Secondo Incontro

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Secondo Incontro
La vita dello Spirito nella vita quotidiana
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A COSA È DESTINATO L’UOMO?
Uno dei più grandi misteri della nostra religione è la comunione dei santi. Con il Battesimo – e
ancor più con la Cresima e l’Eucaristia – veniamo inseriti in Cristo, diventiamo partecipi
della Sua vita, e veniamo inondati di Spirito Santo. Se però tutti siamo uniti a Cristo, tutti
siamo uniti tra di noi, attraverso di Lui; se tutti abbiamo ricevuto un solo Spirito, un solo
principio vitale per l’anima di ciascuno, tutti partecipiamo della vita di ciascuno. È come se
ognuno di noi fosse un canale attraverso cui fluisce lo Spirito di Dio: quanto più attingiamo
a Dio, tanto più lo trasmettiamo a tutti. È il principio dei vasi comunicanti. La mia
santificazione – che è unione intima con Dio – aumenta la possibilità di santificarsi di tutti. È
così che monaci e monache, chiudendosi in clausura, ottengono la conversione e la santità di
tante persone.
“Come in un organismo vivente l’attività di un membro torna a vantaggio dell’insieme, qualcosa di simile
accade nel corpo mistico che è la Chiesa. Il bene compiuto da uno si comunica agli altri fedeli; infatti «pur
essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri»
(Rm 12,5). Sicché, tra le altre verità di fede, gli apostoli ci hanno tramandato questa, della «comunione dei
santi», ossia la comunanza nei beni spirituali. Cristo è il capo; la Chiesa ne costituisce il mistico organismo,
secondo l’espressione paolina: «[Egli] è il capo di tutta la Chiesa, la quale è il suo corpo» (Ef I, 22-23) e
quanto di bene c’è in lui, si diffonde nei cristiani mediante i sacramenti. Agisce in essi l’efficacia del sacrificio
di Gesù, la grazia in remissione dei peccati” (San Tommaso d’Aquino, Commento al Credo).
È così che le grazie ottenute da Gesù sulla croce si riversano su ciascuno, così siamo
particolarmente partecipi delle grazie della Madonna, così siamo intimamente uniti ai santi
del paradiso e alle anime che si purificano in purgatorio. Questa unione tra noi avviene,
prende efficacia, nella Messa – “Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa la
vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del
tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un
solo spirito” ( Terza Preghiera Eucaristica) – dove le nostre preghiere, le nostre penitenze, le
nostre opere buone “passano” a tutti i membri della Chiesa – viventi e defunti. È per questo
che offrire la Messa per un defunto – insieme a un’offerta che rappresenti per noi un
sacrificio – li aiuta a purificarsi nel purgatorio. Se le colpe sono sempre mancanza di carità,
“passiamo” loro la nostra carità e aiutiamo queste povere anime a liberarsi dalle loro
sofferenze e andare prima in paradiso.
Come andremo in paradiso? Le nostre opere buone, il nostro amore, si è sempre manifestato
nel corpo e attraverso il corpo; è giusto quindi che anche il corpo partecipi della gioia di
essere unito a Dio. Noi crediamo non nell’immortalità dell’anima solamente, crediamo che
dopo la separazione con l’anima – conseguenza del peccato – questa unione della nostra
persona avverrà di nuovo, nella risurrezione della nostra carne.
“35 Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?». 36 Stolto! Ciò che tu semini
non prende vita, se prima non muore; 37 e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice
chicco, di grano per esempio o di altro genere. 38 E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il
proprio corpo. … 42 Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; 43 si
semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; 44 si semina un corpo animale,
risorge un corpo spirituale” (1Cor 15).
La separazione dell’anima dal corpo rimane un fatto temporaneo, dovuto alle conseguenze
del peccato. Tuttavia il nostro corpo attraverserà una trasformazione. Gesù non ha lasciato il
suo corpo nel sepolcro, esso “è salito al cielo”, e ha acquistato nuove caratteristiche che gli
permettono di apparire agli apostoli senza essere legato allo spazio e al tempo.
La separazione del corpo e dell’anima la chiamiamo morte, destinata però a essere sconfitta
dalla vittoria di Cristo alla fine dei tempi. Il nostro tempo invece finisce dopo la nostra morte
corporale e il giudizio personale a cui saremo sottoposti. Allora vedremo alla luce di Dio ogni
scelta operata nel nostro tempo. Ogni più piccolo istante ha infatti un valore eterno, perché
determina la scelta, o meno, per Dio, e fissa per sempre l’intimità e gioia che avremo con Lui
in paradiso.
Il paradiso non è altro che la gioia immensa, la beatitudine, di conoscere, contemplare e amare
per sempre la bellezza e la bontà di Dio. Ognuno parteciperà alle prerogative divine e alla
Sua gioia in proporzione a quanto lo avrà amato in questa vita. E sarà una gioia condivisa,
partecipando ognuno della gioia degli altri. Il corpo parteciperà a questa gioia, ma avrà
bisogno di una trasformazione per poter “reggere” una gioia così grande: ogni gioia, ogni
amore, senza fine.
Per poter essere partecipi di una beatitudine così grande, è necessario però che non vi sia
alcun impedimento in noi, nessuna traccia, pur minima, di peccato, di odio, alcuna impurità.
Tutto in noi deve essere ricolmo di amore. La misericordia di Dio ha previsto quindi, per
coloro che non sono riusciti a raggiungere nella vita questa pienezza, un tempo di
purificazione, il purgatorio. L’anima vedrà l’amore di Dio che la attira potentemente e si vedrà
incapace di unirsi a Lui: questa lacerazione sarà estremamente dolorosa, ma consolata dalla
certezza di potersi poi unirsi per sempre a Dio. Le preghiere della Chiesa, dei cari ancora
viventi, le indulgenze, le opere di carità compiute per loro abbreviano e addolciscono questo
tempo.
Il rischio del fallimento totale dell’esistenza è però concreto. L’inferno è la conseguenza della
scelta libera della persona, che non ha voluto amare. La conseguenza è devastante. Una
lacerazione dolorosissima, un odio totale verso tutto e tutti; ogni male senza alcun bene –
fisico, psichico, spirituale – per sempre. È la vera morte di una persona, perché nessuna sua
qualità – di cui anche le persone peggiori sono dotate in questa vita – sussisterà, nessun
affetto, nessuna consolazione.
Le nostre azioni non sono però solo individuali; ogni opera buona e ogni opera cattiva ha
una storia precedente, in noi e nelle persone e l’ambiente che abbiamo frequentato, e una
storia seguente, nelle sue conseguenze immediate e lontane. Per questo alla fine dei tempi
Dio tirerà le somme dell’intera storia umana e contempleremo tutto l’intrecciarsi delle libertà
umane e come Dio ha sapientemente operato nella storia universale. È il giudizio universale:
risurrezione dei corpi, conferma definitiva della condanna per i dannati, conferma per i beati
del paradiso, ingresso in paradiso degli ultimi presenti in purgatorio.
Quello che avverrà sarà una nuova creazione, cominciata il giorno di Pasqua da Gesù Cristo e
portata a compimento con la trasformazione di tutta la creazione visibile, perché tutto
partecipi della gioia umana e divina del paradiso. Come sarà questa creazione non lo
sappiamo ancora; saperlo ci rovinerebbe la sorpresa!