a ogni singolo procedimento concluso dal punto di vista giudiziario nell’anno di riferimento. Figura 3. Principali caratteristiche di separazioni e divorzi. Anni 2007-2010, valori assoluti, percentuali, e per 1.000. statistiche report, www.istat.it, 12 luglio 2012. Separazioni (valori assoluti) Variazioni rispetto all’anno precedente (%) Divorzi (valori assoluti) Variazioni rispetto all’anno precedente (%) Separazioni totali per 1.000 matrimoni Divorzi totali per 1.000 matrimoni Separazioni consensuali (per 100 separazioni Divorzi consensuali (per 100 divorzi) Separazioni con affidamento condiviso (per 100 separazioni con affidamento di figli minori) Divorzi con affidamento condiviso (per 100 divorzi con affidamento di figli minori) 2007 81.359 1,2 50.669 2,3 273,7 165,4 86,3 78,3 72,1 2008 84.165 3,4 54.351 7,3 286,2 178,8 86,3 77,3 78,8 2009 85.965 2,1 54.456 0,2 296,9 180,8 85,6 77,1 86,2 2010 88.191 2,6 54.160 -0,5 307,1 181,7 85,5 72,4 89,8 49,9 62,1 68,5 73,8 L’instabilità coniugale è un fenomeno in costante crescita: nel 2010 le separazioni sono state 88.191 e i divorzi 54.160. Rispetto al 1995, le separazioni sono aumentate di oltre il 68 % e i divorzi sono praticamente raddoppiati (+101 %). Tali incrementi si sono osservati in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono24 e quindi sono imputabili ad un effettivo aumento della propensione alla rottura dell’unione coniugale. Nel 1995 si sono verificati in media circa 158 separazioni e 80 divorzi per 1.000 matrimoni, nel 2010 questi sono arrivati rispettivamente a 307 separazioni e 182 divorzi ogni 1.000 matrimoni. Figura 4. Matrimoni, separazioni e divorzi. Anni 1995-2010 (valori assoluti in migliaia). 290,0 278,6 277,7 280,0 280,3 284,4 264,0 270,0 264,1 249,0 247,7 246,0 250,4 246,6 230,6 Divrozi 10 Separazioni 217,7 Matrimoni 83,2 82,3 80,4 81,4 84,2 85,9 88,1 72,0 81,7 52,3 64,9 79,6 60,3 62,7 75,9 57,5 32,7 43,9 45,1 47,0 54,5 54,2 34,3 41,8 50,7 33,5 37,6 49,5 33,3 40,1 54,4 27,0 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 ISTAT, il matrimonio in Italia, Anno 2009 e dati provvisori 2010, statistiche in breve 18/05/2011, ww.istat.it. Per l’analisi della geografia e delle principali caratteristiche dell’instabilità coniugale è utile fare riferimento alle separazioni legali che rappresentano in Italia l’evento più esplicativo del fenomeno dello scioglimento delle unioni coniugali25. Il fenomeno dell’instabilità coniugale presenta ancora oggi situazioni molto diverse sul territorio: nel 2010 si va dal valore minimo di 213,4 separazioni per 1.000 matrimoni che caratterizza il Sud al massimo osservato nel Nord-Ovest (83,4 separazioni per 1.000 matrimoni). Nel 1995 solo in Valle D’Aosta si registravano più di 300 separazioni per 1.000 matrimoni mentre, nel 2010, si collocano al di sopra di questa soglia quasi tutte le regioni del Centro-Nord (con l’eccezione del veneto, del Trentino Alto Adige e delle Marche). In quest’area un incremento consistente è stato registrato in Umbria (da 89,9 del 1995 a 351,0 separazioni per 1.000 matrimoni del 2010). Gli incrementi più consistenti, però, si sono osservati nel Mezzogiorno, dove i valori sono più che raddoppiati. 25 La separazione legale ormai è il motivo principale di richiesta del divorzio (il 99,2 % dei divorzi concessi nel 2009 è stato preceduto da una separazione legale). Figura 5. Numero medio di separazioni per 1.000 matrimoni (tassi di separazione totale) per regioni. 1995 2010 Dati di origine Regioni 1995 2010 Regioni 1995 2010 Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli-Venezia Giulia Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio 245,8 324,7 252,1 178,7 154,7 241,0 270,5 247,1 169,7 89,9 148,6 224,0 379,9 437,5 383,8 279,7 280,9 384,6 390,4 374,6 337,6 351,0 299,4 437,7 Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 125,9 32,0 70,1 76,7 53,3 48,1 78,0 95,3 265,4 235,0 216,5 221,3 198,3 164,9 228,9 287,0 ITALIA 158,8 307,1 Nel 2010 all’atto della separazione i mariti avevano mediamente 45 anni e le mogli 42. Analizzando, quindi, la distribuzione per età si nota come la classe più numerosa sia quella tra i 40 e i 44 anni. Questo innalzamento dell’età alla separazione è il risultato sia della sempre maggiore propensione allo scioglimento delle unioni di lunga durata sia di un processo di invecchiamento complessivo della popolazione dei coniugati dovuto alla posticipazione del matrimonio26. Infine, per quanto riguarda la modalità di separazione, il procedimento prevalentemente scelto dai coniugi è quello consensuale: nel 2010 si sono chiuse con questa modalità l’85,5 % delle separazioni e il 72,4 % dei divorzi. 4. CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE E SOCIALI DEI CONIUGI. Questo capitolo focalizza l’attenzione su alcune caratteristiche demografiche e sociali dei coniugi che sperimentano la rottura di un matrimonio: l’età alle nozze, l’età alla separazione e al divorzio, il titolo di studio, la condizione e la posizione professionale. Tali aspetti sono presi in esame, considerando un lasso di tempo dai 25 ai 30 anni. Inoltre le separazioni legali sono analizzate tramite alcuni indicatori che segnalano la diversa incidenza della separazione per alcune delle caratteristiche demosociali in esame. 26 ISTAT, il matrimonio in Italia, Anno 2009 e dati provvisori 2010, statistiche in breve, 18 maggio 2011, www.istat.it. L’età del matrimonio L’indicatore adatto per evidenziare la diversa incidenza della separazione a seconda dell’età al matrimonio dei coniugi è il tasso di separazione totale specifico per classi di età dei coniugi all’atto del matrimonio. Tale tasso può essere calcolato secondo due diverse prospettive: a partire dall’anno di separazione o a partire dalla coorte matrimoniale. Nella figura 5 viene riportato il tasso di separazione totale specifico27per età dei coniugi all’atto del matrimonio, costruito a partire dalle coppie che si sono separate nel 2005. Nei matrimoni in cui entrambi i coniugi si sposano molto presto, prima dei 20 anni, il tasso di separazione è il più alto tra quelli che coinvolgono coniugi appartenenti alla stessa classe di età. Nel caso in cui la sposa appartenga a questa fascia di età e il marito sia più grande, il tasso è inferiore rispetto a quello tra coetanei sotto i 20 anni se la differenza di età tra i coniugi è minore di 15 anni; superata questa soglia, è invece maggiore. 27 È necessario sottolineare che questo indicatore risente di una distorsione: per calcolarlo viene utilizzato al denominatore il numero dei matrimoni celebrati in un determinato anno “iniziale”. Dunque, non vengono tenuti sotto controllo gli effetti delle migrazioni la presenza di coppie sposate in Italia ed emigrate all’estero, corteggiate al denominatore, ma che non sono più a rischio separazione, e di coppie coniugate all’estero ed immigrate in Italia, che sono a rischio separazione, ma non sono presenti al denominatore tra la popolazione sposata. Lo stesso problema esiste per le coppie che si sono sciolte per morte di uno dei coniugi, conteggiate al denominatore ma non più a rischio separazione. L’effetto della mortalità sulla conclusione del matrimonio aumenta con il crescere dell’età dei coniugi. Per i suddetti motivi il tasso di separazione totale specifico per classi di età dei coniugi all’atto del matrimonio può dare risultati inconsistenti per quelle combinazioni di età che al denominatore hanno un numero irrisorio di casi. Figura 6. Tasso di separazione totale specifico per classe di età dei coniugi all’atto del matrimonio – Anno 2005 (per 1.000 matrimoni di durata inferiore ai 26 anni). Età del marito Meno di 20 Meno di 20 474,7 20 – 24 325,8 25 – 29 342,5 30 – 34 439,2 35 – 39 695,8 40 ed oltre 943,7 20-24 565,2 286,7 241,5 258,8 371,0 503,1 Età della moglie 25-29 30-34 830,2 711,6 332,3 462,5 229,6 248,8 194,3 172,3 230,9 178,9 306,0 206,0 35-39 n.d. 557,8 370,7 202,5 163,8 145,1 40 e oltre 866,7 949,9 503,5 400,2 199,5 107,9 Nel caso in cui, invece, siano i mariti ad appartenere alla fascia di età più bassa e le mogli siano più grandi, i tassi sono sempre più alti rispetto a quello di due coniugi che si sono sposati sotto i 20 anni. In caso di matrimoni celebrati tra un coniuge sotto i 20 anni e uno di classe di età superiore, quelli in cui è la moglie ad essere più grande hanno sempre tassi di separazione maggiori rispetto a quelli in cui lo è il marito. I matrimoni celebrati tra coniugi sopra i 39 anni di età presentano il tasso di separazione più basso. Una tendenza generale è che, nella maggior parte delle fasce di età, i tassi sono più bassi nelle combinazioni in cui il marito è di una o due classi superiore rispetto alla moglie; quindi, quei matrimoni in cui vi è una differenza di età tra i due coniugi a favore del maschio, ma inferiore ai dieci anni. L’età alla separazione e al divorzio. Nelle tabelle 7 e 8 sono ripotate le classi di età dei coniugi all’atto della separazione e al divorzio, l’età media e l’età mediana. Si precisa che nella tabella 8 manca il dato riferito all’anno 2010, a causa di mancanza di dati. Figura 7. Separazioni per classe di età dei coniugi all’atto della separazione, età media, età mediana Anni 2000 – 2010. (composizione percentuali e valori medi) CLASSI DI ETA’ Anno 2000 Anno 2005 Anno 2010 MARITO Meno di 25 25 - 29 30 - 34 35 - 39 40 - 44 45 - 49 50 - 54 55 - 59 60 ed oltre Totale Età media Età mediana 0,8 6,6 18,3 22,3 19,4 12,6 9,0 5,1 5,9 100,00 42 40 0,5 4,2 14,1 20,9 22,0 15,3 9,5 6,1 7,4 100,00 43 42 0,4 2,9 10,4 17,8 20,9 19,0 11, 7 7,0 9,9 100,00 44 44 CLASSI DI ETA’ Anno 2000 Anno 2005 Anno 2010 MOGLIE Meno di 25 25 - 29 30 - 34 35 - 39 40 - 44 45 - 49 50 - 54 55 - 59 60 e oltre Totale Età media Età mediana 3,2 13,7 22,5 23,0 15,1 9,3 6,3 3,4 3,5 100,00 38 37 2,0 9,5 19,7 23,3 19,1 11,4 6,3 4,0 4,7 100,00 40 39 1,4 6,7 15,4 20,5 21,6 15,1 8,4 4,4 6,4 100,00 44 40 Figura 8. Divorzi per classe di età dei coniugi all’atto del divorzio, età media, età mediana – Anno 2000 – 2005. (composizioni percentuali e valori medi) CLASSI DI ETA’ MARITO Meno di 25 25 - 29 30 - 34 35 - 39 40 - 44 45 - 49 50 - 54 55 - 59 60 ed oltre Totale Età media Età mediana Anno 2000 0,0 2,0 12,6 23,0 21,0 15,5 11,6 6,6 7,7 100,00 44 42 Anno 2005 0,0 1,2 9,4 21,3 23,5 17,2 11,5 7,9 8,0 100,00 45 43 CLASSI DI ETA’ Anno 2000 MOGLIE Meno di 25 25 -29 30 -34 35 - 39 40 - 44 45 - 49 50 - 54 55 - 59 60 ed oltre Totale Età media Età mediana 0,4 6,8 20,4 24,5 18,0 11,8 8,6 4,7 4,8 100,00 41 39 Anno 2005 0,2 4,6 17,6 24,2 21,0 13,9 8,6 5,2 4,7 100,00 42 40 Per quanto riguarda le separazioni, si può osservare che il peso sul totale dei casi delle classi di età più giovani (fino a 34 anni per gli uomini, fino a 29 per le donne) è diminuito nel periodo 2000 – 2010; per entrambi i sessi il peso della classe successiva (35-39 anni per gli uomini, 3034 anni per le donne) è rimasto sostanzialmente immutato, mentre il peso di tutte le altre classi è cresciuto. Sia tra i mariti che tra le mogli il decremento più marcato si registra nella classe di età più giovane, mentre l’incremento più netto avviene per gli uomini nelle due classi di età più elevate, e per le donne nell’ultima classe di età. Dunque, come evidenziano anche gli andamenti dell’età media e dell’età mediana, la popolazione dei separati sta progressivamente invecchiando: sia perché ci si sposa più tardi, e dunque ci si separa anche più tardi, sia perché col passare del tempo la separazione legale si sta diffondendo in modo più omogeneo rispetto alle classi di età degli individui coinvolti. I dati relativi all’età al divorzio presentano un andamento diverso rispetto a quello registrato per l’età alla separazione: l’età media e l’età mediana crescono sia tra gli uomini che tra le donne. Il peso degli individui di età sopra i 45 anni è aumentano; mentre il trend degli individui tra i 25 e i 34 anni è sceso. Il titolo di studio, la condizione e la posizione professionale. All’inizio degli anni ottanta la separazione era maggiormente diffusa nella popolazione laureata; invece, nel biennio 2004-2005 la separazione è più alta negli individui con un diploma di scuola media superiore. La diffusione della separazione tra gli individui con licenza elementare o privi di titolo di studio era modesta venticinque anni fa, e lo rimane ancora oggi: tra le donne non si registrano mutamenti di rilievo nell’arco temporale, mentre negli uomini vi è solo una leggera crescita. Nelle separazioni del 2010, la maggior parte dei mariti ha, come titolo di studio più elevato, il diploma di scuola media inferiore (40,3%) o di scuola media superiore (40,5%9; per le mogli la distribuzione è simile, ma più sbilanciata a favore del diploma di scuola media superiore (44,2% rispetto al 34,6% di quello di scuola media inferiore). Il 15,2% delle mogli possiede un titolo universitario, contro il 12,7% dei mariti. La diversa incidenza dei casi di separazione secondo l’istruzione può essere osservata anche analizzando la combinazione dei titoli di studio dei coniugi. Nella tabella 9 è riportato il quoziente di separazione specifico per combinazione di istruzione dei coniugi. Tabella 9. Quoziente di separazione specifico per combinazione di titolo di studio dei coniugi – Anni 1995 – 2010. (per 1000 abitanti tra 16 e 70 anni con lo stesso titolo di studio.(a) COMBINAZIONI DI TITOLO DI Quoziente di separazione STUDIO DEI CONIUGI Stesso titolo di studio 6,0 Lei più istruita 7,0 Lui più istruito 5,0 (a) I quozienti sono calcolati sui dati della Rilevazione Forze di Lavoro. Si può notare che tale quoziente è maggiore nelle coppie in cui la moglie è più istruita del marito, decresce se i coniugi hanno lo stesso titolo di studio ed è più basso in assoluto nel caso sia marito ad essere più istruito della moglie. Questi risultati trovano riscontro anche in una ricerca svolta nel nostro Paese sul rapporto tra eterogamia matrimoniale e instabilità coniugale28: si può ipotizzare che nelle coppie in cui le donne hanno un livello d’istruzione più elevato rispetto agli uomini l’effetto delle norme sociali che regolano la formazione e il mantenimento della famiglia, oltre che dei tradizionali rapporti gerarchici basati sul genere, sia meno forte. Relativamente alla condizione professionale, l’indicatore più adatto per analizzare la diversa incidenza della separazione legale secondo tale caratteristica è il quoziente di separazione specifico per condizione professionale dei coniugi (Tabella 10). 28 LAURA AROSIO, “ Gli opposti si respingono? Scelte di coppia e stabilità coniugale in Italia”, Roma, Aracne, 2004. Tabella 10. Quoziente di separazione specifico per alcune combinazioni di condizione professionale dei coniugi – Anno 2004 (per 1000 coppie coniugate con la stessa combinazione di condizione professionale) COMBINAZIONI DI CONDIZIONE PROFESSIONALE DEI CONIUGI Quoziente di separazione Entrambi occupati Lui disoccupato, lei occupata Lei disoccupata, lui occupato Entrambi disoccupati Lei casalinga, lui occupato Lei casalinga, lui disoccupato Entrambi ritirati 11,7 24,2 18,6 24,2 4,2 5,2 0,8 Tale indicatore segnala che, all’interno di coppie nelle quali almeno uno dei coniugi è privo di un impiego, il quoziente di separazione è nettamente più alto che nelle coppie in cui sia il marito che la moglie lavorano. Dunque, sembra che nel nostro paese, almeno in tempi recenti, l’instabilità coniugale sia proporzionalmente più diffusa tra coloro che sperimentano situazioni di disoccupazione. L’incidenza della separazione è più elevata in assoluto nelle coppie in cui entrambi i coniugi sono disoccupati, e nelle coppie in cui la moglie lavora e il marito risulta privo di un impiego. Quest’ultimo dato, per certi versi, conferma quanto emerso tramite il quoziente di separazione per combinazione di istruzione dei coniugi: l’incidenza della separazione è maggiore nelle coppie in cui i ruoli e le gerarchie “deviano” da una divisione di genere in cui il marito ha il ruolo di principale percettore di reddito. Nelle coppie in cui la donna si dedica al lavoro familiare il quoziente di separazione è poco meno della metà rispetto alle coppie in cui i entrambi i coniugi sono occupati nel mercato del lavoro. Il dato non è troppo diverso sia che il marito sia occupato, sia che stia cercando un impiego. L’incidenza più bassa dell’evento separazione si registra se entrambi i coniugi sono ritirati dal lavoro. In Italia, le rotture matrimoniali continuano a essere più diffuse tra le posizioni maggiormente prestigiose, a differenza di quanto avviene nella maggior parte dei paesi europei. La categoria con quoziente di separazione più elevato è quella degli imprenditori e liberi professionisti. 5. CAMBIAMENTI DELLA FIGURA PATERNA NEGLI ULTIMI ANNI. Dall’era industriale fino ad oggi la famiglia è stata soggetta a profondi cambiamenti. Si è passati dalla famiglia patriarcale (con annesse patologie quali quella del “padre-padrone” o quella del “padre-ombra”) alla famiglia nucleare o mononucleare, a quella divisa, allargata o ricostituita, di fatto. Forse non a torto, c’è chi ritiene che non si possa più parlare di famiglia bensì di “famiglie”, vista la varietà di forme che si presentano. Le profonde trasformazioni sociali e culturali del secolo scorso hanno indotto al declino dell’immagine paterna tradizionale, che per tanto tempo ha fornito stabilità espressiva al ruolo del padre: tramonta la figura autoritaria e normativa del padre forte, che sancisce le regole, guida la famiglia e accompagna i figli nel loro processo di socializzazione. A poco a poco si è venuto ad affermare un modello parentale di stampo materno. I padri di oggi sono alla ricerca di un ruolo nuovo, adeguato al contesto familiare e sociale di cui fanno parte. Alcuni caratteri tipici della paternità di una volta – come il sostegno economico e il ruolo di intermediario fra la società e la famiglia – si riducono mentre ne emergono altri storicamente del tutto nuovi, tra cui quelli tipicamente materni, come l’accudimento. I padri di oggi presentano tre polarità relazionali: TESTIMONIANZA AFFETTIVA: questa rappresenta forse la principale caratteristica dello stile educativo dei padri d’oggi. Essi sono più affettuosi ed emotivamente più vicini ai figli, cercando di darne dimostrazione anche attraverso il contatto fisico; DISPONIBILITA’: i padri ritengono fondamentale riservare ai propri figli una maggiore vicinanza rispetto a quella che hanno sperimentato nel rapporto con il loro genitore. In particolare si vede il desiderio di condividere interessi e attività dei figli e di trascorrere una maggiore quantità di tempo con loro; EDUCAZIONE: i padri d’oggi non vogliono essere autoritari, preferendo collocarsi ad un livello non coercitivo, più contrattuale e paritario. I dati dell’indagine multiscopo29 evidenziano il crescente coinvolgimento maschile nel lavoro di accudimento. Altro elemento è che, secondo una ricerca sull’uso dei congedi parentali nel settore pubblico, che sta svolgendo l’Osservatorio nazionale sulla famiglia, è quasi triplicato il numero degli uomini, che dopo l’entrata in vigore della legge, ha utilizzato almeno un giorno di congedo. I padri lavoratori nel pubblico impiego, secondo la ricerca, in un anno usufruiscono in media di 31 giorni di congedo per accudire il figlio e 7 papà su 10 scelgono di stare a casa per almeno 30 giorno l’anno. 30 Nascono quindi i “nuovi padri”, così come sono definiti dalla stampa. L’opinione pubblica guarda a questi papà con un misto di simpatia e tenerezza, ma c’è anche chi esprime verso di loro commiserazione. Un esempio è dato dall’introduzione del termine “il mammo”, brutto neologismo coniato dai giornalisti.31 29 Sabbadini, 1999. www.nursesarea.it/forum/viewtopic.php?t=5876. 31 QUILICI MAURIZIO, Storia della paternità, cap. il ‘900 e il nuovo millennio, Fazi editore, 2010. 30 In conclusione siamo di fronte ad un’estinzione del padre-padrone: si passa al “mammo”, che è considerato l’eccesso opposto. Si ha una sorta di “maternizzazione” paterna.32 Il vero rischio per i padri di oggi, non è rappresentato da questi eccessi, ma dalla gestione del quotidiano soprattutto quando una separazione o il divorzio li allontanano dai figli e la paternità diviene allora sofferenza e umiliazione. Nelle aule di Tribunale regna incontrastato lo stereotipo materno: i figli devono stare con la madre. È nel mortificante rito della separazione che si consuma la contraddizione tra una nuova figura del padre e uno stereotipo che non vuole morire. L’antropologo inglese Jack Goody, in un saggio pubblicato nel 2000 33 sintetizza così il fenomeno dell’affidamento dei figli alle madri: “un numero maggiore di bambini viene allevato da donne, spesso sole, nel 90% dei casi è a loro che viene affidata la custodia dei figli. Di conseguenza i padri vengono emarginati nell’ambito della prima famiglia e pertanto non possono fornire un modello di ruolo valido. Spesso rappresentano l’idolo caduto, il dio che ha sbagliato. Si prevede però una carenza della normativa in tema di paternità e affidamento dei figli. In particolare, la scelta del padre come genitore affidatario “residuale”, cioè conseguente a situazioni molto particolari che facevano della madre un soggetto non idoneo all’accudimento dei figli, ha provocato molte proteste tra i padri “esclusi” dalla vita quotidiana dei figli (i “padri della domenica”) e favorito il nascere di associazioni ed enti non profit volti alla tutela dei diritti paterni. 34 32 A. ROSINA e L. ROSINA, Uomini e padri, in Madri sole e nuove famiglie, a cura di F. Bimbi e R. Trifiletti, Edizioni Lavoro, collana Studi e ricerche, 2006. 33 The European Famiglia: Un Saggio storico-antropologica. 34 È sempre più consistente la presenza sul territorio nazionale di gruppi di uomini a difendere l’immagine del padre e l’identità paterna: Associazione padri separati di Milano, Associazione padri presenti, Associazione padri a ore, Padri negati, Gesef-genitori separati dai figli, Associazione figli negati. Nell’ultimo decennio, un movimento esteso di padri separati35 ha posto all’ordine del giorno l’obiettivo dell’affido condiviso. Infatti, sul versante giuridico della paternità, un passaggio molto importante è segnato dalla nuova legge sull’affido (54/2006). Fortemente voluta e sostenuta dai movimenti dei padri separati che denunciavano una giurisprudenza “maternocentrica”, la legge ha creato molto sconcerto e molti dubbi interpretativi in sede giudiziaria, ma ha avuto il merito di introdurre il principio della bigenitorialità e di sancire, forse solo sulla carta, la fine di quel privilegio femminile che si realizzava nelle aule dei tribunali al momento dell’affidamento. Anziché placarsi, però, la polemica ha ripreso vigore. E c’è chi traduce il senso della legge in una vittoria (per i padri) e in una sconfitta (per le madri) e chi esattamente nel contrario. Per concludere, viene da chiedersi che sarà del futuro dei padri e dove li porterà la ricerca di un nuovo ruolo. 35 Per esempio, manifestazione nazionale Millions Dads march, Roma 14/06/2003 e organizzata dalle Associazioni dei genitori separati (in contemporanea con altre 20 nazioni) per protestare contro le discriminazioni subite dai padri nei tribunale. CAPITOLO II AFFIDO CONDIVISO INTRODUZIONE. I dati parlano chiaro: 950.000 genitori separati possono vedere i figli un pomeriggio a settimana; 150.000 hanno perso ogni contatto, figli orfani di un genitore vivo; oltre 500.000 sentenze di falso affidamento condiviso (legge inapplicata nella sostanza); circa 25.000 minori tolti ai genitori e collocati in casa famiglia; 100 omicidi/suicidi ogni anno causati dalla conflittualità esasperata; denunce di abuso o maltrattamento: secondo le Procure l’80% sono false, costruite al solo scopo di liberarsi dell’ex coniuge ed escluderlo dalla vita dei figli. Si presenta un dramma sociale che si consuma senza una presa di posizione del mondo politico, che manifesta scarso interesse alla reale evoluzione della società e ai principi etici cui s’ispira la legge sull’affido condiviso. Due sono i punti disattesi e inapplicati: il mantenimento diretto per parte (ogni genitore per sua competenza), e l’equità frequentativa dei genitori (oggi un bimbo figlio di separati vede il papà una sera alla settimana ed un weekend ogni due). 36 Le statistiche, infatti, riportano che il bambino è affidato quasi sempre alla madre. Nella maggior parte dei casi, le madri affidatarie si sentono autorizzate a “punire” l’ex marito ed il sistema più diffuso è quello di privarlo del rapporto con i figli. 36 ASSOCIAZIONE CIAO PAPA’, lettera al Prefetto di Caserta, 23 settembre 2005. Dopo lo scioglimento del legame coniugale, in realtà dovrebbero rimanere immutate le responsabilità genitoriali per entrambi, sia per il padre che per la madre; i figli dovrebbero essere assistiti da entrambi i genitori, i quali hanno l’obbligo di prodigarsi per la loro migliore crescita psico-fisica. Perciò ciascuno dei genitori ha anche l’obbligo di rispettare la figura e l’importanza dell’altro. La legge sull’affido condiviso dovrebbe limitare la conflittualità, tanto dannosa per i figli. Restano aperti i seguenti quesiti: Ma è davvero così? Questa legge ha risolto la conflittualità o ha portato alla luce nuove problematiche? 1. I PRECEDENTI DELLA NUOVA LEGGE 54/2006. L’esigenza di introdurre nel nostro ordinamento nuove norme in materia di affidamento dei figli nei giudizi di separazione e divorzio è dimostrata dalle numerose proposte di modifica in favore dell’affidamento congiunto, formulate fin dagli anni ’90. Molti parlamentari intervennero sulla questione dell’affidamento dei figli minori di genitori separati: andava risolto un “profondo e diffuso malessere”, derivante dal fatto che in caso di separazione era privilegiato il ricorso all’istituto dell’affidamento ad un solo genitore (di norma la madre) limitando, abitualmente, la possibilità di frequentazione per il genitore non affidatario, ad un fine settimana alternato, a due ore per un giorno a settimana e a 15 giorni d’estate; ovviamente tale minima frequenza non consentiva al genitore non affidatario di interagire con i figli con la necessaria regolarità per raggiungere un sufficiente rapporto affettivo-educativo con il figlio. Si partiva insomma dalla considerazione che l’affidamento, così come disciplinato ed attuato, risultava fonte di contrasti e strumentalizzazioni da parte dei coniugi a danno dei figli. Andava, quindi, eliminata la regola che voleva il genitore affidatario gravato di ogni responsabilità e cura quotidiana nei confronti del minore, mentre il genitore no affidatario veniva relegato al ruolo di padre del tempo libero, favorendone l’estraneità. L’affidamento esclusivo trasformava di fatto la separazione in una perdita del genitore non affidatario da parte dei figli, quindi era ritenuta inidonea a tutelare gli interessi del minore. Tra il 2001 e il 2005 sono state presentate numerose proposte di legge per ovviare agli inconvenienti lamentati. Con la maggioranza di queste proposte si era tentato di sostituire al modello di affidamento esclusivo del coniuge affidatario un modello di condivisione delle responsabilità tra i genitori. Nelle prime proposte, la legge tendeva alla responsabilizzazione dei genitori, mediante un progetto relativo alla condivisione dei compiti educazionali e di cura, che avrebbe dovuto essere approntato al momento della nascita della prole: il proponimento è stato poi eliminato. Si intendeva pervenire ad una legge che prevedesse l’affidamento condiviso dei figli in caso di separazione o divorzio dei genitori; e conseguentemente, l’esercizio della potestà da parte di entrambi. La grande novità è stato proprio il progetto congiunto. 2. LA LEGGE 54/2006. La legge 54/2006 stabilisce che in caso di separazione personale operi di regola l’affidamento condiviso dei figli. Ciò implica che: i figli minori hanno diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori; i figli minori hanno diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale; la potestà genitoriale deve essere esercitata da entrambi i genitori e, per le decisioni di maggior interesse, di comune accordo. Un connotato innovativo di questa legge è dato dal fatto che per regola generale la precedente corrispondenza genitore affidatario/genitore più idoneo viene sostituita dalla presunzione per cui entrambi i genitori affidatari sono idonei; dunque, solo quando l’affidamento condiviso può rivelarsi contrario all’interesse del minore, il giudice disporrà l’affidamento esclusivo ad uno dei due genitori. Inoltre cosa stabilisce la legge n. 54: la casa familiare viene assegnata al genitore convivente, cioè al genitore con cui i figli vivono per la maggior parte del tempo. Si assegna quindi la casa familiare tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. per quanto riguarda l’assegno di mantenimento per i figli, la nuova legge prevede un mantenimento separato tra il figlio minorenne e il figlio maggiorenne. Con la precedente legge, il coniuge non affidatario doveva contribuire al mantenimento, istruzione ed educazione dei figli nella misura e nel modo stabiliti dalle parti o dal giudice. In altri termini, il giudice affidatario riceveva un assegno mensile da gestire per le spese del minore, senza obbligo di rendiconto. Questo portava a due problemi: da una parte, vi poteva essere un arricchimento ingiustificato da parte del genitore affidatario; dall’altra, era facile per il genitore non affidatario sfuggire alle responsabilità. Con la nuova normativa, i figli vanno mantenuti da entrambi i genitori.37 La formulazione originaria della legge 54 prevedeva che il mantenimento avvenisse “in forma diretta”, nel senso che il genitore doveva provvedere direttamente alle necessità del figlio: quindi un meccanismo di spese dirette per capitoli di spesa. Questa direzione rispondeva alla necessità di evitare che il genitore non affidatario, oltre all’assegno mensile dovesse provvedere a tutte le spese del figlio nei periodi di permanenza presso la sua abitazione mentre il genitore affidatario percepisse l’assegno mensile anche nei periodi in cui non doveva affrontare spese per il minore. Questa indicazione del mantenimento in forma diretta della prima formulazione della legge non è rimasta nella formulazione definitiva e questa omissione ha stravolto la norma, che ora manca di un riferimento concreto. L’unica cosa che si è mantenuta è l’eliminazione del principio dell’assegno di mantenimento per il figlio corrisposto al coniuge affidatario: la fissazione della misura e del modo con cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli deve essere stabilito dagli stessi. Infine, il contributo al mantenimento del figlio fornito da ciascun genitore dovrà essere proporzionale al suo reddito. 37 EUGENIO METE, Separazione, divorzio e affidamento della prole (tutte le novità della nuova legge), Le leggi illustrate, pubblicazione bimestrale. Per quanto riguarda i figli maggiorenni, la legge n. 54 stabilisce che l’assegno deve essere versato direttamente al figlio maggiorenne. Tale disposizione ha provocato non poche incertezze applicative sia per la sua formulazione generica, sia per la sua indeterminatezza. 3. SCHEMA38 AFFIDAMENTO CONDIVISO: COSA CAMBIA. Riassumendo quanto detto fino adesso, abbiamo il seguente schema: Affidamento Affidamento esclusivo Di regola a un solo genitore. Congiunto solo se richiesto da entrambi. Effetti della È sufficiente per escludere un conflittualità genitore dall’affidamento, anche se idoneo e incolpevole. Frequentazione Abitazione 38 Rigidamente ancorata ai tempi stabiliti. Facoltà, e non obbligo, di visita del genitore non affidatario. Pene severe, anche detentive, per eventuali ritardi nel rientro dal genitore affidatario (si configura una sottrazione di minore) Il giudice colloca i figli rigidamente presso il genitore affidatario, non è considerato l’onere dell’alloggio per il non affidatario, per quanto ospiti i figli nel fine settimana. Affidamento congiunto Di regola ad entrambi i genitori. Esclusione di un genitore solo se il contatto con lui può essere di pregiudizio per i figli. Decadenza della potestà nel caso di rifiuto di un genitore di fare la propria parte. Interviene solo sul tipo di gestione. Se i genitori, entrambi idonei, non sono in grado di collaborare il giudice fissa preventivamente specifici ambiti di competenze per ciascuno, entro cui ha l’ultima parola in caso di disaccordo: esercizio differenziato della potestà. Flessibilità, secondo accordi, all’interno di regole stabilite. Obbligo di presenza e partecipazione per entrambi i genitori. Libertà per i figli di frequentare entrambi secondo le proprie esigenze. Il giudice stabilisce indicativamente i tempi di permanenza dei figli presso l’uno e l’altro genitore, anche in modo fortemente asimmetrico. Nel tempo, c’è la possibilità di cambiarli senza nuova sentenza, in funzione delle esigenze dei figli. I Scheda del Prof. Marino Maglietta, presidente dell’associazione Crescere Insieme. Compiti di cura Decisioni principali Ordinaria gestione Mantenimento Entità contributo ILLIL Ogni decisione è rimessa al genitore affidatario. Il genitore affidatario ha tutti gli “obblighi di fare” e provvede insindacabilmente gestendo anche l’assegno ricevuto dall’altro genitore. del Fissata a giudice. Trasferimenti Figli maggiorenni costi sono valutati per entrambi i genitori. Tutti a carico del genitore A carico di entrambi i genitori e affidatario ripartiti in funzione delle precedenti abitudini familiari. Devono essere concordate. Devono essere concordate. discrezione del Il genitore affidatario può trasferirsi dove vuole, quando vuole, portando con sé i figli L’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne deve essere versato nel conto corrente del genitore convivente. Decisioni assunte in comune nel regime congiunto. I figli sono mantenuti direttamente da ciascun genitore nei periodi in cui risiedono presso di lui. I genitori possono anche dividersi le spese generali. L’equità contributiva è raggiunta mediante assegno di conguaglio che tiene conto dei redditi rispettivi. Stabilita oggettivamente e uniformemente in base a tabelle che tengono conto dell’età dei figli, del reddito di ciascun genitore, della zona di residenza ecc. I genitori sono invitati a tener conto delle esigenze dei figli nel decidere la propria residenza. Il figlio maggiorenne è titolare dell’assegno destinato al suo mantenimento e si accorda con il genitore convivente per contribuire alle spese domestiche. 4. SITUAZIONE IN ITALIA SULL’AFFIDO CONDIVISO. Nel 2008 il 70,8 % delle separazioni e il 62,4 % dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante la loro unione. I figli coinvolti nella crisi coniugale dei propri genitori sono stati 102.165 nelle separazioni e 53.008 nei divorzi. Per quanto riguarda il tipo di affidamento sia nelle separazioni che nei divorzi, negli ultimi anni, si è verificata una netta inversione di tendenza. Infatti, con l’entrata in vigore della legge 54/2006, è stato introdotto l’istituto dell’affido condiviso dei figli minori tra i due coniugi come modalità ordinaria39. Secondo la nuova legge, entrambi i genitori ex coniugi conservano la potestà genitoriale (che prima spettava esclusivamente al genitore affidatario) e devono provvedere al sostentamento economico dei figli in misura proporzionale al reddito. Gli effetti di questa nuova legislazione sono chiaramente visibili osservando l’andamento nel tempo delle quote corrispondenti alle differenti modalità di affidamento. Fino al 2005, l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre è stata la tipologia largamente prevalente. Nel 2005 nell’80,7 % delle separazioni e nell’82,7 % dei divorzi i figli minori sono stati affidati alla madre, con percentuali più elevate nel Mezzogiorno rispetto al resto del paese. La custodia esclusivamente paterna si è mostrata residuale anche rispetto all’affidamento congiunto o alternato, risultando pari al 3,4 % negli affidamenti a seguito di separazione e al 5,1 % per quelli scaturiti da sentenza di divorzio. (Figura 2). A partire dal 2006, in concomitanza con l’introduzione della legge 54/2006, la quota di affidamenti concessi alla madre si è fortemente ridotta a vantaggio della nuova tipologia di 39 Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo. affido condiviso. Il sorpasso vero e proprio è avvenuto nel 2007 (72,1 % di separazioni con figli in affido condiviso contro il 25,6 % di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre) per poi consolidarsi ulteriormente nel 2008 (78,8 % di separazioni con figli in affido condiviso contro il 19,1 % di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre). Nel 2010 le separazioni con figli in affido condiviso sono state 89,9% contro il 9,0% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre. La quota di affidamenti concessi al padre continua a rimanere su livelli molto bassi. Figura 1. Separazioni e divorzi per tipo di affidamento dei minori. Anni 2000- 2008 (valori percentuali).40 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 40 Al padre 4,6 4,5 4,1 3,8 3,6 3,4 2,4 1,6 1,5 1,1 0,8 Separazioni Alla madre 86,7 85,6 84,9 83,9 83,2 80,7 58,3 25,6 19,1 12,2 9,0 Congiunto/condiviso 8,0 9,4 10,5 11,9 12,7 15,4 38,8 72,1 78,8 86,2 89,8 www.istat.it, Dossier separazioni e divorzi in Italia, Anno 2010. Al padre 6,6 6,4 6,5 5,7 5,0 5,1 4,2 3,3 2,6 2,4 1,9 Divorzi Alla madre Congiunto/condiviso 86,0 6,8 82,7 10,2 84,0 8,8 83,8 9,8 84,4 10,0 82,7 11,6 67,1 28,0 46,1 49,9 34,7 62,1 8,3 68,5 23,4 73,8 Figura 2. Separazioni e divorzi per tipo di affidamento dei minori. Anno 2000-2010. (valori percentuali). Separazioni. 86,7 85,6 84,9 83,9 89,8 86,2 83,2 80,7 78,8 72,1 58,3 38,8 4,5 4,6 2000 2001 4,1 3,8 2002 2003 19,1 15,4 12,7 11,9 10,5 9,4 8,0 12,2 3,6 2004 Al padre 25,6 3,4 2005 2,4 2006 1,5 1,6 2007 Alla madre 9,0 1,1 2008 0,8 2009 2010 Congiunto/condiviso Divorzi. 86,0 84,0 82,7 84,4 83,8 82,7 73,8 68,5 67,1 62,1 49,9 46,1 34,7 28,3 28,0 23,4 10,2 6,8 6,6 2000 6,4 2001 6,5 2002 11,6 10,0 9,8 8,8 4,2 5,7 2003 Al padre 5,0 2004 3,3 5,1 2005 Alla madre 2,6 2,4 2006 2007 2008 Congiunto/condiviso 2009 1,9 2010 Nel Mezzogiorno, dove i coniugi trovano più difficilmente un accordo per una gestione consensuale della crisi matrimoniale, anche la modalità di affido condiviso scende all’85,9% (rispetto ad un valore nazionale pari a 89,8 %) nelle separazioni e a 65,4 % (rispetto a un totale nazionale pari a 73,8 %) nei divorzi. (Figura 3). Il ricorso all’affidamento condiviso è molto legato anche alla scelta del rito con cui la separazione o il divorzio si è concluso. Infatti, questa tipologia di affidamento viene prescelta nel 92,9% delle separazioni consensuali contro il 71,8 % di quelle giudiziali. Per i divorzi tale differenza appare più smussata mostrando un 77,9 % di affidamenti condivisi nei divorzi conclusi con rito consensuale rispetto a un 62,4 % di quelli chiusi con rito giudiziale. Figura 3. Figli minori affidati in separazioni e divorzi per tipo di affidamento, ripartizione geografica, rito 41 di chiusura del procedimento. Anno 2010 (valori assoluti e percentuali). Tipo di affidamento nelle separazioni Valori percentuali Totale minori affidati Esclusivo al padre Esclusivo alla madre Condiviso A terzi Ripartizioni Geografiche Nord Centro Sud 30.361 14.405 20.961 1,1 1 2,4 12,8 17 29,7 85,5 81,6 67,3 0,7 0,4 0,5 Rito di chiusura Consensuale Giudiziale 56.388 9.339 1,2 3,4 15,3 42,1 83,3 52,1 0,3 2,4 Tipo di affidamento nei divorzi Valori percentuali Totale minori affidati Esclusivo al padre Ripartizioni Geografiche Nord Centro Sud 14.672 5.092 6.828 2,5 1,6 3,5 Rito di chiusura Consensuale Giudiziale 19.824 6.768 2,1 3,9 41 www.istat.it, Dossier separazioni e divorzi in Italia, Anno 2012. Esclusivo alla madre Condiviso 29,3 37,9 43,9 32,1 42,3 67,5 59,8 52,3 65,4 52,5 A terzi 0,7 0,8 0,3 0,4 1,4 5. ASPETTI POSITIVI E NEGATIVI DELLA L. 54/2006. La Legge 54/2006 afferma vigorosamente il principio secondo il quale tutti i minori hanno il diritto di conservare un rapporto continuativo ed equilibrato con entrambi i genitori, anche nell’ipotesi di disgregazione del nucleo familiare. La legge garantisce al minore la tutela dei legami con entrambi i genitori, con le famiglie di origine e ai luoghi frequentati. Ai genitori viene chiesto di superare la conflittualità, pervenendo ad una genitorialità cooperativa e consensuale, disposta a ridurre le problematiche dei figli. L’aspetto positivo della legge è l’enunciazione del diritto dei minori alla bigenitorialità. Per bigenitorialità s’intende il diritto dei figli di godere del pieno e costante apporto affettivoeducativo da parte di entrambe le figure genitoriali. Si sottolineano alcuni aspetti: Condivisione delle responsabilità: cioè pari esercizio della potestà genitoriale. I genitori sono posti sullo stesso piano di responsabilità: non si potrà più parlare del genitore responsabile e di quello “del tempo libero”. Il ruolo del genitore non affidatario dovrebbe riacquistare una sua pari dignità; Partecipazione alla cura dei figli; Esercizio congiunto della potestà genitoriale: l’esercizio condiviso della potestà consente ad entrambi i genitori la possibilità di una presenza attiva e costante nella vita dei figli; Determinazione dei tempi e delle modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore: ciascun genitore stabilisce, secondo le proprie esigenze, i tempi e le modalità della presenza del figlio presso la sua abitazione, nonché la sua disponibilità ad accompagnare il figlio a corsi di studio e/o sportivi. Dovrebbe esserci la possibilità per ciascun genitore di trascorrere più tempo con il figlio. Questi, in teoria, sono gli aspetti che dovrebbero caratterizzare la Legge 54/2006 ma la domanda è: è veramente così? La Legge n.54 ha migliorato la situazione in materia di separazioni e divorzi? In realtà la legge è stata accompagnata da polemiche e contraddizioni. Uno dei primi interrogativi è: nel caso in cui i due genitori non trovino un accordo? E ancora: come si può imporre l’esercizio condiviso della potestà genitoriale a due persone che si trovino ad affrontare come controparti una separazione non consensuale? Non risultando il prodotto di una scelta spontanea e consapevole, vi sarebbe il fondato rischio che l’affidamento congiunto imposto dal giudice aumenti la conflittualità e la strumentalizzazione dei figli da parte di uno dei due genitori o da entrambi. La nuova legge pretenderebbe il dialogo intorno ai bisogni del figlio, per raggiungere l’accordo sull’impostazione educativa: si tratta di un’ipotesi difficile da realizzare: soggetti che fino al giorno prima hanno litigato, sono costretti per legge ad andare d’accordo su un argomento così sensibile come è l’educazione dei figli. Molte critiche si sono appuntate sulla possibilità per due soggetti in lite di raggiungere un accordo su argomenti concreti, come per esempio le visite mediche, i libri di scuola, le gite, le vacanze, il tempo che il figlio deve trascorrere con ciascuno dei genitori ecc. Proprio questo, a parere dei critici, appare il limite della nuova legge: la presunzione dell’esistenza attuale di genitori talmente moderni da riuscire a condividere la potestà genitoriale, nonostante l’oggettiva conflittualità42. Non è usando l’aggettivo “condiviso” che scompaiono le risse tra i genitori. Risultato: l’affido condiviso, in molti casi, è una lotta continua. 