un`isola per quattro stagioni

Transcript

un`isola per quattro stagioni
Sardegna
NUMERO 35 MAGGIO 2005
EURO 6,20 IN ITALIA
ITINERARI SPECIALI DI Bell’Italia /
SARDEGNA
/ NUMERO 35 MAGGIO 2005
UN’ISOLA
PER QUATTRO
STAGIONI
LA PRIMAVERA DELLA NATURA
L’ESTATE DEL MARE
L’AUTUNNO DEI SAPORI
L’INVERNO DELLE CITTÀ
EDITORIALE GIORGIO MONDADORI
Sardegna
ITINERARI SPECIALI DI BELL’ITALIA
NUMERO 35 - MAGGIO 2005
Direttore responsabile: Luciano Di Pietro
Redazione:
Marco Massaia (art director)
Michela Colombo (caporedattore)
Daniela Bonafede, Pietro Cozzi
Lara Leovino, Sandra Minute
Impaginazione:
Corrado Giavara, Franca Bombaci
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Susanna Scafuri (responsabile)
Segreteria:
Orietta Pontani (responsabile),
Paola Paterlini
A cura di:
Aldo Brigaglia, Rita Colombi,
Maria Paola Lodigiani
(Studio Ready-Made, Milano)
Realizzazione grafica:
Monica Maltarolo (Studio Ready-Made, Milano)
Hanno collaborato
per la documentazione, l’archivio e la redazione:
Carlo Migliavacca
per i testi: Walkiria Baldinelli, Aldo Brigaglia,
Lello Caravano, Daniele Casale, Ornella
D’Alessio, Emanuele Dessì, Walter
Falgio, Emiliano Farina, Laura Floris,
Mario Frongia, Giovanni Antonio
Lampis, Patrizia Mocci, Rafaela Solinas
Cartina di: Mario Russo
ALLA SCOPERTA DEL PIÙ BEL PAESE DEL MONDO
Direttore responsabile: Luciano Di Pietro
EDITORIALE GIORGIO MONDADORI S.P.A.
Presidente: Urbano Cairo
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Direttore Generale: Giuseppe Ferrauto
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Bell’Italia
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SOMMARIO
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UNA SARDEGNA PER QUATTRO STAGIONI
STORIE DI UN’ISOLA
PRIMAVERA
ACQUE - L’altro mare della Sardegna
SAGRE - Tra sacro e profano
MONUMENTI NATURALI - Spettacoli all’aria aperta
GROTTE - Nelle viscere di una terra antica
OGLIASTRA - Dove il cielo è più limpido
MINIERE - Il turismo del sottosuolo
GASTRONOMIA - Dolci, pani e zuppe
ESTATE
SPIAGGE - Le superstar
FESTIVAL JAZZ - Un mare di musica
ALGHERO - La piccola Barcellona
GIROTONNO - L’isola nell’Isola
YACHT CLUB - Veleggiare in paradiso
SANTA TERESA GALLURA - Regina di sole e di vento
SAGRE - Appuntamenti con la tradizione
GASTRONOMIA - Delizie di mare
LA COPERTINA.
La torre
della Pelosa a Stintino
(foto di Marco Melodia/
Il Dagherrotipo).
AUTUNNO
CASTELLI E CHIESE - Parole di pietra
TURISMO IN TRENO - Elogio della lentezza
BED & BREAKFAST - Come se foste a casa vostra
CANTINA DI DORGALI E VINI - Nettare degli dei di alta qualità
FAUNA - Un patrimonio da difendere
MONUMENTI ARBOREI - I patriarchi verdi
SAGRE - Saperi e sapori
TERME - Un tesoro custodito dalle fate
GASTRONOMIA - È tempo di formaggi
INVERNO
CAGLIARI - Itinerari novecenteschi
SASSARI - Una passeggiata nel Liberty
SAGRE - Tra natura, fede e trasgressione
NUORO - Piccola culla di scrittori e artisti
NEVE - Sul tetto della Barbagia
ORISTANO - Nel nome di Eleonora
OLBIA - Un futuro che viene da lontano
GASTRONOMIA - Le carni e gli aromi
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© 2005 Editoriale Giorgio
Mondadori S.p.A.
Periodico associato
alla FIEG (Federazione
Italiana Editori Giornali)
Pubblicazione periodica registrata presso
il Tribunale di Milano il 17/04/2002, n. 236
Prima pagina
UN’ISOLA PER TUTTE
LE STAGIONI
S
oprattutto quando si avvicina l’estate, la Sardegna è sulla
bocca di tutti, e nei sogni di molti. Ciò nonostante, continua
a essere una regione poco conosciuta. O meglio: conosciuta,
per così dire, in modo asimmetrico. E la colpa è sua. Perché è
proprio l’Isola, in prima persona, ad allevarsi in seno il maggiore
e più pericoloso dei concorrenti: il suo stesso mare. Il mare di
Sardegna, che come vorace sirena, conscia della propria bellezza, sembra fagocitare l’Isola, assorbirla, usarla a suo uso e consumo, scegliendo con abile arte di manifestarsi al grande pubblico
quando è all’apice del suo fascino, secondo tempi e modi che ne
esaltino il fulgore. Che son poi i tempi e i modi dell’estate. Sicché questa terra, agli occhi dei “forestieri”, sembra vivere una
sola stagione. Le altre tre sono relegate all’ambito di inefficaci
racconti, di sterili suggestioni, di infruttuosi inviti, o di piaceri
riservati: ah, se vedeste la Sardegna fiorita e lo stesso mare in primavera! E i colori e le atmosfere dell’autunno! Le sue città, poi, piene di
cose da vedere e da vivere nel placido inverno! Ma niente, o almeno,
troppo poco. Appelli in gran parte perduti nel vuoto, consigli in
gran parte inascoltati.
Discorso antico, e problema di non facile e, comunque, di lenta
soluzione. Un contributo prova a fornirlo anche Bell’Italia con un
nuovo “speciale” dedicato all’Isola. Abbiamo scelto di dividere il
fascicolo in quattro parti, quante sono le stagioni, individuando
per ciascuna alcune delle peculiari caratteristiche di richiamo.
Speriamo così di offrire uno spunto, pur nei limiti di un giornale, per allargare i “tempi d’uso” della Sardegna, e per documentare, ancora una volta, quante e quali siano le sorprese ch’essa
riserva. In qualsiasi stagione.
P.S. Preveniamo l’osservazione: ma come, si giudica il mare una “tirannica sirena” e
poi lo si mette in copertina! Certo: si sfrutta il grande motivo di richiamo nella speranza di rivolgersi a un pubblico il più vasto possibile. Per poi parlargli anche, e soprattutto, di qualcosa d’altro.
Cartina di Mario Russo
SCOPRIAMO LA SARDEGNA
Nella cartina sono indicate le aree geografiche, i luoghi e le località toccate nelle pagine
di questo “speciale” dedicato alle quattro stagioni sull’Isola.
PRIMAVERA
Gianmario Marras
La rinascita della natura, le sagre,
la freschezza delle acque interne...
E una gita in Ogliastra
L’imponente torre Longosardo che domina il promontorio
roccioso di Santa Teresa Gallura.
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Acque
L’ALTRO MARE
DELLA SARDEGNA
Sono le cascate, i laghi e i fiumi: scenari sconosciuti ai visitatori occasionali,
quasi ignorati dagli stessi abitanti dell’Isola, assenti dal tradizionale circuito
turistico che cerca soltanto i colori abbacinanti delle spiagge
Gianmario Marras
DI DANIELE CASALE
Il salto spettacolare della cascata
di Sos Molinos, tra Santu
Lussurgiu e Bonarcado: le acque
dell’omonimo rio cadono in
mezzo alla fitta vegetazione
sul fondo di una forra.
ACQUE
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giungibili dalla statale Nuoro-Lanusei, strada che consente tra l’altro di arrivare ad alcuni sentieri panoramici,
tra cui quello per il torrione di Perda Liana, e di inoltrarsi nelle ultime, secolari foreste del Gennargentu.
Non può mancare un accenno al bacino più grande,
l’Omodeo, famoso perché custodisce ancora nei suoi
fondali i resti di una savana pietrificata, risalente all’era
miocenica. Anche in questo caso, i paesi rivieraschi (tra
cui Soddì e Sorradile) si stanno attrezzando per offrire
diversi servizi ai turisti, come le canoe e un piccolo battello con cui attraversare lo specchio d’acqua.
Le cascate nascoste
L’altro mare della Sardegna appare in primavera, quando la neve libera le acque intrappolate in strette e
profonde gole inaccessibili agli sguardi, e prima che l’estate torrida lo prosciughi. L’altro mare non bagna le coste, ma gorgheggia tra vallate silenziose. Ma la bellezza
ha un costo. Raggiungere una cascata, nella maggior
parte dei casi, non è impresa facile. Le indicazioni poi
non aiutano: dovunque assenti, se si eccettuano i sentieri nel massiccio del monte Linas, in territorio di VillaciSopra: le morbide insenature di sabbia giallissima
incorniciate da una folta pineta movimentano il lago Baratz,
a nord di Alghero. Nella pagina accanto: il lago Alto
del Flumendosa, nei pressi di Villanova Strisaili, è il più
scenografico dei laghi artificiali della Sardegna.
Le acque del suo invaso, posto a 800 metri di quota,
alimentano tre centrali idroelettriche, vengono utilizzate per
l’irrigazione e “danno da bere” ai comuni limitrofi;
sotto: Sa Spendula, nei dintorni di Villacidro, è l’ultimo salto
del rio Coxinas verso la pianura del Campidano.
dro e Gonnosfanadiga. Eppure, lo spettacolo ripaga la
fatica: lo scrosciare impetuoso dell’acqua fa da colonna
sonora a paesaggi segreti, dove la natura è protagonista
incontrastata e l’uomo una fuggevole comparsa.
Dal Gennargentu all’Ogliastra, dal Montiferru ai
monti di Villacidro, dal Limbara al Supramonte, ogni
zona dell’Isola ha la sua cascata. Sadali, piccolo centro
della Barbagia di Seulo, è l’unico paese dell’Isola a ospitare un piccolo salto d’acqua, la cascata di Valentino,
persino tra le graziose casette del centro storico. E basta
addentrarsi nel sentiero che conduce alle grotte di Is Janas (delle Fate), a pochi chilometri dal paese, per scoprire il fascino di Su stampu ‘e su turrunu: tra i lecci e i sambuchi la rumorosa cascata si riversa in un laghetto dopo un
salto di 16 metri da un foro nella roccia, scavato nel corso dei
millenni dalla forza dirompente dell’acqua. Lungo lo stesso
sentiero, attrezzato da un corrimano d’acciaio, dopo appena
300 metri di passeggiata si possono ammirare altre due cascatelle, una a fianco all’altra. Altro
spettacolo unico in Sardegna.
Ancora in Ogliastra attraverso i tacchi e i picchi calcarei caratteristici di questa regione: a
Ulassai (località Santa Barbara)
vicino alle grotte di Su Marmuri, un gigantesco anfiteatro na-
turale incornicia la cascata di Lequarci, dove un getto
d’acqua salta nel vuoto da 50 metri. Chi non teme un bagno fuori stagione può provare a passare dietro la cascata: non troverà il tesoro, ma un arcobaleno multicolore
catturato dalle goccioline d’acqua.
Un mantello di calcare caratterizza invece la cascata
Middai, nel territorio di Seui. Ci si arriva comodamente grazie a un sentiero sistemato dalla Forestale, pochi
minuti dopo aver parcheggiato l’auto. Siamo in una
delle zone più belle della Sardegna, nel Montarbu. La
cascata Middai è suggestiva quando è in piena, ma anche nei periodi di secca grazie alla sua parete dai toni
giallo oro con concrezioni che ricordano ampi mantelli.
Lasciati i tacchi dell’Ogliastra,
il viaggio per cascate prosegue
verso nord, sulle cime più alte
dell’Isola. Il versante del Gennargentu di Arzana è ricco di
corsi d’acqua. Nelle selvagge
vallate, habitat preferito dai
mufloni, i torrenti sono spesso
impetuosi e la loro forza si rovescia in strette forre e in salti
d’acqua spettacolari molto
spesso nascosti. L’accesso alla
gola di Pirincanes è facile, si arriva in auto percorrendo la strada che dalla Nuoro-Lanusei
conduce al caratteristico tacco
di Perda Liana. Una volta incontrato, sulla destra, il grande
Gianmario Marras
L
a Sardegna è sempre stata una terra assetata,
ecco perché nell’arco di un secolo si è cercato
di rimediare dando vita a vari bacini artificiali. In diversi casi questi laghi, una decina circa, sono nati in un contesto ambientale di primitiva bellezza impreziosendo i boschi secolari e il verde della macchia mediterranea.
Ma c’è un’eccezione, il lago Baratz. Unico lago naturale della Sardegna, vicino all’insenatura di Porto Ferropoco a nord di Alghero. Le sue rive sono davvero particolari, con dune giallo oro che si inoltrano all’interno di
una fitta pineta. Lo specchio d’acqua, 50 ettari di estensione, offre riparo a una variegata avifauna, tra cui aironi cinerini, svassi e gruccioni.
Ma forse il lago più pittoresco dell’Isola è quello di
Gusana, stretto tra i boschi della Barbagia, a pochi chilometri dal paesino di Gavoi. Il colore blu cobalto delle
sue acque contrasta con il verde delle chiome di lecci e
roverelle. Il modo migliore per apprezzare le sue placide acque è salire su una canoa o su uno dei pattini che si
possono noleggiare chiedendo informazioni ai tre hotel
ubicati sulle sponde. Assieme ai vicini Cucchinadorza e
Benzone, il lago di Gusana fa parte del grande gruppo
di bacini idroelettrici del Tirso.
Ai piedi del Gennargentu e vicino alle sorgenti del
secondo fiume più lungo dell’Isola, si trova il lago Alto
del Flumendosa, così chiamato perché il sistema idrografico comprende anche il bacino Medio, creato nel
1952 per irrigare il Campidano, non distante dal piccolo
lago Mulargia. Le sponde del lago Alto, che ricade in
territorio di Villagrande Strisaili e Arzana, sono rag-
Daniele Pellegrini
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
PRIMAVERA
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PRIMAVERA
Sopra: il pozzo nuragico di Santa Cristina
a Paulilatino risale a circa 3.000 anni fa.
18
Sopra: il lago Omodeo, nell’alto Oristanese. Formatosi
dopo la costruzione della diga di Santa Chiara tra il 1919
e il 1923, posta a sbarramento del Tirso, questo bacino
artificiale ridisegnò l’intera vallata.
masso che segnala il Gennargentu si deve percorrere
la strada carrareccia che dopo pochi tornanti giunge a
un leccio secolare. Lasciata l’auto, si risale la sponda
del rio Calaresu. Dopo un’ora di cammino, in un paesaggio dominato da ginepri, piscine e archi naturali, le
tre cascate del Riu ‘e forru sono quasi una sorpresa,
nascoste da un imponente costone di granito. Tre salti,
uno dopo l’altro, visibili solo dopo una breve ma impegnativa arrampicata.
L’Oristanese, ricco di pianure e poco montuoso, non
delude. Il Montiferru, primigenia zona vulcanica che
impressionò il geografo e storico Alberto La Marmora,
custodisce l’unica cascata della Sardegna che si getta in
mare, dopo un salto di 40 metri. Siamo nel territorio di
Cuglieri, poco dopo Santa Caterina di Pittinuri, dove alte falesie di basalto proteggono questo tratto della costa
occidentale. La cascata a picco di Capo Nieddu è davvero spettacolare, specie quando soffia impetuoso il maestrale che spinge con forza l’acqua indietro, dando vita a
un’eterna battaglia tra acqua e vento. Sul versante opposto del massiccio del Montiferru, in una valle selvaggia si trova la cascata di Sos Molinos (Santu Lussurgiu),
così chiamata perché fino a pochi decenni
fa erano ancora in funzione alcuni mulini.
Si raggiunge lungo la provinciale che da
Bonarcado arriva a Santu Lussurgiu.
A Villacidro e Gonnosfanadiga le cascate
sono diventate una risorsa per il turismo
ambientale: ecco perché ai piedi del massiccio del monte Linas si trova una delle
poche zone, dove la segnaletica biancorossa viene in aiuto di chi vuole ammirare le
sei cascate del massiccio. Rio Arrusarbus,
Gutturu Fenugu, Sa Spendula, Piscina Irgas, Muru Mannu, rio Linas: questi i loro nomi, perle
incastonate in gole insidiose ma ricche di fascino. Marco Melodia/Il Dagherrotipo
I sardi e l’acqua, un legame particolare che si perde
nella notte dei tempi. Da sempre sospettosi del mare, i
primi abitanti dell’Isola, in età nuragica, hanno ritenuto
questo elemento sacro, sia che provenisse dal cielo
sia che sgorgasse dalle viscere della terra.
Già dall’antichità sono stati studiati dei modi per conservare la preziosa acqua piovana in cisterne naturali
(sas nurras) in previsione di lunghi periodi siccitosi.
Nei circa 40 templi a pozzo che si contano sparsi in
tutta la Sardegna avvenivano poi i rituali cultuali e si
deponevano le offerte. Uno dei meglio conservati è il
pozzo di Santa Cristina a Paulilatino (Oristano), costruito circa 3.000 anni fa. Un’area sacra dove ci si
riuniva, anche se probabilmente solo il sacerdote poteva bagnarsi. Il pozzo di Paulilatino venne edificato tenendo conto degli equinozi: il sole ancora oggi illumina il fondo attraverso la scalinata quadrangolare, mentre ogni 18 anni, in inverno, la luna piena, da un piccolo foro sopra la cisterna, si specchia sull’acqua. Altre
importanti testimonianze sono quelle di Santa Vittoria a
Serri (Cagliari) e il pozzo di Su Tempiesu a Orune (Nuoro), che si discosta leggermente dalla struttura classica, caratterizzata da un vano di ingresso (al livello del
suolo), la scala e il vano interrato dove si trova la fonte. La volta è solitamente a cupola. In superficie, l’area
sacra è quasi sempre delimitata da un recinto di pietre
e sorge nei pressi di una sorgente.
All’acqua i nuragici attribuivano inoltre poteri taumaturgici: i bagni termali rupestri di Oddini, in territorio di
Orani (Nuoro) e noti ai Romani, sono frequentati ancora
oggi tra la fine dell’estate e l’autunno dai pastori per
guarire i reumatismi. Nel villaggio di Teti, in mezzo al
Gennargentu, fino alla seconda metà dell’Ottocento gli
anziani si radunavano in periodi di siccità, convinti
che, agitando i loro lunghi bastoni e percuotendoli
contro le rocce, si scatenasse un temporale.
Infine, l’acqua è sempre stata considerata portatrice di
fertilità: nell’antica cerimonia nuziale ripetuta da secoli in alcuni paesi della
Sardegna, la suocera
gettava ai piedi della
sposa dell’acqua mista
a grano, frumento e sale. Un mix che doveva
servire a risvegliare le
forze produttrici naturali e a stimolare la fecondità della donna.
Gianmario Marras
Il culto delle acque
19
Sagre
TRA SACRO E PROFANO
Dopo le suggestive ma austere celebrazioni
per la Settimana Santa, una fantasmagoria di colori e di suoni
per Sant’Efisio a Cagliari e la Cavalcata sarda a Sassari
Gianmario Marras
DI ALDO BRIGAGLIA - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
Il Lunissanti di Castelsardo, che si svolge il lunedì
della Settimana Santa, è una cerimonia molto
rappresentativa per la singolarità del rito e la
straordinaria intensità. Il momento più suggestivo è
dopo l’imbrunire, quando le vie del centro antico
illuminate solo da lampade a olio vengono percorse da
una processione aperta dagli “apostoli” incappucciati
e accompagnati dalle consorelle con fiaccole.
PRIMAVERA
In questa pagina, sotto: in onore di
sant’Efisio, il 1° maggio
a Cagliari si svolge una grande
e coloratissima festa religiosa
che attira pellegrini da tutta l’Isola.
La statua del santo, posta in un’antica
carrozza a vetri scolpita e dorata,
trainata da buoi addobbati,
viene portata in processione, seguita
da migliaia di persone nei costumi
tradizionali dei propri paesi; a sinistra:
nel corteo non mancano i musicanti
con i loro tradizionali strumenti.
Diverse le processioni che da una chiesa all’altra attraversano le principali vie cittadine, con cortei che
recano le statue del Cristo Morto e della Madonna
Addolorata. Il sabato le confraternite, nei loro luttuosi
costumi, danno vita alla cerimonia del Su Scravamentu, cioè dello schiodamento e della deposizione di
Gesù dalla croce. La domenica, giorno di gloria, le
confraternite indossano i costumi della festa e partecipano numerose alle processioni del S’Incontru che
si svolgono nelle viuzze dei quartieri storici e hanno
come protagonisti il Cristo Risorto e la Madonna. La
Settimana Santa cagliaritana ha una simpatica appendice il lunedì di Pasquetta, quando in una città praticamente lasciata deserta dalle gite fuori porta uno
sparuto drappello di fedeli porta la statua di sant’Efisio lungo le antiche vie del Castello fino alla Cattedrale, in ricordo di un voto fatto nel 1793 in occasione
dell’assedio della città da parte della flotta francese.
Anche nella città di Iglesias, spagnola persino nel
nome, i riti pasquali sono di puro impianto iberico.
Anche qui si inizia il martedì con la processione dei
Misteri, con i baballotti – figuranti in tuniche bianche –
re, lo Stabat Mater e lo Jesu) mentre
una lunga processione di fedeli si
snoda dalla cattedrale fino alla
chiesetta campestre di Santa Maria
di Tergu, splendido gioiello benedettino dell’XI secolo.
Tra le numerose processioni della
Settimana Santa a Iglesias, la più
spettacolare è quella del Descenso,
che si effettua la sera del venerdì
con la statua del Cristo Morto
portata a spalla dai baballotti, ragazzi
e adolescenti in tuniche bianche
con il capo coperto da sa visiera.
Riccardo Bianchi
P
rimavera, in Sardegna, è tempo di riti pasquali. Numerose, in tutta l’Isola, si ripetono da secoli le rappresentazioni che rievocano il pathos della Passione e la gioia della Resurrezione. La lunga e cattolicissima dominazione spagnola (1323-1713) ha lasciato tracce indelebili
nell’Isola. Nelle chiese di stile gotico-aragonese o barocco coloniale i costumi delle arciconfraternite, le
preghiere e i canti della Pasqua ripetono da secoli liturgie e coreografie di chiara impronta iberica.
A Cagliari la Settimana Santa ha inizio il martedì
con la processione dei Misteri. Rito secolare che neppure le pestilenze e le guerre hanno mai interrotto,
ripercorre le stazioni della Via Crucis portando in
corteo una serie di drammatiche e stupende statue lignee opera del più grande scultore sardo del Settecento, Giuseppe Antonio Lonis. Il Giovedì Santo la
processione delle Sette Chiese, nel cuore del centro
storico, tocca le chiese di Sant’Efisio, delle Monache
Cappuccine, di San Giovanni, del Santissimo Crocifisso, di Santa Rosalia, del Sepolcro e di Sant’Anna. Il
venerdì è interamente dedicato alla morte di Gesù.
SAGRE
che ripropongono il calvario della Passione. Il giovedì, dopo il tramonto, la processione dell’Addolorata entra in tutte le chiese del centro, addobbate con is
nenneris, vasi in cui si semina il grano che germoglia
al buio della notte. Le campane sono legate, per cui i
cortei sono accompagnati dal monotono e assordante
rimbombo delle matraccas e delle raganelle. Il venerdì mattina la suggestiva processione di Gesù che
porta la croce al Golgota si effettua nella parte alta
della città. Ma il corteo più intenso e spettacolare è
quello della sera, con le statue del Cristo Morto e dell’Addolorata che percorrono il centro cittadino accompagnate da diverse compagnie di figuranti, tutti
in un loro singolare abbigliamento.
Ad Alghero i riti pasquali, interpretati dalle confraternite e dai fedeli che affollano le viuzze del centro con in mano i caratteristici ceri detti farols, si arricchiscono ogni anno della presenza delle germandats
(confraternite) provenienti dalla Spagna, a rinsaldare
un legame d’origine che nella bella cittadina catalana
non è venuto mai meno.
A Sassari, il martedì, la processione dei Misteri vede i membri delle confraternite sfilare a passo cadenzato per le vie della città incappucciati e rinchiusi in
una tonaca viola. Il momento più intenso è il venerdì
sera con S’Iscravamentu: la statua di Cristo viene portata giù dalla croce da figuranti vestiti in costumi giudei e deposta nel sepolcro.
Di eccezionale suggestione è il Lunissanti di Castelsardo, non solo per la singolarità del rito e la sua
straordinaria intensità, ma anche perché il paese,
abbarbicato sulla rocca che fu dei Doria e poi degli
Aragonesi, offre degli scorci mozzafiato a picco su
un mare d’incanto. Il lunedì è il giorno clou della
settimana castellanese, con i cantori vestiti di bianco che intonano i tre cori della tradizione (il Misere-
Un’esplosione di colori
Ma la primavera porta in Sardegna anche la sua più
grande e spettacolare festa religiosa, quella che si
svolge – tutti gli anni, da quasi quattro secoli – il 1°
maggio a Cagliari in onore di Sant’Efisio. Due-tremi-
SAGRE
Sopra: un’entusiasmante corsa al galoppo con cavalieri
in costume annuncia la Cavalcata sarda di Sassari (penultima
domenica di maggio), da oltre un secolo la più importante
e rinomata rassegna del folclore isolano. La festa
è incentrata su un’imponente sfilata per le vie del centro
cittadino a cui partecipano più di tremila figuranti a piedi
e a cavallo nei costumi tradizionali di tutti i centri piccoli
e grandi della regione. A sinistra: una vera e propria
tavolozza di colori, in un alternarsi di abiti
di severa semplicità o di opulenza di ornamenti.
la persone nel costume tradizionale del proprio paese, provenienti da ogni parte dell’Isola, danno vita a
una processione fantasmagorica ed emozionante che
accompagna la statua del santo – un soldato romano
convertitosi e martirizzato nel 333 – da Cagliari a Nora, luogo del martirio. Da non perdere. Gli stessi costumi, la stessa folla, la stessa variopinta fantasia
vengono riproposti la penultima domenica di maggio
nella Cavalcata sarda di Sassari.
Ce n’è, in questo periodo, anche per chi preferisce le
feste pagane. Una delle più popolari e genuine è la sagra del Torrone che si tiene nei giorni di Pasqua e Pasquetta a Tonara, villaggio della Barbagia famoso, oltre
che per il torrone – il migliore dell’Isola –, per l’artigianato del legno e del ferro. È il paese dove si produce la
quasi totalità dei campanacci delle pecore sarde: un bel
souvenir all’insegna della migliore tradizione locale. 24
25
Monumenti naturali
SPETTACOLI
ALL’ARIA APERTA
Tra terra e mare, ventidue luoghi unici, che una legge della Regione
tutela come vere e proprie opere d’arte
L’impressionante spaccatura della
gola di Gorroppu tra il Supramonte
di Orgosolo e quello di Urzulei
scavata nel corso di millenni dal rio
Flumineddu. Lo scenario che si gode
camminando sui massi resi lisci dalla
continua erosione del fiume in piena,
tra pareti a strapiombo alte oltre
400 metri, è mozzafiato.
Olimpio Fantuz/SIME
DI DANIELE CASALE
PRIMAVERA
MONUMENTI NATURALI
IL FIOR FIORE DELL’ISOLA
Antonio Saba
Ecco 12 esemplari della flora sarda, che esplode a primavera
P
innacoli che fendono il cielo slanciandosi
per 150 metri a picco sul mare, tassi millenari che non hanno mai visto la scure dell’uomo, sorgenti inghiottite dal calcare del
Supramonte e dopo centinaia di chilometri restituite
alla luce. Luoghi unici, sentieri in qualche caso ancora poco battuti racchiudono i tesori che fanno della
Sardegna un’isola cartolina, in Italia e nel mondo.
Ventidue monumenti naturali, tra terra e mare, che la
primavera fa nuovamente risplendere, dopo i rigori
dell’inverno e prima della calura estiva. Perché è proprio nella stagione del risveglio della natura che questa terra si scopre in tutta la sua bellezza: al di là dei
quasi 1.900 chilometri di coste, che non hanno più bisogno di presentazione o pubblicità, al di là di una
stagione – l’estate – che catalizza l’attenzione del turista sul mare cristallino.
Ci si può immergere nella macchia mediterranea
risalendo la parete della scala di San Giorgio (Osini)
o ammirare articolate stalattiti della grotta di San Giovanni (Domusnovas), o ancora stupirsi dell’imponenza dei faraglioni di Masua (Iglesias): sono solo alcuni
dei monumenti naturali riconosciuti e tutelati da una
legge della Regione Sardegna capaci di impreziosire
un’Isola che non finisce mai di sorprendere.
L’itinerario attraverso le meraviglie naturalistiche
parte dai calcari del Supramonte. Sull’altopiano del
28
Golgo, a 400 metri sul livello del mare, in agro di Baunei, punto di partenza per le pittoresche cale dell’Ogliastra, si trova la porta dell’Inferno, s’intrada de s’inferru, come la chiamano i pastori del posto: è la voragine Su Sterru, un pauroso inghiottitoio a campata unica, che sprofonda per circa 300 metri. Soltanto nel 1957
l’uomo, con una corda e una lampada a carburo, è riuscito a compiere un’esplorazione parziale, ma ancora
oggi si conosce poco della vita – piante, piccoli anfibi
– che si sviluppa tenacemente appesa alle sue pareti
riuscendo ad avere ragione del buio. Ancora sulla costa di Baunei, 40 chilometri di calcare, ginepri contorti
dal vento e magnifiche insenature, si trovano altre
due opere d’arte della natura: la guglia di Pedra Longa, poco a nord della frazione marina di Santa Maria
Navarrese, dove sono custoditi alcuni olivi millenari,
altro monumento tutelato, e punta Goloritzè, che dà il
nome alla celebre, candida caletta sovrastata da un
pinnacolo di 100 metri.
Sempre nel Supramonte, ma questa volta in territorio di Orgosolo, la depressione di Su Suercone fa pensare che da queste parti milioni di anni fa si sia schiantato un gigantesco meteorite. Lo spazio però non c’entra nulla, Su Suercone è un’immensa dolina carsica con
400 metri di diametro. Profonda fino a 200 metri, in tutta la circonferenza ha un solo punto di accesso. Ma la
fatica della discesa è presto ripagata. Alla base un in-
Acetosella
Anemone
Borragine
Crucifera
Dianthus
Ophrys tenthredinifera
Ginestra
Fragolina di bosco
Orchis italica
Papavero
Quittamo
Tarassaco
Fotografie di Vittorio Giannella
La splendida cala
Goloritzè, incastonata nel
verde della macchia tra
le alte falesie del territorio
di Baunei. Sovrastata da
un monolite calcareo
alto 143 metri, è chiusa
dall’omonima punta,
trasformata dall’azione
erosiva dell’acqua in un
suggestivo e insolito arco.
29
Antonio Saba
MONUMENTI NATURALI
A sinistra: nella parte terminale
della gola di Gorroppu si trovano delle
pozze di corrosione che formano vere
e proprie piscine naturali. Sotto: con
i suoi 1.293 metri di altezza, il torrione
calcareo di Perda Liana, tra i paesi
di Seui, Ussassai e Gairo, è visibile
da tutto il territorio del Gennargentu.
Secondo antiche leggende qui si apriva
la porta dell’inferno; oggi, al posto
di demoni e streghe, si incontra
soltanto qualche muflone.
ghiottitoio, diverse vestigia archeologiche e soprattutto vari esemplari
di tassi, un piccolo bosco relitto di
ere lontane, dato che l’albero della
morte (come viene chiamato per la
sua tossicità) vegeta soltanto in ambienti freddi.
