un`isola per quattro stagioni
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un`isola per quattro stagioni
Sardegna NUMERO 35 MAGGIO 2005 EURO 6,20 IN ITALIA ITINERARI SPECIALI DI Bell’Italia / SARDEGNA / NUMERO 35 MAGGIO 2005 UN’ISOLA PER QUATTRO STAGIONI LA PRIMAVERA DELLA NATURA L’ESTATE DEL MARE L’AUTUNNO DEI SAPORI L’INVERNO DELLE CITTÀ EDITORIALE GIORGIO MONDADORI Sardegna ITINERARI SPECIALI DI BELL’ITALIA NUMERO 35 - MAGGIO 2005 Direttore responsabile: Luciano Di Pietro Redazione: Marco Massaia (art director) Michela Colombo (caporedattore) Daniela Bonafede, Pietro Cozzi Lara Leovino, Sandra Minute Impaginazione: Corrado Giavara, Franca Bombaci Ricerca iconografica: Susanna Scafuri (responsabile) Segreteria: Orietta Pontani (responsabile), Paola Paterlini A cura di: Aldo Brigaglia, Rita Colombi, Maria Paola Lodigiani (Studio Ready-Made, Milano) Realizzazione grafica: Monica Maltarolo (Studio Ready-Made, Milano) Hanno collaborato per la documentazione, l’archivio e la redazione: Carlo Migliavacca per i testi: Walkiria Baldinelli, Aldo Brigaglia, Lello Caravano, Daniele Casale, Ornella D’Alessio, Emanuele Dessì, Walter Falgio, Emiliano Farina, Laura Floris, Mario Frongia, Giovanni Antonio Lampis, Patrizia Mocci, Rafaela Solinas Cartina di: Mario Russo ALLA SCOPERTA DEL PIÙ BEL PAESE DEL MONDO Direttore responsabile: Luciano Di Pietro EDITORIALE GIORGIO MONDADORI S.P.A. Presidente: Urbano Cairo Amministratore Delegato: Ernesto Mauri Direttore Generale: Giuseppe Ferrauto Consiglieri: Giuseppe Ferrauto, Uberto Fornara, Antonio Guastoni, Antonio Magnocavallo, Marco Pompignoli Bell’Italia Direzione, redazione ed amministrazione: corso Magenta 55, 20123 Milano, telefono 02/43.31.31. Fax 02/43.74.65. E-mail: [email protected] Ufficio diffusione: telefono 02/43.31.33.33 Ufficio abbonamenti: telefono 02/43.31.34.68 Ufficio pubblicità: telefono 02/74.81.31 E-mail Abbonamenti: [email protected] Concessionaria esclusiva per la pubblicità CAIRO COMMUNICATION S.p.A. 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La torre della Pelosa a Stintino (foto di Marco Melodia/ Il Dagherrotipo). AUTUNNO CASTELLI E CHIESE - Parole di pietra TURISMO IN TRENO - Elogio della lentezza BED & BREAKFAST - Come se foste a casa vostra CANTINA DI DORGALI E VINI - Nettare degli dei di alta qualità FAUNA - Un patrimonio da difendere MONUMENTI ARBOREI - I patriarchi verdi SAGRE - Saperi e sapori TERME - Un tesoro custodito dalle fate GASTRONOMIA - È tempo di formaggi INVERNO CAGLIARI - Itinerari novecenteschi SASSARI - Una passeggiata nel Liberty SAGRE - Tra natura, fede e trasgressione NUORO - Piccola culla di scrittori e artisti NEVE - Sul tetto della Barbagia ORISTANO - Nel nome di Eleonora OLBIA - Un futuro che viene da lontano GASTRONOMIA - Le carni e gli aromi Nuova Giemme srl (Filiale di Genova) Via dei Franzone 6/1, 16145 Genova Tel. 010/3106520, fax 010/3106572 LOMBARDIA ORIENTALE: Media Nord-est Via Trainini 97, 25123 Brescia Tel. 030/2007023, fax 030/2007023 TRIVENETO: Full Time Via Cà di Cozzi 10, 37124 Verona Tel. 045/915399, fax 045/8352612 EMILIA: Cairo Communication Spa (Filiale di Bologna) Via Corte Isolani 1, 40124 Bologna Tel. 051/271261, fax 051/271356 ROMAGNA, MARCHE, ABRUZZI, RSM: INFO.CO Srl Via Marino Moretti 23, 3° piano, 47899 Serravalle (RSM) Centro Commerciale Azzurro Tel. 0549/960049, fax 0549/904892 TOSCANA, UMBRIA: Giovanni Ferrari Via Della Robbia 53, 50132 Firenze Tel. 055/5048060 - 055/5048356, fax 055/5536866 LAZIO: Cairo Communication Spa (Filiale di Roma) Via di Villa Emiliani 46, 00197 Roma Tel. 06/802251, fax 06/80693188 CAMPANIA: Media & Service (Filiale di Napoli) Centro Direzionale, Via G. 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Il mare di Sardegna, che come vorace sirena, conscia della propria bellezza, sembra fagocitare l’Isola, assorbirla, usarla a suo uso e consumo, scegliendo con abile arte di manifestarsi al grande pubblico quando è all’apice del suo fascino, secondo tempi e modi che ne esaltino il fulgore. Che son poi i tempi e i modi dell’estate. Sicché questa terra, agli occhi dei “forestieri”, sembra vivere una sola stagione. Le altre tre sono relegate all’ambito di inefficaci racconti, di sterili suggestioni, di infruttuosi inviti, o di piaceri riservati: ah, se vedeste la Sardegna fiorita e lo stesso mare in primavera! E i colori e le atmosfere dell’autunno! Le sue città, poi, piene di cose da vedere e da vivere nel placido inverno! Ma niente, o almeno, troppo poco. Appelli in gran parte perduti nel vuoto, consigli in gran parte inascoltati. Discorso antico, e problema di non facile e, comunque, di lenta soluzione. Un contributo prova a fornirlo anche Bell’Italia con un nuovo “speciale” dedicato all’Isola. Abbiamo scelto di dividere il fascicolo in quattro parti, quante sono le stagioni, individuando per ciascuna alcune delle peculiari caratteristiche di richiamo. Speriamo così di offrire uno spunto, pur nei limiti di un giornale, per allargare i “tempi d’uso” della Sardegna, e per documentare, ancora una volta, quante e quali siano le sorprese ch’essa riserva. In qualsiasi stagione. P.S. Preveniamo l’osservazione: ma come, si giudica il mare una “tirannica sirena” e poi lo si mette in copertina! Certo: si sfrutta il grande motivo di richiamo nella speranza di rivolgersi a un pubblico il più vasto possibile. Per poi parlargli anche, e soprattutto, di qualcosa d’altro. Cartina di Mario Russo SCOPRIAMO LA SARDEGNA Nella cartina sono indicate le aree geografiche, i luoghi e le località toccate nelle pagine di questo “speciale” dedicato alle quattro stagioni sull’Isola. PRIMAVERA Gianmario Marras La rinascita della natura, le sagre, la freschezza delle acque interne... E una gita in Ogliastra L’imponente torre Longosardo che domina il promontorio roccioso di Santa Teresa Gallura. 13 Acque L’ALTRO MARE DELLA SARDEGNA Sono le cascate, i laghi e i fiumi: scenari sconosciuti ai visitatori occasionali, quasi ignorati dagli stessi abitanti dell’Isola, assenti dal tradizionale circuito turistico che cerca soltanto i colori abbacinanti delle spiagge Gianmario Marras DI DANIELE CASALE Il salto spettacolare della cascata di Sos Molinos, tra Santu Lussurgiu e Bonarcado: le acque dell’omonimo rio cadono in mezzo alla fitta vegetazione sul fondo di una forra. ACQUE 16 giungibili dalla statale Nuoro-Lanusei, strada che consente tra l’altro di arrivare ad alcuni sentieri panoramici, tra cui quello per il torrione di Perda Liana, e di inoltrarsi nelle ultime, secolari foreste del Gennargentu. Non può mancare un accenno al bacino più grande, l’Omodeo, famoso perché custodisce ancora nei suoi fondali i resti di una savana pietrificata, risalente all’era miocenica. Anche in questo caso, i paesi rivieraschi (tra cui Soddì e Sorradile) si stanno attrezzando per offrire diversi servizi ai turisti, come le canoe e un piccolo battello con cui attraversare lo specchio d’acqua. Le cascate nascoste L’altro mare della Sardegna appare in primavera, quando la neve libera le acque intrappolate in strette e profonde gole inaccessibili agli sguardi, e prima che l’estate torrida lo prosciughi. L’altro mare non bagna le coste, ma gorgheggia tra vallate silenziose. Ma la bellezza ha un costo. Raggiungere una cascata, nella maggior parte dei casi, non è impresa facile. Le indicazioni poi non aiutano: dovunque assenti, se si eccettuano i sentieri nel massiccio del monte Linas, in territorio di VillaciSopra: le morbide insenature di sabbia giallissima incorniciate da una folta pineta movimentano il lago Baratz, a nord di Alghero. Nella pagina accanto: il lago Alto del Flumendosa, nei pressi di Villanova Strisaili, è il più scenografico dei laghi artificiali della Sardegna. Le acque del suo invaso, posto a 800 metri di quota, alimentano tre centrali idroelettriche, vengono utilizzate per l’irrigazione e “danno da bere” ai comuni limitrofi; sotto: Sa Spendula, nei dintorni di Villacidro, è l’ultimo salto del rio Coxinas verso la pianura del Campidano. dro e Gonnosfanadiga. Eppure, lo spettacolo ripaga la fatica: lo scrosciare impetuoso dell’acqua fa da colonna sonora a paesaggi segreti, dove la natura è protagonista incontrastata e l’uomo una fuggevole comparsa. Dal Gennargentu all’Ogliastra, dal Montiferru ai monti di Villacidro, dal Limbara al Supramonte, ogni zona dell’Isola ha la sua cascata. Sadali, piccolo centro della Barbagia di Seulo, è l’unico paese dell’Isola a ospitare un piccolo salto d’acqua, la cascata di Valentino, persino tra le graziose casette del centro storico. E basta addentrarsi nel sentiero che conduce alle grotte di Is Janas (delle Fate), a pochi chilometri dal paese, per scoprire il fascino di Su stampu ‘e su turrunu: tra i lecci e i sambuchi la rumorosa cascata si riversa in un laghetto dopo un salto di 16 metri da un foro nella roccia, scavato nel corso dei millenni dalla forza dirompente dell’acqua. Lungo lo stesso sentiero, attrezzato da un corrimano d’acciaio, dopo appena 300 metri di passeggiata si possono ammirare altre due cascatelle, una a fianco all’altra. Altro spettacolo unico in Sardegna. Ancora in Ogliastra attraverso i tacchi e i picchi calcarei caratteristici di questa regione: a Ulassai (località Santa Barbara) vicino alle grotte di Su Marmuri, un gigantesco anfiteatro na- turale incornicia la cascata di Lequarci, dove un getto d’acqua salta nel vuoto da 50 metri. Chi non teme un bagno fuori stagione può provare a passare dietro la cascata: non troverà il tesoro, ma un arcobaleno multicolore catturato dalle goccioline d’acqua. Un mantello di calcare caratterizza invece la cascata Middai, nel territorio di Seui. Ci si arriva comodamente grazie a un sentiero sistemato dalla Forestale, pochi minuti dopo aver parcheggiato l’auto. Siamo in una delle zone più belle della Sardegna, nel Montarbu. La cascata Middai è suggestiva quando è in piena, ma anche nei periodi di secca grazie alla sua parete dai toni giallo oro con concrezioni che ricordano ampi mantelli. Lasciati i tacchi dell’Ogliastra, il viaggio per cascate prosegue verso nord, sulle cime più alte dell’Isola. Il versante del Gennargentu di Arzana è ricco di corsi d’acqua. Nelle selvagge vallate, habitat preferito dai mufloni, i torrenti sono spesso impetuosi e la loro forza si rovescia in strette forre e in salti d’acqua spettacolari molto spesso nascosti. L’accesso alla gola di Pirincanes è facile, si arriva in auto percorrendo la strada che dalla Nuoro-Lanusei conduce al caratteristico tacco di Perda Liana. Una volta incontrato, sulla destra, il grande Gianmario Marras L a Sardegna è sempre stata una terra assetata, ecco perché nell’arco di un secolo si è cercato di rimediare dando vita a vari bacini artificiali. In diversi casi questi laghi, una decina circa, sono nati in un contesto ambientale di primitiva bellezza impreziosendo i boschi secolari e il verde della macchia mediterranea. Ma c’è un’eccezione, il lago Baratz. Unico lago naturale della Sardegna, vicino all’insenatura di Porto Ferropoco a nord di Alghero. Le sue rive sono davvero particolari, con dune giallo oro che si inoltrano all’interno di una fitta pineta. Lo specchio d’acqua, 50 ettari di estensione, offre riparo a una variegata avifauna, tra cui aironi cinerini, svassi e gruccioni. Ma forse il lago più pittoresco dell’Isola è quello di Gusana, stretto tra i boschi della Barbagia, a pochi chilometri dal paesino di Gavoi. Il colore blu cobalto delle sue acque contrasta con il verde delle chiome di lecci e roverelle. Il modo migliore per apprezzare le sue placide acque è salire su una canoa o su uno dei pattini che si possono noleggiare chiedendo informazioni ai tre hotel ubicati sulle sponde. Assieme ai vicini Cucchinadorza e Benzone, il lago di Gusana fa parte del grande gruppo di bacini idroelettrici del Tirso. Ai piedi del Gennargentu e vicino alle sorgenti del secondo fiume più lungo dell’Isola, si trova il lago Alto del Flumendosa, così chiamato perché il sistema idrografico comprende anche il bacino Medio, creato nel 1952 per irrigare il Campidano, non distante dal piccolo lago Mulargia. Le sponde del lago Alto, che ricade in territorio di Villagrande Strisaili e Arzana, sono rag- Daniele Pellegrini Marco Melodia/Il Dagherrotipo PRIMAVERA 17 PRIMAVERA Sopra: il pozzo nuragico di Santa Cristina a Paulilatino risale a circa 3.000 anni fa. 18 Sopra: il lago Omodeo, nell’alto Oristanese. Formatosi dopo la costruzione della diga di Santa Chiara tra il 1919 e il 1923, posta a sbarramento del Tirso, questo bacino artificiale ridisegnò l’intera vallata. masso che segnala il Gennargentu si deve percorrere la strada carrareccia che dopo pochi tornanti giunge a un leccio secolare. Lasciata l’auto, si risale la sponda del rio Calaresu. Dopo un’ora di cammino, in un paesaggio dominato da ginepri, piscine e archi naturali, le tre cascate del Riu ‘e forru sono quasi una sorpresa, nascoste da un imponente costone di granito. Tre salti, uno dopo l’altro, visibili solo dopo una breve ma impegnativa arrampicata. L’Oristanese, ricco di pianure e poco montuoso, non delude. Il Montiferru, primigenia zona vulcanica che impressionò il geografo e storico Alberto La Marmora, custodisce l’unica cascata della Sardegna che si getta in mare, dopo un salto di 40 metri. Siamo nel territorio di Cuglieri, poco dopo Santa Caterina di Pittinuri, dove alte falesie di basalto proteggono questo tratto della costa occidentale. La cascata a picco di Capo Nieddu è davvero spettacolare, specie quando soffia impetuoso il maestrale che spinge con forza l’acqua indietro, dando vita a un’eterna battaglia tra acqua e vento. Sul versante opposto del massiccio del Montiferru, in una valle selvaggia si trova la cascata di Sos Molinos (Santu Lussurgiu), così chiamata perché fino a pochi decenni fa erano ancora in funzione alcuni mulini. Si raggiunge lungo la provinciale che da Bonarcado arriva a Santu Lussurgiu. A Villacidro e Gonnosfanadiga le cascate sono diventate una risorsa per il turismo ambientale: ecco perché ai piedi del massiccio del monte Linas si trova una delle poche zone, dove la segnaletica biancorossa viene in aiuto di chi vuole ammirare le sei cascate del massiccio. Rio Arrusarbus, Gutturu Fenugu, Sa Spendula, Piscina Irgas, Muru Mannu, rio Linas: questi i loro nomi, perle incastonate in gole insidiose ma ricche di fascino. Marco Melodia/Il Dagherrotipo I sardi e l’acqua, un legame particolare che si perde nella notte dei tempi. Da sempre sospettosi del mare, i primi abitanti dell’Isola, in età nuragica, hanno ritenuto questo elemento sacro, sia che provenisse dal cielo sia che sgorgasse dalle viscere della terra. Già dall’antichità sono stati studiati dei modi per conservare la preziosa acqua piovana in cisterne naturali (sas nurras) in previsione di lunghi periodi siccitosi. Nei circa 40 templi a pozzo che si contano sparsi in tutta la Sardegna avvenivano poi i rituali cultuali e si deponevano le offerte. Uno dei meglio conservati è il pozzo di Santa Cristina a Paulilatino (Oristano), costruito circa 3.000 anni fa. Un’area sacra dove ci si riuniva, anche se probabilmente solo il sacerdote poteva bagnarsi. Il pozzo di Paulilatino venne edificato tenendo conto degli equinozi: il sole ancora oggi illumina il fondo attraverso la scalinata quadrangolare, mentre ogni 18 anni, in inverno, la luna piena, da un piccolo foro sopra la cisterna, si specchia sull’acqua. Altre importanti testimonianze sono quelle di Santa Vittoria a Serri (Cagliari) e il pozzo di Su Tempiesu a Orune (Nuoro), che si discosta leggermente dalla struttura classica, caratterizzata da un vano di ingresso (al livello del suolo), la scala e il vano interrato dove si trova la fonte. La volta è solitamente a cupola. In superficie, l’area sacra è quasi sempre delimitata da un recinto di pietre e sorge nei pressi di una sorgente. All’acqua i nuragici attribuivano inoltre poteri taumaturgici: i bagni termali rupestri di Oddini, in territorio di Orani (Nuoro) e noti ai Romani, sono frequentati ancora oggi tra la fine dell’estate e l’autunno dai pastori per guarire i reumatismi. Nel villaggio di Teti, in mezzo al Gennargentu, fino alla seconda metà dell’Ottocento gli anziani si radunavano in periodi di siccità, convinti che, agitando i loro lunghi bastoni e percuotendoli contro le rocce, si scatenasse un temporale. Infine, l’acqua è sempre stata considerata portatrice di fertilità: nell’antica cerimonia nuziale ripetuta da secoli in alcuni paesi della Sardegna, la suocera gettava ai piedi della sposa dell’acqua mista a grano, frumento e sale. Un mix che doveva servire a risvegliare le forze produttrici naturali e a stimolare la fecondità della donna. Gianmario Marras Il culto delle acque 19 Sagre TRA SACRO E PROFANO Dopo le suggestive ma austere celebrazioni per la Settimana Santa, una fantasmagoria di colori e di suoni per Sant’Efisio a Cagliari e la Cavalcata sarda a Sassari Gianmario Marras DI ALDO BRIGAGLIA - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS Il Lunissanti di Castelsardo, che si svolge il lunedì della Settimana Santa, è una cerimonia molto rappresentativa per la singolarità del rito e la straordinaria intensità. Il momento più suggestivo è dopo l’imbrunire, quando le vie del centro antico illuminate solo da lampade a olio vengono percorse da una processione aperta dagli “apostoli” incappucciati e accompagnati dalle consorelle con fiaccole. PRIMAVERA In questa pagina, sotto: in onore di sant’Efisio, il 1° maggio a Cagliari si svolge una grande e coloratissima festa religiosa che attira pellegrini da tutta l’Isola. La statua del santo, posta in un’antica carrozza a vetri scolpita e dorata, trainata da buoi addobbati, viene portata in processione, seguita da migliaia di persone nei costumi tradizionali dei propri paesi; a sinistra: nel corteo non mancano i musicanti con i loro tradizionali strumenti. Diverse le processioni che da una chiesa all’altra attraversano le principali vie cittadine, con cortei che recano le statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata. Il sabato le confraternite, nei loro luttuosi costumi, danno vita alla cerimonia del Su Scravamentu, cioè dello schiodamento e della deposizione di Gesù dalla croce. La domenica, giorno di gloria, le confraternite indossano i costumi della festa e partecipano numerose alle processioni del S’Incontru che si svolgono nelle viuzze dei quartieri storici e hanno come protagonisti il Cristo Risorto e la Madonna. La Settimana Santa cagliaritana ha una simpatica appendice il lunedì di Pasquetta, quando in una città praticamente lasciata deserta dalle gite fuori porta uno sparuto drappello di fedeli porta la statua di sant’Efisio lungo le antiche vie del Castello fino alla Cattedrale, in ricordo di un voto fatto nel 1793 in occasione dell’assedio della città da parte della flotta francese. Anche nella città di Iglesias, spagnola persino nel nome, i riti pasquali sono di puro impianto iberico. Anche qui si inizia il martedì con la processione dei Misteri, con i baballotti – figuranti in tuniche bianche – re, lo Stabat Mater e lo Jesu) mentre una lunga processione di fedeli si snoda dalla cattedrale fino alla chiesetta campestre di Santa Maria di Tergu, splendido gioiello benedettino dell’XI secolo. Tra le numerose processioni della Settimana Santa a Iglesias, la più spettacolare è quella del Descenso, che si effettua la sera del venerdì con la statua del Cristo Morto portata a spalla dai baballotti, ragazzi e adolescenti in tuniche bianche con il capo coperto da sa visiera. Riccardo Bianchi P rimavera, in Sardegna, è tempo di riti pasquali. Numerose, in tutta l’Isola, si ripetono da secoli le rappresentazioni che rievocano il pathos della Passione e la gioia della Resurrezione. La lunga e cattolicissima dominazione spagnola (1323-1713) ha lasciato tracce indelebili nell’Isola. Nelle chiese di stile gotico-aragonese o barocco coloniale i costumi delle arciconfraternite, le preghiere e i canti della Pasqua ripetono da secoli liturgie e coreografie di chiara impronta iberica. A Cagliari la Settimana Santa ha inizio il martedì con la processione dei Misteri. Rito secolare che neppure le pestilenze e le guerre hanno mai interrotto, ripercorre le stazioni della Via Crucis portando in corteo una serie di drammatiche e stupende statue lignee opera del più grande scultore sardo del Settecento, Giuseppe Antonio Lonis. Il Giovedì Santo la processione delle Sette Chiese, nel cuore del centro storico, tocca le chiese di Sant’Efisio, delle Monache Cappuccine, di San Giovanni, del Santissimo Crocifisso, di Santa Rosalia, del Sepolcro e di Sant’Anna. Il venerdì è interamente dedicato alla morte di Gesù. SAGRE che ripropongono il calvario della Passione. Il giovedì, dopo il tramonto, la processione dell’Addolorata entra in tutte le chiese del centro, addobbate con is nenneris, vasi in cui si semina il grano che germoglia al buio della notte. Le campane sono legate, per cui i cortei sono accompagnati dal monotono e assordante rimbombo delle matraccas e delle raganelle. Il venerdì mattina la suggestiva processione di Gesù che porta la croce al Golgota si effettua nella parte alta della città. Ma il corteo più intenso e spettacolare è quello della sera, con le statue del Cristo Morto e dell’Addolorata che percorrono il centro cittadino accompagnate da diverse compagnie di figuranti, tutti in un loro singolare abbigliamento. Ad Alghero i riti pasquali, interpretati dalle confraternite e dai fedeli che affollano le viuzze del centro con in mano i caratteristici ceri detti farols, si arricchiscono ogni anno della presenza delle germandats (confraternite) provenienti dalla Spagna, a rinsaldare un legame d’origine che nella bella cittadina catalana non è venuto mai meno. A Sassari, il martedì, la processione dei Misteri vede i membri delle confraternite sfilare a passo cadenzato per le vie della città incappucciati e rinchiusi in una tonaca viola. Il momento più intenso è il venerdì sera con S’Iscravamentu: la statua di Cristo viene portata giù dalla croce da figuranti vestiti in costumi giudei e deposta nel sepolcro. Di eccezionale suggestione è il Lunissanti di Castelsardo, non solo per la singolarità del rito e la sua straordinaria intensità, ma anche perché il paese, abbarbicato sulla rocca che fu dei Doria e poi degli Aragonesi, offre degli scorci mozzafiato a picco su un mare d’incanto. Il lunedì è il giorno clou della settimana castellanese, con i cantori vestiti di bianco che intonano i tre cori della tradizione (il Misere- Un’esplosione di colori Ma la primavera porta in Sardegna anche la sua più grande e spettacolare festa religiosa, quella che si svolge – tutti gli anni, da quasi quattro secoli – il 1° maggio a Cagliari in onore di Sant’Efisio. Due-tremi- SAGRE Sopra: un’entusiasmante corsa al galoppo con cavalieri in costume annuncia la Cavalcata sarda di Sassari (penultima domenica di maggio), da oltre un secolo la più importante e rinomata rassegna del folclore isolano. La festa è incentrata su un’imponente sfilata per le vie del centro cittadino a cui partecipano più di tremila figuranti a piedi e a cavallo nei costumi tradizionali di tutti i centri piccoli e grandi della regione. A sinistra: una vera e propria tavolozza di colori, in un alternarsi di abiti di severa semplicità o di opulenza di ornamenti. la persone nel costume tradizionale del proprio paese, provenienti da ogni parte dell’Isola, danno vita a una processione fantasmagorica ed emozionante che accompagna la statua del santo – un soldato romano convertitosi e martirizzato nel 333 – da Cagliari a Nora, luogo del martirio. Da non perdere. Gli stessi costumi, la stessa folla, la stessa variopinta fantasia vengono riproposti la penultima domenica di maggio nella Cavalcata sarda di Sassari. Ce n’è, in questo periodo, anche per chi preferisce le feste pagane. Una delle più popolari e genuine è la sagra del Torrone che si tiene nei giorni di Pasqua e Pasquetta a Tonara, villaggio della Barbagia famoso, oltre che per il torrone – il migliore dell’Isola –, per l’artigianato del legno e del ferro. È il paese dove si produce la quasi totalità dei campanacci delle pecore sarde: un bel souvenir all’insegna della migliore tradizione locale. 24 25 Monumenti naturali SPETTACOLI ALL’ARIA APERTA Tra terra e mare, ventidue luoghi unici, che una legge della Regione tutela come vere e proprie opere d’arte L’impressionante spaccatura della gola di Gorroppu tra il Supramonte di Orgosolo e quello di Urzulei scavata nel corso di millenni dal rio Flumineddu. Lo scenario che si gode camminando sui massi resi lisci dalla continua erosione del fiume in piena, tra pareti a strapiombo alte oltre 400 metri, è mozzafiato. Olimpio Fantuz/SIME DI DANIELE CASALE PRIMAVERA MONUMENTI NATURALI IL FIOR FIORE DELL’ISOLA Antonio Saba Ecco 12 esemplari della flora sarda, che esplode a primavera P innacoli che fendono il cielo slanciandosi per 150 metri a picco sul mare, tassi millenari che non hanno mai visto la scure dell’uomo, sorgenti inghiottite dal calcare del Supramonte e dopo centinaia di chilometri restituite alla luce. Luoghi unici, sentieri in qualche caso ancora poco battuti racchiudono i tesori che fanno della Sardegna un’isola cartolina, in Italia e nel mondo. Ventidue monumenti naturali, tra terra e mare, che la primavera fa nuovamente risplendere, dopo i rigori dell’inverno e prima della calura estiva. Perché è proprio nella stagione del risveglio della natura che questa terra si scopre in tutta la sua bellezza: al di là dei quasi 1.900 chilometri di coste, che non hanno più bisogno di presentazione o pubblicità, al di là di una stagione – l’estate – che catalizza l’attenzione del turista sul mare cristallino. Ci si può immergere nella macchia mediterranea risalendo la parete della scala di San Giorgio (Osini) o ammirare articolate stalattiti della grotta di San Giovanni (Domusnovas), o ancora stupirsi dell’imponenza dei faraglioni di Masua (Iglesias): sono solo alcuni dei monumenti naturali riconosciuti e tutelati da una legge della Regione Sardegna capaci di impreziosire un’Isola che non finisce mai di sorprendere. L’itinerario attraverso le meraviglie naturalistiche parte dai calcari del Supramonte. Sull’altopiano del 28 Golgo, a 400 metri sul livello del mare, in agro di Baunei, punto di partenza per le pittoresche cale dell’Ogliastra, si trova la porta dell’Inferno, s’intrada de s’inferru, come la chiamano i pastori del posto: è la voragine Su Sterru, un pauroso inghiottitoio a campata unica, che sprofonda per circa 300 metri. Soltanto nel 1957 l’uomo, con una corda e una lampada a carburo, è riuscito a compiere un’esplorazione parziale, ma ancora oggi si conosce poco della vita – piante, piccoli anfibi – che si sviluppa tenacemente appesa alle sue pareti riuscendo ad avere ragione del buio. Ancora sulla costa di Baunei, 40 chilometri di calcare, ginepri contorti dal vento e magnifiche insenature, si trovano altre due opere d’arte della natura: la guglia di Pedra Longa, poco a nord della frazione marina di Santa Maria Navarrese, dove sono custoditi alcuni olivi millenari, altro monumento tutelato, e punta Goloritzè, che dà il nome alla celebre, candida caletta sovrastata da un pinnacolo di 100 metri. Sempre nel Supramonte, ma questa volta in territorio di Orgosolo, la depressione di Su Suercone fa pensare che da queste parti milioni di anni fa si sia schiantato un gigantesco meteorite. Lo spazio però non c’entra nulla, Su Suercone è un’immensa dolina carsica con 400 metri di diametro. Profonda fino a 200 metri, in tutta la circonferenza ha un solo punto di accesso. Ma la fatica della discesa è presto ripagata. Alla base un in- Acetosella Anemone Borragine Crucifera Dianthus Ophrys tenthredinifera Ginestra Fragolina di bosco Orchis italica Papavero Quittamo Tarassaco Fotografie di Vittorio Giannella La splendida cala Goloritzè, incastonata nel verde della macchia tra le alte falesie del territorio di Baunei. Sovrastata da un monolite calcareo alto 143 metri, è chiusa dall’omonima punta, trasformata dall’azione erosiva dell’acqua in un suggestivo e insolito arco. 29 Antonio Saba MONUMENTI NATURALI A sinistra: nella parte terminale della gola di Gorroppu si trovano delle pozze di corrosione che formano vere e proprie piscine naturali. Sotto: con i suoi 1.293 metri di altezza, il torrione calcareo di Perda Liana, tra i paesi di Seui, Ussassai e Gairo, è visibile da tutto il territorio del Gennargentu. Secondo antiche leggende qui si apriva la porta dell’inferno; oggi, al posto di demoni e streghe, si incontra soltanto qualche muflone. ghiottitoio, diverse vestigia archeologiche e soprattutto vari esemplari di tassi, un piccolo bosco relitto di ere lontane, dato che l’albero della morte (come viene chiamato per la sua tossicità) vegeta soltanto in ambienti freddi. Al confine tra Orgosolo e Urzulei la gola di Gorroppu, un’enorme ferita nel bianco calcare del Supramonte, impressiona per le sue dimensioni. È uno dei canyon più profondi d’Europa e meta ogni anno di escursionisti affascinati da quelle pareti alte 400 metri che quasi si toccano. Sotto, da milioni di anni, scorre il Flumineddu, che qui e là crea laghetti smeraldo e spumeggianti cascatelle. Vacanza avventura 30 Il “faro” del Gennargentu Il torrione di Perda Liana, nel Gennargentu, 1.293 metri sul mare, è uno dei picchi più caratteristici dell’Isola, visibile da grande distanza. Il geografo dell’Ottocento Alberto La Marmora rimase stupito dalla sua bellezza, e lo descrisse circondato da intricati boschi e popolato solo da centinaia di mufloni. Le foreste non esistono più da due secoli, in compenso i mufloni stanno tornando all’ombra delle sue pareti verticali. L’itinerario dalla montagna al mare non delude mai, e ai basalti colonnari del monte Cèpera di Guspini (Medio Campidano) mancano soltanto le note, Olimpio Fantuz/SIME Il modo migliore per capire e apprezzare fino in fondo gli angoli più segreti dell’Isola e i suoi monumenti naturali, che siano in mezzo alle montagne o lungo le spiagge più inaccessibili, è indossare un paio di scarpe da trekking e mettersi in marcia. Senza fretta, facendo lunghe pause per imprimere nella mente scorci selvaggi, panorami unici. Da qualche tempo alcuni comuni (Baunei e Villacidro, per esempio) hanno deciso di puntare su questa forma di turismo, investire in sentieri attrezzati, guide dettagliate che consentono di raggiungere destinazioni lontane dai percorsi più battuti. C’è ancora tanto da fare, ma la volontà sembra finalmente esserci. Chi non ama la settimana standardizzata e organizzata fino all’ultimo minuto dei villaggi turistici ma pensa che la vacanza sia anche avventura, può scegliere di mangiare un maialino arrostito dal pastore a casa sua, nel suo ovile. A organizzare tutto ci pensano cooperative giovanili locali, che possono offrire anche guide escursionistiche o pacchetti tutto compreso. Oppure, si può salire su un fuoristrada e affrontare percorsi in mezzo al Supramonte per raggiungere più agevolmente e con poca fatica la destinazione. Anche in questo caso, a mettere a disposizione il veicolo ci pensano le cooperative, con le quali si concorda il prezzo in anticipo che può comprendere anche il pranzo tipico. Il prezzo medio di un’escursione in fuoristrada è di 100 euro. Infine, si può scegliere di montare in sella a un cavallo e percorrere, per esempio, le codule del golfo di Orosei. Il punto di partenza, in questo caso, è l’altopiano del Golgo, che sorge sopra l’abitato di Baunei. Riccardo Spila/SIME MONUMENTI NATURALI Riccardo Bianchi Sopra: un tempo noto come Concali su Terraini, l’imponente scoglio granitico che si staglia di fronte a Porto Flavia, nel territorio di Masua, fu ribattezzato alla fine del Settecento Pan di Zucchero perché ricorda il più noto Pao de Azucar di Rio de Janeiro. In questo straordinario faraglione alto 133 metri, il più grande d’Europa, si aprono due grandi grotte marine dove si può transitare anche in barca. Sotto: bellezza da cartolina per S’Archittu, lo spettacolare arco naturale scavato dal mare lungo le candide scogliere di Santa Caterina di Pittinuri (Cuglieri). 