42 EUGENIO METE, Separazione, divorzio e affidamento della prole (tutte le novità della nuova legge), Le leggi illustrate, pubblicazione bimestrale. Altro nodo problematico della legge è la mancata disciplina dei criteri di ripartizione dei tempi tra padre e madre, che si contendano i figli per un’ora in più o in meno. Molti confondono ancora il concetto di affidamento con il concetto di collocamento, pretendendo la banale e scorretta equazione “affido condiviso= metà tempo con ogni genitore”. Questa non è la regola e neppure la si può interpretare così. 43 Queste sono solo alcune questioni, ancora aperte, introdotte dalla nuova legge. Ma il problema che sorge in prima linea è: l’affido condiviso viene applicato? Questa legge è stata una delusione. Marino Maglietta44, colui che per anni si è battuto per la nuova legge sull’affido condiviso, «con l’associazione Crescere Insieme abbiamo messo a punto il testo. Ci sono volute quattro legislature per fare approvare la legge. Nel 2006 è entrata in vigore e oggi ci troviamo di fronte ad un tradimento. L’obiettivo era quello di dare al minore il diritto di mantenere un rapporto continuo con entrambi i genitori. Doveva sancire la fine delle liti su soldi e tempi da destinare ai figli. Invece la maggior parte dei tribunali applica la legge solo pro forma, rifacendosi alla giurisprudenza precedente». Tradotto: quasi sempre i figli sono affidati alla moglie, l’assegnazione della casa famigliare segue il figlio mentre il mutuo si divide a metà. In più la parte economica, che dovrebbe essere calcolata per capitoli di spesa e ripartita tra i due coniugi, è invece ancora il vecchio assegno di mantenimento. 43 BENARDINI DE PACE, avvocato matrimonialista, da Il Sole 24 ore 18/09/2008, L’affido condiviso, la lite continua. 44 Socio onorario dell’AiMeF, Associazione Italiana Mediatori Familiari e membro della Consulta Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza “Gianni Rodari”. Le varie associazioni dei padri separati denunciano che troppo spesso l’applicazione della stessa legge è a discrezione dei giudici. Il vicepresidente dell’associazione regionale Papà separati, Tullio Ciancarella, spiega: «si parla di dividere con equilibrio il tempo da trascorrere con i figli, ma di fatto il papà finisce per essere presente nei weekend alternati e un pomeriggio a settimana. Ancora, riguardo alla questione economica, benché la legge preveda una ripartizione degli oneri in forma proporzionale al reddito, in realtà si finisce per tornare al vecchio assegno di mantenimento». E ancora Marino Maglietta, anima di Crescere Insieme, associazione di padri separati, sbotta: «A Pisa i tribunali decidono in un modo, a Livorno in un altro. A Locri è stato rifiutato un affidamento condiviso perché il padre abita a 12 km di distanza ecc.; la sorte della famiglia è giocata ai dadi». Quindi se in molte città, come Genova, Torino, Bari, Milano, Bologna, l’affido condiviso è una regola applicata al 90% delle separazioni, a Roma la percentuale scende al 60%, per precipitare all’11% di Ancona. Incalza Maglietta: «A dispetto della legge i giudici si prendono una discrezionalità che a volte sfocia nell’arroganza». Quello che serve, a parere dei papà separati, oltre a qualche ritocco della normativa, è dare valore e riconoscimento alla figura del mediatore familiare. Dice Maglietta: «E’ assurdo correre dall’avvocato ogni qualvolta insorge un dissidio. Ed è assurdo che, se due ex coniugi non vanno d’accordo, a dettare le disposizioni transitorie sia un giudice che nulla conosce del bambino. Se, invece con l’aiuto del mediatore, gli stessi genitori si siedano a un tavolo e decidono le condizioni, si risolve gran parte dei problemi» 6. INTERVISTE. Di seguito sono riportate due interviste riguardanti la legge sull’affido condiviso. Dalle interviste si evince l’effetto della legge che forse “buona solo in teoria”. La prima intervista è rivolta ad un avvocato matrimonialista, che spiegherà in maniera tecnica i punti critici della legge 54/2006; con questa intervista, avvenuta di persona il giorno 21 gennaio 2012, si è voluta dare l’opinione di un addetto ai lavori. La seconda, invece, è un’intervista, avvenuta via email, rivolta al Segretario Nazionale di ADIANTUM, Associazione di associazioni nazionali per la tutela dei minori. 6.1. INTERVISTA ALL’ AVVOCATO MATRIMONIALISTA C.R.. Genova, 27/01/2012 Il legale parte da questo incipit: manca la struttura alla quale i genitori possano rivolgersi in caso di conflittualità. «Come formula non si può che pensarne bene, in realtà è una legge drammaticamente carente che affida a un tribunale, quindi a tre giudici, il compito di decidere sui diverbi tra genitori in lite per i figli.» Non usa eufemismi C.R., avvocato matrimonialista, sulla normativa che stabilisce l’affido condiviso dei figli di genitori separati: buona nella teoria, carente nella pratica. «Il rischio – spiega il legale- è quello di tenere in sospeso scelte importanti per il bambino. Faccio un esempio estremo: la madre vuole iscriverlo ad una scuola cattolica, il padre ad una laica. Non c’è accordo e così deve decidere il tribunale, ma i tempi sono lunghi. Allora che si fa, il bimbo non va scuola?» No, certo che no, ma allora? Spiega il legale: «la formula per cui i genitori separati restano comunque genitori e quindi devono condividere le scelte relative alla crescita dei loro figli è senz’altro giusta. Non bisogna però fermarsi qui e dobbiamo chiederci che cosa succede se i genitori non vanno in concreto d’accordo. Il legislatore non si può illudere di risolvere i conflitti tra i coniugi separati con delle prediche dicendo dovete andare d’accordo. Il difetto della legge è quello di prestare poca attenzione alla predisposizione di una rete di sicurezza da attivare nel caso in cui i genitori non riescano a trovarsi d’accordo sulle scelte che il legislatore impone loro di condividere». Le legge, quindi, avrebbe dovuto predisporre una struttura giudiziaria alla quale i genitori potessero rivolgersi in caso di conflittualità, altrimenti l’appello ad andare d’accordo rischia di rimanere vano e di produrre ulteriore conflittualità. Il legale è comunque ottimista: «nella maggior parte delle separazioni i genitori vanno d’accordo sulle decisioni sui figli. Sono solo i giudici a sostenere il contrario perché sui loro tavoli arrivano solo le situazioni conflittuali. Il giurista deve occuparsi solo dei genitori che non vanno d’accordo. Una predica non fa male, per carità, anche perché troppo spesso si vedono le madri, che quasi sempre sono i genitori affidatari, salire in cattedra e fare un po’ quello che vogliono, calpestando i diritti dei padri. Oltre alla predica però ci deve essere la risposta operativa: servono delle procedure rapide e snelle in grado di risolvere i conflitti tra i genitori e curarne l’esecuzione pratica. Su questo la nuova legge è drammaticamente carente». In conclusione C.R. dichiara: «una legge che sancisce un principio giusto, ma che si dimentica degli aspetti pratici conseguenti all’affermazione di un principio giusto». 6.2. INTERVISTA AL SEGRETARIO NAZIONALE DI ADIANTUM. 8/12/2011. «A quasi sei anni dall’introduzione della legge 54/2006, è sconfortante il quadro rilevato dall’Osservatorio nazionale permanente sui provvedimenti in materia di affidamento condiviso». Questo è quanto riferito dal Segretario Nazionale di Adiantum (Associazione di associazioni nazionali per la tutela dei minori). E ancora «Secondo i dati rilevati dall’Osservatorio, nella quasi totalità dei casi, l’affido condiviso viene formalmente disposto ma in concreto, la frequentazione tra il minore e il genitore non convivente viene disciplinata in modo analogo ad un affidamento esclusivo. Proprio per far fronte a queste problematiche si pensa di modificare la materia». Inoltre, si precisa che Adiantum ha promosso una battaglia contro il ministero della giustizia per la mancata vigilanza sull’applicazione della legge 54/2006. Questo per dare risposta alle centinaia di segnalazioni, raccolte in tutti i tribunali italiani, e le lettere accorate di genitori in gravissima difficoltà. Dopo la legge 54/2006, qual è il quadro complessivo rilevato dall’osservatorio? Risponde così il Segretario A.C.: «E’ un quadro sconfortante. Su un totale di 1020 provvedimenti esaminati, la percentuale di “falsi condivisi”(concessione formale del condiviso con collocazione prevalente presso la madre) è pari al 95%. I nostri osservatori, inoltre, ci hanno segnalato anche l’utilizzo, da parte di alcuni giudici, di modelli pre-compilati di sentenze (es Tribunale di Tivoli) che prevedevano il domicilio prevalente presso la madre. In realtà tale istituto, che individua un genitore “domiciliatario prevalente”, non è previsto dalla norma, neanche in via interpretativa. L’abbinamento del domicilio privilegiato ed il mantenimento della pratica dell’assegno (anche a parità di reddito), individua un vero e proprio aggiramento della legge. In pratica, è come se i magistrati avessero legiferato una norma tutta loro (il domicilio prevalente), che peraltro viene applicata con grande puntualità in tutti i tribunali italiani. Ritiene che questi casi di “falsi condivisi” potrebbero diminuire se si intervenisse, con legge, per definire il campo della “concreta attuazione del giudice”? Si, a meno che i magistrati non vogliano sovvertire la Costituzione, perseverando nell’attuale prassi. In tal caso, siamo pronti a sollecitare la riforma della responsabilità civile dei giudici. Quali sono le difficoltà affrontate più spesso dalle parti coinvolte e dai loro legali? Senza dubbio l’impossibilità di far valere le proprie ragioni, anche quando sono a chiaro sostegno dei diritti dei bambini. I magistrati non dedicano tempo alle udienze, e non mostrano di avere la necessaria sensibilità per trattare la deriva dei sentimenti che segue qualunque separazione. Gli avvocati, poi, spesso, non “osano” neanche chiedere l’applicazione puntuale della legge, perché sanno già di perdere. Alla fine, sono proprio i legali a “gettare la spugna” e spingere per una mediazione che prevede sempre lo stesso copione: un genitore più forte ed uno più debole. Cosa può essere fatto per ridurre l’applicazione distorta in cui l’affido viene escluso per motivi non previsti dalla legge? Visto che in quasi sei anni dall’entrata in vigore della legge 54/2006 la magistratura di merito è stata sorda a qualunque tipo di sollecitazione (ivi comprese alcune condanne da parte della Corte Ue), è necessario che si apportino delle modifiche che tolgano ai giudici quella enorme discrezionalità che ha causato un diffuso malcontento sociale. Non c’è alcun motivo perché il vero affidamento condiviso non venga concesso a chi desidera dedicarsi ai figli con pari dignità. Se poi un genitore chiede con determinazione il rispetto dei “tempi equilibrati e continuativi” previsti dall’art.155 c.c., questo basta affinché il giudice non debba esitare neanche un attimo nel concederli. Non c’è un genitore da “verificare” e l’altro già “idoneo”. Si fa come nelle famiglie unite (massima fiducia ai papà e alle mamme), con l’unica differenza costituita da un eventuale controllo a posteriori del provvedimento. Si sente parlare di un eventuale modifica della legge 54/2006, quali sono le disposizioni fondamentali della nuova proposta di legge? Tempi paritetici con i figli, laddove possibile; primo passaggio, preventivo alla separazione, presso un centro di mediazione familiare; mantenimento diretto e per capitoli di spesa; deterrente ai trasferimenti arbitrari di residenza con la prole; sanzioni veramente efficaci per il genitore che ostacola la genitorialità dell’altro; valutazione del comportamento tenuto precedentemente alla cosiddetta udienza presidenziale. PARTE II LA RICERCA “PADRI SEPARATI” CAPITOLO I RICERCA PADRI SEPARATI INTRODUZIONE. Non è facile parlare dei padri separati: si può rischiare di cadere nella banalità, cantando un favoritismo nei loro confronti; in realtà l’obiettivo di questa ricerca è semplicemente quello di mettere in evidenza che sta nascendo questo nuovo bisogno, che molto spesso i servizi territoriali si trovano davanti ad un padre separato e non sono in grado di dare risposte adeguate, se non qualche aiuto economico fine a stesso, e non un vero e proprio progetto dove il protagonista è la persona interessata. È una problematica nuova e che alcuni ancora non la considerano: ci sono quelli che si schierano a favore delle donne, quelli che pensano che i padri siano esagerati nell’esprimere il loro disappunto sulla loro condizione, quelli che ritengono che chi debba essere aiutata è la parte femminile, il cd. “sesso debole”, quelli che semplicemente non conoscono la situazione di questo “popolo dei nuovi invisibili”45. Gli stessi assistenti sociali hanno difficoltà nell’affrontare questa nuova problematica. Durante la ricerca si è aperto un mondo: la situazione dei padri separati non è grave solo da un punto di vista economico, ma anche da un punto di vista psicologico, esistenziale, relazionale, etc. Si tratta di un bisogno che condiziona la persona a 360°: proprio per questo si dovrebbe cominciare a pensare anche un po’ a questa problematica nel suo complesso, a studiare questo nuovo fenomeno. 45 Articolo Caritas, crescono i senza dimora. Anche molti padri separati. Milano, 2011. Quanto detto fino adesso, era solo un’introduzione a tutto un lavoro di ricerca sui padri separati; si sono date le basi, a chi non è un “addetto ai lavori” per capire questa problematica; quindi il discorso sulla vulnerabilità, sui cambiamenti della struttura familiare e infine sulla legge sull’affidamento costituiscono le fondamenta di un fenomeno che si è scoperto essere particolarmente articolato. Si cerca da questo punto in poi di analizzare nello specifico la situazione e le storie dei padri separati. Si precisa che il capitolo si divide in due parti: una parte di ricerca vera e propria, risultato del questionario somministrato ai padri separati, in collaborazione con l’associazione padri separati Liguria e associazione padri separati Lombardia; la seconda parte dedicata alle interviste effettuate durante tutto un intero anno di lavoro. 0. OBIETTIVO RICERCA. Come si è già detto l’obiettivo della ricerca è quello di presentare la nuova problematica. Difficile analizzare un fenomeno non conosciuto e che presenta alcune caratteristiche diverse a seconda delle zone geografiche. Quindi all’inizio del progetto di tesi, l’intenzione era quella di analizzare l’intero territorio nazionale ma durante le ricerche ci si è resi conto che il fenomeno presentava peculiarità diverse a seconda delle zone geografiche: in particolare ci sono parecchie differenze tra Nord e Sud. Separazioni per regione Anni 1999-2009 (per 10.000 abitanti) REGIONI RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste Lombardia Liguria 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Trentino-Alto Adige/Südtirol Bolzano/Bozen Trento Veneto Friuli-Venezia Giulia Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 15,5 20,2 14,0 18,2 12,7 11,2 12,1 11,0 14,0 14,7 14,0 10,6 11,5 13,2 9,9 6,9 7,9 6,5 4,9 5,1 7,5 7,4 18,0 18,2 15,3 24,0 12,2 11,4 13,0 11,5 16,7 16,5 15,5 11,6 11,7 15,1 9,1 7,5 8,4 7,0 6,0 4,1 8,7 9,2 18,9 20,4 15,4 20,8 14,5 13,9 15,1 11,2 18,6 16,0 16,1 13,2 11,9 18,2 9,9 8,2 9,1 8,6 5,3 5,2 9,0 10,2 19,5 21,1 16,3 17,5 13,6 14,2 13,0 13,0 17,3 16,0 16,7 13,6 12,2 20,7 10,9 8,0 9,1 8,7 3,2 6,4 9,7 11,7 18,8 21,7 15,7 21,8 14,9 13,7 16,0 13,7 18,1 15,8 16,4 12,5 13,3 20,4 11,7 8,7 9,1 10,0 5,0 6,7 10,5 12,0 18,4 18,5 17,1 20,7 15,2 13,9 16,4 13,1 16,5 15,8 15,4 12,0 13,8 19,4 11,5 9,9 9,8 9,8 7,5 7,9 10,9 12,2 18,4 18,2 15,3 20,3 15,9 17,1 14,7 13,0 16,4 14,6 15,6 13,2 13,3 19,6 13,5 9,9 9,8 9,6 7,6 7,3 11,9 11,5 16,2 15,9 15,3 19,1 11,7 13,6 9,8 12,7 16,1 15,7 14,3 12,5 12,1 18,0 12,8 9,6 11,5 9,6 8,1 7,6 10,8 12,2 16,9 21,9 15,1 19,3 14,8 14,8 14,7 13,1 15,8 14,4 15,2 13,8 12,4 17,5 12,2 10,8 10,1 10,8 7,1 9,0 11,5 10,2 17,7 21,2 14,5 20,4 14,6 13,6 15,5 13,0 16,6 14,4 15,9 11,8 12,8 17,9 12,8 11,3 11,4 11,6 8,5 7,5 12,8 11,1 17,4 17,0 15,2 18,3 13,3 14,2 12,4 13,4 15,9 14,6 14,7 13,2 12,4 18,3 13,9 10,7 11,9 11,9 7,2 8,7 13,3 12,2 Nord-ovest Nord-est Centro Centro-nord Mezzogiorno Italia 14,9 12,9 13,0 13,8 7,2 11,4 17,0 14,0 14,5 15,4 7,8 12,6 17,0 14,1 16,3 16,0 8,6 13,3 17,3 14,6 17,7 16,7 9,0 13,9 17,3 15,1 17,6 16,7 9,6 14,2 17,9 14,7 16,8 16,6 10,1 14,3 16,7 14,3 17,0 16,1 10,3 14,0 15,9 14,1 15,6 15,3 10,6 13,6 16,1 14,0 15,8 15,4 10,5 13,7 16,0 14,1 16,1 15,5 11,4 14,1 16,2 14,1 16,0 15,5 11,9 14,3 Fonte: Istat, Separazioni personali dei coniugi Proprio per la complessità del fenomeno, si focalizza l’attenzione a due regioni del Nord Italia, Liguria e Lombardia (in particolare i Comuni di Milano e Genova). Perché questa scelta geografica? Sono diverse le motivazioni, la principale è che le regioni Liguria e Lombardia presentano alcune risposte a questa problematica a livello di politiche sociali, quindi per capire le politiche stesse è necessario fare un’analisi del “fenomeno padri separati” nelle regioni interessate. 1. IL PROBLEMA DELLE FONTI. In molti paesi occidentali esiste già da tempo una ricca letteratura sul tema dell’effetto dell’instabilità familiare sul corso di vita degli individui. In Italia, al contrario, tale argomento non è ancora stato adeguatamente approfondito in quanto tale fenomeno è abbastanza recente e, nonostante siano state svolte indagini che hanno ricostruito le dinamiche di coppie, mancano i dati necessari per capire le cause e le conseguenze dell’instabilità familiare sulle biografie individuali. La bassa incidenza degli eventi ha reso poco praticabili analisi di tipo empirico su campioni rappresentativi della popolazione, mentre la storia recente del fenomeno ha impedito studi sugli effetti di medio e lungo periodo sulle biografie dei soggetti toccati dall’evento con la legge sulla privacy. La rapida crescita dei casi di separazione e divorzio avvenuta nell’ultimo decennio rende ormai urgente uno studio più sistematico ed articolato delle conseguenze del fenomeno poiché la fase evolutiva attualmente in atto ed il particolare contesto istituzionale in cui esso si sviluppa non permettono di escludere che in Italia le conseguenze assumano contorni e dinamiche non esattamente uguali a quelli osservati in altri paesi dell’occidente industrializzato. Le indagini ufficiali che l’Istat conduce correntemente, sono l’indagine sulle separazioni personali dei coniugi e l’indagine sui divorzi. Sono indagini di natura giudiziaria che rivelano, con cadenza trimestrale, i dati relativi ad ogni singolo procedimento esaurito nell’anno di riferimento; utilizzano i dati delle cancellerie dei tribunali civili. Inoltre, i pochi dati che ci sono per capire il fenomeno post separatorio riguardano soprattutto la figura femminile, ma sulla parte maschile c’è un vuoto non indifferente. L’unico modo per capire da vicino la situazione è stato quello di contattare i diretti interessati, in particolare i papà di due associazioni, l’Associazione Papà Separati Liguria e l’Associazione Papà Separati Lombardia, e di somministrare, con il consenso dei referenti delle due associazioni, un questionario. Quindi niente bibliografia, lo studio del fenomeno si basa su un lavoro diretto. 2. IL QUESTIONARIO. Data la materia dell’indagine e date le particolari caratteristiche della popolazione di individui di cui si è interessati a studiarne la condizione socio-economica, non è stato possibile utilizzare tecniche di campionamento usuali come il campionamento casuale, stratificato, a stadi o per aree. In effetti, la ricerca è volta a studiare caratteristiche di persone che abbiano avuto esperienza di separazione o divorzio e non esistono albi o liste pubbliche di tali soggetti. Inoltre, la legge sulla privacy pone taluni limiti, come la pubblicazione di soli dati aggregati, ed è quindi difficoltoso contattare il singolo individuo da inserire nella popolazione da analizzare. Di conseguenza, si è deciso di utilizzare un questionario per rilevare i dati necessari. Inoltre, si precisa che il questionario è uno strumento di rilevazione della situazione post separatoria dei padri flessibile e funzionale: è concepito con l’obiettivo di rendere disponibili informazioni confrontabili nel tempo e nello spazio, ed è in grado di misurare da un lato alcuni aspetti generali della problematica e dall’altro caratteristiche più specifiche di un singolo individuo. 2.1. Le fasi per la realizzazione dell’indagine. Per lo svolgimento dell’indagine sono stati seguiti le seguenti fasi: 1) costruzione questionario; 2) progettazione dell’indagine; 3) somministrazione del questionario di indagine e raccolta dei dati; 4) piano di campionamento; 5) analisi dei dati. 1) Costruzione del questionario. La ricerca “Padri Separati”, con lo scopo di indagare la situazione delle persone separate o divorziate, è stato svolto tramite un questionario anonimo. Viene esposto a questo punto il metodo di stesura del questionario. Inizialmente sono state individuate le variabili di interesse. Lo studio è interessato ad analizzare le conseguenze socio – culturali ed economiche della separazione coniugale, in particolare la situazione familiare, lavorativa ed abitativa. In seguito le variabili sono state tradotte in quesiti. Quest’azione ha dovuto tener conto di molteplici fattori, fra i quali la misurabilità delle variabili. Si è cercato di dare sintesi e chiarezza alle domande in fase di stesura in modo da non lasciare spazio a fraintendimenti e incomprensioni dannosi alla ricerca. Fonte di fraintendimento poteva crearsi soprattutto dalla collocazione temporale delle domande; quindi per evitare di avere risultati falsati, il questionario si divide in diverse aree temporali. In particolare: Inizialmente al periodo immediatamente precedente al matrimonio; Al periodo successivo al rito matrimoniale; All’ultimo periodo prima della separazione: Alla rottura del matrimonio; Ed infine, la situazione attuale. Durante la fase di elaborazione, è risultato particolarmente difficoltoso strutturare i quesiti in modo da trasmettere la linea temporale in cui doveva immedesimarsi il soggetto per rispondere correttamente. Alla base di questi problemi ci sono alcuni fattori. In primo luogo, non è semplice specificare puntualmente un arco temporale che consta di anni o decenni, anche perché non si hanno eventi che si possano utilizzare come punti di riferimento temporale a parte l’inizio e la fine, che sono determinati dall’inizio e dalla fine del matrimonio. Inoltre, non si è a conoscenza, apriori, della durata dei vari periodi e, nemmeno della sua situazione attuale. Il soggetto sottoposto al questionario potrebbe trovarsi nello status di separato, divorziato, in attesa di separazione o addirittura con più matrimoni alle spalle. Infine si è all’oscuro della frequenza di alcuni eventi rilevanti, in quanto, data l’ampiezza degli archi temporali, la possibilità di variazioni frequenti è elevata. Per superare questi tipi di problemi, sono state inserite nel questionario delle note esplicative, soprattutto in particolari tipi di domande che si riferivano a momenti passati precisi. Sono state inseriti dei quesiti con controlli interni al questionario, per conoscere l’esatta ampiezza delle diverse fasi. Inoltre, nel caso di molteplici matrimoni, si è scelto di focalizzare lo studio sull’ultimo matrimonio. Nei casi di eventi ripetibili frequenti si è posto attenzione a quelli in concomitanza dall’inizio o la fine degli archi temporali. Particolare attenzione è stata data alla gestione della presenza di situazioni di convivenza, le quali potevano creare incomprensioni su alcuni argomenti come la condizione abitativa. Nella stesura e revisione del questionario si è cercato di porre modalità di risposta esaustive per l’argomento anche se ciò è stato possibile inserendo domande a risposta aperta, oppure, la modalità “altro” con richiesta di specificare. Questa soluzione si è verificata necessaria per le conseguenze e i costi legali della rottura del vincolo matrimoniale. Infine, per rendere il questionario il meno pesante possibile, sono state introdotti dei filtri per indirizzare il rispondente a tralasciare alcuni quesiti procedendo a salti se la condizione richiesta rimaneva invariata. Sempre con lo stesso intento, sono stati tralasciati alcuni argomenti poco rilevanti o di difficile sintetizzazione in domande chiuse ed esplicite. Analizzando la struttura del questionario, si può notare, come abbiamo già detto sopra, che si divide in 5 spazi temporali; nello specifico, è presente una prima parte generale relativa ai dati riguardanti l’intervistato e l’ex coniuge: questa parte serve per capire le caratteristiche proprie dei protagonisti della situazione studiata; quindi si guarderà alle notizie generali come la data di nascita, il livello scolastico, il luogo di nascita. Si passa al cuore vero e proprio del questionario, partendo dalla situazione prima del matrimonio e dopo il matrimonio: in questa fase viene analizzato soprattutto l’aspetto economico e abitativo. In seguito, s’invita l’intervistato a riflettere sull’ultimo periodo del matrimonio prima della separazione: anche in questo caso ci si concentra sull’aspetto economico-abitativo. La parte finale è quella che interessa di più ai fini della ricerca: ovvero i cambiamenti legati al periodo successivo alla rottura del matrimonio. In quest’ultimo caso si considerano oltre agli aspetti economico abitativi, anche la condizione lavorativa, affettiva, relazionale. Infine è stato costruito uno spazio dove i papà potessero esprimere liberamente le proprie opinioni: è una possibilità che si è voluto intenzionalmente proprio per rendere il questionario e quindi le informazioni ancora più veritiere. 2) Progettazione dell’indagine. Si è deciso di somministrare il questionario tramite l’aiuto dei responsabili delle associazioni dei papà separati coinvolte, quindi l’associazione papà separati Liguria e l’associazione papà separati Lombardia. Il questionario è rivolto a tutti i papà separati, e in questa categoria rientrano separati, divorziati, ex conviventi. Il reperimento dei dati utili per la ricerca su un fenomeno sociale come quello delle separazioni coniugali si è avvalso come abbiamo visto della collaborazione delle associazioni. La nascita di libere associazioni operanti nel volontariato, è quasi sempre dovuta all’esistenza di un problema sociale ed al bisogno che questo problema determina a livello sia sociale che individuale. Il bisogno di non perdere il rapporto con i figli è stato l’elemento principale che spinto i padri separati ad unirsi in associazioni. Tornando alla progettazione del questionario, la distribuzione è avvenuta in due province Milano e Genova. La realtà ligure sembra essere con una delle zone in Italia più colpite da fenomeni di scioglimento del vincolo matrimoniale. Figura 1. Divorzi per 10.000 abitanti per regione. Regioni Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Liguria Bolzano/Bozen Trento Veneto Friuli-Venezia Giulia Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Italia Regioni Divorzi N.I. Italia=100 137,3 156,1 118,5 153,4 105,0 95,2 106,9 135,2 114,7 123,0 95,9 83,6 118,7 82,0 62,4 59,0 64,2 51,7 34,3 80,4 62,2 100,0 Figura 2. Separazioni per 10.000 abitanti per regione Separazioni per 10.000 abitanti Anno 2009 (numeri indice Italia=100) per regione Regione Separazioni N.I. Italia=100 Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Liguria Bolzano Trento Veneto Friuli Venezia G Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 122,0 119,2 106,8 128,1 99,2 87,2 93,9 111,0 102,4 102,8 92,6 86,9 128,3 97,6 75,2 83,5 83,4 50,2 60,8 93,0 85,4 Il questionario somministrato ai papà è qui di seguito presentato: Università degli studi di Parma. Laurea Magistrale in Programmazione e gestione dei servizi sociali. Tesi di ricerca. Gentile Signore, le verranno poste alcune semplici domande alle quali Le chiediamo di rispondere. Il presente questionario è anonimo e i risultati saranno elaborati e resi noti in forma aggregata e in modo che non se ne possano trarre informazioni individuali, Grazie per la collaborazione. Per ogni domanda barrare un solo quadratino, salvo diversa indicazione! Dati riguardanti l’intervistato. 1. Anno di nascita 19……. 2. Provincia di nascita………………………………………… 3. Titolo di studio più alto conseguito dottorato di ricerca o specializzazione post laurea laurea o diploma universitario diploma o qualifica di scuola media superiore diploma di qualifica professionale licenza di scuola media inferiore licenza elementare o nessun titolo 4. Stato matrimoniale attuale convivente separato legalmente divorziato 5. Se separato o divorziato: anno del matrimonio (in caso di più matrimoni, riferirsi all’ultimo) 6. Eventuali figli 7. Anno di nascita dei figli: 1°……………….2°………….3°……………4°……………. Dati riguardanti l’ex coniuge. 1. Anno di nascita 19……….. 2. Provincia di nascita…………………………………… 3. Titolo di studio più alto conseguito dottorato di ricerca o specializzazione laurea o diploma universitario diploma o qualifica di scuola media superiore diploma di qualifica professionale licenza di scuola media inferiore licenza elementare o nessun titolo Situazione prima del matrimonio 1. Prima del matrimonio conviveva con il futuro coniuge? NO SI se SI, da……….anni (o…….mesi) (vai alla domanda 3) 2. Con chi abitava prima di sposarsi? 3. Com’era l’abitazione? da solo con i genitori con amici con altri (specificare)………………… monolocale mini appartamento appartamento medio appartamento grande bi o tri familiare casa isolata altro (specificare)…………………………………………………. 4. L’abitazione era in affitto da Ente Pubblico in affitto da privato di proprietà uso gratuito altro (specificare)……………………………………………… 5. Quale era il suo lavoro? 5.1. Condizione: Occupato in cerca di nuova occupazione (vai alla 5.6 in cerca di prima occupazione (vai alla 5.6) studente (vai alla 5.10) inabile al lavoro (vai alla 5.6) ritirato dal lavoro (vai alla 5.6) in altra condizione (vai alla 5.6) 5.2. Posizione nella professione (per gli occupati) A) Alle dipendenze come: dirigente Direttivo, quadro impiegato, intermedio Capo operaio, operaio subalterno e similari Apprendista lavorante a domicilio per conto d’imprese B) Autonomo come: Imprenditore libero professionista lavoratore in proprio socio di cooperativa di produzione di beni e/o prestazioni di servizio coadiuvante 5.3. Attività economica (per gli occupati) Agricoltura, caccia, pesca Industria Costruzioni Commercio all’ingrosso Trasporti e magazzinaggio Pubblica Amministrazione Istruzione, sanità ed altri servizi Altro 5.4. Il contratto di lavoro era (per gli occupati) 5.5. Svolgeva attività lavorativa (per gli occupati) 5.6. Quale era la sua fonte di reddito principale? a tempo determinato a tempo indeterminato part-time full-time reddito da lavoro dipendente reddito da lavoro autonomo pensione indennità e provvidenze varie redditi patrimoniali a carico dei familiari Situazione dopo il matrimonio 1. Ha cambiato casa quando si è sposato (o quando è andato a convivere)? SI più grande della precedente più o meno uguale alla precedente più piccola della precedente 2. Com’era questa nuova abitazione? in affitto da Ente Pubblico in affitto da privato di proprietà uso gratuito altro 3. Questa abitazione era 4. Ha cambiato casa successivamente? NO (vai alla 4) SI NO (vai alla 7) 5. Ha cambiato lavoro o condizione lavorativa dopo il matrimonio? no, stesso lavoro cambiato lavoro iniziato a lavorare smesso di lavorare (vai alla 7) nessuna delle precedenti (vai alla 7) 6. Quale era il suo lavoro? (se ha cambiato più volte, riferirsi all’ultimo lavoro prima della separazione) 6.1. Posizione nella professione (per gli occupati) A) Alle dipendenze come: B) Autonomo come: dirigente Direttivo, quadro impiegato, intermedio Capo operaio, operaio subalterno e similari Apprendista lavorante a domicilio per conto d’imprese Imprenditore libero professionista lavoratore in proprio socio di cooperativa di produzione di beni e/o prestazioni di servizio coadiuvante 6.2. Attività economica (per gli occupati) 6.3. Il contratto di lavoro era (per gli occupati) Agricoltura, caccia, pesca Industria Costruzioni Commercio all’ingrosso Trasporti e magazzinaggio Pubblica Amministrazione Istruzione, sanità ed altri servizi Altro a tempo determinato a tempo indeterminato 6.4. Svolgeva attività lavorativa (per gli occupati) part-time full-time Ora pensi all’ultimo periodo del matrimonio, prima della separazione 7. Quale era in quel periodo la sua fonte di reddito principale? 8. Chi amministrava il bilancio familiare? reddito da lavoro dipendente reddito da lavoro autonomo pensione indennità e provvidenze varie redditi patrimoniali a carico dei familiari a carico della partner esclusivamente il sottoscritto prevalentemente il sottoscritto esclusivamente il partner prevalentemente il partner entrambi in egual misura Rottura del matrimonio (in caso di più matrimoni, riferirsi all’ultima separazione e all’ultimo divorzio) 1. Qual è la sua situazione attuale? Separato di fatto da anni………………..(o mesi……..); anno della separazione di fatto……………………………. Separato legalmente da anni……………...(o mesi……….); anno della separazione legale………………………….. Divorziato da anni…………………………(o mesi………); anno del divorzio…………… In attesa di separazione legale da anni…………(o mesi………) 2. La separazione legale è: consensuale giudiziale in fase di definizione 3. Dopo la separazione di fatto, con chi è andato (o con chi è rimasto) ad abitare? con i genitori con i figli solo con amici/parenti altro (specificare)………………………………………. 4. Ha cambiato casa quando si è separato (di fatto)? SI NO (vai alla domanda 7) 5. Rispetto a quella dove abitava prima della separazione di fatto, com’era la sua abitazione? più grande della precedente più o meno uguale alla precedente più piccola della precedente 6. Questa abitazione era: in affitto da Ente Pubblico in affitto da privato di proprietà uso gratuito altro (specificare)…………………………………………………………. Ora pensi alla situazione del periodo successivo all’ultimo evento (separazione di fatto, separazione legale, divorzio) 7. Lei è: affidatario non affidatario affidatario congiunto affidatario alternato altra condizione (figlio/i affidato/i a parenti o altro) non ho figli 8. La separazione / divorzio ha comportato per lei: pagamento dell’assegno di mantenimento incasso dell’assegno di mantenimento pagamento consensuale non ufficiale incasso non ufficiale non ha comportato nessun pagamento/ incasso di alcun indennizzo altro 9. L’abitazione è stata: affidata esclusivamente al sottoscritto affidata prevalentemente al sottoscritto affidata esclusivamente al partner affidata prevalentemente al partner divisa in parti uguali 10. Gli altri beni sono stati: affidati esclusivamente al sottoscritto affidati prevalentemente al sottoscritto affidati esclusivamente al partner affidati prevalentemente al partner divisi in parti uguali Situazione attuale 1. Ha cambiato casa rispetto a quella dove he abitato dopo la situazione di fatto? SI NO (vai alla 5) 2. Com’è la sua attuale abitazione? monolocale mini appartamento appartamento medio appartamento grande bi o tri familiare casa isolata altro (specificare)………………………………. 3. Com’è la sua attuale abitazione, rispetto alla precedente? più grande della precedente più o meno uguale alla precedente più piccola della precedente 4. Questa abitazione è: in affitto da Ente Pubblico in affitto da privato di proprietà uso gratuito altro 5. Ha cambiato lavoro o condizione lavorativa dopo la separazione? no, stesso lavoro cambiato lavoro iniziato a lavorare smesso di lavorare (vai alla 10) nessuna delle precedenti (vai alla 10) 6. Posizione nella professione (per gli occupati) A) Alle dipendenze come: dirigente Direttivo, quadro impiegato, intermedio Capo operaio, operaio subalterno e similari Apprendista lavorante a domicilio per conto d’imprese B) Autonomo come: Imprenditore libero professionista lavoratore in proprio socio di cooperativa di produzione di beni e/o prestazioni di servizio coadiuvante 7. Attività economica (per gli occupati) 8. Il contratto di lavoro era (per gli occupati) 9. Svolgeva attività lavorativa (per gli occupati) Agricoltura, caccia, pesca Industria Costruzioni Commercio all’ingrosso Trasporti e magazzinaggio Pubblica Amministrazione Istruzione, sanità ed altri servizi a tempo determinato a tempo indeterminato part-time full-time 10. Quale è attualmente la sua fonte di reddito principale? reddito da lavoro dipendente reddito da lavoro autonomo pensione indennità e provvidenze varie redditi patrimoniali a carico dei familiari a carico della partner 11. Come valuta i suoi rapporti con i genitori/altri parenti? ottimi buoni scadenti pessimi non pertinente 12. Rispetto all’ultimo periodo del matrimonio (prima della separazione), ritiene che i suoi rapporti con i genitori/altri parenti siano: migliorati rimasti gli stessi peggiorati non pertinente 13. Come valuta i suoi rapporti con amici e conoscenti? ottimi buoni scadenti pessimi non pertinente 14. Rispetto all’ultimo periodo del matrimonio (prima della separazione) ritiene che i suoi rapporti con amici e conoscenti siano: migliorati rimasti gli stessi peggiorati non pertinente 15. Come valuta i rapporti con i suoi figli? ottimi buoni scadenti pessimi non pertinente 16. Rispetto all’ultimo periodo del matrimonio (prima della separazione), ritiene che i rapporti con i suoi figli siano: migliorati rimasti gli stessi peggiorati non pertinente Eventuali commenti finali Si ringrazia per il tempo dedicato! 3) La somministrazione del questionario e la raccolta dei dati. Il contatto con le associazioni collaboratrici è avvenuto ad aprile 2012. Si sono presentate tutte molto disponibili: erano spinte all’idea di far conoscere la situazione dei papà. La somministrazione dei questionari e quindi la raccolta dati è avvenuta tra i primi di maggio 2012 e i primi di luglio 2012, circa due mesi di lavoro. I questionari sono stati circa 50 per ogni associazione e, come già detto sopra, di grande aiuto sono stati i responsabili delle associazioni che hanno fatto da tramite tra il rilevatore e i papà iscritti all’associazione. È stata presentata la motivazione del questionario ai diretti interessati, spiegando che il questionario sarebbe servito per una tesi di Laurea e garantendo l’anonimato sui dati raccolti. Per entrambe le aree geografiche sono stati rilevati una cinquantina di questionari con un campionamento “a valanga”, nel senso che il questionario è stato inviato a tutti coloro che avevano vissuto l’esperienza della separazione o divorzio, ed è stato chiesto a quest’ultimi di diffonderlo ad altri: quindi più che “a valanga”, una vera e propria “catena” di collaborazione: una collaborazione che è nata per “pubblicizzare” la situazione post separatoria ancora per molti sconosciuta. Il metodo “a valanga”/catena ha permesso di ottenere un campione di individui eterogeneo per età, livello scolastico e professione, ma omogeneo per l’esperienza dello scioglimento. I risultati sono, poi, ritornati al rilevatore, che ha messo a sua disposizione il proprio contatto email e telefonico, per chiarire eventuali incomprensioni. In conclusione, si è trattato di un questionario auto amministrato senza assistenza, o comunque un’assistenza indiretta (non direttamente il rilevatore ma i responsabili delle associazioni). Bisogna precisare che questo tipo di questionario presenta molti punti deboli: la compilazione è lasciata per intero all’intervistato, di conseguenza ci possono essere molti problemi di comprensione delle domande e di chiarezza delle istruzioni di compilazione, che lo rendono praticabile solo quando il questionario riguarda una popolazione sufficientemente omogenea. Per sopperire a eventuali errori o mancanza, sono state fatte anche interviste, che verranno presentate nel capitolo successivo. 4) Il piano del campionamento. Per quanto attiene al piano di campionamento, ogni associazione tiene un vasto numero di soci (anche migliaia). Viste le cifre in alcuni casi elevate, si è deciso di somministrare i questionari soltanto ai papà soci che partecipano agli incontri promossi dalle associazioni, quindi all’incirca una volta al mese. Quei papà attivi nell’associazione, che partecipano agli aiuti offerti proprio per uscire dalla situazione negativa creatasi dopo la separazione. Si è già detto che i questionari sono stati 50 per entrambe le associazioni, quindi un totale di 100 questionari. Questo dato dimostra che i papà “attivi” nelle associazioni sono molto disponibili a partecipare a qualsiasi tipo di iniziativa che metta in evidenza la loro condizione post separatoria. Partecipare ad una ricerca universitaria è anche questo un modo per farsi conoscere. 