Al confine tra Orgosolo e Urzulei la gola di Gorroppu, un’enorme ferita nel bianco calcare del Supramonte, impressiona per le sue dimensioni. È uno dei
canyon più profondi d’Europa e meta ogni anno di
escursionisti affascinati da quelle pareti alte 400 metri che quasi si toccano. Sotto, da milioni di anni, scorre il Flumineddu, che qui e là crea laghetti smeraldo
e spumeggianti cascatelle.
Vacanza avventura
30
Il “faro” del Gennargentu
Il torrione di Perda Liana, nel Gennargentu, 1.293 metri sul mare, è uno dei picchi più caratteristici dell’Isola, visibile da grande distanza. Il geografo dell’Ottocento Alberto La Marmora rimase stupito dalla sua
bellezza, e lo descrisse circondato da intricati boschi e
popolato solo da centinaia di mufloni. Le foreste non
esistono più da due secoli, in compenso i mufloni
stanno tornando all’ombra delle sue pareti verticali.
L’itinerario dalla montagna al mare non delude
mai, e ai basalti colonnari del monte Cèpera di Guspini (Medio Campidano) mancano soltanto le note,
Olimpio Fantuz/SIME
Il modo migliore per capire e apprezzare fino in fondo
gli angoli più segreti dell’Isola e i suoi monumenti naturali, che siano in mezzo alle montagne o lungo le
spiagge più inaccessibili, è indossare un paio di scarpe da trekking e mettersi in marcia. Senza fretta, facendo lunghe pause per imprimere nella mente scorci
selvaggi, panorami unici. Da qualche tempo alcuni
comuni (Baunei e Villacidro, per esempio) hanno deciso di puntare su questa forma di turismo, investire
in sentieri attrezzati, guide dettagliate che consentono di raggiungere destinazioni lontane dai percorsi
più battuti. C’è ancora tanto da fare, ma la volontà
sembra finalmente esserci.
Chi non ama la settimana standardizzata e organizzata fino all’ultimo minuto dei villaggi turistici ma pensa
che la vacanza sia anche avventura, può scegliere di
mangiare un maialino arrostito dal pastore a casa
sua, nel suo ovile. A organizzare tutto ci pensano cooperative giovanili locali, che possono offrire anche
guide escursionistiche o pacchetti tutto compreso.
Oppure, si può salire su un fuoristrada e affrontare
percorsi in mezzo al Supramonte per raggiungere più
agevolmente e con poca fatica la destinazione. Anche
in questo caso, a mettere a disposizione il veicolo ci
pensano le cooperative, con le quali si concorda il
prezzo in anticipo che può comprendere anche il
pranzo tipico. Il prezzo medio di un’escursione in fuoristrada è di 100 euro. Infine, si può scegliere di montare in sella a un cavallo e percorrere, per esempio,
le codule del golfo di Orosei. Il punto di partenza, in
questo caso, è l’altopiano del Golgo, che sorge sopra
l’abitato di Baunei.
Riccardo Spila/SIME
MONUMENTI NATURALI
Riccardo Bianchi
Sopra: un tempo noto come Concali su Terraini, l’imponente
scoglio granitico che si staglia di fronte a Porto Flavia,
nel territorio di Masua, fu ribattezzato alla fine del Settecento
Pan di Zucchero perché ricorda il più noto Pao de Azucar
di Rio de Janeiro. In questo straordinario faraglione
alto 133 metri, il più grande d’Europa, si aprono due
grandi grotte marine dove si può transitare anche in barca.
Sotto: bellezza da cartolina per S’Archittu, lo spettacolare
arco naturale scavato dal mare lungo le candide scogliere
di Santa Caterina di Pittinuri (Cuglieri).
32
perché sembrano davvero le canne di un gigantesco
organo, immerse tra cespugli di mirto e lentisco.
Un orso sorveglia la Sardegna, pensava il geografo
greco Tolomeo nel II secolo. Una creatura che intimoriva i naviganti, che pensavano che quell’imponente roccia fosse un gigantesco plantigrado di guardia dal
promontorio di Palau. Oggi è uno dei siti più famosi e
visitati della Sardegna. Altrettanto immortalato è l’arco
che buca le scogliere bianchissime di Santa Caterina di
Pittinuri (Cuglieri): sotto un mare cobalto e pescosissimo, dove ogni anno si tengono gare internazionali di
tuffi. S’Archittu è il relitto di un’antica grotta, letteralmente sfondata dalle onde del mare in tempesta.
Nel Sulcis-Iglesiente, i grigi faraglioni di Carloforte, le Colonne, non fanno che impreziosire l’isola di
San Pietro, già ricca di calette, falesie e promontori
suggestivi. Ancora più spettacolare il Pan di Zucchero,
poco più a nord in territorio di Iglesias-Masua, così
chiamato (già dalla fine del Settecento) per l’impressionante somiglianza con il Pao de Azucar di Rio de Janeiro. È uno degli ultimi rifugi del falco della regina,
che sulle sue impervie falesie (più di 130 metri sul mare) riesce a nidificare. Di fronte, la miniera di Porto Flavia, gioiello dell’archeologia mineraria e oggi l’attrattiva principale del Parco geominerario della Sardegna.
Il viaggio è finito, ma forse questo è solo l’inizio
perché l’Isola al centro del Mediterraneo ha ancora
tante, forse infinite, bellezze da disvelare. 33
Una delle due gallerie principali della grotta
del Fico, aperta al pubblico nel 2003, con le
suggestive formazioni di stalattiti, stalagmiti e
colonne, a volte filiformi. L’ingresso della cavità,
che si apre direttamente sopra il mare a 7 metri
di altezza nella straordinaria muraglia calcarea
del golfo di Orosei, è raggiungibile con
il servizio di imbarcazioni in partenza
da Santa Maria Navarrese.
Grotte
Un momento della serata conclusiva della
scorsa edizione del Festival internazionale
Calagonone Jazz con il gruppo “Timeline”
guidato dalla pianista americana Geri Allen.
NELLE VISCERE
DI UNA TERRA ANTICA
Tre itinerari attraverso il Supramonte di Baunei fino alla costa
dell’Ogliastra e nel Parco minerario del Sulcis-Iglesiente alla scoperta
delle cavità naturali aperte recentemente ai visitatori
DI WALTER FALGIO
C
La visita della grotta del Fico
si svolge percorrendo una
serie di agevoli passerelle.
Queste costeggiano il letto
fossile dell’antico fiume
sotterraneo che ha dato origine
alla cavità. Un lungo sifone,
meta preferita degli speleosub,
collega l’interno della grotta al
mare aperto, da cui in passato
accedeva la rarissima foca
monaca. Gli ultimi esemplari
sono stati avvistati una
ventina di anni fa.
Cala Sisine, oltre la settecentesca chiesa campestre di
San Pietro. La sterrata si interrompe a 15 minuti dalla
spiaggia. Raggiunto il mare a piedi, è necessario risalire il costone roccioso su un sentiero per almeno
un’ora. La spettacolare imboccatura calcarea semicircolare è a 300 metri di altitudine. La visita, tra bizzarre colonne e luminose stalattiti, dura 45 minuti e comprende anche il pranzo a Sisine (30 euro a persona).
Si resta in Ogliastra e nel territorio di Baunei ma si
lascia la piana basaltica per solcare il mare. Alla grotta del Fico, per il momento, si arriva solo dall’acqua
(www.grottadelfico.it, info: Claudio Calzoni, cell.
349/14.63.802, ingresso 6 euro). Una cinquantina di
minuti sui barconi che partono da Santa Maria Navar-
Fotografie di Gianmario Marras
ome tutti i tesori sono stupefacenti e nascosti da tempi remotissimi. Un lento motore
della natura le ha modellate, imprigionandole per sempre nel buio più profondo. Ma
a volte può capitare che si disvelino restituendo una
bellezza prodigiosa. Le grotte della Sardegna hanno
atteso ere geologiche prima che l’uomo ci mettesse
piede. E continuano a suscitare emozione e sorpresa.
Tra le numerose cavità visitabili nell’Isola, si segnalano quelle che sono state attrezzate negli ultimi
due anni. Tre itinerari inseriti in un contesto ambientale favoloso. Si comincia dalla grotta de Su Meraculu
nel comune di Baunei (http://web.tiscali.it/SUMERACULU, info: Vincenzo Incollu, tel. 0782/61.53.26,
cell. 339/52.69.54). L’escursione, della durata di un
giorno, può partire anche
da Santa Maria Navarrese.
Raggiunto l’altopiano del
Golgo, a 13 chilometri dal
paese di Baunei, si devono
seguire le indicazioni per
35
PRIMAVERA
GROTTE
DOVE MANGIARE
Baunei
Ristorante tipico Il Rifugio, loc. Golgo, vicino alla chiesa
di San Pietro, tel. 0782/61.05.99, cell. 368/70.28.980,
www.coopgoloritze.com. I culurgiones ogliastrini, tradizionali ravioli
di formaggio, il prosciutto crudo locale, la capra o il maialetto
arrosto, sono prelibatezze alle quali non si deve rinunciare. Menu,
tutto compreso, 27 euro. Apertura stagionale da aprile a ottobre.
Nebida
Pan di Zucchero, via Centrale 365, tel. 0781/47.114,
http://web.tiscali.it/albergopandizucchero/. Il panorama
sullo scoglio di Pan di Zucchero è stupefacente. Il locale
meriterebbe una visita solo per questo. Cucina a base
di pesce fresco di giornata, ottimi gli spaghetti
ai ricci, menu 30 euro. Chiuso il lunedì.
Tortolì
Da Lenin, via San Gemiliano 19, tel. 0782/62.44.22.
Ristorante di buon livello. Specialità di pesce e paste fresche:
ravioli di carciofi alla bottarga e ravioli di pesce, straccetti
al ragù di gamberi, tagliolini neri al ragù di scorfano. Sempre
scorfano in bianco con le patate e vari piatti di pesce povero.
Pasto completo bevande escluse, 30 euro. Chiuso la domenica.
rese ed ecco a 7 metri d’altezza la cavità che prende il
nome da un grande albero che si trovava nelle vicinanze. Nascosto in questi anfratti rocciosi lo speleologo gesuita Antonio Furreddu negli anni Sessanta studiò le foche monache, assidue frequentatrici della zona, oggi a rischio di estinzione. Tutta la cavità è stata
modellata dalle risorgenze carsiche e all’interno è
possibile distinguere diversi rami di un fiume sotterraneo. La grotta è collegata al mare da un lungo sifone, meta prediletta degli speleosub. Oltre alla visita
turistica che dura 45 minuti è possibile effettuare un
percorso speleologico più impegnativo sino ai rifugi
segreti della foca (in questo caso il costo è 20 euro).
Il tesoro scoperto dai minatori
Dall’Ogliastra al Sulcis-Iglesiente, regione più antica
della Sardegna, tra le prime terre emerse d’Europa. In
questo territorio, secolare bacino metallifero, si osservano formazioni risalenti al Cambrico, ovvero 500 milioni di anni or sono. Nella miniera di San Giovanni, a
Fotografie di Vittorio Giannella
DOVE DORMIRE
36
Baunei
Il Rifugio (vedi box alla pagina precedente) dispone di
6 camere con bagno. La struttura è gestita dalla cooperativa
Goloritzè che organizza escursioni per una giornata
sino a un’intera settimana, a piedi o a cavallo. Singola
con prima colazione 35 euro, la doppia 47 euro.
Gonnesa
Piedra Del Sol, statale 126 (Iglesias-Carbonia) km 26,800, tel.
0781/36.394, cell. 333/10.90.884, www.piedradelsol.net. Alloggio
agrituristico e ristorante tipico sardo. 8 camere climatizzate con
bagno, a 2 chilometri dal mare e 10 chilometri da Iglesias. Singola da
33 euro a 55 euro, doppia da 56 euro a 90 euro ad agosto. Al
ristorante si può gustare la fregola ai frutti di mare e il maialetto di
proprietà. Menu turistico solo a pranzo, esclusi festivi, da 8 euro
a 13 euro. La cena, 22 euro in media. Chiuso domenica sera.
Nebida
Albergo Pan di Zucchero (vedi box alla pagina
precedente), singola 40 euro da giugno a ottobre,
30 euro il resto dell’anno. Chiuso a dicembre.
Santa Maria Navarrese
Albergo Santa Maria, viale Plammas 30, tel.
0782/61.53.15, www.albergosantamaria.it. A
pochi metri dal mare, con giardino e spiaggia in
concessione. L’hotel organizza anche
un’escursione nel Supramonte con cena tipica in
un ovile. Le tariffe, a persona, vanno da 46 euro in
bassa stagione a 78 euro in altissima stagione.
Sopra: uno scorcio del gigantesco antro della grotta
di Santa Barbara, scoperta nel 1952 da Francesco Salis (sotto)
durante gli scavi delle gallerie della miniera di San Giovanni,
a metà strada tra Iglesias e la costa di Funtanamare. Con i suoi
500 milioni di anni è una delle più antiche conosciute, ma
la particolarità che la rende unica al mondo sono i cristalli
di barite bruno-scura alle pareti, su cui spiccano
(pagina accanto) spettacolari cascate di calcite bianca.
5 chilometri da Iglesias, sulla strada per Carbonia (statale 126), si trova la grotta di Santa Barbara (tel.
0781/49.13.00, cell. 348/15.49.556, www.igeaminiere.it,
ingresso 12 euro). Per arrivarci si deve attraversare
una galleria a bordo di un trenino elettrico, risalire
sull’ascensore e percorrere una scala a chiocciola. La
visita guidata da ex minatori e da geologi dura un’ora
e mezzo e si effettua il martedì, il giovedì
e il fine settimana. Scoperto casualmente
nel 1952 da Francesco Salis, il geode è uno
dei gioielli del Parco geominerario della
Sardegna. I cristalli di barite costituiscono
la scura tappezzeria di roccia della grande stanza, caratteristica unica e singolare.
Una visita a Santa Barbara non può che
essere anche un omaggio al lavoro dei minatori, senza il quale oggi la grotta sarebbe ancora un tesoro nel buio. 37
Ogliastra
DOVE IL CIELO
È PIÙ LIMPIDO
Supramonte e Mediterraneo si incontrano
regalando scenari unici di giorno, e stellate incredibili di notte,
in un grande osservatorio naturale
DI LELLO CARAVANO - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
Il centro agricolo di Jerzu, noto per la
produzione vinicola del Cannonau, è
un’ampia terrazza affacciata sul mare,
posta sotto le cime dentellate
dei tacchi di Porcu ‘e Ludu e Triscu.
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
PRIMAVERA
C
’
è un cielo, sopra l’Ogliastra, che brilla di galassie e ammassi stellari e che stupisce persino gli astronomi per la sua trasparenza e
nitidezza. Non c’è inquinamento luminoso,
né di altro tipo. A giudizio degli esperti, il cielo visto da
qui è uno dei più limpidi d’Italia. Ecco perché migliaia
di appassionati salgono sulla cima del monte Armidda,
dove cresce abbondante il timo serpillo (s’armidda, appunto), per viaggiare tra gli astri scrutando lo spazio
dall’Osservatorio astronomico sotto la guida dell’Associazione ogliastrina di astronomia. “Restano tutti sbalorditi, esperti e semplici appassionati, quando si trovano davanti a un cielo che mostra il doppio delle stelle
delle altre località”, dice Carlo Dessì, presidente dell’associazione, “ma la sorpresa è ancora maggiore nell’osservazione a occhio nudo nelle notti senza luna”.
Giunone, Saturno, la galassia di Andromeda sembrano
non avere segreti da questa montagna-osservatorio che
tocca i 1.150 metri. Con una particolarità: il telescopio è
a controllo remoto, cioè può essere comandato grazie a
un semplice computer da tutta Italia (visite il lunedì e
venerdì dalle 21, cell. 349/15.33.468 - 328/56.04.152).
Forse è per l’aria così tersa, forse per la mano creativa
della natura che da Perda Liana alle rocce rosse di Arbatax non si è risparmiata, ma certo i panorami oglia-
40
Sopra: le montagne arrivano a lambire il litorale nella
fantastica insenatura sabbiosa di Cala Luna. Qui c’è
solo l’imbarazzo della scelta: godersi l’acqua cristallina
a nuoto o facendo escursioni in barca, oppure,
se si è esperti climber, arrampicarsi sulla falesia calcarea.
strini hanno un inconfondibile marchio di qualità.
Dal mare, dalle splendide calette di Baunei o dalle
lunghe e placide spiagge del litorale fra Tortolì e Barisardo, si abbraccia con lo sguardo il grande palcoscenico degli altipiani di calcare che si perdono nell’acqua
cristallina. Visti dal mare, i rilievi della terra degli olivastri sembrano una gigantesca quinta di verde (lecci e
ginepri dominano il paesaggio) e rocce, talvolta incombenti sui turisti che assaporano una giornata in solitudine sulle lingue di sabbia. È inconfondibile la sensazione che si prova nelle escursioni in barca lungo la costa tra capo Bellavista e Cala Luna, quando si sfiorano
le alte pareti di capo Monte Santo o le guglie di Pedra
Longa o di punta Caroddi, eden degli arrampicatori.
Il mare visto dalla montagna
Ancora meglio, per penetrare nel cuore dell’Ogliastra,
è ammirare il mare dalla montagna. Si può toccare con
mano l’unicità di una terra che si appresta a staccarsi da
Nuoro e diventare provincia autonoma (23 paesi, appe-
Le pareti a strapiombo del
massiccio tacco che sovrasta
l’abitato di Ulassai. Queste
formazioni calcaree, caratteristiche
della zona, si stagliano isolate
su un paesaggio alpestre, tra rocce
a picco, profonde gole, boschi
e macchia mediterranea.
PRIMAVERA
Sopra: la strada tra Perdasdefogu e Ulassai, su cui vigilano i maestosi tacchi, è tra quelle più panoramiche dell’Isola.
na 60 mila residenti, una densità di 32 abitanti per chilometro quadrato). Gli scorci regalano emozioni senza
fine: attraversano vallate e pianure fino a perdersi nel
verde cristallino del mare. Qui la natura è superba e
selvaggia. Lanusei è una terrazza naturale sul golfo di
Arbatax: sulla costa si aprono le spiagge di Tortolì e Barisardo, i due poli turistici più importanti, con alberghi
e ristoranti che offrono i prelibati e genuini piatti della
tradizione ogliastrina.
Anche dall’altopiano di Tecu si domina il litorale
lungo e sabbioso: è qui che i nuragici lavoravano la pietra di basalto scuro per ricavarne macine per il grano.
Dallo stesso monte Armidda il colpo d’occhio è straordinario: i grandiosi torrioni di calcare (“tacchi”) di Jerzu, Osìni e Gairo, il Supramonte di Baunei, il Gennargentu, e dall’altra parte il mare fino a Tertenia con la
sua originale spiaggia di ciottoli colorati e levigati dal
mare, Coccorocci. Da non perdere la salita in auto sui
Alberghi per buongustai
Tra Tortolì e Barisardo, i due poli turistici più importanti
dell’Ogliastra, gli alberghi stanno investendo molto su ristoranti con una gastronomia di ottimo livello, dove i piatti a base di pesce (zuppe, carpacci, bottarga...) convivono a fianco delle schiette produzioni di carne e primi di
terra (dalla capra ai culurgionis, alle minestre con finocchietto e formaggio in salamoia). Ad Arbatax, frazione
marinara di Tortolì, da segnalare La Bitta (0782/
66.70.80), nella baia di Porto Frailis, 4 stelle, oasi benessere con talassoterapia, ristorante con vista sul mare.
Punta con successo sulla gastronomia anche l’hotel Arbatasar (0782/65.18.00), 4 stelle, vicino allo scalo marittimo di Arbatax, immerso nel verde. Indicato in particolare per famiglie e bambini, il Villaggio Saraceno
(0782/66.73.18), sulla baia di San Gemiliano: 3 stelle,
piscina, animazione, corsi di vela e surf, immersioni subacquee. Sempre ad Arbatax, il residence Verde Mare,
appartamenti da 4-6-8 posti letto nella macchia mediter-
42
ranea di San Gemiliano, a 400 metri dal mare
(0782/66.43.66). L’hotel Victoria, nel centro di Tortolì
(0782/62.34.57), 4 stelle completamente rinnovato, è
uno dei primi alberghi ogliastrini (è nato 40 anni fa): piscina e ristorazione particolarmente curata. Si punta molto sulla ristorazione anche a Barisardo. L’hotel La Torre
(0782/2.80.30), 4 stelle, sulla spiaggia della Torre, è
una garanzia per i buongustai con la cucina di Gisella Tascedda. Riscoperta dei piatti tradizionali anche nell’ultimo nato tra gli alberghi ogliastrini (apertura in maggio),
Silimbas (sa silimba è il carrubo), 4 stelle, a 400 metri
dal mare, in bella posizione appartata sulla marina di Barisardo e la spiaggia della Torre, con due piscine
(0782/7.01.00). Da segnalare un albergo di Girasole, il
Birdèsu, 3 stelle, specializzato nella cucina ogliastrina
dell’interno (0782/66.96.22). Nel cuore di Santa Maria
Navarrese, l’hotel Santa Maria (0782615395), 3 stelle, è
un punto di appoggio per gli amanti del trekking.
tornanti fino alla Scala di San Giorgio, imponente bastione di roccia
che sovrasta Osìni. Un breve percorso a piedi porta alla sommità del
tacco, dove si apre un altro scenario,
che abbraccia la valle del Pardu e,
in lontananza, ancora il mare. È la
terra del Cannonau, vino simbolo
dell’enologia sarda. Sono soprattutto i vigneti coltivati negli spazi
strappati alla montagna o nelle vallette riparate dal vento a caratterizzare il paesaggio. Jerzu è la capitale
del rosso per eccellenza, con il “partenone” di monte Corongiu, baluardo di calcare dove fu scoperta
una delle prime zecche nuragiche.
Tra queste valli e questi pascoli
nascono le materie prime della gastronomia: carni, latte, formaggi,
patate e spezie. Dalla tradizione dei
pastori e delle nonne nascono i culurgionis, sa coccoi prena (piccola focaccia farcita con patate, cipolla, formaggio e menta fresca), su civarxeddu prenu (tipico di Seui), su casu axedu (letteralmente, formaggio acido),
preparato aggiungendo al latte appena munto il quaglio del capretto.
Trekking e prodotti tipici
Poi, quanto a panorami, c’è il
trekking Selvaggio Blu. Si percorrono le vecchie mulattiere e i sentieri dei caprari e dei carbonai, tra
aquile, falchi e capre selvatiche e si
può pernottare negli ovili di ginepro stagionato. Un itinerario originale, quello inventato da Giampiero Carta, baunese: “Si passa dalla
montagna al mare tra fantastici panorami, di notte si fa tappa negli
ovili da oltre 200 anni di proprietà
della mia famiglia, Màrgine Isbidòzili e Dologàcoro, si scende al mare,
si mangiano i nostri prodotti, culurgionis, quaglio, casu axedu, tutta roba di prima qualità...”.
Indimenticabili gli scorci da punta Giradili verso Pedra Longa o dall’arco di Lupiru che domina Cala
Gonone: roba da naufraghi nell’isola deserta (tel. 0782/61.07.78, www.
miticoselvaggio.com). Grande osservatorio naturale, la terra degli
olivastri. È qui che si incontrano cielo, mare e montagna. Sopra: l’elegante porticato
a colonne con i ballatoi
a vetrate del palazzo
della Direzione della
miniera a Montevecchio.
Fatto costruire intorno
al 1870 dal proprietario
Giovanni Antonio Sanna,
l’edificio è stato
recentemente ristrutturato.
A destra: la fabbrica
ottocentesca del piombo
e dello zinco
di Montevecchio, tra
Guspini e Arbus, è uno
straordinario esempio di
archeologia industriale
dell’Isola. Tra i bacini
metalliferi più importanti
d’Europa fino agli anni
Sessanta del secolo scorso,
appartiene oggi al Parco
geominerario della
Sardegna, riconosciuto
dall’Unesco come
patrimonio culturale
dell’umanità.
44
Miniere
IL TURISMO
DEL SOTTOSUOLO
Una visita ai pozzi e alle gallerie degli impianti dismessi
tra Montevecchio e Ingurtosu, sullo sfondo di boschi silenziosi e dune
di sabbia dorata, alloggiando nelle vecchie case dei minatori
DI LELLO CARAVANO - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
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MINIERE
DOVE MANGIARE E DORMIRE
L
a miniera come set e i figli e le figlie di
Bakunìn sono scesi di nuovo in miniera, a
Montevecchio. Stanno rilanciando l’accoglienza attraverso una rete di bed and
breakfast e di agriturismo, ospitati nelle case dei minatori ristrutturate. Si sono messi ai fornelli per offrire ai turisti le specialità di questo angolo di Campidano che ancora nei primi anni Novanta viveva soprattutto dei filoni di minerale nascosti nella montagna. I discendenti di quei “musi neri” che fino a dieci anni fa lottavano per tenere aperti i cantieri ora accompagnano i turisti sui sentieri dei vecchi pozzi e
delle gallerie, in un paesaggio di grande suggestione, dominato dai boschi e dai macchioni che arrivano
fino al mare, dove si affacciano le dune più estese
del Mediterraneo, popolate da una colonia di cervi di
quasi 700 esemplari.
Montevecchio, la fabbrica di piombo e zinco ottocentesca tra Guspini e Arbus, il più completo e meglio
conservato esempio di archeologia industriale dell’Isola, sta vivendo una seconda vita.
Nei mesi scorsi il regista Gianfranco Cabiddu ha trasformato in un grande set cinematografico questo impianto con 100 chilometri di gallerie e pozzi che scendono fino a 350 metri sotto terra. Grazie all’iniziativa
del comune di Guspini – un paese profondamente legato al suo recente passato minerario –, Cabiddu ha
coinvolto 200 comparse, minatori e cernitricii in pensione, con figli e nipoti. Tra il pozzo Sant’Antonio e la galleria anglo-sarda (con le vecchie stalle per i muli e le
spettacolari concrezioni di cristalli di calcite) ha girato
un film-documentario sull’epopea che ha segnato la vita di tante generazioni. Un film che accompagnerà i visitatori nei segreti di uno dei gioielli del Parco Geominerario consacrato dall’Unesco.
Entro il prossimo settembre visitare Montevecchio
sarà un’esperienza straordinaria: i turisti rivivranno la
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vita dei minatori e delle loro famiglie, in un percorso
fatto di emozioni e suggestioni. “Chi entrerà nella miniera si calerà in un mondo sconosciuto che gli verrà
svelato piano piano”, dice Gianfranco Cabiddu, che anni fa portò sugli schermi Il figlio di Bakunìn tratto dal libro di Sergio Atzeni, tragica storia di un minatore, e che
ha firmato di recente la regia di Sonos ’e memoria, dedicato alla musica etnica sarda.
Montevecchio non sarà un museo tradizionale. Non
avrà salette per le proiezioni né saggi sui minerali. I visitatori rivivranno suoni, odori e rumori. I compressori
saranno rimessi in funzione, si ascolterà il ritmo della
perforatrice: insomma, è come se la vecchia fabbrica
Arbus
B&B La Ginestra, loc. Pizzinurri-Ingurtosu, tel. 070/97.58.297,
gestito dalle sorelle Simona, Francesca e Barbara Loi;
3 camere ricavate da una vecchia casa di minatori, giardino.
Aperto da aprile a settembre.
B&B La Piazzetta, cell. 328/62.42.281, di Chicco Frongia;
3 camere, colazioni con il miele di Montevecchio,
pane coccoi e dolci tradizionali.
Camping Sciopadroxiu, sulla strada Ingurtosu-Piscinas, Marina di
Arbus, cell. 349/77.07.938-340.57.24.310; posti tenda e roulotte,
7 camere ricavate da vecchie strutture minerarie e ristorante, in
fantastica posizione a contatto con le dune di Piscinas.
Turismo Rurale Cortes, loc. Ingurtosu, cell. 340/53.79.676,
7 camere, piccola piscina, bella posizione panoramica, specialità
cosciotto di capra ripieno di verdure. Aperto tutto l’anno.
Montevecchio
La miniera fiorita, cell. 340/48.56.042-339/84.09.397, dei fratelli
Ecca; 8 confortevoli stanze, ristorante, specialità agnello con i cardi
selvatici. È un vecchio emporio minerario restaurato.
L’agriturismo Sa Tanca, cell. 340/91.05.265, specializzato
nell’allevamento, rinomato per i prelibati piatti frutto della tradizione
campidanese e barbaricina: gestito dalle tre sorelle Chessa, propone
tra l’altro cinghiale in umido, tortini di verdura e ottimi dolci.
L’Oasi del Cervo, loc. Is Gennas, cell. 347/30.11.318, di Angela
Atzeni. Sulla strada che conduce alla Costa Verde, un altro
agriturismo nell’areale del cervo che si segnala per i buoni piatti.
Porto Palma
B&B Le Mimose, cell. 333/80.24.220, Tunaria,
3 camere sul mare della Costa Verde.
Nelle oasi del silenzio
Il consiglio è incamminarsi di buon’ora per incontri
ravvicinati sulle dune che guardano il mare, nei cantieri abbandonati delle vecchie miniere. I cervi dominano queste oasi del silenzio, da Montevecchio a Ingurtosu, ed è facile incontrarli anche lungo i sentieri
delle gallerie e degli edifici abbandonati, molti dei
quali restaurati e aperti ai turisti. “Si trovano dappertutto, questo ambiente sembra fatto per loro”, dice Ivano Quartu, responsabile della Promoserapis, un’associazione che propone escursioni naturalistiche e minerarie tra Guspini e Arbus (cell. 335/53.14.198): tra
le mete, i palazzi delle direzioni a Montevecchio e Ingurtosu, i cantieri Piccalinna e Sanna e, tra alcuni
mesi, il percorso realizzato dal regista Gianfranco Cabiddu. Le magie di Ingurtosu (grande borgo minerario
in fase di ristrutturazione) e Piscinas sono nel programma delle visite di Jlune (cell. 349/51.29.973),
l’associazione di Roberta Melis: “Suggestive le passeggiate sulle dune o verso il monte Arcuentu ma anche sulle tracce dei cervi e delle rarità botaniche”.
Qui sopra: fino ai primi anni Settanta la spiaggia di Piscinas è
stata il punto di imbarco dei minerali provenienti dal
complesso minerario di Ingurtosu. Oggi alcune strutture
turistiche della zona sono poste all’interno di palazzi e
strutture minerarie abbandonate. In alto a destra: l’elegante
palazzina in stile neogotico della direzione degli stabilimenti
minerari di Ingurtosu, fatta costruire intorno al 1870. Pagina
accanto: il soffitto del palazzo della Direzione della miniera
di Montevecchio, riccamente decorato con fregi e affreschi.
del piombo e dello zinco venisse rimessa in funzione.
“Il viaggio comincerà dagli spogliatoi”, aggiunge il regista. “Mentre il visitatore indossa tuta e casco sentirà
le voci degli operai, lungo il percorso nelle gallerie tante sagome si animeranno per far sentire le storie dei minatori che qui hanno faticato. È questo il nostro modo
per far sentire viva la miniera”. Non una disneyland
mineraria, ma un originale percorso cinematograficoturistico, rigoroso, dedicato alla memoria dei minatori.
Le iniziative turistiche
Il cuore antico di un’epopea che ha segnato gli straordinari paesaggi rivive anche nelle nuove iniziative turistiche. Vecchie case dei minatori, palazzi e strutture
minerarie rinascono grazie all’iniziativa di privati che
li stanno trasformando in bed and breakfast, agriturismi, punti di turismo rurale.
Piccoli segnali di rinascita sull’esempio
dell’hotel Le Dune, un’oasi del silenzio
nell’incanto di Piscinas, sulla Costa Verde
di Arbus, un vecchio magazzino minerario sul mare trasformato in un albergo
esclusivo. L’offerta è suggestiva: notti in
miniera, tra boschi e cervi, a prezzi ragionevoli. Tra Montevecchio e Ingurtosu, i
grandi santuari dell’epopea mineraria,
splendidi palazzi e architetture dell’Ottocento. È qui che i figli dei minatori offrono
soggiorni e gastronomia. Esemplare l’esperienza di Giorgio Zurru e Franca Usai.