32 perché sembrano davvero le canne di un gigantesco organo, immerse tra cespugli di mirto e lentisco. Un orso sorveglia la Sardegna, pensava il geografo greco Tolomeo nel II secolo. Una creatura che intimoriva i naviganti, che pensavano che quell’imponente roccia fosse un gigantesco plantigrado di guardia dal promontorio di Palau. Oggi è uno dei siti più famosi e visitati della Sardegna. Altrettanto immortalato è l’arco che buca le scogliere bianchissime di Santa Caterina di Pittinuri (Cuglieri): sotto un mare cobalto e pescosissimo, dove ogni anno si tengono gare internazionali di tuffi. S’Archittu è il relitto di un’antica grotta, letteralmente sfondata dalle onde del mare in tempesta. Nel Sulcis-Iglesiente, i grigi faraglioni di Carloforte, le Colonne, non fanno che impreziosire l’isola di San Pietro, già ricca di calette, falesie e promontori suggestivi. Ancora più spettacolare il Pan di Zucchero, poco più a nord in territorio di Iglesias-Masua, così chiamato (già dalla fine del Settecento) per l’impressionante somiglianza con il Pao de Azucar di Rio de Janeiro. È uno degli ultimi rifugi del falco della regina, che sulle sue impervie falesie (più di 130 metri sul mare) riesce a nidificare. Di fronte, la miniera di Porto Flavia, gioiello dell’archeologia mineraria e oggi l’attrattiva principale del Parco geominerario della Sardegna. Il viaggio è finito, ma forse questo è solo l’inizio perché l’Isola al centro del Mediterraneo ha ancora tante, forse infinite, bellezze da disvelare. 33 Una delle due gallerie principali della grotta del Fico, aperta al pubblico nel 2003, con le suggestive formazioni di stalattiti, stalagmiti e colonne, a volte filiformi. L’ingresso della cavità, che si apre direttamente sopra il mare a 7 metri di altezza nella straordinaria muraglia calcarea del golfo di Orosei, è raggiungibile con il servizio di imbarcazioni in partenza da Santa Maria Navarrese. Grotte Un momento della serata conclusiva della scorsa edizione del Festival internazionale Calagonone Jazz con il gruppo “Timeline” guidato dalla pianista americana Geri Allen. NELLE VISCERE DI UNA TERRA ANTICA Tre itinerari attraverso il Supramonte di Baunei fino alla costa dell’Ogliastra e nel Parco minerario del Sulcis-Iglesiente alla scoperta delle cavità naturali aperte recentemente ai visitatori DI WALTER FALGIO C La visita della grotta del Fico si svolge percorrendo una serie di agevoli passerelle. Queste costeggiano il letto fossile dell’antico fiume sotterraneo che ha dato origine alla cavità. Un lungo sifone, meta preferita degli speleosub, collega l’interno della grotta al mare aperto, da cui in passato accedeva la rarissima foca monaca. Gli ultimi esemplari sono stati avvistati una ventina di anni fa. Cala Sisine, oltre la settecentesca chiesa campestre di San Pietro. La sterrata si interrompe a 15 minuti dalla spiaggia. Raggiunto il mare a piedi, è necessario risalire il costone roccioso su un sentiero per almeno un’ora. La spettacolare imboccatura calcarea semicircolare è a 300 metri di altitudine. La visita, tra bizzarre colonne e luminose stalattiti, dura 45 minuti e comprende anche il pranzo a Sisine (30 euro a persona). Si resta in Ogliastra e nel territorio di Baunei ma si lascia la piana basaltica per solcare il mare. Alla grotta del Fico, per il momento, si arriva solo dall’acqua (www.grottadelfico.it, info: Claudio Calzoni, cell. 349/14.63.802, ingresso 6 euro). Una cinquantina di minuti sui barconi che partono da Santa Maria Navar- Fotografie di Gianmario Marras ome tutti i tesori sono stupefacenti e nascosti da tempi remotissimi. Un lento motore della natura le ha modellate, imprigionandole per sempre nel buio più profondo. Ma a volte può capitare che si disvelino restituendo una bellezza prodigiosa. Le grotte della Sardegna hanno atteso ere geologiche prima che l’uomo ci mettesse piede. E continuano a suscitare emozione e sorpresa. Tra le numerose cavità visitabili nell’Isola, si segnalano quelle che sono state attrezzate negli ultimi due anni. Tre itinerari inseriti in un contesto ambientale favoloso. Si comincia dalla grotta de Su Meraculu nel comune di Baunei (http://web.tiscali.it/SUMERACULU, info: Vincenzo Incollu, tel. 0782/61.53.26, cell. 339/52.69.54). L’escursione, della durata di un giorno, può partire anche da Santa Maria Navarrese. Raggiunto l’altopiano del Golgo, a 13 chilometri dal paese di Baunei, si devono seguire le indicazioni per 35 PRIMAVERA GROTTE DOVE MANGIARE Baunei Ristorante tipico Il Rifugio, loc. Golgo, vicino alla chiesa di San Pietro, tel. 0782/61.05.99, cell. 368/70.28.980, www.coopgoloritze.com. I culurgiones ogliastrini, tradizionali ravioli di formaggio, il prosciutto crudo locale, la capra o il maialetto arrosto, sono prelibatezze alle quali non si deve rinunciare. Menu, tutto compreso, 27 euro. Apertura stagionale da aprile a ottobre. Nebida Pan di Zucchero, via Centrale 365, tel. 0781/47.114, http://web.tiscali.it/albergopandizucchero/. Il panorama sullo scoglio di Pan di Zucchero è stupefacente. Il locale meriterebbe una visita solo per questo. Cucina a base di pesce fresco di giornata, ottimi gli spaghetti ai ricci, menu 30 euro. Chiuso il lunedì. Tortolì Da Lenin, via San Gemiliano 19, tel. 0782/62.44.22. Ristorante di buon livello. Specialità di pesce e paste fresche: ravioli di carciofi alla bottarga e ravioli di pesce, straccetti al ragù di gamberi, tagliolini neri al ragù di scorfano. Sempre scorfano in bianco con le patate e vari piatti di pesce povero. Pasto completo bevande escluse, 30 euro. Chiuso la domenica. rese ed ecco a 7 metri d’altezza la cavità che prende il nome da un grande albero che si trovava nelle vicinanze. Nascosto in questi anfratti rocciosi lo speleologo gesuita Antonio Furreddu negli anni Sessanta studiò le foche monache, assidue frequentatrici della zona, oggi a rischio di estinzione. Tutta la cavità è stata modellata dalle risorgenze carsiche e all’interno è possibile distinguere diversi rami di un fiume sotterraneo. La grotta è collegata al mare da un lungo sifone, meta prediletta degli speleosub. Oltre alla visita turistica che dura 45 minuti è possibile effettuare un percorso speleologico più impegnativo sino ai rifugi segreti della foca (in questo caso il costo è 20 euro). Il tesoro scoperto dai minatori Dall’Ogliastra al Sulcis-Iglesiente, regione più antica della Sardegna, tra le prime terre emerse d’Europa. In questo territorio, secolare bacino metallifero, si osservano formazioni risalenti al Cambrico, ovvero 500 milioni di anni or sono. Nella miniera di San Giovanni, a Fotografie di Vittorio Giannella DOVE DORMIRE 36 Baunei Il Rifugio (vedi box alla pagina precedente) dispone di 6 camere con bagno. La struttura è gestita dalla cooperativa Goloritzè che organizza escursioni per una giornata sino a un’intera settimana, a piedi o a cavallo. Singola con prima colazione 35 euro, la doppia 47 euro. Gonnesa Piedra Del Sol, statale 126 (Iglesias-Carbonia) km 26,800, tel. 0781/36.394, cell. 333/10.90.884, www.piedradelsol.net. Alloggio agrituristico e ristorante tipico sardo. 8 camere climatizzate con bagno, a 2 chilometri dal mare e 10 chilometri da Iglesias. Singola da 33 euro a 55 euro, doppia da 56 euro a 90 euro ad agosto. Al ristorante si può gustare la fregola ai frutti di mare e il maialetto di proprietà. Menu turistico solo a pranzo, esclusi festivi, da 8 euro a 13 euro. La cena, 22 euro in media. Chiuso domenica sera. Nebida Albergo Pan di Zucchero (vedi box alla pagina precedente), singola 40 euro da giugno a ottobre, 30 euro il resto dell’anno. Chiuso a dicembre. Santa Maria Navarrese Albergo Santa Maria, viale Plammas 30, tel. 0782/61.53.15, www.albergosantamaria.it. A pochi metri dal mare, con giardino e spiaggia in concessione. L’hotel organizza anche un’escursione nel Supramonte con cena tipica in un ovile. Le tariffe, a persona, vanno da 46 euro in bassa stagione a 78 euro in altissima stagione. Sopra: uno scorcio del gigantesco antro della grotta di Santa Barbara, scoperta nel 1952 da Francesco Salis (sotto) durante gli scavi delle gallerie della miniera di San Giovanni, a metà strada tra Iglesias e la costa di Funtanamare. Con i suoi 500 milioni di anni è una delle più antiche conosciute, ma la particolarità che la rende unica al mondo sono i cristalli di barite bruno-scura alle pareti, su cui spiccano (pagina accanto) spettacolari cascate di calcite bianca. 5 chilometri da Iglesias, sulla strada per Carbonia (statale 126), si trova la grotta di Santa Barbara (tel. 0781/49.13.00, cell. 348/15.49.556, www.igeaminiere.it, ingresso 12 euro). Per arrivarci si deve attraversare una galleria a bordo di un trenino elettrico, risalire sull’ascensore e percorrere una scala a chiocciola. La visita guidata da ex minatori e da geologi dura un’ora e mezzo e si effettua il martedì, il giovedì e il fine settimana. Scoperto casualmente nel 1952 da Francesco Salis, il geode è uno dei gioielli del Parco geominerario della Sardegna. I cristalli di barite costituiscono la scura tappezzeria di roccia della grande stanza, caratteristica unica e singolare. Una visita a Santa Barbara non può che essere anche un omaggio al lavoro dei minatori, senza il quale oggi la grotta sarebbe ancora un tesoro nel buio. 37 Ogliastra DOVE IL CIELO È PIÙ LIMPIDO Supramonte e Mediterraneo si incontrano regalando scenari unici di giorno, e stellate incredibili di notte, in un grande osservatorio naturale DI LELLO CARAVANO - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS Il centro agricolo di Jerzu, noto per la produzione vinicola del Cannonau, è un’ampia terrazza affacciata sul mare, posta sotto le cime dentellate dei tacchi di Porcu ‘e Ludu e Triscu. Marco Melodia/Il Dagherrotipo PRIMAVERA C ’ è un cielo, sopra l’Ogliastra, che brilla di galassie e ammassi stellari e che stupisce persino gli astronomi per la sua trasparenza e nitidezza. Non c’è inquinamento luminoso, né di altro tipo. A giudizio degli esperti, il cielo visto da qui è uno dei più limpidi d’Italia. Ecco perché migliaia di appassionati salgono sulla cima del monte Armidda, dove cresce abbondante il timo serpillo (s’armidda, appunto), per viaggiare tra gli astri scrutando lo spazio dall’Osservatorio astronomico sotto la guida dell’Associazione ogliastrina di astronomia. “Restano tutti sbalorditi, esperti e semplici appassionati, quando si trovano davanti a un cielo che mostra il doppio delle stelle delle altre località”, dice Carlo Dessì, presidente dell’associazione, “ma la sorpresa è ancora maggiore nell’osservazione a occhio nudo nelle notti senza luna”. Giunone, Saturno, la galassia di Andromeda sembrano non avere segreti da questa montagna-osservatorio che tocca i 1.150 metri. Con una particolarità: il telescopio è a controllo remoto, cioè può essere comandato grazie a un semplice computer da tutta Italia (visite il lunedì e venerdì dalle 21, cell. 349/15.33.468 - 328/56.04.152). Forse è per l’aria così tersa, forse per la mano creativa della natura che da Perda Liana alle rocce rosse di Arbatax non si è risparmiata, ma certo i panorami oglia- 40 Sopra: le montagne arrivano a lambire il litorale nella fantastica insenatura sabbiosa di Cala Luna. Qui c’è solo l’imbarazzo della scelta: godersi l’acqua cristallina a nuoto o facendo escursioni in barca, oppure, se si è esperti climber, arrampicarsi sulla falesia calcarea. strini hanno un inconfondibile marchio di qualità. Dal mare, dalle splendide calette di Baunei o dalle lunghe e placide spiagge del litorale fra Tortolì e Barisardo, si abbraccia con lo sguardo il grande palcoscenico degli altipiani di calcare che si perdono nell’acqua cristallina. Visti dal mare, i rilievi della terra degli olivastri sembrano una gigantesca quinta di verde (lecci e ginepri dominano il paesaggio) e rocce, talvolta incombenti sui turisti che assaporano una giornata in solitudine sulle lingue di sabbia. È inconfondibile la sensazione che si prova nelle escursioni in barca lungo la costa tra capo Bellavista e Cala Luna, quando si sfiorano le alte pareti di capo Monte Santo o le guglie di Pedra Longa o di punta Caroddi, eden degli arrampicatori. Il mare visto dalla montagna Ancora meglio, per penetrare nel cuore dell’Ogliastra, è ammirare il mare dalla montagna. Si può toccare con mano l’unicità di una terra che si appresta a staccarsi da Nuoro e diventare provincia autonoma (23 paesi, appe- Le pareti a strapiombo del massiccio tacco che sovrasta l’abitato di Ulassai. Queste formazioni calcaree, caratteristiche della zona, si stagliano isolate su un paesaggio alpestre, tra rocce a picco, profonde gole, boschi e macchia mediterranea. PRIMAVERA Sopra: la strada tra Perdasdefogu e Ulassai, su cui vigilano i maestosi tacchi, è tra quelle più panoramiche dell’Isola. na 60 mila residenti, una densità di 32 abitanti per chilometro quadrato). Gli scorci regalano emozioni senza fine: attraversano vallate e pianure fino a perdersi nel verde cristallino del mare. Qui la natura è superba e selvaggia. Lanusei è una terrazza naturale sul golfo di Arbatax: sulla costa si aprono le spiagge di Tortolì e Barisardo, i due poli turistici più importanti, con alberghi e ristoranti che offrono i prelibati e genuini piatti della tradizione ogliastrina. Anche dall’altopiano di Tecu si domina il litorale lungo e sabbioso: è qui che i nuragici lavoravano la pietra di basalto scuro per ricavarne macine per il grano. Dallo stesso monte Armidda il colpo d’occhio è straordinario: i grandiosi torrioni di calcare (“tacchi”) di Jerzu, Osìni e Gairo, il Supramonte di Baunei, il Gennargentu, e dall’altra parte il mare fino a Tertenia con la sua originale spiaggia di ciottoli colorati e levigati dal mare, Coccorocci. Da non perdere la salita in auto sui Alberghi per buongustai Tra Tortolì e Barisardo, i due poli turistici più importanti dell’Ogliastra, gli alberghi stanno investendo molto su ristoranti con una gastronomia di ottimo livello, dove i piatti a base di pesce (zuppe, carpacci, bottarga...) convivono a fianco delle schiette produzioni di carne e primi di terra (dalla capra ai culurgionis, alle minestre con finocchietto e formaggio in salamoia). Ad Arbatax, frazione marinara di Tortolì, da segnalare La Bitta (0782/ 66.70.80), nella baia di Porto Frailis, 4 stelle, oasi benessere con talassoterapia, ristorante con vista sul mare. Punta con successo sulla gastronomia anche l’hotel Arbatasar (0782/65.18.00), 4 stelle, vicino allo scalo marittimo di Arbatax, immerso nel verde. Indicato in particolare per famiglie e bambini, il Villaggio Saraceno (0782/66.73.18), sulla baia di San Gemiliano: 3 stelle, piscina, animazione, corsi di vela e surf, immersioni subacquee. Sempre ad Arbatax, il residence Verde Mare, appartamenti da 4-6-8 posti letto nella macchia mediter- 42 ranea di San Gemiliano, a 400 metri dal mare (0782/66.43.66). L’hotel Victoria, nel centro di Tortolì (0782/62.34.57), 4 stelle completamente rinnovato, è uno dei primi alberghi ogliastrini (è nato 40 anni fa): piscina e ristorazione particolarmente curata. Si punta molto sulla ristorazione anche a Barisardo. L’hotel La Torre (0782/2.80.30), 4 stelle, sulla spiaggia della Torre, è una garanzia per i buongustai con la cucina di Gisella Tascedda. Riscoperta dei piatti tradizionali anche nell’ultimo nato tra gli alberghi ogliastrini (apertura in maggio), Silimbas (sa silimba è il carrubo), 4 stelle, a 400 metri dal mare, in bella posizione appartata sulla marina di Barisardo e la spiaggia della Torre, con due piscine (0782/7.01.00). Da segnalare un albergo di Girasole, il Birdèsu, 3 stelle, specializzato nella cucina ogliastrina dell’interno (0782/66.96.22). Nel cuore di Santa Maria Navarrese, l’hotel Santa Maria (0782615395), 3 stelle, è un punto di appoggio per gli amanti del trekking. tornanti fino alla Scala di San Giorgio, imponente bastione di roccia che sovrasta Osìni. Un breve percorso a piedi porta alla sommità del tacco, dove si apre un altro scenario, che abbraccia la valle del Pardu e, in lontananza, ancora il mare. È la terra del Cannonau, vino simbolo dell’enologia sarda. Sono soprattutto i vigneti coltivati negli spazi strappati alla montagna o nelle vallette riparate dal vento a caratterizzare il paesaggio. Jerzu è la capitale del rosso per eccellenza, con il “partenone” di monte Corongiu, baluardo di calcare dove fu scoperta una delle prime zecche nuragiche. Tra queste valli e questi pascoli nascono le materie prime della gastronomia: carni, latte, formaggi, patate e spezie. Dalla tradizione dei pastori e delle nonne nascono i culurgionis, sa coccoi prena (piccola focaccia farcita con patate, cipolla, formaggio e menta fresca), su civarxeddu prenu (tipico di Seui), su casu axedu (letteralmente, formaggio acido), preparato aggiungendo al latte appena munto il quaglio del capretto. Trekking e prodotti tipici Poi, quanto a panorami, c’è il trekking Selvaggio Blu. Si percorrono le vecchie mulattiere e i sentieri dei caprari e dei carbonai, tra aquile, falchi e capre selvatiche e si può pernottare negli ovili di ginepro stagionato. Un itinerario originale, quello inventato da Giampiero Carta, baunese: “Si passa dalla montagna al mare tra fantastici panorami, di notte si fa tappa negli ovili da oltre 200 anni di proprietà della mia famiglia, Màrgine Isbidòzili e Dologàcoro, si scende al mare, si mangiano i nostri prodotti, culurgionis, quaglio, casu axedu, tutta roba di prima qualità...”. Indimenticabili gli scorci da punta Giradili verso Pedra Longa o dall’arco di Lupiru che domina Cala Gonone: roba da naufraghi nell’isola deserta (tel. 0782/61.07.78, www. miticoselvaggio.com). Grande osservatorio naturale, la terra degli olivastri. È qui che si incontrano cielo, mare e montagna. Sopra: l’elegante porticato a colonne con i ballatoi a vetrate del palazzo della Direzione della miniera a Montevecchio. Fatto costruire intorno al 1870 dal proprietario Giovanni Antonio Sanna, l’edificio è stato recentemente ristrutturato. A destra: la fabbrica ottocentesca del piombo e dello zinco di Montevecchio, tra Guspini e Arbus, è uno straordinario esempio di archeologia industriale dell’Isola. Tra i bacini metalliferi più importanti d’Europa fino agli anni Sessanta del secolo scorso, appartiene oggi al Parco geominerario della Sardegna, riconosciuto dall’Unesco come patrimonio culturale dell’umanità. 44 Miniere IL TURISMO DEL SOTTOSUOLO Una visita ai pozzi e alle gallerie degli impianti dismessi tra Montevecchio e Ingurtosu, sullo sfondo di boschi silenziosi e dune di sabbia dorata, alloggiando nelle vecchie case dei minatori DI LELLO CARAVANO - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS 45 MINIERE DOVE MANGIARE E DORMIRE L a miniera come set e i figli e le figlie di Bakunìn sono scesi di nuovo in miniera, a Montevecchio. Stanno rilanciando l’accoglienza attraverso una rete di bed and breakfast e di agriturismo, ospitati nelle case dei minatori ristrutturate. Si sono messi ai fornelli per offrire ai turisti le specialità di questo angolo di Campidano che ancora nei primi anni Novanta viveva soprattutto dei filoni di minerale nascosti nella montagna. I discendenti di quei “musi neri” che fino a dieci anni fa lottavano per tenere aperti i cantieri ora accompagnano i turisti sui sentieri dei vecchi pozzi e delle gallerie, in un paesaggio di grande suggestione, dominato dai boschi e dai macchioni che arrivano fino al mare, dove si affacciano le dune più estese del Mediterraneo, popolate da una colonia di cervi di quasi 700 esemplari. Montevecchio, la fabbrica di piombo e zinco ottocentesca tra Guspini e Arbus, il più completo e meglio conservato esempio di archeologia industriale dell’Isola, sta vivendo una seconda vita. Nei mesi scorsi il regista Gianfranco Cabiddu ha trasformato in un grande set cinematografico questo impianto con 100 chilometri di gallerie e pozzi che scendono fino a 350 metri sotto terra. Grazie all’iniziativa del comune di Guspini – un paese profondamente legato al suo recente passato minerario –, Cabiddu ha coinvolto 200 comparse, minatori e cernitricii in pensione, con figli e nipoti. Tra il pozzo Sant’Antonio e la galleria anglo-sarda (con le vecchie stalle per i muli e le spettacolari concrezioni di cristalli di calcite) ha girato un film-documentario sull’epopea che ha segnato la vita di tante generazioni. Un film che accompagnerà i visitatori nei segreti di uno dei gioielli del Parco Geominerario consacrato dall’Unesco. Entro il prossimo settembre visitare Montevecchio sarà un’esperienza straordinaria: i turisti rivivranno la 46 vita dei minatori e delle loro famiglie, in un percorso fatto di emozioni e suggestioni. “Chi entrerà nella miniera si calerà in un mondo sconosciuto che gli verrà svelato piano piano”, dice Gianfranco Cabiddu, che anni fa portò sugli schermi Il figlio di Bakunìn tratto dal libro di Sergio Atzeni, tragica storia di un minatore, e che ha firmato di recente la regia di Sonos ’e memoria, dedicato alla musica etnica sarda. Montevecchio non sarà un museo tradizionale. Non avrà salette per le proiezioni né saggi sui minerali. I visitatori rivivranno suoni, odori e rumori. I compressori saranno rimessi in funzione, si ascolterà il ritmo della perforatrice: insomma, è come se la vecchia fabbrica Arbus B&B La Ginestra, loc. Pizzinurri-Ingurtosu, tel. 070/97.58.297, gestito dalle sorelle Simona, Francesca e Barbara Loi; 3 camere ricavate da una vecchia casa di minatori, giardino. Aperto da aprile a settembre. B&B La Piazzetta, cell. 328/62.42.281, di Chicco Frongia; 3 camere, colazioni con il miele di Montevecchio, pane coccoi e dolci tradizionali. Camping Sciopadroxiu, sulla strada Ingurtosu-Piscinas, Marina di Arbus, cell. 349/77.07.938-340.57.24.310; posti tenda e roulotte, 7 camere ricavate da vecchie strutture minerarie e ristorante, in fantastica posizione a contatto con le dune di Piscinas. Turismo Rurale Cortes, loc. Ingurtosu, cell. 340/53.79.676, 7 camere, piccola piscina, bella posizione panoramica, specialità cosciotto di capra ripieno di verdure. Aperto tutto l’anno. Montevecchio La miniera fiorita, cell. 340/48.56.042-339/84.09.397, dei fratelli Ecca; 8 confortevoli stanze, ristorante, specialità agnello con i cardi selvatici. È un vecchio emporio minerario restaurato. L’agriturismo Sa Tanca, cell. 340/91.05.265, specializzato nell’allevamento, rinomato per i prelibati piatti frutto della tradizione campidanese e barbaricina: gestito dalle tre sorelle Chessa, propone tra l’altro cinghiale in umido, tortini di verdura e ottimi dolci. L’Oasi del Cervo, loc. Is Gennas, cell. 347/30.11.318, di Angela Atzeni. Sulla strada che conduce alla Costa Verde, un altro agriturismo nell’areale del cervo che si segnala per i buoni piatti. Porto Palma B&B Le Mimose, cell. 333/80.24.220, Tunaria, 3 camere sul mare della Costa Verde. Nelle oasi del silenzio Il consiglio è incamminarsi di buon’ora per incontri ravvicinati sulle dune che guardano il mare, nei cantieri abbandonati delle vecchie miniere. I cervi dominano queste oasi del silenzio, da Montevecchio a Ingurtosu, ed è facile incontrarli anche lungo i sentieri delle gallerie e degli edifici abbandonati, molti dei quali restaurati e aperti ai turisti. “Si trovano dappertutto, questo ambiente sembra fatto per loro”, dice Ivano Quartu, responsabile della Promoserapis, un’associazione che propone escursioni naturalistiche e minerarie tra Guspini e Arbus (cell. 335/53.14.198): tra le mete, i palazzi delle direzioni a Montevecchio e Ingurtosu, i cantieri Piccalinna e Sanna e, tra alcuni mesi, il percorso realizzato dal regista Gianfranco Cabiddu. Le magie di Ingurtosu (grande borgo minerario in fase di ristrutturazione) e Piscinas sono nel programma delle visite di Jlune (cell. 349/51.29.973), l’associazione di Roberta Melis: “Suggestive le passeggiate sulle dune o verso il monte Arcuentu ma anche sulle tracce dei cervi e delle rarità botaniche”. Qui sopra: fino ai primi anni Settanta la spiaggia di Piscinas è stata il punto di imbarco dei minerali provenienti dal complesso minerario di Ingurtosu. Oggi alcune strutture turistiche della zona sono poste all’interno di palazzi e strutture minerarie abbandonate. In alto a destra: l’elegante palazzina in stile neogotico della direzione degli stabilimenti minerari di Ingurtosu, fatta costruire intorno al 1870. Pagina accanto: il soffitto del palazzo della Direzione della miniera di Montevecchio, riccamente decorato con fregi e affreschi. del piombo e dello zinco venisse rimessa in funzione. “Il viaggio comincerà dagli spogliatoi”, aggiunge il regista. “Mentre il visitatore indossa tuta e casco sentirà le voci degli operai, lungo il percorso nelle gallerie tante sagome si animeranno per far sentire le storie dei minatori che qui hanno faticato. È questo il nostro modo per far sentire viva la miniera”. Non una disneyland mineraria, ma un originale percorso cinematograficoturistico, rigoroso, dedicato alla memoria dei minatori. Le iniziative turistiche Il cuore antico di un’epopea che ha segnato gli straordinari paesaggi rivive anche nelle nuove iniziative turistiche. Vecchie case dei minatori, palazzi e strutture minerarie rinascono grazie all’iniziativa di privati che li stanno trasformando in bed and breakfast, agriturismi, punti di turismo rurale. Piccoli segnali di rinascita sull’esempio dell’hotel Le Dune, un’oasi del silenzio nell’incanto di Piscinas, sulla Costa Verde di Arbus, un vecchio magazzino minerario sul mare trasformato in un albergo esclusivo. L’offerta è suggestiva: notti in miniera, tra boschi e cervi, a prezzi ragionevoli. Tra Montevecchio e Ingurtosu, i grandi santuari dell’epopea mineraria, splendidi palazzi e architetture dell’Ottocento. È qui che i figli dei minatori offrono soggiorni e gastronomia. Esemplare l’esperienza di Giorgio Zurru e Franca Usai. Gestiscono il campeggio comunale di Sciopadroxiu, posti tenda e 7 camere ricavate nei vecchi fabbricati della miniera: a 300 metri dalla spiaggia di Piscinas, a ridosso delle montagne di sabbia dorata, il silenzio della notte è rotto dai bramiti dei cervi: “Siamo nati qui, siamo legati a questi paesaggi, vogliamo contribuire alla rinascita delle zone minerarie. I nostri ospiti sono entusiasti”. Silenzio, cervi, boschi, ospitalità. Anche così le vecchie miniere possono rivivere. 47 PRIMAVERA Dolci, pani e zuppe Ogni occasione ha la sua specialità, ogni paese offre la sua variante L’ estro e la fantasia dei sardi Quaresima e della Pasqua, ha sembrano esprimersi al sempre offerto molti spunti per la massimo, almeno dal punto caratterizzazione del desco famidi vista gastronomiliare, è il periodo in co, sul fronte dei cui pasticcerie e padolci e dei pani. nifici offrono il magUno per ogni occagiore assortimento. sione e ciascun Ci sono le frittelle paese ci mette del per il giovedì grasso, suo per offrire una le zipulas, i dolci paFotografie di Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo seppur minima variante squali pan ’e sapa a base della ricetta originale, come di mosto cotto e i pardulas, per garantirsi la primogenitura tortini profumati con lo zafferano. sulla preparazione. E poi ancora amarettus, preparati L’inizio della primavera, con le ricon mandorle, zucchero, limone e correnze del Carnevale, della uova, bianchinus con mandorle to- Archivio Prima Press A destra: sottilissimo e friabile, il carasau è il pane per eccellenza della cucina isolana. Pagina accanto: due esempi di pani tipici con motivi decorativi augurali; sotto: un trionfo di dolci tradizionali, tra cui amarettus, aranzada e pabassinas per celebrare le ricorrenze di stagione. I vini giusti per i piatti primaverili state, guefus con acqua, fior di arancio e liquore aromatico, pabassinas con uva passa e scorza di arancio tostata e ancora culigionis de mindula profumati con lo zafferano. Molti dolci sono decorati con palline colorate o finemente sagomati tanto da sembrare dei pizzi. Uno dei dolci più tipici della tradizione sarda, poi, sono le sebadas o seadas, secondo le zone: grandi ravioli ripieni di formaggio fritti nell’olio e serviti con il miele amaro di corbezzolo, ma anche il tradizionale dolce di Nuoro, l’aranzada, un torrone a base di buccia Non è Sauternes. Non è muffato. Il Latinia è una vendemmia tardiva di uve Nasco. Un capolavoro di grazia e seduttività. “I grappoli imbruniscono nei vigneti ad alberello (antica vigna latina)”, ci spiega Dino Dini, enologo della cantina Santadi. “Stramaturano sulla pianta appassendo lentamente grazie al clima. I grappoli crescono sul suolo sabbioso del litorale del basso Sulcis, esposti ai venti e ai raggi del sole dall’alto e a quelli riflessi dalla sabbia dal basso. Il succo degli acini si prosciuga lentamente e lo zucchero che ne deriva crea un vino dolce con sentore di frutta candita. Un tempo il Nasco veniva vinificato in bianco, ma con la surmaturazione in vigna dà sentori e profumi che altre uve non hanno. Con questa lavorazione la buccia, molto resistente, non si rompe, diventa croccante, il succo non esce e permette agli acini di sviluppare aromi interessanti. È eccellente con tutti i dolci sardi, anche la seadas, magari di ricotta”. In realtà tra i vitigni autoctoni del basso Sulcis regna il Carignano che copre la maggior parte della superficie vitata. Quasi il 90% della produzione delle cantine della zona è a base di queste uve. “Nella nostra linea di produzione del Carignano in purezza”, continua Dino Dini, “ci sono il Grotta Rossa, il Rocca Rubia e il Terre Brune, il top della gamma. In base alla complessità del piatto si abbina la complessità del vino in modo da ottenere un abbinamento equilibrato in cui le caratteristiche di un alimento non sovrastano le caratteristiche dell’altro, ma si completano a vicenda. Con un sapore semplice come il pane con le olive o piatti a base di cardi, asparagi, carciofi, magari conditi con un buon olio di oliva, vedo bene un vino come il Grotta Rossa, mentre con piatti più complessi e aromatici come le zuppe, la fregula e le impanadas avvicinerei il Rocca Rubia, riservando il Terre Brune per abbinamenti con carni di agnello, capretto e maialetto arrosto”. Rita Marongiu/SIME Cantina Santadi, Santadi (Ca), tel. 0781/95.01.27, aperta al pubblico dal lunedì al venerdì 8-13,30/16,30-19, sabato 8-13,30. 