2.2. Analisi dei dati. Tramite l’utilizzo di statistiche descrittive vengono di seguito presentati i risultati relativi ai diversi aspetti presentati nel questionario; in particolare si ha: Analisi del campione di riferimento. Analisi degli aspetti specifici della situazione socio-economica prima e dopo la separazione. Si guarda prima al campione, quindi luogo di appartenenza, età, istruzione, durata matrimonio/convivenza; e poi si entra nello specifico analizzando per esempio l’affidamento dei figli, mantenimento, lavoro, la casa prima e dopo il matrimonio etc. 2.1.1. Analisi del campione di riferimento. Nello studio dei risultati che viene ora esposto, molte analisi si avvalgono di una stratificazione della popolazione divisa in gruppi secondo la città considerata (Milano o Genova). Nonostante la ricerca sia stata considerata nelle due province, non è detto che tutti i rispondenti siano della Lombardia o della Liguria. Si procede quindi ad uno studio preliminare della popolazione statistica per luogo di nascita. Figura 3. Luogo di nascita papà separati Lombardia e Liguria. luogo di nascita papà separati Lombardia. Estero Resto dell'Italia 24% 20% Altre province lombarde Milano 16% 40% luogo di nascita papà separati Liguria Estero Resto dell'Italia Altre province liguri 22% 30% 14% 34% Genova Dai grafici si evidenzia che le origini dei papà separati sono diverse a seconda dell’area geografica interessata: per quanto riguarda i papà separati dell’associazione “papà separati Lombardia”, la percentuale più alta è quella del “resto d’Italia” (40%): questo indica che i soggetti interessati vivono a Milano ma hanno origini, nel campione considerato, soprattutto venete. Secondo dato (24%) i soggetti che sono nati a Milano e che vivono ancora a Milano; terzo dato (20%) riguarda coloro che vivono a Milano ma che sono nati in altre Province lombarde, soprattutto, nel campione considerato, Pavia. Ultimo dato (16%) riguarda gli stranieri. Quest’ultimo dato è inconsueto, in quanto in una grande città come Milano ci si sarebbe aspettata un’alta percentuale di stranieri. Passando ai “papà separati Liguria”, la percentuale più alta è quella di “Altre province liguri” (34%), ovvero i papà nati in Liguria, soprattutto, nel campione considerato, nelle Province di Savona e La spezia, e che vivono a Genova; secondo dato (30%) riguarda i soggetti che sono nati e che vivono ancora a Genova. Un terzo dato (22%) è quello dei papà stranieri: questo dato si spiega perché in provincia di Genova (nella zona del centro storico della città) e nella provincia di Savona ci sono molti stranieri, provenienti da Marocco, Ecuador e Albania. Infine il dato relativo al “Resto d’Italia” (14%) che risulta essere la percentuale più piccola: nel campione considerato, si fa riferimento soprattutto alla zona Sud dell’Italia. Si considera ora l’età dei soggetti analizzati. Nel caso dell’età dei papà separati, si possono mettere insieme le due ricerche (Genova e Milano), che viaggiano in parallelo: questo perché le due ricerche mostrano dati simili proprio in relazione all’età dei papà che hanno compilato il questionario Figura 4. Età dei papà separati coinvolti. 20 18 16 14 12 10 papà separati Liguria 8 papà separati Lombardia 6 4 2 0 14-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60 e oltre Lo specchio qui sopra presentato mostra che in Liguria il tasso più alto di padri separati si ha nell’età compresa tra i 40-44 anni, segue poi i papà tra i 45-49 anni e infine i papà della fascia di età 35-39 anni. Per quanto riguarda i papà separati della Lombardia, il tasso di età più alto è quello tra i 40-44 anni, segue poi la fascia di età 35-39 anni, e infine i papà tra i 30-34 anni. Questi dati dimostrano che, all’atto della separazione i mariti hanno mediamente 43 anni. Analizzando la distribuzione per età si nota come la classe più numerose sia quella tra i 40 e i 44 anni. La differenza tra Liguria e Lombardia è sui dati successivi: la Liguria avendo una popolazione più “anziana” vede un tasso di età più alto nella fascia compresa tra i 45-49 anni. I dati emersi dalla ricerca sono una conferma dei dati rilevati dall’Istat sulle età media dei papà separati.46Questo è rilevato nella tabella sottostante relativa ai dati Istat. Figura 5. Dati Istat. Separazioni per classi di età – papà separati. Anno 2000, 2005 e 2009. (Valori Assoluti). Classi di età 14-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60 e oltre Anno 2000 565 4.723 13.157 16.123 13.982 9.063 6.435 3.674 4.247 Anno 2005 424 3.418 11.573 17.267 18.197 12.574 7.788 5.002 6.048 Anno 2009 346 2.797 9.701 16.183 18189 15.354 9.606 5.683 8.086 Altro dato da considerare nella ricerca è il tipo di istruzione. Alcuni studiosi47 sottolineano che alla fine del secolo scorso le classi colte e agiate risolvevano più frequentemente le questioni matrimoniali per via giudiziaria delle classi popolari. Nel ventesimo secolo, la relazione tra ceto sociale e instabilità coniugale è cambiata. In Italia, negli anni ’70 e ’80, le separazioni erano più frequenti nei ceti medio-alti che in quelli bassi.48 Non è di facile misurazione la relazione esistente fra ceto sociale e instabilità coniugale. 46 ISTAT, statistiche report, Separazioni e divorzi, Anno 2009. Per esempio il professore Augusto Bosco, autore del saggio i divorzi e le separazioni personali dei coniugi, Roma. 48 Maggioni 1988. 47 Utilizzando come indicatore di appartenenza a un certo ceto sociale il titolo di studio, negli anni ’90, la frequenza relativa delle separazioni legali cresce all’aumentare del livello di istruzione49, con la particolarità che i laureati si separano più spesso di coloro che hanno la scuola elementare o media inferiore, ma meno frequentemente dei diplomati. Inoltre, sembra che a separarsi più spesso sono i coniugi non degli strati più elevati, ma di quelli intermedi. 50 Come variabile atta a misurare il livello di istruzione è stato scelto il titolo di studio più alto conseguito dal rispondente. Sia nel caso dei papà separati della Liguria sia nel caso dei papà separati Lombardia, più del 65% dei soggetti ha dichiarato di aver conseguito almeno il diploma di scuola media superiore, il 16,7% almeno una laurea o diploma di laurea, mentre il 16,7% aveva conseguito solamente la licenza media o elementare. I risultati ottenuti confermano quindi la tesi riportata sopra. Un ulteriore conferma di ciò è rappresentata dai dati ottenuti dall’Istat nell’indagine multiscopo: il 50,8% delle persone separate o divorziate ha almeno il diploma di scuola media superiore. 51 Inoltre tra i fattori connessi alla separazione vi sono le differenze sociali e di status tra i partner: sembra che a una maggiore distanza sociale tra le coppie per quanto riguarda classe, occupazione, istruzione, religione o età, corrispondano maggiori probabilità di separazione. Altro punto da tenere conto è la presenza dei figli. In Italia i figli costituiscono un ostacolo alla rottura del matrimonio. A parità di durata del matrimonio, il tasso di separazione legale diminuisce al crescere del numero dei figli. In genere per ogni figlio che si aggiunge alla coppia, crescono le probabilità che questa resti unita. 49 Le persone separate in Italia su 1000 residenti, negli anni 1992, 1993 e 1994 erano caratterizzate per tutte le fasce di età da una frequenza relativa più bassa per titoli di studio come la licenza elementare o la licenza media. 50 BARBAGLIA M., SARACENO 1998. 51 Istat, indagine 10/05/2004. In Italia, nel corso del 2009, il 66, 4% delle separazioni e il 60,7% dei divorzi hanno riguardato coppie coniugate con figli avuti durante l’unione. Vi è solo 1/3 di persone con esperienza di rottura del matrimonio, senza figli. Nella ricerca “padri separati” c’è un numero molto basso di individui senza figli: questo perché il problema che spinge i padri separati a rivolgersi alle associazioni riguarda proprio all’affidamento dei figli. Figura 6. Numero di figli. Numero dei figli 0 1 2 3 4 5 6 Totale Lombardia 0 25 17 5 3 0 0 50 Liguria 2 30 16 2 0 0 0 50 Dalla tabella sopra, si evince che in Liguria ci sono meno figli rispetto alla Lombardia: infatti la presenza di un solo figlio è più alta. Fin qui si sono analizzati dati generali relativi al campione; quindi il luogo di nascita, l’età, il tipo di istruzione e la presenza di figli. Altri dati analizzabili dalla ricerca potevano essere l’età media al matrimonio, la convivenza e l’abbandono della casa dei genitori. Ma quello è più interessante analizzare è il cambiamento socio-economico dei padri dopo la separazione/divorzio. 2.1.2. Analisi degli aspetti specifici della situazione socio-economica prima o dopo la separazione. Si divide la ricerca in due parti: quella relativa ai rapporti con familiari, figli e conoscenti e quella relativa alla condizione lavorativa. Nel primo caso, lo scioglimento del matrimonio è un’esperienza traumatica per entrambi i coniugi: vi è chi si trova da solo o chi è costretto a tornare nella casa dei genitori. È quindi risultato necessario indagare sui rapporti dell’individuo con le persone a lui vicine come i genitori o i parenti, gli amici e, ovviamente, i figli. Nella parte finale del questionario si è domandato all’intervistato come valuta attualmente (cioè dopo la separazione) i propri rapporti con i genitori, gli amici e i figli e se ritiene che tali rapporti siano migliorati, peggiorati o rimasti gli stessi rispetto all’ultimo periodo del matrimonio. Figura 7. Separati e divorziati per qualità attualmente percepita dai rapporti con i genitori, conoscenti e amici. Liguria e Lombardia. Ottimi Buoni Scadenti Pessimi Non pertinente Totale Liguria 0 7 0 35 8 50 Lombardia 2 7 0 30 11 50 Per quanto riguarda i rapporti con i genitori, conoscenti e amici, dall’analisi dei dati si evince che dopo la separazione le relazioni peggiorano. Sono diverse le cause di questo peggioramento: per i genitori la separazione del figlio può essere vista come un fallimento; trovarsi di nuovo il figlio in casa è difficile d’accettare. Ancora genitori, conoscenti, amici possono incolpare l’uomo della separazione. Si crea per alcuni padri una vera e propria esclusione, come se la separazione fosse una malattia contagiosa. Per quanto riguarda i figli, l’analisi dei dati del campione considerato, presenta i seguenti valori. Figura 8. Separati e divorziati per qualità attualmente percepita dai rapporti con i figli. Liguria e Lombardia. Ottimi Buoni Scadenti Pessimi Non pertinente Totale Liguria 5 11 4 29 1 50 Lombardia 2 17 1 30 0 50 Dalla ricerca si ha la conferma che la separazione porta ad un peggioramento dei rapporti con i figli. Anche in questo caso i motivi sono diversi: papà e bambino si vedono meno, il bambino potrebbe accusare il padre, oppure ancora il papà separato potrebbe non voler più vedere il/i figlio/i perché non ha una casa etc. Le dinamiche che si creano dopo la separazione sono tante e diverse da caso a caso. Il secondo punto da considerare è la situazione lavorativa dopo la separazione/divorzio. Dopo la separazione, sia nel campione della Liguria sia nel campione lombardo, il 40% dei rispondenti è nella stessa condizione lavorativa che aveva durante il matrimonio. Figura 9. Separati e divorziati per variazione nella condizione lavorativa dopo la separazione. Liguria e Lombardia. Stesso lavoro Cambiato lavoro Iniziato a lavorare Smesso di lavorare Totale Liguria 22 13 2 13 50 Lombardia 22 8 0 20 50 Nonostante quasi la metà del campione abbia mantenuto lo stesso lavoro, dato rilevante per entrambi i campioni è la categoria “smesso di lavorare”. Quest’ultimo dato è significativo, in quanto mette proprio in evidenza la situazione precaria dei padri separati. La ricerca descritta vuole essere soltanto una piccola conferma dei dati rilevati dall’Istat. Non bisogna dimenticare, come già detto all’inizio della tesi, che questa ricerca è solo una semplice analisi di un nuovo bisogno; non è una campagna a favore della figura maschile: si vuole mettere in evidenza che i dati Istat, la situazione di precarietà e povertà dopo la separazione non interessano solo la parte femminile, ma c’è tutto un mondo silenzioso, che è quello dei papà. Anche quest’ultimi subiscono delle perdite affettive, sociali e lavorative. CAPITOLO II PADRI SEPARATI: ECCO LE LORO STORIE E LE LORO TESTIMONIANZE INTRODUZIONE. Quanto considerato fino adesso è il frutto di un paziente lavoro di ricerca. Oltre al questionario, un altro tipo di metodologia, che è stata utilizzata, è la testimonianza diretta. La cronaca dei giornali ha cominciato a mettere in luce la povertà dei tanti che si separano, perdono il lavoro, devono trovarsi una nuova casa, pagano il vecchio mutuo e un nuovo affitto e spesso non possono vedere i figli. Qualcuno finisce male. La fotografia dei padri separati è impietosa. Il capitolo presenta in forma sintetica le interviste in profondità a testimoni privilegiati e le storie di vita dei padri separati su tutto il territorio nazionale. Con questo capitolo si è in qualche modo voluto restituire i vissuti e le emozioni delle persone che ci hanno dato il proprio spazio di vita. Infine, numerose le testimonianze e storie raccolte ai fini di questa ricerca e tutte con uno scopo comune: far conoscere la realtà. Sono storie che non dicono tutto (perché altri padri, pur potendo, sfuggono ancora al dovere di mantenere i figli), ma che non devono restare inascoltate. Si precisa che queste sono storie vere e per motivi di privacy i nomi sono stati cambiati. 1. STORIA DI PAOLO. Milano aprile 2012. «La principale problematica che mi sono trovato ad affrontare nel primo atto della separazione è stata quella di essere completamento solo. Io sono, di fatto, separato con udienza presidenziale però questo procedimento non è ancora concluso ed è iniziato due anni fa. Le problematiche di tipo economico sono state dapprima le maggiori». Così il Signor Paolo apre la sua intervista. «Cosa succede? Succede semplicemente che il padre che esce di casa non si ritrova più nemmeno il denaro per potersi fare la spesa: lo stipendio viene dimezzato o comunque diminuito di 1/3 ma con le spese della stessa entità». Con poche parole il Signor Paolo, 50enne di Milano presenta la sua condizione di padre separato. Ma più forte è la dichiarazione della madre di Paolo, la Signora Lucia. «Non vedo mia nipote da 4 anni. Ho una nipotina che abita a 50 m e non la vedo mai. È stato un calvario dal punto di vista economico perché quando c’è stata la separazione automaticamente, come tanti padri che si separano, anche mio figlio aveva perso il posto di lavoro e non ha trovato un posto fisso fino a che due anni fa si è trovato lui una professione. Abitava da noi: è ovvio che c’è un impoverimento della famiglia paterna. Con la separazione mio figlio ha perso tutto: la figlia, il lavoro e la casa. La casa non era coniugale: era una casa di proprietà che noi avevamo acquistato intestandola a mio figlio prima del matrimonio». E ancora il Signor Paolo «Il problema che è necessariamente e giuridicamente connesso ai figli, ma che poi riveste un gravissimo problema dal punto di vista emotivo e pratico, è l’assegnazione della casa coniugale. Lasciare la casa coniugale significa trovare un altro posto dove andare a vivere. Quindi mi sono trovato nella necessità di tornare a vivere con i miei genitori ed è stata l’umiliazione più grande!». Alla domanda “ci sono da parte delle istituzioni delle forme di aiuto per i padri separati?”, la risposta di Paolo è stata: ci sono dei comuni che si stanno muovendo, però nulla è stato fatto prima e poco si sta facendo adesso. Non ci viene dato un aiuto concreto da parte delle istituzioni, e questo è uno dei tanti motivi, per cui mi ritrovo a vivere, a più di 40 anni, con i miei genitori! 2. STORIA DI LUCA. Genova Febbraio 2012. Sono stato lasciato da mia moglie – racconta il signor Luca – dopo 24 anni di matrimonio. Lei ha deciso di troncare, ha detto che non mi amava più. Così io sono andato via di casa, lasciando a lei i nostri due figli minorenni. Ho lavorato per 18 anni nell’azienda di famiglia di mia moglie – spiega – ero responsabile della logistica e dell’ufficio acquisti. Dopo la separazione l’atteggiamento nei miei confronti è cambiato: hanno cominciato a togliermi sempre più incarichi, demansionandomi. Poi, a maggio 2010, mi hanno licenziato. Il signor Luca è rimasto così senza lavoro: ha chiesto, quindi, i danni ed è davanti al tribunale per la separazione. Ha chiesto che venga addebitata la colpa alla moglie, l’affidamento condiviso e che i figli vivano con lui, come hanno chiesto loro stessi. Il signor Luca ha dichiarato che la moglie non gli fa vedere i figli. Il giudice, in via preliminare, ha invece stabilito che restino con la madre e che il signor Luca le versi 800 euro di alimenti al mese. Ora sono disoccupato, mentre la mia ex moglie lavora nella sua azienda. Preciso comunque che la decisione del giudice è precedente al licenziamento. Il signor Luca, quindi, ha fatto ricorso e attende nuove decisioni, nel frattempo sta cercando un nuovo lavoro ed è ritornato a vivere con i genitori 3. STORIA DI CARLO. Varese Gennaio 2012. Il signor Carlo si separa, e in occasione del primo provvedimento provvisorio emesso dal Tribunale di Varese, dopo la richiesta di separazione giudiziale con addebito inoltrata dalla moglie, ottiene il “solito condiviso”: 1- Posso vedere le mie figlie 10 ore alla settimana + più i weekend alternati + 15 giorni durante le feste 2- La mia ex moglie vive con le bambine in due case adiacenti (entrambe dichiarate separate a catasto), una di sua proprietà e una di mia proprietà +, che prima costituivano la casa familiare ma in realtà erano due appartamenti assolutamente indipendenti. 3- Ritorno a vivere con i miei genitori. Molto triste. Un fallimento. 4- Percepisco uno stipendio netto di 1500€, ma devo pagare il 50% del mutuo (530€), dare 500€ come mantenimento per le mie figlie, dare 250€ come mantenimento alla moglie (che lavora) + 140€ mensili per le spese straordinarie (scolastiche-ludichemediche), per un totale di circa 1400€ A conti fatti, mi rimangono 100€ al mese per vivere con i quali, secondo il giudice, viene attuato l’affidamento condiviso. Ovviamente, la separazione giudiziale è stata fortemente voluta dalla mia ex moglie, che come motivi giustificativi l’addebito, ha attribuito non solo tutte le cause della distribuzione del nostro rapporto, ma, ha presentato pure “comportamenti morbosi” che io tenevo con le mie figlie. La domanda che mi pongo da tempo è: il giudice ha letto almeno una riga della difesa, cioè le mie dichiarazioni? I servizi sociali che hanno constatato la falsità delle accuse perpetrate dalla mia ex moglie e che hanno relazionato al tribunale le mie adeguate capacità educative, hanno parlato solo però di “allargare i diritti di visita in quanto non ravvisano problemi o pregiudizi”. Allargare i diritti di visita? Io sono il padre e avrei il diritto e il dovere di vivere, amare ed educare le mie figlie, e non di poterle “visitare” di più. Da questa storia si ricava questa conclusione: alcuni genitori (donne e uomini) che oltre a dover lottare per poter stare con i propri figli si devono anche difendere anche dai servizi, che dovrebbero aiutare o comunque dare gli strumenti giusti alla persona in difficoltà, e dall’ex coniugi. 4. STORIA DI DIEGO. Milano Giugno 2012. Diego, 44 anni, operaio, separato da 3 anni e con due figlie affidate alla ex moglie, vive in una casa speciale che ospita padri in difficoltà. La residenza è destinata a uomini che dopo la separazione hanno dovuto lasciare la loro abitazione e per problemi economici non riescono a trovare una sistemazione dignitosa. Qualcuno prima di arrivare in questa casa, ha vissuto in macchina: Diego è tornato gli è toccato tornare a vivere con i genitori. Dopo la separazione mi sono trovato a vivere fuori casa. C’erano delle spese, avvocato etc. ed è stata dura. Umiliante. Sono qui da 2 anni e, ormai ci conosciamo tutti, ci aiutiamo e discutiamo dei nostri problemi. Nel fine settimana vedo le mie figlie e cerco di non far pesare loro la separazione. Subito dopo la separazione hanno risentito molto dei malumori e della battaglia tra me e la mia ex moglie. In questa casa speciale posso stare ancora per poco; la permanenza è massimo 2 anni: io sono al secondo anno, ma in questo periodo sono riuscito ad organizzarmi per un nuovo alloggio. Forse riesco a ricominciare anch’io 5. STORIA DI MARCO. Genova novembre 2011. Mi sono separato da mia moglie 5 anni fa. Arrivato davanti al giudice ero già condannato; mi è stato chiesto dove vivevo, quanto guadagnavo e basta. La casa è rimasta alla mia ex moglie, i figli pure ed io devo pagare il mantenimento, nonostante avessi un lavoro precario. Qual era la sua situazione dopo la separazione? Dopo la separazione ero senza lavoro, senza una casa e senza figli. La situazione è crollata psicologicamente. La quotidianità è che devi mangiare e c’è un foglio che dice che i soldi devi darli; quindi se all’inizio qualche amico o parente sei già fortunato ma è una situazione momentanea. Poi cosa succede? Succede che ti tocca dormire in macchina. A lei le è capitato? Si mi è capitato ogni tanto. E per mangiare come ha fatto? Per mangiare da amici, poi la Caritas e altre strutture. Ho vissuto anche in un garage. Quando uno si trova così, sei solo con te stesso. 6. STORIA DI PAOLO. Milano Marzo 2012. Sono un uomo di 44 anni, sino a poco tempo fa felicemente sposato, una bella casa insieme alla mia ex moglie, e una figlia di 12 anni. Io e la mia ex moglie ci separiamo. A mano a mano che la separazione si incanala nel previsto iter legale, mi rendo conto che non c’è un rapporto paritario tra uomo e donna: si crea una difesa fortissima a vantaggio della parte debole della coppia. Ma, in realtà quando ci si separa non c’è una parte debole e una parte forte. Entrambe le parti sono deboli, entrambe le parti subiscono la separazione. Qual è la sua situazione dopo la separazione? La mia situazione economica è la seguente: Stipendio mensile netto 1500€ Pagamento mutuo casa coniuge affidatario al 50%, quindi 200€ Pagamento assegno minore 200€ Pagamento nuovo mutuo/affitto 550€ Pagamento prestito spese mobili trasloco 350€ Totale 200€ mensili. Sono diventato un vero e proprio barbone. E che io sono già tra quelli fortunati! 7. INTERVISTA A MAURO, membro dell’associazione papà separati Lombardia. Pavia ottobre 2011. L’intervista al Signor Mauro è avvenuta un pomeriggio: è stata un’intervista molto lunga, in cui si è cercato di capire questo mondo sconosciuto dei papà separati. La prima domanda è stata: perché solo adesso si comincia a parlare dei padri separati e della loro situazione come un problema sociale? Noi padri separati ci siamo sempre stati, esistiamo da tanto tempo, solo adesso però diventiamo un “problema”: questo perché dal momento in cui si è messo in evidenza il caso del presentatore Tiberio Timperi, i media hanno dovuto per forza di cosa presentare il problema e di conseguenza le politiche e i servizi hanno dovuto affrontare la nuova problematica. Lei ha parlato di servizi e quindi di conseguenza ci si chiede se i servizi fanno qualcosa, se hanno risposto a questa nuova situazione. Non ci danno aiuto, e quindi, di conseguenza noi papà non consideriamo i servizi sociali. Anzi i “nemici” sono i giudici, i servizi sociali e le ex. Con i giudici è un continuo combattere, visto che non applicano la legge sull’affido condiviso. Inoltre le associazioni sconsigliano di andare dai servizi sociali, perché il loro compito è la tutela del minore. Ma secondo lei si tutela il minore mandandolo dallo psicologo e in comunità/casa famiglia? I servizi sociali fanno danni e non progetti; oltre a questi si aggiungono gli psicologi. Sa cosa hanno chiesto a mia figlia? Preferisci la mamma o il papà?.....ma le sembrano domande da fare ad una bambina di 10 anni? L’associazione cerca di prevenire danni irreparabili: se due persone si separano, si invita a passare dal mediatore familiare. Cosa succede con la separazione? Semplice, uno rimane senza soldi. Per una separazione ci vogliono 7-8 anni e i costi sono altissimi, sui 3000€, se ti va bene. C’è un impoverimento, che è dovuto a diversi fattori: 1) i bambini solitamente sono affidati alla mamma, quindi la casa famigliare va a quest’ultima, 2) il minore deve, giustamente, tenere lo stesso tenore di vita, 3) il mutuo della casa famigliare viene ripartito a metà tra i coniugi, ma il genitore non affidatario potrebbe avere la spesa anche di un affitto per la nuova abitazione. Con l’affido condiviso le spese dovrebbero essere concordate, ma non è proprio così. Per quanto riguarda il ruolo genitoriale, cambia? Il ruolo genitoriale è un grosso scoglio. È difficile fare il padre 1 giorno a settimana. Il padre dovrebbe essere la classica figura un po’ autoritaria. Ma come può essere autoritario una volte a settimana: in quell’unico giorno cerchi di accontentare tuo figlio e basta. Mia figlia è affidata ai servizi sociali, quindi se voglio fare una gita fuori porta nel “mio giorno”, devo avvisare tutti. Non è bello dover chiedere il permesso per fare le cose con mia figlia, è umiliante. Perché non piace l’affido condiviso? Bella domanda, vorremmo saperlo anche noi genitori. Non si sa. Solitamente la prassi è weekend alternati e un pomeriggio a settimana. C’è un vero e proprio copia in colla da parte dei giudici. Non c’è un lavoro di rete, una progettualità di ogni singolo caso. Ci sono progetti per i padri separati? Poco e niente. L’unica che si muove è la Caritas; accoglie i papà separati e nello stesso tempo cerca di spronare i servizi sociali. Il Comune di Milano ha dato a disposizione degli alloggi, una casa con mini appartamenti per i padri separati. L’idea è buona, ma anche lì ci sono dei punti deboli. I figli vanno a trovare il padre in questa casa speciale di soli uomini, ed ecco lì che dietro l’angolo c’è il rischio di abuso sessuale da parte della ex. Pensi un padre con una figlia di 14 anni, secondo lei la madre lascia andare la figlia dal padre che vive in questa casa? Non credo. Inoltre, altro problema: il Comune di Milano dà l’alloggio al padre residente a Milano. La situazione assurda che si crea che il padre esce da Milano perché le case costano meno ma, in questo caso non potrebbe più chiedere l’alloggio. Per quanto riguarda il Comune di Genova è tra quelli più sensibili alle problematiche dei padri separati. Per quanto riguarda il suo vissuto post separatorio? Mi è toccato lasciare casa in pochi giorni: entro 8 giorni per la precisione e, se non l’avessi fatto sarei stato allontanato dalle forze dell’ordine. Quindi, ho dovuto cercarmi casa in pochissimi giorni; un’abitazione adeguata per i servizi sociali, se no potevo anche salutare mia figlia. Io sono tra quei papà fortunati. Ho avuto le possibilità, ma chi non ce l’ha, cosa fa? Ci sono, però dei padri, a cui non interessa dei figli, sparisco e basta. Ha ragione; ci sono dei padri che spariscono, dei padri che si licenziano per avere un reddito più basso, ma non bisogna fare di tutta un’erba un fascio. Bisognerebbe guardare ad ogni singolo caso, e non generalizzare sul fatto che noi papà siamo i “cattivi” della situazione. Lei fa parte dell’associazione padri separati Lombardia, che cosa fa l’associazione nel concreto? L’associazione fa accordi con la Caritas e altre associazioni, con il Banco Alimentare. Cerca poi il dialogo con i servizi sociali, con l’associazione Magistrati e gli avvocati. E sugli avvocati, preciso una cosa, l’associazione papà separati Lombardi collaborano con due avvocati donna. Ci si aspetta anche dei progetti da parte dei servizi sociali, ma le azioni dalla parte pubblica sono locali e riguardano una singola persona. L’associazione organizza incontri, fa volantinaggio: l’obiettivo è quello di attirare l’attenzione. Si cerca di presentare l’associazione come una risorsa. L’associazione, inoltre, ha un proprio psicologo (a prezzi modici). Per quanto riguarda la mediazione? È una cosa meravigliosa: dovrebbe essere sempre presa in considerazione. Questi sono solo alcuni spaccati di un mondo ben più complesso, con storie ben più tristi, situazioni più complicate. Ci sono storie di povertà estrema, false accuse di abusi sessuali da parte delle ex moglie, storie di suicidi di padri disperati; ma volutamente non sono state inserite nella ricerca, perché come si è già ripetuto più volte non vuole essere una ricerca contro le donne, ma una modesta ricerca di un nuovo bisogno della nostra società. Inoltre la seconda motivazione, che ha spinto a presentare casi “normali”, è semplice: le politiche, i servizi non sono ancora pronti per rispondere ai casi più “banali”, figuriamoci ai casi complessi. In quasi un anno di ricerca, si sono trovate poche risposte concrete a questo bisogno, gli assistenti sociali sono a conoscenza di questa problematica ma non hanno le mani legati dalla parte politica. Gli aiuti che vengono dati a queste persone provengono dal privato, dalle associazioni, dalla Caritas, dai gruppi di auto mutuo aiuto, dal terzo settore. CAPITOLO III CONCLUSIONI: CAMBIAMENTI POST SEPARATORI, UN TRAUMA ESISTENZIALE ED ECONOMICO INTRODUZIONE. Quanto presentato fino adesso ha un suo excursus ben preciso. Per non perdere il filo del discorso, bisogna ricordare che la ricerca è iniziata introducendo i cambiamenti che possono portare ad un nuovo bisogno come quello denunciato dai padri: quindi si è passati dai cambiamenti sociali alla famiglia e infine a livello legislativo all’affidamento condiviso. Questi cambiamenti possono essere considerate le fondamenta su cui si basa la situazione di problematicità dei padri separati. Per entrare nello specifico, l’attenzione si è concentrata su due aree geografiche specifiche, Liguria e Lombardia, e grazie all’aiuto delle associazioni si sono messe in evidenza le caratteristiche tipiche del campione di papà considerati; campione che vuol essere indicativo di una situazione estesa su tutto il territorio nazionale. Questo specchio del Nord Italia è stato rafforzato dalla gentile testimonianza di alcuni papà. Adesso la parte specifica sui papà si conclude mettendo in evidenza i cambiamenti post separatori, in particolare come cambia il ruolo genitoriale e come cambia la situazione socioeconomica. Questo capitolo, serve per spiegare in maniera più teorica, e non attraverso le testimonianze, il passaggio dopo la separazione: è un capitolo in cui si vogliono trarre le somme. Per quanto riguarda le condizioni di vita delle persone separate e divorziate, bisogna ricordare i seguenti punti, indicati dall’Istat52: In seguito all’interruzione dell’unione coniugale, le donne ricoprono più spesso il ruolo di genitore solo (il 35,8% contro il 7,3%), mentre gli uomini prevalentemente vivono da soli (43% contro il 25,4%) o formano una nuova unione (32% contro il 23,3%). Chi ha cambiato abitazione (41,3%) è tornato per lo più a casa dei genitori (il 32,5% degli uomini e il 39,3% delle donne) oppure ha preso un’altra abitazione in affitto (il 36,8% e il 30,5%) La maggioranza delle madri che vivono con i figli riferisce che quest’ultimi non hanno dormito a casa del padre nei due anni successivi la separazione (52,8%); il 20,1% dichiara che, oltre a non aver dormito dal padre, non lo hanno mai frequentato. Dopo la separazione i figli non vedono o vedono meno i genitori o i parenti del padre e della madre (rispettivamente nel 18,6% e nel 8,7% dei casi). A seguito dello scioglimento dell’unione, l’abitazione assegnata dal giudice o tramite altro accordo più frequentemente alla donna (40,8%), meno spesso all’uomo (34,6%). Gli indicatori di disagio economico confermano lo svantaggio economico delle donne, rispetto agli uomini53. 52 ISTAT, focus – condizioni di vita dopo la separazione, pubblicato il 7 dicembre 2011. Secondo l’Istat, il rischio di povertà è per gli uomini è del 15,3% e per le donne è del 24% (individui con un reddito uguale o inferiore al 60% della media della distribuzione del reddito familiare equivalente al netto degli affitti imputati); mentre l’indicatore Eurostat di deprivazione (almeno tre tra i seguenti segnali di disagio economico: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste, 2) avere arretrati, 3) non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni, 4) non potersi permettere di riscaldare la propria abitazione) individua un 17,5% per gli uomini e un 24% per le donne. Istat, Focus – condizioni di vita dopo la separazione, 7 dicembre 2011. 53 Quest’ultimo punto fa pensare: l’Istat denuncia una peggiore condizione economica per le donne, mentre esistono padri che chiedono aiuto alla Caritas: qual è la verità? Quale delle due parti soffre di più la separazione? La conclusione è semplice: entrambe le parti54. A livello economico, entrambi gli ex coniugi subiscono un impoverimento; non c’è un primo in classifica, una gara tra chi è più povero a livello economico. Quello che però si vuole sottolineare che gli uomini si trovano più in difficoltà in quanto oltre a difficoltà economiche, presentano carenze a livello relazionale e affettivo, con i figli, con i parenti, con gli amici. Per gli uomini si può azzardare il termine di esclusione sociale. 1. IL RUOLO GENITORIALE. Prima di presentare la situazione dopo la separazione, bisogna premettere che la differenza tra paternità e maternità è andata via via sfumando, lasciando il posto a un’omnicomprensiva nozione di genitorialità, in cui ciò che conta è essere buoni genitori.55 Se, in passato, il padre era il lavoratore, colui che si era costruito una posizione sociale, che dava nome alla famiglia, che portava i soldi a casa, che assumeva le decisioni fondamentali, oggi questo tipo di autorità risulta anacronistica. 54 Nei due anni successivi allo scioglimento dell’unione, quasi la metà delle persone dichiara di trovarsi in una situazione economica peggiore rispetto a quella precedente la separazione (46%). A veder peggiorate le cose a livello economico, quindi, sono sia le donne (50,9%) sia gli uomini (40,1%). Istat, Focus – condizione di vita dopo la separazione, 7 dicembre 2011. 55 F.BIMBI e R.TRIFILETTI, Madri sole e nuove famiglie, Nuovi padri e nuove rivendicazioni, Edizioni Lavoro. Il padre non rappresenta più un’istituzione simbolica centrale e non può più contare su un’autorità indiscussa garantita socialmente, culturalmente e giuridicamente. La relazione padre-figlio sta diventando di tipo orizzontale-amicale. 56 C’è un maggiore coinvolgimento maschile nel lavoro di accudimento di neonati e bambini. Tale partecipazione da parte dei padri sono in tensione con le carenze della normativa in tema di paternità e affidamento dei figli. Prima del 2006, il padre era considerato genitore affidatario “residuale”, cioè conseguente a situazioni molto particolari (problemi di alcool, droghe, etc.) che facevano della sola madre soggetto idoneo all’accudimento dei figli, ha provocato molte proteste tra i padri “esclusi” dalla vita quotidiana dei figli (“i padri della domenica”) e favorito il nascere di associazioni ed enti no profit volti alla tutela dei diritti paterni. Questi padri hanno combattuto per avere l’affido condiviso. Ma è cambiato qualcosa? Dopo la separazione, nonostante l’affidamento condiviso, il ruolo paterno si deteriora per ovvie ragioni logistiche (il bambino rimane nella casa famigliare con la madre, il padre è costretto ad andarsene). Si prende come esempio una serie di dati Istat. 56 DERIU (2005). Figura 1. Frequenza con cui i figli hanno dormito a casa del padre nei due anni successivi allo scioglimento dell’unione. Anno 2009, per cento madri con cui sono rimasti a vivere i figli o cui sono stati affidati esclusivamente. Almeno qualche volta a settimana 13,0% Qualche volta al mese 20,1% 22,7% Altra frequenza (a periodi alterni o in alcuni periodi) Mai, ma lo hanno frequentato 32,7% 11,6% Primo anno Almeno qualche volta a settimana Qualche volta al mese Altra frequenza (a periodi alterni o in alcuni periodi) Mai, ma lo hanno frequentato Mai, non lo hanno frequentato o hanno perso i contatti Mai, non lo hanno frequentato o hanno perso i contatti 100336 175656 89841 253052 13,0 22,7 11,6 32,7 Freq cum 100336 275993 365833 618886 155267 20,1 774152 Freq Perc Perc cum 13,0 35,7 47,3 79,9 100,0 Secondo anno Almeno qualche volta a settimana Qualche volta al mese Altra frequenza Mai, ma lo hanno frequentato Mai, non lo hanno frequentato o hanno perso i contatti 78 156 65 206 12,3 24,7 10,3 32,6 Freq cum 78 234 299 505 127 20,1 632 Freq. Perc I padri si legano ancora di più ai figli: percepiscono un senso enorme di perdita quando devono rinunciare alla quotidianità con il figlio, si sentono defraudati. Oppure, ancora, può capitare che scatti nei papà un tentativo di lenire il senso di colpa. I padri oggi danno più presenza materiale, affettiva, ma poi al momento della separazione e del divorzio vengono sminuiti, indicando loro la cifra mensile da versare per i figli e i giorni di visita non trattabili, soprattutto se, come accade quasi sempre, tra gli ex c’è un alto livello di conflittualità. Se il padre viene penalizzato, la vera vittima della separazione è il figlio: in ogni caso sia che il padre voglia vederlo (ma magari non può per decisione del giudice), sia che il padre si disinteressa del tutto di lui, etc. chi ci rimette è il figlio. Quindi più che diritti ai padri, bisognerebbe parlare di diritti dei bambini ad aver entrambi i genitori. Non si dovrebbe cessare di essere genitore neppure quando il rapporto di coppia si è esaurito: ma purtroppo accade che il padre separato diventi per varie ragioni l’oggetto negativo da espellere. Ecco perché i papà separati sono oggi più preoccupati di farsi amare dai loro figli che di educarli, più ansiosi di proteggerli. Perc cum 12,3 37,0 47,3 79,9 100,0 La separazione di fatto dei genitori comporta solitamente, oltre ai mutamenti nelle relazioni quotidiane e nello stile di vita, anche cambiamenti del loro atteggiamento nei confronti del figlio. Questo, soprattutto per il genitore che si allontana: quest’ultimo non è in grado di dare la quotidianità al figlio, e questo fa sentire il genitore inferiore. In conclusione ci sono padri che vorrebbero fare i padri, ma che per diversi motivi (economici, relazionali, giudiziali, etc.) non possono svolgere il loro compito. In qualche modo sono sminuiti nel loro ruolo genitoriale e questo contribuisce a diminuire la loro autostima come genitori. Quelli che vedono i figli una volta a settimana, abbandonano il ruolo di padre “tradizionale” per vestire quello di un amico, in modo da ottenere più facilmente l’affetto dei figli. Recentemente, strettamente legata alla caduta del ruolo genitoriale del padre, si presenta anche la sindrome di alienazione genitoriale: non tutti la riconosco, anzi per alcuni è una vera e propria invenzione, per i padri separati esiste e consiste nel vecchio “lavaggio del cervello”. Consiste in un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (genitore alienato). 57 57 La sindrome sarebbe prodotta da una presunta "programmazione" dei figli da parte di un genitore patologico (genitore alienante): una specie di lavaggio del cervello che porterebbe i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti, e ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso l'altro genitore (genitore alienato). Le tecniche di "programmazione" del genitore alienante, comprenderebbero l'uso di espressioni denigratorie riferite all'altro genitore; false accuse di trascuratezza, violenza o abuso (nei casi peggiori, anche abuso sessuale); la costruzione di una "realtà virtuale familiare" di terrore e vessazione che genererebbe, nei figli, profondi sentimenti di paura, diffidenza e odio verso il genitore alienato. I figli, quindi, si alleerebbero con il genitore "sofferente"; si mostrerebbero come contagiati da questa sofferenza, ed inizierebbero ad appoggiare la visione del genitore alienante, esprimendo, in modo apparentemente autonomo, astio, disprezzo e denigrazione contro il genitore alienato. La "programmazione" arriverebbe a distruggere la relazione fra figli e genitore alienato, perché i bambini arriverebbero a rifiutare qualunque contatto, anche solamente telefonico, con il genitore alienato. Nonostante la vasta diffusione del fenomeno, questo è ancora poco conosciuto dagli operatori del settore, ancora restii a sanzionare con la necessaria severità i comportamenti alienanti, forse anche perché ancora poco consci delle ripercussioni a livello psicologico e comportamentale non solo nel genitore alienante ma anche e soprattutto nel bambino. 2. L’ASPETTO ECONOMICO. Strettamente collegato al ruolo genitoriale, è la caduta economica dei padri separati. Sono 4 milioni i padri separati, 800 mila vivono sotto la soglia di povertà, solo a Milano sono 50.000. È l’altra faccia dei nuovi poveri italiani, quella dei padri separati, che oltre al fallimento affettivo affrontano quello economico, tra spese legali, alimenti, mutui e affitti. Una nuova emergenza sociale, quella che dipinge la Caritas, fatta di dormitori e mense pubbliche. Sono impiegati, operai, dipendenti pubblici, etc. che sulla carta godono di una busta paga di circa 2.000€ netti al mese, e quindi non censiti tra i cosiddetti “poveri”, possono trovarsi in situazioni di tracollo economico, laddove devono versare per il mantenimento dei familiari e per il mutuo della casa coniugale quasi il 70% del loro stipendio. Quando si calcola il numero dei poveri in Italia è forviante legare l’analisi alla mera dichiarazione dei redditi in quanto esse non chiarisce le posizioni debitorie delle persone separate o divorziate. Per capire meglio, le conseguenze economiche della separazione, si presenta un’intervista fatta al presidente nazionale dell’AMI, Associazione matrimonialisti italiani. 2.1. Intervista al presidente nazionale dell’AMI. Se vi capita di vedere una persona ben vestita fare la fila ad una mensa per i poveri, può essere un padre separato. Esordisce così il presidente e continua - ormai è un fenomeno emergenziale quello dei padri diventati clochard dopo la separazione. Un uomo che guadagna 1500-2000€, se deve pagare gli alimenti, il mutuo, etc. diventa inevitabilmente un povero. In questo caso il diritto di famiglia è connesso ai problemi sociali ed è preoccupante vedere come persone insospettabili diventano poveri. Durante il piano freddo (nelle città grandi, d’inverno, viene attuato un piano freddo per i senza tetto) si vedono persone in giacca e cravatta, che magari alla mattina vanno a lavorare in ufficio. È un fenomeno enorme, che comprende non solo padri ma anche madri separate. È un problema serio che coinvolge persone di cultura, persone rispettabili. In Italia è diventato un lusso separarsi. Chi vuole esercitare il diritto di separarsi, deve rinunciare al diritto alla dignità e alla genitorialità. La separazione è un trauma che si proietta sulla vita della persona. Come ci si arriva alla povertà? Ci sono diversi fattori; bisogna guardare se la famiglia era monoreddito, quanti figli ci sono, mutuo, bollette etc. e infine il provvedimento del giudice. Molto spesso ci sono decisioni da parte del tribunale ingiustificate: con questo non si vuole disconoscere il diritto al mantenimento dei figli (di cui spesso si accusa i padri) ma non dobbiamo dimenticare questa fetta di popolazione. Bisogna trovare una nuova giurisprudenza e un nuovo welfare sociale. In tutto questo, ci rimettono anche i figli: spesso non vedono il genitore non affidatario. Verissimo, ci sono vere e proprie lotte da parte del genitore non affidatario per vedere il proprio figlio. Bisogna ricorda che ci sono anche madri che non ricevono l’assegno e sono povere pure loro. C’è una situazione di assoluta emergenza e trasversalità nel diritto di famiglia e nelle politiche sociali. Può essere modificato qualcosa? Sicuramente. Può essere modificato il diritto di famiglia, si possono attenuare politiche sociali per il genitore non affidatario, gli stessi addetti ai lavori possono contribuire. Per ora comunque la situazione rimane grave e i poveri aumentano. Urge una politica sociale nazionale. In conclusione, un cambiamento di segno negativo delle generali condizioni sociali ed economiche, cioè un impoverimento relazionale ed economico, accomuna le traiettorie biografiche di tutte le interviste. L’impoverimento relazionale riguarda il progressivo diradarsi delle risorse di rete (parentale, amicale, etc.) con una conseguente tendenza all’isolamento. L’impoverimento economico è avvertito, proprio perché i separati sperimentano il confronto tra “prima” e “dopo”. PARTE III EVENTUALI RISPOSTE DALLE POLITICHE SOCIALI CAPITOLO I LE POLITICHE SOCIALI NAZIONALI OGGI E LE RISPOSTE REGIONALI AI PADRI SEPARATI. 