Gestiscono il campeggio comunale di
Sciopadroxiu, posti tenda e 7 camere ricavate nei vecchi fabbricati della miniera: a
300 metri dalla spiaggia di Piscinas, a ridosso delle
montagne di sabbia dorata, il silenzio della notte è rotto dai bramiti dei cervi: “Siamo nati qui, siamo legati a
questi paesaggi, vogliamo contribuire alla rinascita
delle zone minerarie. I nostri ospiti sono entusiasti”.
Silenzio, cervi, boschi, ospitalità. Anche così le vecchie
miniere possono rivivere. 47
PRIMAVERA
Dolci, pani e zuppe
Ogni occasione ha la sua specialità,
ogni paese offre la sua variante
L’
estro e la fantasia dei sardi
Quaresima e della Pasqua, ha
sembrano esprimersi al
sempre offerto molti spunti per la
massimo, almeno dal punto
caratterizzazione del desco famidi vista gastronomiliare, è il periodo in
co, sul fronte dei
cui pasticcerie e padolci e dei pani.
nifici offrono il magUno per ogni occagiore assortimento.
sione e ciascun
Ci sono le frittelle
paese ci mette del
per il giovedì grasso,
suo per offrire una
le zipulas, i dolci paFotografie di Giovanni
Rinaldi/Il Dagherrotipo
seppur minima variante
squali pan ’e sapa a base
della ricetta originale, come
di mosto cotto e i pardulas,
per garantirsi la primogenitura
tortini profumati con lo zafferano.
sulla preparazione.
E poi ancora amarettus, preparati
L’inizio della primavera, con le ricon mandorle, zucchero, limone e
correnze del Carnevale, della
uova, bianchinus con mandorle to-
Archivio Prima Press
A destra: sottilissimo e
friabile, il carasau è il pane
per eccellenza della cucina isolana.
Pagina accanto: due esempi
di pani tipici con motivi decorativi
augurali; sotto: un trionfo di dolci
tradizionali, tra cui amarettus,
aranzada e pabassinas per celebrare le
ricorrenze di stagione.
I vini giusti per i piatti primaverili
state, guefus con acqua, fior di
arancio e liquore aromatico, pabassinas con uva passa e scorza di
arancio tostata e ancora culigionis
de mindula profumati con lo zafferano. Molti dolci sono decorati con
palline colorate o finemente sagomati tanto da sembrare dei pizzi.
Uno dei dolci più tipici della tradizione sarda, poi, sono le sebadas
o seadas, secondo le zone: grandi
ravioli ripieni di formaggio fritti
nell’olio e serviti con il miele amaro di corbezzolo, ma anche il tradizionale dolce di Nuoro, l’aranzada, un torrone a base di buccia
Non è Sauternes. Non è muffato. Il Latinia è una vendemmia tardiva di uve
Nasco. Un capolavoro di grazia e seduttività. “I grappoli imbruniscono nei
vigneti ad alberello (antica vigna latina)”, ci spiega Dino Dini, enologo della cantina Santadi. “Stramaturano sulla pianta appassendo lentamente
grazie al clima. I grappoli crescono sul suolo sabbioso del litorale del basso Sulcis, esposti ai venti e ai raggi del sole dall’alto e a quelli riflessi dalla sabbia dal basso. Il succo degli acini si prosciuga lentamente e lo zucchero che ne deriva crea un vino dolce con sentore di frutta candita. Un
tempo il Nasco veniva vinificato in bianco, ma con la surmaturazione in vigna dà sentori e profumi che altre uve non hanno. Con questa lavorazione
la buccia, molto resistente, non si rompe, diventa croccante, il succo non
esce e permette agli acini di sviluppare aromi interessanti. È eccellente
con tutti i dolci sardi, anche la seadas, magari di ricotta”. In realtà tra i vitigni autoctoni del basso Sulcis regna il Carignano che copre la maggior
parte della superficie vitata. Quasi il 90% della produzione delle cantine
della zona è a base di queste uve. “Nella nostra linea di produzione del Carignano in purezza”, continua Dino Dini, “ci sono il Grotta Rossa, il Rocca
Rubia e il Terre Brune, il top della gamma. In base alla complessità del piatto si abbina la complessità del vino in modo da ottenere un abbinamento
equilibrato in cui le caratteristiche di un alimento non sovrastano le caratteristiche dell’altro, ma si completano a vicenda. Con un sapore semplice
come il pane con le olive o piatti a base di cardi, asparagi, carciofi, magari
conditi con un buon olio di oliva, vedo bene un vino come il Grotta Rossa,
mentre con piatti più complessi e aromatici come le zuppe, la fregula e le
impanadas avvicinerei il Rocca Rubia, riservando il Terre Brune per abbinamenti con carni di agnello, capretto e maialetto arrosto”.
Rita Marongiu/SIME
Cantina Santadi, Santadi (Ca), tel. 0781/95.01.27, aperta al pubblico dal
lunedì al venerdì 8-13,30/16,30-19, sabato 8-13,30.
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d’arancia, mandorle tostate e miele senza aggiunta di zucchero.
L’ingrediente più ricorrente per i
dolciumi è la pasta di mandorle, a
cominciare dai sas melicheddas e i
sos chericheddos a forma di cuore,
in virtù della vasta e millenaria
coltivazione di mandorli portati
sull’Isola dai Punici attorno al III
secolo. Elemento decorativo oltre
che gustoso alimento anche il
trionfo di pani: dal moddizzosu o
pani tonnu, in grandi forme da 10
chili, al classico carasau preparato
con semola, acqua, lievito di birra
e sale e cotto al forno due volte. Si
chiama guttiau se condito con olio
e sale, pistoccu in versione più
spessa e rettangolare. Tutti vengono accompagnati dalle verdure,
che in questa stagione sono molto
abbondanti. La Sardegna produce
infatti oltre 5 milioni di quintali di
ortaggi all’anno e di questi moltissimi sono certificati bio. Sull’Isola
oltre 250 mila ettari sono coltivati
senza il ricorso a pesticidi e un
terzo di tutto il biologico italiano è
raccolto nelle vaste campagne del
Nuorese e del Cagliaritano. In primavera si consumano tonnellate
di fave fresche con scaglie di pecorino o cucinate.
La ricetta tipica è la torta di favette, uno sformato a base di uova,
olio, pane carasau ridotto in briciole e mezza cipolla. In questa
stagione si raccolgono poi i prelibati asparagi e cardi selvatici che
vengono conservati sott’olio, i cordolinu de pezza (che significa fungo di carne ed è il Pleurotus eryngi
var. ferulae) e i carciofi spinosi,
coltivati su grandi superfici soprattutto dalle parti di Castelsardo, nel Campidano e nel basso
Sulcis. Le zuppe di stagione sono
quasi tutte a base di pane bagnato
con pomodoro, uova, brodo di pecora. In alternativa si adopera la
fregula, una pastina di semola simile al cous cous servita con carne
tritata e verdure. Una pasta lievitata che ricorda quella da pizza è
poi l’ingrediente base per le impanadas (una rivisitazione delle empanadillas spagnole) ripiene di
salumi, piselli, carciofi e olive. La
primavera è anche la stagione dei
matrimoni e dei pani augurali.
Hanno le forme più diverse, a cuore, a fiore, a corona, e spesso presentano dei decori allegorici che
simboleggiano gli organi sessuali
e quindi la fertilità della coppia. Ornella D’Alessio
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ESTATE
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
Il mare e le coste, naturalmente.
Ma non solo: anche feste, musica
e “movida” ad Alghero
Acque limpidissime e rocce granitiche modellate dal vento
nella costa gallurese.
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Johanna Huber/SIME
Spiagge
LE SUPERSTAR
Abbiamo scelto undici straordinarie spiagge
su quasi 2.000 chilometri di coste,
a tratti sabbiose, a tratti rocciose e scoscese.
Con acque sempre di colori incredibili
LA LONG BEACH DI SARDEGNA
Liscia Ruja, nella zona meridionale della Costa
Smeralda, è la spiaggia più grande dell’Isola.
Le calette lambite da un mare cristallino si
susseguono ininterrotte per 500 metri,
punteggiate dai caratteristici ciuffi
di ginepro e dai gigli della macchia
mediterranea che spuntano dalla
sabbia bianca. Frequentatissima in
estate da turisti e personaggi famosi,
che si fermano nelle
acque antistanti con ogni tipo
di imbarcazione, dalle piccole
barche da diporto ai lussuosi yacht.
Gianmario Marras
SPIAGGE
DA SET CINEMATOGRAFICO
A PARCO NATURALE
Capo Testa è una delle località più celebri della
Sardegna, a pochi minuti da Santa Teresa di Gallura
con una magnifica vista sulle Bocche di Bonifacio.
Collegata alla terraferma da un sottile istmo sabbioso,
si caratterizza per i numerosi massi di granito
bianco-grigio che affiorano dal mare turchese.
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Riccardo Bianchi
UNA MAGNIFICA VISTA SULLE
BOCCHE DI BONIFACIO
La bellissima spiaggia Rosa sull’isola di
Budelli nell’arcipelago della Maddalena fu
scelta nel 1964 dal regista Michelangelo
Antonioni per ambientare il film Deserto
rosso. La sua straordinaria colorazione è data
da frammenti di corallo e gusci sminuzzati di
piccoli animali marini, che si depositano sul
litorale trasportati dalle correnti.
Dal 1998, per preservarne il
delicato habitat e fermare il
“saccheggio” di sabbia rosa da
parte dei bagnanti, vige il divieto
di ancoraggio, sosta, calpestio
dell’arenile e balneazione. Oggi
si può ammirare questo gioiello
della natura famoso in tutto
il mondo solo da lontano.
Sopra: a sud di Capo Comino,
lungo il tratto di costa
nord-orientale della Sardegna,
si susseguono le spiagge
di Biderrosa e Sa Curcurica.
L’interesse per questa zona –
un’antica valle fluviale chiusa
dalla spiaggia e sommersa
dall’acqua – è dovuto anche
alla presenza, nell’immediato
entroterra, degli stagni
omonimi, raggiungibili
a piedi dal mare. A destra
e pagina accanto: il paesaggio
immutato da milioni di anni
delle splendide falesie del
Golfo di Orosei incornicia
l’ampio arenile di sabbia
dorata di Cala Luna, poco
distante dal porto di Gonone
e dalla celebre grotta del Bue
Marino. Il mare dai fantastici
riflessi di colore verde
intenso, un laghetto d'acqua
dolce e il boschetto di oleandri
che chiudono la spiaggia
a sud, insieme al roccione
boscoso di Punta Su Masongiu
che la ripara dai venti di
scirocco, fanno di Cala Luna la
meta irrinunciabile di un
viaggio in Barbagia.
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Massimo Ripani/SIME
NELLA NATURA
SELVAGGIA E
INCONTAMINATA
Massimo Ripani/SIME
SPIAGGE
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
ESTATE
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Fotografie di Olimpio Fantuz/SIME
LA RISERVA NATURALE
DI CAPO CARBONARA
In queste pagine: l’imponente
promontorio di Capo Carbonara
chiude l’ampio arco delle stupende
spiagge di Villasimius, uno dei
centri turistici più importanti della
Sardegna meridionale. Un tempo
il territorio era ricoperto da foreste
ricche di selvaggina, oggi sostituite
dalla caratteristica macchia
mediterranea e dal sottobosco.
La Riserva marina naturale istituita
nel 1999 ospita numerose specie di
animali protette, tra cui
la tartaruga terrestre, il cinghiale,
il cervo sardo, il falco pellegrino
e il cormorano dal ciuffo. Lungo
le coste è stata segnalata anche
la presenza saltuaria della
rarissima foca monaca. L’isola
dei Cavoli che fronteggia il Capo
fa anch’essa parte del Parco,
ed è immediatamente riconoscibile
dal faro che torreggia sull’altura
settentrionale, nel piatto
e cespuglioso entroterra.
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SPIAGGE
Massimo Ripani/SIME
ESTATE
ALLA SCOPERTA DELLE ORIGINI
CARTAGINESI DELL’ISOLA,
A DUE PASSI DAL MARE
Dune di sabbia bianchissima alte fino a 20 metri e ginepri
secolari piegati dal vento caratterizzano il paesaggio
suggestivo della bellissima spiaggia di Chia, sulla punta
sud-ovest della Sardegna. A 150 metri dalla riva
si staglia l’isolotto di Su Giudeu, lo scoglio
di scura roccia granitica da cui prende
il nome questo tratto di costa. È possibile
raggiungerlo in parte camminando
sul basso fondo sabbioso, in parte a nuoto
per poche decine di metri. Da qui si gode
di uno stupendo panorama su tutto il litorale
dove si trovano anche le rovine di Bithia, una
delle città cartaginesi più importanti dell’Isola.
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UNA TAPPA OBBLIGATA
SULLA COSTA DEL SUD
NELLA MACCHIA
MEDITERRANEA
DELLA RADA
DI ALGHERO
Massimo Ripani/SIME
Pagina accanto: il bosco
di pini ed eucalipti offre
riparo dalla canicola
estiva sulla spiaggia
delle Bombarde, lungo
la costa rocciosa di
Alghero, a nord-ovest
della borgata di Fertilia.
Questa insenatura di
chiarissima sabbia fine
digrada dolcemente
verso il mare, dalle acque
limpide, raramente mosse,
ma piuttosto fredde.
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Gianmario Marras
Olimpio Fantuz/SIME
In questa foto e sotto: due scorci della
spiaggia di Tuerredda e dell’omonima
isoletta, uno dei punti più spettacolari
della Costa del Sud tra Capo Malfatano
e Capo Spartivento. La fittissima
macchia mediterranea arriva fino
al mare, in un contrasto di colori
tra la sabbia candida e la luce dei
fondali. Qui i venti sono perfetti
per gli amanti del windsurf.
I VERDI PASCOLI
DELL’ISOLA PIANA
Un braccio di mare turchese con fondali
che digradano dolcemente separa la Pelosa,
la più rinomata spiaggia
di Stintino, dall’isola Piana.
Sovrastata da una torre
di avvistamento spagnola,
l’isola è disabitata e
conservata allo stato naturale.
È raggiungibile a nuoto dalla
costa e un tempo i pastori
della zona vi conducevano
il bestiame a pascolare.
SPIAGGE
Johanna Huber/SIME
ESTATE
Festival jazz
Un momento della serata conclusiva della
scorsa edizione del Festival internazionale
Calagonone Jazz con il gruppo “Timeline”
guidato dalla pianista americana Geri Allen.
UN MARE DI MUSICA
In estate, a Cala Gonone, a Berchidda e a Sant’Anna Arresi, tre straordinari
appuntamenti di livello internazionale attendono gli appassionati
Archivio Intermezzo/Festival Calagonone Jazz
DI EMILIANO FARINA
Fotografie di Gianmario Marras
FESTIVAL JAZZ
D
i giorno inganna la canicola, si specchia
negli occhi di chi lo guarda e lascia strisce
di sale sulla pelle. Di notte supera, quieto,
spiagge e scogliere per trasformarsi in
jazz, in un mare di jazz.
La Sardegna, oasi dal cuore estivo pulsante di turisti, tra le tante bellezze è anche l’eden di queste note
“dal ritmo accelerato”, secondo Dizzy Gillespie, che i
grandi musicisti traghettati sull’Isola da ogni angolo
del globo sprigionano durante la stagione più calda.
Quasi tre settimane di notti che ogni estate bussano
all’uscio di altrettanti festival di tutto rispetto. Da
quasi vent’anni, Cala Gonone, Berchidda e Sant’Anna Arresi accolgono con semplicità queste lunghe serate di musica, arte e cultura.
Il mare di jazz è tutto questo: un flutto invisibile che, approfittando del caldo, s’insinua
tra vigneti, chiese campestri,
Sopra: l’esibizione del
violoncellista Ernst Reijseger
accompagnato dai Tenores
e Concordu de Orosei al Festival
internazionale Time in Jazz
di Berchidda. La manifestazione,
che si tiene dal 1988 nel piccolo
paese della Gallura, è stata definita
un “contenitore d’arte” dal suo
direttore artistico, il trombettista
Paolo Fresu (a destra).
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spiagge e anfiteatri di paese. Luoghi dove gli Ulisse
in cerca di belle atmosfere e vibrazioni raffinate riescono a trovare con facilità la propria Itaca. Le tre località, rispettivamente nel Nuorese, Gallura e Sulcis,
li accoglieranno con nomi di grido o di nicchia, con
seminari tematici, sperimentazioni inconsuete, prodotti tipici e tesori da mostrare. Un ciclo che si ripete
durante una sorta di periodo magico che inizia a luglio e termina ai primi di settembre.
Ad aprire le danze è il Festival internazionale Calagonone Jazz, nell’omonimo paese sul mare, in
provincia di Nuoro. Diciassette edizioni per altrettante vetrine: l’anno scorso il palco del piccolo anfiteatro Ticca ha ospitato il Kenny Barron Quintet guidato dal sessantenne musicista di Philadelphia, la
tromba di Enrico Rava, l’innovativa pianista americana
Geri Allen e tanti altri. Una
manifestazione intima con
una platea disponibile per
soli 250 spettatori. Vietato ripartire senza aver visitato le
grotte del Bue Marino, la
spiaggia di Cala Luna e il villaggio nuragico di Tiscali.
Il Ferragosto è invece dedicato al Festival internazionale
Time in Jazz, ovvero la rassegna con cui da diciassette an-
71
Fotografie di Gianmario Marras
ESTATE
In questa pagina: tra i protagonisti
del Festival internazionale Time in Jazz
di Berchidda anche il flicorno del
musicista ticinese Claudio Pontiggia.
Il Festival si caratterizza anche per
ambientazioni originali e suggestive,
come i concerti acustici tenuti nelle
chiese campestri (sotto), nelle stazioni
ferroviarie, nei boschi e per le strade.
GLI APPUNTAMENTI DA NON PERDERE
Festival internazionale Calagonone Jazz L’organizzazione
è curata dall’associazione culturale “L’intermezzo” di Nuoro.
Per informazioni sul programma, orari, biglietti e abbonamenti,
telefonare allo 0784/23.25.39 o scrivere all’indirizzo
di posta elettronica [email protected]. Periodo in cui
generalmente si svolge la manifestazione: fine luglio.
Il Festival internazionale Time in Jazz è organizzato
dall’associazione culturale “Time in Jazz” con sede a Berchidda
(SS). Per informazioni telefonare allo 079/70.30.07
oppure scrivere a [email protected]. Il sito internet è
www.timeinjazz.it. Periodo: settimana di Ferragosto.
Ai confini tra Sardegna e jazz è ideata, progettata e realizzata
dall’associazione culturale “Punta Giara” di Sant’Anna Arresi (CA).
Per informazioni e prenotazioni telefonare allo 0781/96.68.61. È
possibile anche contattare l’associazione scrivendo a
[email protected] oppure collegandosi al sito internet
www.santannarresijazz.it. Periodo: fine agosto-inizio settembre.
ni il trombettista Paolo Fresu continua a proiettare
Berchidda e le sue colline nel gotha del jazz mondiale. E insieme al proprio borgo natìo, rilancia anche il
fascino di assaporare il piano di Uri Caine tra le
montagne e i profumi mediterranei del vicino santuario di San Paolo l’eremita. Poi il gusto di ritornare
in paese e fermarsi in piazza del Popolo ad ascoltare
la fisarmonica di Richard Galliano che onora un nostalgico Piazzolla. E l’indomani, al risveglio, quando
il sole fa brillare il fieno e i vigneti di vermentino,
suggerisce di andare in giro per le chiese di campagna abbandonandosi al clarinetto virtuoso di un Ivo
Papasov. Oltre a mostre di arti visive e concerti nel
bosco a tutte le ore, una delle tappe da non dimenticare è la visita al Museo del Vino-Enoteca regionale
(tel. 079/70.45.87).
Gli effluvi afro-americani terminano ai primi di
settembre. Nello spazio tra la piazza del nuraghe e
due chiese si celebra Ai confini tra Sardegna e jazz,
il festival in programma da diciotto anni a Sant’Anna
Arresi, nel Basso Sulcis. È il regno delle produzioni
originali, dell’incontro tra jazz tradizionale, contemporaneo e musica etnica. E così, nel piccolo paese tra
mare e stagni che ospita le incantevoli dune di Porto
Pino, i circa 2.500 spettatori che scelgono di accomodarsi sulle tribune dell’anfiteatro o sul prato davanti
al nuraghe del 1600 a.C. possono incontrare Dave
Holland, Herbie Hancock o Billy Cobham e dedicarsi
a seminari e mostre fotografiche.
A questo punto il mare di jazz si ritira. Ritorna mare e basta, magari con qualche capatina al chiuso dei
cappotti e dei teatri. In attesa di una nuova estate. 73
Olimpio Fantuz/SIME
Alghero
LA PICCOLA
BARCELLONA
Gli interventi di recupero architettonico e l’ampliamento dell’aeroporto
e del porto turistico hanno portato aria nuova e maggior dinamismo.
Ma la città non dimentica la sua storica identità catalana e le sue tradizioni
DI ORNELLA D’ALESSIO
Di sera Alghero va
a dormire tardi e, come
nella miglior tradizione
mediterranea, le strade
e le piazze del quartiere
storico si animano di giovani
e turisti. Ad accoglierli locali
alla moda, ristoranti di
qualità e botteghe artigiane.
ALGHERO
Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo
ESTATE
Gianmario Marras
A sinistra: uno scorcio
del porto, per il quale
si stanno compiendo
interventi per un
rilancio del turismo e
dell’attività peschereccia,
con alcuni caratteristici
gozzi a vela latina.
Un tempo i maestri
d’ascia di Alghero erano
i migliori in Sardegna
nella costruzione
di queste antiche
imbarcazioni. Sotto: una
piacevole passeggiata
serale per lo shopping
tra i bei negozi, gli
antiquari e i gioiellieri
di via Carlo Alberto,
la “carrer major”
che attraversa la città
vecchia. Pagina accanto:
il lungomare Marco
Polo, sui bastioni di
fortificazione restaurati
di recente, diventa un
punto di ritrovo per
un aperitivo con vista
sulla splendida rada
di Alghero.
76
Il mercatino di piazza Civica
to aumento. E così oltre ai nuovi moli, dragano il porto
per accogliere mega-yacht e da quest’estate ci sarà una
piazzola per gli elicotteri. Mentre nei dintorni risplendono belle spiagge e calette, tra cui quelle segrete e
mai gremite di gente. Nemmeno ad agosto. Per scoprirle si può contattare Obiettivo Natura (cell. 338/
83.01.311), veri professionisti delle escursioni, mentre
per esplorare la costa, magari su un veliero d’epoca in
legno, c’è Aquatica (tel. 079/98.92.001).
Cucina raffinata e locali trendy
Se architettonicamente Alghero si risveglia dal torpore,
da sempre in città aleggia lo spirito allegro e festoso che
si ritrova a Barcellona. Pullula di caffè, ristoranti, simpatici ritrovi dove tirar tardi la notte, botteghe artigianali per la lavorazione del corallo e la vendita di prodotti gastronomici. Una scalinata collega il porto ai
camminamenti di ronda. Un incessante succedersi di
locali che guardano l’orizzonte, seguendo la geometria
del mare. Il Café Latino, sui bastioni Magellano, con i
suoi ombrelloni a vela, si frequenta per l’aperitivo e il
dopocena. Il percorso di pietra che circonda il borgo
continua fino ai bastioni Cristoforo Colombo. Al Girasol, fruit bar per ogni età, fanno frullati e cocktail dal
sapore esotico. Poco oltre, nell’antico refettorio della sagrestia della chiesa del Carmelo, la trattoria La Cuina
propone piatti della vecchia cucina algherese: minestra
di pesce, agliata di pescatrice o di gattuccio, ricci e sar-
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
A
lghero, enclave catalana di Sardegna, si fa
più bella. In città si respira un’aria nuova,
dinamica, attiva. Complici il recente ampliamento dell’aeroporto e i significativi
interventi di recupero architettonico, la città appare più
affascinante. Più seducente. Una via di mezzo tra Cannes e Saint-Paul-de-Vence. Soprattutto al tramonto
quando l’avvolge una pennellata di luci calde: gli ultimi raggi del sole tingono le case e le mura di rosa e il
mare d’arancione.
Alghero coniuga passato e presente con grazia ed
eleganza, lo testimoniano i lavori di riqualificazione urbana. La nuova rambla dal porto al lido, dell’architetto
catalano Joan Busquet, è diventata il ritrovo dei giovani,
che la sera si accalcano sulla terrazza del chiosco L’Ormeggio per un drink sul mare. I bastioni, le torri e la
cinta muraria (XIV secolo), appena restaurati, valorizzano il centro storico. Le aperture del Museo della
Città, in via Carlo Alberto, accanto alla chiesa di San
Michele, e del Museo del Corallo, in una villa liberty
in via XX Settembre, sono in calendario. Ma il clou della nuova Alghero è il recupero di San Michele, detto “lo
quarter”: un investimento di 8 milioni di euro per l’angolo più suggestivo del centro storico, che diventerà il
cuore pulsante della vita cittadina.
Il fermento coinvolge anche l’anima vera di Alghero,
quella più intima: il mare. E quindi il porto: 150 barche
in transito nel 1997; 800 nel 2004. I diportisti sono in net-
La Plaça del poul vel, la piazza Civica, è un piccolo
gioiello incastonato tra i palazzi più prestigiosi, Palau
Lavagna e palazzo d’Albis. Vi si affacciano i negozi
più belli ed eleganti. Ogni ultimo sabato del mese la
piazza si trasforma in una parata di bancarelle che richiamano appassionati di brocantage e collezionismo. Una ventina di espositori selezionati danno vita
a una mostra-mercato di qualità, in cui trascorrere diverse ore a rovistare tra le tante proposte. Ad Alghero
i turisti ci sono tutto l’anno e chi ha la fortuna di capitare in un sabato di mercato può trascorrere una mattinata molto divertente. Può anche diventare l’occasione per acquistare un bel ricordo dell’artigianato
più autentico: una vasta scelta di oggetti di uso casalingo tipici delle case dell’Isola, fatti a mano, con materiali poveri, ma così resistenti rispetto agli utensili
moderni! Coltelli, mestoli, ferri da stiro a carbone, ceste e setacci potranno addobbare una casa di campagna, ma anche una cucina minimalista e ultramoderna. Tende in pizzo o cuscini ricamati (quante storie
dietro quelle iniziali o quegli stemmi!), imparaticci a
punto croce che tanto impegno sono costati alle bambine di altri tempi: pezzi a poco prezzo che la fantasia
delle moderne padrone di casa saprà trasformare e
adattare in preziosi complementi di arredamento.
77
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
ALGHERO
Sopra: veduta della città con la torre di San Giovanni,
a sinistra, che ospita il Museo virtuale della storia di Alghero.
Dietro si innalza la coloratissima cupola ottocentesca della
chiesa di San Michele. Sotto: un caffè all’aperto sull’animata
piazza Civica, nella cornice di eleganti palazzi storici.
La Lepanto, via C. Alberto 135, tel. 079/97.91.16.
Tempio della cucina catalana. Il piatto forte
è l’aragosta all’algherese, dal gusto dolce e amarognolo.
Prezzo medio 35 euro.
Pizzeria Bella Napoli, piazza Civica 29, tel. 079/
98.30.14, dove fanno la miglior pizza di Alghero
e servono il Mirto di Sindia, dal gusto forte e deciso.
Prezzo medio 15 euro.
Ristorante Al Tuguri, via Maiorca 113, tel. 079/97.67.72.
Nella vecchia Alghero, ordinato, accogliente e celebrato
per tutto quanto fa riferimento alla gastronomia
mediterranea e catalana. Prezzo medio 25euro.
Gianmario Marras
DOVE MANGIARE
DOVE DORMIRE
Casa Vacanze Salondra, Regione Salondra 63, tel.
079/91.71.59. Una casa appena restaurata, immersa tra
secolari ulivi. 8 allegri mini-appartamenti tinteggiati in vivaci colori; c’è la piscina, un ampio prato verde e un percorso fitness nella macchia. Il monolocale da 100 euro.
Residenze di San Giuliano – Podere Monte Sixeri,
Regione Guardia Grande – Santa Maria La Palma,
tel. 079/98.00.98. Il monolocale da 290 euro
la settimana, 5 appartamenti arredati in stile rustico,
in un oliveto. Ogni unità ha il giardino.
Hotel Carlos V, 4 stelle, Lungomare Valencia 24, tel.
079/97.20.600. Una struttura degli anni 70 affacciata
sul mare. Hanno appena rinnovato 48 camere.
La doppia in b&b costa a partire da 190 fino a 300 euro.
dine fritte. Intorno a piazza Sulis, spianata sul mare dominata dalla cinquecentesca torre dell’Esperò Reial, si
affacciano Il Pavone, Il Tuguri e La Lepanto, tre templi
della gastronomia algherese. Qualche passo ed ecco lo
stretto vicolo Adami, dove Gianluca e Cristiano Andreini, dopo il successo del Ristorante Sergio Andreini,
si cimentano nella cucina della nonna con la trattoria-
79
Gianmario Marras
ESTATE
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
Sopra: i giardini dei bastioni Pigafetta. Da qui lo sguardo
spazia sul porto e sul molo fino all’isolotto della Maddalena
e alla frazione di Fertilia lungo la costa. A destra:
il massiccio campanile ottagonale della cattedrale di Santa
Maria visto da piazza Teatro. Fu eretto nella seconda metà
del Cinquecento in stile tardogotico catalano.
FESTIVALGUER: UN’ESTATE ESPLOSIVA
L’Anfiteatro Comunale, nuovo spazio all’aperto del Centro
Congressi Maria Pia, sul lungomare tra Alghero e Fertilia,
diventa palcoscenico per serate all’insegna della musica
popolare con Francesco Renga (9/7), Elisa (23/7), Carmen
Consoli (7/8) e Fiorello (3/9).
Le manifestazioni si svolgeranno anche nel forte della
Maddalenetta, monumento storico che ha ospitato la
performance di Joaquim Cortez nel 2002, dove sarà realizzato
un elegante allestimento teatrale con 500 posti a sedere. Sarà
inaugurato il 26 giugno con il concerto di Paolo Fresu, a cui
seguirà un nutrito programma di jazz e world music, tra cui
Dyanne Schurr (21/7), Elena Ledda (4/8), Enzo Favata (19/8)
e Franca Masu (24/8). Non è tutto. Tra le antiche mura, a
luglio si esibiranno anche la Compagnia Spell Bound Dance
Company (8/7) e il Gruppo Danza Oggi (15/7).
Informazioni presso Circuito Danza Sardegna,
tel. 070/49.12.72, e Sardegna Concerti, tel. 070/65.49.04,
www.sardegnaconcerti.it.
wine bar Il Refettorio. Il wine bar Baraonda è il ritrovo
più trendy degli amanti del vino: locale minuscolo, luci
soffuse, carta esagerata.
Via Roma, la strada dei negozi più chic e della boutique dello stilista Antonio Marras, sfuma nel maestoso
portale della cattedrale di Santa Maria. Per ammirarne
la facciata e il campanile basta percorrere via Principe
Umberto e voltarsi. Ecco la cupola con le maioliche po-
80
licrome di San Michele. In questa parte del centro storico fatta di vecchie case strette, si respira un’atmosfera
diversa, più semplice rispetto all’eleganza dei palazzi
intorno a piazza Civica. I turisti qui non arrivano quasi
mai. Regnano silenzio e tranquillità.
Nel cuore di Alghero, a pochi passi dal mare si nasconde il salotto buono circondato da storici edifici:
piazza Civica. Gli antichi magazzini del cinquecentesco palazzo d’Albis, ornato di monofore e bifore, ospitano il Caffè Costantino, superfrequentato all’ora dell’aperitivo. Accanto, la Bella Napoli per gustare la miglior pizza di Alghero. Dal Ghiotto vendono dolci fatti
in casa e altre sfiziose specialità isolane, c’è perfino un
enologo a disposizione per utili consigli sugli acquisti.