48 d’arancia, mandorle tostate e miele senza aggiunta di zucchero. L’ingrediente più ricorrente per i dolciumi è la pasta di mandorle, a cominciare dai sas melicheddas e i sos chericheddos a forma di cuore, in virtù della vasta e millenaria coltivazione di mandorli portati sull’Isola dai Punici attorno al III secolo. Elemento decorativo oltre che gustoso alimento anche il trionfo di pani: dal moddizzosu o pani tonnu, in grandi forme da 10 chili, al classico carasau preparato con semola, acqua, lievito di birra e sale e cotto al forno due volte. Si chiama guttiau se condito con olio e sale, pistoccu in versione più spessa e rettangolare. Tutti vengono accompagnati dalle verdure, che in questa stagione sono molto abbondanti. La Sardegna produce infatti oltre 5 milioni di quintali di ortaggi all’anno e di questi moltissimi sono certificati bio. Sull’Isola oltre 250 mila ettari sono coltivati senza il ricorso a pesticidi e un terzo di tutto il biologico italiano è raccolto nelle vaste campagne del Nuorese e del Cagliaritano. In primavera si consumano tonnellate di fave fresche con scaglie di pecorino o cucinate. La ricetta tipica è la torta di favette, uno sformato a base di uova, olio, pane carasau ridotto in briciole e mezza cipolla. In questa stagione si raccolgono poi i prelibati asparagi e cardi selvatici che vengono conservati sott’olio, i cordolinu de pezza (che significa fungo di carne ed è il Pleurotus eryngi var. ferulae) e i carciofi spinosi, coltivati su grandi superfici soprattutto dalle parti di Castelsardo, nel Campidano e nel basso Sulcis. Le zuppe di stagione sono quasi tutte a base di pane bagnato con pomodoro, uova, brodo di pecora. In alternativa si adopera la fregula, una pastina di semola simile al cous cous servita con carne tritata e verdure. Una pasta lievitata che ricorda quella da pizza è poi l’ingrediente base per le impanadas (una rivisitazione delle empanadillas spagnole) ripiene di salumi, piselli, carciofi e olive. La primavera è anche la stagione dei matrimoni e dei pani augurali. Hanno le forme più diverse, a cuore, a fiore, a corona, e spesso presentano dei decori allegorici che simboleggiano gli organi sessuali e quindi la fertilità della coppia. Ornella D’Alessio 49 ESTATE Marco Melodia/Il Dagherrotipo Il mare e le coste, naturalmente. Ma non solo: anche feste, musica e “movida” ad Alghero Acque limpidissime e rocce granitiche modellate dal vento nella costa gallurese. 53 Johanna Huber/SIME Spiagge LE SUPERSTAR Abbiamo scelto undici straordinarie spiagge su quasi 2.000 chilometri di coste, a tratti sabbiose, a tratti rocciose e scoscese. Con acque sempre di colori incredibili LA LONG BEACH DI SARDEGNA Liscia Ruja, nella zona meridionale della Costa Smeralda, è la spiaggia più grande dell’Isola. Le calette lambite da un mare cristallino si susseguono ininterrotte per 500 metri, punteggiate dai caratteristici ciuffi di ginepro e dai gigli della macchia mediterranea che spuntano dalla sabbia bianca. Frequentatissima in estate da turisti e personaggi famosi, che si fermano nelle acque antistanti con ogni tipo di imbarcazione, dalle piccole barche da diporto ai lussuosi yacht. Gianmario Marras SPIAGGE DA SET CINEMATOGRAFICO A PARCO NATURALE Capo Testa è una delle località più celebri della Sardegna, a pochi minuti da Santa Teresa di Gallura con una magnifica vista sulle Bocche di Bonifacio. Collegata alla terraferma da un sottile istmo sabbioso, si caratterizza per i numerosi massi di granito bianco-grigio che affiorano dal mare turchese. 56 Riccardo Bianchi UNA MAGNIFICA VISTA SULLE BOCCHE DI BONIFACIO La bellissima spiaggia Rosa sull’isola di Budelli nell’arcipelago della Maddalena fu scelta nel 1964 dal regista Michelangelo Antonioni per ambientare il film Deserto rosso. La sua straordinaria colorazione è data da frammenti di corallo e gusci sminuzzati di piccoli animali marini, che si depositano sul litorale trasportati dalle correnti. Dal 1998, per preservarne il delicato habitat e fermare il “saccheggio” di sabbia rosa da parte dei bagnanti, vige il divieto di ancoraggio, sosta, calpestio dell’arenile e balneazione. Oggi si può ammirare questo gioiello della natura famoso in tutto il mondo solo da lontano. Sopra: a sud di Capo Comino, lungo il tratto di costa nord-orientale della Sardegna, si susseguono le spiagge di Biderrosa e Sa Curcurica. L’interesse per questa zona – un’antica valle fluviale chiusa dalla spiaggia e sommersa dall’acqua – è dovuto anche alla presenza, nell’immediato entroterra, degli stagni omonimi, raggiungibili a piedi dal mare. A destra e pagina accanto: il paesaggio immutato da milioni di anni delle splendide falesie del Golfo di Orosei incornicia l’ampio arenile di sabbia dorata di Cala Luna, poco distante dal porto di Gonone e dalla celebre grotta del Bue Marino. Il mare dai fantastici riflessi di colore verde intenso, un laghetto d'acqua dolce e il boschetto di oleandri che chiudono la spiaggia a sud, insieme al roccione boscoso di Punta Su Masongiu che la ripara dai venti di scirocco, fanno di Cala Luna la meta irrinunciabile di un viaggio in Barbagia. 58 Massimo Ripani/SIME NELLA NATURA SELVAGGIA E INCONTAMINATA Massimo Ripani/SIME SPIAGGE Marco Melodia/Il Dagherrotipo ESTATE 59 Fotografie di Olimpio Fantuz/SIME LA RISERVA NATURALE DI CAPO CARBONARA In queste pagine: l’imponente promontorio di Capo Carbonara chiude l’ampio arco delle stupende spiagge di Villasimius, uno dei centri turistici più importanti della Sardegna meridionale. Un tempo il territorio era ricoperto da foreste ricche di selvaggina, oggi sostituite dalla caratteristica macchia mediterranea e dal sottobosco. La Riserva marina naturale istituita nel 1999 ospita numerose specie di animali protette, tra cui la tartaruga terrestre, il cinghiale, il cervo sardo, il falco pellegrino e il cormorano dal ciuffo. Lungo le coste è stata segnalata anche la presenza saltuaria della rarissima foca monaca. L’isola dei Cavoli che fronteggia il Capo fa anch’essa parte del Parco, ed è immediatamente riconoscibile dal faro che torreggia sull’altura settentrionale, nel piatto e cespuglioso entroterra. 60 61 SPIAGGE Massimo Ripani/SIME ESTATE ALLA SCOPERTA DELLE ORIGINI CARTAGINESI DELL’ISOLA, A DUE PASSI DAL MARE Dune di sabbia bianchissima alte fino a 20 metri e ginepri secolari piegati dal vento caratterizzano il paesaggio suggestivo della bellissima spiaggia di Chia, sulla punta sud-ovest della Sardegna. A 150 metri dalla riva si staglia l’isolotto di Su Giudeu, lo scoglio di scura roccia granitica da cui prende il nome questo tratto di costa. È possibile raggiungerlo in parte camminando sul basso fondo sabbioso, in parte a nuoto per poche decine di metri. Da qui si gode di uno stupendo panorama su tutto il litorale dove si trovano anche le rovine di Bithia, una delle città cartaginesi più importanti dell’Isola. 62 63 UNA TAPPA OBBLIGATA SULLA COSTA DEL SUD NELLA MACCHIA MEDITERRANEA DELLA RADA DI ALGHERO Massimo Ripani/SIME Pagina accanto: il bosco di pini ed eucalipti offre riparo dalla canicola estiva sulla spiaggia delle Bombarde, lungo la costa rocciosa di Alghero, a nord-ovest della borgata di Fertilia. Questa insenatura di chiarissima sabbia fine digrada dolcemente verso il mare, dalle acque limpide, raramente mosse, ma piuttosto fredde. 64 Gianmario Marras Olimpio Fantuz/SIME In questa foto e sotto: due scorci della spiaggia di Tuerredda e dell’omonima isoletta, uno dei punti più spettacolari della Costa del Sud tra Capo Malfatano e Capo Spartivento. La fittissima macchia mediterranea arriva fino al mare, in un contrasto di colori tra la sabbia candida e la luce dei fondali. Qui i venti sono perfetti per gli amanti del windsurf. I VERDI PASCOLI DELL’ISOLA PIANA Un braccio di mare turchese con fondali che digradano dolcemente separa la Pelosa, la più rinomata spiaggia di Stintino, dall’isola Piana. Sovrastata da una torre di avvistamento spagnola, l’isola è disabitata e conservata allo stato naturale. È raggiungibile a nuoto dalla costa e un tempo i pastori della zona vi conducevano il bestiame a pascolare. SPIAGGE Johanna Huber/SIME ESTATE Festival jazz Un momento della serata conclusiva della scorsa edizione del Festival internazionale Calagonone Jazz con il gruppo “Timeline” guidato dalla pianista americana Geri Allen. UN MARE DI MUSICA In estate, a Cala Gonone, a Berchidda e a Sant’Anna Arresi, tre straordinari appuntamenti di livello internazionale attendono gli appassionati Archivio Intermezzo/Festival Calagonone Jazz DI EMILIANO FARINA Fotografie di Gianmario Marras FESTIVAL JAZZ D i giorno inganna la canicola, si specchia negli occhi di chi lo guarda e lascia strisce di sale sulla pelle. Di notte supera, quieto, spiagge e scogliere per trasformarsi in jazz, in un mare di jazz. La Sardegna, oasi dal cuore estivo pulsante di turisti, tra le tante bellezze è anche l’eden di queste note “dal ritmo accelerato”, secondo Dizzy Gillespie, che i grandi musicisti traghettati sull’Isola da ogni angolo del globo sprigionano durante la stagione più calda. Quasi tre settimane di notti che ogni estate bussano all’uscio di altrettanti festival di tutto rispetto. Da quasi vent’anni, Cala Gonone, Berchidda e Sant’Anna Arresi accolgono con semplicità queste lunghe serate di musica, arte e cultura. Il mare di jazz è tutto questo: un flutto invisibile che, approfittando del caldo, s’insinua tra vigneti, chiese campestri, Sopra: l’esibizione del violoncellista Ernst Reijseger accompagnato dai Tenores e Concordu de Orosei al Festival internazionale Time in Jazz di Berchidda. La manifestazione, che si tiene dal 1988 nel piccolo paese della Gallura, è stata definita un “contenitore d’arte” dal suo direttore artistico, il trombettista Paolo Fresu (a destra). 70 spiagge e anfiteatri di paese. Luoghi dove gli Ulisse in cerca di belle atmosfere e vibrazioni raffinate riescono a trovare con facilità la propria Itaca. Le tre località, rispettivamente nel Nuorese, Gallura e Sulcis, li accoglieranno con nomi di grido o di nicchia, con seminari tematici, sperimentazioni inconsuete, prodotti tipici e tesori da mostrare. Un ciclo che si ripete durante una sorta di periodo magico che inizia a luglio e termina ai primi di settembre. Ad aprire le danze è il Festival internazionale Calagonone Jazz, nell’omonimo paese sul mare, in provincia di Nuoro. Diciassette edizioni per altrettante vetrine: l’anno scorso il palco del piccolo anfiteatro Ticca ha ospitato il Kenny Barron Quintet guidato dal sessantenne musicista di Philadelphia, la tromba di Enrico Rava, l’innovativa pianista americana Geri Allen e tanti altri. Una manifestazione intima con una platea disponibile per soli 250 spettatori. Vietato ripartire senza aver visitato le grotte del Bue Marino, la spiaggia di Cala Luna e il villaggio nuragico di Tiscali. Il Ferragosto è invece dedicato al Festival internazionale Time in Jazz, ovvero la rassegna con cui da diciassette an- 71 Fotografie di Gianmario Marras ESTATE In questa pagina: tra i protagonisti del Festival internazionale Time in Jazz di Berchidda anche il flicorno del musicista ticinese Claudio Pontiggia. Il Festival si caratterizza anche per ambientazioni originali e suggestive, come i concerti acustici tenuti nelle chiese campestri (sotto), nelle stazioni ferroviarie, nei boschi e per le strade. GLI APPUNTAMENTI DA NON PERDERE Festival internazionale Calagonone Jazz L’organizzazione è curata dall’associazione culturale “L’intermezzo” di Nuoro. Per informazioni sul programma, orari, biglietti e abbonamenti, telefonare allo 0784/23.25.39 o scrivere all’indirizzo di posta elettronica [email protected]. Periodo in cui generalmente si svolge la manifestazione: fine luglio. Il Festival internazionale Time in Jazz è organizzato dall’associazione culturale “Time in Jazz” con sede a Berchidda (SS). Per informazioni telefonare allo 079/70.30.07 oppure scrivere a [email protected]. Il sito internet è www.timeinjazz.it. Periodo: settimana di Ferragosto. Ai confini tra Sardegna e jazz è ideata, progettata e realizzata dall’associazione culturale “Punta Giara” di Sant’Anna Arresi (CA). Per informazioni e prenotazioni telefonare allo 0781/96.68.61. È possibile anche contattare l’associazione scrivendo a [email protected] oppure collegandosi al sito internet www.santannarresijazz.it. Periodo: fine agosto-inizio settembre. ni il trombettista Paolo Fresu continua a proiettare Berchidda e le sue colline nel gotha del jazz mondiale. E insieme al proprio borgo natìo, rilancia anche il fascino di assaporare il piano di Uri Caine tra le montagne e i profumi mediterranei del vicino santuario di San Paolo l’eremita. Poi il gusto di ritornare in paese e fermarsi in piazza del Popolo ad ascoltare la fisarmonica di Richard Galliano che onora un nostalgico Piazzolla. E l’indomani, al risveglio, quando il sole fa brillare il fieno e i vigneti di vermentino, suggerisce di andare in giro per le chiese di campagna abbandonandosi al clarinetto virtuoso di un Ivo Papasov. Oltre a mostre di arti visive e concerti nel bosco a tutte le ore, una delle tappe da non dimenticare è la visita al Museo del Vino-Enoteca regionale (tel. 079/70.45.87). Gli effluvi afro-americani terminano ai primi di settembre. Nello spazio tra la piazza del nuraghe e due chiese si celebra Ai confini tra Sardegna e jazz, il festival in programma da diciotto anni a Sant’Anna Arresi, nel Basso Sulcis. È il regno delle produzioni originali, dell’incontro tra jazz tradizionale, contemporaneo e musica etnica. E così, nel piccolo paese tra mare e stagni che ospita le incantevoli dune di Porto Pino, i circa 2.500 spettatori che scelgono di accomodarsi sulle tribune dell’anfiteatro o sul prato davanti al nuraghe del 1600 a.C. possono incontrare Dave Holland, Herbie Hancock o Billy Cobham e dedicarsi a seminari e mostre fotografiche. A questo punto il mare di jazz si ritira. Ritorna mare e basta, magari con qualche capatina al chiuso dei cappotti e dei teatri. In attesa di una nuova estate. 73 Olimpio Fantuz/SIME Alghero LA PICCOLA BARCELLONA Gli interventi di recupero architettonico e l’ampliamento dell’aeroporto e del porto turistico hanno portato aria nuova e maggior dinamismo. Ma la città non dimentica la sua storica identità catalana e le sue tradizioni DI ORNELLA D’ALESSIO Di sera Alghero va a dormire tardi e, come nella miglior tradizione mediterranea, le strade e le piazze del quartiere storico si animano di giovani e turisti. Ad accoglierli locali alla moda, ristoranti di qualità e botteghe artigiane. ALGHERO Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo ESTATE Gianmario Marras A sinistra: uno scorcio del porto, per il quale si stanno compiendo interventi per un rilancio del turismo e dell’attività peschereccia, con alcuni caratteristici gozzi a vela latina. Un tempo i maestri d’ascia di Alghero erano i migliori in Sardegna nella costruzione di queste antiche imbarcazioni. Sotto: una piacevole passeggiata serale per lo shopping tra i bei negozi, gli antiquari e i gioiellieri di via Carlo Alberto, la “carrer major” che attraversa la città vecchia. Pagina accanto: il lungomare Marco Polo, sui bastioni di fortificazione restaurati di recente, diventa un punto di ritrovo per un aperitivo con vista sulla splendida rada di Alghero. 76 Il mercatino di piazza Civica to aumento. E così oltre ai nuovi moli, dragano il porto per accogliere mega-yacht e da quest’estate ci sarà una piazzola per gli elicotteri. Mentre nei dintorni risplendono belle spiagge e calette, tra cui quelle segrete e mai gremite di gente. Nemmeno ad agosto. Per scoprirle si può contattare Obiettivo Natura (cell. 338/ 83.01.311), veri professionisti delle escursioni, mentre per esplorare la costa, magari su un veliero d’epoca in legno, c’è Aquatica (tel. 079/98.92.001). Cucina raffinata e locali trendy Se architettonicamente Alghero si risveglia dal torpore, da sempre in città aleggia lo spirito allegro e festoso che si ritrova a Barcellona. Pullula di caffè, ristoranti, simpatici ritrovi dove tirar tardi la notte, botteghe artigianali per la lavorazione del corallo e la vendita di prodotti gastronomici. Una scalinata collega il porto ai camminamenti di ronda. Un incessante succedersi di locali che guardano l’orizzonte, seguendo la geometria del mare. Il Café Latino, sui bastioni Magellano, con i suoi ombrelloni a vela, si frequenta per l’aperitivo e il dopocena. Il percorso di pietra che circonda il borgo continua fino ai bastioni Cristoforo Colombo. Al Girasol, fruit bar per ogni età, fanno frullati e cocktail dal sapore esotico. Poco oltre, nell’antico refettorio della sagrestia della chiesa del Carmelo, la trattoria La Cuina propone piatti della vecchia cucina algherese: minestra di pesce, agliata di pescatrice o di gattuccio, ricci e sar- Marco Melodia/Il Dagherrotipo A lghero, enclave catalana di Sardegna, si fa più bella. In città si respira un’aria nuova, dinamica, attiva. Complici il recente ampliamento dell’aeroporto e i significativi interventi di recupero architettonico, la città appare più affascinante. Più seducente. Una via di mezzo tra Cannes e Saint-Paul-de-Vence. Soprattutto al tramonto quando l’avvolge una pennellata di luci calde: gli ultimi raggi del sole tingono le case e le mura di rosa e il mare d’arancione. Alghero coniuga passato e presente con grazia ed eleganza, lo testimoniano i lavori di riqualificazione urbana. La nuova rambla dal porto al lido, dell’architetto catalano Joan Busquet, è diventata il ritrovo dei giovani, che la sera si accalcano sulla terrazza del chiosco L’Ormeggio per un drink sul mare. I bastioni, le torri e la cinta muraria (XIV secolo), appena restaurati, valorizzano il centro storico. Le aperture del Museo della Città, in via Carlo Alberto, accanto alla chiesa di San Michele, e del Museo del Corallo, in una villa liberty in via XX Settembre, sono in calendario. Ma il clou della nuova Alghero è il recupero di San Michele, detto “lo quarter”: un investimento di 8 milioni di euro per l’angolo più suggestivo del centro storico, che diventerà il cuore pulsante della vita cittadina. Il fermento coinvolge anche l’anima vera di Alghero, quella più intima: il mare. E quindi il porto: 150 barche in transito nel 1997; 800 nel 2004. I diportisti sono in net- La Plaça del poul vel, la piazza Civica, è un piccolo gioiello incastonato tra i palazzi più prestigiosi, Palau Lavagna e palazzo d’Albis. Vi si affacciano i negozi più belli ed eleganti. Ogni ultimo sabato del mese la piazza si trasforma in una parata di bancarelle che richiamano appassionati di brocantage e collezionismo. Una ventina di espositori selezionati danno vita a una mostra-mercato di qualità, in cui trascorrere diverse ore a rovistare tra le tante proposte. Ad Alghero i turisti ci sono tutto l’anno e chi ha la fortuna di capitare in un sabato di mercato può trascorrere una mattinata molto divertente. Può anche diventare l’occasione per acquistare un bel ricordo dell’artigianato più autentico: una vasta scelta di oggetti di uso casalingo tipici delle case dell’Isola, fatti a mano, con materiali poveri, ma così resistenti rispetto agli utensili moderni! Coltelli, mestoli, ferri da stiro a carbone, ceste e setacci potranno addobbare una casa di campagna, ma anche una cucina minimalista e ultramoderna. Tende in pizzo o cuscini ricamati (quante storie dietro quelle iniziali o quegli stemmi!), imparaticci a punto croce che tanto impegno sono costati alle bambine di altri tempi: pezzi a poco prezzo che la fantasia delle moderne padrone di casa saprà trasformare e adattare in preziosi complementi di arredamento. 77 Marco Melodia/Il Dagherrotipo ALGHERO Sopra: veduta della città con la torre di San Giovanni, a sinistra, che ospita il Museo virtuale della storia di Alghero. Dietro si innalza la coloratissima cupola ottocentesca della chiesa di San Michele. Sotto: un caffè all’aperto sull’animata piazza Civica, nella cornice di eleganti palazzi storici. La Lepanto, via C. Alberto 135, tel. 079/97.91.16. Tempio della cucina catalana. Il piatto forte è l’aragosta all’algherese, dal gusto dolce e amarognolo. Prezzo medio 35 euro. Pizzeria Bella Napoli, piazza Civica 29, tel. 079/ 98.30.14, dove fanno la miglior pizza di Alghero e servono il Mirto di Sindia, dal gusto forte e deciso. Prezzo medio 15 euro. Ristorante Al Tuguri, via Maiorca 113, tel. 079/97.67.72. Nella vecchia Alghero, ordinato, accogliente e celebrato per tutto quanto fa riferimento alla gastronomia mediterranea e catalana. Prezzo medio 25euro. Gianmario Marras DOVE MANGIARE DOVE DORMIRE Casa Vacanze Salondra, Regione Salondra 63, tel. 079/91.71.59. Una casa appena restaurata, immersa tra secolari ulivi. 8 allegri mini-appartamenti tinteggiati in vivaci colori; c’è la piscina, un ampio prato verde e un percorso fitness nella macchia. Il monolocale da 100 euro. Residenze di San Giuliano – Podere Monte Sixeri, Regione Guardia Grande – Santa Maria La Palma, tel. 079/98.00.98. Il monolocale da 290 euro la settimana, 5 appartamenti arredati in stile rustico, in un oliveto. Ogni unità ha il giardino. Hotel Carlos V, 4 stelle, Lungomare Valencia 24, tel. 079/97.20.600. Una struttura degli anni 70 affacciata sul mare. Hanno appena rinnovato 48 camere. La doppia in b&b costa a partire da 190 fino a 300 euro. dine fritte. Intorno a piazza Sulis, spianata sul mare dominata dalla cinquecentesca torre dell’Esperò Reial, si affacciano Il Pavone, Il Tuguri e La Lepanto, tre templi della gastronomia algherese. Qualche passo ed ecco lo stretto vicolo Adami, dove Gianluca e Cristiano Andreini, dopo il successo del Ristorante Sergio Andreini, si cimentano nella cucina della nonna con la trattoria- 79 Gianmario Marras ESTATE Marco Melodia/Il Dagherrotipo Sopra: i giardini dei bastioni Pigafetta. Da qui lo sguardo spazia sul porto e sul molo fino all’isolotto della Maddalena e alla frazione di Fertilia lungo la costa. A destra: il massiccio campanile ottagonale della cattedrale di Santa Maria visto da piazza Teatro. Fu eretto nella seconda metà del Cinquecento in stile tardogotico catalano. FESTIVALGUER: UN’ESTATE ESPLOSIVA L’Anfiteatro Comunale, nuovo spazio all’aperto del Centro Congressi Maria Pia, sul lungomare tra Alghero e Fertilia, diventa palcoscenico per serate all’insegna della musica popolare con Francesco Renga (9/7), Elisa (23/7), Carmen Consoli (7/8) e Fiorello (3/9). Le manifestazioni si svolgeranno anche nel forte della Maddalenetta, monumento storico che ha ospitato la performance di Joaquim Cortez nel 2002, dove sarà realizzato un elegante allestimento teatrale con 500 posti a sedere. Sarà inaugurato il 26 giugno con il concerto di Paolo Fresu, a cui seguirà un nutrito programma di jazz e world music, tra cui Dyanne Schurr (21/7), Elena Ledda (4/8), Enzo Favata (19/8) e Franca Masu (24/8). Non è tutto. Tra le antiche mura, a luglio si esibiranno anche la Compagnia Spell Bound Dance Company (8/7) e il Gruppo Danza Oggi (15/7). Informazioni presso Circuito Danza Sardegna, tel. 070/49.12.72, e Sardegna Concerti, tel. 070/65.49.04, www.sardegnaconcerti.it. wine bar Il Refettorio. Il wine bar Baraonda è il ritrovo più trendy degli amanti del vino: locale minuscolo, luci soffuse, carta esagerata. Via Roma, la strada dei negozi più chic e della boutique dello stilista Antonio Marras, sfuma nel maestoso portale della cattedrale di Santa Maria. Per ammirarne la facciata e il campanile basta percorrere via Principe Umberto e voltarsi. Ecco la cupola con le maioliche po- 80 licrome di San Michele. In questa parte del centro storico fatta di vecchie case strette, si respira un’atmosfera diversa, più semplice rispetto all’eleganza dei palazzi intorno a piazza Civica. I turisti qui non arrivano quasi mai. Regnano silenzio e tranquillità. Nel cuore di Alghero, a pochi passi dal mare si nasconde il salotto buono circondato da storici edifici: piazza Civica. Gli antichi magazzini del cinquecentesco palazzo d’Albis, ornato di monofore e bifore, ospitano il Caffè Costantino, superfrequentato all’ora dell’aperitivo. Accanto, la Bella Napoli per gustare la miglior pizza di Alghero. Dal Ghiotto vendono dolci fatti in casa e altre sfiziose specialità isolane, c’è perfino un enologo a disposizione per utili consigli sugli acquisti. Si assaggiano spuntini e calici di vini sardi di qualità nella taverna affacciata sul forte della Maddalenetta. L’altra grande novità algherese dell’estate è proprio il recupero come palco teatrale della Maddalenetta, suggestivo spazio tra le antiche mura che da giugno a settembre farà da quinta al fitto programma di concerti di Festivalguer (vedi box). GIROTONNO L’isola nell’Isola Gli appuntamenti gastronomici e culturali di primavera rivelano l’autentica anima di Carloforte cheologia industriale. Una passeggiata alla miniera di ocra di Punta del Becco riserva panorami di costa e di mare indimenticabili. In primavera, poi, ci sono due appuntamenti culturali e gastronomici in cui si manifesta tutta l’anima di Carloforte, con le sue tradizioni e la sua storia. A fine aprile per due giorni si tiene la sagra del Cashcà, il piatto tipico derivato dal tunisino cuscus, a base di semola cotta a vapore e di verdure. Durante la sagra è possibile degustare questa deliziosa e delicata pietanza, spesso cucinata “in diretta” nei banchetti sul lungomare e nelle strade principali. Ai primi di giugno il Girotonno è la festa di chiusura della stagione della mattanza. Da sempre A destra: il monumento dedicato al fondatore della città Carlo Emanuele III, sul lungomare Battellieri di Carloforte, realizzato nel 1788. Sopra: il logo del Girotonno, la manifestazione legata alla chiusura della stagione della pesca dei tonni, attività fondamentale per l’economia di San Pietro. Carloforte ha basato la sua economia sulla pesca dei tonni, che in questa stagione passano numerosi lungo le coste, nelle loro rotte migratorie verso i luoghi di riproduzione. Durante i quattro giorni di manifestazione, chef internazionali ed esperti enogastronomici si confrontano in preparazioni che, pur attente alle nuove e diverse esigenze dei consumatori di tutto il mondo, non dimenticano l’antica tradizione legata alla cultura del tonno. Negli stand che riproducono le tipiche baracche si potranno degustare tutte i piatti tradizionali tabarchini, come la capponádda e i gurézi, la bottáiga e la tunína, ma anche tutte le varianti di sushi preparate da cuochi giapponesi, che considerano il tonno carlofortino uno dei migliori al mondo. Il tutto accompagnato dai vini locali o da quelli del Sulcis. Spettacoli folcloristici, musica e convegni: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Gianmario Marras L’ isola di San Pietro, a 6 miglia dalla costa sud-occidentale sarda, si differenzia dal resto dell’Isola “madre” in ogni aspetto: le sue rocce vulcaniche, rosse trachiti o bianchi tufi, assumono aspetti e colori che contraddistinguono coste ed entroterra; gli animali e le piante si sono evoluti in specie particolari, e solo qui è possibile vedere la cicindela, un piccolo coleottero blu e giallo, o il centonchio del Monelli che in primavera ricopre con la sua fioritura arancione le rupi costiere. Fenici, Greci e Romani la conoscevano come l’isola degli sparvieri, e ancora oggi San Pietro è meta di appassionati ornitologi, che si ritrovano sulle scogliere a osservare i voli del falco della regina in picchiata dalle falesie di cala Fico e capo Sandalo. Anche l’aspetto culturale e antropologico di San Pietro è unico: a Carloforte, unico centro abitato, vivono i discendenti dei tabarchini, i liguri che un tempo combattevano con i pirati saraceni, e che nel 1738 si trasferirono dalla tunisina Tabarca sull’isola allora disabitata, fondando la città. La planimetria regolare, le strade e i viottoli, l’ordine e il silenzio, la luce limpida e l’odore di mare fanno di Carloforte un posto incantato: i suoi abitanti non vorrebbero mai lasciarlo e chi ci arriva se ne innamora e ci torna appena può. La primavera è la stagione più bella per Carloforte. Fuori dall’affollamento estivo si possono visitare gli angoli più caratteristici, sentire il silenzio nelle spiagge dal mare cristallino (una riparata dal vento c’è sempre) o il rumore delle onde sulle scogliere. Si possono fare escursioni all’interno, tra pinete e resti di ar- ESTATE Veleggiare in paradiso Lo Yacht Club Arcipelago della Maddalena coniuga tecnologia sportiva e antica marineria Gianmario Marras Cala Portese, una delle splendide insenature della Maddalena nell’oasi naturalistica di Porto Palma. Andare a vela in questa cornice è un’esperienza indimenticabile. L’ oasi naturalistica di Porto Palma, una delle più belle insenature dell’isola di Caprera, è la sede del neonato Ycam, Yacht Club Arcipelago della Maddalena, fondato da un gruppo di sportivi ed esperti della nautica capeggiati da Cino Ricci. A due passi dalla casa di Garibaldi e dalla rada di Stagnali, dove si trova anche il Centro di ricerca sui Delfini, il Club sta proprio nel cuore del parco nazionale dell’Arcipelago, uno scrigno di isole e isolette nelle leggendarie acque tra Corsica e Sardegna. Non a caso il suo motto è “Sail in Paradise”. Il Club si propone alla nautica mediterranea come meta ideale per sport e cultura, scuola di vela e impegnative regate d’altura. Nella sede, un antico edificio ripristinato con gusto, la tecnologia sportiva si coniuga con le tradizioni dell’antica marineria, specie con le vele d’epoca e le vele latine caratteristiche delle acque sarde. Obiettivo del Club è infatti quello di preservare le regole e le etichette della marineria, oltre che proteggere l’incontaminato ambiente naturale che lo circonda. Il porticciolo privato dispone di numerosi posti barca in acque tranquille, profonde e trasparenti, in una delle baie più belle dell’Isola: un ambito approdo per qualsiasi crocerista. Per preservare i grandi silenzi di Caprera, ai pontili non possono avvicinarsi autovetture, tranne quelle elettriche messe a disposizione dal Club. Nella sede sociale, un edificio caratteristico di oltre 2000 metri quadrati, i soci hanno a disposizione un luogo di incontro e di ristoro, palestra, foresteria, ambienti di studio e di attività, oltre a sevizi specifici connessi con il mondo della nautica e della vacanza sul mare. Oltre agli ormeggi propri, anche per imbarcazioni di grande tonnellaggio, in convenzione con l’Ente Parco e con il Comune di La Maddalena il Club mette a disposizione dei soci ormeggi e ancoraggi per soste prolungate in aree protette e sorvegliate nelle altre isole dell’arcipelago, offrendo servizi preziosi per la nautica da diporto. Yacht Club Arcipelago della Maddalena, www.ycam.org, [email protected] 85 In questa immagine: veduta panoramica dell’abitato di Santa Teresa Gallura disteso sul terrazzo roccioso che domina la profonda insenatura con uno dei porti turistici più importanti della zona. Pagina accanto: scorcio di una via della cittadina con le sue caratteristiche case dai colori tenui. Santa Teresa Gallura REGINA DI SOLE E DI VENTO Territorio di antiche civiltà affacciato sulle Bocche di Bonifacio, oggi è una località turistica considerata la perla della costa settentrionale DI WALKIRIA BALDINELLI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS U n alone di mistero avvolge Santa Teresa Gallura. La sua collocazione geografica è strategica: costruita sul tavolato roccioso che si affaccia sulle Bocche di Bonifacio è stata, ed è tuttora, crocevia di popoli. Nel territorio teresino si sono intrecciate, in varie epoche, diverse civiltà; ciascuna ha segnato profondamente questo lembo di terra sarda. A renderla misteriosa sono i segni lasciati da chi ci ha preceduto: sono impressi nelle pietre dei monumenti ancora oggi visibili o racchiusi nei ruderi di quelli distrutti, ma dei quali è viva la memoria. I visitatori attenti riusciranno a “codificare” quanto suggerito da un paese fatto di rocce, che si esprime con “voce” di pietra e li scruta con “occhi” di pietra. Basta guardarsi intorno per capire l’alternarsi dei fenomeni culturali e gli eventi storici che si sono succeduti, legati al binomio inscindibile mare-granito. Si sovrappongono le civiltà nuragico-punica, romana, medievale, delle 87 ESTATE SANTA TERESA GALLURA A destra: negli ultimi giorni di agosto si svolge Musica sulle Bocche, un festival jazz che è l’evento culturale di maggior prestigio dell’estate gallurese. Artisti tra i più importanti del nostro tempo danno vita a suggestivi e innovativi spettacoli musicali, dall’alba fino a notte fonda, nelle piazze, nel porto, sulle spiagge e sulle navi. Sopra: l’incantevole baia di Rena Bianca con le limpide acque color cobalto che lambiscono la spiaggia della riviera gallurese famosa anche per il candore dei suoi granelli di sabbia. A destra: il 12 agosto (anniversario della fondazione della cittadina avvenuta nel 1808 per volere dei Savoia) le vie e le piazze del paese si animano di figuranti in abiti d’epoca per la coreografica sfilata e la rievocazione storica. 