1. RIPARTIZIONE SPESA SOCIALE E POLITICHE SOCIALI NAZIONALI PER LA FAMIGLIA. Prima di analizzare le politiche sociali, nazionali e regionali, ed eventuali interventi relativi ai padri separati, si vuole introdurre l’argomento partendo proprio dalle politiche. Le politiche sociali sono corsi d’azione volti a definire le norme, gli standard e le regole in merito alla distribuzione di alcune risorse e opportunità considerate rilevanti per le condizioni di vita e dunque meritevoli di essere in qualche modo “garantite” dallo Stato58. Le politiche si possono dividere in 4 tipi principali: politiche previdenziali, politiche sanitarie, politiche del lavoro, politiche socio-assistenziali. In quest’ultima categoria rientrano le politiche per la famiglia. Dividendo le politiche, si ha una ripartizione anche della spesa sociale. La composizione della spesa per la protezione sociale per funzioni mette in luce che nei paesi europei la quota maggiore di risorse (39,1%) è destinata ai trasferimenti monetari di tipo pensionistico e alle prestazioni in natura per l’assistenza agli anziani. In Italia queste due funzioni assorbono quote ancora più rilevanti (51,3%) per i trasferimenti pensionistici e le prestazioni in natura a favore degli anziani. L’Italia, rispetto a quasi tutti gli altri paesi Ue, destina risorse residuali alle funzioni di protezione sociale dedicate all’esclusione sociale, alla disoccupazione, alle famiglie e alle persone con disabilità: in particolare si colloca all’ultimo posto (0,2%) per le risorse destinate al sostegno al reddito, alle misure di contrasto alla povertà o alle prestazioni in natura a favore di persone a rischio di esclusione sociale. 58 G. MAGISTRALI, il futuro delle politiche sociali in Italia, FrancoAngeli, Milano, 2003. Al sostegno per la disoccupazione e alle politiche attive per il lavoro è allocato solo l’1,9% della spesa (contro il 5,2% dell’Europa). Per la famiglia il nostro sistema di protezione sociale impiega solo il 4,7% della spesa, quota che si colloca al penultimo posto della graduatoria Ue59. Figura 1. Struttura della spesa sociale per funzioni nell’Ue27 e in Italia. Valori percentuali. Anno 2008. vecchiaia esclusione sociale malattia Ue27 disabilità Italia famiglia 0% 20% 40% 60% 80% 100% disoccupazione L’Italia non ha sinora avuto un Piano nazionale di politiche familiari, inteso come quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia, cioè aventi come destinatario e come soggetto degli interventi; quindi men che meno ci sono politiche rivolte ai genitori separati. Mettendo in evidenza la poca attenzione da parte dello Stato su famiglia ed esclusione sociale, si deduce già il risultato finale della ricerca: ci sono pochi interventi e un vero e proprio vuoto nelle politiche volte ai genitori separati. La politica ignora la famiglia e non le riconosce un ruolo pubblico e gli aiuti necessari perché possa svolgere i propri compiti 60. La famiglia è uno di quei temi che non ha colore politico. Appartiene a tutti: se sta bene la famiglia, sta bene il Paese. Bisognerebbe investire sulla famiglia. 59 60 Istat, spesa sociale per funzioni, anno di riferimento 2008, pubblicato il 27 maggio 2011. FRANCESCO BELLETTI, Ripartire dalla famiglia, Paoline 2010. Ma per approfondire ancora di più, bisogna fare un passo indietro e fare un excursus delle politiche sociali per la famiglia. La famiglia, in Italia, è storicamente un pilastro del sistema di welfare. Tuttavia, ad oggi, svolge il suo tradizionale ruolo di cura con crescenti difficoltà, soprattutto in presenza di condizioni di grave precarietà economica ed affettiva. La famiglia svolge una pluralità di funzioni: materiali, simboliche, relazionali, psicologiche. Le funzioni che si presentano nel corso del tempo come elementi costanti e sufficientemente regolari sono: la funzione riproduttiva (comprende non solo l’attività procreativa in senso stretto, ma anche tutte le attività associate alla crescita e all’educazione dei figli), la funzione produttiva e di consumo (si esplica quando la famiglia produce al suo interno beni e servizi, come quelli di cura, educazione, assistenza), e la funzione redistributiva (si esplica nei trasferimenti di risorse tra i diversi membri della famiglia). La famiglia presenta alcuni vantaggi: esse comporta bassi costi di produzione e di coordinamento delle attività svolte da ogni componente a favore degli altri. La famiglia presente però anche dei limiti: la volontarietà (scambi di beni, servizi e risorse che avvengono all’interno della famiglia per libera scelta dei componenti. Di conseguenza non vi è mai la certezza che gli impegni assunti vengono poi rispettati), la precarietà (l’incertezza derivante dall’instabilità della famiglia e dovuta per esempio dalla separazione dei coniugi) e infine la ridotta capacità di spingere sulla divisione del lavoro. Queste limitazioni hanno indotto progressivamente le famiglie ad acquistare all’esterno una crescente quantità di beni e servizi prima autoprodotti. Prima degli anni ’90 si hanno interventi a favore della famiglia, che sono stati concepiti come forme di sostituzione ordinaria da parte dell’istituzione pubblica nell’adempimento di definire funzioni, e non come provvedimenti diretti a precostituire le condizioni (giuridiche, culturali, economiche, fiscali, etc.) in forza delle quali la famiglia sia in grado di provvedere autonomamente al perseguimento delle sue proprie finalità (realizzando, cioè, quella che viene chiamata “sussidiarietà familiare positiva”61). Le prime politiche familiari riguardavano i trasferimenti monetari, quelli che oggi sono rivolti alle famiglie con figli: l’assegno al nucleo familiare (1988), per le famiglie di lavoratori dipendenti (con almeno un figlio) a reddito modesto (Legge 153/1988) e l’assegno per il terzo figlio per i nuclei a basso reddito e con almeno tre figli minori, introdotto dalla legge 448/1998; entrambi inadeguati. Dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso, in materia di politica sociale, si nota il tentativo di affermazione di una logica preventiva e di sostegno, che cerca di sostituirsi alla dimensione assistenziale e riparativa, che fino a quel momento aveva caratterizzato il mondo delle politiche. L’ente pubblico s’impegna nella promozione di opportunità e non più solo nella riparazione di disfunzionalità. Bisogna precisare, però, che cruciale è stata la riforma in senso “federalista” dello Stato, in particolare il conferimento di maggiori competenze a Regioni e Comuni, prefigurato dalla prima legge Bassanini (Legge 59/1997) e portato ad un primo parziale compimento con la legge costituzionale di riforma del Titolo V della Costituzione, ha aperto nuove prospettive ad una legislazione locale di promozione e sostegno della famiglia. Quindi nelle politiche familiari il vero protagonista non è lo Stato ma le autonomie locali. 61 La famiglia viene assunta come soggetto sociale. Invece che parlare di sostegno alle "responsabilità familiari", si parla di promozione dei "diritti e doveri delle famiglie", a partire dai loro bisogni di essere e di fare famiglia. Con tale espressione si intende il fatto che il ricoprire un ruolo familiare (per esempio come genitore) dà titolo a determinati diritti, i quali non devono essere intesi come sconti, agevolazioni o benefici assistenziali di welfare, ma invece come intitolazioni a risorse che sono veri e propri diritti promozionali delle libertà positive di adempiere a quel ruolo. Attraverso interventi di singoli legislatori regionali e di Comuni, si sono introdotte forme di aiuto in ambiti di sicuro interesse della famiglia, quali l’istruzione, l’assistenza sociale, il sostegno alla maternità, etc., considerando come destinataria solo la famiglia: si pensi soprattutto la legislazione delle Regione Lombardia, che ha fatto della famiglia il proprio punto di forza). Quindi, chi si occupa della famiglia sono le realtà locali, ma lo Stato? Dalla riforma “federalista” ha fatto qualcosa per la famiglia? Lo Stato ha cominciato a capire l’importanza della famiglia come risorsa soltanto da dieci anni a questa parte. Questo cambiamento è cominciato con la Legge 328/2000 – Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali – il cui oggetto è il riordino dell’intero sistema di servizi sociali. Comincia a comparire il termine famiglia, ma la maggior parte delle risorse a livello nazionale resta destinata alle disfunzionalità, emergenze o carenze degli individui, siano esse costituite dal fattore handicap, povertà, dipendenze, malattie. La legge quadro è stata ostacolata anche dalla riforma del Titolo V: quindi se da un lato il “federalismo” aveva dato il potere alle autonomie locali di occuparsi della famiglia, dall’altro lato ostacolava il riordino del servizio sociale nazionale. Una bella contraddizione. La politica sociale italiana ha sempre ritenuto prioritario far fronte alle esigenze di riparazione, alla cura del malessere dei singoli individui, rispetto al prendersi cura del benessere della famiglia e della collettività. Si comincia ora a parlare della necessità di una politica familiare non più riconducibile all’assistenza sociale. Una politica sociale preventiva. Inoltre, si crea il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali per il triennio 2001-2003 (a norma dell’art.18, comma 2 della legge 328/2000). La realizzazione del sistema integrato di cui alla legge 328/2000, richiede l’avvio di un profondo cambiamento culturale nella società intera. La legge 328/2000 propone un sistema in cui: Il cittadino non è solo utente, Le famiglie non sono solo portatrici di bisogni, La rete non si rivolge solo agli ultimi, L’assistenza non è solo sostegno economico, L’approccio non è solo riparatorio, Il disagio non è solo economico, Il sapere non è solo professionale, Gli interventi sociali non sono opzionali. Al contrario, il sistema integrato di interventi e servizi sociali deve essere progettato e realizzato a livello locale: Promuovendo la partecipazione attiva di tutte le persone, Incoraggiando le esperienze aggregative, Assicurando livelli essenziali in tutte le realtà territoriali, Potenziando i servizi alla persona, Favorendo la personalizzazione degli interventi, Promuovendo la progettualità verso le famiglie. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si sviluppa lungo una direttrice di riforma che può essere così delineata: da interventi categoriali a interventi rivolti alla persona e alle famiglie, da interventi disomogenei a livello inter e intra regionale, a livelli essenziali su tutto il territorio nazionale, dal riconoscimento del bisogno di aiuto all’affermazione del diritto all’inserimento sociale, da politiche per contrastare l’esclusione sociale a politiche per promuovere l’inclusione sociale. Con questo piano, le politiche mirano ad accompagnare gli individui e le famiglie lungo l’intero percorso della vita, in particolare a sostenere le fragilità rispondendo ai bisogni che sorgono nel corso della vita quotidiana e nei diversi momenti dell’esistenza, sostenendo e promuovendo le reti familiari. Per quanto riguarda le responsabilità familiari, le politiche sociali devono proporsi almeno i seguenti obiettivi: a) Riconoscere il costo economico legato alla presenza di uno o più figli, b) Facilitare la conciliazione delle responsabilità genitoriali con la partecipazione al lavoro remunerato delle madri e dei padri, in un’ottica di pari opportunità e di prevenzione dalla vulnerabilità economica, c) Sostenere, valorizzare e integrare le capacità genitoriali, fornendo strumenti per affrontare le fasi di cambiamento e i momenti di crisi, in un’ottica di prevenzione. Prima della legge 328/2000 e del piano a cui fa riferimento, un enorme passo avanti per le politiche sociali nazionali, a livello preventivo e non più riparativo, è stata l’introduzione della Legge 285/1997, con la quale si è avviato un forte programma di sviluppo dei servizi finalizzati alla promozione dei diritti ed opportunità per l’infanzia e l’adolescenza. L’interesse per questo programma legislativo nasce dal fatto che esso ha promosso un processo operativo e sociale di elaborazione ed attuazione di progetti in varie aree: sostegno alle relazioni genitori-figli, contrasto delle povertà e della violenza, sviluppo di servizi innovativi nell’ambito dell’educazione e del tempo libero, azioni per la promozione dei diritti dei minori e dei giovani. Un altro programma elaborato è stato la Legge 53/2000 – disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città. In questo caso, le politiche per la conciliazione rappresentano un importante fattore di innovazione dei modelli sociali e culturali e si propongono di fornire strumenti che, rendendo compatibili sfera lavorativa e sfera familiare, consentano all’individuo di vivere al meglio i molteplici ruoli, all’interno della società. Sempre in materia della Legge 53/2000, è stato emanato il D.Lgs. 151/2001 – testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della Legge 53/200062. Questi sono solo alcuni piccolissimi cambiamenti, che riguardano soprattutto le politiche di pari opportunità ma che in qualche modo si avvicinano alle politiche sociali nazionali familiari. 62 Congedi parentali: L'articolo 32 del Decreto Legislativo 151/2001 prevede che i genitori, anche adottivi o affidatari, possono avvalersi delle forme di congedo parentale per assistere i figli fino agli otto anni di età. La lavoratrice madre, trascorso il periodo di astensione obbligatoria dopo il parto, può richiedere un periodo di astensione, frazionato o continuativo, non superiore ai sei mesi. Analogo periodo di astensione può essere richiesto dal lavoratore padre. Va sottolineato che entrambi i genitori possono ottenere i permessi senza però eccedere il limite complessivo di dieci mesi. Qualora nel nucleo sia presente un solo genitore (separato, vedovo, "single", o con affidamento esclusivo), questi potrà ottenere di assentarsi per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi. Qualora invece il genitore padre chieda un permesso per un periodo non inferiore a tre mesi, il suo limite è elevato a sette mesi e, quindi, se entrambi i genitori fruiscono di tali congedi il limite complessivo è elevato a undici mesi. Sul concetto di "genitore solo" è intervenuto il Messaggio INPS del 20 settembre 2007, n. 22911. La condizione di "genitore solo" sussiste anche quando l'altro genitore è affetto da una grave infermità che gli impedisce di prendersi cura dei figli. La grave infermità deve essere supportata da adeguata documentazione sanitaria rilasciata da una struttura sanitaria pubblica. Congedi parentali e prolungamento dell'astensione facoltativa: L'articolo 33 del Decreto Legislativo 151/2001 prevede che entro i primi tre anni di vita del figlio con handicap in situazione di gravità, accertato dalla Commissione dell'Azienda Usl prevista dalla Legge 104/1992, la lavoratrice madre, o - in alternativa - il padre lavoratore, ha diritto a prolungare il periodo di astensione facoltativa già prevista dalla legge di tutela della maternità. Il Messaggio INPS 22578 del 17 settembre 2007 (correggendo le precedenti istruzioni della Circolare n. 133 del 17 luglio 2000 paragrafo 2.2) precisa che il diritto al prolungamento dell'astensione facoltativa decorre in modo diverso a seconda delle diverse fattispecie. Il prolungamento dell'astensione facoltativa (art. 33 del D. Lgs. 151/2001) è riconoscibile, indipendentemente dal diritto dell'altro genitore: - alla madre , trascorsi 6 mesi dalla fine del congedo di maternità; - al padre, trascorsi 7 mesi dalla data di nascita del figlio; - al genitore solo, trascorsi 10 mesi decorrenti: in caso di madre "sola ", dalla fine del congedo di maternità; in caso di padre "solo", dalla nascita del minore o dalla fruizione dell'eventuale congedo di paternità. In sintesi, prima di accedere al prolungamento dell'astensione facoltativa, è necessario fruire dei congedi parentali oppure attendere che siano trascorsi i periodi di tempo che abbiamo riportato. Compatibilità della fruizione del congedo straordinario con gli altri congedi: un'altra precisazione la offre il Messaggio INPS 22912 del 20 settembre 2007: è possibile, per lo stesso figlio, che i genitori fruiscano anche contemporaneamente, del congedo di maternità o del congedo parentale e del congedo straordinario retribuito di due anni riservato ai genitori di persone con handicap grave. Con questa precisazione l'INPS corregge le precedenti istruzioni impartite dalla Circolare 15 marzo 2001, n. 64. La fruizione di tali congedi è invece incompatibile, sempre riferendosi allo stesso figlio, con la fruizione dei benefici previsti dall'articolo 33 della Legge 104/1992 (prolungamento dell'astensione facoltativa e permessi lavorativi). Recentemente c’è stata una grande novità: il 23 giugno 2011 l’Osservatorio Nazionale sulla famiglia ha licenziato la bozza del Piano nazionale di politiche per la famiglia. La bozza è stata elaborata tenendo conto delle indicazioni scaturite dall’ampio dibattito sviluppatosi nel corso della Conferenza nazionale della famiglia (Milano, 8-10 novembre 2010). 2. POSSIBILI CAMBIAMENTI A LIVELLO NAZIONALE. 2.1. Piano nazionale di politiche per la famiglia. Nel 2011 il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, ha approvato il Piano nazionale per la famiglia, previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). Una novità per il nostro Paese, che segna il passaggio da interventi disorganici e frammentati a «un quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia», intesa come destinatario e soggetto degli interventi. Il Piano, infatti, contiene linee di indirizzo omogenee in materia di politiche familiari e garantisce centralità e cittadinanza sociale alla famiglia. La sua approvazione segue a una lunga fase di studio e confronto, partita con l'elaborazione di un documento preparatorio da parte del Comitato tecnico-scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia e con la formulazione di proposte da parte dell'Assemblea dell'Osservatorio. Questo materiale, insieme ad altri documenti, ha fornito la base di discussione per la Conferenza nazionale della famiglia, che si è tenuta a Milano nel novembre del 2010. A seguito di quanto emerso dai lavori della conferenza, l'Osservatorio ha rielaborato il documento preparatorio, redigendo una bozza di Piano approvata dall'Assemblea il 23 giugno 2011 e poi sottoposta alla Conferenza unificata Stato-Regioni-Autonomie locali per l'intesa prescritta dalla legge finanziaria 2007. L'intesa è stata sancita il 19 aprile scorso, dopo un approfondito lavoro istruttorio tra tutti i livelli di Governo (Stato, regioni ed enti locali). «La famiglia è stata nel passato, e ancor oggi è, un fondamentale ammortizzatore sociale», si legge nel documento approvato il 7 giugno. Tuttavia, «non ne consegue che essa debba sopportare i costi di una crisi globale che mette in scacco lo Stato sociale». Il Piano vuole, al contrario, «esprimere linee di intervento che considerano la famiglia quale soggetto sociale su cui investire per il futuro del Paese, in termini di valorizzazione delle sue funzioni di coesione sociale ed equità fra le generazioni». I principi su cui s’ispira il Piano sono: 1. Cittadinanza sociale della famiglia. Si promuovono interventi che favoriscono la costituzione e lo sviluppo della famiglia come soggetto sociale avente diritti propri, integrati con i diritti individuali, in rapporto alle funzioni sociali svolte dal nucleo familiare. 2. Politiche esplicite sul nucleo familiare. Gli interventi sono mirati, per quanto possibile, sulla famiglia come luogo della solidarietà relazionale fra coniugi e fra generazioni. Alcuni di questi interventi vanno alle persone come soggetti individuali di diritti (per es. il nido per il bambino, l’assistenza domiciliare al disabile o all’anziano non autosufficiente) e pertanto non richiedono un riferimento al legame di coppia (non richiedono il requisito del matrimonio dei genitori del bambino che va al nido o della persona da assistere). Altri interventi, invece, riguardanti l’imposizione fiscale sul reddito familiare complessivo, ossia benefici o vantaggi concessi sulla base del reddito familiare totale, a legislazione vigente, richiedono il riferimento all’esistenza di un vincolo legale nella coppia di riferimento, perché, in assenza di tale vincolo e degli obblighi reciproci di coppia che esso comporta, sarebbero possibili comportamenti fraudolenti o si darebbero per presupposte assunzioni di responsabilità che, di fatto, potrebbero non avere luogo. 3. Politiche dirette sul nucleo familiare. L’obiettivo è quello di sostenere la forza e la funzione sociale delle relazioni familiari come tali (relazioni di coppia e genitoriali), anziché utilizzare la famiglia come ammortizzatore sociale, ossia come strumento per altri obiettivi (come la lotta alla povertà, la politica demografica, o altri problemi sociali). Beninteso, questi ultimi obiettivi sono meritori e debbono essere perseguiti. Ciò che si vuole sottolineare è il fatto che il sostegno delle famiglie come nuclei di solidarietà sociale rappresenta un obiettivo a sé stante, e non può essere confuso con politiche contro la povertà o demografiche, benché le politiche familiari possano e debbano avere ricadute positive su queste ultime. 4. Equità sociale verso la famiglia. Nel prelievo fiscale e nell’allocazione delle risorse, specie per via redistributiva (fiscalità), è necessario utilizzare un criterio universalistico di equità nei confronti del “carico familiare complessivo” (numerosità dei componenti e loro condizioni di età e salute). Un’attenta considerazione è svolta in relazione al processo di attuazione del federalismo fiscale, dal momento che la legge delega n. 42/2009 espressamente prevede (art. 2) un riferimento importante al favor familiae dal punto di vista del federalismo fiscale. 5. Sussidiarietà. Gli interventi sono compiuti in modo da non sostituire ma sostenere e potenziare le funzioni proprie e autonome delle famiglie, in particolare mediante la scelta dei servizi esterni (in particolare i servizi sociali relazionali, come l’educazione dei figli, la mediazione familiare, l’assistenza domiciliare, ecc.). 6. Solidarietà. Gli interventi sostengono la solidarietà interna fra i membri della famiglia (evitando incentivi alla frammentazione dei nuclei) e la solidarietà tra le famiglie mediante il potenziamento delle reti associative delle famiglie, specie laddove si tratti di organizzazioni familiari e di privato sociale che erogano servizi alle persone. 7. Welfare familiare sostenibile e abilitante. L’obiettivo è di promuovere un welfare familiare che sia compatibile con le esigenze di sviluppo del Paese, il quale richiede politiche di “capacitazione” (empowerment) delle famiglie anziché di mero assistenzialismo. Il welfare italiano è ancora di vecchio stampo, cioè risarcitorio, ossia un modello che mira a migliorare le condizioni di vita delle famiglie più bisognose senza attivare circuiti societari (tra Stato, mercato, terzo settore, privato sociale e famiglie) capaci di farle uscire dallo stato di bisogno. Occorre muovere passi decisi verso un welfare abilitante, che incida sulle capacità di vita dei portatori di bisogni facendo leva proprio sulla capacità d’iniziativa sociale ed economica delle famiglie. Tutto ciò richiede interventi che generino, anziché consumare capitale sociale, nelle sue varie forme, primarie e secondarie, ossia di legame interno (bonding), poi di connessioni associative tra “pari” (bridging) e ancora di tipo reticolare fra attori sistemici (Stato, mercato, terzo settore, famiglie e reti informali) che operano a differenti livelli di intervento (capitale sociale linking, per esempio fra organizzazioni di secondo livello e organizzazioni di primo livello o reti informali). 8. Alleanze locali per la famiglia. L’obiettivo è di sostenere la diffusa attivazione di reti locali, costituite delle forze sociali, economiche e culturali che, in accordo con le istituzioni, promuovano nuove iniziative di politiche family friendly nelle comunità locali. Il criterio fondamentale che guida questo nuovo scenario è il passaggio da una politica della spesa (politics of delivery), che promette sempre nuovi benefici agli elettori, ad una politica di orientamenti all’impegno (politics of commitment) che impegna tutti gli stakeholders verso la meta di una società amica della famiglia e cerca la collaborazione di tutte le istituzioni e i soggetti coinvolti. 9. Monitoraggio dei provvedimenti legislativi e valutazione di impatto familiare della legislazione. Nella legislazione viene introdotto il principio secondo cui le misure adottate devono contemplare degli strumenti adeguati volti a monitorare gli effetti degli interventi stessi; in particolare viene introdotto uno strumento che valuti l’impatto della legislazione nazionale e regionale sulla famiglia (a partire dalle materie fiscali e tariffarie). Le azioni previste nel Piano saranno adottate e realizzate all’interno dei piani e programmi regionali e locali per la famiglia secondo le risorse disponibili. Gli interventi si dividono in parti, che contengono i tratti salienti delle azioni proposte: Parte 1: equità fiscale ed economica. Si prevede di considerare la valutazione del reddito in maniera favorevole alla famiglia e alla disabilità. Parte 2: politiche abitative per la famiglia. Si prevedono agevolazioni ed incentivi per la realizzazione di nuove abitazioni, politiche di accesso alla casa con affitti sostenibili, misure di sostegno per l’accesso alla casa delle giovani coppie, incentivi per l’affitto a giovani coppie e a famiglie immigrate. Parte 3: lavoro di cura familiare: servizi per la prima infanzia, congedi, tempi di cura, e interventi sulla disabilità e non autosufficienza. Si hanno, quindi, sostegno alla maternità delle gestanti in difficoltà e delle madri sole, potenziamento della rete dei servizi socio educativi per la prima infanzia, sviluppo dei nidi aziendali, sviluppo servizi specifici per genitori di figli minori e per l’affido e l’adozione, aumento della durata del congedo di maternità in caso di parto plurigemellare, ampliamento del periodo di congedo in caso di parti pre termine, sostegno economico generalizzato alla maternità a carattere residuale, riconoscimento dell’indennità di paternità in favore dei padri lavoratori autonomi, fruizione orario del congedo parentale, lavoro di cura mirato alle famiglie con disabili e anziani non autosufficienti. Parte 4: pari opportunità e conciliazione tra famiglia e lavoro. Si prevedono azioni come il welfare aziendale family friendly e voucher familiare. Parte 5: privato sociale, terzo settore e reti associative familiari. Il Piano promuove il massimo sostegno degli enti locali nei confronti delle associazioni familiari di auto e mutuo aiuto, e incentiva i programmi legati alla solidarietà tra le famiglie. Parte 6: consultori, mediazione familiare, centri per le famiglie. Si prevede una riorganizzazione dei consultori e la nascita dei centri per la famiglia a causa dell’emergere delle nuove fragilità e degli odierni bisogni della coppia e della famiglia. Tutto ciò comporta la necessità di ampliare l’offerta attiva del consultorio, con azioni di supporto alle relazioni di coppia ed a quelle genitoriali nelle diverse fasi del ciclo di vita (adolescenza, transizione all’adultità, sostegno all’anziano, etc.). In particolare, è necessario imparare a leggere ed a rispondere al bisogno della persona in termini relazionali: è da superare l’ottica frammentata ed individualista con cui si sono prevalentemente affrontate le diverse problematiche, a favore di prospettive riflessive e relazionali in grado di supportare gli individui nel contesto delle loro relazioni. Solo dal benessere delle relazioni, e di quelle familiari in particolare, può derivare un pieno benessere della persona. Sostegno alla genitorialità, soprattutto nei momenti critici del conflitto coniugale, tutela dei figli minori sia in caso di separazione/divorzio, che in caso di non adeguatezza relazionale dei genitori, adozione sia nazionale che internazionale possono costituire alcuni degli ambiti di lavoro in cui investire competenze relazionali, sociali, psicologiche che caratterizzino il consultorio come un polo visibile sul territorio, un referente istituzionale non solo per le famiglie, ma anche per giudici, tribunali dei minori ed altri servizi connessi alle problematiche familiari. Parte 7: immigrazione (sostegni alle famiglie immigrate). Le azioni previste riguardano servizi informativi per le famiglie immigrate, misure residenziali per famiglie immigrate, attivazione di spazi consultoriali per le donne immigrate. 2.2. I padri separati nel Piano, i vuoti e le eventuali proposte. La parte del Piano che potrebbe riguardare la ricerca sui padri separati, e che viene considerata già una piccola conquista, è la parte 6, relativa ai consultori, mediazione familiare e centri per le famiglie. Si comincia a porre attenzione alla genitorialità. Nel piano non ci sono azioni specifiche per i genitori separati, ma azioni che toccano la genitorialità nel suo complesso e le situazioni di separazione/divorzio. Si prevede un potenziamento e riorganizzazione dei consultori familiari, con la finalità di ampliarne gli interventi sociali a favore della famiglia. Le aree di azione, in un’ottica multidisciplinare, sono: - sostegno alla genitorialità nelle fasi iniziali: percorsi nascita con il coinvolgimento di madri e padri; - sostegno alla genitorialità in fase di crisi: mediazione familiare; - sostegno alla genitorialità in fase di complesse transizioni: adozioni, affidamenti, fecondazione medicalmente assistita; - sostegno alla genitorialità di fronte a fattori di stress elevati: la gestione di adolescenti in età scolastica: mediazione comunitaria, scolastica (creazione di punti di aggregazione sul territorio, lotta al mobbing in ambito scolastico). Si può dire che, rispetto a prima è stato fatto un piccolo passo in avanti, ma ci sono ancora molti vuoti, rispetto al “problema genitori separati” nelle politiche familiari. Non si vogliono criticare le poche azioni che sono state fatte, ma si vuole solo precisare che, rispetto ad altri settori (come i disabili, minori, congedi parentali), non c’è nessun intervento specifico e particolare relativo ai genitori separati, a livello nazionale. Nello specifico si potrebbe immaginare uno sportello per i genitori separati, indipendentemente se sono uomini o donne: in questo modo si costruirebbe un’azione progettuale determinata per questo tipo di bisogno. Possono essere concesse ancora agevolazioni economiche sia per il genitore affidatario sia per quello non affidatario. Infine si possono prevedere centri di aggregazione per i genitori soli. Insomma si potrebbero fare tante cose, tanti interventi, progetti; le idee non mancano, ma mancano, in primis i fondi per fare tutti questi interventi, in secondo luogo, manca l’appoggio della parte politica: non tutti si sono resi conto della fragilità del “mondo famiglia”, della necessità di aiuto che i genitori hanno quando si separano. Non bisogna dimenticare che anche se i genitori si separano restano comunque legati dai figli, e quindi, pur non volendolo, costituiscono comunque una “famiglia”. Questo è il nodo fondamentale: i coniugi devono portarsi rispetto e avere buon senso gli uni verso gli altri, per i figli; e le politiche dovrebbero rispettare e considerare non solo le famiglie “normali” ma anche quelle che si sono sciolte, e infine il parlamento dovrebbe pensare ad alcune modifiche della legge sull’affido condiviso. 2.3. Progetto di legge n. 2209 sulla Riforma dell’affido condiviso. Il 16 febbraio 2009, a distanza di tre anni dall’entrata in vigore della legge 54/2006 sull’Affido Condiviso, è stato depositato il Progetto di Legge n. 2209, che intende riformare l’attuale normativa (in data 29 aprile 29 è stato assegnato alla II Commissione Giustizia). Questo progetto di legge è stato accolto favorevolmente da parte di molti osservatori appartenenti alle associazioni di genitori (i primi ad essere interessati direttamente) in quanto introduce alcuni elementi assenti nella Legge 54/2006: La previsione della Sindrome di alienazione genitoriale, Il divieto dei trasferimenti di uno dei genitori, La previsione di tempi “paritetici” dei figli presso i due genitori, “nei modi e nei tempi”, Il tentativo preliminare della mediazione familiare. La proposta sottolinea le resistenze culturali che gli operatori del diritto, e la magistratura in primis, mostrano ancora oggi nei confronti della normativa del 2006. La proposta del 2009 è frutto del lavoro di ricerca effettuato dalle associazioni aderenti al protocollo dell’Associazione di associazioni nazionali per la tutela dei minori (ADIATUM) e nasce grazie alle rilevazioni dell’Osservatorio nazionale permanente sui provvedimenti in materia di affidamento condiviso. L’attività di ricerca ha permesso di osservare una spiccata mancanza di omogeneità nei provvedimenti adottati, recanti decisioni apertamente contraddittorie non solo tra tribunali di diverse città, ma anche tra diversi giudici dello stesso tribunale. Una vasta area della magistratura, infatti, abituata a considerare l’affidamento mono-genitoriale come la forma da privilegiare, fatica ancora oggi ad applicare una normativa che ha ribaltato la “scala di priorità giudiziaria”63 della separazione, indirizzandola verso modalità di affido che privilegiano il principio della bigenitorialità. In fase di dibattito parlamentare la legge 54 è stata indebolita da una serie di emendamenti in apparenza innocui, ma che hanno introdotto dei varchi di cui in modo malizioso gli operatori del diritto si sono poi serviti per tradire lo spirito della normativa. Inoltre, laddove l’affido condiviso è stato concesso, esso è stato quasi sempre svuotato di significato. Si è inventato il concetto di “genitore collocatario”, non previsto dalla normativa, e si sono stabiliti assegni e tempi di visita per il genitore “non collocatario”64. La forma più evidente di mancata applicazione della legge n. 54/2006 s’intravede con chiarezza in quei provvedimenti in cui l’affidamento condiviso viene nominalmente concesso, salvo 63 Premessa PDL 2209, XVI Legislatura Camera dei Deputati, proposta di legge. Nuove norme in materia di affidamento condiviso dei figli. 64 Intervista Prof. Maglietta, presidente dell’associazione Crescere Insieme. stabilire l’elezione di un genitore “domiciliato prevalente” o “collocatario” che, di fatto, svuota la nuova normativa di ogni effetto, ristabilendo, da un’altra direzione, lo strumento dell’affidamento esclusivo anche là dove non sussistono motivi di pregiudizio per il minore. In siffatti provvedimenti il modello dell’affidamento esclusivo è riprodotto nei fatti, come nella quantificazione dei tempi di “visita” o nella “facoltà”, anziché nell’obbligo dei contatti tra il padre e i figli. Tutto ciò è l’esatto contrario di quanto il legislatore si è proposto nel 2006, e cioè la sostituzione del modello mono genitoriale con quello bigenitoriale. Se si prende l’articolato, nell’articolo 1 della presente proposta di legge il novellato primo comma dell’articolo 155 del codice civile intende mettere fine alla non circoscritta tendenza a concedere l’affidamento condiviso svuotandolo al contempo dei suoi essenziali requisiti, come il diritto del minore ad un rapporto effettivamente equilibrato con entrambi i genitori, in modo che ciascuno di essi si impegni quanto l’altro nel fornirgli “cura” oltre che educazione e istruzione: condizioni che evidentemente non si realizzano se il figlio trascorre con uno di essi poco più di due fine-settimana al mese, o se nella sentenza si omette di stabilire per entrambi equivalenti compiti di accudimento. Si rende, infine, effettivo il diritto dei figli a mantenere rapporti significativi con i due ambiti parentali al completo, ovviando al problema di una lettura dell’articolato che sembrava voler riservare ai nipoti la possibilità di tutelare il loro rapporto con i nonni a condizione di essere loro stessi ad attivarsi; cosa a dir poco problematica, visto che mancano loro la capacità di agire e le risorse economiche per farlo. Il novellato secondo comma dell’articolo 155 esprime più efficacemente la priorità dell’opzione bigenitoriale, quale mantenimento il più possibile inalterato delle condizioni antecedenti la separazione e rende più evidenti e inderogabili i limitati ambiti di applicazione dell’affidamento esclusivo. Poiché gli inconvenienti attuali sono conseguenza diretta dell’attribuzione ai figli di un’unica appartenenza domiciliare, la nuova possibile formulazione evidenzia la scelta a favore del doppio domicilio, pur di continuare ad avere due genitori. Ai soli fini fiscali e di reperibilità anagrafica, il minore manterrà la residenza presso un genitore senza che questi influenzi le condizioni di affido. Il quinto comma rende del tutto inequivoca, e quindi ineludibile, la prescrizione in favore del mantenimento diretto, che dovrà essere stabilito ogniqualvolta sia chiesto, anche da un genitore solo. In questo caso il giudice è tenuto a valutare prioritariamente il contributo economico dovuto ai figli da entrambi i genitori. Il nuovo enunciato mette ordine e chiarezza nell’elenco dei parametri di cui il giudice deve tenere conto per stabilire il costo dei figli. Innanzitutto, introduce il metodo cosiddetto del “quoziente familiare”.65 Si afferma, inoltre, il principio per il quale l’eventuale assegno perequativo66 può essere stabilito soltanto a valle della valutazione del contributo economico da parte di ciascun genitore, tenendo conto del costo stabilito dei figli e facendo salvo il principio di proporzionalità. Al settimo comma, si stabilisce, infine, che in caso di trascuratezza reiterata da parte di uno dei genitori questi perda la possibilità del mantenimento diretto e, di conseguenza, sia obbligato a versare un assegno all’altro genitore. Il quarto comma, articolo 2, chiarisce definitivamente che il mantenimento diretto è la forma da privilegiare anche in caso di affidamento esclusivo e che i genitori hanno diritto al medesimo trattamento in termini di detrazioni, assegni familiari e di agevolazioni fiscali di ogni genere, a prescindere dal tipo di affidamento. 65 Richiama le eventuali esigenze dei figli chiarendo che i bisogni dei figli di genitori separati sono in generale maggiori per il venire meno delle economie di scala della famiglia non separata.. indica, poi, la necessità di tenere conto dell’eventuale presenza di patrimoni oppure, viceversa, di debiti che incidano sul reddito familiare. Entrambi questi parametri possono essere valutati a mezzo di coefficienti correttivi nel quoziente familiare. 66 Corresponsione di forme di denaro nei confronti della prole. Questi sono i punti fondamentali ma per mettere in evidenza i cambiamenti, si riporta qui sotto la proposta di legge: PROPOSTA DI LEGGE Art. 1. 1. L'articolo 155 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli). - Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto paritetico, equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi in eguale misura e di conservare rapporti significativi e paritetici con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare le finalità indicate al primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con riferimento all'interesse morale e materiale di essa e alla conservazione di un rapporto paritetico con entrambi i genitori; dispone per i figli minori l'affidamento condiviso paritetico, nei tempi e nei modi, a entrambi i genitori, ad esclusione dei casi previsti dall'articolo 155-bis. Il giudice stabilisce, altresì, la residenza ai sensi di quanto disposto dall'articolo 43, terzo comma, e il doppio domicilio dei minori presso entrambi i genitori ai sensi di quanto disposto dall'articolo 45, secondo comma. La residenza dei minori non ha alcun effetto nel determinare i tempi e le modalità dell'affido condiviso. L'età dei figli, il profilo sanitario dei membri della famiglia, la distanza tra le abitazioni dei genitori e il tenore dei rapporti tra questi non costituiscono criteri di deroga dal diritto dei minori all'affidamento condiviso. Il giudice fissa altresì la misura e il modo con cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. Agli ascendenti è data facoltà di chiedere al giudice che sia disciplinata la loro possibilità di contatto con i minori. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 155-bis. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla salute sono assunte dai genitori di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice dispone che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo accordi diversi tra le parti, ciascuno dei genitori provvede in forma diretta al mantenimento dei figli in misura proporzionale alle proprie risorse economiche. Le modalità sono concordate dai genitori o, in caso di disaccordo, dal giudice. Il giudice valuta prioritariamente le frazioni del reddito familiare destinate al mantenimento dovute da entrambi i genitori. Le frazioni del reddito sono determinate dal costo del mantenimento dei figli e dal suddetto principio di proporzionalità. Il costo del mantenimento dei figli è valutato in base: 1) ai quozienti familiari determinati dai dati statistici dell'Istituto nazionale di statistica e della Banca d'Italia sui consumi delle famiglie italiane o da specifici studi di settore; 2) alle attuali esigenze dei figli di genitori separati a mezzo di coefficienti correttivi ai quozienti familiari; 3) alle risorse economiche complessive dei genitori a mezzo di coefficienti correttivi ai quozienti familiari. Qualora sussistano impedimenti ad attuare il mantenimento diretto per cause di forza maggiore e in mancanza di accordi tra le parti, il giudice può stabilire, con provvedimento motivato, la corresponsione di un assegno perequativo periodico, al fine di consentire a entrambi i genitori l'esercizio paritetico dell'affidamento dei figli. L'assegno è giustificato anche quando vi sia temporaneo ed effettivo impedimento alla cura da parte di un genitore. In tale caso l'incidenza economica dei compiti di cura può entrare negli accordi tra i genitori o, in caso di un loro disaccordo, essere determinata dal giudice, con provvedimento motivato. L'assegno è automaticamente adeguato agli indici dell'Istituto nazionale di statistica, in mancanza di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi. Qualora un genitore venga meno, comprovatamente e reiteratamente, al dovere di provvedere alle necessità dei figli nella forma diretta per la parte di sua spettanza, il giudice stabilisce, a istanza di parte, che egli provveda mediante assegno da versare all'altro genitore, secondo le modalità di cui al quinto comma». Art. 2. 1. L'articolo 155-bis del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 155-bis. - (Esclusione di un genitore dall'affidamento, disciplina dell'affidamento esclusivo e affidamento a terzi) - Il giudice può disporre l'affidamento dei figli a uno solo dei genitori o a terzi, o, nell'impossibilità, il ricovero in un istituto di educazione, qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento a entrambi o anche ad uno solo di essi violi i diritti del minore ai sensi di quanto disposto dall'articolo 155. Contribuisce alla formazione della decisione del giudice il comportamento ostativo di uno o di entrambi i genitori al diritto del minore a mantenere un rapporto paritetico, equilibrato e continuativo con entrambi i genitori. Ai fini della decisione sull'affidamento dei figli a uno solo dei genitori o a terzi, il giudice deve valutare, avvalendosi anche di esperti allo scopo nominati, gli eventuali condizionamenti ambientali che possono provocare al minore una sindrome di alienazione genitoriale grave o di stadio intermedio, nonché ogni materiale ostacolo posto al fine di impedire alla prole di conservare un rapporto paritetico, equilibrato e continuativo con entrambi i genitori. Il giudice effettua tale valutazione anche se i comportamenti si sono realizzati nel periodo antecedente alla presentazione della domanda di separazione, purché successivamente alla convivenza dei coniugi. Inoltre il giudice esclude, anche temporaneamente, dall'affidamento il genitore che, salvo cause di forza maggiore, non abbia assolto per un periodo di tre mesi, o di durata minore nel caso di comportamento reiterato, i propri compiti domestici e di cura verso i figli, valutando la possibilità di un risarcimento ai sensi dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile. Ciascuno dei genitori può chiedere l'affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell'articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 del codice di procedura civile. Il genitore cui sono affidati i figli ha l'esercizio esclusivo della potestà su di loro per quanto attiene alle decisioni sulle questioni di ordinaria amministrazione e deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. La residenza dei minori è fissata presso il genitore affidatario o, in mancanza, presso il terzo affidatario. Le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui non siano stati affidati i figli ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione e educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli per i loro interessi. A prescindere dal tipo di affidamento, per il mantenimento dei figli si applicano le disposizioni di cui al terzo comma, ed entrambi i genitori hanno diritto al medesimo trattamento fiscale». Art. 3. 1. Il secondo comma dell'articolo 155-quater del codice civile è abrogato. Art. 4. 1. Il primo comma dell'articolo 155-quinquies del codice civile è sostituito dal seguente: «Dell'assegno perequativo eventualmente stabilito per il mantenimento dei figli, o degli assegni che entrambi i genitori siano obbligati a versare in loro favore, diventano titolari i figli al compimento della maggiore età. Ove il genitore obbligato si renda inadempiente, in caso di inerzia del figlio è legittimato ad agire anche l'altro genitore, come persona che ne riceve un danno. Nel caso in cui il figlio abbia compiuto la maggiore età al momento della separazione dei genitori, ma non sia ancora autosufficiente economicamente, può essere chiesta l'applicazione del settimo comma dell'articolo 155 da un genitore o dal figlio stesso». Art. 5. 1. L'articolo 155-sexies del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 155-sexies. - (Poteri del giudice e audizione del minore). - Prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all'articolo 155, il giudice può assumere, a istanza di parte o d'ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l'audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore ove capace di discernimento; valuta adeguatamente la sua opinione e le sue aspirazioni, tenendo conto dell'età e del grado di maturità, e accerta la presenza di un'eventuale sindrome di alienazione genitoriale. Il giudice dispone l'audizione protetta in locali a ciò idonei, posti anche al di fuori dell'ufficio giudiziario, avvalendosi di operatori adeguatamente specializzati, redigendo un apposito verbale e registrandone integralmente i contenuti con mezzi audiovisivi». Art. 6. 1. Dopo l'articolo 155-sexies del codice civile, come modificato dall'articolo 5 della presente legge, è inserito il seguente: «Art. 155-septies - (Disposizioni per il trasferimento del domicilio del minore). - Il trasferimento del domicilio da parte di uno dei genitori, antecedente o successivo ai provvedimenti di affidamento dei figli assunti dal presidente o dal giudice, è motivo sufficiente per la concessione dell'affidamento esclusivo all'altro genitore, quando la distanza con il precedente domicilio ostacoli concretamente il rapporto paritetico, equilibrato e continuativo del figlio con entrambi i genitori e non sia stato preventivamente concordato e accettato, con accordo scritto, da entrambi i genitori. Tale accordo deve tutelare il contesto relazionale e scolastico dei minori, privilegiando, se possibile, il luogo dove essi sono sempre vissuti. L'accordo è altresì condizione necessaria al compimento degli atti amministrativi di competenza degli ufficiali dell'anagrafe, delle aziende sanitarie locali e delle autorità scolastiche. Nel periodo antecedente l'udienza presidenziale, salvo accordo scritto tra i genitori, la residenza e il domicilio dei minori sono mantenuti nella casa familiare o, in mancanza, nel domicilio del genitore che è in grado di assicurare il mantenimento del contesto relazionale e scolastico dei minori. In caso di violazioni, il presidente del tribunale dispone il rientro, anche coattivo, dei figli nella casa familiare o, in mancanza, nel luogo più vicino all'ultimo contesto relazionale e scolastico. Ai sensi dell'articolo 155-bis è ammesso il ricorso dell'altro genitore nei confronti del genitore che si sottrae ai propri compiti di cura in caso di trasferimento per lavoro o per altre cause di forza maggiore. Il tribunale competente per le violazioni della disciplina sul trasferimento del domicilio del minore è quello dell'ultimo domicilio del nucleo familiare. Il presidente o il giudice applicano i provvedimenti di cui all'articolo 709-ter del codice di procedura penale. Salvo diversi accordi tra le parti, le spese documentate di trasporto e di soggiorno sostenute da un genitore nell'interesse della prole per l'attuazione delle modalità dell'affidamento condiviso in località distanti tra loro a seguito del trasferimento dell'altro genitore sono a carico di quest'ultimo». Art. 7. 1. Il secondo comma dell'articolo 317-bis del codice civile è sostituito dal seguente: «Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l'esercizio della potestà spetta congiuntamente a entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'articolo 316. Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà è regolato sensi di quanto disposto dagli articoli 155 e seguenti». Art. 8. 1. L'articolo 706 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: «Art. 706. - (Tentativo preliminare di mediazione familiare). - Il coniuge che intende proporre ricorso per separazione ai sensi dell'articolo 707, deve promuovere il tentativo di conciliazione presso un centro di mediazione familiare autorizzato, pubblico o privato, insistente nell'ambito della provincia in cui ha sede il tribunale competente a decidere sul ricorso per separazione. La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione deve contenere le indicazioni anagrafiche dei coniugi, dei loro figli nati dal matrimonio o riconosciuti o naturali o di uno dei coniugi e dei minori che possono essere coinvolti nella separazione, nonché il domicilio effettivo dei coniugi stessi. Il centro di mediazione familiare di cui al primo comma, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della controversia, convocando le parti, per una riunione da tenere non oltre quindici giorni dal ricevimento della richiesta. La riunione deve essere tenuta da un mediatore familiare abilitato. Il tentativo di conciliazione deve essere espletato comunque entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. Decorso inutilmente tale termine, il tentativo di conciliazione si considera comunque espletato ai fini dell'articolo 706-quater». Art. 9. 1. Dopo l'articolo 706 del codice di procedura civile, come modificato dall'articolo 8 della presente legge, è inserito il seguente: «Art. 706-bis. - (Processo verbale di conciliazione) - Se la conciliazione di cui all'articolo 706 riesce, il centro di mediazione ne rilascia senza ritardo attestazione, a richiesta delle parti. L'attestazione è controfirmata dalle parti e dal mediatore familiare. Se la conciliazione non riesce, ma le parti trovano un accordo sulla separazione, incluse le questioni economiche e la gestione delle relazioni paritarie con i figli minori, il mediatore familiare, preposto dal centro di mediazione al tentativo di conciliazione, forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti. Il processo verbale è depositato a cura del centro di mediazione familiare, entro trenta giorni dalla conciliazione, nella cancelleria del tribunale competente a decidere della separazione ai sensi dell'articolo 707. Il presidente del tribunale, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di accordo di separazione consensuale, provvede nelle modalità di cui all'articolo 711». Art. 10. 1. Dopo l'articolo 706-bis del codice di procedura civile, introdotto dall'articolo 9 della presente legge, è inserito il seguente: «Art. 706-ter. - (Verbale di mancato accordo). - Se la conciliazione di cui all'articolo 706 non riesce e le parti non trovano un accordo sulla modalità e sulle questioni della separazione, il mediatore familiare, preposto dal centro di mediazione familiare al tentativo di conciliazione, forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e che reca l'indicazione delle ragioni del mancato accordo; in esso le parti possono indicare la soluzione anche parziale sulla quale concordano. Il centro di mediazione familiare rilascia alla parte copia del verbale di cui al primo comma entro cinque giorni dalla richiesta. Delle risultanze del verbale di cui al primo comma il presidente del tribunale e il giudice istruttore tengono conto nelle loro decisioni in sede di separazione giudiziale dei coniugi». Art. 11. 1. Dopo l'articolo 706-ter del codice di procedura civile, introdotto dall'articolo 10 della presente legge, è inserito il seguente: «Art. 706-quater. - (Procedibilità della domanda). - L'espletamento del tentativo di conciliazione di cui all'articolo 706 costituisce condizione di procedibilità della domanda promossa ai sensi dell'articolo 707. Il presidente del tribunale ove rilevi che non è stato promosso il tentativo di conciliazione ovvero che la domanda giudiziale è stata presentata prima dei sessanta giorni dalla promozione del tentativo stesso, dichiara la domanda improcedibile e decide sulle spese del giudizio. In ogni caso, quando lo ritenga opportuno nell'interesse dei minori, il presidente del tribunale può comunque disporre ai sensi e per gli effetti dell'articolo 708». Art. 12. 1. L'articolo 707 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: «Art. 707. - (Forma della domanda). - La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio, con ricorso che deve contenere l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero, o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica. Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria della domanda di separazione personale, fissa con decreto la data dell'udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto e il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Al ricorso e alla memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate dai coniugi. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio». Art. 13. 1. Dopo l'articolo 707 del codice di procedura civile è inserito il seguente: «Art. 707-bis. - (Comparizione personale delle parti). - I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente del tribunale con l'assistenza del difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente del tribunale può fissare una nuova data per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto sia rinnovata al coniuge assente». Art. 14. 1. Il quarto comma dell'articolo 709 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: «I provvedimenti temporanei e urgenti assunti dal presidente con l'ordinanza di cui al terzo comma dell'articolo 708 possono essere revocati o modificati anche provvisoriamente nel corso della causa dal giudice istruttore. I provvedimenti di revoca o di modifica emessi dal giudice istruttore sono reclamabili ai sensi dell'articolo 669-terdecies». Art. 15. 1. L'articolo 709-ter del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: «Art. 709-ter - (Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o di violazioni). - Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell'affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all'articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. A seguito di comportamenti che ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento condiviso, il giudice emette provvedimenti di ripristino, di restituzione e di compensazione delle paritetiche modalità di permanenza del minore presso il genitore ostacolato. Al reiterarsi del comportamento pregiudizievole, il giudice dispone, con provvedimento motivato, l'affidamento esclusivo, anche temporaneo, al genitore che garantisce l'accesso dei figli all'altro genitore. Inoltre, in tutti i casi previsti dal primo comma dell'articolo 155-bis del codice civile, il giudice può modificare i provvedimenti in vigore e applica una o più delle seguenti misure: 1) dispone il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 2) dispone il risarcimento dei danni, a carico di entrambi i genitori, nei confronti del minore; 3) dispone il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell'altro; 4) condanna il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 750 euro a un massimo di 15.000 euro». Art. 16. 1. All'articolo 43 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: «La residenza del minore coincide con quella della sua famiglia, se comune; in mancanza, la residenza del minore coincide con quella del genitore o del tutore con cui il minore convive. La residenza del minore è determinata dal giudice senza che da ciò possa derivare pregiudizio all'attuazione dei paritetici tempi di permanenza della prole presso ciascun genitore». 2. Il secondo comma dell'articolo 45 del codice civile è sostituito dal seguente: «Il domicilio del minore coincide con quello di residenza della famiglia o del tutore. Se i genitori sono separati o il loro matrimonio è stato annullato o sciolto o ne sono cessati gli effetti civili o comunque non hanno la stessa residenza, il minore ha domicilio presso il domicilio di ciascun genitore, fatte salve le ipotesi di revoca, di esclusione, di cessazione o di sospensione della potestà genitoriale a carico anche solo di uno dei genitori. In tali casi il domicilio del minore coincide con la residenza del genitore che conserva la potestà genitoriale o, in mancanza, del tutore con cui convive». Art. 17. 1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano anche alle procedure in corso alla data della sua entrata in vigore, ad esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 8, 9, 10 e 11. 2. Al primo comma dell'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, le parole: «316, 317-bis, 330, 332, 333,» sono soppresse. 3. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto dei Ministri competenti, sono emanate le linee guida per il calcolo del mantenimento e dell'eventuale assegno di cui all'articolo 155, quinto comma, del codice civile. Art. 18. 1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Qualche critica si è alzata anche per questa proposta di legge, in quanto non prevede la doppia residenza del figlio di separati: in questo modo, a livello amministrativo, ci sarà sempre un domicilio ufficiale presso il quale il bambino ha la residenza, in quanto la previsione del doppio domicilio non è amministrativamente rilevante, con tutto quello che ciò comporta: in tutte le pratiche burocratiche (iscrizioni scolastiche, scelta del medico di base, vaccinazioni, etc.) ciò che conta è il nucleo anagrafico in cui è inserito il minore; con la doppia residenza sarebbero stati due, mentre col doppio domicilio resta uno solo e quindi quel genitore non anagraficamente convivente per la Pubblica Amministrazione resta escluso. Anche il fatto di non aver affrontato lo scottante problema dell’assegnazione della casa ha destato qualche perplessità in alcuni, che avrebbero preferito renderla “non assegnabile”, in virtù della pari dignità genitoriale e del tempo paritario trascorso con i figli dopo la separazione: se i genitori passano lo stesso tempo con i figli non si vede secondo quale criterio oggettivo il giudice possa assegnare la casa a questo o a quel genitore. Tutto questo non impedisce comunque, a detta degli stessi critici, che questo progetto di legge abbia una notevole portata innovatrice67. 67 www.camera.it Nonostante la necessità di attuazione di questa proposta, quest’ultima non si è mai trasformata in legge: è in corso l’iter parlamentare del disegno di legge68: si trova nella seconda fase, quella relativa all’approvazione della Camera69. 2.4. Proposta di legge n. 2524. Norme per la tutela dei padri separati. Ebbene si, è stata fatta una proposta di legge per la tutela dei padri separati. Tale proposta è stata presentata il 22 giugno 2009 dalla Camera dei Deputati. Per quanto riguarda il seguente disegno di legge, si trova nella seconda fase dell’iter parlamentare, ovvero nella fase di approvazione alla Camera 70. Nella presentazione della proposta si sottolinea come si sia consolidato il ruolo materno come esclusivo riferimento educativo per i figli minori. Al contrario, molti padri separati vogliono vivere pienamente e con responsabilità la propria paternità, ma sono penalizzati da un pregiudizio sociale, fortemente radicato anche nella prassi giudiziaria. Nella quasi totalità dei casi di separazione tra i coniugi, infatti, i padri si vedono sottrarre repentinamente i propri figli, nonostante la legge 8 febbraio 2006, n. 54, sull’affidamento condiviso dei figli, e nonostante il riconoscimento dell’importanza di entrambi i ruoli genitoriali, la dichiarazione della parità di diritti tra i sessi e la normativa vigente in materia di tutela dei minori. Al padre è solitamente imposto un dovere preminentemente “economico” e sono riconosciuti minori diritti nell’esercizio del ruolo “educativo e formativo dei propri figli”. In più del 90% dei casi, il padre è tenuto a versare un assegno di mantenimento per i figli (pari in media a 400 € 68 L’iter parlamentare prevede 4 fasi: 1) presentato alla Camera, 2) da approvare alla Camera, 3) da approvare al Senato, 4) diventa legge. 69 www.parlamento.openpolis.it 70 È stata assegnata il 14/09/2009 alla Camera, www.parlamento.openpolis.it mensili) e in circa il 70% dei casi la casa di abitazione viene assegnata alla ex moglie, proprio in quanto affidataria dei figli minori. Se si considera che oltre la metà degli uomini separati con figli minori appartiene alle categorie degli insegnanti, degli impiegati e degli operai e che l’orientamento dei giudici è quello di fissare in “1/3 dello stipendio” l’assegno mensile che il padre deve versare per il mantenimento dei figli, è evidente che non solo le donne, ma anche gli uomini che si trovano in questa condizione sono a rischio di povertà. L’uomo, innanzitutto, deve cominciare con il cercare una nuova casa in grado di accogliere, anche temporaneamente, i suoi figli, finendo spesso per tornare a vivere con i propri genitori, con quel senso di sconfitta e di frustrazione che questo comporta, trovandosi nell’impossibilità pratica di svolgere il ruolo genitoriale come, invece, vorrebbe. In considerazione di quanto premesso, la proposta di legge fissa il principio che lo stato riconosce l’importanza del ruolo paterno, congiuntamente a quello materno. Questo riconoscimento è essenziale e determinante per la concreta realizzazione di pari opportunità di diritti tra uomo e donna, nonché per la tutela dei minori, che devono poter mantenere un rapporto significativo con entrambi i genitori anche dopo la loro separazione. La necessità di confermare questo principio deriva dalla consapevolezza della situazione di estrema difficoltà economica e psicologica spesso sofferta dai padri a seguito di procedimenti di separazione. Infatti, frequentemente gli effetti dei contenziosi sui padri separati pongono gli stessi in condizioni di precarietà economica tali da costituire un impedimento al godimento del diritto al ruolo genitoriale. La proposta di legge si pone, inoltre, l’obiettivo di assicurare ai padri separati in situazione di difficoltà il diritto a un sostegno per consentire loro di recuperare e di rafforzare la propria autonomia attraverso la promozione e il sostegno all’istituzione di centri di assistenza e di mediazione familiari a favore dei padri separati in situazione di difficoltà materiale o psicologica. In conclusione, con la proposta di legge, si intende dare risposte concrete alle giuste istanze finora raccolte unicamente dalle varie associazioni dei padri separati, lo Stato promuove tutte quelle iniziative atte a ristabilire condizioni di effettiva parità di diritti tra uomo e donna nello svolgimento del loro ruolo genitoriale in regime di separazione, nonché di tutela del minore nel beneficiare della presenza di entrambi i genitori. In particolare, l’articolo 1 della proposta di legge indica nel riconoscimento dell’importanza del ruolo paterno e nella necessità del mantenimento del rapporto tra genitori e figli anche in caso di separazione personale dei coniugi, i principi che costituiscono il fondamento della legge. L’articolo 2 individua quale obiettivo della legge il rafforzamento e il recupero dell’autonomia materiale e psicologica del padre separato, affinché possa adeguatamente svolgere il proprio ruolo genitoriale, mentre l’articolo 3 specifica le azioni da promuovere e sostenere per il raggiungimento di questo obiettivo. L’articolo 4 individua nei centri di assistenza e di mediazione familiari, la cui istituzione è affidata dallo Stato e dalle regioni alle organizzazioni di volontariato o alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, lo strumento più idoneo per garantire il sostegno dei padri separati in situazione di difficoltà, anche attraverso la realizzazione di programmi di assistenza e di mediazione familiari, volti a fornire un aiuto concreto ai padri separati che si trovano in condizioni di disagio, sia esso economico o psico-fisico. L’articolo 5, infine, prevede norme per la copertura finanziaria degli oneri recati dall’attuazione della legge. PROPOSTA DI LEGGE ART. 1. (Princıpi). 1. La Repubblica riconosce l’importanza del ruolo materno e del ruolo paterno nelle diverse fasi della crescita psicofisica dei minori e promuove tutte le azioni necessarie a favorire il mantenimento di un rapporto significativo dei figli con entrambi i genitori anche in caso di separazione personale dei coniugi. ART. 2. (Finalità). 1. La Repubblica garantisce ai padri separati la realizzazione di interventi di sostegno ai fini del recupero e della conservazione della loro autonomia materiale e psicologica, in particolare assicurando loro la possibilità di un’esistenza dignitosa, presupposto necessario per l’esercizio del loro ruolo genitoriale. ART. 3. (Azione del Governo). 1. Per le finalità di cui all’articolo 2 il Governo: a) promuove protocolli d’intesa tra enti locali, istituzioni e ogni altro soggetto operante per il sostegno dei padri separati e per la tutela dei minori, diretti alla realizzazione di reti e di sistemi articolati di assistenza in modo omogeneo sul territorio nazionale; b) favorisce e sostiene attività di tutela e di solidarietà nei confronti dei padri separati in situazioni di difficoltà materiale o psicologica, attraverso l’istituzione, d’intesa con le regioni, dei centri di assistenza e di mediazione familiari di cui all’articolo 4. ART. 4. (Centri di assistenza di mediazione familiari). 1. Nell’ambito degli interventi di cui all’articolo 2, e in conformità a quanto disposto dall’articolo 3, comma 1, lettera b), le regioni provvedono all’istituzione di appositi centri di assistenza e di mediazione familiari. 2. L’istituzione dei centri di cui al comma 1 è affidata dalle regioni, anche in convenzione con gli enti locali competenti per territorio, singoli o associati, alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all’articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, o alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale che documentano di aver svolto per almeno cinque anni attività per il sostegno dei padri separati e per la tutela dei minori. 3. Tra le attività realizzate nei centri di cui al comma 1 sono previsti programmi di assistenza e di mediazione familiari, promossi dagli stessi centri o dagli enti locali competenti per territorio, singoli o associati, finalizzati a fornire assistenza e sostegno ai padri separati in situazione di difficoltà materiale o psicologica e che prevedono: a) colloqui preliminari per individuare i problemi per i quali è necessario un intervento immediato e per fornire indicazioni sulle possibilità di risoluzione dei medesimi; b) colloqui informativi sulle prestazioni in materia di consulenza e assistenza legali fornite dal centro; c) interventi di supporto psicologico realizzati tramite percorsi personalizzati finalizzati al superamento della condizione di disagio e al recupero dell’autonomia; d) offerta di apposite strutture di alloggio nelle quali possono essere ospitati padri che a causa della separazione personale dal coniuge non dispongono più di un’abitazione e che si trovano in condizioni di grave disagio economico. 4. I centri di cui al comma 1 svolgono, altresì, attività di tipo culturale e sociale dirette all’informazione e alla sensibilizzazione in merito alla necessità del pieno coinvolgimento di entrambi i genitori nell’educazione dei figli, anche nel caso di separazione personale dei coniugi. ART. 5. (Copertura finanziaria). 1. Per la realizzazione delle finalità di cui alla presente legge la dotazione annuale del Fondo per le politiche della famiglia di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementata di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011. 2. Alla copertura dell’onere derivante dall’attuazione del comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 20092011, nell’ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. 3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. La proposta di legge presentata costituisce già un enorme passo avanti: a prescindere se si trasformerà in legge, rappresenta comunque un cambiamento della mentalità del nostro Stato; un rendersi conto delle nuove problematiche che caratterizzano la nostra società. È la prova che la normativa e le politiche sociali devono aggiornarsi continuamente: la società cambia? I bisogni cambiano? Le politiche sociali dovrebbero essere in grado di adeguarsi ai cambiamenti e di rispondere con interventi moderni e nuovi. Non si vuole fare politica, si vuole solo sottolineare quanto sia importante che le politiche stiano al passo con i tempi. CAPITOLO II LE POLITICHE SOCIALI REGIONALI. LA RISPOSTA DI LOMBARDIA, IN PARTICOLARE MILANO «Nel nostro Paese, soltanto a livello regionale o comunale, Liguria, Piemonte, Roma, Milano, Bolzano e qualche altra realtà, sono state messe a disposizione di questi nuovi “barboni”, abitazioni e sostegni economici e psicologici. La solidarietà dev’essere un valore sentito da un’intera nazione e non solo il frutto dello spontaneismo di una singola regione o di una singola città»71 INTRODUZIONE. Come è già stato detto, la Legge Bassanini e la riforma del Titolo V della Costituzione hanno dato alle Regioni e ai Comuni maggiori competenze. In realtà sono proprio le regioni e i comuni che hanno preso “a cuore” le politiche familiari: ci sono più interventi a livello regionale e comunale che a livello nazionale. Tutto ciò mette in evidenza che i cittadini sono consapevoli dell’importanza della famiglia e del bisogno di investire su di essa. In questo capitolo si metteranno in evidenza le politiche familiari di Liguria e Lombardia e di alcuni loro Comuni; si farà poi un excursus dei servizi attuati. 71 Dichiarazione del presidente nazionale dell’AMI. Si vuole dare l’idea che le diverse realtà sono attive e in alcuni casi sono all’avanguardia rispetto allo Stato stesso. 1. GLI ENTI LOCALI COME PROMOTORI DI POLITICHE FAMILIARI. L’attenzione per le famiglie e il sostegno alle responsabilità familiari si è sviluppata prima a livello locale che non a livello nazionale. È, quindi, a livello delle politiche locali che si può rintracciare quel poco o tanto di politiche di sostegno delle responsabilità familiari che sono state attuate nel nostro paese, in particolare nel settore dei servizi72. Il tipo, la quantità, la qualità dei servizi e delle risorse disponibili a livello locale, vuoi organizzati e offerti direttamente dagli enti locali, vuoi da questi incentivati e sostenuti, costituiscono infatti un pezzo importante del sistema del welfare italiano e delle politiche di sostegno alle responsabilità familiari73. Negli ultimi anni diversi comuni hanno iniziato a riordinare le politiche sociali locali a partire da una più esplicita messa a fuoco delle esigenze delle famiglie: favorendo un maggior coordinamento del lavoro svolto tra i diversi organi e servizi; utilizzando quello che è stato definito “ il parametro familiare” nell’elaborare e valutare le politiche sociali e tariffarie e così via. 72 CHIARA SARACENO, Mutamenti della famiglia e politiche sociali in Italia, Società editrice il Mulino. Per altro diversi autori hanno sottolineato l’importanza dei servizi sociali nel dare forma al sistema o regime di welfare. Questi autori (Taylor Gooby, Alber etc.) hanno sostenuto che se si tenesse conto dell’offerta dei servizi sociali forse le tipologie prevalenti negli studi comparativi sul welfare state e il modo di raggruppare i diversi paesi in uno o in un altro tipo dovrebbero essere corretti più o meno radicalmente. Il motivo per cui raramente se ne tiene conto è che, appunto, i servizi sociali sono organizzati su base locale e non è sempre agevole avere dati nazionali comparabili. 73 Nel 2008 i Comuni italiani, in forma singola o associata, hanno destinato agli interventi e ai servizi sociali 6 miliardi e 662 milioni di euro, un valore pari allo 0,42% del Pil nazionale74. Famiglia e minori, anziani e persone con disabilità sono i principali destinatari delle prestazioni di welfare locale: su queste tre aree di utenza si concentra l’82,6% delle risorse impiegate. Figura 1. Spesa per interventi e servizi sociali dei comuni singoli e associati per area di utenza. Anni 2003-2008, valori percentuali. 120 Dipendenze 100 Immigrati 80 Multiutenza 60 Povertà, disagio adulti e senza fissa dimora 40 Disabili 20 Anziani 0 Anno 2003 74 Anno 2004 Anno 2005 Anno 2006 Anno 2007 Anno 2008 Famiglia e minori Gli interventi e i servizi sociali dei comuni singoli e associati, Indagine Istat, Anno 2008, pubblicata il 19 aprile 2011. A confermare questi dati, il Piano Nazionale Sociale 2001-2003 e la legge quadro 328/2000 mettono in evidenza i diversi ruoli di comuni e regioni: I comuni sono titolari delle funzioni relative ai servizi sociali offerti a livello locale, con alcune specificazione connesse al concetto di rete. Alle regioni sono attribuiti compiti di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali, nonché di verifica dell’attuazione del sistema integrato nell’ambito territoriale di competenza. Le funzioni sono specificate all’art 8, comma 3 della legge 328/2000. Quanto detto fino adesso, vuole sottolineare un’attenzione in più che gli enti locali, rispetto allo Stato, danno alla famiglia. In tempi recenti, inoltre, gli enti locali (non tutti) e alcuni addetti ai lavori hanno cominciato a capire che la famiglia non va solo aiutata ma può essa stessa aiutarsi. Questo significa che gli interventi per le famiglie non possono più consistere in sconti, assegni condizionati a situazioni di povertà, benefici dati una tantum, ma devono promuovere una mutualità attiva fra le famiglie stesse basata su un patto associativo tra famiglie, mirando al loro empowerment. Alle famiglie debbono certamente essere dati sussidi e riconoscimenti, ma è soprattutto “importante il modo in cui tali aiuti sono dati”: questo modo deve essere tale da sostenere una relazione di collaborazione tra i membri della famiglia e tra famiglie: soprattutto, in un momento in cui ci sono pochi fondi, è necessario sfruttare tutte le risorse non economiche a disposizione. In quest’attuale realtà, tra interventi secondo il vecchio stile di welfare e il nuovo (poco usuale) stile di reciprocità tipico del welfare community75, si possono individuare alcune macro-aree di politiche comuni a più o meno tutte le regioni, in particolare Lombardia e Liguria: 1) Politiche di sostegno economico e redistributive. L’azione si basa su un riequilibrio delle spese per i servizi a favore delle famiglie e sostegno economico per le famiglie in via di formazione, le famiglie numerose e quelle con particolari responsabilità di cura. Esempio: a) sostegno economico per le spese scolastiche, b) sostegno economico per l’acquisto di generi e prodotti di prima necessità, d) sostegno ai nuclei monogenitori e ai genitori separati, d) facilitazioni tariffarie per l’accesso ai servizi. 2) Politiche di empowerment. L’azione prevede un rafforzamento delle capacità e delle competenze del nucleo familiare, e sostegno alla genitorialità; esempio: a) servizi di mediazione familiare, b) centri per la famiglia e consultori familiari, c) servizi di sostegno alla famiglia per la cura di minori, disabili e anziani. 3) Politiche di coesione. L’azione presenta un rafforzamento del ruolo delle comunità locali nell’inclusione e nel sostegno alle famiglie in condizioni di povertà. Esempi: a) programmi di integrazione delle famiglie straniere, b) partecipazione attiva delle famiglie ai progetti, c) consulte familiari, d) definizione dei tempi e degli orari della città. 75 Il concetto di Welfare comunitario presuppone: 1) l’intervento attivo di una molteplicità di soggetti e 2) il coinvolgimento degli stessi destinatari degli interventi di Welfare. 4) Azioni di sistema. In questo caso si parla di dispositivi, risorse e servizi a sostegno della programmazione, della realizzazione e della valutazione degli interventi degli Enti locali, quindi Piani di zona, piani regolatori sociali, osservatori locali, etc. Si può intravedere in questi punti, una recente considerazione al mondo della famiglia dopo la separazione e ai genitori separati. Si tratta di problematiche troppe nuove per avere politiche consolidate a livello locale. È necessario analizzare le politiche familiari rivolte ai separati, prendendo zone geografiche ristrette: solo in questo modo si possono capire le possibili risposte ai genitori separati, in particolari ai padri separati. Si considerano qui sotto la realtà della Lombardia e quella ligure, in tema di politiche familiari e politiche rivolte ai genitori separati. 2. LA REALTA’ LOMBARDA. Per capire gli interventi rivolti ai padri separati, anche nel caso regionale, è necessario dare prima un quadro generale delle politiche sociali regionali per la famiglia, in modo da individuare l’impostazione socio politica della regione. La regione Lombardia è una di quelle regioni che dedica particolare attenzione alla famiglia in ogni suo aspetto. Vanta, infatti, una tradizione di politiche sociali volte alla tutela della famiglia. Per dimostrare l’impegno di questa regione nei confronti della famiglia, in quanto risorsa da tutelare, proteggere, aiutare, etc. si ricorda che a fine maggio di quest’anno (2012) proprio a Milano si è svolto l’incontro mondiale delle famiglie: un evento che ha come obiettivo quello di riflettere sul ruolo della famiglia nella società. Si è parlato di tradizione delle politiche sociali per la famiglia e questa tradizione inizia già nel 1999 con la legge regionale 23/1999 – politiche regionali per la famiglia. Con questa legge, la Regione Lombardia riconosce quale soggetto sociale politicamente rilevante la famiglia così come definita dagli articoli 29 e 30 della Costituzione, nonché quella composta da persone unite da vincoli di parentela, adozione o affinità. La regione promuove il servizio pubblico alla famiglia e realizza un’organica e integrata politica di sostegno al nucleo familiare. Inoltre «tutela la vita in tutte le sue fasi con particolare attenzione alla gestante, al periodo prenatale e all’infanzia, favorisce la maternità e la paternità consapevoli, la solidarietà fra le generazioni e la parità fra uomo e donna, sostiene la corresponsabilità dei genitori negli impegni dei genitori negli impegni di cura e di educazione dei figli, persegue la tutela della salute dell’individuo nell’ambito familiare, attua, anche attraverso l’azione degli enti locali, politiche sociali, sanitarie, economiche e di organizzazione dei servizi finalizzate a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona nella famiglia76». La regione Lombardia, nella propria attività di indirizzo politico e di programmazione, persegue i seguenti obiettivi: 1) Favorire la formazione e lo sviluppo delle famiglie e lo sviluppo delle famiglie mediante la rimozione degli ostacoli che si presentano nelle diverse fasi della vita familiare, con particolare riguardo a quelli di carattere abitativo, lavorativo ed economico; 76 Legge Regionale 6 dicembre 1999, n. 23, art. 1 (finalità ed ambito di intervento). 2) Sostenere l’alto valore personale e sociale della maternità e della paternità, valorizzando il principio della corresponsabilità dei genitori nei confronti della prole; 3) Realizzare e favorire interventi volti a prevenire e rimuovere difficoltà economiche e sociali che possano indurre la madre all’interruzione della gravidanza77; 4) Tutelare il benessere di tutti i componenti della famiglia, con particolare riguardo alle situazioni che possono incidere negativamente sull’equilibrio fisico e psichico di ciascun soggetto; 5) Promuovere e sostenere l’armonioso sviluppo delle relazioni familiari, nonché nei rapporti intergenerazionali; 6) Promuovere le iniziative volte a favorire l’uguaglianza di opportunità tra uomo e donna, nonché la maggiore condivisione da parte del padre degli impegni di cura e di educazione dei figli; 7) Favorire i coniugi nel conseguimento delle scelte procreative liberamente decise, anche attraverso l’offerta di opportunità e di idonei sostegni volti a rimuovere limitazioni dovute ad infertilità o a stati di bisogno economico; 8) Garantire il rispetto del diritto di libera scelta della famiglia nei confronti dei soggetti giuridici erogatori di prestazioni, nonché del principio di sussidiarietà nel rapporto tra la famiglia e le istituzioni pubbliche; 9) Sviluppare la valorizzazione sociale e personale della maternità e della paternità, la tutela dei minori e della donna, l’unità e stabilità familiare finalizzate comunque al benessere dei suoi componenti e la solidarietà sociale; 77 Secondo il disposto dell’art.4 della legge 22 maggio 1978, n.194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza). 10) Promuovere e sostenere le iniziative finalizzate alla creazione di reti primarie di solidarietà, l’associazionismo e la cooperazione, al fine di favorire forme di autoorganizzazioni e di aiuto solidaristico tra le famiglie per la cura dei bambini, degli adolescenti, degli anziani, dei disabili; 11) Sostenere le iniziative delle reti sociali tendenti, in una prospettiva di solidarietà e di mutuo aiuto, a sviluppare le capacità delle famiglie ad assumere efficacemente la pienezza delle proprie funzioni educative e sociali; 12) Promuovere attività di tutela, assistenza e consulenza a sostegno dei minori orfani o comunque privi dell’assistenza dei genitori, delle vittime della violenza anche sessuale, dei minori sottoposti a maltrattamenti, abusi e abbandoni, nonché il sostegno della coppia madre e bambino vittima di violenze familiari; 13) Prevedere la formazione e l’aggiornamento degli operatori dei servizi alla famiglia 78. Tra questi “comandamenti” individuati dalle politiche per la famiglia, si possono individuare 3 punti che possono interessare i padri separati e nell’elenco qui sopra sono i punti 2), 6) e 9)79. Per quanto la legge in questione sia ormai “datata”, i punti considerati sono estremamente attuali, soprattutto alla luce delle problematiche portate dalla legge sull’affidamento condiviso. La regione Lombardia, già 12 anni fa aveva pensato ad un’attenzione particolare e ad un equilibrio dei due ruoli genitoriali. La Lombardia, quindi, è stata una delle prime regioni che ha considerato la famiglia come soggetto sociale e protagonista del welfare. 