Si assaggiano spuntini e calici di vini sardi di qualità
nella taverna affacciata sul forte della Maddalenetta.
L’altra grande novità algherese dell’estate è proprio il
recupero come palco teatrale della Maddalenetta, suggestivo spazio tra le antiche mura che da giugno a settembre farà da quinta al fitto programma di concerti di
Festivalguer (vedi box). GIROTONNO
L’isola nell’Isola
Gli appuntamenti gastronomici e culturali
di primavera rivelano l’autentica anima di Carloforte
cheologia industriale. Una passeggiata alla miniera di ocra di Punta
del Becco riserva panorami di costa
e di mare indimenticabili.
In primavera, poi, ci sono due appuntamenti culturali e gastronomici
in cui si manifesta tutta l’anima di
Carloforte, con le sue tradizioni e la
sua storia. A fine aprile per due
giorni si tiene la sagra del Cashcà, il
piatto tipico derivato dal tunisino
cuscus, a base di semola cotta a vapore e di verdure. Durante la sagra
è possibile degustare
questa deliziosa e delicata pietanza, spesso cucinata “in diretta” nei
banchetti sul lungomare
e nelle strade principali.
Ai primi di giugno il Girotonno è la festa di chiusura della stagione della
mattanza. Da sempre
A destra: il monumento
dedicato al fondatore della
città Carlo Emanuele III,
sul lungomare
Battellieri di Carloforte,
realizzato nel 1788. Sopra:
il logo del Girotonno,
la manifestazione legata
alla chiusura della stagione
della pesca dei tonni,
attività fondamentale per
l’economia di San Pietro.
Carloforte ha basato la sua economia
sulla pesca dei tonni, che in questa
stagione passano numerosi lungo le
coste, nelle loro rotte migratorie verso
i luoghi di riproduzione. Durante i
quattro giorni di manifestazione, chef
internazionali ed esperti enogastronomici si confrontano in preparazioni
che, pur attente alle nuove e diverse
esigenze dei consumatori di tutto il
mondo, non dimenticano l’antica tradizione legata alla cultura del tonno.
Negli stand che riproducono le tipiche baracche si potranno degustare
tutte i piatti tradizionali tabarchini,
come la capponádda e i gurézi, la bottáiga e la tunína, ma anche tutte le varianti di sushi preparate da cuochi
giapponesi, che considerano il tonno
carlofortino uno dei migliori al mondo. Il tutto accompagnato dai vini locali o da quelli del Sulcis. Spettacoli
folcloristici, musica e convegni: c’è
solo l’imbarazzo della scelta. Gianmario Marras
L’
isola di San Pietro, a 6 miglia
dalla costa sud-occidentale
sarda, si differenzia dal resto
dell’Isola “madre” in ogni aspetto: le
sue rocce vulcaniche, rosse trachiti o
bianchi tufi, assumono aspetti e colori che contraddistinguono coste ed
entroterra; gli animali e le piante si
sono evoluti in specie particolari, e
solo qui è possibile vedere la cicindela, un piccolo coleottero blu e giallo, o il centonchio del Monelli che in
primavera ricopre con la sua fioritura arancione le rupi costiere. Fenici,
Greci e Romani la conoscevano come
l’isola degli sparvieri, e ancora oggi
San Pietro è meta di appassionati ornitologi, che si ritrovano sulle scogliere a osservare i voli del falco della regina in picchiata dalle falesie di
cala Fico e capo Sandalo.
Anche l’aspetto culturale e antropologico di San Pietro è unico: a Carloforte, unico centro abitato, vivono i discendenti dei tabarchini, i liguri che
un tempo combattevano con i pirati
saraceni, e che nel 1738 si trasferirono
dalla tunisina Tabarca sull’isola allora
disabitata, fondando la città. La planimetria regolare, le strade e i viottoli,
l’ordine e il silenzio, la luce limpida e
l’odore di mare fanno di Carloforte un
posto incantato: i suoi abitanti non
vorrebbero mai lasciarlo e chi ci arriva
se ne innamora e ci torna appena può.
La primavera è la stagione più bella
per Carloforte. Fuori dall’affollamento estivo si possono visitare gli
angoli più caratteristici, sentire il silenzio nelle spiagge dal mare cristallino (una riparata dal vento c’è
sempre) o il rumore delle onde sulle
scogliere. Si possono fare escursioni
all’interno, tra pinete e resti di ar-
ESTATE
Veleggiare in paradiso
Lo Yacht Club Arcipelago della Maddalena
coniuga tecnologia sportiva e antica marineria
Gianmario Marras
Cala Portese, una delle splendide
insenature della Maddalena nell’oasi
naturalistica di Porto Palma.
Andare a vela in questa cornice è
un’esperienza indimenticabile.
L’
oasi naturalistica di Porto
Palma, una delle più belle
insenature dell’isola di Caprera, è la sede del neonato Ycam,
Yacht Club Arcipelago della
Maddalena, fondato da un gruppo di sportivi ed esperti della
nautica capeggiati da Cino Ricci.
A due passi dalla casa di Garibaldi e dalla rada di Stagnali, dove si
trova anche il Centro di ricerca sui
Delfini, il Club sta proprio nel
cuore del parco nazionale dell’Arcipelago, uno scrigno di isole e
isolette nelle leggendarie acque
tra Corsica e Sardegna. Non a caso
il suo motto è “Sail in Paradise”.
Il Club si propone alla nautica
mediterranea come meta ideale
per sport e cultura, scuola di vela
e impegnative regate d’altura.
Nella sede, un antico edificio ripristinato con gusto, la tecnologia
sportiva si coniuga con le tradizioni dell’antica marineria, specie
con le vele d’epoca e le vele latine
caratteristiche delle acque sarde.
Obiettivo del Club è infatti quello
di preservare le regole e le etichette della marineria, oltre che
proteggere l’incontaminato ambiente naturale che lo circonda.
Il porticciolo privato dispone di
numerosi posti barca in acque
tranquille, profonde e trasparenti,
in una delle baie più belle dell’Isola: un ambito approdo per qualsiasi crocerista. Per preservare i
grandi silenzi di Caprera, ai pontili non possono avvicinarsi autovetture, tranne quelle elettriche
messe a disposizione dal Club.
Nella sede sociale, un edificio caratteristico di oltre 2000 metri quadrati, i soci hanno a disposizione
un luogo di incontro e di ristoro, palestra, foresteria, ambienti di studio
e di attività, oltre a sevizi specifici
connessi con il mondo della nautica
e della vacanza sul mare.
Oltre agli ormeggi propri, anche
per imbarcazioni di grande tonnellaggio, in convenzione con l’Ente
Parco e con il Comune di La Maddalena il Club mette a disposizione dei soci ormeggi e ancoraggi
per soste prolungate in aree protette e sorvegliate nelle altre isole
dell’arcipelago, offrendo servizi
preziosi per la nautica da diporto.
Yacht Club Arcipelago della Maddalena,
www.ycam.org, [email protected]
85
In questa immagine: veduta panoramica
dell’abitato di Santa Teresa Gallura disteso
sul terrazzo roccioso che domina la profonda
insenatura con uno dei porti turistici più
importanti della zona. Pagina accanto:
scorcio di una via della cittadina con le sue
caratteristiche case dai colori tenui.
Santa Teresa Gallura
REGINA DI SOLE
E DI VENTO
Territorio di antiche civiltà affacciato sulle Bocche di Bonifacio,
oggi è una località turistica considerata la perla della costa settentrionale
DI WALKIRIA BALDINELLI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
U
n alone di mistero avvolge Santa Teresa Gallura. La sua collocazione geografica è strategica: costruita sul tavolato roccioso che si affaccia sulle Bocche di Bonifacio è stata, ed è
tuttora, crocevia di popoli. Nel territorio teresino si sono intrecciate, in varie epoche, diverse civiltà; ciascuna
ha segnato profondamente questo lembo di terra sarda.
A renderla misteriosa sono i segni lasciati da chi ci ha
preceduto: sono impressi nelle pietre dei monumenti
ancora oggi visibili o racchiusi nei ruderi di quelli distrutti, ma dei quali è viva la memoria.
I visitatori attenti riusciranno a “codificare” quanto
suggerito da un paese fatto di rocce, che si esprime con
“voce” di pietra e li scruta con “occhi” di pietra. Basta
guardarsi intorno per capire l’alternarsi dei fenomeni
culturali e gli eventi storici che si sono succeduti, legati
al binomio inscindibile mare-granito. Si sovrappongono le civiltà nuragico-punica, romana, medievale, delle
87
ESTATE
SANTA TERESA GALLURA
A destra: negli ultimi giorni
di agosto si svolge Musica sulle
Bocche, un festival jazz che è
l’evento culturale di maggior
prestigio dell’estate gallurese. Artisti
tra i più importanti del nostro tempo
danno vita a suggestivi e innovativi
spettacoli musicali, dall’alba fino
a notte fonda, nelle piazze, nel
porto, sulle spiagge e sulle navi.
Sopra: l’incantevole baia di Rena
Bianca con le limpide acque color
cobalto che lambiscono la spiaggia
della riviera gallurese famosa
anche per il candore dei suoi granelli
di sabbia. A destra: il 12 agosto
(anniversario della fondazione della
cittadina avvenuta nel 1808 per volere
dei Savoia) le vie e le piazze del paese
si animano di figuranti in abiti
d’epoca per la coreografica sfilata
e la rievocazione storica.
88
Un modo insolito di trascorrere le vacanze qui è la
partecipazione diretta di volontari alle operazioni di
scavo negli insediamenti prenuragici e nuragici di Lu
Brandali. Gli appassionati di archeologia non possono
lasciarsi sfuggire questa ghiotta occasione che il Comune di Santa Teresa Gallura, di concerto con la Soprintendenza dei Beni Archeologici di Sassari e Nuoro, propone da otto anni. I turni di partecipazione per quest’anno vanno dal 22 maggio al 5 giugno e dal 18 settembre al 2 ottobre. Il terzo turno, riservato alle scuole,
Gianni Petta
quali restano ampie vestigia: i villaggi nuragici, le cave
romane, il castello di Longonsardo e la già citata torre
cinquecentesca che domina lo stretto.
La civiltà nuragica dell’età del Bronzo ha trovato, nel
territorio che gravita sulle Bocche, le condizioni ideali
per l’insediamento, concentrato in agglomerati di capanne e di ripari sotto roccia, protetti da una serie di
nuraghi disposti sulle formazioni granitiche che coronano, verso l’interno, la parte più settentrionale della
Sardegna nuragica. Fra gli insediamenti più estesi, costituiti da nuraghi con villaggio
circostante, sono visitabili quelli di
Lu Brandali, di Vigna Marina e di
La Testa. Lu Brandali è molto articolato: comprende un nuraghe, circondato da un antemurale provvisto di diverse torri, un villaggio di
capanne e ripari sotto roccia, una
tomba di giganti.
è programmato dal 3 al 15 ottobre
(informazioni: Ufficio cultura, tel.
0789/74.09.24; Informagiovani,
tel. 0789/75.54.25).
Le cave di granito testimoniano come il fiordo di Longone fu
meta privilegiata anche in età romana. Negli isolotti della Marmorata fino a punta Falcone, da
Municca e soprattutto da Capicciolu e Li Petri Taddati fino a cala
Spinosa sono evidenti i segni
dell’estrazione dei blocchi che,
trasformati in colonne, sono stati
utilizzati per ornare monumenti
e ville patrizie laziali. Tibula, a
capo Testa, ubicata a ridosso delle zone estrattive, era il
capolinea della strada consolare di Olbia-Tibula.
Al controllo diretto del braccio di mare e degli approdi costieri si riferisce la storia del porto di Longonsardo,
punto strategico e rifugio sicuro per quanti vi transitavano. Oggi il nuovo porto turistico (Bandiera Blu d’Europa dal 2000) costituisce uno dei centri marittimi più
moderni e attrezzati di tutta l’area, scalo dei traghetti
che giornalmente collegano la Sardegna alla Corsica.
Ha una capacità di 750 posti barca nelle varie categorie
di natanti, fino a 30-35 metri.
Escursioni, sport e cultura
La vasta zona di capo Testa è ricca di luoghi suggestivi, le escursioni naturalistiche e archeologiche da effettuarsi a piedi aiutano a conoscere meglio questi
lembi di costa gallurese. La possibile istituzione dell’Area marina protetta capo Testa-punta Falcone è attualmente in fase di studio, al fine di salvaguardare
questo patrimonio biologico, naturalistico e paesaggistico di inestimabile valenza ambientale. Il mare rappresenta, da sempre, la meraviglia più grande, con
tante opportunità per essere goduto in tutti i periodi
dell’anno: dalle attività di nautica da diporto, subacquea, degli sport velici a quelle della pesca d’altura,
da vivere sui pescherecci, insieme ai pescatori locali
o nelle battute organizzate. Attira a Santa Teresa Gallura migliaia di visitatori (si passa da 4.000 abitanti
nel periodo invernale a oltre 40 mila nella stagione
estiva) che ogni anno nei mesi caldi affollano le suggestive spiagge, cale e calette disseminate nel lungo
tratto di coste del territorio teresino. La spiaggia del
paese è la Rena Bianca (Bandiera Blu d’Europa dal
1987). A pochi minuti dal centro un ventaglio di altre
suggestive spiagge consente di percorrere un itinerario particolarmente affascinante sulla riviera gallurese, con acque color cobalto che sfuma in smeraldo corallino e graniti dalle fogge bizzarre.
Santa Teresa Gallura è insomma un paese autentico e accogliente, dalle mille sfaccettature dove le bellezze naturali, architettoniche e artistiche si coniugano con i numerosi appuntamenti culturali che il calendario annuale degli eventi e delle manifestazioni
propone. L’episodio dei moti rivoluzionari del 1802,
temeraria impresa compiuta contro le truppe regolari a opera di un gruppo di rivoluzionari sardi provenienti dalla Corsica, viene rievocato quest’anno il 20
giugno. Le vie e le piazze del paese si animano annualmente anche il 12 agosto, giorno della fondazione della cittadina, con la sfilata, la rievocazione storica e la drammatizzazione itinerante. Musica sulle
Bocche è l’evento culturale di maggior prestigio. In
programma dal 25 al 31 agosto, il “Festival internazionale di jazz ed altro tra l’Italia e la Francia sulle
Bocche di Bonifacio” regala da cinque anni momenti
suggestivi, emozionanti e innovativi, come i concerti
all’alba, al tramonto e a notte fonda, sulle spiagge,
nei porti, sulle navi e nelle piazze. 89
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
Sagre
APPUNTAMENTI
CON LA TRADIZIONE
L’estate sarda è costellata di manifestazioni popolari
molto coreografiche, come la giostra equestre di Sèdilo, le processioni
di Sassari e di Nuoro, le feste campestri nella Gallura
DI ALDO BRIGAGLIA - FOTOGRAFIE DI MARCO MELODIA/IL DAGHERROTIPO
L’Ardia è la festa ideale per chi
ama le emozioni forti, che si
concreta in una sfrenata corsa a
cavallo intorno a un bel santuario
campestre, fuori dell’abitato di
Sèdilo, nell’alto Oristanese.
E
state, in Sardegna, è tempo di sagre. Il
6 e 7 luglio si
svolge una “classica” di
eccezionale spettacolarità, l’Ardia di Sèdilo. Si
tratta di una sfrenata
corsa a cavallo in onore
dell’imperatore Costantino, che in Sardegna è
venerato come un santo
benché la Chiesa non lo
abbia mai beatificato.
Intorno al bel santuario
campestre, situato a pochi chilometri fuori dell’abitato (sulla superstrada che collega Abbasanta a Nuoro), si consuma un rito fortemente
intriso di sacro e di pagano il cui reale protagonista è il cavallo, animale che in tutti i paesi
dell’Isola da millenni
gode di un culto che ha
pochi riscontri altrove.
La corsa non tradisce
mai chi ama le emozioni
forti. Migliaia di persone assiepate lungo il percorso, crepitìo di fucili, irruenti sarabande equestri scatenano fantasie e suggestioni, in una cornice di colori e di usanze che hanno il sapore della Sardegna antica. È uno spettacolo
dove protagonista è anche il coraggio, perché i cavalieri in sella ai loro destrieri per tre volte si buttano
pericolosamente giù da una collinetta, passano a
spron battuto attraverso uno stretto arco che delimita
l’area del santuario e volano, tra polvere e colpi di
frustino, fin sul sagrato della chiesa.
Ardia è parola antica che vuol dire “guardia”. Il significato simbolico della manifestazione è racchiuso
tutto nell’impegno dei tre cavalieri di testa, che costituiscono appunto la scorta di Costantino, a impedire
che tutti gli altri concorrenti li scavalchino arrivando
prima di loro al traguardo.
I tre capicorsa, che sono scelti dal parroco in persona, tengono in mano una bandiera con la quale possono anche colpire chi tenta di superarli, in un rituale
punteggiato dalla tattica dei gregari, che simulano
fughe in avanti o arresti improvvisi per disorientare
gli avversari.
92
SAGRE
Fotografie di Marco Melodia/Il Dagherrotipo
ESTATE
In questa pagina: uno dei
capicorsa con lo stendardo,
figure-simbolo dell’Ardia
di Sèdilo. Qui accanto:
questo emozionante
spettacolo attira lungo
tutto il suo percorso
una gran folla, che assiste,
con entusiasmo
e incitamenti, a questa
spasmodica galoppata,
esibizione di coraggio
e grande abilità.
È una festa unica nel
suo genere. Parteciparvi
è sempre un’emozione
unica, non solo per assistere alla spasmodica
giostra equestre ma anche per assaporare le atmosfere popolari delle
due giornate, durante le
quali balli, canti e laute
abbuffate riempiono i
tempi dell’attesa.
A metà agosto si celebra a Sassari un’altra
grande festa, anch’essa
di antica origine: i Candelieri. La sera del 14 i
numerosi gremi (le antiche corporazioni di arti
e mestieri) ancora operanti in città portano in processione per le anguste
vie del centro storico enormi ceri di legno, decorati
con gale e nastri policromi. La “discesa” dei candelieri (la faraddha, in dialetto sassarese) si svolge dalle sedi dei gremi fino alla bella chiesa romanica di Santa
Maria in Betlemme. A metà si ferma di fronte al palazzo civico, dove il sindaco si unisce al corteo e, vestito in frac e cilindro all’antica moda spagnolesca,
sfila davanti al popolo che con fischi o applausi manifesta di approvare o no la politica amministrativa della città.
Durante l’intera processione i gruppi di uomini
che sostengono e trasportano i candelieri si muovono
e si agitano e dondolano e ruotano in una sorta di movimento danzato, e la gara è a chi interpreta meglio
con le sue figure l’equilibrio ritmico e il senso profondo della devozione religiosa. Gruppi di tamburini e
di funzionari dei gremi (i cosiddetti parajos), con i loro bei costumi anch’essi di tradizionale foggia spagnolesca, accompagnano i candelieri nel loro percorso che si ripete sempre uguale, ma con emozione
sempre rinnovata, da oltre 500 anni.
93
In questa pagina, a destra: da oltre 500 anni, il 14 agosto si
celebrano a Sassari i Candelieri, festa di grande devozione
religiosa. I nove gremi, le antiche corporazioni di arti e
mestieri, tuttora operanti in città, portano in processione per
le vie del centro enormi ceri di legno. Ogni candeliere, con
l’effigie del santo protettore della relativa corporazione,
ha nastri multicolori tenuti tesi da ragazzini
ed è sfarzosamente decorato (a sinistra) sulla sommità con
una profusione di gale policrome e di fiori.
In onore del Redentore e dei santi
Un’altra bella festa religiosa è quella che si svolge a
Nuoro l’ultima domenica di agosto in onore del Redentore. Vi partecipano due-tremila fedeli che accorrono da tutti i paesi della Sardegna nei loro costumi
tradizionali. Una fantasmagoria di colori e di fogge
che costituiscono un’occasione imperdibile per apprezzare l’incredibile varietà di forme dell’abbigliamento tipico di uomini e donne di Sardegna.
La processione parte dalla chiesa delle Grazie e si
snoda per diversi chilometri salendo lenta fino in cima al monte Ortobene, la montagna cara a Grazia Deledda, sulla cui vetta una grande statua bronzea raffigurante Cristo Redentore domina e protegge il capoluogo della Barbagia. Canti e balli tradizionali fanno
da contorno alla festa popolare.
94
Fotografie di Maurizio Fraschetti
SAGRE
Durante tutta l’estate numerose feste campestri si
svolgono quasi ogni giorno negli stazzi della Gallura.
Ovunque ci sia una chiesetta o un piccolo santuario,
una volta all’anno per il proprietario del fondo è una
questione d’onore organizzare una grande festa in
onore del santo a cui la chiesa è dedicata. Coniugando l’antica tradizione in favore dei pellegrini e la rinomata ospitalità gallurese, a tutti coloro che arrivano
da vicino e da lontano per prendere parte alla festa
viene offerto da mangiare gratis un menu rustico, a
base di pasta casereccia e arrosti vari. Fino a notte
fonda, poi, al suono della fisarmonica si balla il liscio
e una tipica danza gallurese, lo scottis, che come dice
il nome fu importata in epoche remote dall’equipaggio di una nave britannica, ma che col tempo ha assunto una sua particolare affascinante fisionomia. 95
ESTATE
GASTRONOMIA
Vernaccia e merca per sapori estivi
Delizie di mare
Le ricette a base di pesce della cucina sarda
hanno origini antiche: fenicie, spagnole, liguri
Archivio Prima Press
C
di stoccafisso. Qui si usava il gattuccio, della famiglia degli squali,
che viene eviscerato, bollito e poi
marinato in olio, aceto, noci e un
trito di fegatini precedentemente
estratti dello stesso pesce. Anche
la Sardegna ha la sua zuppa di
pesce: la cassola, che si prepara
con anguille, cefalo, palombo,
razza, granchi, aragosta, seppie,
polipi, spigola e saraghi insaporiti con il peperoncino.
L’utilizzo del pesce in cucina è
cresciuto molto negli ultimi decenni per il moltiplicarsi di porticcioli protetti, adatti all’attracco
delle imbarcazioni e agli allevamenti di mitili, soprattutto a nord
intorno a Olbia, dove si producono anche le vongole veraci. Malgrado questo, è sempre e solo
uno il mercato all’ingrosso del
96
Sopra: uno scorcio dello stagno
di Cabras, il più grande dell’Oristanese,
popolato di pesci pregiati come
spigole, orate, anguille, capitoni
e muggini. Le uova di questi ultimi
vengono destinate alla produzione
della bottarga (a sinistra), il caviale
nostrano, servita grattugiata
sulla pasta o tagliata sottile con lamelle
di sedano e crostini di pane.
pesce, quello gigantesco di Cagliari che con i suoi 3.000 metri
quadrati coperti e 17.000 open air
è tra i più grandi in Europa. Nei
banchi si trovano anche i muggini
per la produzione di bottarga, altra specialità tipica isolana. La
pesca si effettua per lo più nelle
lagune e negli stagni dell’Oristanese, con reti a maglie sottilissime nel periodo della riproduzione del pesce, che inizia ai primi
di settembre. La sacca ovarica
viene estratta, lavata e messa sotto sale, poi risciacquata, stesa sulle rastrelliere e stagionata per
una decina di giorni. A questo
punto le uova che hanno assunto
un caldo color ambrato con venature dorate, possono essere consumate o conservate sottovuoto.
Secondo gli esperti, la miglior
bottarga deve pesare tra i 150 e i
250 grammi e presentarsi al tatto
soda e compatta. Va servita tagliata finissima con lamelle di sedano o su crostini di pane oppure grattugiata sugli spaghetti con
un filo d’olio extravergine.
Con i filetti di muggine nei dintorni di Cabras preparano la merca, di origine fenicia. Il pesce viene bollito in acqua salata, dosando il sale secondo l’esigenza di
conservazione del piatto (può durare oltre 10 giorni), poi viene av-
Sopra: un misto di pesci e anguille,
gli ingredienti principali della cassola,
gustosa zuppa di mare insaporita
con il peperoncino. Sotto: la merca,
piatto di origine fenicia, tipica
dei dintorni di Cabras. I filetti di
muggine vengono bolliti e avvolti negli
steli di un’erba grassa, che cresce lungo
i canali salmastri, in cui si conservano
fino a dieci giorni dopo la preparazione.
Fotografie di Marco Melodia/Il Dagherrotipo
Azienda vinicola Attilio Contini, Cabras (Or), tel. 0783/29.08.06, aperta al
pubblico dal lunedì al venerdì 8,30-13/15-18, sabato 8,30-13.
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
he la cucina sarda sia legata ai prodotti della terra
si sa, ma con un mare così
bello non poteva ignorare i tesori
nascosti nelle sue acque. Spagnoli e liguri, oltre a lasciare tracce
sul piano della lingua (ad Alghero si parla ancora catalano e a
Carloforte una sorta di genovese),
insieme ai Fenici, insediandosi
sull’Isola hanno importato una
serie di ricette a base di pesce
che, con le debite modifiche, sono entrate nella tradizione sarda.
A cominciare dall’aragosta all’algherese, per finire con le sarde a
scabecciu, ovvero in carpione, di
derivazione ligure. A volte i nomi
appartengono ad altre culture,
ma la ricetta è originale sarda. È il
caso della burrida cagliaritana,
da non confondere con l’omonimo piatto genovese che è a base
“I sapori di questi piatti sono decisi, quasi arroganti”, dice Paolo Contini,
erede di una delle più antiche dinastie di vinattieri di Sardegna. “Questi gusti forti si accompagnano bene con una vernaccia di media stagionatura
appena appena fresca, suggerisco una Vernaccia di Oristano Contini 93, in
alternativa un Carmisi, vernaccia giovane di struttura ed equilibrio, che accompagna bene anche la bottarga di tonno o l’anguilla con l’uva passa, antichissima ricetta che risale ai Fenici, tipica del nostro territorio. Con la
merca io bevo il Nieddera, un rosso della valle del Tirso. È un antico vitigno
che abbiamo recuperato (siamo gli unici produttori al mondo). Lo lavoriamo
dal 1912, anno in cui è stato insignito con la medaglia d’oro all’esposizione internazionale di Milano”.
volto e legato fra steli di obbione
(della famiglia della salicornia),
un’erba grassa insapore e inodore
che cresce lungo i canali salmastri, dandogli la forma di piccolo
barile e così rimane fino al momento del consumo.
In Sardegna è molto usata anche
la bottarga di tonno, meno delicata della precedente. Si prepara
subito dopo la mattanza, che ha
luogo tra maggio e giugno presso
la tonnara di Portoscuso, a sudovest dell’Isola. Fin dalla fine dell’Ottocento è tra le più importanti
d’Italia e si ricorda ancora la grande pesca del 1882 quando vennero catturati 10.136 tonni. Dalle
femmine di tonno si estrae la sacca ovarica (che può pesare anche
6 chili) che viene messa in salamoia e poi sotto sale con un peso
poggiato sopra. Dopo una ventina
di giorni si toglie dalla pressa, si
lava, si asciuga al sole e si mette a
riposo in una stanza fresca per 2 o
3 mesi. A questo punto è pronta
per condire la pasta o insaporire
piatti di verdure. Ornella D’Alessio
97
AUTUNNO
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
Chiese, castelli, turismo in treno...
E poi i vini. Sono grandi
ed è il loro momento
Cavalli di piccola taglia allo stato brado presso il Pauli Murdegu
sulla Giara di Gesturi.
101
Suggestivo panorama notturno di Castelsardo, piccolo
gioiello dell’Anglona che si erge su un irto promontorio
roccioso a picco sul golfo dell’Asinara. Dal mare è
visibile il borgo medievale, che tuttora conserva le mura
di recinzione, con i resti del castello dei Doria. Eretto nel
XII secolo dalla famiglia genovese che fondò il paese con
il nome di Castelgenovese, il castello oggi restaurato è
sede del Museo dell’Intreccio mediterraneo.
Castelli e chiese campestri
Crocevia di popoli e civiltà, luogo della storia, la Sardegna
custodisce la memoria di un’epoca, un grande museo a cielo aperto,
un “catasto” mitico, un interminabile racconto
DI RAFAELA SOLINAS
Olimpio Fantuz/SIME
PAROLE DI PIETRA
Massimo Ripani/SIME
“castellana” in Castelgenovese e Castel D’Auria (meglio noto come Casteldoria).
Castelgenovese si chiamava (più tardi Castello
Aragonese e infine Castelsardo) la fortezza in cui
giunse Eleonora nel 1374
dopo le nozze con Brancaleone Doria. È una donna
non bella, che porta i capelli
sciolti (contrariamente all’usanza del tempo per le donne sposate) a coprire parzialmente una vistosa cicatrice sulla guancia, è forte,
volitiva ma anche saggia e
tenera, quando lascia il palazzo giudicale di Oristano
ed entra a Castelgenovese.
Il castello è una grande
fortezza sul mare, imprendibile, ancorato alle rocce,
punto di riferimento anche
per traffici e commerci.
Nella parte più interna di
esso, sicuramente destinata
alla vita familiare, Eleonora
trascorre il suo tempo di castellana fra le attività muliebri come la tessitura, l’intreccio, la conduzione della
casa e la cura dei figli. Era
probabilmente costume di
Eleonora, come del resto
usava nel Medioevo, allontanarsi per la “villeggiatura” dal rumoroso Castelgenovese, per brevi soggiorni
nella residenza posta vicino
alle foci del fiume Coghinas
in quel Casteldoria, meno trafficato e rumoroso che
guardava verso le campagne dell’interno, dove il fiume Coghinas formava delle pozze di acqua tiepida
con benefiche proprietà curative.
Si può anche pensare Eleonora, nelle sue pause
spirituali, devota visitatrice della chiesa di Santa Maria di Tergu, splendida abbazia in trachite rossa con
inserti calcarei, fondata nella seconda metà del XII secolo e donata da Mariano di Lacon giudice di Torres
ai monaci cassinesi; oppure diretta alla chiesetta campestre di San Pancrazio di Nursi in agro di Sedini:
posta su un modesto rilievo collinare, pare essa sia
S
ono i baluardi dell’uomo e i bastioni di Dio,
sono i castelli eretti lungo le coste e nelle linee di confine, sono i monasteri, le abbazie,
i laboratori operosi che i monaci dei vari ordini organizzarono in tutta la Sardegna, sono le chiese
campestri erette e custodite dalla devozione popolare.
Il castelliere medievale ci propone una distinzione
fra fortezze della cintura costiera a difesa dalle incursioni provenienti dal mare e altre collocate trasversalmente lungo i confini fra i giudicati e, a partire dal
XIII secolo, lungo quelli fra il giudicato di Arborea e
le terre infeudate a potenti famiglie liguri o toscane.
104
La maggior parte delle fortezze costiere sono fra
quelle meglio conservate, come il castello della Fava
a Posada o il castello di Serravalle-Malaspina lungo i
più frequentati itinerari turistici.
Sulle tracce di Eleonora d’Arborea
Dal castello di Castelsardo – su cui la storia di vari
passaggi ha lasciato traccia nel nome – muove il viaggio che può raccontare, al di là della tradizione storica,
il percorso di una donna, Eleonora d’Arborea, che prima di divenire l’eroina intrepida in battaglia e la legislatrice saggia della Carta de Logu, fu moglie, madre,
Fotografie di Gianmario Marras
CASTELLI E CHIESE CAMPESTRI
Pagina accanto: tra le più importanti chiese romaniche
della Sardegna, l’abbazia benedettina di Nostra Signora
di Tergu fu fondata tra il 1065 e il 1082 e ampliata nel secolo
successivo secondo modelli pisani. Questi sono chiaramente
visibili nel forte stacco cromatico fra il bianco del calcare
dei rilievi e delle membrature e il rosso della trachite di fondo.
Sopra: il castello Serravalle di Bosa venne fatto costruire
dai marchesi di Lucca Malaspina dello Spino Secco, nel 1112.