88 Un modo insolito di trascorrere le vacanze qui è la partecipazione diretta di volontari alle operazioni di scavo negli insediamenti prenuragici e nuragici di Lu Brandali. Gli appassionati di archeologia non possono lasciarsi sfuggire questa ghiotta occasione che il Comune di Santa Teresa Gallura, di concerto con la Soprintendenza dei Beni Archeologici di Sassari e Nuoro, propone da otto anni. I turni di partecipazione per quest’anno vanno dal 22 maggio al 5 giugno e dal 18 settembre al 2 ottobre. Il terzo turno, riservato alle scuole, Gianni Petta quali restano ampie vestigia: i villaggi nuragici, le cave romane, il castello di Longonsardo e la già citata torre cinquecentesca che domina lo stretto. La civiltà nuragica dell’età del Bronzo ha trovato, nel territorio che gravita sulle Bocche, le condizioni ideali per l’insediamento, concentrato in agglomerati di capanne e di ripari sotto roccia, protetti da una serie di nuraghi disposti sulle formazioni granitiche che coronano, verso l’interno, la parte più settentrionale della Sardegna nuragica. Fra gli insediamenti più estesi, costituiti da nuraghi con villaggio circostante, sono visitabili quelli di Lu Brandali, di Vigna Marina e di La Testa. Lu Brandali è molto articolato: comprende un nuraghe, circondato da un antemurale provvisto di diverse torri, un villaggio di capanne e ripari sotto roccia, una tomba di giganti. è programmato dal 3 al 15 ottobre (informazioni: Ufficio cultura, tel. 0789/74.09.24; Informagiovani, tel. 0789/75.54.25). Le cave di granito testimoniano come il fiordo di Longone fu meta privilegiata anche in età romana. Negli isolotti della Marmorata fino a punta Falcone, da Municca e soprattutto da Capicciolu e Li Petri Taddati fino a cala Spinosa sono evidenti i segni dell’estrazione dei blocchi che, trasformati in colonne, sono stati utilizzati per ornare monumenti e ville patrizie laziali. Tibula, a capo Testa, ubicata a ridosso delle zone estrattive, era il capolinea della strada consolare di Olbia-Tibula. Al controllo diretto del braccio di mare e degli approdi costieri si riferisce la storia del porto di Longonsardo, punto strategico e rifugio sicuro per quanti vi transitavano. Oggi il nuovo porto turistico (Bandiera Blu d’Europa dal 2000) costituisce uno dei centri marittimi più moderni e attrezzati di tutta l’area, scalo dei traghetti che giornalmente collegano la Sardegna alla Corsica. Ha una capacità di 750 posti barca nelle varie categorie di natanti, fino a 30-35 metri. Escursioni, sport e cultura La vasta zona di capo Testa è ricca di luoghi suggestivi, le escursioni naturalistiche e archeologiche da effettuarsi a piedi aiutano a conoscere meglio questi lembi di costa gallurese. La possibile istituzione dell’Area marina protetta capo Testa-punta Falcone è attualmente in fase di studio, al fine di salvaguardare questo patrimonio biologico, naturalistico e paesaggistico di inestimabile valenza ambientale. Il mare rappresenta, da sempre, la meraviglia più grande, con tante opportunità per essere goduto in tutti i periodi dell’anno: dalle attività di nautica da diporto, subacquea, degli sport velici a quelle della pesca d’altura, da vivere sui pescherecci, insieme ai pescatori locali o nelle battute organizzate. Attira a Santa Teresa Gallura migliaia di visitatori (si passa da 4.000 abitanti nel periodo invernale a oltre 40 mila nella stagione estiva) che ogni anno nei mesi caldi affollano le suggestive spiagge, cale e calette disseminate nel lungo tratto di coste del territorio teresino. La spiaggia del paese è la Rena Bianca (Bandiera Blu d’Europa dal 1987). A pochi minuti dal centro un ventaglio di altre suggestive spiagge consente di percorrere un itinerario particolarmente affascinante sulla riviera gallurese, con acque color cobalto che sfuma in smeraldo corallino e graniti dalle fogge bizzarre. Santa Teresa Gallura è insomma un paese autentico e accogliente, dalle mille sfaccettature dove le bellezze naturali, architettoniche e artistiche si coniugano con i numerosi appuntamenti culturali che il calendario annuale degli eventi e delle manifestazioni propone. L’episodio dei moti rivoluzionari del 1802, temeraria impresa compiuta contro le truppe regolari a opera di un gruppo di rivoluzionari sardi provenienti dalla Corsica, viene rievocato quest’anno il 20 giugno. Le vie e le piazze del paese si animano annualmente anche il 12 agosto, giorno della fondazione della cittadina, con la sfilata, la rievocazione storica e la drammatizzazione itinerante. Musica sulle Bocche è l’evento culturale di maggior prestigio. In programma dal 25 al 31 agosto, il “Festival internazionale di jazz ed altro tra l’Italia e la Francia sulle Bocche di Bonifacio” regala da cinque anni momenti suggestivi, emozionanti e innovativi, come i concerti all’alba, al tramonto e a notte fonda, sulle spiagge, nei porti, sulle navi e nelle piazze. 89 Marco Melodia/Il Dagherrotipo Sagre APPUNTAMENTI CON LA TRADIZIONE L’estate sarda è costellata di manifestazioni popolari molto coreografiche, come la giostra equestre di Sèdilo, le processioni di Sassari e di Nuoro, le feste campestri nella Gallura DI ALDO BRIGAGLIA - FOTOGRAFIE DI MARCO MELODIA/IL DAGHERROTIPO L’Ardia è la festa ideale per chi ama le emozioni forti, che si concreta in una sfrenata corsa a cavallo intorno a un bel santuario campestre, fuori dell’abitato di Sèdilo, nell’alto Oristanese. E state, in Sardegna, è tempo di sagre. Il 6 e 7 luglio si svolge una “classica” di eccezionale spettacolarità, l’Ardia di Sèdilo. Si tratta di una sfrenata corsa a cavallo in onore dell’imperatore Costantino, che in Sardegna è venerato come un santo benché la Chiesa non lo abbia mai beatificato. Intorno al bel santuario campestre, situato a pochi chilometri fuori dell’abitato (sulla superstrada che collega Abbasanta a Nuoro), si consuma un rito fortemente intriso di sacro e di pagano il cui reale protagonista è il cavallo, animale che in tutti i paesi dell’Isola da millenni gode di un culto che ha pochi riscontri altrove. La corsa non tradisce mai chi ama le emozioni forti. Migliaia di persone assiepate lungo il percorso, crepitìo di fucili, irruenti sarabande equestri scatenano fantasie e suggestioni, in una cornice di colori e di usanze che hanno il sapore della Sardegna antica. È uno spettacolo dove protagonista è anche il coraggio, perché i cavalieri in sella ai loro destrieri per tre volte si buttano pericolosamente giù da una collinetta, passano a spron battuto attraverso uno stretto arco che delimita l’area del santuario e volano, tra polvere e colpi di frustino, fin sul sagrato della chiesa. Ardia è parola antica che vuol dire “guardia”. Il significato simbolico della manifestazione è racchiuso tutto nell’impegno dei tre cavalieri di testa, che costituiscono appunto la scorta di Costantino, a impedire che tutti gli altri concorrenti li scavalchino arrivando prima di loro al traguardo. I tre capicorsa, che sono scelti dal parroco in persona, tengono in mano una bandiera con la quale possono anche colpire chi tenta di superarli, in un rituale punteggiato dalla tattica dei gregari, che simulano fughe in avanti o arresti improvvisi per disorientare gli avversari. 92 SAGRE Fotografie di Marco Melodia/Il Dagherrotipo ESTATE In questa pagina: uno dei capicorsa con lo stendardo, figure-simbolo dell’Ardia di Sèdilo. Qui accanto: questo emozionante spettacolo attira lungo tutto il suo percorso una gran folla, che assiste, con entusiasmo e incitamenti, a questa spasmodica galoppata, esibizione di coraggio e grande abilità. È una festa unica nel suo genere. Parteciparvi è sempre un’emozione unica, non solo per assistere alla spasmodica giostra equestre ma anche per assaporare le atmosfere popolari delle due giornate, durante le quali balli, canti e laute abbuffate riempiono i tempi dell’attesa. A metà agosto si celebra a Sassari un’altra grande festa, anch’essa di antica origine: i Candelieri. La sera del 14 i numerosi gremi (le antiche corporazioni di arti e mestieri) ancora operanti in città portano in processione per le anguste vie del centro storico enormi ceri di legno, decorati con gale e nastri policromi. La “discesa” dei candelieri (la faraddha, in dialetto sassarese) si svolge dalle sedi dei gremi fino alla bella chiesa romanica di Santa Maria in Betlemme. A metà si ferma di fronte al palazzo civico, dove il sindaco si unisce al corteo e, vestito in frac e cilindro all’antica moda spagnolesca, sfila davanti al popolo che con fischi o applausi manifesta di approvare o no la politica amministrativa della città. Durante l’intera processione i gruppi di uomini che sostengono e trasportano i candelieri si muovono e si agitano e dondolano e ruotano in una sorta di movimento danzato, e la gara è a chi interpreta meglio con le sue figure l’equilibrio ritmico e il senso profondo della devozione religiosa. Gruppi di tamburini e di funzionari dei gremi (i cosiddetti parajos), con i loro bei costumi anch’essi di tradizionale foggia spagnolesca, accompagnano i candelieri nel loro percorso che si ripete sempre uguale, ma con emozione sempre rinnovata, da oltre 500 anni. 93 In questa pagina, a destra: da oltre 500 anni, il 14 agosto si celebrano a Sassari i Candelieri, festa di grande devozione religiosa. I nove gremi, le antiche corporazioni di arti e mestieri, tuttora operanti in città, portano in processione per le vie del centro enormi ceri di legno. Ogni candeliere, con l’effigie del santo protettore della relativa corporazione, ha nastri multicolori tenuti tesi da ragazzini ed è sfarzosamente decorato (a sinistra) sulla sommità con una profusione di gale policrome e di fiori. In onore del Redentore e dei santi Un’altra bella festa religiosa è quella che si svolge a Nuoro l’ultima domenica di agosto in onore del Redentore. Vi partecipano due-tremila fedeli che accorrono da tutti i paesi della Sardegna nei loro costumi tradizionali. Una fantasmagoria di colori e di fogge che costituiscono un’occasione imperdibile per apprezzare l’incredibile varietà di forme dell’abbigliamento tipico di uomini e donne di Sardegna. La processione parte dalla chiesa delle Grazie e si snoda per diversi chilometri salendo lenta fino in cima al monte Ortobene, la montagna cara a Grazia Deledda, sulla cui vetta una grande statua bronzea raffigurante Cristo Redentore domina e protegge il capoluogo della Barbagia. Canti e balli tradizionali fanno da contorno alla festa popolare. 94 Fotografie di Maurizio Fraschetti SAGRE Durante tutta l’estate numerose feste campestri si svolgono quasi ogni giorno negli stazzi della Gallura. Ovunque ci sia una chiesetta o un piccolo santuario, una volta all’anno per il proprietario del fondo è una questione d’onore organizzare una grande festa in onore del santo a cui la chiesa è dedicata. Coniugando l’antica tradizione in favore dei pellegrini e la rinomata ospitalità gallurese, a tutti coloro che arrivano da vicino e da lontano per prendere parte alla festa viene offerto da mangiare gratis un menu rustico, a base di pasta casereccia e arrosti vari. Fino a notte fonda, poi, al suono della fisarmonica si balla il liscio e una tipica danza gallurese, lo scottis, che come dice il nome fu importata in epoche remote dall’equipaggio di una nave britannica, ma che col tempo ha assunto una sua particolare affascinante fisionomia. 95 ESTATE GASTRONOMIA Vernaccia e merca per sapori estivi Delizie di mare Le ricette a base di pesce della cucina sarda hanno origini antiche: fenicie, spagnole, liguri Archivio Prima Press C di stoccafisso. Qui si usava il gattuccio, della famiglia degli squali, che viene eviscerato, bollito e poi marinato in olio, aceto, noci e un trito di fegatini precedentemente estratti dello stesso pesce. Anche la Sardegna ha la sua zuppa di pesce: la cassola, che si prepara con anguille, cefalo, palombo, razza, granchi, aragosta, seppie, polipi, spigola e saraghi insaporiti con il peperoncino. L’utilizzo del pesce in cucina è cresciuto molto negli ultimi decenni per il moltiplicarsi di porticcioli protetti, adatti all’attracco delle imbarcazioni e agli allevamenti di mitili, soprattutto a nord intorno a Olbia, dove si producono anche le vongole veraci. Malgrado questo, è sempre e solo uno il mercato all’ingrosso del 96 Sopra: uno scorcio dello stagno di Cabras, il più grande dell’Oristanese, popolato di pesci pregiati come spigole, orate, anguille, capitoni e muggini. Le uova di questi ultimi vengono destinate alla produzione della bottarga (a sinistra), il caviale nostrano, servita grattugiata sulla pasta o tagliata sottile con lamelle di sedano e crostini di pane. pesce, quello gigantesco di Cagliari che con i suoi 3.000 metri quadrati coperti e 17.000 open air è tra i più grandi in Europa. Nei banchi si trovano anche i muggini per la produzione di bottarga, altra specialità tipica isolana. La pesca si effettua per lo più nelle lagune e negli stagni dell’Oristanese, con reti a maglie sottilissime nel periodo della riproduzione del pesce, che inizia ai primi di settembre. La sacca ovarica viene estratta, lavata e messa sotto sale, poi risciacquata, stesa sulle rastrelliere e stagionata per una decina di giorni. A questo punto le uova che hanno assunto un caldo color ambrato con venature dorate, possono essere consumate o conservate sottovuoto. Secondo gli esperti, la miglior bottarga deve pesare tra i 150 e i 250 grammi e presentarsi al tatto soda e compatta. Va servita tagliata finissima con lamelle di sedano o su crostini di pane oppure grattugiata sugli spaghetti con un filo d’olio extravergine. Con i filetti di muggine nei dintorni di Cabras preparano la merca, di origine fenicia. Il pesce viene bollito in acqua salata, dosando il sale secondo l’esigenza di conservazione del piatto (può durare oltre 10 giorni), poi viene av- Sopra: un misto di pesci e anguille, gli ingredienti principali della cassola, gustosa zuppa di mare insaporita con il peperoncino. Sotto: la merca, piatto di origine fenicia, tipica dei dintorni di Cabras. I filetti di muggine vengono bolliti e avvolti negli steli di un’erba grassa, che cresce lungo i canali salmastri, in cui si conservano fino a dieci giorni dopo la preparazione. Fotografie di Marco Melodia/Il Dagherrotipo Azienda vinicola Attilio Contini, Cabras (Or), tel. 0783/29.08.06, aperta al pubblico dal lunedì al venerdì 8,30-13/15-18, sabato 8,30-13. Marco Melodia/Il Dagherrotipo he la cucina sarda sia legata ai prodotti della terra si sa, ma con un mare così bello non poteva ignorare i tesori nascosti nelle sue acque. Spagnoli e liguri, oltre a lasciare tracce sul piano della lingua (ad Alghero si parla ancora catalano e a Carloforte una sorta di genovese), insieme ai Fenici, insediandosi sull’Isola hanno importato una serie di ricette a base di pesce che, con le debite modifiche, sono entrate nella tradizione sarda. A cominciare dall’aragosta all’algherese, per finire con le sarde a scabecciu, ovvero in carpione, di derivazione ligure. A volte i nomi appartengono ad altre culture, ma la ricetta è originale sarda. È il caso della burrida cagliaritana, da non confondere con l’omonimo piatto genovese che è a base “I sapori di questi piatti sono decisi, quasi arroganti”, dice Paolo Contini, erede di una delle più antiche dinastie di vinattieri di Sardegna. “Questi gusti forti si accompagnano bene con una vernaccia di media stagionatura appena appena fresca, suggerisco una Vernaccia di Oristano Contini 93, in alternativa un Carmisi, vernaccia giovane di struttura ed equilibrio, che accompagna bene anche la bottarga di tonno o l’anguilla con l’uva passa, antichissima ricetta che risale ai Fenici, tipica del nostro territorio. Con la merca io bevo il Nieddera, un rosso della valle del Tirso. È un antico vitigno che abbiamo recuperato (siamo gli unici produttori al mondo). Lo lavoriamo dal 1912, anno in cui è stato insignito con la medaglia d’oro all’esposizione internazionale di Milano”. volto e legato fra steli di obbione (della famiglia della salicornia), un’erba grassa insapore e inodore che cresce lungo i canali salmastri, dandogli la forma di piccolo barile e così rimane fino al momento del consumo. In Sardegna è molto usata anche la bottarga di tonno, meno delicata della precedente. Si prepara subito dopo la mattanza, che ha luogo tra maggio e giugno presso la tonnara di Portoscuso, a sudovest dell’Isola. Fin dalla fine dell’Ottocento è tra le più importanti d’Italia e si ricorda ancora la grande pesca del 1882 quando vennero catturati 10.136 tonni. Dalle femmine di tonno si estrae la sacca ovarica (che può pesare anche 6 chili) che viene messa in salamoia e poi sotto sale con un peso poggiato sopra. Dopo una ventina di giorni si toglie dalla pressa, si lava, si asciuga al sole e si mette a riposo in una stanza fresca per 2 o 3 mesi. A questo punto è pronta per condire la pasta o insaporire piatti di verdure. Ornella D’Alessio 97 AUTUNNO Marco Melodia/Il Dagherrotipo Chiese, castelli, turismo in treno... E poi i vini. Sono grandi ed è il loro momento Cavalli di piccola taglia allo stato brado presso il Pauli Murdegu sulla Giara di Gesturi. 101 Suggestivo panorama notturno di Castelsardo, piccolo gioiello dell’Anglona che si erge su un irto promontorio roccioso a picco sul golfo dell’Asinara. Dal mare è visibile il borgo medievale, che tuttora conserva le mura di recinzione, con i resti del castello dei Doria. Eretto nel XII secolo dalla famiglia genovese che fondò il paese con il nome di Castelgenovese, il castello oggi restaurato è sede del Museo dell’Intreccio mediterraneo. Castelli e chiese campestri Crocevia di popoli e civiltà, luogo della storia, la Sardegna custodisce la memoria di un’epoca, un grande museo a cielo aperto, un “catasto” mitico, un interminabile racconto DI RAFAELA SOLINAS Olimpio Fantuz/SIME PAROLE DI PIETRA Massimo Ripani/SIME “castellana” in Castelgenovese e Castel D’Auria (meglio noto come Casteldoria). Castelgenovese si chiamava (più tardi Castello Aragonese e infine Castelsardo) la fortezza in cui giunse Eleonora nel 1374 dopo le nozze con Brancaleone Doria. È una donna non bella, che porta i capelli sciolti (contrariamente all’usanza del tempo per le donne sposate) a coprire parzialmente una vistosa cicatrice sulla guancia, è forte, volitiva ma anche saggia e tenera, quando lascia il palazzo giudicale di Oristano ed entra a Castelgenovese. Il castello è una grande fortezza sul mare, imprendibile, ancorato alle rocce, punto di riferimento anche per traffici e commerci. Nella parte più interna di esso, sicuramente destinata alla vita familiare, Eleonora trascorre il suo tempo di castellana fra le attività muliebri come la tessitura, l’intreccio, la conduzione della casa e la cura dei figli. Era probabilmente costume di Eleonora, come del resto usava nel Medioevo, allontanarsi per la “villeggiatura” dal rumoroso Castelgenovese, per brevi soggiorni nella residenza posta vicino alle foci del fiume Coghinas in quel Casteldoria, meno trafficato e rumoroso che guardava verso le campagne dell’interno, dove il fiume Coghinas formava delle pozze di acqua tiepida con benefiche proprietà curative. Si può anche pensare Eleonora, nelle sue pause spirituali, devota visitatrice della chiesa di Santa Maria di Tergu, splendida abbazia in trachite rossa con inserti calcarei, fondata nella seconda metà del XII secolo e donata da Mariano di Lacon giudice di Torres ai monaci cassinesi; oppure diretta alla chiesetta campestre di San Pancrazio di Nursi in agro di Sedini: posta su un modesto rilievo collinare, pare essa sia S ono i baluardi dell’uomo e i bastioni di Dio, sono i castelli eretti lungo le coste e nelle linee di confine, sono i monasteri, le abbazie, i laboratori operosi che i monaci dei vari ordini organizzarono in tutta la Sardegna, sono le chiese campestri erette e custodite dalla devozione popolare. Il castelliere medievale ci propone una distinzione fra fortezze della cintura costiera a difesa dalle incursioni provenienti dal mare e altre collocate trasversalmente lungo i confini fra i giudicati e, a partire dal XIII secolo, lungo quelli fra il giudicato di Arborea e le terre infeudate a potenti famiglie liguri o toscane. 104 La maggior parte delle fortezze costiere sono fra quelle meglio conservate, come il castello della Fava a Posada o il castello di Serravalle-Malaspina lungo i più frequentati itinerari turistici. Sulle tracce di Eleonora d’Arborea Dal castello di Castelsardo – su cui la storia di vari passaggi ha lasciato traccia nel nome – muove il viaggio che può raccontare, al di là della tradizione storica, il percorso di una donna, Eleonora d’Arborea, che prima di divenire l’eroina intrepida in battaglia e la legislatrice saggia della Carta de Logu, fu moglie, madre, Fotografie di Gianmario Marras CASTELLI E CHIESE CAMPESTRI Pagina accanto: tra le più importanti chiese romaniche della Sardegna, l’abbazia benedettina di Nostra Signora di Tergu fu fondata tra il 1065 e il 1082 e ampliata nel secolo successivo secondo modelli pisani. Questi sono chiaramente visibili nel forte stacco cromatico fra il bianco del calcare dei rilievi e delle membrature e il rosso della trachite di fondo. Sopra: il castello Serravalle di Bosa venne fatto costruire dai marchesi di Lucca Malaspina dello Spino Secco, nel 1112. Attorno al complesso fortificato, chiuso da una cinta perimetrale turrita, si raggruppa la parte antica medievale della città, mentre quella moderna (sotto), distesa sul fondo valle lungo il corso sinuoso del Temo, si affaccia sul mare. CASTELLI E CHIESE CAMPESTRI l’ambiente superstite di un antico monastero del quale forse nel XII secolo era l’erboristeria e la farmacia. Dal momento in cui le drammatiche vicende giudicali la richiamano a Oristano, la “castellana” lascia Castelgenovese e diviene Eleonora giudicessa, reggente per conto del figlio, animatrice dell’ultima grande fase del giudicato di Arborea prima della definitiva resa agli Aragonesi nella storica battaglia di Sanluri. I castelli a carattere difensivo, quello di Monreale e quello di Marmilla, sono oggetto delle sue attenzioni come coordinatrice delle operazioni militari. Il castello di Monreale si erge su un modesto colle nel territorio di Sardara. Lo stato di conservazione piuttosto precario consente tuttavia una parziale lettura di una costruzione imponente dotata di una cinta muraria poderosa, una struttura a tre piani, un mastio, una piazza d’armi, pozzo e cisterna, tutti elementi che caratterizzano in generale le esigenze di autonomia legate alle funzioni del castello stesso. Interessante anche il castello di Marmilla il cui toponimo rispecchia la “mamilla”, un vistoso masso di marna di forma mammillare su cui esso sorgeva: i suoi ruderi dominano la piana fra Las Plassas e Barumini, con la torre maestra a settentrione e parte di un’altra a meridione. La linea fortificata del giudicato di Arborea guardava quindi da un lato verso il Sulcis e l’Iglesiente, dall’altro verso i castelli del feudo di Quirra dei Carroz (fedeli alleati degli Aragonesi) e il castello di San Michele di Cagliari. Il castello di San Michele, oggi inglobato nella città di Cagliari, svetta sul colle tufaceo omonimo e controlla il sistema lagunare di Santa Gilla e la principale via d’accesso dall’entroterra campidanese. Ben conservato nella sua struttura perimetrale, con quattro torri squadrate (“grigio guerra”, dice un testo letterario). L’interno è stato interamente ristrutturato e adibito a spazio di cultura e arte. In esso soggiornò Violante di Carroz, castellana approdata nella “bianca Cagliari” nel 1373, passata alla storia come primo feudatario per successione femminile del feudo di Quirra. Il castello di Quirra, ultimo baluardo di confine del feudo, oggi non presenta tracce significative: ma da esso muoveva la castellana, che amava Olimpio Fantuz/SIME Fotografie di Marco Melodia/Il Dagherrotipo Le rovine di una grande torre e delle mura di cinta sono ciò che resta del castello di Marmilla, edificato all’inizio del XII secolo sul colle perfettamente conico che domina la piana fra Las Plassas e Barumini. La fortezza, insieme ai castelli di Arcuentu e di Monreale, costituiva la cintura difensiva del giudicato di Arborea. Sopra: la chiesa romanico-lombarda di San Pietro di Zuri, con i suoi caratteristici blocchi di trachite, nacque probabilmente come cappella di un’abbazia benedettina femminile nella seconda metà del XII secolo. All’architetto Anselmo da Como, a capo delle maestranze attive alla fabbrica nel XIII secolo, si devono anche i rilievi dell’architrave (sotto, un particolare), che rappresentano santi e animali fantastici, e i suoi caratteristici blocchi di trachite risistemati fedelmente quando il paese fu sommerso dalle acque del lago Omodeo. poco il potere, per raggiungere, nelle sue passeggiate a cavallo, una “chiesetta tutta di mattoni rossi, piccola piccola da contenersi in un abbraccio. In cima terminava con un campaniletto a vela”. Si tratta della chiesa di San Nicola di Quirra, nel territorio di Villaputzu, che costituisce uno dei rari monumenti romanici isolani interamente in cotto, costruita con argilla prelevata e cotta in loco; restano infatti interessanti tracce dell’antica cava e di una fornace. I bastioni di Dio Accanto ai “baluardi dell’uomo” si erigono in tutta l’Isola i bastioni di Dio: a testimonianza del complesso intreccio tra potere politico e potere religioso, tra istituzioni e devozione di popolo, sorgono le chiese, i monasteri, le abbazie, le chiesette campestri. I vari toponimi che ancora resistono nel linguaggio popolare come s’istrada de sos padres, domos de Benedectinos, s’ortu de is paras, configurano una diffusione capillare delle costruzioni sacre. Moltissime di esse hanno una storia complessa e una qualità di esecuzione particolarmente pregevole. Tale è la chiesa di San Pietro di Zuri 107 Olimpio Fantuz/SIME CASTELLI E CHIESE CAMPESTRI in calda trachite rossa, smontata pietra per pietra e ricostruita nel 1925 per anastilosi quando l’invaso artificiale del lago Omodeo avrebbe sommerso tutto il villaggio. Nell’epigrafe che ne fissa la data di costruzione al 1291, sono ricordati tanto il maestro Anselmo da Como che la badessa committente Sardinia de Lacon (forse madre di Mariano d’Arborea). Una vicenda analoga accomuna a San Pietro di Zuri la chiesa di San Leonardo di Cuga nell’agro di Ittiri, più modesta ma pur significativa espressione di impegno religioso; anche questa ricostruita per anastilosi per sottrarla alle acque dell’invaso del Cuga. È un edificio essenziale e sobrio, tutto in calcare chiaro, a una sola navata, che sorse in quella li- 108 Sopra: la chiesetta romanica di San Leonardo, posta lungo la strada Ittiri-Alghero, è stata smontata e interamente ricostruita in una posizione più elevata dopo la creazione del bacino artificiale del fiume Cuga. In origine sorgeva sull’antica via romana fra Ittiri Uri e Sindia, ribattezzata in età medievale s’istrada de sos padres. nea di costruzioni sacre erette lungo l’asse fra Ittiri Uri e Sindia che da via romana divenne appunto s’istrada de sos padres. Poco oltre, appena fuori l’abitato di Bosa, si trova la chiesetta di San Pietro extra muros. Alcuni caratteri stilistici, come l’edicola con colonnine ofitiche (a forma di serpenti), ne dichiarano la paternità riconducibile allo stesso maestro di San Pietro di Zuri. 109 Fotografie di Marco Melodia/Il Dagherrotipo CASTELLI E CHIESE CAMPESTRI Sopra: la chiesa di San Pietro nelle immediate vicinanze dell’abitato di Bosa prese la denominazione di “extra muros” quando la popolazione si trasferì sulla sponda destra del fiume Temo per mettersi sotto la protezione del castello Malaspina, eretto nel 1112. È la più antica chiesa romanica dell’Isola e vi si distinguono tre fasi costruttive dall’XI al XIII secolo. L’architrave monolitico in pietra arenaria che sovrasta il portale (sotto, un particolare) è scolpito in altorilievo in stile bizantino e risale al nucleo originario della chiesa; raffigura ai lati gli apostoli Pietro e Paolo, al centro la Madonna col Bambino, e alla sua sinistra San Costantino Imperatore, molto venerato in Sardegna. 