78 79 Legge regionale 6 dicembre 1999, n.23, Politiche regionali per la famiglia, art. 2 (Obiettivi). Corrispondono ai punti b), f) e i) del comma 1 art. 2, legge regionale 6 dicembre 1999, n. 23. Questa legge non è stata aggiornata ma costituisce comunque una normativa all’avanguardia. I padri, sulle carte, ci sono e ci si chiede quindi perché allora non ci sono tanti servizi dedicati a loro. Bisogna aggiungere che in questi ultimi anni la regione Lombardia ha emanato la Legge Regionale 12 marzo 2008, n.3 – Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario – e anche in questa legge una dei protagonisti è proprio la famiglia oltre che persone che si trovano in situazioni di disagio dovute a condizioni economiche, psico-fisiche o sociali. Ai fini della ricerca sui padri separati, bisogna dare uno sguardo anche a questa legge, in modo da individuare il punto focale delle politiche sociali lombarde. La legge in esame (L.R. 3/2008), al fine di promuovere condizioni di benessere e inclusione sociale della persona, della famiglia e della comunità e di prevenire, rimuovere o ridurre situazioni di disagio, disciplina la rete delle unità di offerta sociali e sociosanitarie, nel rispetto dei principi e dei valori della Costituzione, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dello Statuto regionale, nonché del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, in armonia con i principi enunciati dalla legge 8 novembre 2000, n.328 e con le leggi regionali di settore. Ci sono due tipi di Unità: 1) UNITA’ DI OFFERTA SOCIALI che hanno il compito di aiutare la famiglia, tutelare la maternità e la vita umana fin dal concepimento, garantire interventi di sostegno alla maternità e alla paternità, promuovere azioni rivolte al sostegno delle responsabilità genitoriali, tutelare i minori, promuovere il benessere psicofisico della persona, il mantenimento o il ripristino delle relazioni familiari, l’inserimento o il reinserimento sociale o lavorativo delle persone in difficoltà, assistere le persone in condizioni di disagio psicosociale o di bisogno economico, prevenire l’esclusione sociale. 2) UNITA’ DI OFFERTA SOCIOSANITARIE hanno il compito di sostenere la persona e la famiglia, con particolare riferimento alle problematiche relazionali e genitoriali, favorire la permanenza delle persone in stato di bisogno o di fragilità nel loro ambiente di vita, prevenire l’uso di sostanze illecite, etc. I padri separati non rientrano solo nella categoria, per così dire, “famiglia/cambiamento della famiglia/genitorialità” ma rientrano anche nel gruppo “nuovi poveri”, e per quest’ultimi la Regione Lombardia ha assunto come metodo di lavoro una linea che porta a capire come cambia la povertà, chi sono i nuovi poveri, quali sono i percorsi che portano all’indigenza e quelli di chi riesce a uscirne, e chi sono i soggetti in grado di rispondere nel modo più efficace ai bisogni vecchi e nuovi. Per questa linea di pensiero, la Regione Lombardia, nel 2008, ha creato l’Osservatorio Regionale per l’Esclusione Sociale. La regione ha dovuto affrontare un aumento delle persone in difficoltà, ma nello stesso tempo sono aumentati i servizi e gli enti non profit attivi sul versante della povertà. Proprio per combattere la crescita della povertà, la regione ha costituito la legge regionale sulla povertà alimentare, la Legge 25/2006 – politiche regionali di intervento contro la povertà attraverso la promozione dell’attività di recupero e distribuzione dei prodotti alimentari ai fini di solidarietà sociale – con la quale la Giunta Regionale promuove e sostiene la realizzazione di un programma triennale di interventi proposto dalla Fondazione Banco Alimentare Onlus e il programma persegue tra gli obiettivi quello della rimozione o riduzione delle condizioni di bisogno e di disagio delle persone e delle famiglie, legate a necessità di natura alimentare. Si crea una rete di collaborazione tra la regione e gli enti del terzo settore, che ormai ad oggi è consolidata ed uno dei punti di forza delle politiche sociali lombarde, per far fronte a situazioni di grave crisi economica e di esclusione sociale. Nonostante l’impegno della regione per stare al passo con le problematiche, l’assessore regionale alla famiglia nel 2011 ha dichiarato di aver ben presente la fragilità della famiglia e le conseguenti situazioni di disagio che si creano e di conseguenza la necessità di interventi specifici. La Regione, quindi, sa che le persone che si separano in Lombardia sono più di 20.000 ogni anno e che questo costituisce un problema grave sia dal punto di vista sociale che economico. Questione sentita soprattutto a Milano, dove i numeri sono allarmanti: tra capoluogo e provincia i padri in difficoltà economica sarebbero oltre 50.00080. Nonostante la consapevolezza di questa situazione, l’assessore non ritiene necessario una legge regionale ad hoc in quanto le politiche sociali lombarde presentano già una normativa che potrebbe essere utilizzata a favore dei padri separati se fosse usata con criteri diversi e più 80 Secondo i dati dell’Associazione matrimonialisti italiani. specifici. Ovviamente, questa non è l’opinione di tutti; c’è un dibattito politico in corso: legge ad hoc si, legge ad hoc no. Da una parte si afferma la necessità di una legge specifica per i padri e un maggior impegno da parte della Regione nei confronti dei genitori separati; dall’altra parte si vuole proseguire con una linea di politiche complessive per la famiglia in cui rientrano anche i padri separati. Non si vuole entrare nel merito della questione politica, dei diversi colori, non si vuole capire chi ha ragione o torto; si vuole solo precisare che l’obiettivo è quello di venire fuori da questa situazione problematica, di prendere finalmente in considerazione questa fetta di cittadini e non bisogna distogliere lo sguardo da questa priorità. Sulla base di quanto visto e detto fino adesso, i padri separati ci sono: rientrano nelle politiche sociali della Regione Lombardia, o meglio rientrano nei piani delle politiche lombarde. Una normativa specifica sui padri ad oggi, 2012, non c’è ancora, ma la Regione Lombardia prevede tutta una serie di normative di cui i padri possono “usufruire”, qualora queste vengano adeguate alle loro esigenze. Ma questa adeguamento viene effettivamente applicato? I servizi sono aggiornati? Per rispondere bisogna dare uno sguardo ai servizi ed interventi effettuati nella regione. 2.1. Servizi e interventi Lombardi a favore dei padri separati. Nel capitolo precedente si è messa in evidenza la consapevolezza della Regione e delle parti politiche della nuova problematica dei padri separati ma si è concluso sottolineando che non si sa quanto i servizi e, quindi, i comuni adeguino le linee politiche. Prendendo in esame tutta la Regione Lombardia, ad esclusione del Comune di Milano a cui verrà dedicato un capitolo, ci soffermiamo su alcuni interventi sporadici che sono stati messi in campo da diverse zone della Lombardia. E sono: 1) Comuni dell’Ambito territoriale di Desio, progetto “E’ sabato papà”. Il progetto ha lo scopo di offrire uno spazio privilegiato di incontro r condivisione tra papà e figlio/a che la quotidianità spesso non permette, soprattutto nei casi di separazione della coppia genitoriale, divorzi o famiglie “ricomposte”; lo spazio sarà gestito e condotto da due educatrici professionali. Ai papà separati sarà inoltre, offerta la possibilità di un servizio di couseling psico-educativo (spazio di ascolto) condotto da una psicologa. Il servizio è gratuito ed è attivato presso gli Spazi Gioco del Comune di Muggiò. In caso di esubero delle richieste di iscrizione si darà priorità ai papà e bambini che non vivo più insieme. 2) Provincia di Bergamo, Progetto “separazione: la fine di un mondo, non la fine del mondo”. L’associazione A.M.A. Bergamo, lo Sportello Genitori CGIL e il Segretariato Sociale INCA CGIL organizzano due incontri per iniziare una riflessione sul tema “separazione e auto mutuo aiuto” al fine di promuovere l’avvio di un gruppo di genitori separati. Il primo incontro è stato condotto da una mediatrice familiare e autrice di numerosi scritti sulla separazione. Ha introdotto la tematica parlando di come è possibile gestire il ruolo genitoriale anche in situazioni di conflittualità di coppia. Il secondo incontro è stato guidato dal presidente dell’Associazione A.M.A. Bergamo e formatore, che ha esposto i principi e i fondamenti dell’auto mutuo aiuto. Al termine delle serate sono stati raccolti i nominativi di coloro che faranno parte del gruppo di auto mutuo aiuto per genitori separati. Al gruppo hanno partecipato genitori divorziati, separati o in via di separazione, provenienti da tutta la provincia di Bergamo, ma anche genitori single, uomini e donne, con figli piccoli o adolescenti, ed eventualmente separati e divorziati senza figli. L’obiettivo del progetto è quello di incontrare altre persone nella stessa condizione che significa porsi in ascolto della propria ed altrui storia, superare il senso di vuoto e isolamento, confrontarsi con altre esperienze e scambiarsi informazioni a tutto vantaggio del benessere dei genitori. 3) Comune di Bergamo, il Centro Incontra. È un servizio del Comune e della Provincia di Bergamo progettato dal Gruppo di studio provinciale “genitori e genitorialità”. Si rivolge a genitori, gruppi, associazioni e comitati genitori, amministratori, operatori scolastici e sociali che operano sul territorio provinciale. È finalizzato al sostegno e alla promozione della genitorialità sociale. Al centro Incontra è possibile trovare: Informazioni sui gruppi locali di genitori; Orientamento sulle risorse e sulle opportunità; Documentazione sulle politiche per la genitorialità; Supporto alla progettazione di attività e iniziative. Il Centro propone un calendario delle iniziative formative rivolta a genitori e operatori realizzate sul territorio della provincia di Bergamo. Al calendario è allegata periodicamente una pagina in cui viene presentato in modo sintetico un tema specifico attinente alla genitorialità. Il Centro cura inoltre la newsletter del Centro Famiglia del Comune di Bergamo, rivolta ai genitori separati. 4) Comune di Brescia, sesta circoscrizione, accordo di collaborazione con l’Associazione Papà Separati, Anno 2011. Preso atto che l’Associazione Papà Separati organizza dibattiti, incontri e momenti di animazione concernenti i temi della paternità e della separazione e che ha proficuamente collaborato dal 2006 con il Comune di Brescia, quest’ultimo concede una volta al mese in uso gratuito all’associazione l’utilizzo della sala circoscrizionale negli orari concordati. È facoltà della Circoscrizione concedere la disponibilità gratuita di ulteriori spazi circoscrizionali per lo svolgimento di attività o manifestazioni che esulano dagli incontri prestabiliti. 5) Comune di Monza, il banco alimentare. L’Associazione Papà Separati Lombardia Onlus ha stretto un accordo con il Banco Alimentare. La prima fornitura di cibo per i padri separati è di un ammontare pari a 1700 euro e la distribuzione dei generi è stata organizzata durante gli incontri che l’associazione Papà separati Lombardia Onlus organizza ogni mese a Monza. Quest’iniziativa è disponibile anche verso altri separati che non siano solo i papà. Il problema economico riguarda anche le mamme. Quindi una distribuzione indipendentemente dal sesso ma in base alle reali necessità di chi chiede aiuto. 6) Comune di Cremona, Progetto “coppie che si separano, genitori che restano”. La separazione è, per tutti i soggetti coinvolti, un’esperienza di grande intensità emotiva ed affettiva. Il Comune di Cremona, in collaborazione con il Centro per le famiglie, organizza una serie di incontri che hanno lo scopo di offrire occasioni di confronto e attivare un reciproco sostegno fra i genitori. Questo ciclo di incontri rivolto a padri e madri separate, è condotto da esperti in relazioni familiari. Gli obiettivi sono: Approfondire la relazione genitori-figli quando la coppia si separa; Aumentare la consapevolezza in padri e madri dei bisogni dei loro figli; Offrire occasioni di confronto e di reciproco sostegno a partire dall’esperienza dei partecipanti. Questo progetto è svolto all’interno di un progetto più grande “Conpiùtempo – la rete delle città per la conciliazione”; il progetto è finanziato da Programma Comunitario Equal Pari Opportunità Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Regione Lombardia. 7) Comune di Legnano, il consultorio apre ai separati. Il consultorio per la famiglia del decanato di Legnano ha raccolto l’invito del cardinale Tettamanzi, affinché si faccia carico dei problemi delle coppie in difficoltà, e ha varato un corso di auto muto aiuto per genitori separati o in via di separazione. L’iniziativa dal titolo “Incontrarsi…condividere…aiutarsi” prevede la costituzione di un gruppo massimo di 16 coppie, per un totale di 6 incontri ogni 15 giorni. La partecipazione è gratuita. Gli incontri saranno coordinati da due esperte, una psicoterapeuta e una psicologa. L’obiettivo è quello di sostenere le coppie separate in modo da mantenere viva quella genitoriale. L’esperienza è stata pensata per dare una risposta alle esigenze di chi si trova ad affrontare l’esperienza di genitore singolo, sia che viva con i figli sia che non li veda. È un’occasione per attenuare la sensazione di solitudine e difficoltà che può sorgere nell’affrontare una nuova organizzazione di vita. 8) Provincia di Brescia, Progetti Famiglia. Il progetto si è snodato su due triennalità. Gli obiettivi del progetto sono: Attività di mediazione familiare avente la finalità di sostenere le situazioni di criticità all’interno del nucleo; Attivazione di uno sportello famiglia che svolga attività di orientamento e consulenza e favorisca l’avvio di nuove iniziative di sostegno al nucleo secondo i principi della cittadinanza attiva; Miglioramento dei servizi offerti e promozione di interventi in ambiti sociali, economici, etc. al fine di realizzare un concreto miglioramento della qualità della vita. La progettualità è individuata nella mediazione familiare, con la finalità di sostenere le situazioni di criticità all’interno del nucleo stesso. All’interno di questo progetto è attivo un programma di elaborazione separazioni per i padri separati con gruppi di auto mutuo aiuto. Questi interventi/progetti individuati sopra, sono solo alcuni esempi lombardi per rispondere alla nuova problematica dei padri separati: costituiscono una primitiva risposta a questo nuovo bisogno. I comuni e le province della Regione Lombardia hanno cominciato ad adeguare le politiche sociali per la famiglia all’evoluzione dei bisogni della famiglia stessa, quindi a prendere in considerazione anche quelle situazioni di disagio che fino ad oggi sono rimaste all’ombra delle più “classiche” problematiche. I padri separati si collocano qui, in una sorta di limbo, in cui non sono ancora pienamente considerati come problematica ma per i quali si comincia a pensare a degli interventi. Interventi che sono insufficienti, sporadici, senza una linea di base comune. Si nota che gli interventi/progetti presi in considerazione rientrano quasi tutti solo ed esclusivamente nelle politiche per la famiglia, c’è solo un progetto con il banco alimentare nel Comune di Monza che prende in considerazione l’aspetto economico; i restanti progetti/interventi si occupano soprattutto della parte genitoriale e psicologica. Non ci sono interventi specifici. Tutto è ancora troppo indefinito: si dovrebbe intervenire sia sulla parte economica sia su quella psicologica/relazionale in contemporanea in quanto strettamente collegate, ma per ora le risposte che vengono fornite non prendono in considerazione questi due aspetti. Si nota un altro aspetto particolare da considerare: la collaborazione che si crea tra i comuni e le province e le associazioni dei padri separati; quindi un terzo settore forte, che si trova in prima linea ad aiutare i separati. In conclusione, da un lato la Regione Lombardia, rispetto ad altre realtà, è al passo con i tempi e presenta iniziative buone, dall’altro lato questi progetti non sono ancora sufficienti in quanto non si è ancora trovato una risposta sostanziale e concreta. L’unica realtà lombarda che comincia a rispondere in modo efficace, centrando l’obiettivo di aiutare i padri separati e nello stesso tempo di non alterare le “tradizionali” politiche sociali della regione, è il Comune di Milano. Milano costituisce un esempio di reale impegno nel combattere nuove realtà di disagio e di esclusione sociale. 3. IL COMUNE DI MILANO E I SUOI PROGETTI. Il Comune di Milano potrebbe essere considerato una guida per molti comuni per quanto riguarda le politiche sociali rivolte ai padri separati: a Milano si può utilizzare il termine “politiche sociali per i padri separati” perché qui sono presenti interventi e progetti specifici per questa nuova tipologia di utenza. Si può considerare l’azione del Comune di Milano come pioneristica: è stato il secondo Comune a progettare, e quindi attuare, una casa per soli padri separati, insieme a Roma (che è stata la prima) e Genova (quest’ultima si trova ancora nella fase “lavori in corso”); ma non solo, anche a pensare anche ad un consultorio per soli uomini. Per chi non è del settore sembrerebbero cose da nulla, ma questi sono due esempi di vera e propria evoluzione nel settore delle politiche: sono due conquiste che, azzardatamente, si può affermare, rientreranno nella storia futura dei servizi. Prima di considerare i servizi e i progetti rivolti ai padri, è necessario analizzare il Piano di Zona del Comune di Milano, in quanto costituisce strumento strategico per il coordinamento, la partecipazione e la programmazione dei servizi alla persona in ambito locale. Il piano di zona può infatti considerarsi come articolazione della pianificazione sociale regionale. 3.1. Il Piano di Zona del Comune di Milano. Il Piano di Zona preso in considerazione è quello che riguarda il triennio 2009-2011. Fra le direttrici fondamentali del Piano c’è una parte completamente dedicata alla famiglia come centro delle politiche sociali. Nella parte introduttiva del Piano si sottolinea come la famiglia debba essere vista non come “consumatore passivo” di servizi, ma come “soggetto attivo”, capace di produrre essa stessa una quota di capitale sociale81 primario. Essa è in grado di fornire un irrinunciabile contributo, mediante le proprie reti associative alla costruzione delle politiche in genere, ma in primis delle politiche sociali. La sfida del Piano di Zona della città di Milano è quella di mettere a fuoco le relazioni fra le persone e i loro contesti familiari e perciò investire sulle possibili corrispondenze tra problemi e risorse personali e problemi e risorse familiari. Il punto fondamentale per Milano è, quindi, la famiglia, come risorsa da sostenere ma nello stesso tempo da utilizzare. Una politica, quella di Milano, basata sul welfare community, attraverso la quale si parla di “cittadinanza attiva”, dove c’è un contributo da parte dei cittadini e delle famiglie alla costruzione, decisione, attuazione, modifica e valutazione di attività e programmi. 81 Il capitale sociale è una relazione sociale, ovvero quella forma di relazione che opera la valorizzazione di beni o servizi attraverso scambi che non sono né monetari, né politici, né clientelari, né di puro dono, ma scambi sociali di reciprocità. È un modo di mettere in relazione vincoli e risorse del contesto, inserendoli in un processo di scambio reciproco tra persone che si fidano l’una dell’altra e cooperano tra loro. (Donati, 2007). Ma in questo Piano dove si inseriscono i padri separati? Nel Piano di Zona milanese non c’è un capitolo di politiche sociali completamente dedicato ai padri come nuova area di intervento, ma per “trovare” i padri separati bisogna leggere nel dettaglio e prendere in considerazione alcuni capitoli sparsi. Ma nonostante siano “nascosti”, i padri separati ci sono. I paragrafi in cui si possono intravedere interventi rivolti ai padri e che quindi sono stati presi in considerazione per la ricerca, sono: Paragrafo “verifica obiettivi dell’area adulti in difficoltà”: i servizi e gli interventi sono rivolti ai soggetti deboli, a coloro che sono poveri economicamente, poveri di salute, poveri di relazioni sociali significative, poveri di risorse individuali e che necessitano quindi di aiuti mirati re finalizzati. Sono comparse nuove forme di povertà, prima non presenti. Sono sempre più numerose le persone che escono da circuiti “normali” per diverse ragioni (perdita di lavoro, separazione, divorzi, affitti elevati etc.). Tra gli obiettivi del Piano vi sono: 1) potenziare le azioni a contrasto della povertà adulta sia con riferimento agli interventi a supporto del reddito (sussidi e buoni sociali) sia per i luoghi di ascolto e accoglienza, sia per gli interventi di orientamento e accompagnamento al lavoro delle “fasce deboli”, 2) avviare e/o consolidare servizi dedicati ai senza dimora attivi su tutto l’anno con particolare potenziamento dei servizi di ospitalità nei mesi invernali, etc. Sono stati attuati i seguenti interventi: Inserimenti lavorativi di soggetti deboli. Il Comune di Milano, tramite il Centro di Mediazione al Lavoro, attua percorsi di inserimento lavorativo e dedica attenzione alle fasce deboli che, scontano una situazione di disagio personale, familiare o sociale. Interventi a favore dei senza fissa dimora. Tra i vari interventi si prevede la concessione in comodato d’uso alla Fondazione Fratelli di San Francesco di uno stabile comunale a fronte di una riserva di n. 100 posti letto per la grave emarginazione (tra cui anche i padri separati), oppure ancora la casa dell’Accoglienza Ortles, che fronteggia il progressivo impoverimento dei nuovi poveri. Infine il Progetto “Casa dei genitori separati”, che permetterà a 15 papà in fase di separazione e adattamento di alloggiare per un tempo determinato. Inoltre il Comune di Milano, nel triennio successivo (2012-2014) darà particolare attenzione alle iniziative rivolte ai bisogni abitativi, attraverso azioni di housing sociale, in collaborazione con Enti del privato sociale. Si opererà per attuare un maggiore decentramento degli Uffici Adulti in Difficoltà al fine di conseguire più stretti rapporti di collaborazione con le altre agenzie pubbliche e private che intervengono a favore degli stessi soggetti o nuclei familiari, dare all’utente una maggiore facilità di accesso. Si provvederà a potenziare l’erogazione dei sussidi al “minimo vitale” al fine di consentire ad un numero maggiore di persone di aderire ad un percorso individualizzato che ha come obiettivo la ripresa di autonomia attraverso la ricerca di soluzioni abitative e lavorative. Accanto alle strutture già a disposizione dei senza fissa dimora presenti in città, verranno rafforzate e individuate strutture per far fronte alle necessità di categorie specifiche di utenti, come i clochard e i padri separati. Capitolo “obiettivi del settore politiche della famiglia”, in particolare paragrafo “ampliamento delle azioni di supporto alla genitorialità”. Si considera: a. La rete dei Custodi Sociali, ovvero una rete di porte sociali unificate per dare informazioni e ascolto alla famiglia in difficoltà. b. Spazio Neutro: questo servizio ha ampliato l’offerta di interventi a garanzia del cosiddetto diritto di visita e di relazione ovvero del diritto del minore di mantenere i rapporti con i propri genitori, ancorché di conflittualità elevatissima tra adulti. In particolare si vuole sostenere i genitori in conflitto perché raggiungano un buon accordo, una buona ed equilibrata regolamentazione dei loro rapporti in quanto genitori e quindi nell’interesse del figlio. c. Genitori Ancora GeA: l’unità d’offerta specializzata nella trattazione e mediazione delle situazioni di separazione con conflitti della coppia che ricadono sulle loro competenze genitoriali. In considerazione dei punti del Piano del Comune di Milano, si comincia ad intravedere un’attenzione particolare ai nuovi poveri e ai nuovi disagi sociali e familiari. Nella storia delle politiche sociali milanesi c’è sempre stato un impegno costante a far fronte a problemi nuovi, e quindi a diventare esempio per tutte le altre realtà territoriali soprattutto in tema di disagio sociale e famiglia. Si riconosce, quindi, la “fantasia” dei nuovi progetti. 3.2. Alcuni progetti del Comune di Milano. Oltre agli interventi individuati nel Piano di Zona, si considerano alcuni progetti “piccoli” rivolti ai padri o genitori separati del Comune di Milano. Successivamente verrà analizzato, in paragrafo a parte, quello che può essere definito come il progetto dei progetti, ovvero “La casa dei padri separati”, l’unico progetto “in grande”. I progetti, cd. piccoli, sono principalmente: 1) Consultorio per uomini. La Caritas, in collaborazione con il Comune di Milano; gestisce un consultorio maschile. Si tratta del secondo centro di consulenza per uomini a livello nazionale (il primo è a Bolzano). Il servizio è un importante centro di riferimento per uomini in situazioni problematiche. Il consultorio ha offerto nell’ultimo anno (2011) 1.561 colloqui di consulenza gratuiti. I temi più importanti toccati nei colloqui di consulenza sono problemi della personalità e relazionali con il partner e i figli. La Consulenza per uomini mette a disposizione degli uomini uno spazio protetto in cui possono affrontare liberamente ciò che li turba. Quando gli uomini si mettono in contatto, vengono aiutati a confrontarsi con i loro problemi. Nel corso del colloquio si cerca di chiarire quali sono i nodi più urgenti da sciogliere: se riguardano l’essere padre, partner, lavoratore o datore di lavoro, amico o collega – cerchiamo assieme delle vie d’uscita e nuove prospettive. L’equipe è composta per la maggior parte da uomini tra psicologi e psicoterapeuti e infine un assistente sociale. Si offrono consulenze specifiche per uomini, aderenti ai loro bisogni di informazione e accompagnamento. I colloqui di consulenza sono gratuiti e garantiscono un anonimato assoluto. 2) Progetto Ugualmente Genitori. È stato avviato sulla scia dell’esperienza realizzata con il Servizio di Mediazione Familiare per offrire un ventaglio più ampio di servizi per persone che incontrano l’esperienza della separazione fra coniugi. Uno dei servizi più consolidati che si offrono alle coppie sono i percorsi di mediazione familiare a cui possono accedere coppie già separate o in separazione, con o senza figli. Un servizio particolarmente innovativo che possono utilizzare le coppie con figli sono i Gruppi di Parola rivolti espressamente a bambini e ragazzi figli di genitori separati, che permettono loro di parlare di sentimenti, inquietudine e paure. Infine i Gruppi di scambio e sostegno, che sono un servizio rivolto ai singoli genitori e/o alle coppie che desiderano accedere a un supporto alla genitorialità continuativo: si prevede per ciascun gruppo una durata media di 10 incontri di 2 ore a cadenza quindicinale. L’accesso a tutte queste risorse è gratuito. 3) Percorso in gruppo per genitori separati, presso uno dei Consultori del Comune di Milano : sono previsti 8 incontri nei quali saranno affrontate tematiche inerenti le difficoltà educative, di comunicazione e di gestione sia relazionali, sia pratiche, dovute anche all’impossibilità di condividere la quotidianità da parte dei genitori separati. Durante gli incontri, guidati da uno psicologo e da un pedagogista, ogni partecipante potrà condividere le proprie difficoltà con i figli e trovare nuove soluzioni. L’invito è rivolto ad entrambi i genitori, ma la partecipazione può essere anche individuale. Tutti gli incontri sono completamente gratuiti poiché cofinanziati dal Comune di Milano e cofinanziati dalle parrocchie del Decanato. Il consultorio offre gratuitamente eventuali incontri di mediazione familiare richiesti dai partecipanti. C’è la possibilità di proseguire il progetto in tempi e modi diversi, più personalizzati e anche per istituzioni e altri territori parrocchiali. 4) Progetto “Lirica gratis per i padri”: Il Teatro dell’Opera di Milano prosegue nella scelta di portare la lirica nel teatro popolare firmando la prima stagione del genere allo Smeraldo e aprendo la strada alla solidarietà per i padri single offrendo ingresso gratuito attraverso l’Associazione di Volontariato per la tutela dei diritti dei figli nella famiglia separate. Nella stagione 2001-2012, il Teatro dell’Opera garantirà l’ingresso gratuito nel corso degli spettacoli per disabili e padri single: il Teatro dell’Opera di Milano aiuta i genitori separati in difficoltà, dando sostegno all’Associazione di Volontariato per la tutela dei diritti dei figli nella famiglia separata che gestirà la politica degli ingressi gratuiti. 3.3. Progetto “casa del papà” in difficoltà. Da alcuni anni, in alcune grandi città si sono creati abitazioni specifiche per i padri separati. A Milano ci sono due strutture protette specifiche per i papà: la principale è la Casa del padre separato, che si trova in Via Calvino; si tratta di un centro con 160 posti letto, con camere singole e doppie, con la mensa, un piccolo giardino, un spazio giochi per i figli e una biblioteca. Lo scopo è quello di fornire un primo e temporaneo alloggio ai padri separati legalmente al fine di poterli sostenere nelle fasi difficili di costituzione e ricostruzione della famiglia senza perdere l’importante ruolo e responsabilità genitoriale. Non è un dormitorio, in quanto i padri separati dovranno pagare una piccola quota, un affitto sociale pari a 100/150€. Questo progetto è nato dalla grave situazione dei dormitori di Milano, in particolare al dormitorio Gratosoglio, dove dormono 400 ospiti, di cui ad oggi 90 sono padri separati. Il pericolo è che questi padri da temporanei clochard diventino fissi. Il periodo di permanenza va da 8 a 12 mesi, periodo che fino adesso si è mostrato sufficiente a rimettere in piedi i papà separati. Si vuole creare un luogo dove si aiuta il papà e dove papà e bambino possano stare insieme, dove possano giocare. Il servizio offrirebbe, quindi, non solo supporto economico ai papà ma anche un aiuto nella ricostruzione padre-figlio. La residenza prevede una rete di protezione composta da un assistente sociale coordinatore, supporto psicologico, supporto legale, ed educatori. Infatti sono compresi i seguenti interventi: Servizi informativi e di consulenza legale atti ad assicurare la piena conoscenza da parte del genitore dei diritti dello stesso riconosciuti, finalizzati all’effettivo esercizio del ruolo genitoriale (in collaborazione con l’ordine degli avvocati a patrocinio gratuito e l’associazione matrimonialisti italiani), Percorsi di supporto psicologico diretti al superamento del disagio, al recupero della propria autonomia ed il mantenimento del ruolo genitoriale. Sulla base di questi interventi verranno organizzati gruppi di auto mutuo-aiuto (2 volte al mese) presso la Casa per i papà separati (in collaborazione con educatori e psicologi). Il gruppo di auto mutuo-aiuto vuol fare condividere alle persone il proprio vissuto, conoscersi e confrontarsi in uno spazio di scambio e reciproco sostegno. Incontri con l’assistente sociale per valutare la situazione di ogni singolo papà. Per quanto riguarda i soggetti coinvolti nel progetto, bisogna dividerli in due categorie: A) Partner. I partner sono coloro che collaborano con il Comune di Milano per la realizzazione di questo progetto e sono: 1. Associazione papà separati Lombardia: si tratta di un’organizzazione, senza fini di lucro e con l’azione diretta, personale e gratuita dei propri aderenti; ha lo scopo di promuovere la cultura della bigenitorialità nelle separazioni di fatto e di diritto, offrire un aiuto ed un sostegno sociale ed assistenziale ai genitori separati. 2. Associazione matrimonialisti italiani: ha sede distrettuale in tutte le Corti d’Appello. Offre soprattutto aiuti a livello giuridico. 3. Caritas Ambrosiana di Milano. 4. Associazione Banco alimentare Milano. È un’organizzazione no profit che aderisce alla rete nazionale Banco Alimentare. Quest’ultimo recupera le eccedenze alimentari e le ridistribuisce gratuitamente a Enti e Associazioni convenzionate che aiutano le persone in stato di bisogno. Ha come scopo quello di contribuire alla soluzione dei problemi della fame, dell’emarginazione e della povertà. 5. Centri per l’impiego. 6. Tribunale per i minorenni. 7. Educatori e Psicologi. 8. Centri di assistenza e mediazione familiare. B) Target. Come già è stato detto, la Casa per i papà separati è rivolta ad uomini dai 30 ai 59 anni che si trovano dopo la separazione in situazioni di crisi economica, personale e genitoriale. I requisiti che devono presentare per accedere alla “Casa” sono: il certificato di separazione, la presenza dei figli minori e infine un reddito ISEE inferiore a 20.000 euro annui. Questo progetto si rivolge a tutti quei papà che non ce la fanno a reggere economicamente la separazione. Quelli che si nascondo tra gli immigrati e i clochard nelle mense e nei dormitori dei poveri: uomini normali, con o senza lavoro, ma che non riescono a sostenere i costi della separazione. Gli obiettivi di questo progetto sono così riassunti: OBIETTIVI GENERALI OBIETTIVI SPECIFICI → promuovere una nuova visione ai professionisti coinvolti nei casi di separazione Importanza del ruolo paterno congiuntamente e divorzio a quello materno per la crescita del minore. → promuovere un più preciso passaggio di Diffondere la cultura della bigenitorialità. informazioni sulle fonti da consultare a livello legislativo → promuovere una conoscenza del fenomeno dei nuovi poveri Assicurare ai padri separati in situazione di difficoltà il diritto ad un sostegno per consentire loro di recuperare e rafforzare la propria autonomia. → creazione di luoghi di accoglienza per i papà separati (casa per i padri separati). → promuovere collaborazioni con centri per l’impiego. → sostegno e aiuti economici. Fornire consulenza, assistenza, sostegno e mutuo-aiuto secondo i principi di solidarietà a tutti i genitori e ai padri che, a causa della separazione, si trovano in difficoltà. → promuovere gruppi di sostegno tra i padri che hanno lo stesso problema. → creare percorsi psicologi personali e di gruppo. Tutelare e promuovere i diritti dei genitori non → sensibilizzazione e informazione della conviventi. situazione dei papà separati. → mediazione familiare. Per la realizzazione di questo progetto, sicuramente, fondamentale è stata la collaborazione tra il Comune di Milano e il terzo settore come Caritas e altre associazioni. Si è creata una rete. In questa progettualità il padre deve diventare protagonista attivo nel processo di cambiamento, acquisendo una maggiore autonomia e consapevolezza di sé. Oltre a questa “Casa”, ci sono altre due case per i padri separati sempre a Milano. La prima è data dal così detto Progetto Pilato, inaugurato a maggio 2010 a Rho. La Provincia di Milano in collaborazione con il Collegio dei padri oblati missionari e l’Associazione famiglie separate cristiane Onlus, mette a disposizione 15 camere a prezzi calmierati. Il progetto intende sostenere il diritto abitativo, offrendo allo stesso tempo una serie di servizi di supporto alla genitorialità e di accompagnamento: servizi per il lavoro, casa, formazione, ricollocazione professionale. Lo scopo, anche in questo caso, è di fornire un primo e temporaneo alloggio ai padri separati legalmente al fine di sostenere il genitore separato nelle fasi difficili. Con questo progetto l’Amministrazione provinciale di Milano pone al centro l’interesse per il minore e la sua relazione con i due genitori. La finalità, infatti, è quella che il minore possa ricevere dai propri genitori e in una condizione di protezione, un’educazione dove sia valorizzata al massimo la potenzialità del suo sviluppo educativo, fisico e psicologico. Emerge infatti in modo evidente, l’impossibilità per molti uomini separati, di far fronte al costo della vita e al potersi permettere di pagare il canone d’affitto di un appartamento sul libero mercato immobiliare. Non sapere dove vivere con certezza porta di conseguenza a dover affrontare altri tipi di problemi, come l’incapacità di gestire in modo continuativo e sereno le relazioni con i figli; l’incapacità di mantenere un giusto equilibrio con altri tipi di relazioni, come quelli parentali o amicali. La Provincia di Milano ha voluto caratterizzare il progetto “La casa dei papà separati di Rho” secondo una finalità ben precisa: consentire a questi genitori di poter continuare a svolgere con serenità ed equilibrio la loro funzione di padri nei confronti dei loro figli, in un luogo certo e sicuro, dignitoso e accogliente. I criteri per l’ammissione al progetto sono: 1) Soggetti ammissibili. Padri legalmente sposati, i quali devono presentare sentenza di separazione consensuale/giudiziale emessa dal Tribunale oppure richiesta di separazione depositata in Tribunale Per le situazioni di coppie di fatto, i papà devono presentare decreto del Tribunale dei minorenni oppure stato di famiglia che attesti lo stato di convivenza. Per tutte le situazioni, è da considerarsi inderogabile la presenza di figli minori o maggiorenni dipendenti, affidati stabilmente all’altro coniuge/genitore. Se escludono dall’accoglienza persone che presentano gravi problemi di salute a livello fisico e mentale, di tossico e/o alcool dipendenza attiva, incompatibili con il percorso di autonomia abitativa. In tutti i casi una commissione valuterà l’ammissione o meno di volta in volta, sulla base degli elementi raccolti e del loro impatto sulla relazione genitoriale. 2) Reddito. la Commissione effettuerà la valutazione del reddito residuo che rimane nella disponibilità del padre (tolte le quote di mantenimento ai figli e alla ex moglie/convivente, il pagamento di eventuale mutuo della casa coniugale ed altri eventuali oneri vari) per far fronte al proprio mantenimento e al pagamento di un affitto a prezzo di mercato. 3) Residenza. Di norma, il papà che richiede di essere ammesso alla casa deve essere residente in uno dei Comuni della Provincia di Milano. Il requisito della residenza del padre in Milano e Provincia viene superato qualora fossero i figli e la ex moglie/compagna a risiedere in Milano e provincia (al fine di assicurare la continuità degli affetti) oppure in casi del tutto eccezionali e previa valutazione della Commissione esaminatrice qualora il padre stia svolgendo la propria attività lavorativa in Milano e provincia (al fine di assicurare la continuità dell’attività lavorativa). Qui sotto vieni presentata la domanda per la partecipazione al progetto “La casa dei padri separati a Rho” (ai sensi della Deliberazione Giunta Provinciale nr. 179 del 27/4/2010). Alla PROVINCIA DI MILANO Area Sistema produttivo, Lavoro e Welfare Settore Politiche sociali Viale Piceno, 60 20129 - Milano DOMANDA PER LA PARTECIPAZIONE AL PROGETTO “LA CASA DEI PADRI SEPARATI A RHO” (ai sensi della Deliberazione Giunta Provinciale nr. 179 del 27/04/2010) __l__ sottoscritto/a_________________________________/________________________________________ (cognome in stampatello) (nome in stampatello) nato/a________________________________provincia___________________il___________________ Sesso M □ F □ cittadinanza_______________________________________ residente a _________________________________________ Via/Piazza_______________________________________________n._________________Provincia___ ______________ tel. __________________ cell. _____________________ e-mail _______________________________________________ e avente domicilio in (indicare solo se diverso dalla residenza) Via/Piazza_______________________________________n.______Comune_______________________ ___ (Prov.)______ CHIEDE di essere ammesso a partecipare al progetto sociale sperimentale “La casa dei padri separati a Rho” con l’utilizzo di una camera presso il Collegio dei Padri Oblati Missionari di Rho A tal fine: DICHIARA consapevole - ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 445/2000 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa e ai sensi degli artt. 75 e 77 delle sanzioni penali previste in caso di falsità in atti e di dichiarazioni mendaci: - di avere contratto matrimonio in data __/__/__/__/__/__/__/__/ con __________________________________________ - □ che con sentenza/provvedimento di omologazione del Tribunale Ordinario di ______________________________ in data ___________ è stata dichiarata la separazione consensuale/giudiziale oppure - □ che in data _______________ ha presentato ricorso al Tribunale Ordinario di _________________________per ottenere lo scioglimento / la cessazione degli effetti civili del matrimonio oppure (per le coppie di fatto) - □ di aver convissuto nello stesso nucleo con la signora ___________________________ dal__________ al__________ (produrre lo stato di famiglia) e/o - □ che in data_____________ il Tribunale per i Minorenni di _________________ha emesso decreto di affidamento - Di avere i seguenti figli: Cognome Nome nato a il C:F: SI IMPEGNA A - contribuire parzialmente alle spese di alloggio per un importo di € 200,00 mensili anticipati al Collegio dei Padri Oblati Missionari di Rho, - accettare le norme regolamentari vigenti presso la struttura del Collegio dei Padri Oblati Missionari di Rho - ad accettare di collaborare alla realizzazione di un eventuale progetto personalizzato di intesa con il gruppo di lavoro composto dai partner del progetto (Provincia di Milano – Area Sistema produttivo, Lavoro e Welfare – Settore Politiche sociali, Collegio dei Padri Oblati Missionari di Rho e Associazione Famiglie Separate Cristiane Onlus di Milano con l’eventuale collaborazione dei servizi sociali comunali e/o di Ambito) - ad utilizzare i servizi della struttura del Collegio dei Padri Oblati Missionari di Rho per un max di 8 mesi, salvo quanto previsto dal progetto personalizzato; DICHIARA INOLTRE - di essere a conoscenza che la Provincia di Milano in sede di istruttoria, potrà esperire accertamenti tecnici ed ispezioni e richiedere esibizioni documentali; - di impegnarsi a produrre la documentazione integrativa che la Provincia di Milano riterrà necessario acquisire, nonché a fornire ogni notizia utile, nei termini e modalità richiesti ai fini dell’istruttoria della domanda; - di aver preso visione dei criteri di ammissione al Progetto previsti dal regolamento - di essere a conoscenza che saranno considerati prioritarie quelle richieste provenienti da padri separati residenti all’interno dei Comuni appartenenti all’Ambito territoriale Rhodense ed eventualmente zone limitrofe. Alla presente dichiarazione si allega la seguente documentazione: 1. 