Attorno al complesso fortificato, chiuso da una cinta perimetrale
turrita, si raggruppa la parte antica medievale della città,
mentre quella moderna (sotto), distesa sul fondo valle lungo
il corso sinuoso del Temo, si affaccia sul mare.
CASTELLI E CHIESE CAMPESTRI
l’ambiente superstite di un
antico monastero del quale
forse nel XII secolo era l’erboristeria e la farmacia.
Dal momento in cui le
drammatiche vicende giudicali la richiamano a Oristano, la “castellana” lascia
Castelgenovese e diviene
Eleonora giudicessa, reggente per conto del figlio,
animatrice dell’ultima grande fase del giudicato di Arborea prima della definitiva
resa agli Aragonesi nella
storica battaglia di Sanluri.
I castelli a carattere difensivo, quello di Monreale e quello di Marmilla, sono oggetto delle sue attenzioni come coordinatrice
delle operazioni militari.
Il castello di Monreale si
erge su un modesto colle
nel territorio di Sardara. Lo stato di conservazione
piuttosto precario consente tuttavia una parziale lettura di una costruzione imponente dotata di una cinta
muraria poderosa, una struttura a tre piani, un mastio,
una piazza d’armi, pozzo e cisterna, tutti elementi che
caratterizzano in generale le esigenze di autonomia
legate alle funzioni del castello stesso. Interessante
anche il castello di Marmilla il cui toponimo rispecchia la “mamilla”, un vistoso masso di marna di forma
mammillare su cui esso sorgeva: i suoi ruderi dominano la piana fra Las Plassas e Barumini, con la torre
maestra a settentrione e parte di un’altra a meridione.
La linea fortificata del giudicato di Arborea guardava quindi da un lato verso il Sulcis e l’Iglesiente,
dall’altro verso i castelli del feudo di Quirra dei Carroz (fedeli alleati degli Aragonesi) e il castello di San
Michele di Cagliari.
Il castello di San Michele, oggi inglobato nella città di
Cagliari, svetta sul colle tufaceo omonimo e controlla il
sistema lagunare di Santa Gilla e la principale via d’accesso dall’entroterra campidanese. Ben conservato nella
sua struttura perimetrale, con quattro torri squadrate
(“grigio guerra”, dice un testo letterario). L’interno è stato interamente ristrutturato e adibito a spazio di cultura
e arte. In esso soggiornò Violante di Carroz, castellana
approdata nella “bianca Cagliari” nel 1373, passata alla
storia come primo feudatario per successione femminile del feudo di Quirra.
Il castello di Quirra, ultimo
baluardo di confine del feudo,
oggi non presenta tracce significative: ma da esso muoveva la castellana, che amava
Olimpio Fantuz/SIME
Fotografie di Marco Melodia/Il Dagherrotipo
Le rovine di una grande torre
e delle mura di cinta sono
ciò che resta del castello
di Marmilla, edificato
all’inizio del XII secolo sul
colle perfettamente conico
che domina la piana fra
Las Plassas e Barumini.
La fortezza, insieme ai castelli
di Arcuentu e di Monreale,
costituiva la cintura difensiva
del giudicato di Arborea.
Sopra: la chiesa romanico-lombarda di San Pietro di Zuri, con
i suoi caratteristici blocchi di trachite, nacque probabilmente
come cappella di un’abbazia benedettina femminile nella
seconda metà del XII secolo. All’architetto Anselmo da Como,
a capo delle maestranze attive alla fabbrica nel XIII secolo,
si devono anche i rilievi dell’architrave (sotto, un particolare),
che rappresentano santi e animali fantastici, e i suoi
caratteristici blocchi di trachite risistemati fedelmente
quando il paese fu sommerso dalle acque del lago Omodeo.
poco il potere, per raggiungere, nelle sue passeggiate
a cavallo, una “chiesetta tutta di mattoni rossi, piccola
piccola da contenersi in un abbraccio. In cima terminava con un campaniletto a vela”.
Si tratta della chiesa di San Nicola di Quirra, nel territorio di Villaputzu, che costituisce uno dei rari monumenti romanici isolani interamente in cotto, costruita
con argilla prelevata e cotta in loco; restano infatti interessanti tracce dell’antica cava e di una fornace.
I bastioni di Dio
Accanto ai “baluardi dell’uomo” si erigono in tutta
l’Isola i bastioni di Dio: a testimonianza del complesso intreccio tra potere politico e potere religioso, tra
istituzioni e devozione di popolo, sorgono le chiese, i
monasteri, le abbazie, le chiesette campestri. I vari toponimi che ancora resistono nel linguaggio popolare
come s’istrada de sos padres, domos de Benedectinos,
s’ortu de is paras, configurano una diffusione capillare
delle costruzioni sacre. Moltissime di esse hanno una
storia complessa e una qualità di esecuzione particolarmente pregevole. Tale è la
chiesa di San Pietro di Zuri
107
Olimpio Fantuz/SIME
CASTELLI E CHIESE CAMPESTRI
in calda trachite rossa, smontata pietra per pietra e ricostruita nel 1925 per anastilosi quando l’invaso artificiale del lago Omodeo avrebbe sommerso tutto il
villaggio. Nell’epigrafe che ne fissa la data di costruzione al 1291, sono ricordati tanto il maestro Anselmo
da Como che la badessa committente Sardinia de Lacon (forse madre di Mariano d’Arborea).
Una vicenda analoga accomuna a San Pietro di
Zuri la chiesa di San Leonardo di Cuga nell’agro di
Ittiri, più modesta ma pur significativa espressione
di impegno religioso; anche questa ricostruita per
anastilosi per sottrarla alle acque dell’invaso del
Cuga. È un edificio essenziale e sobrio, tutto in calcare chiaro, a una sola navata, che sorse in quella li-
108
Sopra: la chiesetta romanica di San Leonardo, posta lungo
la strada Ittiri-Alghero, è stata smontata e interamente
ricostruita in una posizione più elevata dopo la creazione
del bacino artificiale del fiume Cuga. In origine sorgeva
sull’antica via romana fra Ittiri Uri e Sindia, ribattezzata
in età medievale s’istrada de sos padres.
nea di costruzioni sacre erette lungo l’asse fra Ittiri
Uri e Sindia che da via romana divenne appunto s’istrada de sos padres. Poco oltre, appena fuori l’abitato di Bosa, si trova la chiesetta di San Pietro extra
muros. Alcuni caratteri stilistici, come l’edicola con
colonnine ofitiche (a forma di serpenti), ne dichiarano la paternità riconducibile allo stesso maestro
di San Pietro di Zuri.
109
Fotografie di Marco Melodia/Il Dagherrotipo
CASTELLI E CHIESE CAMPESTRI
Sopra: la chiesa di San Pietro nelle immediate vicinanze
dell’abitato di Bosa prese la denominazione di “extra muros”
quando la popolazione si trasferì sulla sponda destra del
fiume Temo per mettersi sotto la protezione del castello
Malaspina, eretto nel 1112. È la più antica chiesa romanica
dell’Isola e vi si distinguono tre fasi costruttive dall’XI
al XIII secolo. L’architrave monolitico in pietra arenaria
che sovrasta il portale (sotto, un particolare) è scolpito
in altorilievo in stile bizantino e risale al nucleo originario
della chiesa; raffigura ai lati gli apostoli Pietro e Paolo,
al centro la Madonna col Bambino, e alla sua sinistra
San Costantino Imperatore, molto venerato in Sardegna.
110
Infine, in quella porzione di territorio chiamata
ancora sos locos benedectinos si possono ammirare
numerose chiese tra cui una va segnalata per l’interesse storico-archeologico che tutto il territorio riveste: è Santa Maria di Mesumundu, detta anche Madonna delle Rose, in sito campestre, fra Anela e Bultei, in cantoni di pietra sedimentaria locale di intonazione calda. Il toponimo Mesumundu (centro del
mondo) appare come un richiamo a porsi idealmente al centro dell’Isola e scoprire in tutte le direzioni
manufatti di ispirazione sacra. E tutti, da quelli più
elaborati e famosi a quelli più semplici e modesti,
conservano memoria di un’intensa vita di lavoro e
di preghiera, di attività diplomatico-istituzionale e
di una vivace e sentita cultura di apprendimento
che anche umili capimastri locali praticarono con risultati apprezzabili. 111
Turismo in treno
ELOGIO DELLA
LENTEZZA
Quattro linee turistiche che coprono oltre 400 chilometri
consentono la scoperta di paesaggi affascinanti e di opere
artistiche ospitate nelle stazioni-museo
DI LELLO CARAVANO - FOTOGRAFIE DI OLIMPIO FANTUZ/SIME
’
C
In questa immagine: la sala d’attesa
della stazione di Tempio Pausania,
dove si possono ammirare alcuni
dipinti del più importante pittore
sardo del Novecento, il sassarese
Giuseppe Biasi.
Nella pagina accanto: la stazione di
Tempio Pausania, una delle stazioni
delle linee turistiche del Trenino
Verde, che di recente si stanno
trasformando anche in luoghi d’arte.
112
è David Herbert Lawrence
con i suoi libri di viaggio e
L’amante di Lady Chatterley.
Ci sono Giuseppe Biasi, il
grande pittore sardo del Novecento, e le
creazioni di Maria Lai, la più importante
artista isolana vivente. Opere da ammirare nei musei? No, sui treni.
Da qualche anno la grande arte viaggia sui binari del Trenino Verde, le linee turistiche delle Ferrovie della Sardegna. Più che nelle vecchie carrozze
che hanno fatto la storia delle zone interne dell’Isola, nelle stazioni e nei caselli sparsi tra boschi, montagne e cascate. Spesso isolati, in splendide posizioni panoramiche, piccoli gioielli dell’ingegneria ferroviaria che si vanno
trasformando in luoghi d’arte, sede di
mostre e spettacoli, ma anche in alberghi e punti di ristoro.
A Lanusei, capitale montana dell’Ogliastra e capolinea della più suggestiva linea
ferroviaria turistica, la vecchia sala d’attesa della stazione è stata trasformata in un
bar-taverna, “Sa Caffettera”, in omaggio
alle sbuffanti locomotive a vapore.
A Mandas, il Comune ha ottenuto i
finanziamenti per trasformare la stazione che ospitava il vecchio albergo
Lunetta nella “Locanda Lawrence”, dedicata allo scrittore inglese che qui
soggiornò nel gennaio 1921 e che al
paese e alla strada ferrata ha dedicato
molte pagine del suo Sea and Sardinia.
“Entro l’estate realizzeremo dieci stan-
113
STAZIONI
A destra: la stazione dismessa di Jerzu, nel territorio
di Ulassai, è stata ristrutturata per diventare un centro
culturale intitolato all’artista Maria Lai. Ospiterà
manifestazioni di musica, poesia e pittura. Sotto: una veduta
panoramica della Gallura più incontaminata, sulla tratta
del Trenino Verde Palau-Tempio.
ze e nella terrazza una sala ristorante”, dice il sindaco Umberto Oppus. “Inoltre recupereremo le
vecchie locomotive ormai in pensione”.
Una sorta di parco-hotel ferroviario in memoria dei
viaggiatori di un tempo e per offrire nuovi servizi ai
vacanzieri di oggi. Una vera rivoluzione, per le Ferrovie della Sardegna, una svolta che completa l’impulso
dato negli anni passati alle linee del Trenino Verde,
come ricorda l’ingegnere Alessandro Boccone, direttore Ufficio marketing. Oltre 400 chilometri di binari
nelle quattro linee turistiche (Mandas-Arbatax, IsiliSorgono, Macomer-Bosa Marina e Nulvi-Palau), con
54 stazioni e 217 caselli, molti dati in concessione anche solo per esposizioni di prodotti locali o a società di
servizi turistici, come a Seui, Nurallao e Sadali.
Arte lungo i binari
Gianmario Marras
Un vero gioiello custodisce la linea Nulvi-Palau, itinerario sui binari nella Gallura tra sughere e graniti.
Nella bella stazione di Tempio è possibile ammirare
un’opera di Giuseppe Biasi, il più importante pittore
114
115
AUTUNNO
Sopra: dopo un interessante giro per le montagne ogliastrine,
ecco giunto il momento di una piacevole sosta nella stazione
di Lanusei, sulla linea Mandas-Arbatax. La vecchia sala
d’attesa (a sinistra) è diventata “Sa Caffettera”, un accogliente
bar taverna che rievoca nel nome le locomotive a vapore.
sardo del Novecento, cantore su tela della vita contadina e pastorale. Ospitati nella sala d’attesa, i dipinti
furono commissionati nel 1928 e toccano i temi cari all’artista: le donne che vanno alla fonte, la festa paesana, il suonatore di fisarmonica.
E all’arte è dedicata un’altra bella stazione (in gran
parte già ristrutturata), quella di Jerzu, nel territorio
di Ulassai, il paese costruito sotto un incombente tacco, i grandi torrioni di calcare che caratterizzano l’Ogliastra. In una straordinaria posizione panoramica, è
stata concessa dalle Fs al Comune per trasformarla in
centro culturale nel segno di Maria Lai. Entro la fine
dell’estate ospiterà le opere dell’ottantacinquenne artista che anni fa legò il suo paese, Ulassai, alla montagna con chilometri di nastro azzurro. “Questa stazione dell’arte sarà un centro propulsore, non un museo”, dice Alberto Cannas, presidente della Fondazione dell’arte. “Ci sarà spazio per la musica, la poesia, la pittura. Sarà un simbolo. Da quella stazione da
dove partivano tanti nostri giovani per andare a studiare e lavorare a Cagliari, oggi parte uno stimolo per
far conoscere l’arte e le opere degli artisti”. 116
117
La tavola apparecchiata
sotto il portico, con i
prodotti tipici locali serviti
a colazione dalla padrona
di casa del B&B Da Paola
e Giorgio, a Riola Sardo.
Bed and breakfast
COME SE FOSTE
A CASA VOSTRA
Un nuovo modo di fare turismo, per chi desidera
seguire itinerari meno conosciuti e vivere in ambienti
accoglienti che rispecchiano tradizioni e storia
DI EMANUELE DESSÌ - FOTOGRAFIE DI OLIMPIO FANTUZ/SIME
BED AND BREAKFAST
palazzotto signorile, al centro del paese. La recente e
sapiente ristrutturazione e la cura dei particolari nell’arredamento sanno creare un’atmosfera elegante e
allo stesso tempo familiare. Nel cortile, la cui struttura tipica testimonia le radici agropastorali dei proprietari, gli ospiti possono intrattenersi e utilizzare il
barbecue per gustose grigliate e il forno a legna. Dispone di 3 camere, tutte con bagno e tv color; i prezzi
vanno da 25 a 60 euro.
Natura, storia e buoni sapori
Si trova in pianura, a 12 chilometri dalle spiagge
dell’Oristanese, Riola Sardo, un paese di case basse
realizzate nell’Ottocento con mattoni in fango e pa-
glia. Ha un secolo anche il B&B Da Paola e Giorgio,
all’ingresso del paese. La colazione viene servita in
un giardino ben curato e gli ambienti sono resi caldi
e accoglienti anche dai ricordi dei tanti viaggi fatti
dai proprietari in giro per il mondo. I prezzi vanno
da 25 a 30 euro.
A Villamassargia, nell’Iglesiente, Casa di Nonna
dispone di 3 camere confortevoli arredate con gusto.
L’ottocentesco edificio, ristrutturato, riflette nella
biancheria la grande tradizione del paese per l’arte
della tessitura. Prezzi da 32,50 a 36 euro.
A San Vito, a due passi dalle splendide spiagge
del Sarrabus, una tipica casa padronale, con gli archi
che si affacciano sul cortile interno, il B&B I Glicini
Tutto è pronto per la
colazione ai Glicini, una
tipica dimora signorile
dell’Ottocento, a San Vito.
I
l calore dell’ospitalità sarda, con una finestra
aperta sulla cultura e le tradizioni di un’Isola.
In una stagione che, lentamente, cede spazio all’inverno. Il viaggio nei bed and breakfast parte
dal capo di sopra, dalla tradizionale dimora degli allevatori della Gallura, lo stazzo in granito. Lu Pastruccialeddu si trova nel territorio di Arzachena, a
due passi dalle ville dorate della Costa Smeralda, a
30 chilometri da Olbia (porto e aeroporto), nella località che dà il nome all’azienda. Lo stazzo risale al
1856: immerso in una natura incontaminata (57 ettari), ha un ampio giardino, dove viene servita la colazione, a base di dolci tipici. Tutte le camere sono
provviste di bagno. I prezzi
vanno da 25 a 40 euro.
Il B&B Monte Inni, nell’omonima località nelle
campagne di Ozieri, è una
bella villa liberty di inizio
Novecento, ben restaurata.
Dispone di 12 posti letto,
distribuiti in 3 comodi appartamenti denominati Ulivo, Cedro e Mandorlo. Sulla
120
provinciale Ozieri-Nughedu di San Nicolò, si trova a
2 chilometri da Ozieri. I prezzi partono da 25 euro.
Prende il nome da un uccello ghiottissimo di insetti, in particolare di api, l’Antica dimora del Gruccione, un’ampia e bella casa patrizia, di impianto spagnolo, nel centro storico di Santu Lussurgiu, un paese incastonato nelle colline del Montiferru, una culla
per l’agroalimentare. Interamente costruito in pietra,
presenta travi a vista e antichi ferri battuti. Prezzi
delle camere da 35 euro.
In posizione panoramica su un tratto di costa, quello tra Bosa ed Alghero, tra i più selvaggi e suggestivi
dell’Isola, il B&B Su Cantaru, a Villanova Monteleone, è il punto di partenza
ideale per escursioni verso
il mare o verso l’interno.
Offre ospitalità in un bel
Sopra: l’Antica dimora del
Gruccione, a Santu Lussurgiu,
fa dei particolari il suo punto
di forza. Travi e pietra a vista
nella sala da pranzo, e camere
(a sinistra) una diversa dall’altra
dagli arredi raffinati.
BED AND BREAKFAST
In questa foto: il B&B
S’Arrideli, a Orroli,
vanta un illustre passato.
L’edificio in mattoni di terra
cruda, infatti, sorge sui resti
di una struttura nuragica di
cui si possono visitare gli
scavi archeologici ancora in
corso. Le accoglienti camere
(sotto) hanno mobili nuovi
o in stile sardo.
offre al primo piano camere confortevoli, con bagno
privato e doccia. Prezzi da 28 euro.
Sui resti di una struttura nuragica sorge, a Orroli, il
B&B S’Arrideli che ospita scavi archeologici. L’edificio,
su due piani, mantiene l’originaria struttura in mattoni
di terra cruda. La colazione è servita nella cucina in stile sardo. Prezzi da 25 a 30 euro.
Nel centro di Orosei, a soli 3 chilometri dalla spiaggia, il B&B L’Airone Azzurro è un’antica palazzina con
giardino interno. Ha 2 camere, arredate con mobili di
pregio e tessuti tipici. Prezzi da 32 euro.
Per saperne di più sul circuito dei B&B si può anche
contattare la Domus Mediterranea, tel. 070/72.65.007,
e-mail: [email protected] 122
123
Cantina sociale Dorgali
NETTARE DEGLI DEI
DI ALTA QUALITÀ
Da questa cooperativa di viticoltori vengono
prodotti vini la cui fama ha valicato i confini dell’Isola. Tra questi
sono particolarmente apprezzati il Cannonau e il Noriolo
DI LAURA FLORIS - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
Nelle vallate del Nuorese poste
nell’entroterra della costa tirrenica
sono frequenti le superfici
coltivate a vite, con una grande
preponderanza di uva Cannonau.
AUTUNNO
Q
uella strada è sorprendente. All’improvviso
conduce su un altipiano che sovrasta una
florida vallata, Isalle. In alto il monte Bardia
col suo piglio severo domina l'Orientale
Sarda. Può accadere di ammirarlo innevato
quel monte, che a est si affaccia sul mare
turchese del golfo di Orosei. Ai suoi piedi, ecco una
meta obbligata per gli estimatori del buon vino: Dorgali. Il Cannonau è il principe della sua Cantina sociale.
Pur nella soggettività del gusto, si pensa che il comune
apprezzamento per questo vino possa essere attribuito
alle condizioni ottimali nelle quali viene prodotto. Al
sapore intenso di frutti rossi maturi, alle straordinarie
varietà di uva rinomate fin dall’antichità. Tutte queste
componenti hanno contribuito alla nascita di prodotti la
cui fama ha valicato i confini dell’Isola per estendersi
in tutto il mondo. La scommessa parte da lontano. Era il
1953, quando un gruppo di viticoltori originari di Dorgali decise di unire le forze e fondò la Cantina sociale.
CANTINA SOCIALE DORGALI
La prima vendemmia, che risale al 1958, fu un evento
emozionante: il prodotto fu un vino da tavola con base
Cannonau. E si può ben dire che l’esperimento riuscì,
se 14 anni dopo arrivò il riconoscimento di origine controllata Cannonau di Sardegna che sancì l’inizio di una
fortunata produzione. Attualmente la Cantina sociale
conta circa 300 soci provenienti anche da Galtellì, Orune, Jerzu, Siniscola, Orosei e Nuoro. Totale: 600 ettari di
vigneti che ogni anno regalano 23 mila quintali d’uva e
un milione e quattrocento litri di produzione vinicola.
Sessantacinque ettari si trovano nella vallata Isalle che
fa parte del territorio di Dorgali, dal quale si produce il
Cannonau autoctono che prende il nome dalla zona.
Il vigneto ha anche una funzione sperimentale sia
per le varietà integrative sia per le tecniche colturali. Il
vino prodotto nella cantina di Dorgali è costituito per il
90 per cento da varietà d’uve Cannonau mentre il restante 10 per cento viene integrato, per fare solo alcuni
esempi, con vitigni Carignano, Cabernet e Montepul-
Sopra: file di barrique destinate all’affinamento
del Noriolo e del Fuili. Questi vini vi riposano per circa
due anni acquisendo l’inconfondibile aroma del legno
tostato. A destra: tra le migliori etichette di questa
Cantina vi sono il Cannonau, considerato il capostipite
dei vini sardi, e il Noriolo, un altro rosso di grande
personalità. Pagina accanto: veduta panoramica
dell’abitato di Dorgali, addossato al versante interno
del monte Bardia, che lo separa dal mare del golfo di Orosei.
È considerato il capoluogo dell’artigianato e del turismo
della Barbagia, ma è anche un importante centro agricolo
con una rinomata produzione vinicola.
ciano. Puntualmente, a metà settembre le uve arrivano
alla cantina dove iniziano i processi di lavorazione. Alla
vendemmia segue la classificazione dei frutti in base alla gradazione e all’intensità del colorante che determinerà la produzione di rosati e rossi. Dopo la pigiatura
delle uve, per la produzione del rosato si procede alla
separazione del mosto dalle bucce e all'avvio della fermentazione a temperature controllate. Per la produzione dei rossi, mosto e bucce iniziano la macerazione per
un periodo di 6-7 giorni. A questo punto il mosto parzialmente fermentato viene separato dalle vinacce, che
sono inviate in distilleria per la produzione della grappa, e completa la sua fermentazione alcolica. I vini vengono poi sottoposti a due valutazioni organolettiche e
analitiche che ne determinano la separazione in contenitori. Sono poi classificati e partecipano a quello che in
gergo si chiama blend e in pratica significa taglio.
126
127
CANTINA SOCIALE DORGALI
Grandi vini e grappe eccelse
I vini migliori entrano a far parte della gamma più alta e
si procede così gradualmente fino ad arrivare al vino da
tavola. Il primo a essere imbottigliato è il Novello Santa
Caterina, il primo a essere stato prodotto in Sardegna
nel 1981. Si tratta di un rosso moderatamente alcolico e
leggermente frizzante. Seguono il bianco Cala Luna, dai
riflessi paglierini e dal sapore secco; il rosato Filieri,
gradevolmente fruttato e ottimo come aperitivo, e il
Cannonau di Sardegna Doc Vallata di Isalle, che viene
posto in botti di rovere e in contenitori d’acciaio e imbottigliato a 8-9 mesi dalla vendemmia. Il Noriolo e il Fuili
affinati per circa due anni in barrique acquistano dai legni tostati i loro inconfondibili aromi.
Le altre perle della produzione dorgalese sono le
grappe: la Santa Caterina dall’intenso profumo di frutta, la grappa Ardìa distillata in piccoli alambicchi di rame e la Filieri (grappa di Cannonau riserva) dal colore
ambrato che mantiene intatti i sapori delle uve originarie. Ma qual è il segreto di una produzione così fortuna-
128
Sopra: un vigneto nel territorio di Jerzu, nel cuore
dell’Ogliastra dove da secoli la coltivazione del pregiato
vitigno Cannonau ha trovato il suo habitat ideale. Questa
varietà di vite è delicata nella coltivazione e limitata
nelle rese, ma dà un’uva molto versatile che consente
di ottenere una vasta gamma di vini.
ta? “Sicuramente questi vini vengono prodotti in condizioni ottimali”, spiega l’enologo della Cantina sociale di
Dorgali Nicola Pignatelli. “Nei vini rossi si possono percepire le note di frutti maturi, come la ciliegia, la mora, il
lampone e le prugne. Questo dipende soprattutto dal
clima caldo arido che permette un’eccellente maturazione delle uve e la conseguente alcolicità e corposità del
prodotto.” Il risultato è quello che tutti noi conosciamo:
sapore morbido e rotondo, color rubino intenso e profumo, inconfondibile.
Cantina sociale Dorgali, via Piemonte 11, 08022 Dorgali
(Nu), tel. 0784/96.143, www.csdorgali.com
129
AUTUNNO
I vini di Sardegna
Rossi, bianchi, rosati... grande varietà all’insegna
della tradizione e della qualità
Fotografie di Gianmario Marras
I
vini di Sardegna sono premiati
e apprezzati in tutto il mondo.
La terra, i colori dell’Isola e l’energia della sua cultura millenaria
sono il segreto di una produzione
ricca e variegata.
Il principe delle cantine è il Cannonau, frutto della diffusissima varietà di uva nera, che dà vita a vini
corposi, ad alta gradazione alcolica.
L’unica etichetta a Denominazione
di origine controllata e garantita
(Docg) è però il Vermentino di
Gallura che al Concorso enologico
internazionale legato al recente Salone dei vini e dei distillati di Verona, Vinitaly, si è guadagnato una
medaglia d’argento.
La percentuale di vitigni di pregio
e autoctoni in Sardegna è molto alta. Il 6,4 per cento dei terreni sono
destinati alla produzione Doc e
Docg, contro una media nazionale
del 3,5. Non a caso le etichette che
vantano la denominazione di origine sono 28. Tra queste spiccano varietà prestigiose come il Carignano
del Sulcis, la Malvasia di Bosa e di
Cagliari, la Vernaccia di Oristano,
il Moscato spumante dolce di Tempio, altra medaglia d’argento al Vinitaly. Molto diffusa è anche la produzione di Nuragus, Monica e Pascale specie nel Campidano.
Proprio al Concorso di Verona, sono
stati numerosi i vini sardi ad aver
ottenuto premi e diplomi di gran
menzione. Tra questi, l’Isola dei
Sopra: il Museo del Vino di Berchidda
in Gallura, ospitato in una moderna
architettura, è una sorta di tempio
dedicato a questo “nettare” depositario
delle tradizioni e della cultura enoica.
È una struttura multimediale che
permette a neofiti e a iniziati di
immergersi nell’inebriante universo
di Bacco. A sinistra: questo antico
torchio ligneo su basamento di granito
è uno dei numerosi strumenti esposti
nel museo che attestano la longevità
dell’attività vitivinicola isolana..
Nuraghi e diverse etichette di Moscato, Vermentino, Cannonau, Monica e spumanti brut.
Un discorso a parte meritano i novelli. Prodotto di successo soprattutto per l’ottimo rapporto qualitàprezzo, quello sardo, prodotto da
una ventina di aziende, arriva a un
milione di bottiglie l’anno, superando Puglia e Sicilia. Interessanti
anche le etichette di vino biologico
che, sebbene appartengano a un
settore ancora di nicchia, sono sempre più ricercate e apprezzate. Le
aziende che operano in questo ambito sono poche ma estremamente
specializzate, e commercializzano
anche olio e aceto.
I veri estimatori del vino non potranno rinunciare a una visita al
Museo del Vino di Berchidda
(via Grazia Deledda 151, tel.
079/70.45.87, chiuso il lunedì,
www.museodelvino.net), dove si
può anche farsi rapire dai grandi sapori dell’enogastronomia sarda. 131
Fauna
UN PATRIMONIO
DA DIFENDERE
Binocolo e tanta pazienza: queste le armi per andare a caccia delle rare
e preziose specie animali che vivono in Sardegna
Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo
DI MARIO FRONGIA
La Sardegna è l´unica regione in Europa in cui
nidificano i bellissimi fenicotteri rosa. Nel corso
delle loro migrazioni sa genti arrubia, come
vengono chiamati, hanno trovato l’ambiente
favorevole in alcuni laghi interni salati e nelle
lagune costiere dell’Isola, diventando stanziali.
AUTUNNO
U
A destra: un superbo esemplare di grifone, l’unico avvoltoio
originariamente presente in Sardegna a essere sopravvissuto,
a differenza dell’avvoltoio monaco e del gipeto, ormai estinti.
Predilige le zone montuose aperte del Supramonte e della
costa tra Alghero e Bosa. Sotto: i focosi cavallini dagli occhi
a mandorla che vivono nell’altopiano della Giara di Gesturi
sono i superstiti di una razza antica che popolava l’intera Isola.
n suono rauco e profondo, un urlo poderoso che riempie l’aria. Sentire i bramiti
del cervo sardo è un’emozione irripetibile. Al tramonto o con la complicità di una
notte stellata e tiepida, da fine agosto a settembre.
L’avventura comincia dal villaggio minerario di
Montevecchio, lungo la strada che conduce alle dune di Piscinas: un paradiso nel paradiso. La regola
impone il silenzio assoluto. Si deve stare immobili a
ridosso delle dune o sul ciglio dei sentieri fino al calar del sole. Poi, sentirete i bramiti. I cervi riempiranno la vallata con i loro messaggi e, se si è fortunati, si potrà assistere anche alle loro battaglie con il
rumoroso scontrarsi dei palchi. Ma si può udire il
cervo anche a pochi chilometri da Cagliari, nelle foreste del monte Arcosu.
Dal cervo al muflone, l’animale caratterizza da
sempre le montagne sarde e Gairo, in provincia di
Nuoro, è la sua patria. Animale gregario, il muflone
vive in gruppi. Le ore migliori per osservarlo sono,
nei periodi caldi, l’alba e il tramonto. Si supera Gairo
in direzione Lanusei, sulla statale 198; raggiunto il
valico di Marcerei si gira a sinistra su una strada secondaria e da qui si seguono le indicazioni per Perda
Liana, monumento naturale della regione Sardegna.
Marco Melodia/II Dagherrotipo
foreste di Montresta, in provincia di Nuoro, e a Villanova Monteleone, sempre nel Sassarese, sono state
censite alcune coppie. In Italia, nel Libro rosso degli
animali questo rapace è inserito nella categoria “in
pericolo critico di estinzione”.
Tra tornanti ampi è frequente che i mufloni attraversino la strada. Giunti alla base di Perda Liana, siamo
nel regno del muflone: dietro ogni cespuglio potrebbe esserci un esemplare o un piccolo branco.
Gli amanti degli avvistamenti troveranno a Neoneli,
in provincia di Oristano, il gruppo di daini più consistente dell’Isola. Il daino vive in nuclei all’aperto e in
aree recintate. La sua prima base fu la foresta di Is
Cannoneris, nelle campagne tra Uta, Assemini e Capoterra. Ma l’insieme più numeroso, circa 400 esemplari,
risiede nelle foreste di Neoneli. Altri centri si trovano
nel monte Limbara Sud, in Gallura, al Montarbu di
Seui, ad Alà dei Sardi e Oschiri, in provincia di Sassari.
Il totale è stimato attorno ai 1.000 capi.