110 Infine, in quella porzione di territorio chiamata ancora sos locos benedectinos si possono ammirare numerose chiese tra cui una va segnalata per l’interesse storico-archeologico che tutto il territorio riveste: è Santa Maria di Mesumundu, detta anche Madonna delle Rose, in sito campestre, fra Anela e Bultei, in cantoni di pietra sedimentaria locale di intonazione calda. Il toponimo Mesumundu (centro del mondo) appare come un richiamo a porsi idealmente al centro dell’Isola e scoprire in tutte le direzioni manufatti di ispirazione sacra. E tutti, da quelli più elaborati e famosi a quelli più semplici e modesti, conservano memoria di un’intensa vita di lavoro e di preghiera, di attività diplomatico-istituzionale e di una vivace e sentita cultura di apprendimento che anche umili capimastri locali praticarono con risultati apprezzabili. 111 Turismo in treno ELOGIO DELLA LENTEZZA Quattro linee turistiche che coprono oltre 400 chilometri consentono la scoperta di paesaggi affascinanti e di opere artistiche ospitate nelle stazioni-museo DI LELLO CARAVANO - FOTOGRAFIE DI OLIMPIO FANTUZ/SIME ’ C In questa immagine: la sala d’attesa della stazione di Tempio Pausania, dove si possono ammirare alcuni dipinti del più importante pittore sardo del Novecento, il sassarese Giuseppe Biasi. Nella pagina accanto: la stazione di Tempio Pausania, una delle stazioni delle linee turistiche del Trenino Verde, che di recente si stanno trasformando anche in luoghi d’arte. 112 è David Herbert Lawrence con i suoi libri di viaggio e L’amante di Lady Chatterley. Ci sono Giuseppe Biasi, il grande pittore sardo del Novecento, e le creazioni di Maria Lai, la più importante artista isolana vivente. Opere da ammirare nei musei? No, sui treni. Da qualche anno la grande arte viaggia sui binari del Trenino Verde, le linee turistiche delle Ferrovie della Sardegna. Più che nelle vecchie carrozze che hanno fatto la storia delle zone interne dell’Isola, nelle stazioni e nei caselli sparsi tra boschi, montagne e cascate. Spesso isolati, in splendide posizioni panoramiche, piccoli gioielli dell’ingegneria ferroviaria che si vanno trasformando in luoghi d’arte, sede di mostre e spettacoli, ma anche in alberghi e punti di ristoro. A Lanusei, capitale montana dell’Ogliastra e capolinea della più suggestiva linea ferroviaria turistica, la vecchia sala d’attesa della stazione è stata trasformata in un bar-taverna, “Sa Caffettera”, in omaggio alle sbuffanti locomotive a vapore. A Mandas, il Comune ha ottenuto i finanziamenti per trasformare la stazione che ospitava il vecchio albergo Lunetta nella “Locanda Lawrence”, dedicata allo scrittore inglese che qui soggiornò nel gennaio 1921 e che al paese e alla strada ferrata ha dedicato molte pagine del suo Sea and Sardinia. “Entro l’estate realizzeremo dieci stan- 113 STAZIONI A destra: la stazione dismessa di Jerzu, nel territorio di Ulassai, è stata ristrutturata per diventare un centro culturale intitolato all’artista Maria Lai. Ospiterà manifestazioni di musica, poesia e pittura. Sotto: una veduta panoramica della Gallura più incontaminata, sulla tratta del Trenino Verde Palau-Tempio. ze e nella terrazza una sala ristorante”, dice il sindaco Umberto Oppus. “Inoltre recupereremo le vecchie locomotive ormai in pensione”. Una sorta di parco-hotel ferroviario in memoria dei viaggiatori di un tempo e per offrire nuovi servizi ai vacanzieri di oggi. Una vera rivoluzione, per le Ferrovie della Sardegna, una svolta che completa l’impulso dato negli anni passati alle linee del Trenino Verde, come ricorda l’ingegnere Alessandro Boccone, direttore Ufficio marketing. Oltre 400 chilometri di binari nelle quattro linee turistiche (Mandas-Arbatax, IsiliSorgono, Macomer-Bosa Marina e Nulvi-Palau), con 54 stazioni e 217 caselli, molti dati in concessione anche solo per esposizioni di prodotti locali o a società di servizi turistici, come a Seui, Nurallao e Sadali. Arte lungo i binari Gianmario Marras Un vero gioiello custodisce la linea Nulvi-Palau, itinerario sui binari nella Gallura tra sughere e graniti. Nella bella stazione di Tempio è possibile ammirare un’opera di Giuseppe Biasi, il più importante pittore 114 115 AUTUNNO Sopra: dopo un interessante giro per le montagne ogliastrine, ecco giunto il momento di una piacevole sosta nella stazione di Lanusei, sulla linea Mandas-Arbatax. La vecchia sala d’attesa (a sinistra) è diventata “Sa Caffettera”, un accogliente bar taverna che rievoca nel nome le locomotive a vapore. sardo del Novecento, cantore su tela della vita contadina e pastorale. Ospitati nella sala d’attesa, i dipinti furono commissionati nel 1928 e toccano i temi cari all’artista: le donne che vanno alla fonte, la festa paesana, il suonatore di fisarmonica. E all’arte è dedicata un’altra bella stazione (in gran parte già ristrutturata), quella di Jerzu, nel territorio di Ulassai, il paese costruito sotto un incombente tacco, i grandi torrioni di calcare che caratterizzano l’Ogliastra. In una straordinaria posizione panoramica, è stata concessa dalle Fs al Comune per trasformarla in centro culturale nel segno di Maria Lai. Entro la fine dell’estate ospiterà le opere dell’ottantacinquenne artista che anni fa legò il suo paese, Ulassai, alla montagna con chilometri di nastro azzurro. “Questa stazione dell’arte sarà un centro propulsore, non un museo”, dice Alberto Cannas, presidente della Fondazione dell’arte. “Ci sarà spazio per la musica, la poesia, la pittura. Sarà un simbolo. Da quella stazione da dove partivano tanti nostri giovani per andare a studiare e lavorare a Cagliari, oggi parte uno stimolo per far conoscere l’arte e le opere degli artisti”. 116 117 La tavola apparecchiata sotto il portico, con i prodotti tipici locali serviti a colazione dalla padrona di casa del B&B Da Paola e Giorgio, a Riola Sardo. Bed and breakfast COME SE FOSTE A CASA VOSTRA Un nuovo modo di fare turismo, per chi desidera seguire itinerari meno conosciuti e vivere in ambienti accoglienti che rispecchiano tradizioni e storia DI EMANUELE DESSÌ - FOTOGRAFIE DI OLIMPIO FANTUZ/SIME BED AND BREAKFAST palazzotto signorile, al centro del paese. La recente e sapiente ristrutturazione e la cura dei particolari nell’arredamento sanno creare un’atmosfera elegante e allo stesso tempo familiare. Nel cortile, la cui struttura tipica testimonia le radici agropastorali dei proprietari, gli ospiti possono intrattenersi e utilizzare il barbecue per gustose grigliate e il forno a legna. Dispone di 3 camere, tutte con bagno e tv color; i prezzi vanno da 25 a 60 euro. Natura, storia e buoni sapori Si trova in pianura, a 12 chilometri dalle spiagge dell’Oristanese, Riola Sardo, un paese di case basse realizzate nell’Ottocento con mattoni in fango e pa- glia. Ha un secolo anche il B&B Da Paola e Giorgio, all’ingresso del paese. La colazione viene servita in un giardino ben curato e gli ambienti sono resi caldi e accoglienti anche dai ricordi dei tanti viaggi fatti dai proprietari in giro per il mondo. I prezzi vanno da 25 a 30 euro. A Villamassargia, nell’Iglesiente, Casa di Nonna dispone di 3 camere confortevoli arredate con gusto. L’ottocentesco edificio, ristrutturato, riflette nella biancheria la grande tradizione del paese per l’arte della tessitura. Prezzi da 32,50 a 36 euro. A San Vito, a due passi dalle splendide spiagge del Sarrabus, una tipica casa padronale, con gli archi che si affacciano sul cortile interno, il B&B I Glicini Tutto è pronto per la colazione ai Glicini, una tipica dimora signorile dell’Ottocento, a San Vito. I l calore dell’ospitalità sarda, con una finestra aperta sulla cultura e le tradizioni di un’Isola. In una stagione che, lentamente, cede spazio all’inverno. Il viaggio nei bed and breakfast parte dal capo di sopra, dalla tradizionale dimora degli allevatori della Gallura, lo stazzo in granito. Lu Pastruccialeddu si trova nel territorio di Arzachena, a due passi dalle ville dorate della Costa Smeralda, a 30 chilometri da Olbia (porto e aeroporto), nella località che dà il nome all’azienda. Lo stazzo risale al 1856: immerso in una natura incontaminata (57 ettari), ha un ampio giardino, dove viene servita la colazione, a base di dolci tipici. Tutte le camere sono provviste di bagno. I prezzi vanno da 25 a 40 euro. Il B&B Monte Inni, nell’omonima località nelle campagne di Ozieri, è una bella villa liberty di inizio Novecento, ben restaurata. Dispone di 12 posti letto, distribuiti in 3 comodi appartamenti denominati Ulivo, Cedro e Mandorlo. Sulla 120 provinciale Ozieri-Nughedu di San Nicolò, si trova a 2 chilometri da Ozieri. I prezzi partono da 25 euro. Prende il nome da un uccello ghiottissimo di insetti, in particolare di api, l’Antica dimora del Gruccione, un’ampia e bella casa patrizia, di impianto spagnolo, nel centro storico di Santu Lussurgiu, un paese incastonato nelle colline del Montiferru, una culla per l’agroalimentare. Interamente costruito in pietra, presenta travi a vista e antichi ferri battuti. Prezzi delle camere da 35 euro. In posizione panoramica su un tratto di costa, quello tra Bosa ed Alghero, tra i più selvaggi e suggestivi dell’Isola, il B&B Su Cantaru, a Villanova Monteleone, è il punto di partenza ideale per escursioni verso il mare o verso l’interno. Offre ospitalità in un bel Sopra: l’Antica dimora del Gruccione, a Santu Lussurgiu, fa dei particolari il suo punto di forza. Travi e pietra a vista nella sala da pranzo, e camere (a sinistra) una diversa dall’altra dagli arredi raffinati. BED AND BREAKFAST In questa foto: il B&B S’Arrideli, a Orroli, vanta un illustre passato. L’edificio in mattoni di terra cruda, infatti, sorge sui resti di una struttura nuragica di cui si possono visitare gli scavi archeologici ancora in corso. Le accoglienti camere (sotto) hanno mobili nuovi o in stile sardo. offre al primo piano camere confortevoli, con bagno privato e doccia. Prezzi da 28 euro. Sui resti di una struttura nuragica sorge, a Orroli, il B&B S’Arrideli che ospita scavi archeologici. L’edificio, su due piani, mantiene l’originaria struttura in mattoni di terra cruda. La colazione è servita nella cucina in stile sardo. Prezzi da 25 a 30 euro. Nel centro di Orosei, a soli 3 chilometri dalla spiaggia, il B&B L’Airone Azzurro è un’antica palazzina con giardino interno. Ha 2 camere, arredate con mobili di pregio e tessuti tipici. Prezzi da 32 euro. Per saperne di più sul circuito dei B&B si può anche contattare la Domus Mediterranea, tel. 070/72.65.007, e-mail: [email protected] 122 123 Cantina sociale Dorgali NETTARE DEGLI DEI DI ALTA QUALITÀ Da questa cooperativa di viticoltori vengono prodotti vini la cui fama ha valicato i confini dell’Isola. Tra questi sono particolarmente apprezzati il Cannonau e il Noriolo DI LAURA FLORIS - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS Nelle vallate del Nuorese poste nell’entroterra della costa tirrenica sono frequenti le superfici coltivate a vite, con una grande preponderanza di uva Cannonau. AUTUNNO Q uella strada è sorprendente. All’improvviso conduce su un altipiano che sovrasta una florida vallata, Isalle. In alto il monte Bardia col suo piglio severo domina l'Orientale Sarda. Può accadere di ammirarlo innevato quel monte, che a est si affaccia sul mare turchese del golfo di Orosei. Ai suoi piedi, ecco una meta obbligata per gli estimatori del buon vino: Dorgali. Il Cannonau è il principe della sua Cantina sociale. Pur nella soggettività del gusto, si pensa che il comune apprezzamento per questo vino possa essere attribuito alle condizioni ottimali nelle quali viene prodotto. Al sapore intenso di frutti rossi maturi, alle straordinarie varietà di uva rinomate fin dall’antichità. Tutte queste componenti hanno contribuito alla nascita di prodotti la cui fama ha valicato i confini dell’Isola per estendersi in tutto il mondo. La scommessa parte da lontano. Era il 1953, quando un gruppo di viticoltori originari di Dorgali decise di unire le forze e fondò la Cantina sociale. CANTINA SOCIALE DORGALI La prima vendemmia, che risale al 1958, fu un evento emozionante: il prodotto fu un vino da tavola con base Cannonau. E si può ben dire che l’esperimento riuscì, se 14 anni dopo arrivò il riconoscimento di origine controllata Cannonau di Sardegna che sancì l’inizio di una fortunata produzione. Attualmente la Cantina sociale conta circa 300 soci provenienti anche da Galtellì, Orune, Jerzu, Siniscola, Orosei e Nuoro. Totale: 600 ettari di vigneti che ogni anno regalano 23 mila quintali d’uva e un milione e quattrocento litri di produzione vinicola. Sessantacinque ettari si trovano nella vallata Isalle che fa parte del territorio di Dorgali, dal quale si produce il Cannonau autoctono che prende il nome dalla zona. Il vigneto ha anche una funzione sperimentale sia per le varietà integrative sia per le tecniche colturali. Il vino prodotto nella cantina di Dorgali è costituito per il 90 per cento da varietà d’uve Cannonau mentre il restante 10 per cento viene integrato, per fare solo alcuni esempi, con vitigni Carignano, Cabernet e Montepul- Sopra: file di barrique destinate all’affinamento del Noriolo e del Fuili. Questi vini vi riposano per circa due anni acquisendo l’inconfondibile aroma del legno tostato. A destra: tra le migliori etichette di questa Cantina vi sono il Cannonau, considerato il capostipite dei vini sardi, e il Noriolo, un altro rosso di grande personalità. Pagina accanto: veduta panoramica dell’abitato di Dorgali, addossato al versante interno del monte Bardia, che lo separa dal mare del golfo di Orosei. È considerato il capoluogo dell’artigianato e del turismo della Barbagia, ma è anche un importante centro agricolo con una rinomata produzione vinicola. ciano. Puntualmente, a metà settembre le uve arrivano alla cantina dove iniziano i processi di lavorazione. Alla vendemmia segue la classificazione dei frutti in base alla gradazione e all’intensità del colorante che determinerà la produzione di rosati e rossi. Dopo la pigiatura delle uve, per la produzione del rosato si procede alla separazione del mosto dalle bucce e all'avvio della fermentazione a temperature controllate. Per la produzione dei rossi, mosto e bucce iniziano la macerazione per un periodo di 6-7 giorni. A questo punto il mosto parzialmente fermentato viene separato dalle vinacce, che sono inviate in distilleria per la produzione della grappa, e completa la sua fermentazione alcolica. I vini vengono poi sottoposti a due valutazioni organolettiche e analitiche che ne determinano la separazione in contenitori. Sono poi classificati e partecipano a quello che in gergo si chiama blend e in pratica significa taglio. 126 127 CANTINA SOCIALE DORGALI Grandi vini e grappe eccelse I vini migliori entrano a far parte della gamma più alta e si procede così gradualmente fino ad arrivare al vino da tavola. Il primo a essere imbottigliato è il Novello Santa Caterina, il primo a essere stato prodotto in Sardegna nel 1981. Si tratta di un rosso moderatamente alcolico e leggermente frizzante. Seguono il bianco Cala Luna, dai riflessi paglierini e dal sapore secco; il rosato Filieri, gradevolmente fruttato e ottimo come aperitivo, e il Cannonau di Sardegna Doc Vallata di Isalle, che viene posto in botti di rovere e in contenitori d’acciaio e imbottigliato a 8-9 mesi dalla vendemmia. Il Noriolo e il Fuili affinati per circa due anni in barrique acquistano dai legni tostati i loro inconfondibili aromi. Le altre perle della produzione dorgalese sono le grappe: la Santa Caterina dall’intenso profumo di frutta, la grappa Ardìa distillata in piccoli alambicchi di rame e la Filieri (grappa di Cannonau riserva) dal colore ambrato che mantiene intatti i sapori delle uve originarie. Ma qual è il segreto di una produzione così fortuna- 128 Sopra: un vigneto nel territorio di Jerzu, nel cuore dell’Ogliastra dove da secoli la coltivazione del pregiato vitigno Cannonau ha trovato il suo habitat ideale. Questa varietà di vite è delicata nella coltivazione e limitata nelle rese, ma dà un’uva molto versatile che consente di ottenere una vasta gamma di vini. ta? “Sicuramente questi vini vengono prodotti in condizioni ottimali”, spiega l’enologo della Cantina sociale di Dorgali Nicola Pignatelli. “Nei vini rossi si possono percepire le note di frutti maturi, come la ciliegia, la mora, il lampone e le prugne. Questo dipende soprattutto dal clima caldo arido che permette un’eccellente maturazione delle uve e la conseguente alcolicità e corposità del prodotto.” Il risultato è quello che tutti noi conosciamo: sapore morbido e rotondo, color rubino intenso e profumo, inconfondibile. Cantina sociale Dorgali, via Piemonte 11, 08022 Dorgali (Nu), tel. 0784/96.143, www.csdorgali.com 129 AUTUNNO I vini di Sardegna Rossi, bianchi, rosati... grande varietà all’insegna della tradizione e della qualità Fotografie di Gianmario Marras I vini di Sardegna sono premiati e apprezzati in tutto il mondo. La terra, i colori dell’Isola e l’energia della sua cultura millenaria sono il segreto di una produzione ricca e variegata. Il principe delle cantine è il Cannonau, frutto della diffusissima varietà di uva nera, che dà vita a vini corposi, ad alta gradazione alcolica. L’unica etichetta a Denominazione di origine controllata e garantita (Docg) è però il Vermentino di Gallura che al Concorso enologico internazionale legato al recente Salone dei vini e dei distillati di Verona, Vinitaly, si è guadagnato una medaglia d’argento. La percentuale di vitigni di pregio e autoctoni in Sardegna è molto alta. Il 6,4 per cento dei terreni sono destinati alla produzione Doc e Docg, contro una media nazionale del 3,5. Non a caso le etichette che vantano la denominazione di origine sono 28. Tra queste spiccano varietà prestigiose come il Carignano del Sulcis, la Malvasia di Bosa e di Cagliari, la Vernaccia di Oristano, il Moscato spumante dolce di Tempio, altra medaglia d’argento al Vinitaly. Molto diffusa è anche la produzione di Nuragus, Monica e Pascale specie nel Campidano. Proprio al Concorso di Verona, sono stati numerosi i vini sardi ad aver ottenuto premi e diplomi di gran menzione. Tra questi, l’Isola dei Sopra: il Museo del Vino di Berchidda in Gallura, ospitato in una moderna architettura, è una sorta di tempio dedicato a questo “nettare” depositario delle tradizioni e della cultura enoica. È una struttura multimediale che permette a neofiti e a iniziati di immergersi nell’inebriante universo di Bacco. A sinistra: questo antico torchio ligneo su basamento di granito è uno dei numerosi strumenti esposti nel museo che attestano la longevità dell’attività vitivinicola isolana.. Nuraghi e diverse etichette di Moscato, Vermentino, Cannonau, Monica e spumanti brut. Un discorso a parte meritano i novelli. Prodotto di successo soprattutto per l’ottimo rapporto qualitàprezzo, quello sardo, prodotto da una ventina di aziende, arriva a un milione di bottiglie l’anno, superando Puglia e Sicilia. Interessanti anche le etichette di vino biologico che, sebbene appartengano a un settore ancora di nicchia, sono sempre più ricercate e apprezzate. Le aziende che operano in questo ambito sono poche ma estremamente specializzate, e commercializzano anche olio e aceto. I veri estimatori del vino non potranno rinunciare a una visita al Museo del Vino di Berchidda (via Grazia Deledda 151, tel. 079/70.45.87, chiuso il lunedì, www.museodelvino.net), dove si può anche farsi rapire dai grandi sapori dell’enogastronomia sarda. 131 Fauna UN PATRIMONIO DA DIFENDERE Binocolo e tanta pazienza: queste le armi per andare a caccia delle rare e preziose specie animali che vivono in Sardegna Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo DI MARIO FRONGIA La Sardegna è l´unica regione in Europa in cui nidificano i bellissimi fenicotteri rosa. Nel corso delle loro migrazioni sa genti arrubia, come vengono chiamati, hanno trovato l’ambiente favorevole in alcuni laghi interni salati e nelle lagune costiere dell’Isola, diventando stanziali. AUTUNNO U A destra: un superbo esemplare di grifone, l’unico avvoltoio originariamente presente in Sardegna a essere sopravvissuto, a differenza dell’avvoltoio monaco e del gipeto, ormai estinti. Predilige le zone montuose aperte del Supramonte e della costa tra Alghero e Bosa. Sotto: i focosi cavallini dagli occhi a mandorla che vivono nell’altopiano della Giara di Gesturi sono i superstiti di una razza antica che popolava l’intera Isola. n suono rauco e profondo, un urlo poderoso che riempie l’aria. Sentire i bramiti del cervo sardo è un’emozione irripetibile. Al tramonto o con la complicità di una notte stellata e tiepida, da fine agosto a settembre. L’avventura comincia dal villaggio minerario di Montevecchio, lungo la strada che conduce alle dune di Piscinas: un paradiso nel paradiso. La regola impone il silenzio assoluto. Si deve stare immobili a ridosso delle dune o sul ciglio dei sentieri fino al calar del sole. Poi, sentirete i bramiti. I cervi riempiranno la vallata con i loro messaggi e, se si è fortunati, si potrà assistere anche alle loro battaglie con il rumoroso scontrarsi dei palchi. Ma si può udire il cervo anche a pochi chilometri da Cagliari, nelle foreste del monte Arcosu. Dal cervo al muflone, l’animale caratterizza da sempre le montagne sarde e Gairo, in provincia di Nuoro, è la sua patria. Animale gregario, il muflone vive in gruppi. Le ore migliori per osservarlo sono, nei periodi caldi, l’alba e il tramonto. Si supera Gairo in direzione Lanusei, sulla statale 198; raggiunto il valico di Marcerei si gira a sinistra su una strada secondaria e da qui si seguono le indicazioni per Perda Liana, monumento naturale della regione Sardegna. Marco Melodia/II Dagherrotipo foreste di Montresta, in provincia di Nuoro, e a Villanova Monteleone, sempre nel Sassarese, sono state censite alcune coppie. In Italia, nel Libro rosso degli animali questo rapace è inserito nella categoria “in pericolo critico di estinzione”. Tra tornanti ampi è frequente che i mufloni attraversino la strada. Giunti alla base di Perda Liana, siamo nel regno del muflone: dietro ogni cespuglio potrebbe esserci un esemplare o un piccolo branco. Gli amanti degli avvistamenti troveranno a Neoneli, in provincia di Oristano, il gruppo di daini più consistente dell’Isola. Il daino vive in nuclei all’aperto e in aree recintate. La sua prima base fu la foresta di Is Cannoneris, nelle campagne tra Uta, Assemini e Capoterra. Ma l’insieme più numeroso, circa 400 esemplari, risiede nelle foreste di Neoneli. Altri centri si trovano nel monte Limbara Sud, in Gallura, al Montarbu di Seui, ad Alà dei Sardi e Oschiri, in provincia di Sassari. Il totale è stimato attorno ai 1.000 capi. Sua maestà l’aquila reale è tornata tra i torrioni e i canyon della Barbagia. L’aquila vive negli anfratti delle montagne di Sorgono e, dicono gli esperti, gode di buona salute tanto che, armandosi di un binocolo professionale e tanta pazienza, può anche essere osservata mentre caccia. Lo stesso può dirsi del falco pellegrino e dell’aquila del Bonelli, due pregiate specie di rapaci seguite con attenzione nell’area Wwf di Monte Arcosu, a mezz’ora d’auto da Cagliari. Bosa è la patria del grifone, entulzu in lingua sarda. Gli ornitologi Marco Aresu e Helmar Schenk hanno ricreato a capo Marrargiu un habitat di elevata naturalità mirato al mantenimento di una nutrita colonia di grifoni. L’avvistamento è possibile senza particolari avvertenze. Il grifone adulto, caratterizzato dal collare bianco, svolazza librandosi tra le scogliere e i prati della Planargia e del Meilogu. Ma anche nelle Ci sono anche i cavallini dagli occhi a mandorla. Bisogna salire sulla Giara di Gesturi, 14 chilometri quadrati di altopiano dalle ripide pareti di basalto, nella parte centro-meridionale dell’Isola. Tra sughere e paulis, piccoli laghetti a carattere stagionale, vivono gli ultimi cavalli selvaggi d’Europa. Si dice che li abbiano portati i Fenici dalla Numidia. L’isolamento geografico ne ha determinato la diversificazione. Li caratterizzano le dimensioni ridotte e il particolare taglio degli occhi, oltre a una stella bianca in fronte. Ci sono cooperative che organizzano visite guidate in fuoristrada. È il modo migliore per vederli da vicino: gruppi di 7-10, spesso l’harem di superbi stalloni. Si abbeverano nei paulis e al mini- mo allarme partono al galoppo in una coreografia di spruzzi d’acqua e di criniere al vento. Ormai non c’è stagno sardo dove non sia possibile vedere i fenicotteri rosa. Sa genti arrubia, li chiamano qui. Con le ali rosse e le lunghe gambe distese passano in formazione sui cieli di Cagliari. E nel parco di Molentargius, nell’area metropolitana del capoluogo, da marzo in poi si riuniscono a migliaia per nidificare, accovacciati su quegli strani crateri di fango, capolavoro di ingegneria, che sono i loro nidi. Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo Fotografie di Marco Melodia/II Dagherrotipo Gli ultimi cavalli selvaggi d’Europa A sinistra: il cervo sardo, più facile da osservare nella stagione degli amori, popola i boschi di Santadi e Capoterra, nell’oasi Wwf di Monte Arcosu, e la foresta di Montevecchio, nell’Arburese. Sopra: dopo aver rischiato l’estinzione negli anni Settanta, il muflone è oggi un animale protetto che ha scelto come suo habitat le montagne di Gairo, nell’Ogliastra. 