2. Ultima dichiarazione dei redditi Fotocopia della carta d’identità DATA______________ FIRMA _________________________________________ La terza casa per i padri separati è individuata sotto il Progetto “Aus” (Accoglienza Uomini Separati): si tratta di un appartamento di 110 metri quadri in zona Loreto di proprietà della parrocchia San Luca e gestito dalla Caritas Ambrosiana. Il progetto è stato realizzato grazie al contributo del Gruppo Uni Banca e non si limita a offrire posti letto, ma un percorso di accompagnamento. Si prende in carico la persona con particolare attenzione al tema delle relazioni, a cominciare dal rapporto con i figli. Aus dovrebbe aiutare queste persone non solo per quanto riguarda l’aspetto abitativo, ma anche sul versante psicologico, sociale, legale. Ci sono 5 posti nelle due camere arredate, un piccolo studio, soggiorno, cucina e bagno. Gli ospiti solitamente si fermano minimo 6 mesi. Successivamente c’è il passaggio a un appartamento autonomo grazie alla collaborazione di altri enti. Il principale requisito richiesto è quello di avere una separazione alle spalle. Inoltre devono essere padri indipendenti dal punto di vista del lavoro in quanto l’occupazione costituisce un tassello importante della vita. Inoltre possono essere residenti a Milano o in provincia, italiani o stranieri; e infine devono contribuire con 200 euro al mese. La selezione dei padri avviene tramite selezione attraverso un colloquio con un assistente sociale del Sam (servizio accoglienza milanese). Se ci sono le condizioni dopo il primo colloquio, allora c’è un secondo incontro con la psicologa, che valuta se la persona è idonea a una convivenza o se potrebbe creare problemi. L’ultimo appuntamento è con gli educatori che invitano il candidato a cena e gli fanno visitare la casa, poi la scelta definitiva spetta a lui. Nella casa, tutta la settimana, sono presenti a turno due educatori che avranno il compito di sostenere gli ospiti nella ricerca di alloggio, ma soprattutto nel recupero della propria stabilità psicologica e nel superamento del trauma che spesso la separazione produce. Si conclude qui l’excursus sui padri separati della Regione Lombardia e si augura che si continui su questa strada per quanto riguarda soprattutto la realizzazione di progetti. CAPITOLO III LA RISPOSTA DI LIGURIA, IN PARTICOLARE DI GENOVA. 1. LA REGIONE E LE SUE POLITICHE. Per capire gli interventi rivolti ai padri separati, nel caso regionale, come è già stato detto, è necessario dare prima un quadro generale delle politiche sociali regionali per la famiglia, in modo da individuare l’impostazione socio politica della regione. La regione Liguria, a livello di politiche della famiglia, non vanta una tradizione come la regione Lombardia. Comincia solo ora a considerare la famiglia come nucleo da preservare. Se a livello familiare c’è poco o meglio è da poco che si ha qualcosa a livello normativo, per i padri separati vige una legge tutta per loro. Prima di parlare della Legge Regionale n. 34/2008 (norme per il sostegno dei genitori separati in situazione di difficoltà), si analizza il pilastro di tutte le politiche sociali ligure ovvero la Legge Quadro n. 12 del 2006 – Promozione del sistema integrato di servizi sociali e sociosanitari. In questa legge si danno le linee guida del sistema integrato e l’assetto organizzativo del servizio sociale professionale. Si precisa che il sistema integrato è rivolto: 1) alla valorizzazione, alla promozione e al sostegno della persona e della famiglia, con prioritario riferimento alle situazioni di fragilità o a rischio di esclusione sociale.; 2) alla promozione della cittadinanza attiva delle persone e al sostegno delle organizzazioni di rappresentanza e tutela sociale riconoscendo la centralità delle comunità locali per il miglioramento della qualità della vita e delle relazioni; 3) alla formazione alla socialità e alla prevenzione dei fattori del disagio sociale, ponendosi come obiettivo il superamento delle condizioni che ostacolano la piena partecipazione delle persone alla vita sociale. Inoltre si sottolinea (art. 20) che il sistema integrato si fonda sul riconoscimento e sul ruolo delle persone e della famiglia, quale nucleo essenziale della società e formazione sociale indispensabile per la crescita, per lo sviluppo e la cura delle persone, per la tutela della vita umana, del diritto di tutti i cittadini all’informazione, alle prestazioni essenziali, alla flessibilità degli interventi e alla libera scelta dei servizi. E ancora, la Regione promuove e favorisce, all’interno del sistema integrato, politiche di sostegno alla famiglia, valorizzando le responsabilità genitoriali e le attività di cura per i componenti più fragili. Pertanto il sistema integrato: a) Nel rispetto delle convenzioni etiche dei cittadini, favorisce la maternità e la paternità responsabili, valorizza e sostiene il ruolo essenziale delle famiglie nella formazione e nella cura della persona durante tutto l’arco della vita, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale, b) Sostiene le famiglie nei momenti di difficoltà e disagio, promuove la solidarietà fra le generazioni, la parità di genere e sostiene il nucleo familiare negli impegni di cura e di educazione dei figli, nella tutela della salute degli anziani, nella assistenza alle persone disabili o non autosufficienti, c) Sostiene la cooperazione e il mutuo aiuto delle famiglie promuovendo esperienze di solidarietà e di auto-aiuto. All’interno della legge si mettono in evidenza politiche specifiche; pertanto, ai fini della ricerca padri separati si considerano le politiche a favore della famiglia (art. 31) e azioni per favorire l’inclusione sociale (art. 40). Per quanto riguarda le politiche a favore della famiglia non si parla di genitori separati: non vengono prese in considerazione eventuali conflittualità. Questa mancanza è da sottolineare come un vuoto delle politiche liguri. Un piccolo accenno al rapporto di coppia si può leggere al comma 2, art. 31 in cui si afferma che «La regione sostiene e promuove le attività dei consultori familiari, che, nell’ambito delle funzioni previste dalla normativa vigente statale e regionale nonché dagli atti di programmazione sanitaria e sociale, svolgono funzione di prevenzione, educazione e promozione del benessere psico-fisico-relazionale del singolo, della coppia e della famiglia» Bisogna, quindi, ricavare da questi pochi punti, delle politiche di sostegno alla genitorialità. I padri separati, essendo considerati “nuovi” poveri, possono rientrare nelle Azioni per favorire l’inclusione sociale (art. 40), in cui si sottolinea che le politiche per le persone a rischio di esclusione sociale comprendono un insieme di interventi e servizi volti a prevenire e ridurre tutte le forme di emarginazione, anche con riferimento alle forme di povertà estrema. In particolare si fa riferimento alle persone che non dispongono di beni primari, alle povertà estreme e alle persone senza fissa dimora. Inoltre per la rimozione delle cause di disagio sociale enti locali realizzano programmi e percorsi protetti per la qualificazione professionale e l’avvio al lavoro anche tramite tirocini, laboratori e forme di sostegno economico. Si può concludere che nella Legge regionale 12 del 2006 ci sono molte mancanze a livello di politiche relativamente alla genitorialità e alle conseguenze legate alla separazione. Forse per sopperire a tali mancanze nel 2008 è stata approvata la Legge Regionale n. 34 – Norme per il sostegno dei genitori separati in situazione di difficoltà – che fissa il principio secondo cui la Regione Liguria riconosce l’importanza del ruolo paterno congiuntamente a quello materno per la crescita psicofisica dei minori nelle diverse fasi della loro vita; questo riconoscimento è essenziale e determinante per la concreta realizzazione di pari opportunità di diritti tra uomo e donna nonché per la tutela dei minori, che devono poter mantenere un rapporto significativo con entrambi i genitori anche dopo la loro separazione. La necessità di confermare questo principio deriva dalla consapevolezza della situazione di estrema difficoltà economica e psicologica spesso sofferta dai padri a seguito di procedimenti di separazione. La presente legge si pone come obiettivo quello di assicurare ai padri separati in situazione di difficoltà il diritto ad un sostegno per consentire loro di recuperare e rafforzare la propria autonomia. Prevede la promozione ed il sostegno alla realizzazione di Centri di Assistenza e Mediazione Familiare a favore dei padri separati in situazione di difficoltà. La Regione promuove tutte quelle iniziative atte a ristabilire condizioni di effettiva parità di diritti tra uomo e donna nello svolgimento del proprio ruolo genitoriale in regime di separazione, nonché tutela del minore nel beneficiare della presenza di entrambi i genitori. Si presenta qui sotto la Legge considerata. LEGGE REGIONALE 7 OTTOBRE 2008 N. 34 Norme per il sostegno dei genitori separati in situazione di difficoltà. Il Consiglio regionale - Assemblea Legislativa della Liguria ha approvato. IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA Promulga la seguente legge regionale: Articolo 1 (Principi e finalità) 1. La Regione riconosce l’importanza che i ruoli materno e paterno rivestono nelle diverse fasi della crescita psicofisica dei minori e assume il principio del mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo dei figli con entrambi i genitori, anche dopo la separazione dei coniugi. 2. La Regione, in attuazione del disposto del comma 1, promuove interventi in favore dei genitori separati, finalizzati al recupero e alla conservazione dell’autonomia e di un’esistenza dignitosa degli stessi. 3. In particolare, i benefici di cui alla presente legge hanno la finalità di garantire a padri e madri separati che vengano a trovarsi in situazione di grave difficoltà economica e psicologica, a seguito di pronuncia dell’organo giurisdizionale di assegnazione della casa familiare e dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento all’altro coniuge, le condizioni per svolgere il loro ruolo genitoriale. Articolo 2 (Azioni regionali) 1. Per le finalità di cui all’articolo 1, la Regione, in particolare, svolge le seguenti azioni: a) promuove protocolli di intesa tra Enti locali, Istituzioni ed ogni altro soggetto operante in tute la dei minori e a sostegno dei genitori separati, diretti alla realizzazione di reti e sistemi articolati di assistenza in modo omogeneo sul territorio regionale; b) promuove interventi di tutela e di solidarietà in favore dei genitori separati in situazione di difficoltà, attraverso la realizzazione dei Centri di Assistenza e Mediazione Familiare di cui all’articolo 3. Articolo 3 (Centri di Assistenza e Mediazione Familiare) 1. La Regione, nell’ambito degli interventi di cui alla legge regionale 24 maggio 2006, n. 12 (Promozione del sistema integrato di servizi sociali e sociosanitari), promuove e sostiene la realizzazione di Centri di Assistenza e Mediazione familiare, al fine di fornire un sostegno alla coppia in fase di separazione o divorzio per raggiungere un accordo sulle modalità di realizzazione dell’affidamento congiunto, previsto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli). 2. I Centri di cui al comma 1 sono inseriti negli strumenti di programmazione territoriale previsti dalla l.r. 12/2006, operano in stretta collaborazione con la rete dei consultori e possono essere costituiti nel numero di uno per ogni territorio afferente le Aziende sanitarie locali. 3. Tali Centri possono essere promossi e gestiti da associazioni e organizzazioni del Terzo Settore non aventi finalità di lucro, con almeno cinque anni di esperienza nello specifico settore. Articolo 4 (Programmi di Assistenza e Mediazione Familiare) 1. La programmazione distrettuale di cui alla l.r. 12/2006 valorizza gli interventi previsti dalla presente legge e, in particolare, i programmi che prevedano: a) alloggi, anche temporanei, nei quali possono essere ospitati i genitori separati che si trovano in condizioni di grave difficoltà economica, qualora la casa familiare sia stata assegnata all’altro coniuge separato; b) servizi informativi e di consulenza legale atti ad assicurare la piena conoscenza da parte del genitore dei diritti allo stesso riconosciuti, in caso di separazione, dal diritto di famiglia, finalizzati all’effettivo esercizio del ruolo genitoriale, nonché alla vigilanza sull’effettiva giusta osservanza dei principi e delle norme di cui alla legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) e alla l. 54/2006; c) percorsi di supporto psicologico diretti al superamento del disagio, al recupero della propria autonomia ed al mantenimento del ruolo genitoriale. Articolo 5 (Finanziamento dei Centri di Assistenza e Mediazione Familiare) 1.Il Piano Sociale Integrato Regionale di cui all’articolo 25 della l.r. 12/2006 individua le risorse finanziarie e le modalità di finanziamento dei Centri di Assistenza e Mediazione Familiare e dei programmi previsti dagli articoli 3 e 4. 2.La Regione, nella programmazione delle politiche abitative ovvero nelle sue azioni e misure attuative, individua le risorse finanziarie e le modalità di finanziamento dei programmi previsti dall’articolo 4, comma 1, lettera a). 3.La Giunta regionale può finanziare iniziative di rilevanza regionale anche a carattere sperimentale. Articolo 6 (Monitoraggio) 1. La Regione svolge un’azione di monitoraggio sull’impiego delle risorse per verificare l’andamento e la funzionalità dei Centri di Assistenza e Mediazione Familiare e dell’assegnazione degli alloggi, nonché sull’efficacia dei programmi finanziati. Articolo 7 (Norma finanziaria) 1. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede mediante l’utilizzo dello stanziamento dell’U.P.B. 10.101 “Fondo per le politiche sociali”, per le spese di parte corrente, e dell’U.P.B. 10.201 “Fondo per le politiche sociali”, per le spese in conto capitale, dello stato di previsione della spesa del bilancio per l’anno finanziario 2008. 2. Agli oneri per gli esercizi successivi si provvede con legge di bilancio. La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Liguria. Data a Genova, addì 7 ottobre 2008 IL PRESIDENTE Claudio Burlando Sul tema specifico, quindi, la Liguria è in posizione di assoluta avanguardia rispetto alle altre Regioni italiane. La legge in esame viene considerata una buona legge e un contributo originale su cui riflettere magari per inserirla in un contesto più ampio. Si precisa che questa legge non vuole essere una legge contro le donne, né rivendicativa; ma solo una legge a sostegno per consentire ai padri di poter fare i padri. Quello che emerge è che la regione Liguria ha una forte consapevolezza del problema. Infine ultima norma emana in Liguria che potrebbe riguardare i padri separati è la Legge regionale n. 6 del 2009 – Promozione delle politiche per i minori e i giovani – una norma che non riguarda direttamente i genitori separati ma una norma che ricorda il diritto dei minori ad avere entrambi i genitori. In particolare la legge riconosce nella famiglia l’ambito naturale e prioritario di crescita dei minori, attuando la piena realizzazione dei diritti e doveri dei genitori, del diritto del minore ad avere una famiglia, della protezione e cura del minore. In particolare l’art.2 della presente legge dichiara che la Regione si propone di: a) Sostenere la famiglia, mediante un sistema di promozione e di protezione sociale attivo, caratterizzato dalla costituzione di una rete integrata dei servizi educativi, sanitari e sociali, nonché dallo sviluppo delle reti di solidarietà di auto-mutuo aiuto fra le famiglie stesse. b) Promuovere la maternità e paternità responsabile. Ma ancora l’articolo 19 (Prevenzione e contrasto dell’abbandono minorile) afferma che la Regione sostiene il sistema integrato territoriale nella realizzazione di misure di sostegno alle competenze genitoriali volte a eliminare gli ostacoli che ne impediscono il corretto esercizio. Dalla normativa analizzata si può evincere che la Liguria è una delle regioni che combatte la problematica dei papà: il suo lavoro è da prendere come esempio. Quindi un voto positivo per la Liguria ma i quesiti che emergono sono: quanto la Regione ha messo in atto tale normativa? Sono stati fatti servizi che rispondono alle aspettative? Per rispondere è necessario analizzare i servizi che ci sono sul territorio ligure. 1.1. Servizi e interventi Liguri, a favore dei padri separati. Nel capitolo precedente si è messa in evidenza l’innovazione della Regione con la normativa a sostegno dei padri separati ma si è concluso sottolineando che non si sa quanto i servizi e, quindi, i comuni si siano adeguati a tale normativa. Prendendo in esame tutta la Regione Liguria, ad esclusione del Comune di Genova a cui verrà dedicato un capitolo a parte, ci soffermiamo su alcuni interventi sporadici che sono stati messi in campo da diverse zone della Liguria; alcuni di questi sono: - Casa Papà di Savona, iniziativa dell’associazione “la Luna di Papà” (associazione specializzata nelle problematiche della famiglia in caso di separazione) in collaborazione con la cooperativa “Progetto Città”. Si tratta di un appartamento arredato con sei posti letto e spazi comuni, come un salone, la cucina e i servizi. Nella stessa sede sorgerà il Centro servizi per la famiglia, composto da esperti (psicologo, commercialista, mediatore familiare, avvocato, assistente sociale, nutrizionista, pedagogista). - Opuscolo “alcuni consigli... per proteggere i figli in caso di separazione” creato dalla Provincia di Savona in collaborazione con l’associazione “La Luna di Papà”. I genitori si separano e i primi a pagarne le conseguenze sono i figli. È un diritto dei bambini continuare ad avere due genitori. Nell’opuscolo si cerca di analizzare le diverse problematiche che si verificano in caso di separazione e i nuovi rapporti che si instaurano (con nonni, zii e cugini di entrambi i genitori) attraverso 3 personaggi Bruno (il papà), Lara (la mamma) e Stecco (il figlio). Dell’opuscolo sono state realizzate 3.000 copie e distribuite in tutto il territorio della Provincia di Savona (nei Servizi Sociali dei Comuni, nei distretti socio-sanitari dell’Asl, negli studi di Avvocati). - “Punto di reincontro “del Comune di Savona: uno spazio accogliente riservato agli incontri tra genitori e figli, qualora siano costretti a vivere separati e dove, a tutela del minore, il loro incontro debba essere protetto. Il punto di reincontro viene utilizzato quando il Tribunale dispone che un minore possa incontrare il/i genitore/i solo alla presenza di una figura educativa e in un ambiente neutro. E´ un locale arredato allo scopo e dotato di giochi per favorire l´incontro ed accogliere nel miglior modo possibile il bambino. È rivolto a bambini e genitori che, temporaneamente o definitivamente, non possono vivere insieme, oppure a bambini figli di genitori separati per incontrare il genitore non affidatario, qualora la situazione sia complessa e conflittuale. Il servizio è gratuito per le famiglie dei minori residenti nel territorio del Distretto Sociosanitario Savonese e seguite dai servizi sociali degli ambiti sociali. - Centri di Assistenza e Mediazione Familiare in tutta la Regione Liguria. La Legge n. 34 del 2008 (Norme a sostegno dei genitori separati in situazione di difficoltà) aveva previsto come azione principale la realizzazione di Centri di Assistenza e Mediazione Familiare. Sulla base di questo i distretti sociosanitari, in stretta collaborazione con i consultori familiari, attivano servizi di mediazione familiare, proponendo un percorso che offra ai genitori separati o in corso di separazione, un contesto strutturato, in cui il mediatore familiare possa sostenerli nella relazione e nella gestione del conflitto. Gli obiettivi dei servizi di mediazione familiare sono: 1. Diffondere una diversa cultura della separazione, incentrata sul riconoscimento dell’importanza della continuità dei legami genitoriali, della collaborazione e della comunicazione necessaria a mantenere stabili e significativi rapporti con i figli; 2. Aiutare i minori nelle situazioni in cui avviene la separazione dei genitori in maniera conflittuale; 3. Promuovere la corresponsabilità dei genitori negli impegni di cura nei confronti dei figli; 4. Sostenere la genitorialità del singolo genitore separato che desidera un confronto sul rapporto con i figli e con l’altro genitore. Per il raggiungimento degli obiettivi indicati, i servizi di mediazione familiare devono: a. Poter disporre di uno spazio neutrale in cui i genitori possano confrontarsi fra loro sugli aspetti che riguardano la relazione affettiva ed educativa dei propri figli; b. Prevedere gruppi di confronto fra genitori separati, rivolti a chi desidera condividere dubbi e difficoltà con chi vive la stessa esperienza; c. Fornire servizi informativi e di consulenza legale atti ad assicurare la piena conoscenza da parte del genitore dei diritti allo stesso riconosciuti, in caso di separazione, dal diritto di famiglia. Oltre a questi interventi, la Liguria non presenta altre iniziative a favore dei padri separati o della bigenitorialità. Vi è, quindi, un vero e proprio vuoto per quanto riguarda servizi e interventi a favore dei padri separati. C’è poco e quel poco non risponde completamente ai reali bisogni. La Legge n. 34 del 2008 era partita come legge a favore dei padri separati, una drammatica realtà che nulla toglie ai problemi delle mamme separate, ma che esiste e ha forti ripercussioni soprattutto sui figli. La Liguria era partita per prima ed era poi stata seguita da altre Regioni e la legge era stata approvata dal Consiglio all’unanimità. È mancato però il passaggio culturale per concretizzare gli interventi prefigurati, cioè non ha avuto nessuna ricaduta sul territorio. «Se la Regione fa un intervento specifico su un problema è chiaro che mira a risolvere quello. Non è stato fatto niente su questa legge. I centri di assistenza famigliare esistono da più di dieci anni, ma la legge parla di un altro genere di centri dove dare anche assistenza legale. Per il sostegno al reddito, che riguarda soprattutto i figli, non è stato fatto nulla. In questo modo si offendono le aspettative e le legittime richieste di gente che soffre e di conseguenza fa soffrire i propri figli82». Se si confronta la realtà ligure a quella lombarda è una situazione decisamente drammatica. Quello che sembrava un elemento di innovazione e avanguardia, si è rivelato del tutto improduttiva. In conclusione una legge che c’è ma che non viene attuata, è una legge inutile. Nel caso specifico è servita solo a fare da input alle regioni. 2. IL COMUNE DI GENOVA E I SUOI PROGETTI. Come l’intera Regione Liguria, anche il Comune di Genova presenta poche iniziative nei confronti dei padri separati. Prima di considerare i servizi e i progetti rivolti ai padri, sarebbe necessario analizzare il Piano di Zona del Comune di Genova, in quanto (come è già stato detto) costituisce strumento strategico per il coordinamento, la partecipazione e la programmazione dei servizi alla persona in ambito locale. Non è stato possibile, però, ai fini della ricerca, analizzare in Piano di Zona del Comune di Genova, in quanto l’unico documento disponibile riguarda l’anno 2004: troppo datato se si considera che la legge sull’affido condiviso è del 2006 e che quindi le problematiche legate ai padri separati sono relativamente recenti. 82 Commento di Alessio Saso, membro dell’associazione papà separati Liguria, nel parlamentino ligure in un’interpellanza sullo stato di applicazione e sull’entità dei finanziamenti relativi alla legge regionale 34/2008 “Norme per il sostegno dei genitori separati in situazione di difficoltà”. Proprio per questi motivi, al fine di individuare le linee politiche del Comune, sono state prese in considerazione le Linee Programmatiche 2009-2011; tali linee sono relative alle azioni ed ai progetti da realizzare. Rappresentano le coordinate del programma, le modalità con le quali dare attuazione al programma amministrativo, stabilendo le priorità e i mezzi per realizzarlo. Gli obiettivi di programma riguardano la famiglia, i giovani, le persone disabili etc. 2.1. Le Linee programmatiche del Comune di Genova. Per quanto riguarda il solo Comune di Genova, come detto qui sopra, si prende in considerazione il testo “Linee Programmatiche 2009-2011”, il quale sottolinea la promozione di un sistema di welfare comunitario all’interno delle politiche dello sviluppo locale, quindi verso un’idea di città che al centro ha la persona. All’interno delle linee programmatiche ci sono alcuni punti che potrebbero riguarda i padri separati. Infatti le politiche del welfare community del comune di Genova hanno come primo obiettivo strategico il rilancio delle politiche sociali rivolte alla popolazione fragile. Di conseguenza si prevedono azioni rivolte al mantenimento del sostegno alla popolazione fragile come: Mantenimento attraverso una razionalizzazione delle risorse dei livelli di intervento domiciliare, semiresidenziale, residenziale, di sostegno alla famiglia e di integrazione al reddito per la popolazione in condizione di difficoltà; Analisi dei bisogni di servizi e sostegno sociale della popolazione a partire da minori ed adolescenti; Costruzione di politiche di compartecipazione dei cittadini al costo dei servizi maggiormente correlate alle Politiche fiscali. Il secondo obiettivo strategico consiste nell’aumentare il patrimonio abitativo destinato alla locazione e di conseguenza si prevede un sistema per l’emergenza abitativa, composto da: Realizzare un sistema di abitare sociale protetto per fasce e soggetti deboli; Gestione di procedure e risorse abitative ed economiche per dare risposta transitoria alle più gravi emergenze abitative; Aumentare la conoscenza sull’emergenza abitativa e sull’abitare protetto. Si prevede, inoltre, sempre per l’obiettivo “aumentare il patrimonio abitativo” il promuovere intese pubblico-private per il recupero di edifici interamente non occupati, di proprietà privata, come Istituti Diocesani, Istituti religiosi etc. 2.2. I Progetti. Sulla base di queste Linee programmatiche e su quanto detto fino adesso riguardo alle politiche della Liguria, si presentano alcuni progetti ed interventi a favore dei padri separati del Comune di Genova: 1. Contributo una tantum a favore di giovani coppie, nuclei monoparentali e genitori separati. La finalità che l’amministrazione si pone con l’istituzione di questo servizio è di sostenere attraverso l’erogazione di un contributo UNA TANTUM le giovani coppie, i nuclei monoparentali e i genitori separati nel pagamento delle spese di locazione della casa. I genitori separati devono avere un’età non superiore a 45 anni con figli a carico la cui sentenza di separazione sia stata pronunciata successivamente alla data del 1° gennaio 2009. In caso di affido condiviso il contributo potrà essere erogato nella misura del 50% a ciascun genitore per l’importo massimo erogabile. 2. Daddy Day Camp di Genova. Si fa riferimento in questo caso alle classiche vacanze con i papà. È difficile condividere l’estate con qualcuno col quale ci sia stata poca intimità o si sia persa la confidenza e non è semplice far rinascere “un’amicizia” con una figura adulta che in nessun caso devo giocare a fare la mamma. I padri sono attentissimi a questo e cercano le vacanze su misura di piccolissimi. A Genova sono nate le Daddy Day Camp, giornate di sport in cui padre-figli possono stare insieme e recuperare un po’ di tempo perduto. Solitamente sono giornate o weekend che vengono organizzati da aprile a fine settembre. In queste giornate vengono programmate attività o date convenzioni per piscine, spiagge, parchi divertimento etc. L’obiettivo principale è quello di far passare del tempo ai più piccoli con i propri padri, in modo da ricostruire/rafforzare il legame padre-figlio. 3. Progetto all’Auxilium. Nel quartiere di Quezzi, nell’ex convento nascono monolocali arredati che sono affidati a padri separati senza fissa dimora. Al comando dell’operazione c’è la Caritas mentre a supporto vi è il comune di Genova. Il periodo di permanenza nel monolocale è limitato, giusto per permettere ai padri di trovare una migliore sistemazione senza comunque il rischio di finire in mezzo ad una strada e nello stesso tempo con la possibilità di vedere i figli in un luogo accogliente. Inoltre, per quelli che non riescono ad entrare nei monolocali, il Comune di Genova mette a disposizioni alloggi in affitto a 200€. Questi interventi presentati sono gli unici progetti nel Comune di Genova a favore dei padri separati. Si può notare sicuramente una contraddizione: una regione che ha presentato per la prima volta in tutta Italia una legge a favore dei genitori separati e poi presenta pochi interventi a livello pratico. Sorge spontanea la domanda “perché?”; possono essere tante le motivazioni: per mancanza di soldi, per poca conoscenza del reale bisogno da parte degli addetti ai lavori, per poca fantasia di creare interventi, etc. La situazione è, comunque, questa: in Liguria c’è una legge non applicata e non ci sono risposte adeguate ad un nuovo bisogno, che poi tanto nuovo non è più. PARTE IV LE ASSOCIAZIONI DI PAPA’ SEPARATI E IL RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEL PROCESSO D’AIUTO AI PAPA’. CAPITOLO I L’ASSOCIAZIONISMO DEI PAPA’ INTRODUZIONE. La scelta del padre come genitore affidatario residuale, cioè conseguente a situazioni molto particolari che fanno della madre un soggetto non idoneo all’accudimento dei figli, ha provocato molte proteste tra i padri “esclusi” dalla vita quotidiana dei figli e favorito il nascere di associazioni ed enti non profit83. È sempre più consistente la presenza sul territorio nazionale di gruppi di uomini impegnati a difendere l’immagine del padre e l’identità paterne: ad esempio, l’associazione padri separati di Bologna, l’associazione papà separati con sede centrale a Milano, l’associazione padri separati e padri e madri entrambe di Verona, Padri negati di Roma, Gesef- genitori separati dai figli di Roma, l’associazione figli negati, l’associazione papà separati Liguria etc. Alcune di queste associazioni si incontrano e si uniscono in movimenti o danno vita ad appelli, manifestazioni, marce, campagne e rivendicazioni dei diritti degli uomini. 83 FRANCA BIMBI e ROSSANA TRIFILETTI, Madri sole e nuove famiglie, (capitolo 7). All’ombra delle cure materne. La costruzione della paternità), EdizioniLavoro. 1. UN PO’ DI STORIA. La sera del 20 maggio 2006 un gruppo del movimento inglese Father for Justice84 irrompe negli studi della BBC durante la diretta della BBC1 National Lottery del sabato sera. I sei militanti entrano indossando una maglietta ed esibendo dei cartelli con la scritta «Lotteria della Legge di famiglia. La prossima volta potrebbe toccare a te». Il gruppo fondato da Matt O’Connor non era nuovo a questo genere di interventi di forte impatto mediatico che costituiscono anzi la loro peculiare modalità di intervento. Anche se con meno aggressività, molti gruppi italiani hanno ricalcato atti e simbologie degli omologhi inglesi: le manifestazioni di uomini vestiti da Babbo Natale, gli show di Batman nostrani, le manifestazioni davanti ai Tribunali. Ma il movimento italiano dei padri separati si è ispirato non soltanto alla scena inglese ma anche a quella americana. Dagli USA è arrivata la Million Dads March, che ha avuto origine a Oklahoma City, e che raccoglie eventi nelle due settimane precedenti al Fathers’ Day, sostenuti da un network di associazioni di padri separati85. Ispirandosi a questo network internazionale anche le associazioni italiane di padri e genitori hanno dato vita alla “Marcia per la bigenitorialità”. In generale, tuttavia, rispetto agli omologhi inglesi e americani, i gruppi italiani sembrano contare un po’ meno sul grande impatto mediatico e di più sulle espressioni dirette verso amministratori e istituzioni. 84 Questo movimento è stato fondato nel 2002 da Matt O’Connor, un consulente di marketing, dopo un’esperienza traumatica di divorzio. Nel 2004 il movimento si diffonde con proprie branche in Olanda e Canada e nel 2006 anche in Australia, Stati Uniti e Italia. 85 ELISABETTA RUSPINI e ELENA DELL’AGNESE, Mascolinità all’italiana (Capitolo 10). Disposti alla cura? Il movimento dei padri separati tra rivendicazione e conservazione di Marco Deriu), UTET Libreria 2007. I primi passi di questo movimento si hanno nel 1988 quando nasce in Italia uno dei primi soggetti attivi nello studio e nella promozione della paternità. Si tratta dell’Istituto di Studi sulla Paternità (ISP). L’ISP si propone di promuovere lo studio della paternità con particolare riguardo agli aspetti psicologici, pedagogici, sociali, giuridici, nonché di tutelare e valorizzare funzioni e ruoli paterni nella società, stimolando su questa tema una nuova sensibilità sociale. L’anno precedente con la legge con la legge n. 74/1987 relativa alle Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio, era stata introdotta anche la possibilità dell’affidamento congiunto o alternato. Ma nei fatti le decisioni della magistratura non si dimostrarono favorevoli alla sua effettiva applicazione. Per reagire a questa situazione a partire dai primi anni ’90 cominciarono a nascere in Italia associazioni di padri; ma il boom si ebbe dopo la legge 54/2006 sull’affido condiviso. Ad oggi, navigando su internet, è possibile trovare molti siti di associazioni di padri separati presenti ormai in tutta Italia, che si occupano di fornire informazioni e supporto a tutti quei padri che vedono privarsi della possibilità di intessere un rapporto con il proprio figlio. Le associazioni, infatti, sono semplicemente enti costituiti da un insieme di persone fisiche o giuridiche legate dal perseguimento di uno scopo comune. Molte volte sono gli stessi avvocati, psicologi, etc. che prendendo in carico il cliente-papà, si preoccupano di indirizzarlo verso associazioni presenti nella propria città per avere la possibilità di ricevere aiuto da altri padri che condividono la loro stessa problematica. 1.1 Le associazioni più significative86. In Italia ci sono diverse associazioni di papà, ma le più famose sono le seguenti: 1) Padri Separati. Nata nel 1991, è presieduta da uno psicologo e psicoterapeuta. L’associazione ha la propria sede centrale a Bologna e sedi e coordinatori distaccati in diverse regioni. Ha stimolato la nascita di una linea “Pronto Papà”, ovvero un servizio di counseling personale gratuito che si autodefinisce un “pronto soccorso” per i Padri separati dai figli e figli separati dai padri. Ha organizzato inoltre numerosi convegni e iniziative pubbliche sul tema della paternità e della separazione. Gli scopi dell’associazione sono quelli di garantire a ogni figlio la presenza stabile di entrambi i genitori, e di difendere e rafforzare la genitorialità nella sua duplice dimensione di maternità e paternità. L’associazione ha un’ala politica, il “Movimento Padri Separati”, nato nel 1994, con l’obiettivo di essere presenti nel momento elettorale per diffondere la propria visione della realtà e della Società, con particolare riguardo alla famiglia. L’associazione mette a disposizione dai propri soci diversi servizi: attività di consulenza legale, psicologica, informazioni e consigli pratici sul rapporto con i figli, con le ex partner, su come gestire separazioni e conflitti. Assicura poi una raccolta di dati e sentenze sulla paternità e la separazione e organizza gruppi di incontro e solidarietà tra i padri. 86 ELISABETTA RUSPINI e ELENA DELL’AGNESE, Mascolinità all’italiana, UTET Libreria, 2007. 2) Crescere Insieme. Nata nel 1993. Si tratta di un’associazione nazionale costituita da persone – indifferentemente uomini e donne, sposate e non, con figli e senza il cui obiettivo primario è ripristinare il diritto del minore di mantenere rapporti continuativi e significativi con entrambi i genitori, ancorché separati. Ha sede a Firenze ma vanta numerosi referenti provinciali nel resto del paese. L’associazione è impegnata in attività di ricerca e di studio nell’ambito del diritto di famiglia e nella promozione di una maggiore sensibilità attorno al tema delle crisi familiari e della gestione della separazione. L’affidamento dei figli a un solo genitore, innesca o esalta una forte conflittualità per cui eliminare o ridurre i motivi principali dei rancori può rendere possibile anche un recupero delle intese di coppia, o quanto meno salvare il legame genitoriale, assicurando una sopravvivenza al primitivo progetto familiare. L’associazione offre sostegno e servizi alle persone che stanno affrontando l’esperienza della separazione offrendo gratuitamente mediazione familiare e consulenze giuridiche; attualmente l’associazione nel promuovere una corretta interpretazione della legge sull’affido condiviso. 3) Papà separati. L’associazione per la tutela dei diritti dei figli nella separazione, nata nel 1998, ha sede legale a Napoli e gravita soprattutto su Milano e Napoli. Oltre a queste due città, l’associazione ha sedi distaccate in diverse città italiane. È una delle realtà più grandi e significative di tutto il movimento. L’associazione nasce dalle necessità di fornire a tutti i genitori, che vogliono vivere la loro paternità o maternità con consapevolezza e partecipazione, un punto di riferimento di carattere psicologico, pedagogico, e legale. L’associazione intende lavorare nell’ambito della prevenzione, attraverso un’opera di divulgazione e di promozione di nuove regole più adatte alle necessità dei figli. Si propone come punto di riferimento per quanti hanno problemi legati alla paternità e alla maternità di carattere psicologico ma soprattutto legale e come Ente di raccordo fra i genitori separati e le pubbliche istituzioni. Promuove studi e ricerche sulla paternità e ha partecipato alla stesura delle proposte di leggi miranti a modificare le tradizionali modalità di attuazione della separazione in Italia. Offre consulenza legale e psicologica di supporto e di mediazione familiare; organizza incontri pubblici e raccoglie articoli e documenti sui temi inerenti le attività delle associazioni. 4) GESEF-genitori separati dai figli. Costituitasi nel 1994. È costituita da genitori separati dai figli a seguito di separazione coniugale/divorzio o altro provvedimento giudiziario. GESEF vanta tra i suoi meriti di aver coniato il termine “bigenitorialità”87. L’associazione gestisce un proprio sito web e fornisce gratuitamente informazione, orientamento, supporto morale e consulenza legale ai propri associati relativamente alle problematiche relative all’affido dei figli condivisi. Promuove un cambiamento culturale nell’approccio a contesti di separazione/divorzio indicando percorsi mirati alla riduzione della conflittualità e a una reale tutela dei minori coinvolti. Concretamente l’associazione organizza e partecipa a convegni, seminari, incontri e dibattiti concernenti la tutela dei minori, e relazioni familiari, l’affido, etc.; coopera con enti locali per l’innovazione e il miglioramento dei servizi alla famiglia. Si propone inoltre di sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso i mass media. Nel concreto queste associazioni hanno alcune attività in comune, tutte con lo scopo di intervenire in una situazione di particolare disagio socio-economico dei padri, e favorire in qualche momento un reinserimento dei padri nella società. Queste attività sono: 1. Sostegno e supporto a padri e genitori non affidatari: in genere il sostegno è offerto sia a madri sia a padri, ma nella grande maggioranza si tratta di padri. Il sostegno è in genere di tipo psicologico e giuridico, ma alcune associazioni offrono anche servizi più specializzati che vanno dalla mediazione familiare alla consulenza legale, all’aiuto 87 Il termine bigenitorialità è emerso ufficialmente la prima volta nel giugno del 2002 in occasione della prima settimana Nazionale dell’Infanzia promossa dalla Provincia di Roma e da altri enti locali. materiale. Si tratta di attività volte a rispondere a un bisogno immediato e all’obiettivo di togliere i padri da una condizione di solitudine, di spaesamento e da un sentimento di impotenza che in qualche caso può portare ad atteggiamenti e comportamenti controproducenti 2. Attività di comunicazione e promozione sociale: per quanto riguarda la promozione il veicolo principale di comunicazione e diffusione delle idee resta internet. In particolare ben 21 associazioni su 28 ha un sito internet di riferimento e offrono una parte i propri servizi tramite web. Oltre a Internet, queste associazioni si rivolgono spesso alla stampa e ai mass media in generale e ricercano una presenza nei programmi televisivi. 3. Manifestazioni ed eventi pubblici: dal punto di vista dell’attività pubblica, la maggior parte delle associazioni hanno organizzato manifestazioni e cortei in numerose città italiane. Sono stati organizzati numerosi sit-in davanti alla Camera, al Senato, ai Ministeri della Giustizia e della Pubblica Istruzione, ai Tribunali per l’apertura dell’anno giudiziario o in occasione di udienze. 4. Attività politiche e istituzionali: si tratta di attività di lobbying o di rappresentanza. Nel primo caso le associazioni o cercano di ottenere incontri ufficiali da parte di referenti istituzionali da quelli locali, come sindaci, presidenti provinciali o regionali, a quelli nazionali, come deputati o senatori. Queste attività servono sia per farsi conoscere e per promuovere le proprie idee e la propria causa, sia come forma di pressione politica, specialmente nel periodo elettorale quando alcune associazioni richiedono un impegno esplicito a favore dei padri e dei genitori separati. Nel secondo caso, si tratta di tentativi di guadagnare posti di rappresentanza politica nelle istituzioni locali o nazionali per poter esercitare iniziative di sostegno e di supporto alla causa delle associazioni. 5. Iniziative legislative: delle diverse attività questa è quella che è risultata alla fine più incisiva. A partire dalla fine degli anni ’90 diverse associazioni hanno scritto o contribuito ad elaborare proposte di legge che rivendicano i diritti degli uomini, dei padri nei confronti dei figli e delle ex compagne e in generale un maggior riconoscimento del ruolo paterno88. 