Sua maestà l’aquila reale è tornata tra i torrioni e i
canyon della Barbagia. L’aquila vive negli anfratti
delle montagne di Sorgono e, dicono gli esperti, gode
di buona salute tanto che, armandosi di un binocolo
professionale e tanta pazienza, può anche essere osservata mentre caccia. Lo stesso può dirsi del falco
pellegrino e dell’aquila del Bonelli, due pregiate
specie di rapaci seguite con attenzione nell’area Wwf
di Monte Arcosu, a mezz’ora d’auto da Cagliari.
Bosa è la patria del grifone, entulzu in lingua sarda.
Gli ornitologi Marco Aresu e Helmar Schenk hanno
ricreato a capo Marrargiu un habitat di elevata naturalità mirato al mantenimento di una nutrita colonia
di grifoni. L’avvistamento è possibile senza particolari avvertenze. Il grifone adulto, caratterizzato dal collare bianco, svolazza librandosi tra le scogliere e i
prati della Planargia e del Meilogu. Ma anche nelle
Ci sono anche i cavallini dagli occhi a mandorla. Bisogna salire sulla Giara di Gesturi, 14 chilometri
quadrati di altopiano dalle ripide pareti di basalto,
nella parte centro-meridionale dell’Isola. Tra sughere e paulis, piccoli laghetti a carattere stagionale, vivono gli ultimi cavalli selvaggi d’Europa. Si dice che
li abbiano portati i Fenici dalla Numidia. L’isolamento geografico ne ha determinato la diversificazione. Li caratterizzano le dimensioni ridotte e il
particolare taglio degli occhi, oltre a una stella bianca in fronte. Ci sono cooperative che organizzano visite guidate in fuoristrada. È il modo migliore per
vederli da vicino: gruppi di 7-10, spesso l’harem di
superbi stalloni. Si abbeverano nei paulis e al mini-
mo allarme partono al galoppo in una coreografia di
spruzzi d’acqua e di criniere al vento.
Ormai non c’è stagno sardo dove non sia possibile
vedere i fenicotteri rosa. Sa genti arrubia, li chiamano
qui. Con le ali rosse e le lunghe gambe distese passano in formazione sui cieli di Cagliari. E nel parco di
Molentargius, nell’area metropolitana del capoluogo,
da marzo in poi si riuniscono a migliaia per nidificare, accovacciati su quegli strani crateri di fango, capolavoro di ingegneria, che sono i loro nidi. Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo
Fotografie di Marco Melodia/II Dagherrotipo
Gli ultimi cavalli selvaggi d’Europa
A sinistra: il cervo sardo, più facile da osservare nella stagione
degli amori, popola i boschi di Santadi e Capoterra, nell’oasi
Wwf di Monte Arcosu, e la foresta di Montevecchio,
nell’Arburese. Sopra: dopo aver rischiato l’estinzione negli
anni Settanta, il muflone è oggi un animale protetto che ha
scelto come suo habitat le montagne di Gairo, nell’Ogliastra.
135
MONUMENTI ARBOREI
I patriarchi verdi
Terra di alberi secolari, con esemplari di vera
e propria archeologia botanica
136
Olimpio Fantuz/SIME
R
aimondo Lai, alla soglia
degli 80 anni, guardava il
suo patriarca verde tra i
graniti di Luras, a cento metri
dalla chiesetta di Santu Baltòlu, e
quasi si commuoveva. “Quando
sono arrivato qui da Benetutti, alla fine della guerra, con il mio
gregge di 50 pecore, quest’albero
è stato il mio primo rifugio, quante notti ho trascorso sotto le sue
chiome.” Il vecchio allevatore che
regnava in questo lussureggiante
angolo di Gallura ha lasciato in
eredità uno straordinario monumento verde: un magnifico olivastro alto 15 metri, un tronco di 12
metri di circonferenza che sembra scolpito dalla natura. Un
grandioso esempio di archeologia
botanica, sopravvissuto ai secoli
e agli uomini fino a conquistare il
titolo di patriarca verde d’Italia.
Secondo un censimento del ministero dell’Agricoltura è l’albero
più vecchio: ha almeno tremila
anni. La sua origine dunque si
perde al tempo dei nuragici.
Sardegna terra di vegliardi, anche nel mondo vegetale. L’assessorato regionale dell’Ambiente e
il Corpo forestale regionale ne
hanno censiti una cinquantina,
molti dichiarati monumenti naturali. Lecci, ginepri, roverelle, castagni, noci, tassi, lentischi, filliree, persino aranci, come quelli
di Milis, nell’Oristanese. Alberi
che richiamano antiche leggende, come l’olivastro millenario
che sorge a fianco della chiesetta
sul mare di Santa Maria Navarrese, eretta nel 1502 dalla figlia del
re di Navarra dopo essere scam-
pata a un naufragio. Giganti che
ricordano miti planetari, come
quello dell’albero cosmico che attraversava e metteva in comunicazione tre mondi: gli abissi del
sottosuolo, la superficie della terra e il cielo. È il caso del leccio di
Badde Tureddu, nel cuore del Supramonte di Orgosolo: sei metri
di circonferenza, sorge su un
Sopra: “S’ozzastru”, come viene
confidenzialmente chiamato dagli
abitanti della zona, è il patriarca degli
olivastri millenari di Santu Baltòlu,
nei pressi di Luras. Con la sua età
stimata tra i 3000 e i 4000 anni
è anche l’ulivo più antico d’Europa.
grande masso squadrato di calcare, adagiato su un torrente come
un gigante che si abbevera tra le
abbondanti fioriture di rose peo-
137
MONUMENTI ARBOREI
Per vedere questi giganti naturali
Da maggio la cooperativa Galluras organizza le visite all’olivastro di
Santu Baltòlu, patriarca d’Italia. La coop, presidente Piergiacomo Pala
(368/33.76.321), gestisce il Museo etnografico Galluras a Luras
([email protected]), da visitare perché custodisce l’unico reperto isolano
– un martello di olivastro – che testimonia il ruolo della “accabbadora”,
la donna incaricata di finire i malati terminali. Per visitare gli alberi monumentali del Supramonte ci si può rivolgere a Barbagia Insolita
(0784/28.60.05, gite anche in fuoristrada), L’Altra Sardegna
(338/9.32.98.18) e Gorroppu (0782/64.92.82). Per i tassi di Tedderieddu: agriturismo Funtana Terra Ona ad Arzana (340/2.64.72.17). Per i
lecci di Seui, contattare i vigili urbani del Comune (0782/5.46.11) o la
coop che gestisce il museo (0782/53.90.02, anche la domenica). Altre
informazioni presso il Corpo forestale regionale (070/6.06.65.27).
Fotografie di Gianmario Marras
nie. Alberi che raccontano storie
di eroi e di esìli, come il pino domestico che Giuseppe Garbaldi
piantò a Caprera nel febbraio
1867 per la nascita della figlia
Clelia: nell’incantevole scenario
dell’isola domina ancora oggi nel
cortile della Casa Bianca.
Alberi nascosti, quasi protetti nei
boschi, altre volte solitari, relitti
di grandi foreste del passato,
“eremiti e combattenti”, come li
chiama Hermann Hesse nel suo
Canto degli alberi. Un eremita come il tasso di Gorroppu, nel fantastico scenario del Supramonte
138
A destra: l’olivastro plurisecolare che si
erge a fianco della chiesetta sul mare di
Santa Maria Navarrese, centro turistico
della costa di Baunei, è ciò che rimane
della foresta mediterranea che un
tempo ricopriva la regione. Raggiunge
un’altezza di quasi 10 metri per una
circonferenza del tronco di 8,40 metri.
Sotto: il pino domestico, piantato
nel 1867 da Giuseppe Garibaldi per
la nascita della figlia Clelia, domina
ancora oggi nel giardino della
Casa Bianca sull’isola di Caprera.
di Urzulei: il grande vecchio di
Sedda Ar Baccas, 4 metri di circonferenza, 10 di altezza, è stato
dichiarato monumento naturale.
Solitari sono anche i tre magnifici
tassi di Tedderieddu, nel Gennargentu di Arzana, celebrati da Mario Rigoni Stern come i più vecchi
d’Europa: le radici sembrano levigate, si allungano per decine di
metri allo scoperto. Ai confini del
paradiso verde di Montarbu, a
Seui, un altro campione: il leccio
di Funtana Su Canali, oltre 6 metri di circonferenza, salvato negli
anni Quaranta da una guardia
campestre, Giuseppe Carboni,
che si oppose al taglio. Scampata
alle motoseghe, grazie a un forestale, anche l’imponente roverella
di Sa Cariasa a Illorai, circondata
da lecci e biancospini: 7,5 metri di
circonferenza. Merita una visita.
Tesori della natura, monumenti
viventi, come la foresta primaria
di lecci di Montes a Orgosolo, mai
sottoposta a tagli: alberi che nascono e che muoiono, il Supramonte mette in scena il ciclo della
vita del mondo verde. Lello Caravano
139
Sagre
SAPERI E SAPORI
Olimpio Fantuz/SIME
Olio e porcini, caldarroste e vino novello, zafferano
e lumache: questi i profumi delle feste isolane
che si susseguono da metà settembre a novembre
DI EMANUELE DESSÌ
Fotografie di Gianmario Marras
da, Nuoro, Lollove, Olzai e Dorgali. Il filo conduttore,
per molti centri che aderiscono alla rassegna, è “Cortes Apertas”. In pratica, le case di questi paesi aggrappati ai monti della Barbagia – Oliena, Orotelli,
Orani (il paese del grande scultore Costantino Nivola), Sarule, Ollolai, Ovodda, Lollove, Olzai e Dorgali
(che offre anche la parte sul mare di Cala Gonone, ricca di calette e grotte) – aprono i loro portali al visitatore. Dentro, c’è tutta la vita delle comunità: le cose
buone della terra trasformate da mani sapienti (formaggi, vino, olio, miele, pane, dolci) e i capolavori di
umili falegnami, fabbri, calzolai, coltellinai e ceramisti che, spesso senza saperlo, creano piccole opere
d’arte. Simili nell’impostazione e diverse spesso solo
nel nome le manifestazioni
che, in autunno, vengono organizzate a Gavoi (Ospitalità
nel cuore della Barbagia), Orgosolo (Gustos e Nuscos),
Aritzo (Sagra delle castagne e
delle nocciole), Desulo (La
montagna produce), Mamoiada (Tappas a Mamoiada) e
Nuoro (Bianchi e rossi d’au-
140
Ad Aritzo, durante la Sagra
delle castagne e delle
nocciole, si possono assaggiare
questi frutti squisiti e
i piatti con essi preparati, mentre
si ascolta musica tradizionale
(pagina accanto in basso). Pagina
accanto: nell’ambito dell’iniziativa
Autunno in Barbagia, tante
piccole comunità fanno conoscere
prodotti tipici (in alto a sinistra)
e manufatti artigianali aprendo
ai visitatori le loro case. In alto
a destra: S’Ortu de is paras,
a Milis, il più antico agrumeto
di Sardegna, è il posto ideale dove
fare scorta di arance per l’inverno.
tunno e Mastros in Santu Pedru). Rassegne nella rassegna che durano lo spazio di un week-end e che,
senza sovrapposizioni, fanno della Barbagia una meta d’obbligo non solo per chi ama mangiar bene o per
chi vuole conoscere l’artigianato a prova di imitazione, ma anche per regalarsi scorci di natura senza pari,
il fascino delle tradizioni o anche il carattere forte accompagnato dal grande senso di ospitalità dei sardi
di Barbagia. La manifestazione è un’iniziativa di
Aspen (tel. 0784/33.717, [email protected],
www.nu.cam.com.it.), azienda speciale della Camera
di commercio di Nuoro.
Una delle regioni che, in Italia, di più e meglio
hanno seguito le orme tracciate dal francese beaujolais nouveau è stata proprio la
Sardegna (le etichette sono
una ventina), che celebra la
grande stagione del vino novello soprattutto a Milis, nell’Oristanese, nel primo weekend successivo al 6 novembre,
data di inizio, per legge, per la
commercializzazione in Italia
del novello. Figlio della macerazione carbonica (i grappoli
interi della vendemmia vengono sistemati per una settimana
in un grande contenitore chiuso ermeticamente, con l’aggiunta di una percentuale di
anidride carbonica), il novello
è considerato un vino di iniziazione: ecco perché è spesso
chiamato il vino dei giovani e
delle donne. Fresco e profumato, a Milis viene servito nei
calici personalizzati. L’appuntamento, per tre giorni, è nella
Fotografie di Gianmario Marras
I
n autunno la Sardegna è tutta una sagra. Un
continuo intrecciarsi di sacro e profano che
regala, al visitatore, l’occasione per conoscere sapori e saperi che tante comunità hanno
saputo gelosamente salvaguardare.
Uno scrigno, l’autunno, che si apre in Barbagia
qualche giorno prima di quanto non dica il calendario. A metà settembre, partendo da Oliena, paese di
buon vino (il Nepente caro a Gabriele D’Annunzio) e
di olio fruttato, grande protagonista è il cuore dell’Isola grazie alla rassegna Autunno in Barbagia. Quindici le “voci” di un coro che intona un canto di festa.
Con Oliena, ci sono Orotelli, Orani, Sarule, Gavoi,
Ollolai, Orgosolo, Aritzo, Desulo, Mamoiada, Ovod-
piazza principale di Milis (Pro Loco, tel.
0783/51.168), davanti alla facciata rossa dell’ottocentesco palazzo Boyl, tra profumo di castagne e di salsiccia arrosto. L’occasione anche per far scorta di
arance nel più antico agrumeto della Sardegna, S’Ortu de is paras, ovvero l’orto dei frati: dietro un muro
di pietra tirato su nel Duecento dai Camaldolesi, la
produzione è sempre viva.
Concorsi gastronomici, mostre-mercato, degustazioni ruotano attorno a una preziosa spezia, lo zafferano, nei paesi di San Gavino Monreale (Pro Loco, tel.
070/93.39.220) e di Turri (Centro servizi turistici “Sa
Maioba”, tel. 0783/95.473), nella prima decade di novembre. Nello spazio di un week-end, due sagre sono
dedicate a questa pianta erbacea perenne. Lo zafferano è originario dell’Asia mediterranea.
Forse venne introdotta in Europa con l’invasione araba della
Spagna (961). In Sardegna arrivò nel XIV secolo.
L’autunno è stagione di funghi. E al re del bosco, Arzana
(Pro Loco, tel. 0782/37.290),
paese dell’Ogliastra (raggiungibile da Cagliari anche con il
Trenino verde), dedica una
bella sagra nel mese di novembre, il Porcino d’oro. L’occasione per degustare anche i
famosi prosciutti ogliastrini e
su casu axedu, un formaggio
acido da consumare fresco a
base di latte di pecora o di capra. Leccornia da buongustai,
che sprigiona tutti i profumi e
i sapori dei ricchi pascoli del
Gennargentu. 141
Olimpio Fantuz/SIME
TERME
M
La piscina centrale, o natatio, con i resti
del portico meridionale delle terme di
Fordongianus, costruite nel I secolo. I
Romani furono i primi ad apprezzare gli
effetti benefici delle sorgenti calde
sulfuree e del fango dell’antica Aquae
Hypsitanae; le acque del complesso
termale attuale vengono usate per bagni
efficaci nella terapia di malattie cutanee,
artrosiche, reumatiche e respiratorie.
Terme
UN TESORO CUSTODITO
DALLE FATE
Le moderne tecnologie delle quattro stazioni termali sarde sfruttano
le proprietà delle acque sorgive per offrire, oggi come
nei secoli antichi, salute e bellezza. Tra medicina, storia e leggenda
DI MARIO FRONGIA
142
inuscole donnine benevole. Janas, fate,
dal passo vellutato, impegnate in lunghe camminate notturne. Sempre in
gruppo, irradiando luminosità e con in
mano fili d’oro da intrecciare. La leggenda dice che
cantavano nenie tristi e malinconiche. Forse, in memoria delle donne morte durante il parto. O per
esorcizzare il concetto stesso di morte. Le janas, lasciate le loro casette (domus) scavate nella roccia, si
sistemavano a tessere sui bordi dei ruscelli dai templi nuragici. E le fatine erano benefiche per il territorio. Ma al di là del fascino della storiella, rimane un
dato: nell’Isola le acque termali sgorgano a poca distanza da domus e siti nuragici.
Per esempio, le terme di Benetutti, nel Sassarese,
sono vicine a un imponente nuraghe e la zona è ricchissima di domus. Un caso? Chissà. Intanto, fin dal II
secolo l’astronomo Tolomeo le descriveva come paradisiache. Situate vicino al fiume Tirso, nella zona di
San Saturnino, le terme brillavano per un’altra singolarità: sembra che le acque sgorgassero da 110 sorgenti e accanto a ognuna vi fosse una lastra in pietra
che descriveva il male da curare. Un racconto intrigante. Benetutti vanta sorgenti mediominerali salsosolfuree. E dalla provincia di Sassari ci trasferiamo
nel cuore della Gallura. Anche alle terme di Tempio,
a Tempio Pausania, sgorgano acque oligominerali
fredde. Insomma, oltre a calette meravigliose e mare
turchese, la Sardegna offre soluzioni ideali per ritemprare corpo e animo. E in Gallura è d’obbligo fare un
salto alle sorgenti di Rinaggiu, rinomate per le proprietà oligominerali simili a quelle di Fiuggi. Da rimarcare un aspetto: Tempio è a 25 minuti d’auto dall’isola Rossa e tre quarti d’ora da Porto Cervo.
Per riannodarci al filo teso tra mitologia e realtà è
interessante una gita a Sàrdara. Dal punto di vista archeologico le terme di Sàrdara, in provincia di Cagliari, sorgono su un’area che vanta un tempio nuragico e un pozzo sacro. Il passato. Il presente è, ad appena 30 minuti d’auto dal capoluogo, un moderno
centro termale nel parco degli Eucalipti, ai piedi del
castello di Monreale. Dal Campidano di Cagliari all’Oristanese. A Fordongianus le tracce sono nitide: i
Romani vi realizzarono uno stabilimento termale. E
fu Tolomeo a menzionare le terme. Poi, l’imperatore
Traiano ne scoprì i benefici effetti. Attualmente l’antico rito si fonde tra nuove tecnologie e tradizione
con le acque che, provenienti dal sottosuolo, si arricchiscono di sali minerali e si riscaldano a 55 °C per effetto del gradiente geotermico, filtrate dalle fratture
delle rocce paleozoiche.
Ma è il fango di Fordongianus a meritare una notarella curiosa. Utilizzato dai Romani, che ne furono i
principali cultori, il fango termale è un alleato prezioso per la salute e la bellezza. La sostanza viene estratta dalla terra, arricchita con le proprietà delle acque e
dei prodotti della ricerca, ed è indicata per prevenire
e curare reumatismi e artrosi, disintossicare l’organismo e riattivare le difese naturali. Il fango può essere
caldo e avvolgente, freddo e tonificante, ma la peculiarità principale è la morbidezza che permette l’applicazione in tutto il corpo: un percorso che carezza la
pelle e regala una vacanza da sogno. Talassoterapia e relax
Tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo hanno scoperto le potenzialità della talassoterapia e allestito centri termali che offrono diversi servizi: bagni, idromassaggi, massaggi, passaggi in vasche
con temperature e concentrazioni di sale differenti.
Alle virtù terapeutiche della talassoterapia è legata
anche una nuova filosofia della salute che vuole
conciliare benessere e vacanza. In questi ultimi anni, diversi centri termali si sono arricchiti di strutture dedicate al tempo libero, divertimento e svago.
Acqua cristallina, coste splendide, aria incontaminata e la naturale vocazione turistica fanno della
Sardegna una tappa obbligata per chi voglia passare
una vacanza-benessere in pieno relax. L’unico centro che offre i benefici della talassoterapia è il Forte
Village che a Santa Margherita di Pula ha creato le
Thermae del Parco, Resort tra i più esclusivi al mondo che offre ai suoi ospiti servizi e strutture per il
tempo libero di qualità.
Sotto: la fitta vegetazione mediterranea e tropicale
del centro talassoterapico del Forte Village Resort.
GASTRONOMIA
Va bene il Vermentino
È tempo di formaggi
Di latte di pecora o vaccino, conditi con miele,
mirto e olio di lentischio
Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
L
a pastorizia e la lavorazione
del latte di pecora sono le attività più antiche svolte in
Sardegna e il consumo di formaggio, sia di latte vaccino che di capra,
è fortemente radicato. Dalla Ricotta
fresca al Casu Marzu, il cacio fermentato con i vermi, nei caseifici
dell’Isola si può trovare un’ampia
varietà di forme e profumi.
Il Fiore Sardo Dop, per esempio,
risale all’epoca nuragica ed è realizzato con latte crudo della pecora autoctona che discende direttamente
dal muflone. Prodotto dai pastori
nei rifugi pedemontani, caratterizzati dal grande focolare al centro
della stanza, ha una profumazione
composita in cui domina l’affumicato per via delle braci perennemente
accese. Si chiama “fiore” perché un
tempo era prodotto esclusivamente
con caglio vegetale ricavato dai fiori
di cardo, di carciofo selvatico o dalle
foglie di fico. È di forma cilindrica a
pasta dura senza occhiature, con la
crosta gialla che si avvicina al marrone con l’aumentare dei tempi di
stagionatura. Più morbido e leggermente aromatico, utilizzato fresco
ma anche arrostito, è il Pecora, stagionato una ventina di giorni. Le
A sinistra: forme di formaggio
pecorino, che nel 1996 ha ottenuto
la denominazione d’eccellenza Dop.
Peso e dimensioni dipendono
dalle tecniche di produzione
e dalla stagionatura. Sotto: la ricotta
fresca è protagonista indiscussa della
gastronomia sarda.
Perette, invece, sembrano piccole
provole di pasta filata, si gustano
dopo 5 giorni di stagionatura a fettine o alla brace. Il Gransardo è simile al grana e prodotto nella provincia di Sassari in forme che oscillano
tra i 16 e i 20 chili per una maturazione che varia tra i 30 e i 50 mesi.
Per finire con un formaggio da intenditori c’è il Pecorino di Osilo,
che prende il nome dal comune di
produzione nel Sassarese, una vera
chicca dal bouquet fortemente aromatico con note di nocciola. Sono
tutti prodotti che si consumano in
Tra le nuove proposte enologiche della Sardegna spicca l’Arakena della
Cantina del Vermentino di Monti. È una vendemmia tardiva, con una fermentazione lenta prima in tonneau e poi in acciaio. “È un vino intrigante”,
spiega Alberto Racanelli, enologo della cantina, “che può accompagnare
dall’antipasto ai secondi, escludendo però la cacciagione. Anche se di solito il vermentino si abbina al pesce alla griglia – il Funtanaliras (vermentino
100%) è perfetto con le orate e le spigole – l’Arakena, uscito per la prima
volta a settembre 2004, si discosta dagli abbinamenti tradizionali ed è indicato con formaggi dalla media stagionatura, ricotta, sebadas di ricotta con
il miele di corbezzolo e carni bianche. È indicato anche con il formaggio
fiorito in crosta, ma non con gli erborinati. Va molto bene anche con le
ostriche; sta d’incanto con i risotti alle erbette di campagna o con l’ortica,
ma queste non sono specialità sarde. Mentre con formaggi molto stagionati
suggerisco il Galana, un blend di 11 uve diverse”.
Fotografie di Archivio Prima Press
AUTUNNO
Cantina del Vermentino, Monti (Ss), tel. 0789/44.012, aperta al pubblico
dal lunedì al venerdì 8,30-12/14,30-18, sabato 8,30-12.
abbondanza proprio in autunno,
spesso abbinati al miele locale dai
profumi inebrianti. La ricchezza
della flora spontanea sarda, infatti,
rende unici i prodotti degli alveari
isolani. I più utilizzati sono il miele
di agrumi, di cardo, di asfodelo, di
eucalipto e di corbezzolo, un miele
raro che secondo le credenze popolari avrebbe anche poteri magici.
Non meno delle bacche di mirto
che maturano verso fine novembre
e vengono raccolte per produrre
l’omonimo liquore, per insaporire
cibi e conserve, per preparare gelatine amarognole che ben si abbinano ai formaggi di pecora e
per usi erboristici. Antisettiche, balsamiche, carminative
e toniche, le bacche di mirto
sono molto preziose per la
gente del luogo che un tempo
le usava anche per produrre
inchiostro e tintura per tessuti.
L’autunno è il momento dei
In alto: le bacche di mirto, da cui si
ricava l’omonimo liquore
apprezzato in tutto il mondo, sono
usate anche per preparare gelatine
e per insaporire i cibi. A destra:
connubio di stagione tra la leggera
piccantezza del Gransardo
e gli aromi inebrianti del miele.
melograni, dal cui succo si ricava
una gustosa salsa per carni e formaggi arrostiti, e dell’olio nuovo.
La coltivazione dell’ulivo in Sardegna è molto estesa e risale al tempo
dei Fenici. Fu perfezionata dai Romani e poi dagli Spagnoli, a cui si
devono le attuali tecniche di innesto. Oggi si possono gustare al forno o spremute a freddo la Tonda e
Bianca di Cagliari, Pizz’e Carroga,
Bosana, Terza, Ceresia, Olianedda,
Smidana, Nera di Gonnos, Nero di
Villacidro e la Cariasina di Dorgali.
Una curiosità relativa ai condimenti
è la spontanea rinascita dell’olio di
lentischio, considerato un ottimo
cosmetico, un medicinale miracoloso (antidoto contro le punture di
animali velenosi come la malmignatta sarda), ma anche un buon
alimento dal gusto asprigno e dalle
proprietà digestive. Le bacche del
lentischio si raccolgono in autunno,
si fanno bollire in acqua per
mezz’ora, si scolano e si infilano in un sacco di tela che viene pressato per filtrare l’olio
che poi viene brevemente
sobbollito con qualche fico
secco per addolcire il gusto
pungente dei tannini. “Una
goccia, ma nel vero senso della
parola, sui formaggi erborinati
o a lunga stagionatura”, suggerisce Angelo Concas, enogastronomo esperto in analisi
sensoriale degli alimenti, “ne
esalta il sapore dandogli una
nota balsamica”. Ornella D’Alessio
145
INVERNO
Marco Melodia/Il Dagherrotipo
Musei, arte, monumenti...
Le città ne sono ricche
e ne offrono in abbondanza
Particolare della decorazione del portale del campanile, in stile
tardogotico catalano, della Cattedrale di Alghero.
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Cagliari
ITINERARI
NOVECENTESCHI
Negli anni Trenta del XX secolo il volto della città
veniva in parte trasformato dall’intervento
di alcuni architetti secondo i dettami del razionalismo.
Un incontro tra passato storico e nuovo presente
DI WALTER FALGIO - FOTOGRAFIE DI ANTONIO SABA
Quattro passi sotto le mura
del quartiere Castello lungo il viale
Regina Elena, il cosiddetto Terrapieno
realizzato nel Settecento e ridisegnato
come un elegante boulevard da
Ubaldo Badas tra il 1930 e il 1938.
CAGLIARI
L
a Cagliari ripida e di pietra, con le sue
piazze sospese, raccontata da David Herbert Lawrence nel 1921, è qui. Sulla sommità di un viale alberato intitolato alla regina Elena, piantonata da una rupe bianca e smisurata,
aperta sull’orizzonte orientale. E finemente incorniciata da un monumento elegante che lo scrittore inglese non aveva conosciuto. L’ingresso ai giardini
pubblici cittadini, avvio di un itinerario che incontra
alcuni esempi dell’architettura e dell’arte novecentesca e razionalista. Ma non solo.
A sinistra: scorcio
Il portale è stato progettato dal
del quartiere di
cagliaritano Ubaldo Badas
Castello, la roccaforte
coerentemente con la risistedel potere civile
e religioso cinta da
mazione di tutta la zona, il
mura di età pisana
Terrapieno, realizzata tra il
e bastioni spagnoli,
1930 e il 1938. Accurato, quasi
visto dal Terrapieno.
trasparente, rivestito di mattoni in litoceramica e lastre di calcare, si era guadagnato la copertina della rivista “L’architettura italiana” nel febbraio del 1940. Da questa terrazza sulla
città pavimentata con ciottoli di fiume colorati, in
una giornata molto limpida lo sguardo spazia dai
monti dei Sette fratelli a nord-est sino alla costa di
Pula a sud-ovest. Interrotto dallo stagno di Molentargius, dal parco di monte Urpinu, da una sequela
complessa di colli, spiagge e saline.
Ospitalità a quattro stelle
Il cielo di Cagliari si arricchisce di quattro nuove
stelle. Si tratta del T Hotel (070/47.40), una nuovissima struttura alberghiera che aprirà i battenti
a settembre nell’ampia piazza Giovanni XXIII, di
fronte al Teatro Lirico. La torre circolare che costituisce uno dei quattro corpi dell’hotel, alta 64
metri per 15 piani, è già diventata un autentico
landmark, un segno distintivo del panorama urbanistico di Cagliari. Acqua, pietra e luce sono gli
elementi fondanti dell’hotel. La hall è incorniciata
da giochi d’acqua e zone ribassate a più livelli
che accolgono diverse strutture di ristorazione,
tra cui un floating bar su piattaforma galleggiante
e un water garden, con giochi d’acqua luminosi. Il
roof-restaurant, all’ultimo piano della torre, gode
di una vista spettacolare.
T Hotel ha 207 unità ricettive tra camere normali,
camere superior e grandi suite. Ci saranno anche
le “camere amiche”, adatte a ricevere i portatori
di handicap e gli anziani. Completano la struttura
un attrezzato Centro Benessere e un Centro Congressi dotato di tutte le più avanzate tecnologie.
151
INVERNO
A destra: il portale d’ingresso dei giardini pubblici fu
progettato da Ubaldo Badas negli anni Trenta del Novecento.
In questo esempio di architettura razionalista, coerente
con la risistemazione di tutta la zona realizzata in quegli anni,
sono accostati calcare bianco, mattoni rossi e ferro.
NUMERI UTILI
Amici di Sardegna, via San Lucifero 38, tel. 070/65.18.84,
www.amicidisardegna.it, organizza visite guidate in città.
Assessorato comunale al Turismo, via Sonnino,
tel. 070/67.78.472, www.comune.cagliari.it.
Azienda autonoma di soggiorno e turismo, via Mameli 97,
tel. 070/66.41.95-6, www.aast.ca.it.
Urp Comune di Cagliari, viale Sant’Avendrace 42/A,
tel. 800/01.60.58 (Numero Verde).
Ente provinciale per il turismo di Cagliari, piazza Deffenu 9,
tel. 070/66.32.07.
Ente Sardo Industrie Turistiche, via Mameli 97,
tel. 070/60.231, www.esit.net.
DOVE MANGIARE
Antica vineria italiana, viale Trieste 24, 070/65.14.59,
www.anticavineriaitaliana.it. Locale curato a pochi passi
dalla stazione ferroviaria e dal porto. Naturalmente molto ampia
la scelta di vini, 480 etichette nazionali, regionali ed estere.
Tra le specialità del ristorante, cous cous alla carlofortina,
fondue bourguignonne, tagliata di bue rosso,
vitello di Arborea, tortellini al prosciutto San Daniele.
Da 25 a 30 euro. Chiuso sabato mattina e la domenica.
Quinto Senso, via Eleonora D’Arborea 53, tel. 070/68.21.24.
Cucina tradizionale rivisitata, aperto l’anno scorso. Lo chef
consiglia: spaghetti alla carlofortina, culurgiones con uova di
riccio, crudaiola di pomodoro e punta d’asparago selvatico. Arredo
elegante e minimalista. Da 25 a 30 euro. Chiuso la domenica.
S’apposentu, via Sant’Alenixedda-Teatro Lirico di Cagliari,
tel. 070/40.82.315, www.sapposentu.it. È il ristorante di Roberto
Petza, chef di fama internazionale, celebrato da importanti riviste
specializzate. Interpreta la cucina sarda tradizionale con grande
creatività. Locale raffinato. Consigliato il menu degustazione a
base di carne o pesce. Media a persona, bevande escluse, 48 euro.
Ampia scelta di vini e grappe. Chiuso domenica e lunedì.