135 MONUMENTI ARBOREI I patriarchi verdi Terra di alberi secolari, con esemplari di vera e propria archeologia botanica 136 Olimpio Fantuz/SIME R aimondo Lai, alla soglia degli 80 anni, guardava il suo patriarca verde tra i graniti di Luras, a cento metri dalla chiesetta di Santu Baltòlu, e quasi si commuoveva. “Quando sono arrivato qui da Benetutti, alla fine della guerra, con il mio gregge di 50 pecore, quest’albero è stato il mio primo rifugio, quante notti ho trascorso sotto le sue chiome.” Il vecchio allevatore che regnava in questo lussureggiante angolo di Gallura ha lasciato in eredità uno straordinario monumento verde: un magnifico olivastro alto 15 metri, un tronco di 12 metri di circonferenza che sembra scolpito dalla natura. Un grandioso esempio di archeologia botanica, sopravvissuto ai secoli e agli uomini fino a conquistare il titolo di patriarca verde d’Italia. Secondo un censimento del ministero dell’Agricoltura è l’albero più vecchio: ha almeno tremila anni. La sua origine dunque si perde al tempo dei nuragici. Sardegna terra di vegliardi, anche nel mondo vegetale. L’assessorato regionale dell’Ambiente e il Corpo forestale regionale ne hanno censiti una cinquantina, molti dichiarati monumenti naturali. Lecci, ginepri, roverelle, castagni, noci, tassi, lentischi, filliree, persino aranci, come quelli di Milis, nell’Oristanese. Alberi che richiamano antiche leggende, come l’olivastro millenario che sorge a fianco della chiesetta sul mare di Santa Maria Navarrese, eretta nel 1502 dalla figlia del re di Navarra dopo essere scam- pata a un naufragio. Giganti che ricordano miti planetari, come quello dell’albero cosmico che attraversava e metteva in comunicazione tre mondi: gli abissi del sottosuolo, la superficie della terra e il cielo. È il caso del leccio di Badde Tureddu, nel cuore del Supramonte di Orgosolo: sei metri di circonferenza, sorge su un Sopra: “S’ozzastru”, come viene confidenzialmente chiamato dagli abitanti della zona, è il patriarca degli olivastri millenari di Santu Baltòlu, nei pressi di Luras. Con la sua età stimata tra i 3000 e i 4000 anni è anche l’ulivo più antico d’Europa. grande masso squadrato di calcare, adagiato su un torrente come un gigante che si abbevera tra le abbondanti fioriture di rose peo- 137 MONUMENTI ARBOREI Per vedere questi giganti naturali Da maggio la cooperativa Galluras organizza le visite all’olivastro di Santu Baltòlu, patriarca d’Italia. La coop, presidente Piergiacomo Pala (368/33.76.321), gestisce il Museo etnografico Galluras a Luras ([email protected]), da visitare perché custodisce l’unico reperto isolano – un martello di olivastro – che testimonia il ruolo della “accabbadora”, la donna incaricata di finire i malati terminali. Per visitare gli alberi monumentali del Supramonte ci si può rivolgere a Barbagia Insolita (0784/28.60.05, gite anche in fuoristrada), L’Altra Sardegna (338/9.32.98.18) e Gorroppu (0782/64.92.82). Per i tassi di Tedderieddu: agriturismo Funtana Terra Ona ad Arzana (340/2.64.72.17). Per i lecci di Seui, contattare i vigili urbani del Comune (0782/5.46.11) o la coop che gestisce il museo (0782/53.90.02, anche la domenica). Altre informazioni presso il Corpo forestale regionale (070/6.06.65.27). Fotografie di Gianmario Marras nie. Alberi che raccontano storie di eroi e di esìli, come il pino domestico che Giuseppe Garbaldi piantò a Caprera nel febbraio 1867 per la nascita della figlia Clelia: nell’incantevole scenario dell’isola domina ancora oggi nel cortile della Casa Bianca. Alberi nascosti, quasi protetti nei boschi, altre volte solitari, relitti di grandi foreste del passato, “eremiti e combattenti”, come li chiama Hermann Hesse nel suo Canto degli alberi. Un eremita come il tasso di Gorroppu, nel fantastico scenario del Supramonte 138 A destra: l’olivastro plurisecolare che si erge a fianco della chiesetta sul mare di Santa Maria Navarrese, centro turistico della costa di Baunei, è ciò che rimane della foresta mediterranea che un tempo ricopriva la regione. Raggiunge un’altezza di quasi 10 metri per una circonferenza del tronco di 8,40 metri. Sotto: il pino domestico, piantato nel 1867 da Giuseppe Garibaldi per la nascita della figlia Clelia, domina ancora oggi nel giardino della Casa Bianca sull’isola di Caprera. di Urzulei: il grande vecchio di Sedda Ar Baccas, 4 metri di circonferenza, 10 di altezza, è stato dichiarato monumento naturale. Solitari sono anche i tre magnifici tassi di Tedderieddu, nel Gennargentu di Arzana, celebrati da Mario Rigoni Stern come i più vecchi d’Europa: le radici sembrano levigate, si allungano per decine di metri allo scoperto. Ai confini del paradiso verde di Montarbu, a Seui, un altro campione: il leccio di Funtana Su Canali, oltre 6 metri di circonferenza, salvato negli anni Quaranta da una guardia campestre, Giuseppe Carboni, che si oppose al taglio. Scampata alle motoseghe, grazie a un forestale, anche l’imponente roverella di Sa Cariasa a Illorai, circondata da lecci e biancospini: 7,5 metri di circonferenza. Merita una visita. Tesori della natura, monumenti viventi, come la foresta primaria di lecci di Montes a Orgosolo, mai sottoposta a tagli: alberi che nascono e che muoiono, il Supramonte mette in scena il ciclo della vita del mondo verde. Lello Caravano 139 Sagre SAPERI E SAPORI Olimpio Fantuz/SIME Olio e porcini, caldarroste e vino novello, zafferano e lumache: questi i profumi delle feste isolane che si susseguono da metà settembre a novembre DI EMANUELE DESSÌ Fotografie di Gianmario Marras da, Nuoro, Lollove, Olzai e Dorgali. Il filo conduttore, per molti centri che aderiscono alla rassegna, è “Cortes Apertas”. In pratica, le case di questi paesi aggrappati ai monti della Barbagia – Oliena, Orotelli, Orani (il paese del grande scultore Costantino Nivola), Sarule, Ollolai, Ovodda, Lollove, Olzai e Dorgali (che offre anche la parte sul mare di Cala Gonone, ricca di calette e grotte) – aprono i loro portali al visitatore. Dentro, c’è tutta la vita delle comunità: le cose buone della terra trasformate da mani sapienti (formaggi, vino, olio, miele, pane, dolci) e i capolavori di umili falegnami, fabbri, calzolai, coltellinai e ceramisti che, spesso senza saperlo, creano piccole opere d’arte. Simili nell’impostazione e diverse spesso solo nel nome le manifestazioni che, in autunno, vengono organizzate a Gavoi (Ospitalità nel cuore della Barbagia), Orgosolo (Gustos e Nuscos), Aritzo (Sagra delle castagne e delle nocciole), Desulo (La montagna produce), Mamoiada (Tappas a Mamoiada) e Nuoro (Bianchi e rossi d’au- 140 Ad Aritzo, durante la Sagra delle castagne e delle nocciole, si possono assaggiare questi frutti squisiti e i piatti con essi preparati, mentre si ascolta musica tradizionale (pagina accanto in basso). Pagina accanto: nell’ambito dell’iniziativa Autunno in Barbagia, tante piccole comunità fanno conoscere prodotti tipici (in alto a sinistra) e manufatti artigianali aprendo ai visitatori le loro case. In alto a destra: S’Ortu de is paras, a Milis, il più antico agrumeto di Sardegna, è il posto ideale dove fare scorta di arance per l’inverno. tunno e Mastros in Santu Pedru). Rassegne nella rassegna che durano lo spazio di un week-end e che, senza sovrapposizioni, fanno della Barbagia una meta d’obbligo non solo per chi ama mangiar bene o per chi vuole conoscere l’artigianato a prova di imitazione, ma anche per regalarsi scorci di natura senza pari, il fascino delle tradizioni o anche il carattere forte accompagnato dal grande senso di ospitalità dei sardi di Barbagia. La manifestazione è un’iniziativa di Aspen (tel. 0784/33.717, [email protected], www.nu.cam.com.it.), azienda speciale della Camera di commercio di Nuoro. Una delle regioni che, in Italia, di più e meglio hanno seguito le orme tracciate dal francese beaujolais nouveau è stata proprio la Sardegna (le etichette sono una ventina), che celebra la grande stagione del vino novello soprattutto a Milis, nell’Oristanese, nel primo weekend successivo al 6 novembre, data di inizio, per legge, per la commercializzazione in Italia del novello. Figlio della macerazione carbonica (i grappoli interi della vendemmia vengono sistemati per una settimana in un grande contenitore chiuso ermeticamente, con l’aggiunta di una percentuale di anidride carbonica), il novello è considerato un vino di iniziazione: ecco perché è spesso chiamato il vino dei giovani e delle donne. Fresco e profumato, a Milis viene servito nei calici personalizzati. L’appuntamento, per tre giorni, è nella Fotografie di Gianmario Marras I n autunno la Sardegna è tutta una sagra. Un continuo intrecciarsi di sacro e profano che regala, al visitatore, l’occasione per conoscere sapori e saperi che tante comunità hanno saputo gelosamente salvaguardare. Uno scrigno, l’autunno, che si apre in Barbagia qualche giorno prima di quanto non dica il calendario. A metà settembre, partendo da Oliena, paese di buon vino (il Nepente caro a Gabriele D’Annunzio) e di olio fruttato, grande protagonista è il cuore dell’Isola grazie alla rassegna Autunno in Barbagia. Quindici le “voci” di un coro che intona un canto di festa. Con Oliena, ci sono Orotelli, Orani, Sarule, Gavoi, Ollolai, Orgosolo, Aritzo, Desulo, Mamoiada, Ovod- piazza principale di Milis (Pro Loco, tel. 0783/51.168), davanti alla facciata rossa dell’ottocentesco palazzo Boyl, tra profumo di castagne e di salsiccia arrosto. L’occasione anche per far scorta di arance nel più antico agrumeto della Sardegna, S’Ortu de is paras, ovvero l’orto dei frati: dietro un muro di pietra tirato su nel Duecento dai Camaldolesi, la produzione è sempre viva. Concorsi gastronomici, mostre-mercato, degustazioni ruotano attorno a una preziosa spezia, lo zafferano, nei paesi di San Gavino Monreale (Pro Loco, tel. 070/93.39.220) e di Turri (Centro servizi turistici “Sa Maioba”, tel. 0783/95.473), nella prima decade di novembre. Nello spazio di un week-end, due sagre sono dedicate a questa pianta erbacea perenne. Lo zafferano è originario dell’Asia mediterranea. Forse venne introdotta in Europa con l’invasione araba della Spagna (961). In Sardegna arrivò nel XIV secolo. L’autunno è stagione di funghi. E al re del bosco, Arzana (Pro Loco, tel. 0782/37.290), paese dell’Ogliastra (raggiungibile da Cagliari anche con il Trenino verde), dedica una bella sagra nel mese di novembre, il Porcino d’oro. L’occasione per degustare anche i famosi prosciutti ogliastrini e su casu axedu, un formaggio acido da consumare fresco a base di latte di pecora o di capra. Leccornia da buongustai, che sprigiona tutti i profumi e i sapori dei ricchi pascoli del Gennargentu. 141 Olimpio Fantuz/SIME TERME M La piscina centrale, o natatio, con i resti del portico meridionale delle terme di Fordongianus, costruite nel I secolo. I Romani furono i primi ad apprezzare gli effetti benefici delle sorgenti calde sulfuree e del fango dell’antica Aquae Hypsitanae; le acque del complesso termale attuale vengono usate per bagni efficaci nella terapia di malattie cutanee, artrosiche, reumatiche e respiratorie. Terme UN TESORO CUSTODITO DALLE FATE Le moderne tecnologie delle quattro stazioni termali sarde sfruttano le proprietà delle acque sorgive per offrire, oggi come nei secoli antichi, salute e bellezza. Tra medicina, storia e leggenda DI MARIO FRONGIA 142 inuscole donnine benevole. Janas, fate, dal passo vellutato, impegnate in lunghe camminate notturne. Sempre in gruppo, irradiando luminosità e con in mano fili d’oro da intrecciare. La leggenda dice che cantavano nenie tristi e malinconiche. Forse, in memoria delle donne morte durante il parto. O per esorcizzare il concetto stesso di morte. Le janas, lasciate le loro casette (domus) scavate nella roccia, si sistemavano a tessere sui bordi dei ruscelli dai templi nuragici. E le fatine erano benefiche per il territorio. Ma al di là del fascino della storiella, rimane un dato: nell’Isola le acque termali sgorgano a poca distanza da domus e siti nuragici. Per esempio, le terme di Benetutti, nel Sassarese, sono vicine a un imponente nuraghe e la zona è ricchissima di domus. Un caso? Chissà. Intanto, fin dal II secolo l’astronomo Tolomeo le descriveva come paradisiache. Situate vicino al fiume Tirso, nella zona di San Saturnino, le terme brillavano per un’altra singolarità: sembra che le acque sgorgassero da 110 sorgenti e accanto a ognuna vi fosse una lastra in pietra che descriveva il male da curare. Un racconto intrigante. Benetutti vanta sorgenti mediominerali salsosolfuree. E dalla provincia di Sassari ci trasferiamo nel cuore della Gallura. Anche alle terme di Tempio, a Tempio Pausania, sgorgano acque oligominerali fredde. Insomma, oltre a calette meravigliose e mare turchese, la Sardegna offre soluzioni ideali per ritemprare corpo e animo. E in Gallura è d’obbligo fare un salto alle sorgenti di Rinaggiu, rinomate per le proprietà oligominerali simili a quelle di Fiuggi. Da rimarcare un aspetto: Tempio è a 25 minuti d’auto dall’isola Rossa e tre quarti d’ora da Porto Cervo. Per riannodarci al filo teso tra mitologia e realtà è interessante una gita a Sàrdara. Dal punto di vista archeologico le terme di Sàrdara, in provincia di Cagliari, sorgono su un’area che vanta un tempio nuragico e un pozzo sacro. Il passato. Il presente è, ad appena 30 minuti d’auto dal capoluogo, un moderno centro termale nel parco degli Eucalipti, ai piedi del castello di Monreale. Dal Campidano di Cagliari all’Oristanese. A Fordongianus le tracce sono nitide: i Romani vi realizzarono uno stabilimento termale. E fu Tolomeo a menzionare le terme. Poi, l’imperatore Traiano ne scoprì i benefici effetti. Attualmente l’antico rito si fonde tra nuove tecnologie e tradizione con le acque che, provenienti dal sottosuolo, si arricchiscono di sali minerali e si riscaldano a 55 °C per effetto del gradiente geotermico, filtrate dalle fratture delle rocce paleozoiche. Ma è il fango di Fordongianus a meritare una notarella curiosa. Utilizzato dai Romani, che ne furono i principali cultori, il fango termale è un alleato prezioso per la salute e la bellezza. La sostanza viene estratta dalla terra, arricchita con le proprietà delle acque e dei prodotti della ricerca, ed è indicata per prevenire e curare reumatismi e artrosi, disintossicare l’organismo e riattivare le difese naturali. Il fango può essere caldo e avvolgente, freddo e tonificante, ma la peculiarità principale è la morbidezza che permette l’applicazione in tutto il corpo: un percorso che carezza la pelle e regala una vacanza da sogno. Talassoterapia e relax Tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo hanno scoperto le potenzialità della talassoterapia e allestito centri termali che offrono diversi servizi: bagni, idromassaggi, massaggi, passaggi in vasche con temperature e concentrazioni di sale differenti. Alle virtù terapeutiche della talassoterapia è legata anche una nuova filosofia della salute che vuole conciliare benessere e vacanza. In questi ultimi anni, diversi centri termali si sono arricchiti di strutture dedicate al tempo libero, divertimento e svago. Acqua cristallina, coste splendide, aria incontaminata e la naturale vocazione turistica fanno della Sardegna una tappa obbligata per chi voglia passare una vacanza-benessere in pieno relax. L’unico centro che offre i benefici della talassoterapia è il Forte Village che a Santa Margherita di Pula ha creato le Thermae del Parco, Resort tra i più esclusivi al mondo che offre ai suoi ospiti servizi e strutture per il tempo libero di qualità. Sotto: la fitta vegetazione mediterranea e tropicale del centro talassoterapico del Forte Village Resort. GASTRONOMIA Va bene il Vermentino È tempo di formaggi Di latte di pecora o vaccino, conditi con miele, mirto e olio di lentischio Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo Marco Melodia/Il Dagherrotipo L a pastorizia e la lavorazione del latte di pecora sono le attività più antiche svolte in Sardegna e il consumo di formaggio, sia di latte vaccino che di capra, è fortemente radicato. Dalla Ricotta fresca al Casu Marzu, il cacio fermentato con i vermi, nei caseifici dell’Isola si può trovare un’ampia varietà di forme e profumi. Il Fiore Sardo Dop, per esempio, risale all’epoca nuragica ed è realizzato con latte crudo della pecora autoctona che discende direttamente dal muflone. Prodotto dai pastori nei rifugi pedemontani, caratterizzati dal grande focolare al centro della stanza, ha una profumazione composita in cui domina l’affumicato per via delle braci perennemente accese. Si chiama “fiore” perché un tempo era prodotto esclusivamente con caglio vegetale ricavato dai fiori di cardo, di carciofo selvatico o dalle foglie di fico. È di forma cilindrica a pasta dura senza occhiature, con la crosta gialla che si avvicina al marrone con l’aumentare dei tempi di stagionatura. Più morbido e leggermente aromatico, utilizzato fresco ma anche arrostito, è il Pecora, stagionato una ventina di giorni. Le A sinistra: forme di formaggio pecorino, che nel 1996 ha ottenuto la denominazione d’eccellenza Dop. Peso e dimensioni dipendono dalle tecniche di produzione e dalla stagionatura. Sotto: la ricotta fresca è protagonista indiscussa della gastronomia sarda. Perette, invece, sembrano piccole provole di pasta filata, si gustano dopo 5 giorni di stagionatura a fettine o alla brace. Il Gransardo è simile al grana e prodotto nella provincia di Sassari in forme che oscillano tra i 16 e i 20 chili per una maturazione che varia tra i 30 e i 50 mesi. Per finire con un formaggio da intenditori c’è il Pecorino di Osilo, che prende il nome dal comune di produzione nel Sassarese, una vera chicca dal bouquet fortemente aromatico con note di nocciola. Sono tutti prodotti che si consumano in Tra le nuove proposte enologiche della Sardegna spicca l’Arakena della Cantina del Vermentino di Monti. È una vendemmia tardiva, con una fermentazione lenta prima in tonneau e poi in acciaio. “È un vino intrigante”, spiega Alberto Racanelli, enologo della cantina, “che può accompagnare dall’antipasto ai secondi, escludendo però la cacciagione. Anche se di solito il vermentino si abbina al pesce alla griglia – il Funtanaliras (vermentino 100%) è perfetto con le orate e le spigole – l’Arakena, uscito per la prima volta a settembre 2004, si discosta dagli abbinamenti tradizionali ed è indicato con formaggi dalla media stagionatura, ricotta, sebadas di ricotta con il miele di corbezzolo e carni bianche. È indicato anche con il formaggio fiorito in crosta, ma non con gli erborinati. Va molto bene anche con le ostriche; sta d’incanto con i risotti alle erbette di campagna o con l’ortica, ma queste non sono specialità sarde. Mentre con formaggi molto stagionati suggerisco il Galana, un blend di 11 uve diverse”. Fotografie di Archivio Prima Press AUTUNNO Cantina del Vermentino, Monti (Ss), tel. 0789/44.012, aperta al pubblico dal lunedì al venerdì 8,30-12/14,30-18, sabato 8,30-12. abbondanza proprio in autunno, spesso abbinati al miele locale dai profumi inebrianti. La ricchezza della flora spontanea sarda, infatti, rende unici i prodotti degli alveari isolani. I più utilizzati sono il miele di agrumi, di cardo, di asfodelo, di eucalipto e di corbezzolo, un miele raro che secondo le credenze popolari avrebbe anche poteri magici. Non meno delle bacche di mirto che maturano verso fine novembre e vengono raccolte per produrre l’omonimo liquore, per insaporire cibi e conserve, per preparare gelatine amarognole che ben si abbinano ai formaggi di pecora e per usi erboristici. Antisettiche, balsamiche, carminative e toniche, le bacche di mirto sono molto preziose per la gente del luogo che un tempo le usava anche per produrre inchiostro e tintura per tessuti. L’autunno è il momento dei In alto: le bacche di mirto, da cui si ricava l’omonimo liquore apprezzato in tutto il mondo, sono usate anche per preparare gelatine e per insaporire i cibi. A destra: connubio di stagione tra la leggera piccantezza del Gransardo e gli aromi inebrianti del miele. melograni, dal cui succo si ricava una gustosa salsa per carni e formaggi arrostiti, e dell’olio nuovo. La coltivazione dell’ulivo in Sardegna è molto estesa e risale al tempo dei Fenici. Fu perfezionata dai Romani e poi dagli Spagnoli, a cui si devono le attuali tecniche di innesto. Oggi si possono gustare al forno o spremute a freddo la Tonda e Bianca di Cagliari, Pizz’e Carroga, Bosana, Terza, Ceresia, Olianedda, Smidana, Nera di Gonnos, Nero di Villacidro e la Cariasina di Dorgali. Una curiosità relativa ai condimenti è la spontanea rinascita dell’olio di lentischio, considerato un ottimo cosmetico, un medicinale miracoloso (antidoto contro le punture di animali velenosi come la malmignatta sarda), ma anche un buon alimento dal gusto asprigno e dalle proprietà digestive. Le bacche del lentischio si raccolgono in autunno, si fanno bollire in acqua per mezz’ora, si scolano e si infilano in un sacco di tela che viene pressato per filtrare l’olio che poi viene brevemente sobbollito con qualche fico secco per addolcire il gusto pungente dei tannini. “Una goccia, ma nel vero senso della parola, sui formaggi erborinati o a lunga stagionatura”, suggerisce Angelo Concas, enogastronomo esperto in analisi sensoriale degli alimenti, “ne esalta il sapore dandogli una nota balsamica”. Ornella D’Alessio 145 INVERNO Marco Melodia/Il Dagherrotipo Musei, arte, monumenti... Le città ne sono ricche e ne offrono in abbondanza Particolare della decorazione del portale del campanile, in stile tardogotico catalano, della Cattedrale di Alghero. 147 Cagliari ITINERARI NOVECENTESCHI Negli anni Trenta del XX secolo il volto della città veniva in parte trasformato dall’intervento di alcuni architetti secondo i dettami del razionalismo. Un incontro tra passato storico e nuovo presente DI WALTER FALGIO - FOTOGRAFIE DI ANTONIO SABA Quattro passi sotto le mura del quartiere Castello lungo il viale Regina Elena, il cosiddetto Terrapieno realizzato nel Settecento e ridisegnato come un elegante boulevard da Ubaldo Badas tra il 1930 e il 1938. CAGLIARI L a Cagliari ripida e di pietra, con le sue piazze sospese, raccontata da David Herbert Lawrence nel 1921, è qui. Sulla sommità di un viale alberato intitolato alla regina Elena, piantonata da una rupe bianca e smisurata, aperta sull’orizzonte orientale. E finemente incorniciata da un monumento elegante che lo scrittore inglese non aveva conosciuto. L’ingresso ai giardini pubblici cittadini, avvio di un itinerario che incontra alcuni esempi dell’architettura e dell’arte novecentesca e razionalista. Ma non solo. A sinistra: scorcio Il portale è stato progettato dal del quartiere di cagliaritano Ubaldo Badas Castello, la roccaforte coerentemente con la risistedel potere civile e religioso cinta da mazione di tutta la zona, il mura di età pisana Terrapieno, realizzata tra il e bastioni spagnoli, 1930 e il 1938. Accurato, quasi visto dal Terrapieno. trasparente, rivestito di mattoni in litoceramica e lastre di calcare, si era guadagnato la copertina della rivista “L’architettura italiana” nel febbraio del 1940. Da questa terrazza sulla città pavimentata con ciottoli di fiume colorati, in una giornata molto limpida lo sguardo spazia dai monti dei Sette fratelli a nord-est sino alla costa di Pula a sud-ovest. Interrotto dallo stagno di Molentargius, dal parco di monte Urpinu, da una sequela complessa di colli, spiagge e saline. Ospitalità a quattro stelle Il cielo di Cagliari si arricchisce di quattro nuove stelle. Si tratta del T Hotel (070/47.40), una nuovissima struttura alberghiera che aprirà i battenti a settembre nell’ampia piazza Giovanni XXIII, di fronte al Teatro Lirico. La torre circolare che costituisce uno dei quattro corpi dell’hotel, alta 64 metri per 15 piani, è già diventata un autentico landmark, un segno distintivo del panorama urbanistico di Cagliari. Acqua, pietra e luce sono gli elementi fondanti dell’hotel. La hall è incorniciata da giochi d’acqua e zone ribassate a più livelli che accolgono diverse strutture di ristorazione, tra cui un floating bar su piattaforma galleggiante e un water garden, con giochi d’acqua luminosi. Il roof-restaurant, all’ultimo piano della torre, gode di una vista spettacolare. T Hotel ha 207 unità ricettive tra camere normali, camere superior e grandi suite. Ci saranno anche le “camere amiche”, adatte a ricevere i portatori di handicap e gli anziani. Completano la struttura un attrezzato Centro Benessere e un Centro Congressi dotato di tutte le più avanzate tecnologie. 151 INVERNO A destra: il portale d’ingresso dei giardini pubblici fu progettato da Ubaldo Badas negli anni Trenta del Novecento. In questo esempio di architettura razionalista, coerente con la risistemazione di tutta la zona realizzata in quegli anni, sono accostati calcare bianco, mattoni rossi e ferro. NUMERI UTILI Amici di Sardegna, via San Lucifero 38, tel. 070/65.18.84, www.amicidisardegna.it, organizza visite guidate in città. Assessorato comunale al Turismo, via Sonnino, tel. 070/67.78.472, www.comune.cagliari.it. Azienda autonoma di soggiorno e turismo, via Mameli 97, tel. 070/66.41.95-6, www.aast.ca.it. Urp Comune di Cagliari, viale Sant’Avendrace 42/A, tel. 800/01.60.58 (Numero Verde). Ente provinciale per il turismo di Cagliari, piazza Deffenu 9, tel. 070/66.32.07. Ente Sardo Industrie Turistiche, via Mameli 97, tel. 070/60.231, www.esit.net. DOVE MANGIARE Antica vineria italiana, viale Trieste 24, 070/65.14.59, www.anticavineriaitaliana.it. Locale curato a pochi passi dalla stazione ferroviaria e dal porto. Naturalmente molto ampia la scelta di vini, 480 etichette nazionali, regionali ed estere. Tra le specialità del ristorante, cous cous alla carlofortina, fondue bourguignonne, tagliata di bue rosso, vitello di Arborea, tortellini al prosciutto San Daniele. Da 25 a 30 euro. Chiuso sabato mattina e la domenica. Quinto Senso, via Eleonora D’Arborea 53, tel. 070/68.21.24. Cucina tradizionale rivisitata, aperto l’anno scorso. Lo chef consiglia: spaghetti alla carlofortina, culurgiones con uova di riccio, crudaiola di pomodoro e punta d’asparago selvatico. Arredo elegante e minimalista. Da 25 a 30 euro. Chiuso la domenica. S’apposentu, via Sant’Alenixedda-Teatro Lirico di Cagliari, tel. 070/40.82.315, www.sapposentu.it. È il ristorante di Roberto Petza, chef di fama internazionale, celebrato da importanti riviste specializzate. Interpreta la cucina sarda tradizionale con grande creatività. Locale raffinato. Consigliato il menu degustazione a base di carne o pesce. Media a persona, bevande escluse, 48 euro. Ampia scelta di vini e grappe. Chiuso domenica e lunedì. Prima di ridiscendere il Terrapieno è d’obbligo una visita ai giardini pubblici, restauro permettendo: il primo di una serie di interventi coordinata dall’assessorato comunale all’Ambiente per favorire un percorso verde sotto le mura del quartiere Castello. Splendido, soprattutto in notturna, il passaggio che dai giardini conduce a Buoncammino. Il parco, voluto dai Savoia nel 1819, racchiude una grande varietà di piante: dalle palme del Giappone al ginepro, dai cedri alle rose rampicanti. I lecci dominano il viale d’ingresso, la macchia mediterranea si nasconde dietro ficus sinuo- DOVE DORMIRE B&B Casa Ary, via Roma 93, tel. 070/657299, cell. 339/53.81.904, 338/74.09.704, www.casaary.com. Un B&B di qualità, la casa è arredata con gusto e si affaccia sul porto della città. Una fornita libreria sulla Sardegna è a disposizione degli ospiti; 2 stanze. Singola da 35 a 40 euro, doppia da 60 a 70 euro. Chiuso solo a dicembre. Hotel Regina Margherita, viale Regina Margherita 44, tel. 070/67.03.42, www.hotelreginamargherita.com. Quattro stelle elegante, accanto a un ex albergo storico, La Scala di Ferro. Dalle sue camere si gode uno splendido panorama sul mare. Doppia 170 euro. B&B Sardinia Domus, largo Carlo Felice 26, tel. 070/65.97.83, cell. 338/16.13.081, www.sardiniadomus.it. A due passi dalla stazione ferroviaria, 6 stanze. Belle camere con bagno, aria condizionata e predisposizione Adsl. Singola 45 euro, doppia 70 euro. Aperto tutto l’anno. 152 si. In fondo, la quinta neoclassica della Galleria comunale d’Arte, ristrutturata dallo stesso Badas alla fine degli anni Venti (orari: inverno 9-13/15.30-19.30, estate 9-13/17-21, chiuso il martedì. Ingresso 3,10 euro, tel. 070/49.07.27, www.collezioneingrao.it. Accesso durante il restauro, viale San Vincenzo 2). Il museo ospita 650 opere di pittura e scultura della Collezione Ingrao. Come i capolavori di Giorgio Morandi, Umberto Boccioni, Mino Maccari, Filippo De Pisis, Mario Mafai, per restare al Novecento italiano. Da due anni è possibile anche un itinerario tra le arti visive sarde del XX secolo. Tra le opere di Francesco Ciusa, Giuseppe Biasi, Foiso Fois, Aligi Sassu. Una breve deviazione a destra all’uscita dei giardini, ora via Ubaldo Badas, consente di ammirare dall’alto la scuola all’aperto “Attilio Mereu” per i bambini diversamente abili. Gioiellino razionalista del progettista cagliaritano, opera prima del 1933 che si immergeva asimmetrica in un giardino di gelsi. Annunciata da un altro portale, in trachite rossa e ancora calcare. Omaggio alla bicromia del romanico. Il tutto, purtroppo, è piuttosto trascurato. La passeggiata lungo il Terrapieno Sopra: i giardini pubblici, voluti dai Savoia nel 1819, sono un trionfo di lussureggiante macchia mediterranea in città. La passeggiata sul pavimento candido di viale Regina Elena è gradevolmente innalzata dal livello stradale. Abeti e agavi incorniciano i tetti del quartiere di Villanova addossati ai bastioni settecenteschi che ancora insistono sul lato opposto. Per abbellire questo boulevard, Badas usa sempre trachite e calcare, incasella piacevoli sedute, esedre, fontane. Disegna un Capitale europea della musica Quaranta concerti, 200 artisti tra nomi celeberrimi e nuovi talenti, 6 sale appositamente allestite, 20.000 spettatori previsti. “Il XXIII Festival internazionale Jazz in Sardegna propone, dal 18 al 20 novembre a Cagliari, un viaggio attraverso il jazz internazionale”, spiega Massimo Palmas, direttore artistico della kermesse, “con un occhio di riguardo agli sviluppi che questo genere musicale, nato in America, ha avuto in Europa e nel Mediterraneo. Sono previste anche aperture sui generi di confine tra jazz e letteratura, jazz e musica d’autore, jazz e musiva etnica come ormai vuole la tradizione di questo importante avvenimento”. La manifestazione, un vero European Jazz Expò, trasformerà la Fiera di Cagliari in cittadella della musica, dove gli spazi espositivi sono trasformati in teatri a capienza modulare che vivono il tempo del concerto. Tre giorni di eventi musicali in sequenza simultanea, dalle 17 all’una di notte, in cui lo spettatore può crearsi un percorso personale tra le numerose e diverse proposte. Il jazz club, vero punto d’incontro per gli spettatori con ristorante, wine bar, rivendita di libri e dischi e musica dal vivo, ricopre un ruolo centrale così come il foyer del Palacongressi, dove si trovano la biglietteria e uno spazio espositivo per mostre e presentazione di libri e video. Jazz in Sardegna, tel. 070/68.42.75, www.jazzinsardegna.it 153 CAGLIARI Mercatini di Cagliari Ci sono, durante l’inverno sardo, tante domeniche di sole, fresche e limpide da invogliare a uscir di casa. In queste giornate, le mete preferite dei cagliaritani sono i mercatini di antiquariato che si tengono nelle piazze della città: nella centralissima piazza del Carmine, a un passo dal porto e alle spalle del palazzo Comunale di via Roma, nella prima, seconda e quarta domenica di ogni mese; nella piccola e raccolta piazza Galilei nella terza domenica. L’Associazione collezionisti in Sardegna ne cura l’allestimento, selezionando attentamente espositori e merci. Di domenica in domenica si alternano più di 100 soci che propongono una vasta scelta di piccoli oggetti di antiquariato, belle porcellane, mobili di pregio, stampe e vecchie fotografie. Titolari di negozi, appassionati, collezionisti e artigiani espongono la merce lungo il perimetro della piazza: cassettoni dell’Ottocento si mischiano a letti in ferro battuto con i tipici medaglioni in madreperla, credenze liberty a tavolini da gioco o da cucito. In ogni banchetto si possono trovare servizi di posate in argento punzonate, o set da dolce e da frutta con le lame in ottone. Belle teiere o completi “latte e zucchero”, in Sheffield, possono formare un bel servizio con tazze di fine porcellana. Interessanti, per i collezionisti, le cartoline d’epoca o i ferri domestici, recuperati nelle vecchie cucine tradizionali mentre signore appassionate trascorrono la mattina a esaminare nei minimi particolari i ricami, le trine e i merletti di tende, tovaglie, lenzuola o camicie da notte. In questa pagina, sotto: il complesso ottocentesco dell’ex mattatoio comunale è oggi un’importante sede museale (Exmà) che ospita mostre e spettacoli. In origine sull’ampio portale era collocato al centro un fregio con una protome bovina e due di montone ai lati (a sinistra). Pagina accanto: opera dell’architetto Salvatore Rattu, il palazzo Zedda Zedda (1934), situato su un angolo della centrale piazza Garibaldi, rivela nelle fasce orizzontali continue a colori alternati la sua matrice razionalista. parapetto essenziale in pietra e mattoni. Il panorama si chiude man mano che la camminata digrada e voltandosi verso Castello, ecco la Cagliari verticale, nuda, “ammucchiata dalla pianura verso il cielo”. Sullo stesso versante, subito dopo ciò che resta di un baluardo piemontese dietro il quale è stato costruito un mega-parcheggio, l’esedra che introduceva alle palestre comunali all’aperto. L’itinerario a questo punto devia verso piazza Marghinotti, le scalette e i vicoli suggestivi. Via Sulis, ancora scale, via Garibaldi sulla rotta dello shopping. La strada, isola pedonale, termina in piazza Garibaldi dove al numero 4 si affaccia un altro simbolo dell’architettura razionalista cittadina: il palazzo Zedda Zedda del 1934 progettato da Salvatore Rattu. Il nome dell’edificio deriva dai committenti, i fratelli Renato e Pietro. L’innovazione espressa nelle pulite fasce orizzontali dai colori alternati contrasta nettamente con il neomanierismo dell’adiacente palazzo Manunza, costruito solo tre anni prima. Sempre di Rattu, nella vicina via Paoli al numero 42, un’altra soluzione ad angolo anno 1935, ma stavolta con le fasce a sviluppo verticale. La percezione visiva rispetto al Zedda Zedda è ribaltata. Dalla piazza ci si immette in un’altra delle arterie commerciali di Cagliari: via Sonnino. Ancora un con- 155 INVERNO trasto tra il neomanierismo eclettico della Legione dei Carabinieri al numero 111, primo edificio in cemento armato della città, e la sobrietà del monumento ai caduti immediatamente successivo. Le due facce dell’architettura di regime. La grande struttura ridondante del 1933 è firmata da Angelo Binaghi. Ospita il Comando regionale dell’Arma. Il monumento di Badas è di due anni dopo. “Uno dei pochi in Italia a essere stato progettato su impianto razionalista”, sottolinea lo storico dell’arte e assessore comunale alla Cultura Giorgio Pellegrini: “È piuttosto raro trovare casi simili nel resto del Paese come è altrettanto raro registrare espressioni così precoci dell’architettura razionalista come quelle cagliaritane dei primissimi anni Trenta”. Pochi passi e al numero 71 di via San Lucifero si trova una delle sedi espositive cittadine, l’Exmà, dove a partire da metà maggio è possibile ammirare le tempere di Uberto Bonetti, aeropittore delle città di fondazione (tel. 070/66.63.99). Gerardo Dottori, Giacomo Balla, Tullio Crali, altri grandi maestri del genere artistico dedicato al volo, saranno i protagonisti di un’antologica esposta all’aeroporto di Cagliari per tutta l’estate: “Cieli futuristi”. Qui accanto: una delle otto figure in pietra scolpite da Costantino Nivola (1987), poste nei porticati e nella piazza del Palazzo del Consiglio regionale. FOLCLORE, MUSICA E SPORT Come ogni anno, l’assessorato al Turismo del Comune di Cagliari propone un nutrito calendario di eventi artistici, culturali, sportivi, di spettacolo e folclore, negli esclusivi scenari della città (tel. 070/67.71, www.comune.cagliari.it. Richiedere l’utilissimo cd-rom con la visita virtuale del capoluogo). Aprile-maggio La 349a festa di Sant’Efisio inaugura un programma fittissimo: il 1° maggio la grande sfilata con i costumi tipici della Sardegna invaderà la città. Ad accompagnarla il V Festival musicale di Sant’Efisio al Teatro Lirico (dal 19 aprile al 7 maggio, www.teatroliricodicagliari.it) e le feste musicali nelle chiese storiche (dal 30 aprile all’8 maggio). Il 15 si tiene il IV Triathlon Kid alla piscina comunale e al Campo Coni e la gara nazionale di bocce agli impianti di via Darwin. Da non perdere il Radio Deejay on Tour, spettacolo musicale in largo Carlo Felice, il 21. Giugno A giugno fa tappa in città il campionato del mondo di Formula I di motonautica con il Gran premio del Mediterraneo: al molo Su Siccu. Il 4, all’ex vetreria di Pirri, il défilé di moda Preludio d’estate, il 24 al porto, prima mondiale del nuovo spettacolo del gruppo teatrale Fura des Baus. Luglio-agosto Dal 1° al 4 luglio, alla spiaggia del Poetto, il campionato internazionale di beach volley. L’agosto cagliaritano è un susseguirsi di iniziative. Dalla sfilata di moda Suoni e colori del Mediterraneo sulla scalinata della chiesa di Santa Caterina alla serata di poesia e canto Atmosfere d’estate al bastione di Saint Remy. Ferragosto si trascorre in spiaggia con fuochi d’artificio a mezzanotte. Straordinari gli appuntamenti per gli appassionati di vela: dal 21 al 27 agosto al porticciolo di Marina piccola, Campionato italiano Classe Laser Fiv. Settembre Regata velica Tiscali Cup. Dal 1° al 10, il teatro comunale ospiterà la V edizione dell’Accademia e festival internazionale di musica, il 18 ancora sport con Survival estreme, Triathlon olimpico a Marina piccola. Gli eventi del mese si chiudono con uno spettacolare raduno di velieri nel golfo dal 22 al 26. Ottobre-novembre In questi mesi si svolge la prestigiosa stagione dei concerti del Teatro Lirico. Dicembre Il 20 la torcia olimpica in arrivo da Genova fa il giro dei quartieri cagliaritani. Tra i tedofori che la impugneranno, anche i campioni dello sport isolano. San Silvestro 2005 in piazza con musica e spettacoli pirotecnici. L’itinerario si avvia a conclusione verso il mare. Da via Sonnino per via XX Settembre, si giunge in via Roma, accolti dall’arte di un grande del Novecento: Costantino Nivola. Al numero 25, nei porticati e nella piazza di granito sotto il Consiglio regionale, osservano enigmatiche otto figure di pietra dello scultore di Orani realizzate tra il 1986 e il 1987. Sintesi unica tra primitivismo e contemporaneo cubista. Sono donne, guerrieri, fertilità, forza. Abitatori antichissimi della Sardegna che oggi, dinanzi al mare, attendono con naturalezza visitatori di tutte le terre. 