2. LE ASSOCIAZIONI COINVOLTE NELLA RICERCA. Secondo l’Istat, complessivamente chi ha avuto l’esperienza di una separazione o un divorzio è più coinvolto nelle attività per associazioni di vario tipo rispetto al resto della popolazione89. I padri separati nel tempo si sono costruiti un proprio “habitat” in cui possono vivere la propria situazione con altre persone che hanno già vissuto il disagio “post-separatorio”: è un movimento, grazie al quale si sono attivate diverse iniziative. Si è cominciato a guardare al problema dei padri separati, proprio all’aumento di queste associazioni e alle loro attività. Queste associazioni hanno partecipato a questa ricerca. 88 89 ELISABETTA RUSPINI e ELENA DELL’AGNESE, Mascolinità all’italiana, UTET Libreria, Torino, 2007. ISTAT, La vita quotidiana di separati e divorziati in Italia, Maggio 2004. I partner coinvolti, infatti, sono stati l’associazione papà separati Lombardia e l’associazione papà separati Liguria. 2.1. Le caratteristiche delle due associazioni. Secondo quanto stabilito dagli Statuti delle due associazioni, queste fanno riferimento alla legge quadro del volontariato 261/91. Le organizzazioni, senza fini di lucro e con l’azione diretta, personale e gratuita dei propri aderenti, hanno lo scopo di promuovere la cultura della genitorialità responsabile ed in particolare della bigenitorialità nelle separazioni personali di fatto e di diritto, offrire un aiuto ed un sostegno sociale ed assistenziale ai genitori separati, ai loro familiari e in particolare ai figli dei genitori separati, con azioni sociali e culturali a livello provinciale e regionale in Lombardia e in Liguria, coordinando la propria azione con altre organizzazioni operanti a livello regionale, nazionale ed internazionale. Le finalità presentate nei due statuti sono principalmente le seguenti: - Promuovere la cultura della famiglia e della genitorialità responsabile nel reciproco rispetto e nella salvaguardia della dignità e nella parità di diritti e di doveri di tutti i componenti del nucleo familiare. - Operare per sensibilizzare l’opinione pubblica e gli esperti del settore, organizzando seminari convegni e manifestazioni pubbliche, direttamente o in coordinamento con altre organizzazioni che perseguono fini analoghi, sia a livello regionale che nazionale ed internazionale. - Tutelare e promuovere i diritti dei genitori non conviventi e non affidatari o collocatari dei figli. - Fornire consulenza, assistenza, sostegno e mutuo aiuto secondo i principi di sussidiarietà e solidarietà a tutti i genitori ed agli adulti, che a causa della separazione personale, divorzio, o separazione di fatto, si trovino in situazione di difficoltà o vulnerabilità giuridica, economica, sociale ed esistenziale. - Diffondere la cultura della bigenitorialità avviando ricerche sociali, studio psico-sociale e psicologici volti a diffondere la cultura della genitorialità responsabile in cui sia consentito ad entrambi i genitori di sviluppare relazioni personali e significativi contatti diretti con i figli sia durante la crisi familiare che dopo la separazione personale o di fatto. Inoltre attraverso il “passa parola” sono stati individuati posti di lavoro per i padri separati. Sempre grazie ai contatti che alcuni dei soci fondatori hanno con il Banco Alimentare e alla disponibilità di un negozio di abbigliamento, si riescono ad avere cibo e vestiti che vengono consegnati a quei papà ridotti in uno stato di indigenza economica. Sotto il profilo sociale, alcuni soci fondatori dedicano un paio di ore al giorno dedicate all’ascolto e al sostegno materiale. Proprio per quanto detto fino adesso le associazioni si rivolgono: ai genitori soli, a quanti sono disposti a condividere il valore della famiglia, in particolare quella del genitore solo, alle organizzazioni pubbliche, alle istituzioni, alle aziende private, agli organi di stampa e ai massmedia. Si vuole sempre più fortemente denunciare la condizione dei padri che nella separazione che vengono allontanati. Si cerca, con alcune iniziative, di combattere la solitudine e l’esclusione sociale. 3. INIZIATIVE E PROGETTI, PROMOSSI DALLE ASSOCIAZIONI. Le associazioni considerate si basano su meccanismi stabili di solidarietà, fondati sulla reciprocità. Si tratta di associazioni che producono bene comune, un “bene relazionale”, che si avvale della collaborazione tra chi riceve l’intervento e chi lo concede. Si tratta di attività in cui tutti i soggetti sono coinvolti. Le associazioni sono diventate autrici di veri e propri “capolavori” di iniziative e progetti. 3.1. La Carta Etica della Bigenitorialità. Tra le tante iniziative, è stata creata negli ultimi mesi la Carta Etica della Bigenitorialità. I papà separati della Lombardia hanno elaborato una Carta etica per la bigenitorialità, che presenteranno al Presidente della Repubblica, al Governo, ai Parlamentari italiani ed europei, alla Magistratura, alle Associazioni per i diritti civili e umani e ai cittadini italiani ed europei. La carta può essere sottoscritta on-line ed è la seguente: «I firmatari della presente Carta Etica riconoscendo il fatto che: E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana" (art. 3 della Costituzione Italiana); l'Italia ha ratificato con legge n. 176 il 27 maggio 1991 la "Convenzione sui diritti dell'Infanzia e dell'adolescenza" dell'ONU. Tale Convenzione include tra i diritti fondamentali da promuovere e tutelare il diritto del minore ad essere allevato ed educato da entrambi i genitori; introduce altresì il principio fondamentale che, qualora il diritto di un adulto e il diritto di un bambino entrino in conflitto, DEBBA prevalere il diritto del minore; La legge 54/2006 recita "Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale"; chiedono A tutte le persone che incidono sulla cultura e sulla divulgazione del pensiero specialmente in ambito educativo, sociale e giuridico - agli operatori della Giustizia responsabili di garantire i bisogni ed i diritti dei minori; Di recepire e rendere concreto il principio della pari genitorialità nelle disposizioni relative alla cessazione di convivenza dei genitori; Che il diritto dei minori di ricevere affetto, cura ed educazione da entrambi i genitori e loro famigliari con pari responsabilità e dignità sia garantito con tempi di permanenza sostanzialmente paritari presso ciascun genitore, se idoneo; Che venga fermamente repressa ogni azione da parte di genitore e/o terzi, inclusi operatori di ogni ordine e grado, idonea ad impedire o escludere un genitore dall'esercitare la propria responsabilità genitoriale nei confronti di figli minori, utilizzando calunnie, diffamazione, prevaricazione e false accuse di reati». La Carta Etica costituisce un enorme passo in avanti: non è uno strumento asettico fatto di regole, ma un primo passo per attuare quei principi sulla bigenitorialità ormai riconosciuti anche dagli addetti ai lavori, come avvocati, psicologici, assistenti sociali. Questa carta nasce da incontri, discussioni, assemblee, ma soprattutto, dall’esperienza che le associazioni hanno maturato nel corso degli anni per combattere l’esclusione della figura paterna. Questa Carta è appena nata, quindi, non si sa ancora che ripercussioni avrà sulle politiche sociali: potrebbe sensibilizzare i servizi, gli enti pubblici, gli addetti ai lavori, lo stesso diritto di famiglia potrebbe essere influenzato; oppure può diventare come una di quelle tante iniziative non tenute con sufficiente considerazione, in fondo se non era per questa ricerca chi era a conoscenza della Carta? Forse un avvocato che si occupa di separazioni7divorzi, ma l’opinione pubblica conosce questo nuovo possibile “strumento”? I media hanno parlato di questa Carta? 3.2. Progetto “SEPAR…AMANDO…SI”. Questo progetto, che riguarda la città di Monza, può essere considerato un esempio dei progetti promossi dalle sole associazioni: tra gli “autori” e protagonisti ci sono gli stessi papà separati. Ambito dell'intervento Le tre Associazioni “L'Arca di Noè” onlus, “CRESCI..AMO INSIEME” onlus, Ass. “Figli liberi” che propongono il Progetto sono attive nel contesto della popolazione di Monza per rispondere alle problematiche ed ai bisogni che emergono da un contesto sociale in continua evoluzione. Sono sempre più numerose le famiglie che si disgregano e che creano nuovi contesti familiari forse con troppa fretta quando ancora non sono riusciti ad uscire dalla precedente situazione affettiva facendo chiarezza in se stessi e verso gli altri componenti. Questi uomini e donne vivono o subiscono il fallimento del loro matrimonio e hanno bisogno di un appoggio che non li colpevolizzi, ma che li aiuti prima a “sopravvivere” e poi a “vivere” in un contesto affettivo a volte allargato. In quest’ambito non giudicante, né colpevolizzante o né curante si colloca lo sportello "SEPAR...AMANDO...SI". Descrizione del Progetto L’Associazione “Cresci..amo insieme” in collaborazione con l’associazione “L’Arca di Noè” onlus e l’associazione “Figli liberi e PapàSeparati Lombardia Onlus ” intende promuovere un progetto integrato di interventi innovativi nel suo complesso per le famiglie con particolare attenzione alle donne e uomini del territorio monzese costituendo lo sportello "SEPAR...AMANDO...SI". Questo sportello nasce come servizio di orientamento, informazione e supporto alle donne e agli uomini in fase di separazione e divorzio sia in caso di presenza o assenza di figli all’interno della famiglia. L’integrazione delle diverse associazioni assicura il bilanciamento dal punto di vista della bigenitorialità, dove gli interventi nascono all’interno del sostengo all’individuo in quanto tale per il ruolo che esercita ad oggi pienamente condiviso anche in caso di separazione. La Mission del Progetto, quindi, si può riassumere così: Costituire un punto di riferimento concreto e reale per i bisogni dell’uomo e della donna soprattutto per non sentirsi soli nella difficile esperienza della disgregazione della propria famiglia o della gestione di una nuova vita familiare. Risorse sul territorio I servizi già presenti sul territorio offerti dal Comune, dall'Asl e dalla Provincia sono: - Sportello legale gratuito nelle Circoscrizioni di Monza. - Punti di Accesso al Welfare. - Segretario sociale professionale. - Servizio di Mediazione familiare presso l’ASL Consultorio familiare. Bisogna anche considerare le altre associazioni e cooperative interessate a queste problematiche. Analisi dei fruitori e loro bisogno Il target a cui è rivolto il Progetto include donne e uomini che vivono una fase di cambiamento e di ri-organizzazione della propria vita in cui le risorse interne e personali non sono facilmente accessibili e fruibili, perché soffocate dalla sofferenza, dalla rabbia, dalla preoccupazione e dal disorientamento rispetto ad un futuro da ricostruire e da un passato che rimane latente e, a volte, minaccioso. Spesso in questa situazione l'uomo e la donna non riescono ad affrontare questa fase di cambiamento con le proprie risorse culturali, personali e strumentali per se stessi e tantomeno da genitori riescono a percepire il diverso vissuto del figlio o dei figli. I servizi comunali, gestiti direttamente, che si propongono come servizi assistenziali e sociali spesso non vengono utilizzati da quelle famiglie che per condizione culturale, sociale ed economica non vogliono entrare in contatto con servizi concepiti in forma assistenzialistica prevalendo la logica di voler prendere le distanze dall’assistenza e dal sostegno sociale. Ciò è dovuto al timore di ulteriori complicazioni causate dalla costante e storica contraddizione che l’operatore che accoglie (assistente sociale) spesso è lo stesso che dovrebbe poi intervenire in modo coercitivo o autoritario a seguito di disposizioni giudiziarie. Il bisogno primario di questi uomini e donne in crisi è quello di avere un unico supporto amico che li guidi per trovare le soluzioni accettabili alle situazioni di disagio con le quali si trovano improvvisamente a convivere. Attività settimanali proposte per rispondere ai bisogni espressi Le attività settimanali che lo Sportello offre sono: Apertura settimanale dello sportello di orientamento: l'utente viene accolto ed ascoltato, in base alla esigenza o alla situazione contingente, vengono fornite informazioni di orientamento rispetto ai servizi presenti sul territorio, fasi giudiziali della separazione e del divorzio e servizi offerti dallo sportello. Orientamento in ambito legale, supporto per le procedure legali, aiuto per la comprensione dei documenti. Accompagnamento per la comprensione e l’avvio di iter, atti e documenti per la risoluzione dei problemi emergenti e quotidiani (es. lavoro, casa, scuola, ecc.) Costituzione della Banca del Tempo (procedura già avviata e sperimentata): il genitore separato che ha bisogno di aiuti concreti per poter ricominciare e riorganizzare la propria vita usufruisce dell’aiuto di volontari (genitori separati o volontari semplici) attraverso l’aiuto concreto secondo le proprie abilità. Il genitore usufruisce quindi di alcune ore che accumula nella Banca del Tempo e che restituirà in termini di ore di aiuto e sostegno concreto secondo la propria abilità e capacità, nei confronti di un neo genitore separato dopo un tempo necessario concordato. Ad es. aiuto per il trasloco, per imbiancare a casa, per inserirsi all’interno di un contesto sociale diverso, ecc. In questo modo viene favorita un’iniziale socializzazione al fine di evitare l’isolamento e la segregazione. Percorso “Genitori si, ma separati”: i percorsi possono essere rivolti al singolo genitore o ad un piccolo gruppo di genitori che eventualmente si aggrega per reciproca conoscenza (Banca del tempo) o per coincidenza e affinità rispetto alla situazione familiare (i genitori prima hanno la possibilità di avere un colloquio individuale). Gli interventi che non sono terapeutici ma di ascolto, sostegno e orientamento, a seconda della fase di giudizio, possono supportare la famiglia nel periodo disorientante e di difficoltà che caratterizza le diverse fasi di separazione e divorzio. Spazio “Un salotto per giocare”: presso l’Associazione “L’Arca di Noè” è presente uno spazio di incontro arredato come un piccolo salotto dove il genitore che non ha ancora un posto dove incontrare il proprio figlio può condurre in piena autonomia giochi, letture di libri e altre attività. In questo stesso luogo accogliente il genitore che si trova di fronte ad un figlio in fase di rifiuto o di rabbia nei suoi confronti, può richiedere l'aiuto di un operatore qualificato. Incontri a tema o di formazione per insegnanti ed educatori delle scuole per rendere partecipi e preparati il personale docente sulle problematiche legate alle famiglie separate 1. Obiettivi Prevenire le situazioni di disagio all’interno del nucleo familiare e per la gestione dei conflitti attraverso la possibilità di confronto con specialisti 2. Raccogliere tutte le informazioni, la modulistica e le procedure delle realtà presenti sul territorio al fine di orientare la donna o l’uomo in fase di separazione 3. Dare delle risposte concrete e contestualizzate alle donne e agli uomini all’interno delle procedure legali e alle domande maggiormente (ad es. dove e a chi rivolgersi, cosa significa il documento ricevuto, dove rivolgersi per i gratuito patrocinio, cosa accadrà poi, passo dopo passo) 4. Dare delle risposte concrete e contestualizzate nell’ambito della situazione personale di disorientamento 5. Supportare la famiglia nel passaggio da un modello tradizionale ad uno di famiglia non tradizionale all’interno della quale ognuno ha un proprio ruolo e una propria posizione affettiva (nel caso di donne o uomini separati che costituiscono una famiglia ricostituita) 6. Orientare i singoli genitori all’interno dei servizi offerti dal Comune di Monza e associazioni del territorio per l’infanzia, l’adolescenza, per le donne e gli uomini anche a carattere culturale, sportivo, ecc. 7. Offrire spazio d’incontri e di scambio sia condotti da un esperto che approfondisce delle tematiche a gruppo ristretto e affronta le problematiche proposte dai presenti sia come incontri culturali, di svago e di socializzazione (incontri a tema, gite, incontri sportivi, ecc) Strategie operative Lo sportello “Separa...amando...si” si differenzia dai servizi già in atto sul territorio in quanto si presenta come servizio informativo, slegato dalla logica assistenziale in quanto si avvicina alla rete di comunità fatta da persone volontarie e dagli stessi genitori separati che mettono a disposizione la loro professionalità per uno scambio reciproco. Questo servizio, quindi, può affiancare ma non sostituire, mettendo insieme le forze di più associazioni presenti sul territorio che si occupano in particolare di famiglia e dei loro bisogni in senso ampio ed in particolare il progetto si rivolge soprattutto ai bisogni delle famiglie dei genitori separati. Diffusione La diffusione verrà promossa tramite le pubblicazioni di materiale preventivamene autorizzato, dello sportello nelle diverse sedi delle associazioni, nei siti specifici e possibilmente nel sito comunale di riferimento. Si auspica previa autorizzazione o con la collaborazione del Comune di poter realizzare un comunicato stampa e affissioni di promozione per favorire l’avvio. Nel caso ci sia la disponibilità di avere dei volantini relativi all’iniziativa, questi possono essere diffusi all’interno delle bacheche dell’ospedale, del tribunale, degli spazi gioco e servizi per le famiglie, oratori o locali e supermercati. Tempi e Valutazioni Lo sportello verrà aperto in via sperimentale per 3 mesi. Si prevedono n. 3 APERTURE SETTIMANALI in diverse fasce orarie per favorire e monitorare la tipologia di richiesta e verificare la fascia oraria maggiormente richiesta. Successivamente, a seguito delle valutazioni sull'effettiva fruizione dei servizi che si effettuerà con le relazioni delle tre associazioni, si potrà prevedere un ulteriore integrazione dell’apertura al cittadino. Si è da subito disponibili a diffondere e ampliare l’apertura del servizio virtuale ovvero attraverso la possibilità di rispondere durante anche il periodo di chiusura dello sportello ad un numero eventualmente dedicato e alla risposta via mail (prospettiva futura del blog se richiesto) Compiti delle Associazioni responsabili dello Sportello L'Associazione onlus "L'Arca di Noè", come associazione capofila, ha la gestione dell'organizzazione dell'equipe di lavoro e delle diverse attività dello Sportello, la gestione finanziaria e rendicontativa, la gestione della Banca del Tempo ed eventualmente se richiesto quella del blog. L’Associazione “Cresci...amo insieme”: si occuperà dell’apertura dello sportello e, anche a mezzo di professionisti iscritti all’Albo, dell’orientamento ed informazione delle famiglie in ambito legale ai fini della individuazione della problematica giuridica che li coinvolge e della tutela che necessitano a fini puramente consultivi e senza alcun obbligo di patrocinio ed assistenza in ambito giudiziale, all’informazione ed assistenza di carattere amministrativo e/o burocratico di vario genere. L’Associazione “Figli liberi e Papà Separati Lombardia Onlus ”: si occuperanno di un’apertura dello sportello mettendo a disposizione degli operatori con specifiche professionalità oltre alla disponibilità di una rete di solidarietà di padri/madri/nonni che si attivano nel combattere la solitudine iniziale e nel sostenere concretamente l’avvio di un’organizzazione di una vita familiare nuova. Personale coinvolto Associazione Cresciamo Insieme si occuperà di: - un’apertura dello sportello di orientamento ai servizi e alle iniziative del territorio, - ascoltare le problematiche sottopostegli (previa compilazione di un modulo contenete una breve descrizione del caso), ed indirizzare l’utente verso il servizio a lui necessario nell’ambito dello sportello stesso o sul territorio, oppure fissare l’appuntamento con un professionista legale volontario dell’Associazione per un consulto legale verbale a fini puramente orientativi ed informativi sugli aspetti legali relativi alla problematica del caso concreto; - fornire previa presa visione ed esplicazione dell’oggetto e delle modalità del servizio contenute nel relativo regolamento che verrà affisso nei locali della sede. In particolare per ragioni deontologiche e fiscali, il servizio consisterà esclusivamente in un’informativa legale in sessione di colloquio e non comprenderà alcuna attività ulteriore e/o diversa da quella di consulenza verbale. In particolare, l’utente non potrà esigere dal servizio la redazione di atti giuridici, di lettere e comunicazioni o ricevere un’assistenza giudiziale per la quale l’utente verrà invitato a rivolgersi ad un professionista di fiducia scelto dall’Albo degli Avvocati di Monza e se del caso dall’elenco degli Avvocati iscritti al Gratuito Patrocinio. Associazione “L’Arca di Noè” si occuperà: - di un’apertura dello sportello di orientamento ai servizi e alle iniziative del territorio, - di supportare la famiglia nel percorso di separazione, informandola sulle fasi che caratterizzeranno i vissuti dei singoli componenti, - di gestire la predisposizione della Banca del tempo dei volontari e delle famiglie che entrano in contatto con lo sportello, anche tramite l’eventuale gestione di un blog. L’operatore dello sportello avrà competenze in materia di gestione di percorsi rivolti ai genitori come anche di organizzazione di rete di servizi. - di dare la disponibilità di apertura del “Un Salotto per gioco” presso l’associazione in via Appiani 1 – Monza per incontri di gioco coni propri figli (lo spazio è allestito come un salotto di casa, attrezzato con divano, giochi e tappeti comodi per rilassarsi). Associazione “Figli liberi e PapàSeparati Lombardia Onlus ”si occuperanno: - di un’apertura dello sportello mettendo a disposizione degli operatori con specifiche professionalità, - di gestire la disponibilità di una rete di solidarietà di padri/madri/nonni che si attiveranno nel sostenere l’avvio dell’organizzazione di una nuova vita familiare, - di organizzare una rete di eventi per promuovere la socializzazione e prevenire l’esclusione sociale (programma già attivati in altri territori), - in concreto fornire una risposta puntuale a molti dubbi, una guida alla valorizzazione degli usi professionali, un orientamento nell’affrontare le difficoltà, - coinvolgere e indirizzare le persone verso l’auto mutuo aiuto. Per i vari percorsi che sono stati proposti le Associazioni destineranno professionisti specializzati e competenti. Strategie per il consolidamento della fruizione dello Sportello Per rendere continuativa nel tempo l'apertura dello Sportello al di là dei finanziamenti dai vari Enti o Fondazioni si propone la possibile sperimentazione di un progetto già in atto presso l’Ufficio Politiche giovanili del Comune di Monza, ovvero la previsione di una stima di servizi erogabili attraverso un TICKET SOCIALE SPERIMENTALE che simbolicamente viene erogato a seguito dell’orientamento e dell’individuazione dell’intervento idoneo al genitore e che viene liquidato concretamente alle associazioni che gestiscono lo Sportello, in base alla scelta effettuata dal genitore. Alcuni servizi verranno, dietro valutazione dei bisogni e delle situazioni economiche dei fruitori, erogate gratuitamente. Costi e oneri 1) FASE DI SPERIMENTAZIONE: 3 mesi pari a 12 settimane e quindi a 72 ore. Contributo per gli operatori presenti nelle 3 aperture settimanali di 2 ore ciascuna: € 2.520,00. Coordinamento € 150,00. Amministrazione € 150,00. Avvio Banca del Tempo € 80,00. Pulizia locali L'A.N. € 100,00. Totale contributo avvio progetto: € 2.920,00. Inoltre, L'Associazione onlus "L'Arca di Noè" offre i seguenti servizi gratuiti: - 2 percorsi per i genitori di tre incontri ciascuno, - 2 percorsi di sostegno alle famiglie in difficoltà di otto incontri ciascuno, - 4 percorsi di sostegno per mamme sole in gravidanza o neomamme sole con eventuale aiuto economico per acquisti di ciò che è necessario, qualora se ne presenti la richiesta. 2) PREVISIONE ANNUALE: Apertura sportello: 3 APERTURE SETTIMANALI PER 9 MESI = 324 ORE. 324 ORE *€ 35,00 LORDE = 11.340,00. 20% VALORE VOLONTARIO = € 2.268,00. 80% VALORE ECONOMICO = € 9.072,00. DOTE/TICKET “FAMIGLIA”. Pacchetti attività proposte dall'Associazione "L'Arca di Noè". - DOTE INFORMATIVA € 35.00 (rientra nel contributo annuale). Colloqui di ascolto, informazione e primo orientamento o costituzione della dote “FAMIGLIA”. - DOTE FAMIGLIA PARI A 150,00. * n. 4 colloqui di supporto e orientamento genitoriale contributo. * n. 1 incontro di supporto genitoriale + 3 ingressi al “Un salotto per gioco”. * n. 1 percorso di 4 incontri piccolo gruppo a tema. * n. 1 colloquio di conoscenza + n. 2 colloqui con commercialista/ragioniere/esperto materie legale. - DOTE “FAMIGLIA” PARI A € 80,00. * n. 4 entrate di due ore ciascuna al “Salotto per il gioco”: coppia genitore-figlio singola € 80,00. * n. 4 entrate di due ore ciascuna al “Salotto per gioco”: due coppie contemporaneamente. Il progetto presentato è particolarmente importante non solo perché i soggetti con le loro risorse private hanno promosso un progetto per le famiglie, ma anche per la creatività e l’universalità del progetto. Si è considerato questo progetto come iniziativa delle associazioni, in quanto sottolinea il rapporto di reciprocità che si può creare: si mette in evidenza il capitale sociale come relazione sociale che opera la valorizzazione di beni o servizi attraverso scambi che non sono né monetari, né politici, né clientelari, né di puro dono, ma scambi sociali di reciprocità 90. 90 DONATI P., L’approccio relazionale al capitale sociale, in Donati, “Il capitale sociale. L’approccio relazionale. CAPITOLO II IL RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEL PROCESSO D’AIUTO AI PAPA’. Introduzione. In un’intervista fatta ad un papà separato, alla domanda “Che cosa ne pensa dei servizi sociali? e che aiuti danno?” la risposta è stata la seguente: «I salariati dei servizi (assistenti sociali, psichiatri, psicologi, educatori) dimostrano di non conoscere neppure gli elementi di base di una relazione di aiuto alle persone, di non avere competenze specifiche sulle dinamiche relazionali coniugali e familiari, di non avere le basilari conoscenze delle discipline educative, di seguire bizzarre teorie esistenti solo nei suddetti lavoranti. Non esiste un’organizzazione dei servizi e non c’è sostegno reale alle famiglie. I servizi sociali, oltre che dei casi di separazione o di conflitto in seno alla famiglia si occupano d’istituti per anziani, di extracomunitari ed altri servizi assistenziali in cui circola molto più denaro (a meno che non si tratti di portare un bambino presso una casa-famiglia, dove c’è un giro d’affari notevole). Bisognerebbe avere personale specificatamente preparato: i giudici che si occupano di separazioni o dell’affido di minori giudicano anche altre cause civili o penali, spesso di maggior rilievo o prestigio e sono portati a considerare il diritto di famiglia come una seccatura di cui tocca occuparsi di tanto in tanto, da qui i tempi biblici per terminare una causa. Se chi si occupa di separazioni o crisi familiari facesse solo quello acquisirebbe una maggior esperienza e forse anche una maggior sensibilità». Per chi deve ancora entrare ad operare come assistente sociale, sentire questa dichiarazione non è facile. Non è la prima volta che si sente parlare male dei servizi sociali, e allora la domanda che sorge spontanea è: perché? Perché l’operatore non è in grado di gestire situazioni complesse? Non è preparato a sufficienza? Non conosce i nuovi bisogni? O fa finta di non conoscerli? 1. L’ASSISTENTE SOCIALE E I PAPA’ SEPARATI. Diverse sono le definizioni che individuano la professione dell’assistente sociale, ma sostanzialmente l’assistente sociale aiuta gli utenti ad utilizzare in modo valido le risorse, che hanno a disposizione, e a sviluppare la propria autonomia e responsabilità, organizzando e promuovendo prestazioni e servizi il più possibile rispondenti alle esigenze delle persone, valorizzando e coordinando a tale scopo tutte le risorse sia pubbliche che private. Si tratta di una professione di aiuto alla persona in stato di bisogno; per questo, l’assistente sociale rappresenta, per l’utente, la risposta operativa a cui fare riferimento poiché è l’indispensabile attivatore delle risorse individuali di coloro che accedono ai servizi. Compito principale dell’assistente sociale è quello di individuare casi di bisogno nella popolazione di una data area territoriale o sociale e di intervenire per la loro soluzione predisponendo gli interventi più idonei ed utilizzando le risorse istituzionali e comunitarie disponibili. Attraverso colloqui ed incontri con le persone o le famiglie in difficoltà, l’assistente sociale fa un’analisi approfondita dei problemi da questi presentati, giungendo ad uno studio sociale del caso e a una diagnosi o valutazione della situazione, come base per la formulazione e attuazione di un piano di intervento. Stando a questa definizione, l’assistente sociale dovrebbe conoscere la problematica dei padri separati, dovrebbe conoscere le associazioni dei padri visto che dovrebbe avvalersi anche dell’aiuto del privato sociale e del terzo settore. Se un padre separato si presenta al servizio, l’assistente sociale cosa dovrebbe fare? Dovrebbe fare una valutazione della situazione, dovrebbe dare aiuti economici, potrebbe indirizzare il padre a qualche associazione, dovrebbe cercare di ristabilire un rapporto padre-figlio, etc. ma avviene veramente? Nella ricerca effettuata, si sono trovate attive alcune assistenti sociali che lavorano nei centri d’ascolto alla Caritas, mentre per gli altri servizi, soprattutto pubblici, è ancora tutto “in via sperimentale”. Alcuni padri ritengono che gli operatori non siano in grado di gestire situazioni così problematiche, altri pensano che non siano abbastanza preparati, alcuni ritengono che ci sia una politica “a favore delle mamme”; quindi, anche se i padri hanno bisogno, non si rivolgono ai servizi sociali. Si aggiunge, inoltre, la paura dell’affidamento dei figli ai servizi sociali: perciò si evita di coinvolgere i servizi sociali, in particolari quelli territoriali. L’opinione delle associazioni dei padri è che l’intervento dei servizi sociali è addirittura disastroso: quando entrano in campo i cosiddetti “Servizi territoriali”, secondo i padri separati cominciano i guai, soprattutto per i figli, principale oggetto di studio a modello “cavia da laboratorio” che, come genitori, parenti e membri tutti della famiglia, sono ridotti a “definizioni e catalogazioni, ed etichettati in categorie che ben poche volte hanno a che fare con le reali condizioni in cui si trovano. Ogni caso, è un caso a parte, quindi di per sé non dovrebbero esistere categorie in cui obbligatoriamente tutti i casi sono fatti rientrare. Sostanzialmente, i Servizi Territoriali esprimono un “parere psico-sociale” sulle capacità genitoriali e potenzialmente “sviluppabili” e il tipo di legame esistente fra genitori e figli. Ed è questo uno dei passi fondamentali sottoposto a numerosissime contestazioni nei casi di separazione ove vi sia l'intromissione dei servizi sociali. Per i padri separati, un altro punto debole dei servizi sono i famosi “incontri-protetti”. Quando gli assistenti sociali lo ritengono necessario, decidono, per esempio, che in un caos di separazione dove marito e moglie siano in disaccordo, la situazione renda necessario che il padre, ovvero colui che nella quasi assoluta totalità dei casi è allontanato dalla custodia dei figli, debba incontrare per un tempo prestabilito a giorni prestabiliti (solitamente un'ora per due volte alla settimana) i propri figli, in un luogo deciso dagli stessi assistenti sociali e sotto la sorveglianza di un educatore. Una delle “tecniche” prescrive che l'incontro debba svolgersi in una stanza appositamente scelta. E qui i bambini dovrebbero sentirsi a loro agio. In una stanza sconosciuta, di un ambiente sconosciuto, sotto lo sguardo di una persona sconosciuta che nulla sa e nulla conosce né di loro, né della situazione che stanno vivendo, né del padre, né della madre. Da questa situazione, l'assistente sociale dovrebbe trarre delle conclusioni sul futuro di persone adulte e bambini. Se si ascolta un padre separato, sono tanti i punti deboli dei servizi sociali; mancanze che possono portare a danni in un’intera famiglia. Dall’altra parte alcuni operatori si “lamentano” che le persone in situazione di bisogno pretendono aiuti e soluzioni a problemi particolarmente difficili. Come in tutte le relazioni, anche in quella tra l’assistente sociale/padre separato la colpa è di entrambi. Se gli assistenti sociali non sono ancora “pronti” e preparati a situazioni così complesse, anche a causa dei vuoti delle politiche sociali; i padri separati non sono “pronti” a dare fiducia agli operatori sociali dopo le numerose “assenze” degli stessi assistenti sociali. Ovviamente non si può generalizzare il discorso, dipende molto anche dal carattere delle persone, dal percorso formativo fatto, etc. Si può, comunque, migliorare e i professionisti possono farlo. Si potrebbero sensibilizzare di più gli operatori organizzando seminari, convegni sull’argomento; si potrebbero avvicinare i servizi alle associazioni; si potrebbe cominciare a presentare il problema dei padri separati già a livello universitario, si potrebbero presentare i progetti già in atto, etc. Gli assistenti sociali potrebbero far qualcosa, ma bisognerebbe avere anche la propensione ad aprirsi a questi nuovi bisogni e l’umiltà di rimettersi in gioco come professionisti. E non è da tutti. CONCLUSIONI. È difficile concludere questa ricerca perché il dibattito è aperto, alcuni servizi sono appena nati e i padri sono sempre in “battaglia” per affermare il loro diritto di essere genitori. Non si possono fare conclusioni; si può dire che la strada di alcune regioni come quelle considerate (in particolare la Lombardia) porta sicuramente verso una maggiore bigenitorialità, verso l’idea di famiglia anche dopo la separazione, perché in fondo che piaccia o no, i genitori saranno sempre legati l’uno all’altro grazie ai figli. Quindi perché non pensare ad una convivenza civile? L’obiettivo dovrebbe essere quello che un bambino possa avere entrambi i genitori. La mia tesi è sicuramente criticabile: mi potrebbero “accusare” di essere a favore dei padri, di non ricordarmi che alcuni padri sono un po’ delle “teste calde” (se non peggio), alcune mie colleghe potrebbero dirmi che in fase di separazione non è facile gestire uomini/donne arrabbiati con il mondo, e le ex moglie potrebbero considerare questa ricerca opinabile. La mia vuole essere una semplice analisi di un disagio che sta crescendo di giorno in giorno, di cui se ne parla poco, nonostante i numeri delle indagini Istat parlino chiaro. Sta diventando un problema, per le Caritas, per i servizi, per i dormitori, per le mense dei poveri. Alcuni padri separati, che possono o no aver causato la separazione, sono in seria difficoltà, e se non c’è un venirsi incontro tra gli ex coniugi, almeno le politiche sociali e i servizi dovrebbero tenere conto di questa nuova problematica nella società. L’opinione pubblica sta volgendo lo sguardo, anche un po’ incuriosita, a questa nuova piaga sociale e questo grazie, soprattutto, all’azione delle numerose associazioni. E sulle associazioni vorrei sottolineare che tra i professionisti che collaborano ci sono delle donne. Quindi non c’è nessuna lotta tra uomo e donna. BIBLIOGRAFIA. CASTEL, Disuguaglianze e vulnerabilità sociale, in Rassegna italiana di sociologia, 1997. CHIARA SARACENO, Mutamenti della famiglia e politiche sociali in Italia, società editrice il Mulino, 2003. COSTANZO RANCI, Nuove forme della vulnerabilità sociale nel contesto lombardo. Le sfide per le politiche. ELISABETTA RUSPINI e FRANCESCA ZAJCZYK, Nuovi padri? Mutamenti della paternità in Italia e in Europa, Dalai Editore, 2008. ELISABETTA RUSPINI e E. DELL’AGNESE, Mascolinità all’italiana. Narrazioni, percorsi dal dopoguerra ad oggi, UTET, Torino, 2007. EUGENIO METE, Separazione divorzio e affidamento della prole, Le leggi illustrate. FRANCA BIMBI e ROSSANA TRIFILETTI, Madri sole e nuove famiglie, declinazioni inattese della genitorialità, Edizionilavoro. FRANCESCANI, Segni di impoverimento, FrancoAngeli, 2003. GIAN LUCA BATTILOCCHI, Trasformazioni della povertà e diffusione della vulnerabilità sociale. LAURA SABBADINI, Mobilità sociale e traiettorie di vita: il percorso della statistica ufficiale, Istituto nazionale di statistica. 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SITOGRAFIA. www.istat.it www.papaseparati.it www.padri.it www.aiges.it www.figlinegati.it www.gesef.it www.genitoriseparati.it www.adiantum.it www.geagea.it www.genitorisoli.it www.caritas.it www.bancoalimentare.it www.lacasadiVarese.it www.comune.cremona.it www.ami.avvocati.it www.comune.milano.it www.provincia.milano.it www.regione.lombardia.it www.comune.genova.it www.provincia.genova.it www.regione.liguria.it www.lastampa.it INDAGINI. Evoluzione e nuove tendenze dell’instabilità coniugale, indagine Istat, giugno 2008. Uomini e padri in Italia, indagine di Alessandro Rosina, Istituto su popolazione e territorio, Università Cattolica di Milano. Conferenza Nazionale della Famiglia. Famiglia: storia e futuro di tutti – Milano 8 – 10 Novembre 2010. L’affidamento dei figli minori nelle separazioni e nei divorzi, indagine Istat, 2006. Contenimento della povertà e dell’esclusione sociale, indagine Istat, 2011. Condizioni di vita delle persone separate, divorziate e coniugate dopo un divorzio, indagine Istat, 2009. Spesa sociale per funzioni, indagine Istat, 2008. Quaderni della ricerca sociale, i senza dimora, Ministero del lavoro e delle politiche sociali. L’affidamento condiviso dei figli nelle separazioni. Chi l’ha ideato, chi lo combatte, Eurispes – rapporto Italia 2007. Gli interventi e i servizi sociali dei comuni singoli e associati, indagine Istat, Anno 2008, pubblicata il 19 aprile 2011. I servizi alle persone senza dimora, indagine Istat, Anno 2011, pubblicata il 3 novembre 2011. “Nuove Famiglie” e persone che vivono in nuove famiglie per tipo. Anni 1998 e 2009. Dati in migliaia. Statistiche report, www.istat.it, 15 settembre 2011. “La vita quotidiana di separati e divorziati in Italia”, Famiglie e società, www.istat.it, 10 maggio 2004. ASSOCIAZIONI. Papà separati Lombardia Onlus. Papà separati onlus. Associazione padri separati Liguria. Associazione padri separati Lombardia. ARTICOLI DI GIORNALE. Noi papà (separati) di un mondo diverso, reportage di Panorama 2009. Papà scippati, inchiesta di Panorama (2010) sulle separazioni e l’affido condiviso. La crisi affonda i padri, Il Corriere della Sera. L’affido condiviso, l’assegno no. La prassi è rimasta il sostegno indiretto da parte del genitore collocatario, Il Sole24ore del 21 Febbraio 2011. Affido condiviso: fatta la legge, gabbato il papà, Panorama del 5 Aprile 2007. La caduta del padre e la crisi della famiglia, di Enzo Biagi, Il Corriere della sera. Separati e più poveri. Sei storie dentro la crisi, da Il Corriere della Sera, 2008. Il mio giorno con papà, da www.papaseparatilombardia.org, 2011. Separati si, ma sempre padri, la Repubblica Genova, 2010. I nuovi poveri? O pagano l’affitto o l’assegno per i figli, il Corriere della Sera. Proposta di legge per la tutela dei padri separati, www.iltaccoditalia.info Un tetto sopra la testa dei genitori separati, www.ilfriuli.it. Più di 50 mila nuovi poveri: padri separati, Il Corriere della Sera, 2010. Padri separati e Poveri, Famiglia Cristiana, Febbraio 2010 SEMINARI. Le famiglie monogenitoriali, con il Dott. Gian Luca Battilocchi, presso l’Università degli Studi di Parma, 2011. NORMATIVA. Legge 54/2006, affidamento condiviso dei figli in caso di separazione dei genitori. Legge 328/2000, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato d’interventi e servizi sociali. Legge 53/2000, disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città. D. Lgs. 151/2001, testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della Legge 53/2000. Piano Nazionale Sociale 2001 -2003. Legge Regionale 6 dicembre 1999, n.23, Politiche regionali per la famiglia. Legge Regionale 12 marzo 2008, n.3, Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario. Piano di Zona 2009-2012, Comune di Milano. Legge Regionale 25/2006, Politiche regionali di intervento contro la povertà attraverso la promozione dell’attività di recupero e distribuzione dei prodotti alimentari ai fini di solidarietà sociale. Legge regionale 24 maggio 2006, n. 12, Promozione del sistema integrato di servizi sociali e sociosanitari. Legge regionale n. 34 del 2008, Norme per il sostegno dei genitori separati in situazione di difficoltà. RINGRAZIAMENTI Eccoci un’altra meta raggiunta…….. Il merito non è mio ma delle persone che mi stanno vicino…. …….senza di loro non avrei fatto niente!!!! Per questo un ringraziamento pieno di affetto va ai miei genitori per la “pazienza” che hanno avuto e per l’appoggio in questo lungo cammino. Ringrazio il mio “mito”, nonché fratello, Fabio, e la mia intelligentissima cognata, Aga….due persone che ammiro e stimo molto. Desidero ringraziare con tutto il cuore Andrea che mi ha sopportata e supportata nei momenti più critici…da qualche anno è il mio punto di riferimento!..... ………..e di conseguenza ringrazio anche i suoi genitori, Ivana e Massimo, per la disponibilità e la gentilezza che hanno avuto nei miei confronti. Un caro pensiero e ringraziamento va alle mie amiche storiche di Genova: Pami, Sonia (Ponga), Vale (Cicx) e Claudia…..nonostante la distanza, loro sono sempre state una certezza!!! Non posso non ringraziare le mie compagne di Collegio, Chiara P., Denise, Francesca B., Fra Mor, Gemma, Ilaria, Luisa, Sara C., Sara M., Federica, Chiara D., Alessandra (Papi) e tutte le altre….perché in fondo per due anni sono state la mia famiglia. Vorrei ringraziare “zia” Barbara, una persona speciale che ho incontrato sui banchi di scuola….la ringrazio per tutti i consigli ma soprattutto per avermi ascoltata! Ringrazio le mie colleghe di corso Carlotta, Antonella, Maria Grazia, Federica A., Federica S., Maria Elena. Un ringraziamento speciale va anche a Claudia, Alice, Vale, Martina, Silvia, le mie mitiche compagne di danza. Infine concludo ringraziando le due guide del mio percorso di studi: la mia relatrice la Dott.ssa Stefania Mazza per la passione che mette nel suo lavoro e la Dott.ssa Valentina Trizzino (la “mia Capa”) per avermi sostenuto durante tutto il periodo di tirocinio. Spero di non aver dimenticato nessuno, nel caso mi scuso……. …………………………e in ogni caso, GRAZIE A TUTTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!