Prima di ridiscendere il Terrapieno è d’obbligo una
visita ai giardini pubblici, restauro permettendo: il
primo di una serie di interventi coordinata dall’assessorato comunale all’Ambiente per favorire un percorso verde sotto le mura del quartiere Castello. Splendido, soprattutto in notturna, il passaggio che dai giardini conduce a Buoncammino. Il parco, voluto dai Savoia nel 1819, racchiude una grande varietà di piante:
dalle palme del Giappone al ginepro, dai cedri alle rose rampicanti. I lecci dominano il viale d’ingresso, la
macchia mediterranea si nasconde dietro ficus sinuo-
DOVE DORMIRE
B&B Casa Ary, via Roma 93, tel. 070/657299,
cell. 339/53.81.904, 338/74.09.704, www.casaary.com.
Un B&B di qualità, la casa è arredata con gusto e si affaccia
sul porto della città. Una fornita libreria sulla Sardegna è
a disposizione degli ospiti; 2 stanze. Singola da 35 a 40 euro,
doppia da 60 a 70 euro. Chiuso solo a dicembre.
Hotel Regina Margherita, viale Regina Margherita 44,
tel. 070/67.03.42, www.hotelreginamargherita.com.
Quattro stelle elegante, accanto a un ex albergo storico,
La Scala di Ferro. Dalle sue camere si gode uno splendido
panorama sul mare. Doppia 170 euro.
B&B Sardinia Domus, largo Carlo Felice 26, tel. 070/65.97.83,
cell. 338/16.13.081, www.sardiniadomus.it. A due passi
dalla stazione ferroviaria, 6 stanze. Belle camere con bagno,
aria condizionata e predisposizione Adsl. Singola 45 euro,
doppia 70 euro. Aperto tutto l’anno.
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si. In fondo, la quinta neoclassica della Galleria comunale d’Arte, ristrutturata dallo stesso Badas alla fine
degli anni Venti (orari: inverno 9-13/15.30-19.30, estate 9-13/17-21, chiuso il martedì. Ingresso 3,10 euro, tel.
070/49.07.27, www.collezioneingrao.it. Accesso durante il restauro, viale San Vincenzo 2). Il museo ospita 650 opere di pittura e scultura della Collezione Ingrao. Come i capolavori di Giorgio Morandi, Umberto
Boccioni, Mino Maccari, Filippo De Pisis, Mario Mafai, per restare al Novecento italiano. Da due anni è
possibile anche un itinerario tra le arti visive sarde del
XX secolo. Tra le opere di Francesco Ciusa, Giuseppe
Biasi, Foiso Fois, Aligi Sassu.
Una breve deviazione a destra all’uscita dei giardini, ora via Ubaldo Badas, consente di ammirare dall’alto la scuola all’aperto “Attilio Mereu” per i bambini diversamente abili. Gioiellino razionalista del
progettista cagliaritano, opera prima del 1933 che si
immergeva asimmetrica in un giardino di gelsi. Annunciata da un altro portale, in trachite rossa e ancora
calcare. Omaggio alla bicromia del romanico. Il tutto,
purtroppo, è piuttosto trascurato.
La passeggiata lungo il Terrapieno
Sopra: i giardini pubblici, voluti dai Savoia nel 1819, sono un
trionfo di lussureggiante macchia mediterranea in città.
La passeggiata sul pavimento candido di viale Regina Elena è gradevolmente innalzata dal livello stradale. Abeti e agavi incorniciano i tetti del quartiere di
Villanova addossati ai bastioni settecenteschi che ancora insistono sul lato opposto. Per abbellire questo
boulevard, Badas usa sempre trachite e calcare, incasella piacevoli sedute, esedre, fontane. Disegna un
Capitale europea della musica
Quaranta concerti, 200 artisti tra nomi celeberrimi e
nuovi talenti, 6 sale appositamente allestite, 20.000
spettatori previsti. “Il XXIII Festival internazionale
Jazz in Sardegna propone, dal 18 al 20 novembre a
Cagliari, un viaggio attraverso il jazz internazionale”,
spiega Massimo Palmas, direttore artistico della kermesse, “con un occhio di riguardo agli sviluppi che
questo genere musicale, nato in America, ha avuto in
Europa e nel Mediterraneo. Sono previste anche aperture sui generi di confine tra jazz e letteratura, jazz e
musica d’autore, jazz e musiva etnica come ormai
vuole la tradizione di questo importante avvenimento”. La manifestazione, un vero European Jazz Expò,
trasformerà la Fiera di Cagliari in cittadella della musica, dove gli spazi espositivi sono trasformati in teatri a capienza modulare che vivono il tempo del concerto. Tre giorni di eventi musicali in sequenza simultanea, dalle 17 all’una di notte, in cui lo spettatore
può crearsi un percorso personale tra le numerose e
diverse proposte. Il jazz club, vero punto d’incontro
per gli spettatori con ristorante, wine bar, rivendita di
libri e dischi e musica dal vivo, ricopre un ruolo centrale così come il foyer del Palacongressi, dove si trovano la biglietteria e uno spazio espositivo per mostre
e presentazione di libri e video.
Jazz in Sardegna, tel. 070/68.42.75,
www.jazzinsardegna.it
153
CAGLIARI
Mercatini di Cagliari
Ci sono, durante l’inverno sardo, tante domeniche
di sole, fresche e limpide da invogliare a uscir di
casa. In queste giornate, le mete preferite dei cagliaritani sono i mercatini di antiquariato che si
tengono nelle piazze della città: nella centralissima piazza del Carmine, a un passo dal porto e alle spalle del palazzo Comunale di via Roma, nella
prima, seconda e quarta domenica di ogni mese;
nella piccola e raccolta piazza Galilei nella terza
domenica. L’Associazione collezionisti in Sardegna ne cura l’allestimento, selezionando attentamente espositori e merci.
Di domenica in domenica si alternano più di 100
soci che propongono una vasta scelta di piccoli
oggetti di antiquariato, belle porcellane, mobili di
pregio, stampe e vecchie fotografie. Titolari di negozi, appassionati, collezionisti e artigiani espongono la merce lungo il perimetro della piazza: cassettoni dell’Ottocento si mischiano a letti in ferro
battuto con i tipici medaglioni in madreperla, credenze liberty a tavolini da gioco o da cucito.
In ogni banchetto si possono trovare servizi di posate in argento punzonate, o set da dolce e da
frutta con le lame in ottone. Belle teiere o completi “latte e zucchero”, in Sheffield, possono formare un bel servizio con tazze di fine porcellana. Interessanti, per i collezionisti, le cartoline d’epoca
o i ferri domestici, recuperati nelle vecchie cucine tradizionali mentre signore appassionate trascorrono la mattina a esaminare nei minimi particolari i ricami, le trine e i merletti di tende, tovaglie, lenzuola o camicie da notte.
In questa pagina, sotto: il complesso
ottocentesco dell’ex mattatoio comunale
è oggi un’importante sede museale (Exmà)
che ospita mostre e spettacoli. In origine
sull’ampio portale era collocato al centro un
fregio con una protome bovina e due di
montone ai lati (a sinistra). Pagina accanto:
opera dell’architetto Salvatore Rattu, il
palazzo Zedda Zedda (1934), situato su un
angolo della centrale piazza Garibaldi, rivela
nelle fasce orizzontali continue a colori
alternati la sua matrice razionalista.
parapetto essenziale in pietra e mattoni. Il panorama
si chiude man mano che la camminata digrada e voltandosi verso Castello, ecco la Cagliari verticale, nuda, “ammucchiata dalla pianura verso il cielo”. Sullo
stesso versante, subito dopo ciò che resta di un baluardo piemontese dietro il quale è stato costruito un
mega-parcheggio, l’esedra che introduceva alle palestre comunali all’aperto.
L’itinerario a questo punto devia verso piazza Marghinotti, le scalette e i vicoli suggestivi. Via Sulis, ancora scale, via Garibaldi sulla rotta dello shopping. La
strada, isola pedonale, termina in piazza Garibaldi dove al numero 4 si affaccia un altro simbolo dell’architettura razionalista cittadina: il palazzo Zedda Zedda
del 1934 progettato da Salvatore Rattu. Il nome dell’edificio deriva dai committenti, i fratelli Renato e Pietro.
L’innovazione espressa nelle pulite fasce orizzontali
dai colori alternati contrasta nettamente con il neomanierismo dell’adiacente palazzo Manunza, costruito
solo tre anni prima. Sempre di Rattu, nella vicina via
Paoli al numero 42, un’altra soluzione ad angolo anno
1935, ma stavolta con le fasce a sviluppo verticale. La
percezione visiva rispetto al Zedda Zedda è ribaltata.
Dalla piazza ci si immette in un’altra delle arterie
commerciali di Cagliari: via Sonnino. Ancora un con-
155
INVERNO
trasto tra il neomanierismo eclettico della Legione dei
Carabinieri al numero 111, primo edificio in cemento
armato della città, e la sobrietà del monumento ai caduti immediatamente successivo. Le due facce dell’architettura di regime. La grande struttura ridondante
del 1933 è firmata da Angelo Binaghi. Ospita il Comando regionale dell’Arma. Il monumento di Badas è di
due anni dopo. “Uno dei pochi in Italia a essere stato
progettato su impianto razionalista”, sottolinea lo storico dell’arte e assessore comunale alla Cultura Giorgio Pellegrini: “È piuttosto raro trovare casi simili nel
resto del Paese come è altrettanto raro registrare
espressioni così precoci dell’architettura razionalista
come quelle cagliaritane dei primissimi anni Trenta”.
Pochi passi e al numero 71 di via San Lucifero si
trova una delle sedi espositive cittadine, l’Exmà, dove a partire da metà maggio è possibile ammirare le
tempere di Uberto Bonetti, aeropittore delle città di
fondazione (tel. 070/66.63.99). Gerardo Dottori, Giacomo Balla, Tullio Crali, altri grandi maestri del genere artistico dedicato al volo, saranno i protagonisti di
un’antologica esposta all’aeroporto di Cagliari per
tutta l’estate: “Cieli futuristi”.
Qui accanto: una
delle otto figure
in pietra scolpite da
Costantino Nivola
(1987), poste
nei porticati
e nella piazza
del Palazzo
del Consiglio
regionale.
FOLCLORE, MUSICA E SPORT
Come ogni anno, l’assessorato al Turismo del Comune di Cagliari
propone un nutrito calendario di eventi artistici, culturali, sportivi, di
spettacolo e folclore, negli esclusivi scenari della città
(tel. 070/67.71, www.comune.cagliari.it. Richiedere
l’utilissimo cd-rom con la visita virtuale del capoluogo).
Aprile-maggio
La 349a festa di Sant’Efisio inaugura un programma fittissimo:
il 1° maggio la grande sfilata con i costumi tipici della Sardegna
invaderà la città. Ad accompagnarla il V Festival musicale di
Sant’Efisio al Teatro Lirico (dal 19 aprile al 7 maggio,
www.teatroliricodicagliari.it) e le feste musicali nelle chiese storiche
(dal 30 aprile all’8 maggio). Il 15 si tiene il IV Triathlon Kid alla
piscina comunale e al Campo Coni e la gara nazionale di bocce agli
impianti di via Darwin. Da non perdere il Radio Deejay on Tour,
spettacolo musicale in largo Carlo Felice, il 21.
Giugno
A giugno fa tappa in città il campionato del mondo di Formula I
di motonautica con il Gran premio del Mediterraneo:
al molo Su Siccu. Il 4, all’ex vetreria di Pirri, il défilé di moda
Preludio d’estate, il 24 al porto, prima mondiale del nuovo
spettacolo del gruppo teatrale Fura des Baus.
Luglio-agosto
Dal 1° al 4 luglio, alla spiaggia del Poetto, il campionato
internazionale di beach volley. L’agosto cagliaritano è un susseguirsi
di iniziative. Dalla sfilata di moda Suoni e colori del Mediterraneo
sulla scalinata della chiesa di Santa Caterina alla serata di poesia e
canto Atmosfere d’estate al bastione di Saint Remy. Ferragosto si
trascorre in spiaggia con fuochi d’artificio a mezzanotte. Straordinari
gli appuntamenti per gli appassionati di vela: dal 21 al 27 agosto al
porticciolo di Marina piccola, Campionato italiano Classe Laser Fiv.
Settembre
Regata velica Tiscali Cup. Dal 1° al 10, il teatro comunale
ospiterà la V edizione dell’Accademia e festival
internazionale di musica, il 18 ancora sport con Survival estreme,
Triathlon olimpico a Marina piccola. Gli eventi del mese si chiudono
con uno spettacolare raduno di velieri nel golfo dal 22 al 26.
Ottobre-novembre
In questi mesi si svolge la prestigiosa stagione
dei concerti del Teatro Lirico.
Dicembre
Il 20 la torcia olimpica in arrivo da Genova fa il giro
dei quartieri cagliaritani. Tra i tedofori che la
impugneranno, anche i campioni dello sport isolano.
San Silvestro 2005 in piazza con musica e spettacoli pirotecnici.
L’itinerario si avvia a conclusione verso il mare. Da
via Sonnino per via XX Settembre, si giunge in via Roma, accolti dall’arte di un grande del Novecento: Costantino Nivola. Al numero 25, nei porticati e nella
piazza di granito sotto il Consiglio regionale, osservano enigmatiche otto figure di pietra dello scultore di
Orani realizzate tra il 1986 e il 1987. Sintesi unica tra
primitivismo e contemporaneo cubista. Sono donne,
guerrieri, fertilità, forza. Abitatori antichissimi della
Sardegna che oggi, dinanzi al mare, attendono con naturalezza visitatori di tutte le terre. 156
L’elegante facciata neorinascimentale del
palazzo della Provincia, progettato
dagli ingegneri Eugenio Sironi e
Giovanni Borgnini e costruito tra il 1873
e il 1880. Ospita l’Amministrazione
provinciale di Sassari e la Prefettura.
Sassari
UNA PASSEGGIATA
NEL LIBERTY
Quattro passi lungo le strade che testimoniano
la trasformazione della città tra Ottocento
e Novecento, tra umbertino e liberty
Olimpio Fantuz/SIME
DI WALTER FALGIO
INVERNO
SASSARI
DOVE MANGIARE
Il Castello, piazza Castello 6, tel. 079/23.20.41. Da non
perdere gli spaghetti alla marsigliese, il risotto con verdura e
gamberi, le penne Castello con finocchio e gorgonzola, i
gamberetti con aceto balsamico e rucola.
Da 35 a 40 euro. Dal 1° giugno al 30 settembre aperto
tutti i giorni, altrimenti chiuso il mercoledì.
La Tana, viale Porto Torres 15, tel. 079/26.19.77. Il locale si
trova nella vecchia zona industriale di Sassari, tra ex officine e
saponifici. Offerte: 6,50 euro (pizza, bibita, sorbetto); 10 euro
(primo, secondo, contorno, vino, acqua). Aperto tutti i giorni
dalle 13 alle 15 e dalle 20 alle 00.30.
Naturalmente al Liberty, piazza Nazario Sauro 3,
tel. 079/23.63.61, in pieno centro storico. Specialità a base di
pesce: aragosta, pesce al forno con patate e antipasto Liberty
con assaggi di mare. Da 35 ai 45 euro, chiuso domenica sera.
Fotografie di Gianmario Marras
DOVE DORMIRE
G
iardini, ceramiche e vetri colorati ornano
il silenzioso colle dei Cappuccini a pochi
passi dalla città antica. All’alba del Novecento qui è sorto un quartiere borghese e letterario dove lo scrittore Salvatore Mannuzzu
ha ambientato il suo romanzo Procedura.
All’incrocio tra i viali Trento e Caprera si innalza
la torretta di villa Crovetti, uno degli episodi importanti del liberty sassarese. Stile che con elementi e
sfumature diversi, e talvolta incoerenti, ha caratterizzato molti monumenti della città sino agli anni
Trenta del secolo scorso. L’itinerario alla ricerca di
pregevoli testimonianze architettoniche tra Ottocento e Novecento, tra umbertino e liberty, parte da qui.
Dal prospetto di questa casa neogotica del 1914, al
numero 31 di viale Caprera. Imboccata la strada alberata e lievemente scoscesa, poco più avanti al numero 36, ecco villa Caria costruita nel 1927 da un
commerciante di formaggi. Tra bifore e ornamenti
160
neorinascimentali, ha sede l’Ente provinciale per il
turismo. La casa è visitabile su appuntamento (tel.
079/29.94.15, www.enturismosassari.it). Subito dopo
villa Caria, attraversata via Alagon, si possono ammirare i festoni eleganti di casa Ferace. Edificio decisamente sobrio ma non meno suggestivo.
La camminata per viale Caprera è intervallata da
altri esempi liberty minori sino all’incrocio con viale Trieste. Risalendo di pochi metri questa strada,
sulla sinistra dopo viale Mameli, al centro di un
grande giardino si presenta villa Farris (1913), una
delle più belle case liberty di Sassari. Le foto di
questo monumento compaiono nei più importanti
volumi di storia dell’architettura in Sardegna. In
Sassari tra Liberty e Déco Elena Cenami e Piersimone Simonetti mettono in rilievo “le riquadrature
delle finestre del primo piano, il motivo di architrave disegnato a conci”, le piastrelle quadrate di ceramica verde, i motivi barocchi e le stupende inferria-
B&B Casachiara, vicolo Bertolinis 7, tel. 079/20.05.052,
cell. 333/69.57.118, www.casachiara.net.
In un accogliente palazzo del Settecento nel centro
storico di Sassari, un appartamento con ampia cucina,
2 bagni e 3 stanze. Maggio e giugno 25 euro a persona;
luglio, agosto e settembre 30 euro.
B&B Evergreen, Regione Giagumona 12, frazione di Ottava,
tel. 079/39.06.49, cell. 347/69.24.473,
www.evergreenbb.com. In una casa immersa nel verde,
a 10 chilometri da Sassari sulla strada per Porto Torres
e a 4 chilometri da Platamona. 2 stanze. Da giugno
a settembre 35 euro a persona; nella settimana
di Ferragosto 40 euro; il resto dell’anno 30 euro.
Grazia Deledda, viale Dante 47, tel. 079/27.12.35,
www.hotelgraziadeledda.it. Quattro stelle vicinissimo a piazza
Italia, autorimessa e accettazione animali domestici.
Camera doppia con prima colazione da 92 a 112 euro.
te nei balconi. Il tutto “amalgamato in un unico e
coerente organismo architettonico”.
A pochi passi, ecco il piazzale dei Cappuccini con
la chiesa secentesca ricostruita nel 1932 in seguito a
un uragano e il conservatorio di musica Luigi Canepa.
Queste ville fatte di slanci eleganti, ceramiche e
vetri accesi dal sole, raffinatezze variegate, a volte
appaiono solitarie e trascurate, difese solo dai loro
giardini. Minacciate da interessi e palazzi incombenti. Casa Sinini Castiglia, al numero 18 del vicino viale San Francesco, è un’altra imponente testimonianza
di un tempo lontano.
L’edilizia post unitaria
Ripreso viale Trieste in discesa si giunge in viale Umberto (al numero 52 il palazzo dell’ex presidente della
Repubblica Antonio Segni, oggi sede del Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari) e per via Cagliari in piazza Castello dove al piano terra della ca-
Sopra: la decorazione delle pareti della Sala del Consiglio
del palazzo della Provincia fu affidata a Giuseppe Sciuti
che, nel 1881, realizzò un ciclo pittorico con episodi
significativi della storia cittadina. Nell’immagine, un
particolare dell’Ingresso di Giovanni Maria Angioi a Sassari.
Pagina accanto: il monumento dedicato a re Vittorio
Emanuele II, opera di Giuseppe Sartorio, domina piazza
d’Italia, il “salotto” di Sassari. Da qui, negli anni Settanta del
XIX secolo, fu avviata l’espansione della città moderna.
serma “La Marmora” si trova il Museo storico della
Brigata Sassari (da lunedì a venerdì 8-16,30, sabato 813. Ingresso libero, tel. 079/23.31.77, www.assonazbrigatasassari.it/museo.htm).
Piazza Italia con il monumento a Vittorio Emanuele II di Giuseppe Sartorio è poco distante, annunciata
dai portici dei palazzi Crispo e Bargone. Emblema
dell’espansione edilizia post unitaria, cerniera tra la
città vecchia e quella ottocentesca, è sormontata dal
palazzo della Provincia di Giovanni Borgnini ed Eugenio Sironi (1873-80). L’edificio neorinascimentale
161
SASSARI
NUMERI UTILI
Fotografie di Gianmario Marras
Assessorato comunale al turismo, viale Dante 1,
tel. 079/28.30.902, www.comune.sassari.it.
Azienda autonoma di soggiorno e turismo,
viale Umberto 72, tel. 079/23.17.77.
Ente provinciale per il turismo di Sassari, viale Caprera 36,
tel. 079/29.95.44, www.enturismosassari.it.
Thellus, piccola società cooperativa, via Deffenu 21/23,
tel. 079/20.16.099. Visite guidate in città. Rivolgersi
a Francesco Ledda, autore della guida Sassari Sette itinerari
per scoprire una città, edita dall’assessorato comunale
alla Cultura e Turismo, cell. 328/48.39.982.
APPUNTAMENTI PER IL 2005
Gli appuntamenti immancabili della città di Sassari
cominciano il 29 maggio con la Festa del Voto: tradizionale
processione della Madonna dal Duomo alla chiesa di San
Pietro in Silki. Ma il grande evento, assieme alla Discesa dei
Candelieri, è la Cavalcata Sarda (www.cavalcatasarda.com).
Il 2 giugno, alle 9, da via Roma si ripete l’importante festa
primaverile, nata come omaggio agli ospiti illustri. La prima
edizione viene fatta risalire al 1899 in onore di Umberto I e
Margherita in visita a Sassari per inaugurare il monumento a
Vittorio Emanuele II. Al mattino saranno più di 3.000 a sfilare
con i costumi di 70 paesi della Sardegna. Il pomeriggio non
mancheranno le esibizioni acrobatiche dei cavalieri.
Canti e danze chiuderanno la serata.
Il culmine dei festeggiamenti è senz’altro la Discesa dei
Candelieri, la “faradda” del 14 agosto, alle 18 da piazza
Castello. Antico rito popolare, affonda le sue origini nel
periodo della dominazione pisana, quando si offrivano dei ceri
alla Madonna il giorno di Ferragosto, e nello scioglimento di
un voto alla Vergine Assunta che a metà del Seicento avrebbe
liberato la città da una pestilenza. Nove grandi ceri in legno
decorato sono trasportati per il centro storico a passo di
danza dai rappresentanti dei gremi, antiche corporazioni
artigiane in costume spagnolesco. Tra fiori, nastri colorati e
rullo di tamburi, la cerimonia prosegue sino all’arrivo a tarda
sera alla chiesa di Santa Maria di Betlem. Il 16 agosto sulla
spiaggia di Platamona seguirà uno spettacolo pirotecnico.
Nella prima settimana di agosto, con partenza da corso Vico
alle 18, è prevista la Discesa dei piccoli Candelieri.
Protagonisti i bambini. La seconda settimana, in piazzale
XXV aprile, da non perdere la Sagra della ziminadda:
grande arrosto di interiora di agnello.
In alto a sinistra: il prospetto di palazzo Giordano rivela
lo stile neogotico cui si ispirò per la sua costruzione,
nel 1878, l’architetto Luigi Fasoli. Oggi è sede del Banco
di Napoli. Sopra: splendidi dettagli della facciata di villa
Caria, ricca di bifore e ornamenti rinascimentali. Costruita
nel 1927 da un commerciante di formaggi, oggi è la sede
dell’Ente provinciale per il turismo della città.
campeggia con forte impatto scenografico. È considerato una delle strutture pubbliche più funzionali e
solenni d’Italia. Sede di mostre e iniziative culturali,
racchiude un’aula consiliare decorata da Giuseppe
Sciuti e gli appartamenti che ospitarono i reali (Urp
Provincia di Sassari, tel. 079/20.69.228). Sul lato opposto alla Provincia, il palazzo Giuseppe Giordano
Apostoli (1878), dal 1921 sede del Banco di Napoli:
stile e arredi neogotici e una sontuosa Sala gialla affrescata da Guglielmo Bilancioni (centralino San Paolo Imi, tel. 079/20.17.211).
Sul tracciato della vecchia strada reale per Cagliari oggi sorge via Roma che si dipana dall’ampio varco a sud di piazza Italia. La si percorre sino al nume-
163
SASSARI
Olimpio Fantuz/SIME
È la principessa delle ville sassaresi. Quando nel
1912 spalancarono per la prima volta le sue finestre, dominava solitaria da un’altura. Gli influssi
rococò e neobarocchi fanno di casa Arborio Mella
di Sant’Elia un esempio di mescolanza stilistica
tipico delle architetture liberty. I suoi saloni luccicanti erano frequentati dall’aristocrazia cittadina, i suoi arredi decorati da raffinati ebanisti, il
suo parco invaso da cento mimose che hanno dato
il nome alla villa. Questo patrimonio oggi è dell’Associazione Industriali della Provincia di Sassari (tel. 079/ 27.51.71, www.assind-nordsardegna.it) che ne ha fatto non solo la propria sede di
rappresentanza, ma anche un centro culturale
aperto alla città. Il 14 e 21 maggio, per esempio,
la casa ospita due concerti del Libertango festival
organizzato da Angela Miele dell’associazione Euterpe. In scena componenti della Blue Note Orchestra Jazz della Sardegna diretta dal maestro Giovanni Agostino Frassetto. Pianoforte e letture renderanno omaggio a Ernesto Nazareth, compositore
brasiliano vissuto tra l’Ottocento e il Novecento.
L’interessante rassegna proseguirà il 26 maggio al
Teatro Verdi con la danza. Al termine di ogni concerto si potrà anche ballare il tango argentino nelle sale. Le visite alla casa e al parco che vanta
palme centenarie, statue di leoni e un gazebo in
ferro battuto, devono essere concordate telefonicamente con l’Associazione Industriali. Villa Arborio Mella di Sant’Elia è anche la sede locale del
Fondo per l’ambiente italiano e dell’Associazione
italiana di cultura classica.
Gianmario Marras
Musica e danze a villa Mimosa
Sopra: l’ingresso del grazioso edificio in stile neoclassico
che ospita il Museo nazionale archeologico ed etnografico
intitolato a Giovanni Antonio Sanna, industriale
e uomo politico che costituì e donò il nucleo originario
delle collezioni in esposizione. Sotto: i ricchi fregi,
le statue e il medaglione del frontone di casa Cugurra,
oggi sede degli uffici della Regione, segnano il trionfo
del neobarocco di fine Ottocento a Sassari.
ro 44. I medaglioni, i busti, le statue di casa Cugurra, sede degli uffici della Regione sarda, catalizzano
l’attenzione dei passanti. È il trionfo del neobarocco
datato 1890, al quale nel 1906 si aggiunge il nuovo
corpo col “nuovo” stile, colorato da graniglia e ceramica. Proseguendo, al numero 64 si trova il Museo
nazionale archeologico ed etnografico “Giovanni
Antonio Sanna” con i tesori prenuragici, feniciopunici, romani (da martedì a domenica 9-20. Ingresso 2 euro, tel. 079/27.22.03, www.kronoweb.it/museosanna/benvenuto.htm).
Via Asproni è di fronte. All’incrocio con viale Dante, da un lato il villino Ricci del 1913, ristrutturato dall’attuale proprietario Antonio Gavino Diaz (telefonando allo 079/27.73.10 o prenotandosi su Internet all’indirizzo www.villinoricci.it, è possibile visitare la casa);
dall’altro lato, l’architettura palladiana della chiesa di
San Giuseppe (1884-88). La passeggiata si conclude
dinanzi a sua maestà villa Mimosa (1911-13), in via IV
Novembre 1, traversa successiva a viale Dante. L’aristocratica casa dei baroni Arborio Mella di Sant’Elia
oggi è sede dell’Associazione Industriali della Provincia di Sassari. Per sognare tra marmi, ebani e antico
vasellame, non resta che bussare. Le porte della principesca dimora sono aperte alla città. 165
Antonio Saba
SAGRE
In questa immagine il momento
saliente della Sartiglia di
Oristano, l’emozionante vestizione
del capocorsa (su componidori), che si
completa coprendogli il volto con
un’impenetrabile maschera bianca.
A destra: la fase conclusiva di questa
festa, caratterizzata dalle spericolate e
abili esibizioni equestri dei cavalieri.
Sagre
TRA NATURA, FEDE
E TRASGRESSIONE
Grande la varietà dei carnevali dell’Isola: da quelli arcaici
legati alle tradizioni del mondo pastorale alle feste d’impronta cristiana,
dalle corse equestri ai carri “moderni”
Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo
DI ALDO BRIGAGLIA
I
mesi invernali, in Sardegna, sono tempo di
Carnevale. Anzi, di carnevali. Ce ne sono, infatti, almeno due gruppi. Si inizia il 16 e 17
gennaio con l’accensione di giganteschi falò.
Anticamente era un rito pagano collegato alla celebrazione del solstizio d’inverno: i fuochi aiutavano il
sole a riprendere il suo viaggio e a riscaldare la terra.
Ma da tempo la ricorrenza si è trasformata in una festa cristiana dedicata a sant’Antonio abate, l’eremita
che donò agli uomini il fuoco sottratto agli inferi con
un abile stratagemma.
Il falò viene acceso all’interno di un grande tronco vuoto (sa tuva) riempito di frasche. Le sfilate delle antiche confraternite nei loro caratteristici costumi e il canto dei gosos (i cori sacri che celebrano le
lodi del santo) ruotano intorno al grande fuoco,
presso cui la gente si intrattiene a cantare e a bere.
Si fa rientro a casa con dei tizzoni da unire a quelli
167
Fotografie di Maurizio Fraschetti
SAGRE
del proprio focolare: il fuoco benedetto preserverà
l’abitazione dal male.
La festa di sant’Antonio abate viene celebrata in
numerosi paesi dell’Isola. Tra le più suggestive, quelle di Bortigali, Lodé, Birori, Abbasanta e Ottana.
Riti pagani e tornei cavallereschi
A Ottana, dopo una prima comparsa in occasione
dei fuochi, entrano in scena per tutto il Carnevale
le maschere zoomorfe più interessanti della tradizione regionale: bòes e merdùles. Giovani vestiti
con pelli di pecora e con il viso coperto da maschere lignee mimano i gesti del mondo pastorale. Il
merdùle, lineamenti umani ma orripilanti, armato
di forcone tiene sotto controllo una schiera di maschere bestiali (buoi-bòes, maiali-porcos, mucchebaccas). L’animale si avventa scalciando contro il
guardiano che con urla e parolacce minaccia con
mimica esplicita di castrarlo. È l’eterna lotta tra
168
uomo e animale, tra uomo e natura. La simbologia
trasgressiva della festa riproduce le immutate gerarchie della società pastorale.
Mentre bòes e merdùles ripetono ossessivamente il
loro scontro per le vie del paese, una figura vestita
d’un lungo scialle di lana nera e una maschera di legno scuro, sa filonzàna, con in mano una conocchia e
un paio di forbici, tesse il filo della vita che può essere reciso in qualsiasi momento. Ma basta offrirle da
bere per farsela amica.
Un altro immancabile appuntamento è quello di
Mamoiada e dei suoi celeberrimi mamuthònes, goffe e
inquietanti figure a metà tra uomo e animale che procedono curve con passo scandito dal suono dei pesanti campanacci di cui sono cariche. Guardiani dal
costume rosso acceso, gli issokadòres, li scortano prendendoli al laccio, sa soka, che a volte viene all’improvviso rivolto ad accalappiare qualche spettatore che
potrà riavere la libertà offrendo da bere.