156 L’elegante facciata neorinascimentale del palazzo della Provincia, progettato dagli ingegneri Eugenio Sironi e Giovanni Borgnini e costruito tra il 1873 e il 1880. Ospita l’Amministrazione provinciale di Sassari e la Prefettura. Sassari UNA PASSEGGIATA NEL LIBERTY Quattro passi lungo le strade che testimoniano la trasformazione della città tra Ottocento e Novecento, tra umbertino e liberty Olimpio Fantuz/SIME DI WALTER FALGIO INVERNO SASSARI DOVE MANGIARE Il Castello, piazza Castello 6, tel. 079/23.20.41. Da non perdere gli spaghetti alla marsigliese, il risotto con verdura e gamberi, le penne Castello con finocchio e gorgonzola, i gamberetti con aceto balsamico e rucola. Da 35 a 40 euro. Dal 1° giugno al 30 settembre aperto tutti i giorni, altrimenti chiuso il mercoledì. La Tana, viale Porto Torres 15, tel. 079/26.19.77. Il locale si trova nella vecchia zona industriale di Sassari, tra ex officine e saponifici. Offerte: 6,50 euro (pizza, bibita, sorbetto); 10 euro (primo, secondo, contorno, vino, acqua). Aperto tutti i giorni dalle 13 alle 15 e dalle 20 alle 00.30. Naturalmente al Liberty, piazza Nazario Sauro 3, tel. 079/23.63.61, in pieno centro storico. Specialità a base di pesce: aragosta, pesce al forno con patate e antipasto Liberty con assaggi di mare. Da 35 ai 45 euro, chiuso domenica sera. Fotografie di Gianmario Marras DOVE DORMIRE G iardini, ceramiche e vetri colorati ornano il silenzioso colle dei Cappuccini a pochi passi dalla città antica. All’alba del Novecento qui è sorto un quartiere borghese e letterario dove lo scrittore Salvatore Mannuzzu ha ambientato il suo romanzo Procedura. All’incrocio tra i viali Trento e Caprera si innalza la torretta di villa Crovetti, uno degli episodi importanti del liberty sassarese. Stile che con elementi e sfumature diversi, e talvolta incoerenti, ha caratterizzato molti monumenti della città sino agli anni Trenta del secolo scorso. L’itinerario alla ricerca di pregevoli testimonianze architettoniche tra Ottocento e Novecento, tra umbertino e liberty, parte da qui. Dal prospetto di questa casa neogotica del 1914, al numero 31 di viale Caprera. Imboccata la strada alberata e lievemente scoscesa, poco più avanti al numero 36, ecco villa Caria costruita nel 1927 da un commerciante di formaggi. Tra bifore e ornamenti 160 neorinascimentali, ha sede l’Ente provinciale per il turismo. La casa è visitabile su appuntamento (tel. 079/29.94.15, www.enturismosassari.it). Subito dopo villa Caria, attraversata via Alagon, si possono ammirare i festoni eleganti di casa Ferace. Edificio decisamente sobrio ma non meno suggestivo. La camminata per viale Caprera è intervallata da altri esempi liberty minori sino all’incrocio con viale Trieste. Risalendo di pochi metri questa strada, sulla sinistra dopo viale Mameli, al centro di un grande giardino si presenta villa Farris (1913), una delle più belle case liberty di Sassari. Le foto di questo monumento compaiono nei più importanti volumi di storia dell’architettura in Sardegna. In Sassari tra Liberty e Déco Elena Cenami e Piersimone Simonetti mettono in rilievo “le riquadrature delle finestre del primo piano, il motivo di architrave disegnato a conci”, le piastrelle quadrate di ceramica verde, i motivi barocchi e le stupende inferria- B&B Casachiara, vicolo Bertolinis 7, tel. 079/20.05.052, cell. 333/69.57.118, www.casachiara.net. In un accogliente palazzo del Settecento nel centro storico di Sassari, un appartamento con ampia cucina, 2 bagni e 3 stanze. Maggio e giugno 25 euro a persona; luglio, agosto e settembre 30 euro. B&B Evergreen, Regione Giagumona 12, frazione di Ottava, tel. 079/39.06.49, cell. 347/69.24.473, www.evergreenbb.com. In una casa immersa nel verde, a 10 chilometri da Sassari sulla strada per Porto Torres e a 4 chilometri da Platamona. 2 stanze. Da giugno a settembre 35 euro a persona; nella settimana di Ferragosto 40 euro; il resto dell’anno 30 euro. Grazia Deledda, viale Dante 47, tel. 079/27.12.35, www.hotelgraziadeledda.it. Quattro stelle vicinissimo a piazza Italia, autorimessa e accettazione animali domestici. Camera doppia con prima colazione da 92 a 112 euro. te nei balconi. Il tutto “amalgamato in un unico e coerente organismo architettonico”. A pochi passi, ecco il piazzale dei Cappuccini con la chiesa secentesca ricostruita nel 1932 in seguito a un uragano e il conservatorio di musica Luigi Canepa. Queste ville fatte di slanci eleganti, ceramiche e vetri accesi dal sole, raffinatezze variegate, a volte appaiono solitarie e trascurate, difese solo dai loro giardini. Minacciate da interessi e palazzi incombenti. Casa Sinini Castiglia, al numero 18 del vicino viale San Francesco, è un’altra imponente testimonianza di un tempo lontano. L’edilizia post unitaria Ripreso viale Trieste in discesa si giunge in viale Umberto (al numero 52 il palazzo dell’ex presidente della Repubblica Antonio Segni, oggi sede del Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari) e per via Cagliari in piazza Castello dove al piano terra della ca- Sopra: la decorazione delle pareti della Sala del Consiglio del palazzo della Provincia fu affidata a Giuseppe Sciuti che, nel 1881, realizzò un ciclo pittorico con episodi significativi della storia cittadina. Nell’immagine, un particolare dell’Ingresso di Giovanni Maria Angioi a Sassari. Pagina accanto: il monumento dedicato a re Vittorio Emanuele II, opera di Giuseppe Sartorio, domina piazza d’Italia, il “salotto” di Sassari. Da qui, negli anni Settanta del XIX secolo, fu avviata l’espansione della città moderna. serma “La Marmora” si trova il Museo storico della Brigata Sassari (da lunedì a venerdì 8-16,30, sabato 813. Ingresso libero, tel. 079/23.31.77, www.assonazbrigatasassari.it/museo.htm). Piazza Italia con il monumento a Vittorio Emanuele II di Giuseppe Sartorio è poco distante, annunciata dai portici dei palazzi Crispo e Bargone. Emblema dell’espansione edilizia post unitaria, cerniera tra la città vecchia e quella ottocentesca, è sormontata dal palazzo della Provincia di Giovanni Borgnini ed Eugenio Sironi (1873-80). L’edificio neorinascimentale 161 SASSARI NUMERI UTILI Fotografie di Gianmario Marras Assessorato comunale al turismo, viale Dante 1, tel. 079/28.30.902, www.comune.sassari.it. Azienda autonoma di soggiorno e turismo, viale Umberto 72, tel. 079/23.17.77. Ente provinciale per il turismo di Sassari, viale Caprera 36, tel. 079/29.95.44, www.enturismosassari.it. Thellus, piccola società cooperativa, via Deffenu 21/23, tel. 079/20.16.099. Visite guidate in città. Rivolgersi a Francesco Ledda, autore della guida Sassari Sette itinerari per scoprire una città, edita dall’assessorato comunale alla Cultura e Turismo, cell. 328/48.39.982. APPUNTAMENTI PER IL 2005 Gli appuntamenti immancabili della città di Sassari cominciano il 29 maggio con la Festa del Voto: tradizionale processione della Madonna dal Duomo alla chiesa di San Pietro in Silki. Ma il grande evento, assieme alla Discesa dei Candelieri, è la Cavalcata Sarda (www.cavalcatasarda.com). Il 2 giugno, alle 9, da via Roma si ripete l’importante festa primaverile, nata come omaggio agli ospiti illustri. La prima edizione viene fatta risalire al 1899 in onore di Umberto I e Margherita in visita a Sassari per inaugurare il monumento a Vittorio Emanuele II. Al mattino saranno più di 3.000 a sfilare con i costumi di 70 paesi della Sardegna. Il pomeriggio non mancheranno le esibizioni acrobatiche dei cavalieri. Canti e danze chiuderanno la serata. Il culmine dei festeggiamenti è senz’altro la Discesa dei Candelieri, la “faradda” del 14 agosto, alle 18 da piazza Castello. Antico rito popolare, affonda le sue origini nel periodo della dominazione pisana, quando si offrivano dei ceri alla Madonna il giorno di Ferragosto, e nello scioglimento di un voto alla Vergine Assunta che a metà del Seicento avrebbe liberato la città da una pestilenza. Nove grandi ceri in legno decorato sono trasportati per il centro storico a passo di danza dai rappresentanti dei gremi, antiche corporazioni artigiane in costume spagnolesco. Tra fiori, nastri colorati e rullo di tamburi, la cerimonia prosegue sino all’arrivo a tarda sera alla chiesa di Santa Maria di Betlem. Il 16 agosto sulla spiaggia di Platamona seguirà uno spettacolo pirotecnico. Nella prima settimana di agosto, con partenza da corso Vico alle 18, è prevista la Discesa dei piccoli Candelieri. Protagonisti i bambini. La seconda settimana, in piazzale XXV aprile, da non perdere la Sagra della ziminadda: grande arrosto di interiora di agnello. In alto a sinistra: il prospetto di palazzo Giordano rivela lo stile neogotico cui si ispirò per la sua costruzione, nel 1878, l’architetto Luigi Fasoli. Oggi è sede del Banco di Napoli. Sopra: splendidi dettagli della facciata di villa Caria, ricca di bifore e ornamenti rinascimentali. Costruita nel 1927 da un commerciante di formaggi, oggi è la sede dell’Ente provinciale per il turismo della città. campeggia con forte impatto scenografico. È considerato una delle strutture pubbliche più funzionali e solenni d’Italia. Sede di mostre e iniziative culturali, racchiude un’aula consiliare decorata da Giuseppe Sciuti e gli appartamenti che ospitarono i reali (Urp Provincia di Sassari, tel. 079/20.69.228). Sul lato opposto alla Provincia, il palazzo Giuseppe Giordano Apostoli (1878), dal 1921 sede del Banco di Napoli: stile e arredi neogotici e una sontuosa Sala gialla affrescata da Guglielmo Bilancioni (centralino San Paolo Imi, tel. 079/20.17.211). Sul tracciato della vecchia strada reale per Cagliari oggi sorge via Roma che si dipana dall’ampio varco a sud di piazza Italia. La si percorre sino al nume- 163 SASSARI Olimpio Fantuz/SIME È la principessa delle ville sassaresi. Quando nel 1912 spalancarono per la prima volta le sue finestre, dominava solitaria da un’altura. Gli influssi rococò e neobarocchi fanno di casa Arborio Mella di Sant’Elia un esempio di mescolanza stilistica tipico delle architetture liberty. I suoi saloni luccicanti erano frequentati dall’aristocrazia cittadina, i suoi arredi decorati da raffinati ebanisti, il suo parco invaso da cento mimose che hanno dato il nome alla villa. Questo patrimonio oggi è dell’Associazione Industriali della Provincia di Sassari (tel. 079/ 27.51.71, www.assind-nordsardegna.it) che ne ha fatto non solo la propria sede di rappresentanza, ma anche un centro culturale aperto alla città. Il 14 e 21 maggio, per esempio, la casa ospita due concerti del Libertango festival organizzato da Angela Miele dell’associazione Euterpe. In scena componenti della Blue Note Orchestra Jazz della Sardegna diretta dal maestro Giovanni Agostino Frassetto. Pianoforte e letture renderanno omaggio a Ernesto Nazareth, compositore brasiliano vissuto tra l’Ottocento e il Novecento. L’interessante rassegna proseguirà il 26 maggio al Teatro Verdi con la danza. Al termine di ogni concerto si potrà anche ballare il tango argentino nelle sale. Le visite alla casa e al parco che vanta palme centenarie, statue di leoni e un gazebo in ferro battuto, devono essere concordate telefonicamente con l’Associazione Industriali. Villa Arborio Mella di Sant’Elia è anche la sede locale del Fondo per l’ambiente italiano e dell’Associazione italiana di cultura classica. Gianmario Marras Musica e danze a villa Mimosa Sopra: l’ingresso del grazioso edificio in stile neoclassico che ospita il Museo nazionale archeologico ed etnografico intitolato a Giovanni Antonio Sanna, industriale e uomo politico che costituì e donò il nucleo originario delle collezioni in esposizione. Sotto: i ricchi fregi, le statue e il medaglione del frontone di casa Cugurra, oggi sede degli uffici della Regione, segnano il trionfo del neobarocco di fine Ottocento a Sassari. ro 44. I medaglioni, i busti, le statue di casa Cugurra, sede degli uffici della Regione sarda, catalizzano l’attenzione dei passanti. È il trionfo del neobarocco datato 1890, al quale nel 1906 si aggiunge il nuovo corpo col “nuovo” stile, colorato da graniglia e ceramica. Proseguendo, al numero 64 si trova il Museo nazionale archeologico ed etnografico “Giovanni Antonio Sanna” con i tesori prenuragici, feniciopunici, romani (da martedì a domenica 9-20. Ingresso 2 euro, tel. 079/27.22.03, www.kronoweb.it/museosanna/benvenuto.htm). Via Asproni è di fronte. All’incrocio con viale Dante, da un lato il villino Ricci del 1913, ristrutturato dall’attuale proprietario Antonio Gavino Diaz (telefonando allo 079/27.73.10 o prenotandosi su Internet all’indirizzo www.villinoricci.it, è possibile visitare la casa); dall’altro lato, l’architettura palladiana della chiesa di San Giuseppe (1884-88). La passeggiata si conclude dinanzi a sua maestà villa Mimosa (1911-13), in via IV Novembre 1, traversa successiva a viale Dante. L’aristocratica casa dei baroni Arborio Mella di Sant’Elia oggi è sede dell’Associazione Industriali della Provincia di Sassari. Per sognare tra marmi, ebani e antico vasellame, non resta che bussare. Le porte della principesca dimora sono aperte alla città. 165 Antonio Saba SAGRE In questa immagine il momento saliente della Sartiglia di Oristano, l’emozionante vestizione del capocorsa (su componidori), che si completa coprendogli il volto con un’impenetrabile maschera bianca. A destra: la fase conclusiva di questa festa, caratterizzata dalle spericolate e abili esibizioni equestri dei cavalieri. Sagre TRA NATURA, FEDE E TRASGRESSIONE Grande la varietà dei carnevali dell’Isola: da quelli arcaici legati alle tradizioni del mondo pastorale alle feste d’impronta cristiana, dalle corse equestri ai carri “moderni” Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo DI ALDO BRIGAGLIA I mesi invernali, in Sardegna, sono tempo di Carnevale. Anzi, di carnevali. Ce ne sono, infatti, almeno due gruppi. Si inizia il 16 e 17 gennaio con l’accensione di giganteschi falò. Anticamente era un rito pagano collegato alla celebrazione del solstizio d’inverno: i fuochi aiutavano il sole a riprendere il suo viaggio e a riscaldare la terra. Ma da tempo la ricorrenza si è trasformata in una festa cristiana dedicata a sant’Antonio abate, l’eremita che donò agli uomini il fuoco sottratto agli inferi con un abile stratagemma. Il falò viene acceso all’interno di un grande tronco vuoto (sa tuva) riempito di frasche. Le sfilate delle antiche confraternite nei loro caratteristici costumi e il canto dei gosos (i cori sacri che celebrano le lodi del santo) ruotano intorno al grande fuoco, presso cui la gente si intrattiene a cantare e a bere. Si fa rientro a casa con dei tizzoni da unire a quelli 167 Fotografie di Maurizio Fraschetti SAGRE del proprio focolare: il fuoco benedetto preserverà l’abitazione dal male. La festa di sant’Antonio abate viene celebrata in numerosi paesi dell’Isola. Tra le più suggestive, quelle di Bortigali, Lodé, Birori, Abbasanta e Ottana. Riti pagani e tornei cavallereschi A Ottana, dopo una prima comparsa in occasione dei fuochi, entrano in scena per tutto il Carnevale le maschere zoomorfe più interessanti della tradizione regionale: bòes e merdùles. Giovani vestiti con pelli di pecora e con il viso coperto da maschere lignee mimano i gesti del mondo pastorale. Il merdùle, lineamenti umani ma orripilanti, armato di forcone tiene sotto controllo una schiera di maschere bestiali (buoi-bòes, maiali-porcos, mucchebaccas). L’animale si avventa scalciando contro il guardiano che con urla e parolacce minaccia con mimica esplicita di castrarlo. È l’eterna lotta tra 168 uomo e animale, tra uomo e natura. La simbologia trasgressiva della festa riproduce le immutate gerarchie della società pastorale. Mentre bòes e merdùles ripetono ossessivamente il loro scontro per le vie del paese, una figura vestita d’un lungo scialle di lana nera e una maschera di legno scuro, sa filonzàna, con in mano una conocchia e un paio di forbici, tesse il filo della vita che può essere reciso in qualsiasi momento. Ma basta offrirle da bere per farsela amica. Un altro immancabile appuntamento è quello di Mamoiada e dei suoi celeberrimi mamuthònes, goffe e inquietanti figure a metà tra uomo e animale che procedono curve con passo scandito dal suono dei pesanti campanacci di cui sono cariche. Guardiani dal costume rosso acceso, gli issokadòres, li scortano prendendoli al laccio, sa soka, che a volte viene all’improvviso rivolto ad accalappiare qualche spettatore che potrà riavere la libertà offrendo da bere. In alto a sinistra: a Mamoiada, nel cuore della Barbagia, si svolge uno dei carnevali arcaici più interessanti di tutta Italia. La manifestazione, che prende avvio il giorno di sant’Antonio abate (17 gennaio), ha il suo culmine il martedì grasso con la sfilata per le strade del paese di due gruppi mascherati: dodici mamuthònes che avanzano con passo cadenzato scortati da otto issokadòres saltellanti. Particolarmente curioso è il costume dei mamuthònes, che indossano un abito e un pelliccione peloso bruno o nero; hanno il volto nascosto da una maschera di legno, sempre di colore scuro, e un berretto coperto da un grosso fazzoletto annodato sotto il mento; inoltre (sopra), portano sul petto un mazzo di campanelli di bronzo e sul dorso una cinquantina di pesanti campanacci di tutte le dimensioni. Accanto: il carnevale affascina gli abitanti del posto fin dalla più tenera età. 169 Fotografie di Gianmario Marras SAGRE Sopra e a sinistra: il Carnevale di Ottana, centro del Nuorese, è rinomato in tutta l’Isola per la bellezza delle sue maschere lignee e per la varietà dei suoi aspetti, tra cui spicca quello tipico di una società pastorale, che simboleggia l’eterna lotta tra l’uomo e l’animale. Le figure principali sono i medùles, che indossano maschere di colore scuro con lineamenti umani ma orripilanti, e i bòes, con maschere dalle sembianze bovine e lunghe corna. Altri singolari carnevali si svolgono a Orotelli, Ovodda e Bosa. Cagliari e Tempio hanno festose processioni di maschere e di carri in atmosfere più “cittadine”. A Santu Lussurgiu si svolge la carrela ‘e nanti, spericolata corsa a pariglie. La festa più elegante è comunque la Sartiglia di Oristano, che si ripete la domenica e il martedì di Carnevale. Il lungo cerimoniale inizia al mattino con la vestizione del su componidori, il capocorsa dalle cui performance dipenderà la riuscita della manifestazione. Vergini in costume, tra squilli di clarine e il silenzio stupefatto degli astanti, lo trasformano lentamente da uomo in figura androgina e sacrale, nascosta dietro l’impenetrabile maschera bianca. Così abbigliato sale a cavallo e guiderà la spettacolare giostra equestre che lo vede impegnato, con altri cavalieri, a sfrecciare per le vie del centro per infilzare una piccola stella d’argento. 170 171 NUORO Uno scorcio di corso Garibaldi, su cui prospettano eleganti edifici con negozi e botteghe. La via costituisce il cuore della città ed è il luogo deputato al passeggio e allo shopping. Pagina accanto: uno dei fiori all’occhiello della via e meta preferita dei nuoresi è il Caffè Tettamanzi, locale storico con ambienti riccamente decorati. Nuoro PICCOLA CULLA DI SCRITTORI E ARTISTI La città che diede i natali a Grazia Deledda è considerata il cuore dei valori culturali e della tradizione del territorio interno dell’Isola DI DANIELE CASALE - FOTOGRAFIE DI OLIMPIO FANTUZ/SIME N on è difficile immaginarsela alla finestra dell’alta casa in pietra. Sotto il tetto aggettato, lo sguardo assorto intento a fissare l’acciottolato giù in basso. Efix attende al somaro. Tutto attorno è verdeggiare di macchia, povere tegole sconnesse, la placidità maestosa dell’Ortobene. E il silenzio di Santu Pedru: quel recinto di sassi e umanità agricola che si è aperto un varco tra sterpi e ruscelli per farsi città. Grazia Deledda ha vissuto qui: nella via che ora porta il suo nome, nella casa oggi museo. E da qui comincia la scoperta di Nuoro: città geneticamente terrestre, granitica; città di scorci e silenzi: rettangoli di stupore baluginano all’improvviso poi tornano a essere semplici strade, semplici muri, comuni piazze. Nell’edificio che ospita la Collezione Deleddiana (via Deledda 42, tel. 0784/25.80.88) si osserva l’architettura austera di un’abitazione borghese di metà Ottocento. Gli espositori in castagno e cristallo conservano il Nobel per la letteratura, conferito alla scrittri- 173 NUORO Mercatini di Nuoro Per la gioia dei “chineur” e collezionisti eternamente a caccia di occasioni, ecco ogni secondo sabato del mese il mercatino dell’antiquariato e del collezionismo. Sul bel lastricato del corso Garibaldi, la strada principale che dalla chiesa delle Grazie porta nel cuore della città, hobbisti e commercianti provenienti da tutta l’Isola si attivano per offrire mercanzie di ogni genere. Nelle trenta bancarelle convivono pizzi della nonna, oggetti di modernariato, mobili antichi e di artigianato, porcellane e argenterie. Chi si diverte ad arredare la casa con pezzi di recupero, mettendo a frutto anche le proprie abilità di bricoleur, può trovare un bel tavolino da restaurare o una cornice intarsiata un po’ scrostata da riportare a nuovo con la foglia d’oro. Non mancano le stampe e le vecchie foto. Sfogliare le raccolte di cartoline d’epoca è un viaggio nella memoria, a rivedere paesaggi e panorami ormai scomparsi, angoli dei paesi della Sardegna com’erano quando si potevano raggiungere solo con traballanti corriere attraverso stradine sterrate e polverose. Tra lampade liberty e oggetti d’antan, c’è la possibilità di trovare il “pezzo unico”, quell’oggetto che mancava da sempre dalla nostra casa, quel qualcosa che ci ricorda l’infanzia… ce nel 1926, le prime edizioni dei romanzi e numerosi testi manoscritti. Ma anche gli oggetti d’uso quotidiano: gli occhiali e lo scrittoio, la spazzola per spolverare il piano di lavoro, la penna con il suo astuccio, il sigillo per la corrispondenza in ottone e legno. Il lavoro appassionato dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico ha restituito all’edificio un aspetto assai simile all’originale. Il grande portale in Sotto: l’austera architettura della casa natale di Grazia Deledda, un’abitazione di metà Ottocento che oggi ospita un museo interamente dedicato a questa grandissima scrittrice, premio Nobel per la letteratura. Accanto agli spazi espositivi, nella casa (sopra) sono state ricostruite fedelmente la cucina e la dispensa con arredi e suppellettili dell’epoca. legno è tornato alla sua austerità maestosa, la porta che conduce alla cucina e l’altra, che dalla corte introduce all’orto, hanno di nuovo la tiepida familiarità del legno. Sono stati ricostruiti gli intonaci e i colori, la zoccolatura in granito che cingeva le mura esterne, i pavimenti in legno, i solai, le controsoffittature. E sostando al piano terra si può visitare la grande cucina dolcemente rievocata nel romanzo Cosima: quell’ambiente “semplice e antico”, con il focolare centrale, il forno, l’acquaio e gli oggetti più caratteristici sistemati sulla scansia: il piccolo orcio di terra con l’olio buono, i piatti, le caffettiere e il tagliere pastorale. Non solo Grazia Deledda Sempre a Santu Pedru, pochi passi e si arriva alla casa di Francesco Ciusa, lo scultore che nel 1907, semisconosciuto e giovanissimo, conquistò la Biennale di Venezia stilizzando nella Madre dell’ucciso il senso di rassegnazione e miseria della Sardegna d’inizio secolo. L’abitazione non è visitabile ma potrebbe 174 175 INVERNO A sinistra: uno scorcio di piazza Sebastiano Natta, ristrutturata nel 1967 dipingendo di bianco gli edifici e collocando, sul nuovo lastricato, grandi blocchi di granito (opera dello scultore Costantino Nivola). DOVE MANGIARE Ristorante Da Giovanni, via IV novembre, tel. 0784/30.562. Imperdibile la minestra con la merca: una magia di pasta, patate e pomodoro, arricchita con il formaggio ricavato dal latte cagliato acido, messo in salamoia ed essiccato. Prezzo medio 22 euro. All’agriturismo Testone, loc. Testone, tel. 0784/230.539, si gusta il delicato aroma del filindeu, una pasta a trama fitta cucinata nel brodo di pecora e condita con il formaggio fresco acido di un giorno. La riscoperta di sapori perduti per un conto che si aggira sui 20-23 euro. All’agriturismo Roccas, Monte Ortobene, località Sedda Ortai, tel. 0784/34.345, tutto è secondo tradizione. L’arrostitura della carne si svolge con i ritmi di un rito antico. Il casizolu si scioglie sulla brace prima di tuffarsi nelle calde armonie del miele. Prezzo medio 25 euro. DOVE DORMIRE Camere accoglienti all’agriturismo Testone, località Testone, tel. 0784/230.539. Mezza pensione 45 euro, 28 euro per pernottamento e prima colazione. Ospitalità familiare nell’agriturismo Costiolu, km 10,300 Nuoro-Bitti, tel. 0784/260.088, che offre anche un’ottima cucina del territorio. Mezza pensione da 38 a 54 euro. Pernottamento e prima colazione da 22 a 34 euro. Immerso nel verde dell’Ortobene c’è il b&b Il Parco, tel. 328/0246160. Pernottamento e prima colazione a 25 euro. 176 presto essere ristrutturata per accogliere un’esposizione permanente delle opere dell’artista. Dalle case dei contadini agli edifici eleganti di corso Garibaldi, nelle strade che per la festa tracimavano dell’aroma brodoso del filindeu, dell’odore grasso e selvatico dell’agnello e del finocchietto. Tra i bei lastricati, le raffinate architetture dell’Otto-Novecento introducono a piazza Sebastiano Satta, dedicata al poeta-avvocato nuorese, risistemata nel 1967 dallo scultore Costantino Nivola. S’abbocà abitava proprio lì, sulla piazza, in una casa che meriterebbe di diventare museo. Percorrendo via Satta si raggiunge il MAN, il Museo d’Arte della provincia di Nuoro (via Satta 15, tel. 0784/23.86.00), uno dei simboli della rinascita culturale della città. Ospita stabilmente un’importante esposizione d’arte sarda del Novecento ma è soprattutto la calamita che riesce ad attrarre in città le collezioni di alcuni tra i più importanti artisti contemporanei. Non lontano da qui visse Salvatore Satta, uno dei più apprezzati giuristi italiani del secolo scorso. Dai cassetti del suo studio romano, aperti dopo la morte, saltò fuori Il giorno del giudizio: per George Steiner, una delle vette più alte della letteratura europea del Novecento. L’abitazione è oggi di proprietà della Chiesa. Anche in questo caso, un peccato l’assenza di progetti per trasformarla in museo. Passando da piazza Mazzini, tra i begli edifici d’epoca fascista, si raggiunge piazza Vittorio Emanuele, quindi la neoclassica cattedrale di Santa Maria della Neve. Poco distante, il Museo della Vita e delle Tradizioni popolari sarde (via Mereu 56, tel. 0784/25.70.35), autentica perla dell’offerta culturale nuorese. L’esposizione raccoglie oltre ottomila pezzi, espressione dell’ancestrale cultura dei sardi. Si segnalano le vesti del Sette-Ottocento, i gioielli, gli amuleti contro il malocchio, l’invidia e il destino infausto. Meraviglie giocate sui dettagli. Semplicemente imperdibile. Il cerchio si chiude. Da viale Ciusa si procede verso il monte Ortobene. Si gira sulla destra per raggiungere la chiesa della Solitudine, quasi una miniatura, il profilo disegnato da Francesco Ciusa. Le spoglie terrene di Grazia Deledda riposano qui, ai piedi del suo Ortobene, Parnaso minore di questa città “antica e selvaggia”, piccola patria di artisti e scrittori. 177 Paolo de Santis NEVE DOVE MANGIARE Bruncu Spina All’agriturismo Su Separadorgiu, tel. 0784/57.492, la prima colazione, il pernottamento e la cena costano 40 euro a persona. Il ristorante Su Ninnieri, tel. 0784/57.729, non ha un menù fisso e un pasto completo costa intorno ai 30 euro. Desulo L’agriturismo Su Filariu, loc. S’Arena, cell. 338/86.13.350, propone un menù fisso a 22 euro comprese le bevande. Non ha posti letto. Monte Spada L’agriturismo Su Pinnettu, loc. Donnortei, tel. 0784/57.096, cell. 340/29.84.653, offre un menù a 22 euro. È possibile anche pernottare (la mezza pensione costa 50 euro a persona), ma gli appartamenti sono a Fonni. SUL TETTO DELLA BARBAGIA Nella regione dove è il mare a farla da padrone, i mesi più freddi a volte trasformano il cuore della Barbagia in un’inconsueta meta sciistica, tra scenari incredibili di distese innevate DI EMILIANO FARINA S e una mattina d’inverno vi dovesse capitare di vedere delle auto con gli sci sul tetto, i casi sono due: o si stanno imbarcando sulle navi che le porteranno verso le stazioni invernali di Alpi e Appennini, oppure viaggiano dritte nel cuore della Barbagia, sul piccolo comprensorio del Gennargentu composto da tre località, uniche detentrici del piacere di sciare in Sardegna. 178 A guardarla da lontano, la catena montuosa più alta dell’Isola appare come una massa tondeggiante che nei mesi più freddi si gonfia di neve. I boschi si alternano a sconfinate zone brulle: colpa degli incendi e dei piemontesi che, intorno alla seconda metà del Settecento, tagliavano senza tregua la legna per costruire gli alberi delle navi. Difficile scorgere vette sparate contro il cielo per- un ampio petto e membra massicce che somiglia ai suoi contadini”, è consigliabile consultare il sito internet www.bruncuspina.com. Lassù, dove sgambettano i mufloni e volteggiano le aquile reali, l’inverno è molto umorale: certe volte butta giù 3 metri di neve, altre concede soltanto suggestive e mediterranee spruzzate di bianco. 179 Xxxxxxxxx Neve Sopra: l’ebbrezza dello snowboarding nel comprensorio sciistico di Fonni, stazione invernale dell’Isola. Sotto: uno scorcio suggestivo del versante desulese del Bruncu Spina, a quota 1.829 metri, nel settore centrale del Gennargentu. Dalla cima, nelle giornate terse, si scorge il mare. Nicola Caddeo Fotofilm Pirisi Una vera e propria onda di neve nei pressi del rifugio Bruncu Spina a 1.660 metri. ché gli inaspettati 1.834 metri di punta La Marmora s’innalzano quasi di pari passo con il territorio circostante. Quando il cielo è terso, dalla cima dedicata al geografo piemontese è piacevole scrutare le montagne della Gallura (il monte Limbara) fino ai massicci innevati della vicina Corsica. Basta scendere un pugno di metri più in basso, infilare gli sci e lo spettacolo raddoppia. Per risalire – e riprovare l’ebbrezza della vista di un’Isola che generalmente tutti guardano dal mare verso il cielo e non viceversa –, nessun problema. A fare da Caronte fin quasi la croce di ferro di punta Bruncu Spina è uno skilift lungo quasi un chilometro che parte da quota 1.570 metri. L’omonima mini-stazione offre tre piste (nera, rossa e blu) più un campo scuola con una piccola manovia, per un totale di quattro chilometri. Nel rifugio vicino agli impianti è possibile bere una cioccolata calda o noleggiare l’attrezzatura (sci e scarponi vanno dagli 8 ai 15 euro; stessi prezzi per lo skipass giornaliero). Il Bruncu Spina si trova a pochi chilometri da Fonni, che con i suoi 1.000 metri è il paese più alto della Sardegna. Circondato da querce, roverelle e lecci, dista circa mezz’ora di auto da Nuoro. Sempre vicino a Fonni, intorno ai 1.595 metri del monte Spada, si trova la seconda mini-stazione. Gestita da un privato e battezzata “Neve 2000”, propone due manovie e una pista per principianti. Nel rifugio a quota 1.320 metri c’è un servizio ristoro e noleggio attrezzatura (sci e scarponi 15 euro; skipass giornaliero 10 euro). La terza e ultima stazione si trova nel territorio di Desulo, piccolo centro a pochi chilometri da Fonni, rinomato per le castagne, l’artigianato e l’amore per la poesia. Si chiama S’Arena (il rifugio, Erbas Birdes, è a 1.600 metri), offre una pista per principianti, due manovie ed è gestita dall’agriturismo Su Filariu. Lo skipass giornaliero costa 5 euro. Per informazioni sull’apertura degli impianti appesi su una montagna che lo scrittore inglese David Herbert Lawrence ha definito “un possente corpo con ORISTANO Oristano NEL NOME DI ELEONORA Torri, campanili e cupole si stagliano sulle case basse per ricordare il glorioso passato della città legato al mito della giudicessa d’Arborea DI PATRIZIA MOCCI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS I l nome di Oristano richiama alla mente due cose: la Sartiglia, manifestazione equestre che si corre la domenica e il martedì del Carnevale, e la giudicessa Eleonora d’Arborea. Nel cuore della città, teatro della Sartiglia, c’è ancora oggi un segno della donna diventata in questa terra un mito. La statua della giudicessa – realizzata dallo scultore fiorentino Ulisse Cambi nel 1875 – si innalza nella piazza omonima, dove si affacciano uno di fronte all’altro gli edifici del Comune (il palazzo degli Scolopi e il palazzo Colonna). La statua di Eleonora sembra vigilare sulla città, quasi a voler rammentare agli Oristanesi il loro passato, quel glorioso periodo della storia che ha dato lustro alla terra degli Arborea. E di quel passato ancora oggi sono visibili le testimonianze nel centro storico, fatto di case basse (molte delle quali costruite con i mattoni di terra cruda) e ampi giardini. Partiamo da via Santa Chiara, dove troviamo un gioiello architettonico del periodo giudicale, il monastero delle suore clarisse di clausura, con la deliziosa chiesa gotica di Santa Chiara. La data di fondazione è incerta, mentre non ci sono dubbi su quella di rifondazione, il 22 settembre 1343 su iniziativa del giudice Pietro III, che per la sua magnanimità ottenne dal papa Clemente VI il Sulla piazza Eleonora, dominata dalla statua della giudicessa d’Arborea, si affacciano alcuni dei principali palazzi della città. Antiquarium Arborense, piazza Corrias, tel. 0783/79.12.62. Sardinian way, Servizi al turismo, via Carmine, tel. 0783/75.172. Associazione Pro Loco, via Ciutadella de Minorca, tel. 0783/70.621. Ente provinciale per il Turismo, piazza Eleonora, tel. 0783/36.831. Informacittà, piazza Eleonora, tel. 0783/79.13.06. Poseidonia Centro servizi turistici, Riola Sardo, tel. 0783/41.16.60. Trekking, escursioni, sport nautici GAE, associazione italiana guide ambientali escursionistiche, c/o campeggio Nurapolis, tel. 0783/52.283. Maimone, itinerari turistici culturali, naturalistici, tel. 0785/57.902, cell. 328/89.90.029. Naturavventura di Giangi Chiesura, tel. 0783/52.197. NUMERI UTILI DOVE MANGIARE Craf, via De Castro, tel. 0783/70.669. Nel cuore di Oristano, a breve distanza dalla cattedrale, il ristorante trova spazio in un locale antico caratterizzato da diverse sale con volta a botte e mattoncini a vista. Specializzato in carni e funghi, con qualche possibilità per i piatti della cucina marinara. Chiuso la domenica, 35 euro. Da Gino, via Tirso, tel. 0783/71.428. Nel centro cittadino a pochi passi dalla Torre di Mariano II, in piazza Roma, trattoria con grande varietà di piatti a base di pesce, sempre fresco. Chiuso la domenica, 35-40 euro. Da Giovanni, via Colombo, loc. Torregrande, tel. 0783/22.051. Nella borgata marina di Torregrande, a 7 chilometri da Oristano, Il ristorante offre cucina tipica di mare, fra i piatti più caratteristici il muggine alla vernaccia. Chiuso il lunedì, 35 euro. Lo Zen, via Martiri di Belfiore, tel. 0783/21.04.40. A 10 minuti di passeggiata dal centro cittadino, grande varietà di spaghetti e risotti, ma anche con qualche primo a base di pesce. Ideale per un pasto veloce, con insalate e antipasti. Chiuso la domenica e il lunedì, 20 euro. DOVE DORMIRE B&B Antonella di Antonella Flore, via Sardegna, tel. 0783/73.863, cell. 349/49.54.060, www.lamiacasasardegna.it. Dispone di 3 camere con 5 posti letto, appena fuori il centro. Aperto da marzo a settembre, 35 euro la singola, 40 euro la doppia. B&B Eleonora di Paola Pirina, piazza Eleonora, tel. 0783/70.435, cell. 347/48.17.976, www.eleonora-bed-and-breakfast.com. Ha 3 stanze con 6 posti letto, aperto tutto l’anno, 25 euro la singola, 30 euro la doppia. B&B In Centro di Maria Onnis, Vico Tirso 26, tel. 0783/78.750, cell. 348/08.33.938; www.incentro.altervista.org. In pieno centro storico, a pochi passi da piazza Roma, dispone di 2 camere con 4 posti letto, aperto tutto l’anno 25 euro la singola, 30 euro la doppia. 181 INVERNO ORISTANO Il “salotto all’aperto” degli antiquari Il punto di ritrovo per gli Oristanesi è piazza Eleonora, dove convergono tutte le strade principali del centro storico e commerciale. Qui, all’ombra della statua della giudicessa simbolo del Medioevo sardo, il primo sabato del mese si radunano circa 50 espositori di antiquariato e collezionismo. Una sorta di “salotto all’aperto” in cui passeggiare, frugando tra libri antichi, terrecotte di tradizione locale, biancheria d’antan, argenti del Novecento e oggetti di modernariato. Bellissime radio anni Quaranta, orologi in stile déco, statuine in porcellana di piccoli animali, marchiate Meissner o Bing & Gorondhal, zuppiere e piatti da portata in terraglia dai bei decori blu o verdi: tanti oggetti da esaminare e valutare per tutta la mattina, con il divertimento un po’ levantino di contrattare sul prezzo. Sino a uscire dalla folla con la sottile, compiaciuta sensazione di aver acquistato un trofeo. O con la nostalgica soddisfazione di “riappropriarsi” di un oggetto così simile a quello della casa dei nonni, di cui ci eravamo incautamente disfatti negli anni passati, quando tutto ciò ci sembrava semplicemente… vecchio! In alto a destra: la cattedrale, edificata nel 1228, fu più volte rimaneggiata. Il campanile ottagonale duecentesco fu completato nel XVIII secolo contemporaneamente alla cupola. All’interno rimangono elementi più antichi, come questo leone in marmo sulla scala del coro del XIV secolo (in alto). Sopra: il pronao della chiesa di fondazione duecentesca di San Francesco, ricostruita in forme neoclassiche dall’architetto Gaetano Cima nel 1840 . All’interno si conserva il crocifisso ligneo detto “di Nicodemo”, il più importante esempio di scultura spagnola in Sardegna della fine del Quattrocento (nella pagina seguente). permesso di accedere al monastero. Probabilmente i quattro peducci pensili dell’abside della chiesa di Santa Chiara raffigurano i giudici fondatori del monastero: Mariano II Bas Serra, Pietro III e sua moglie donna Costanza di Saluzzo (ossia la nonna di Eleonora d’Arborea) e Mariano IV, che completò l’opera di rifondazione del monastero. Della chiesa originaria, formata da un’ampia navata, senza cappelle e altari in pietra nei muri laterali, sono rimaste alcune mensole con figure zoomorfe e travi con diversi stemmi dei giudici di Arborea. Ancora oggi una decina di monache mantiene vivo questo scrigno antico della città. Non lontano da Santa Chiara, alla fine di via Garibaldi, si scorge la torre di Portixedda, la terza porta della città. Si apriva e si chiudeva secondo la volontà del giudice che dominava. È una torre cilindrica che 182 nasconde all’interno un’altra torre quadrata. Quella esterna, alta oltre 8 metri, è formata da un corpo troncoconico, impostato su uno zoccolo cilindrico, in conci di arenaria disposti a filari e legati da strati di calce. Tornando in via Santa Chiara e svoltando per via Parpaglia troviamo sulla sinistra piazza Corrias, dove è d’obbligo una tappa all’Antiquarium Arborense, il terzo museo della Sardegna, nato nel 1938 dopo quelli di Cagliari e di Sassari. Fu fondato dal Comune con i 6000 reperti della collezione dell’avvocato Pischedda, appassionato di archeologia. Nel museo si può ammirare il grande plastico di Tharros nel IV secolo, gli oggetti preistorici, nuragici, fenici, greci, etruschi, cartaginesi, romani, bizantini che provengono dal Sinis. Tra i pezzi più belli una maschera apotropaica punica del 500 a.C., ma anche i retabli di San Martino, dell’epoca di Eleonora, opera di un maestro catalano di inizio Quattrocento. Da piazza Corrias verso piazza Roma, in via Parpaglia si può scorgere la casa di Eleonora, o meglio un elegante palazzotto passato alla storia come dimora della giudicessa per via di uno stemma nobiliare con un cavallo e l’albero sradicato, simbolo degli Arborea, sopra un finestrone. In pieno Cinquecento un discendente di Eleonora fece costruire questo palazzo, de- corato sulla facciata secondo il gusto gotico-catalano con influssi del Rinascimento. Proseguendo si arriva in piazza Roma, dove campeggia la torre di Mariano II, il giudice che decise nel 1290 di costruire la cinta muraria della città: sul lato settentrionale è aperta una grande porta. La torre è alta 19 metri ed è coronata da un giro di 15 merli guelfi. Si può salire fino in cima e ammirare un panorama straordinario. Raggiungendo corso Umberto (via Dritta, per gli Oristanesi) lo sguardo si ferma sull’elegante pa- lazzo Arcais, di fine Settecento: è caratterizzato da una singolare cupola rivestita da tegole iridescenti. Progettato dal piemontese Viana, l’edificio appartenne ai marchesi d’Arcais, a partire dal primo, don Damiano Nurra. Ora è proprietà della Provincia che vorrebbe far nascere un museo. Percorrendo via Dritta si arriva a piazza Eleonora e poi in via Duomo, dove si può ammirare la chiesa di San Francesco, ricostruita dall’architetto Gaetano Cima nel 1840: pensò a una chiesa a pianta centrale con una grande cupola, preceduta da un atrio a quattro colonne che sostengono un timpano. Vale la pena di entrare per ammirare nella cappella a sinistra un grandioso crocifisso: è il Cristo di Nicodemo, la più preziosa fra le sculture lignee della Sardegna fra il Trecento e il Quattrocento. Sempre nella via Duomo salta agli occhi la bella cattedrale consacrata alla Vergine Assunta, la più grande chiesa dell’Isola, con la più imponente torre campanaria, benché non la più alta. All’interno si ha quasi la sensazione di essere rapiti dalla vastità dello spazio. Fu costruita in forme romaniche all’inizio del XII secolo, ma ci furono aggiunte nel Duecento e nel Trecento. Poi fu ricostruita in forme barocche nel 1733. 183 Olbia UN FUTURO CHE VIENE DA LONTANO Dopo uno sviluppo urbanistico poco attento al passato, oggi la città si rinnova riscoprendo la sua tradizione di storico avamposto verso il continente DI GIOVANNI ANTONIO LAMPIS - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS 184 L o sviluppo urbanistico, tumultuoso e a tratti disordinato, è riuscito a occultare per decenni la straordinaria unicità di questa città: Olbia è antica di 2.800 anni. La natura profonda delle cose ama nascondersi, diceva il filosofo Eraclito. A Olbia, visto che nessuno se ne curava, ha deciso di tornare a galla da sé. È il luglio del 1999. In via Genova sono in corso i lavori per la realizzazione del tunnel davanti al mare. Il cantiere a un tratto si blocca. Dal fango emerge una forma allungata, la consistenza porosa del legno. È il primo di 24 relitti d’epoca romana e giudicale, una delle più importanti scoperte d’archeologia navale del secolo. La terra restituisce immagini di guerra: Olbia attaccata dai Vandali, le navi distrutte dalla furia barbarica, i marinai massacrati senza pietà. E racconta di un nucleo portuale che 1.600 anni fa era lo snodo delle rotte per Ro- ma, pedina strategica sulla via del grano. La capitale della Gallura, che ha raccontato a tutti la sua storia di paesone in equilibrio tra il porto e lo stazzo, le industrie conserviere e i paradisi smeraldini del principe Aga Khan, si scopre già città nella Sardegna dei villaggi, avamposto sul mare in una terra ancora ripiegata all’interno, nuragica e pastorale. E oggi, con orgoglio, si prepara a esporre i suoi tesori nel Museo archeologico nazionale appena inaugurato. Il museo, progettato dall’architetto Vanni Maciocco, è situato su un isolotto come una specie di edificio flottante sul mare, con un rapporto interno/esterno di grande effetto spettacolare. Intorno a un patio centrale si articolano gli spazi dove vengono esposte le navi Sopra: l’arena all’aperto del nuovo teatro progettato dal celebre architetto Giovanni Michelucci. La moderna struttura verrà inaugurata entro l’anno. 185 INVERNO romane e medievali ritrovate durante gli scavi, e un’altra serie di spazi funzionali – biblioteca, auditorium, centro congressi – che gli conferiscono una funzione pubblica complessa. Al piano superiore avanzate tecnologie riproducono in maniera virtuale l’evento vandalico con l’affondamento delle navi. I relitti recuperati a pochi metri dal lungomare non sono però le uniche impronte di un passato antico. Il corso Umberto, via principale della città, è una teoria di palazzine d’epoca ben ristrutturate tra cui spiccano il Palazzo municipale e la Biblioteca simpliciana. Una breve passeggiata e si raggiungono le mura puniche di via Torino. La costruzione rettilinea si apre in una porta, si eleva con una piccola torre a pianta rettangolare ricavata da un dosso naturale rinforzato con i blocchi di granito. È il segno della dominazione cartaginese, la fortificazione che racchiude l’ex villaggio diventato città. A poca distanza, in via delle Terme, si osservano i resti dell’acquedotto romano (I-II secolo) che trasportava l’acqua dalla montagna di Cabu Abbas alle terme della città antica. Non lontano dalle ve- 186 Sopra: la facciata del modernissimo Museo archeologico nazionale. Un ponte ideale tra presente e passato, che trova piena realizzazione all’interno nell’esposizione dei resti delle navi di età romana (sotto), scoperte nel 1999 nel corso degli scavi per la costruzione di un tunnel sotto il lungomare. stigia puniche e romane, si ammira la raffinata chiesa romanica di San Simplicio (XI-XII secolo), intreccio di granito e mattoni, già cattedrale del giudicato di Gallura. Tre navate, l’abside orientata a ovest, nell’aula i resti di due affreschi, San Simplicio e San Vittore, d’epoca basso-medievale. I monumenti della città moderna Ma la città va fiera anche dei suoi monumenti moderni, tra cui spicca il nuovo teatro disegnato dall’architetto Giovanni Michelucci. Completato dopo la morte dell’illustre progettista, il teatro – che si compone di una parte coperta e di un’arena all’aperto – verrà inaugurato entro l’anno. Ma è fuori dalla cinta urbana che Olbia mette in fila i pezzi pregiati della sua storia. Sulla strada che dal lungomare conduce a Pittulongu-Golfo Aranci, si DOVE MANGIARE Al ristorante Gallura, corso Umberto 145, tel. 0789/24.648, è imperdibile l’aragosta alla catalana di Rita Denza, regina dei fornelli. Prezzo medio da 50 euro. Da Bartolo, via A. Moro 133, tel. 0789/51.348, la cucina è buona e i prezzi sono medi. A Porto Rotondo, suggestioni mediterranee arricchite dal pescato di giornata all’Enoteca da Giovannino, piazza Quadrata, tel. 0789/35280. Conto da 70 a 120 euro. DOVE DORMIRE Hotel Capriccioli, località Capriccioli, tel. 0789/96.004, è un tre stelle con spiaggia privata e ottimo ristorante, la mezza pensione va da 80 a 150 euro. Il residence Capriccioli, località Capriccioli, tel. 0789/96.016 per una vacanza sul mare più bello del mondo, offre appartamenti per due persone da 300 euro la settimana. Hotel Piccolo Pevero, loc. Pevero, tel. 0789/94.551, serena oasi di ospitalità nel cuore della Costa, pernottamento con prima colazione 40-80 euro. Hotel Le Ginestre, tel. 0789/92.030, a un chilometro da Porto Cervo, nel cuore di un parco di 15 mila mq sul golfo del Pevero. 5 suites e 75 doppie, spiaggia riservata, piscina, sport, sala congressi, ottima cucina. Possibilità di escursioni negli incantevoli dintorni galluresi e nelle isole dell’arcipelago della Maddalena. svolta sulla destra per raggiungere il pozzo nuragico Sa testa. Età incerta: tra il 1500 e il 1000 a.C. Per gli archeologi, un santuario dell’acqua con valore zonale, non limitato agli insediamenti nuragici dei dintorni. Un salto lungo quindici secoli. Dalla provinciale per Padru si raggiunge la fattoria di S’Imbalconadu. La costruzione, d’epoca romana (120-130 a.C.), si sviluppa su una superficie di 1.000 metri quadrati. Nel perimetro del complesso abitativo, costruito intera- mente in mattoni crudi, sono stati recuperati utensili metallici, monete, i resti di una macina e di un forno. Un altro balzo per arrivare dall’antica Roma al Medioevo. Sulla provinciale per Loiri, all’altezza del chilometro 3,300 si svolta a destra su una strada sterrata e si raggiunge il castello di Pedres, costruito su un rilievo granitico. È l’epoca della dominazione pisana: l’edificio fortificato svetta con lo spettacolare mastio di oltre 10 metri e domina autoritario la conca di Olbia. È il meglio conservato, ma non è l’unico castello di questa parte di Gallura. Sull’isola di Molara, in cima a punta Castello, una fortificazione d’età altomedievale vigila su Tavolara e sulla costa fino a Capo Comino. Alla periferia di Olbia, sul colle di Mont’a Telti, il fortilizio di Sa Paulazza fa guardia alla pianura con lo sguardo rassegnato del soldato sconfitto. È seminascosto dalla vegetazione, umiliato dal tempo, offeso dall’indifferenza della città che ha sorvegliato per secoli. La natura profonda delle cose ama nascondersi, diceva il filosofo Eraclito. A volte è un castello ricoperto di sterpi, a due passi dal trambusto del porto. In alto: nella severa facciata della chiesa di San Simplicio, completata nel XII secolo, si ritrovano motivi del romanico lombardo-pisano. A sinistra: le ampie arcate in granito scandiscono la navata centrale di San Simplicio che fu cattedrale fino al 1503. 189 INVERNO GASTRONOMIA Le carni e gli aromi Pecora, agnello, capretto, ma soprattutto maialino, il tradizionale piatto delle feste. Con zafferano cellino selvatico da latte cotto allo spiedo, non manca mai. Infilzato su un ramo di corbezzolo, viene cotto su un fuoco di legno di ginepro, leccio e olivastro. Il trucco per la preparazione a regola d’arte, oltre al mantenimento costante della temperatura per cuocere la carne fino all’osso formando al contempo la gustosa crosticina Sotto: la preparazione a regola d’arte del porceddu, il porcellino selvatico, prevede un fuoco di legno di ginepro, leccio e olivastro per aromatizzare la carne durante la cottura che deve avvenire a temperatura costante. Questo compito, tutt’altro che facile, viene affidato di solito al capofamiglia. Fotografie di Gianmario Marras carne di pecora, utilizzata anche per ottenere brodi saporiti e spezzatini finemente tritati con cui condire la pasta, sono molto usate le carni e le frattaglie d’agnello, che in ogni zona vengono preparate in maniera diversa. Nel Nuorese, per esempio, l’agnello si cucina stufato con l’aggiunta di vino e si serve con i finocchietti. Vanno forte anche il capretto, la lepre e il coniglio selvatico, ma il maialino è in assoluto una delle materie prime più importanti della cucina isolana, soprattutto conviviale. In famiglia la domenica e per le feste comandate il porceddu, por- Archivio Prima Press N ella cucina sarda le carni giocano il ruolo principe, specialmente in inverno. A cominciare da quelle di pecora, che sull’Isola sono circa 4 milioni per poco più di un milione e mezzo di abitanti. Basti pensare che la metà del latte di pecora italiano è munto in Sardegna. Le tecniche di preparazione più tipiche sono lo spiedo e il carraxiu, ovvero la lenta cottura ottenuta scavando una buca nel terreno e riempiendola di braci e legni odorosi. Leccio, olivastro ma soprattutto il ginepro, dal bouquet aromatico e al contempo balsamico. Oltre alla Sopra: i diversi momenti della raccolta e della pulitura dello zafferano nella campagna di San Gavino Monreale e di Turri. La provincia di Cagliari è il principale produttore nazionale di questa spezia pregiata. esterna, è quello di fare gocciolare del lardo sul porceddu per accelerare la cottura, rendere la carne più tenera e la crosticina più croccante. Gli estimatori lo apprezza- no anche freddo, avvolto in rami di mirto per un’aromatizzazione inebriante. Cuocere a puntino il maialino da latte non è affatto facile e il compito, affidato solitamente al capofamiglia, è considerato una vera e propria investitura da parte del clan. Esistono ricette a base di carne ben più complicate. Una per tutte è il malloru de su sabbatteri (letteralmente il toro del ciabattino): un arrosto a effetto scatole cinesi. Un vitello sventrato viene farcito con una capra selvatica che a sua volta contiene un porceddu. Questi racchiude una lepre, al suo interno c’è una pernice che contiene un uccello. L’abilità consiste nel ricucire per bene gli animali e dell’operazione si incaricava il ciabattino del paese. È uno dei pochi 191 INVERNO GASTRONOMIA Il vino “compagno” dei gusti forti piatti sardi rielaborati ed esportati. Pare infatti che i cuochi in servizio alla corte dei Savoia (trasferitasi in Sardegna tra il 1806 e il 1814) restarono affascinati da questa idea dell’animale con sorpresa e inventarono il più semplice, ma famosissimo, fagiano in cocotte (contenuto in un tacchino). Un’altra prelibatezza invernale che si consuma un po’ dappertutto è il bollito di bue rosso, una razza pregiata allevata all’aperto attorno ai massicci del Montiferru e del Linas dove i terreni di origine vulcanica e mediamente acidi mantengono i pascoli freschi per gran parte dell’anno. Il segreto per un buon bollito di bue A destra: costolette d’agnello al mirto, una prelibatezza d’inverno dove carne e profumi dell’Isola si incontrano a tavola. 192 ricco e saporito. Per la capra suggerisco il Korem (nato da un progetto di rivalutazione del bovale e carignano), vino ricco e fruttato”. Più tradizionali i suggerimenti dell’enologo Nicola Pignatelli della cantina sociale di Dorgali, nel Nuorese. “I piatti tipici del territorio sono il porcetto che abbino a un Cannonau Vigne Isalle 2003 (che invece dei canonici 12,5° ne ha 13,5°) e la pecora che accompagnerei volentieri con un Filieri rosso 2004 (cannonau 80%), mentre il sapore più delicato dell’agnello, del capretto e del coniglio richiedono un Filieri rosato (cannonau 80%), il nostro vino di punta e la bottiglia numericamente più venduta in Sardegna. Sul bollito in generale bevo il Noriolo, un uvaggio al 60% cannonau e altre 7 uve rosse tra autoctone e non, mentre il Fuili, un altro uvaggio, affinato 18 mesi in barrique nuove, lo considero più da fine pasto, magari con un buon pecorino stagionato a pasta dura”. Cantina Argiolas, Serdiana (Ca), tel. 070/74.06.06, aperta al pubblico dal lunedì al venerdì 8-13/14,30-17. Cantina Sociale Dorgali, Dorgali (Nu), tel. 0784/96.143, aperta al pubblico dal lunedì al venerdì 8-14 e in estate tutti i giorni 15,30-20. rosso è l’aggiunta nell’acqua del mazzetto aromatico sardo: finocchio selvatico, cipolle e uno o due pomodori secchi. Oltre alle erbe isolane citate, cui vanno aggiunte lavanda sarda (Lavandula stoechas) e mirto (Myrtus communis), non va dimenticato il ruolo dello zafferano nella cucina locale, che accompagna molte preparazioni di carne. Soprattutto in inverno, quando si raccolgono i pistilli nelle campagne di San Gavino Monreale e di Turri. Siamo nella provincia di Cagliari, che, con i suoi venti ettari coltivati a Crocus sativus (per 150 chili di prodotto all’anno), è il maggiore produttore nazionale della profumata spezia. In tutta Italia si arriva infatti a 32 ettari di superficie coltivata. E in Sardegna si utilizza proprio in ogni zona, come dimostra la varietà di nomi attribuiti nelle diverse aree ai pistilli di crocus: zafferano, tsanfarànu, zanfarànu, tanforànu, tafferànu, tanfarànu, tonfarànu, tafferànu, thaffarànu, thamfarànu, toffarànu. Ornella D’Alessio Archivio Prima Press Se il più importante e noto vitigno della Sardegna è il cannonau, diffuso in tutta l’Isola, sempre di più le cantine sarde si dedicano alla riscoperta di altre uve autoctone. “Da anni”, spiega Mariano Murru, enologo della cantina Argiolas, “utilizziamo il bovale, che al nord dell’Isola viene chiamano muristellu, il monica e il nuragus, vitigno a bacca bianca a lungo sottovalutato da cui produciamo il S’Elegas, vino che si sposa bene con formaggi freschi o con la ricotta. Le uve di nuragus, adesso esaltate anche da Hugh Johnson e Robert Parker, si esprimono al meglio con produzioni non superiori a 1,5-1,8 kg per ceppo. I tannini dolci e nobili del Perdera (monica 90%, bovale 5% e carignano 5%) lo rendono interessante sulla pasta, sui piatti di carne e perfino sul pesce, ma si apprezza anche con la pecora bollita, mentre il Costera (cannonau 90%), più robusto, è adatto al maialetto arrosto”. Il Turriga, il vino che ha fatto da traino nel mondo per i vini sardi, merita un posto di rilievo. Grazie all’evoluzione prima in piccoli fusti di rovere e poi in bottiglia, esprime un carattere speziato con eccezionali aromi terziari. “È ideale con carni in umido e con la selvaggina”, aggiunge Mariano Murru. “È perfetto anche con il cinghiale, il piatto delle feste. Quello sardo, di dimensioni inferiori rispetto a quelli ’continentali’, ha un gusto più