In alto a sinistra: a Mamoiada, nel
cuore della Barbagia, si svolge uno
dei carnevali arcaici più interessanti
di tutta Italia. La manifestazione, che
prende avvio il giorno di
sant’Antonio abate (17 gennaio), ha il
suo culmine il martedì grasso con la
sfilata per le strade del paese di due
gruppi mascherati: dodici
mamuthònes che avanzano con passo
cadenzato scortati da otto issokadòres
saltellanti. Particolarmente curioso
è il costume dei mamuthònes, che
indossano un abito e un pelliccione
peloso bruno o nero; hanno il volto
nascosto da una maschera di legno,
sempre di colore scuro, e un berretto
coperto da un grosso fazzoletto
annodato sotto il mento; inoltre
(sopra), portano sul petto un mazzo
di campanelli di bronzo
e sul dorso una cinquantina
di pesanti campanacci di tutte
le dimensioni. Accanto: il carnevale
affascina gli abitanti del posto fin
dalla più tenera età.
169
Fotografie di Gianmario Marras
SAGRE
Sopra e a sinistra: il Carnevale di Ottana, centro del Nuorese,
è rinomato in tutta l’Isola per la bellezza delle sue maschere
lignee e per la varietà dei suoi aspetti, tra cui spicca quello
tipico di una società pastorale, che simboleggia l’eterna
lotta tra l’uomo e l’animale. Le figure principali
sono i medùles, che indossano maschere di colore scuro
con lineamenti umani ma orripilanti, e i bòes,
con maschere dalle sembianze bovine e lunghe corna.
Altri singolari carnevali si svolgono a Orotelli,
Ovodda e Bosa. Cagliari e Tempio hanno festose processioni di maschere e di carri in atmosfere più “cittadine”. A Santu Lussurgiu si svolge la carrela ‘e nanti,
spericolata corsa a pariglie.
La festa più elegante è comunque la Sartiglia di Oristano, che si ripete la domenica e il martedì di Carnevale. Il lungo cerimoniale inizia al mattino con la vestizione del su componidori, il capocorsa dalle cui performance dipenderà la riuscita della manifestazione. Vergini in costume, tra squilli di clarine e il silenzio stupefatto degli astanti, lo trasformano lentamente da uomo
in figura androgina e sacrale, nascosta dietro l’impenetrabile maschera bianca. Così abbigliato sale a cavallo
e guiderà la spettacolare giostra equestre che lo vede
impegnato, con altri cavalieri, a sfrecciare per le vie
del centro per infilzare una piccola stella d’argento. 170
171
NUORO
Uno scorcio di corso Garibaldi,
su cui prospettano eleganti
edifici con negozi e botteghe.
La via costituisce il cuore
della città ed è il luogo deputato
al passeggio e allo shopping.
Pagina accanto: uno dei fiori
all’occhiello della via e meta
preferita dei nuoresi è il Caffè
Tettamanzi, locale storico con
ambienti riccamente decorati.
Nuoro
PICCOLA CULLA
DI SCRITTORI E ARTISTI
La città che diede i natali a Grazia Deledda è considerata il cuore
dei valori culturali e della tradizione del territorio interno dell’Isola
DI DANIELE CASALE - FOTOGRAFIE DI OLIMPIO FANTUZ/SIME
N
on è difficile immaginarsela alla finestra
dell’alta casa in pietra. Sotto il tetto aggettato, lo sguardo assorto intento a fissare
l’acciottolato giù in basso. Efix attende al
somaro. Tutto attorno è verdeggiare di macchia, povere tegole sconnesse, la placidità maestosa dell’Ortobene. E il silenzio di Santu Pedru: quel recinto di
sassi e umanità agricola che si è aperto un varco tra
sterpi e ruscelli per farsi città.
Grazia Deledda ha vissuto qui: nella via che ora
porta il suo nome, nella casa oggi museo. E da qui comincia la scoperta di Nuoro: città geneticamente terrestre, granitica; città di scorci e silenzi: rettangoli di
stupore baluginano all’improvviso poi tornano a essere semplici strade, semplici muri, comuni piazze.
Nell’edificio che ospita la Collezione Deleddiana
(via Deledda 42, tel. 0784/25.80.88) si osserva l’architettura austera di un’abitazione borghese di metà Ottocento. Gli espositori in castagno e cristallo conservano il Nobel per la letteratura, conferito alla scrittri-
173
NUORO
Mercatini di Nuoro
Per la gioia dei “chineur” e collezionisti eternamente
a caccia di occasioni, ecco ogni secondo sabato del
mese il mercatino dell’antiquariato e del collezionismo. Sul bel lastricato del corso Garibaldi, la strada
principale che dalla chiesa delle Grazie porta nel
cuore della città, hobbisti e commercianti provenienti
da tutta l’Isola si attivano per offrire mercanzie di ogni
genere. Nelle trenta bancarelle convivono pizzi della
nonna, oggetti di modernariato, mobili antichi e di artigianato, porcellane e argenterie.
Chi si diverte ad arredare la casa con pezzi di recupero, mettendo a frutto anche le proprie abilità di bricoleur, può trovare un bel tavolino da restaurare o una
cornice intarsiata un po’ scrostata da riportare a nuovo con la foglia d’oro. Non mancano le stampe e le
vecchie foto. Sfogliare le raccolte di cartoline d’epoca è un viaggio nella memoria, a rivedere paesaggi e
panorami ormai scomparsi, angoli dei paesi della
Sardegna com’erano quando si potevano raggiungere
solo con traballanti corriere attraverso stradine sterrate e polverose. Tra lampade liberty e oggetti d’antan, c’è la possibilità di trovare il “pezzo unico”, quell’oggetto che mancava da sempre dalla nostra casa,
quel qualcosa che ci ricorda l’infanzia…
ce nel 1926, le prime edizioni dei romanzi e numerosi
testi manoscritti. Ma anche gli oggetti d’uso quotidiano: gli occhiali e lo scrittoio, la spazzola per spolverare il piano di lavoro, la penna con il suo astuccio, il sigillo per la corrispondenza in ottone e legno.
Il lavoro appassionato dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico ha restituito all’edificio un
aspetto assai simile all’originale. Il grande portale in
Sotto: l’austera architettura della casa natale di Grazia
Deledda, un’abitazione di metà Ottocento che oggi ospita
un museo interamente dedicato a questa grandissima
scrittrice, premio Nobel per la letteratura. Accanto agli spazi
espositivi, nella casa (sopra) sono state ricostruite fedelmente
la cucina e la dispensa con arredi e suppellettili dell’epoca.
legno è tornato alla sua austerità maestosa, la porta
che conduce alla cucina e l’altra, che dalla corte introduce all’orto, hanno di nuovo la tiepida familiarità del legno. Sono stati ricostruiti gli intonaci e i colori, la zoccolatura in granito che cingeva le mura
esterne, i pavimenti in legno, i solai, le controsoffittature. E sostando al piano terra si può visitare la
grande cucina dolcemente rievocata nel romanzo
Cosima: quell’ambiente “semplice
e antico”, con il focolare centrale,
il forno, l’acquaio e gli oggetti più
caratteristici sistemati sulla scansia: il piccolo orcio di terra con l’olio buono, i piatti, le caffettiere e il
tagliere pastorale.
Non solo Grazia Deledda
Sempre a Santu Pedru, pochi passi
e si arriva alla casa di Francesco
Ciusa, lo scultore che nel 1907, semisconosciuto e giovanissimo, conquistò la Biennale di Venezia stilizzando nella Madre dell’ucciso il senso di rassegnazione e miseria della
Sardegna d’inizio secolo. L’abitazione non è visitabile ma potrebbe
174
175
INVERNO
A sinistra: uno scorcio di piazza Sebastiano
Natta, ristrutturata nel 1967 dipingendo
di bianco gli edifici e collocando, sul nuovo
lastricato, grandi blocchi di granito (opera
dello scultore Costantino Nivola).
DOVE MANGIARE
Ristorante Da Giovanni, via IV novembre, tel.
0784/30.562. Imperdibile la minestra con la merca: una
magia di pasta, patate e pomodoro, arricchita con il formaggio ricavato dal latte cagliato acido, messo in salamoia ed essiccato. Prezzo medio 22 euro.
All’agriturismo Testone, loc. Testone, tel. 0784/230.539,
si gusta il delicato aroma del filindeu, una pasta a trama
fitta cucinata nel brodo di pecora e condita con il formaggio fresco acido di un giorno. La riscoperta di sapori perduti per un conto che si aggira sui 20-23 euro.
All’agriturismo Roccas, Monte Ortobene, località Sedda
Ortai, tel. 0784/34.345, tutto è secondo tradizione. L’arrostitura della carne si svolge con i ritmi di un rito antico. Il
casizolu si scioglie sulla brace prima di tuffarsi nelle calde
armonie del miele. Prezzo medio 25 euro.
DOVE DORMIRE
Camere accoglienti all’agriturismo Testone, località
Testone, tel. 0784/230.539. Mezza pensione 45 euro,
28 euro per pernottamento e prima colazione.
Ospitalità familiare nell’agriturismo Costiolu, km 10,300
Nuoro-Bitti, tel. 0784/260.088, che offre anche un’ottima
cucina del territorio. Mezza pensione da 38 a 54 euro. Pernottamento e prima colazione da 22 a 34 euro.
Immerso nel verde dell’Ortobene c’è il b&b Il Parco, tel.
328/0246160. Pernottamento e prima colazione a 25 euro.
176
presto essere ristrutturata per accogliere un’esposizione permanente delle
opere dell’artista.
Dalle case dei contadini agli edifici eleganti di corso Garibaldi, nelle strade che
per la festa tracimavano dell’aroma brodoso del filindeu, dell’odore grasso e selvatico dell’agnello e del finocchietto.
Tra i bei lastricati, le raffinate architetture dell’Otto-Novecento introducono a piazza Sebastiano Satta, dedicata
al poeta-avvocato nuorese, risistemata
nel 1967 dallo scultore Costantino Nivola. S’abbocà abitava proprio lì, sulla
piazza, in una casa che meriterebbe di
diventare museo.
Percorrendo via Satta si raggiunge il
MAN, il Museo d’Arte della provincia di
Nuoro (via Satta 15, tel. 0784/23.86.00), uno
dei simboli della rinascita culturale della
città. Ospita stabilmente un’importante
esposizione d’arte sarda del Novecento ma
è soprattutto la calamita che riesce ad attrarre in città le collezioni di alcuni tra i più
importanti artisti contemporanei.
Non lontano da qui visse Salvatore Satta, uno dei
più apprezzati giuristi italiani del secolo scorso. Dai
cassetti del suo studio romano, aperti dopo la morte,
saltò fuori Il giorno del giudizio: per George Steiner,
una delle vette più alte della letteratura europea del
Novecento. L’abitazione è oggi di proprietà della
Chiesa. Anche in questo caso, un peccato l’assenza di
progetti per trasformarla in museo.
Passando da piazza Mazzini, tra i begli edifici
d’epoca fascista, si raggiunge piazza Vittorio Emanuele, quindi la neoclassica cattedrale di Santa Maria della Neve. Poco distante, il Museo della Vita e
delle Tradizioni popolari sarde (via Mereu 56, tel.
0784/25.70.35), autentica perla dell’offerta culturale
nuorese. L’esposizione raccoglie oltre ottomila pezzi, espressione dell’ancestrale cultura dei sardi. Si
segnalano le vesti del Sette-Ottocento, i gioielli, gli
amuleti contro il malocchio, l’invidia e il destino infausto. Meraviglie giocate sui dettagli. Semplicemente imperdibile.
Il cerchio si chiude. Da viale Ciusa si procede verso
il monte Ortobene. Si gira sulla destra per raggiungere la chiesa della Solitudine, quasi una miniatura, il
profilo disegnato da Francesco Ciusa. Le spoglie terrene di Grazia Deledda riposano qui, ai piedi del suo
Ortobene, Parnaso minore di questa città “antica e
selvaggia”, piccola patria di artisti e scrittori. 177
Paolo de Santis
NEVE
DOVE MANGIARE
Bruncu Spina
All’agriturismo Su Separadorgiu, tel. 0784/57.492, la prima
colazione, il pernottamento e la cena costano 40 euro a persona.
Il ristorante Su Ninnieri, tel. 0784/57.729, non ha un menù fisso e
un pasto completo costa intorno ai 30 euro.
Desulo
L’agriturismo Su Filariu, loc. S’Arena, cell. 338/86.13.350, propone
un menù fisso a 22 euro comprese le bevande. Non ha posti letto.
Monte Spada
L’agriturismo Su Pinnettu, loc. Donnortei, tel. 0784/57.096,
cell. 340/29.84.653, offre un menù a 22 euro. È possibile
anche pernottare (la mezza pensione costa 50 euro a persona),
ma gli appartamenti sono a Fonni.
SUL TETTO
DELLA BARBAGIA
Nella regione dove è il mare a farla da padrone, i mesi più freddi
a volte trasformano il cuore della Barbagia in un’inconsueta meta
sciistica, tra scenari incredibili di distese innevate
DI EMILIANO FARINA
S
e una mattina d’inverno vi dovesse capitare
di vedere delle auto con gli sci sul tetto, i casi sono due: o si stanno imbarcando sulle navi che le porteranno verso le stazioni invernali di Alpi e Appennini, oppure viaggiano dritte nel
cuore della Barbagia, sul piccolo comprensorio del
Gennargentu composto da tre località, uniche detentrici del piacere di sciare in Sardegna.
178
A guardarla da lontano, la catena montuosa più alta dell’Isola appare come una massa tondeggiante
che nei mesi più freddi si gonfia di neve. I boschi si
alternano a sconfinate zone brulle: colpa degli incendi e dei piemontesi che, intorno alla seconda metà
del Settecento, tagliavano senza tregua la legna per
costruire gli alberi delle navi.
Difficile scorgere vette sparate contro il cielo per-
un ampio petto e membra massicce che somiglia ai
suoi contadini”, è consigliabile consultare il sito internet www.bruncuspina.com.
Lassù, dove sgambettano i mufloni e volteggiano
le aquile reali, l’inverno è molto umorale: certe volte
butta giù 3 metri di neve, altre concede soltanto suggestive e mediterranee spruzzate di bianco. 179
Xxxxxxxxx
Neve
Sopra: l’ebbrezza dello snowboarding nel comprensorio
sciistico di Fonni, stazione invernale dell’Isola.
Sotto: uno scorcio suggestivo del versante desulese del Bruncu
Spina, a quota 1.829 metri, nel settore centrale del
Gennargentu. Dalla cima, nelle giornate terse, si scorge il mare.
Nicola Caddeo
Fotofilm Pirisi
Una vera e propria
onda di neve nei pressi
del rifugio Bruncu
Spina a 1.660 metri.
ché gli inaspettati 1.834 metri di punta La Marmora
s’innalzano quasi di pari passo con il territorio circostante. Quando il cielo è terso, dalla cima dedicata al
geografo piemontese è piacevole scrutare le montagne della Gallura (il monte Limbara) fino ai massicci
innevati della vicina Corsica. Basta scendere un pugno di metri più in basso, infilare gli sci e lo spettacolo raddoppia. Per risalire – e riprovare l’ebbrezza
della vista di un’Isola che generalmente tutti guardano dal mare verso il cielo e non viceversa –, nessun problema. A fare da Caronte fin quasi la croce di
ferro di punta Bruncu Spina è uno skilift lungo quasi un chilometro che parte da quota 1.570 metri. L’omonima mini-stazione offre tre piste (nera, rossa e
blu) più un campo scuola con una piccola manovia,
per un totale di quattro chilometri. Nel rifugio vicino agli impianti è possibile bere una cioccolata calda
o noleggiare l’attrezzatura (sci e scarponi vanno dagli 8 ai 15 euro; stessi prezzi per lo skipass giornaliero). Il Bruncu Spina si trova a pochi chilometri da
Fonni, che con i suoi 1.000 metri è il paese più alto
della Sardegna. Circondato da querce, roverelle e
lecci, dista circa mezz’ora di auto da Nuoro.
Sempre vicino a Fonni, intorno ai 1.595 metri del
monte Spada, si trova la seconda mini-stazione. Gestita da un privato e battezzata “Neve 2000”, propone
due manovie e una pista per principianti. Nel rifugio
a quota 1.320 metri c’è un servizio ristoro e noleggio
attrezzatura (sci e scarponi 15 euro; skipass giornaliero 10 euro). La terza e ultima stazione si trova nel territorio di Desulo, piccolo centro a pochi chilometri da
Fonni, rinomato per le castagne, l’artigianato e l’amore per la poesia. Si chiama S’Arena (il rifugio, Erbas
Birdes, è a 1.600 metri), offre una pista per principianti, due manovie ed è gestita dall’agriturismo Su Filariu. Lo skipass giornaliero costa 5 euro.
Per informazioni sull’apertura degli impianti appesi su una montagna che lo scrittore inglese David
Herbert Lawrence ha definito “un possente corpo con
ORISTANO
Oristano
NEL NOME DI ELEONORA
Torri, campanili e cupole si stagliano sulle case
basse per ricordare il glorioso passato della città
legato al mito della giudicessa d’Arborea
DI PATRIZIA MOCCI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
I
l nome di Oristano richiama alla mente due cose: la Sartiglia, manifestazione equestre che si
corre la domenica e il martedì del Carnevale, e
la giudicessa Eleonora d’Arborea. Nel cuore della città, teatro della Sartiglia, c’è ancora oggi un segno
della donna diventata in questa terra un mito. La statua della giudicessa – realizzata dallo scultore fiorentino Ulisse Cambi nel 1875 – si innalza nella piazza
omonima, dove si affacciano uno di fronte all’altro gli
edifici del Comune (il palazzo degli Scolopi e il palazzo Colonna). La statua di Eleonora sembra vigilare
sulla città, quasi a voler rammentare agli Oristanesi il
loro passato, quel glorioso periodo della storia che ha
dato lustro alla terra degli Arborea. E di quel passato
ancora oggi sono visibili le testimonianze nel centro
storico, fatto di case basse (molte delle quali costruite
con i mattoni di terra cruda) e ampi giardini. Partiamo
da via Santa Chiara, dove troviamo un gioiello architettonico del periodo giudicale, il monastero delle suore clarisse di clausura, con la deliziosa chiesa gotica di
Santa Chiara. La data di fondazione è incerta, mentre
non ci sono dubbi su quella di rifondazione, il 22 settembre 1343 su iniziativa del giudice Pietro III, che per
la sua magnanimità ottenne dal papa Clemente VI il
Sulla piazza Eleonora,
dominata dalla statua
della giudicessa
d’Arborea, si affacciano
alcuni dei principali
palazzi della città.
Antiquarium Arborense, piazza Corrias, tel. 0783/79.12.62.
Sardinian way, Servizi al turismo, via Carmine, tel. 0783/75.172.
Associazione Pro Loco, via Ciutadella de Minorca, tel. 0783/70.621.
Ente provinciale per il Turismo, piazza Eleonora, tel. 0783/36.831.
Informacittà, piazza Eleonora, tel. 0783/79.13.06.
Poseidonia Centro servizi turistici, Riola Sardo, tel. 0783/41.16.60.
Trekking, escursioni, sport nautici
GAE, associazione italiana guide ambientali
escursionistiche, c/o campeggio Nurapolis, tel. 0783/52.283.
Maimone, itinerari turistici culturali, naturalistici,
tel. 0785/57.902, cell. 328/89.90.029.
Naturavventura di Giangi Chiesura, tel. 0783/52.197.
NUMERI UTILI
DOVE MANGIARE
Craf, via De Castro, tel. 0783/70.669. Nel cuore di Oristano, a breve
distanza dalla cattedrale, il ristorante trova spazio in un locale antico
caratterizzato da diverse sale con volta a botte e mattoncini a vista.
Specializzato in carni e funghi, con qualche possibilità per i piatti
della cucina marinara. Chiuso la domenica, 35 euro.
Da Gino, via Tirso, tel. 0783/71.428. Nel centro cittadino a pochi passi
dalla Torre di Mariano II, in piazza Roma, trattoria con grande varietà di
piatti a base di pesce, sempre fresco. Chiuso la domenica, 35-40 euro.
Da Giovanni, via Colombo, loc. Torregrande, tel. 0783/22.051. Nella
borgata marina di Torregrande, a 7 chilometri da Oristano, Il
ristorante offre cucina tipica di mare, fra i piatti più caratteristici il
muggine alla vernaccia. Chiuso il lunedì, 35 euro.
Lo Zen, via Martiri di Belfiore, tel. 0783/21.04.40. A 10 minuti di
passeggiata dal centro cittadino, grande varietà di spaghetti e risotti,
ma anche con qualche primo a base di pesce. Ideale per un pasto
veloce, con insalate e antipasti. Chiuso la domenica e il lunedì, 20 euro.
DOVE DORMIRE
B&B Antonella di Antonella Flore, via Sardegna, tel. 0783/73.863,
cell. 349/49.54.060, www.lamiacasasardegna.it. Dispone di 3 camere
con 5 posti letto, appena fuori il centro. Aperto da marzo a
settembre, 35 euro la singola, 40 euro la doppia.
B&B Eleonora di Paola Pirina, piazza Eleonora, tel. 0783/70.435, cell.
347/48.17.976, www.eleonora-bed-and-breakfast.com. Ha 3 stanze con
6 posti letto, aperto tutto l’anno, 25 euro la singola, 30 euro la doppia.
B&B In Centro di Maria Onnis, Vico Tirso 26, tel. 0783/78.750,
cell. 348/08.33.938; www.incentro.altervista.org. In pieno centro
storico, a pochi passi da piazza Roma, dispone di 2 camere con 4
posti letto, aperto tutto l’anno 25 euro la singola, 30 euro la doppia.
181
INVERNO
ORISTANO
Il “salotto all’aperto” degli antiquari
Il punto di ritrovo per gli Oristanesi è piazza Eleonora, dove convergono tutte le strade principali del centro storico e commerciale. Qui, all’ombra della
statua della giudicessa simbolo del Medioevo sardo, il primo sabato del
mese si radunano circa 50 espositori di antiquariato e collezionismo. Una
sorta di “salotto all’aperto” in cui passeggiare, frugando tra libri antichi,
terrecotte di tradizione locale, biancheria d’antan, argenti del Novecento e
oggetti di modernariato. Bellissime radio anni Quaranta, orologi in stile déco, statuine in porcellana di piccoli animali, marchiate Meissner o Bing &
Gorondhal, zuppiere e piatti da portata in terraglia dai bei decori blu o verdi: tanti oggetti da esaminare e valutare per tutta la mattina, con il divertimento un po’ levantino di contrattare sul prezzo. Sino a uscire dalla folla
con la sottile, compiaciuta sensazione di aver acquistato un trofeo. O con la
nostalgica soddisfazione di “riappropriarsi” di un oggetto così simile a
quello della casa dei nonni, di cui ci eravamo incautamente disfatti negli
anni passati, quando tutto ciò ci sembrava semplicemente… vecchio!
In alto a destra: la cattedrale, edificata nel 1228, fu più
volte rimaneggiata. Il campanile ottagonale duecentesco fu
completato nel XVIII secolo contemporaneamente alla cupola.
All’interno rimangono elementi più antichi, come questo
leone in marmo sulla scala del coro del XIV secolo (in alto).
Sopra: il pronao della chiesa di fondazione duecentesca
di San Francesco, ricostruita in forme neoclassiche
dall’architetto Gaetano Cima nel 1840 . All’interno
si conserva il crocifisso ligneo detto “di Nicodemo”, il più
importante esempio di scultura spagnola in Sardegna
della fine del Quattrocento (nella pagina seguente).
permesso di accedere al monastero. Probabilmente i
quattro peducci pensili dell’abside della chiesa di Santa Chiara raffigurano i giudici fondatori del monastero:
Mariano II Bas Serra, Pietro III e sua moglie donna Costanza di Saluzzo (ossia la nonna di Eleonora d’Arborea) e Mariano IV, che completò l’opera di rifondazione del monastero. Della chiesa originaria, formata da
un’ampia navata, senza cappelle e altari in pietra nei
muri laterali, sono rimaste alcune mensole con figure
zoomorfe e travi con diversi stemmi dei giudici di Arborea. Ancora oggi una decina di monache mantiene
vivo questo scrigno antico della città.
Non lontano da Santa Chiara, alla fine di via Garibaldi, si scorge la torre di Portixedda, la terza porta
della città. Si apriva e si chiudeva secondo la volontà
del giudice che dominava. È una torre cilindrica che
182
nasconde all’interno un’altra torre quadrata. Quella
esterna, alta oltre 8 metri, è formata da un corpo troncoconico, impostato su uno zoccolo cilindrico, in conci
di arenaria disposti a filari e legati da strati di calce.
Tornando in via Santa Chiara e svoltando per via
Parpaglia troviamo sulla sinistra piazza Corrias, dove
è d’obbligo una tappa all’Antiquarium Arborense, il
terzo museo della Sardegna, nato nel 1938 dopo quelli di Cagliari e di Sassari. Fu fondato dal Comune con
i 6000 reperti della collezione dell’avvocato Pischedda, appassionato di archeologia. Nel museo si può
ammirare il grande plastico di Tharros nel IV secolo,
gli oggetti preistorici, nuragici, fenici, greci, etruschi,
cartaginesi, romani, bizantini che provengono dal Sinis. Tra i pezzi più belli una maschera apotropaica
punica del 500 a.C., ma anche i retabli di San Martino,
dell’epoca di Eleonora, opera di un maestro catalano
di inizio Quattrocento.
Da piazza Corrias verso piazza Roma, in via Parpaglia si può scorgere la casa di Eleonora, o meglio un
elegante palazzotto passato alla storia come dimora
della giudicessa per via di uno stemma nobiliare con
un cavallo e l’albero sradicato, simbolo degli Arborea,
sopra un finestrone. In pieno Cinquecento un discendente di Eleonora fece costruire questo palazzo, de-
corato sulla facciata secondo il gusto gotico-catalano con influssi del
Rinascimento. Proseguendo si arriva in piazza Roma, dove campeggia la torre di Mariano II, il giudice
che decise nel 1290 di costruire la
cinta muraria della città: sul lato
settentrionale è aperta una grande
porta. La torre è alta 19 metri ed è
coronata da un giro di 15 merli
guelfi. Si può salire fino in cima e
ammirare un panorama straordinario. Raggiungendo corso Umberto
(via Dritta, per gli Oristanesi) lo
sguardo si ferma sull’elegante pa-
lazzo Arcais, di fine Settecento: è
caratterizzato da una singolare cupola rivestita da tegole iridescenti.
Progettato dal piemontese Viana,
l’edificio appartenne ai marchesi
d’Arcais, a partire dal primo, don
Damiano Nurra. Ora è proprietà
della Provincia che vorrebbe far nascere un museo. Percorrendo via
Dritta si arriva a piazza Eleonora e
poi in via Duomo, dove si può ammirare la chiesa di San Francesco,
ricostruita dall’architetto Gaetano
Cima nel 1840: pensò a una chiesa a
pianta centrale con una grande cupola, preceduta da un atrio a quattro colonne che sostengono un timpano. Vale la pena di entrare per
ammirare nella cappella a sinistra
un grandioso crocifisso: è il Cristo di
Nicodemo, la più preziosa fra le
sculture lignee della Sardegna fra il
Trecento e il Quattrocento. Sempre
nella via Duomo salta agli occhi la
bella cattedrale consacrata alla Vergine Assunta, la più grande chiesa
dell’Isola, con la più imponente torre campanaria, benché non la più
alta. All’interno si ha quasi la sensazione di essere rapiti dalla vastità
dello spazio. Fu costruita in forme
romaniche all’inizio del XII secolo,
ma ci furono aggiunte nel Duecento e nel Trecento. Poi fu ricostruita
in forme barocche nel 1733. 183
Olbia
UN FUTURO CHE VIENE
DA LONTANO
Dopo uno sviluppo urbanistico poco attento al passato, oggi la città si rinnova
riscoprendo la sua tradizione di storico avamposto verso il continente
DI GIOVANNI ANTONIO LAMPIS - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
184
L
o sviluppo urbanistico, tumultuoso e a tratti disordinato, è riuscito a occultare per decenni la straordinaria unicità di questa
città: Olbia è antica di 2.800 anni. La natura
profonda delle cose ama nascondersi, diceva il filosofo Eraclito. A Olbia, visto che nessuno se ne curava,
ha deciso di tornare a galla da sé. È il luglio del 1999.
In via Genova sono in corso i lavori per la realizzazione del tunnel davanti al mare. Il cantiere a un tratto si
blocca. Dal fango emerge una forma allungata, la consistenza porosa del legno. È il primo di 24 relitti d’epoca romana e giudicale, una delle più importanti
scoperte d’archeologia navale del secolo. La terra restituisce immagini di guerra: Olbia attaccata dai Vandali, le navi distrutte dalla furia barbarica, i marinai
massacrati senza pietà. E racconta di un nucleo portuale che 1.600 anni fa era lo snodo delle rotte per Ro-
ma, pedina strategica sulla via del grano.
La capitale della Gallura, che ha raccontato a tutti la
sua storia di paesone in equilibrio tra il porto e lo stazzo, le industrie conserviere e i paradisi smeraldini del
principe Aga Khan, si scopre già città nella Sardegna
dei villaggi, avamposto sul mare in una terra ancora
ripiegata all’interno, nuragica e pastorale. E oggi, con
orgoglio, si prepara a esporre i suoi tesori nel Museo
archeologico nazionale appena inaugurato.
Il museo, progettato dall’architetto Vanni Maciocco,
è situato su un isolotto come una specie di edificio
flottante sul mare, con un rapporto interno/esterno di
grande effetto spettacolare. Intorno a un patio centrale
si articolano gli spazi dove vengono esposte le navi
Sopra: l’arena all’aperto del nuovo teatro progettato
dal celebre architetto Giovanni Michelucci.
La moderna struttura verrà inaugurata entro l’anno.
185
INVERNO
romane e medievali ritrovate durante gli scavi, e
un’altra serie di spazi funzionali – biblioteca, auditorium, centro congressi – che gli conferiscono una funzione pubblica complessa. Al piano superiore avanzate tecnologie riproducono in maniera virtuale l’evento
vandalico con l’affondamento delle navi.
I relitti recuperati a pochi metri dal lungomare non
sono però le uniche impronte di un passato antico. Il
corso Umberto, via principale della città, è una teoria
di palazzine d’epoca ben ristrutturate tra cui spiccano
il Palazzo municipale e la
Biblioteca simpliciana.
Una breve passeggiata e
si raggiungono le mura
puniche di via Torino. La
costruzione rettilinea si
apre in una porta, si eleva con una piccola torre a
pianta rettangolare ricavata da un dosso naturale
rinforzato con i blocchi di
granito. È il segno della
dominazione cartaginese,
la fortificazione che racchiude l’ex villaggio diventato città. A poca distanza, in via delle Terme, si
osservano i resti dell’acquedotto romano (I-II secolo)
che trasportava l’acqua dalla montagna di Cabu Abbas alle terme della città antica. Non lontano dalle ve-
186
Sopra: la facciata del modernissimo Museo archeologico
nazionale. Un ponte ideale tra presente e passato, che trova
piena realizzazione all’interno nell’esposizione dei resti delle
navi di età romana (sotto), scoperte nel 1999 nel corso degli
scavi per la costruzione di un tunnel sotto il lungomare.
stigia puniche e romane, si ammira la raffinata chiesa
romanica di San Simplicio (XI-XII secolo), intreccio di
granito e mattoni, già cattedrale del giudicato di Gallura. Tre navate, l’abside orientata a ovest, nell’aula i
resti di due affreschi, San Simplicio e San Vittore, d’epoca basso-medievale.
I monumenti della
città moderna
Ma la città va fiera anche dei suoi monumenti
moderni, tra cui spicca
il nuovo teatro disegnato dall’architetto Giovanni Michelucci. Completato dopo la morte
dell’illustre progettista,
il teatro – che si compone di una parte coperta
e di un’arena all’aperto
– verrà inaugurato entro l’anno.
Ma è fuori dalla cinta urbana che Olbia mette in fila i pezzi pregiati della sua storia. Sulla strada che dal
lungomare conduce a Pittulongu-Golfo Aranci, si
DOVE MANGIARE
Al ristorante Gallura, corso Umberto 145, tel.
0789/24.648, è imperdibile l’aragosta alla catalana di Rita Denza, regina dei fornelli. Prezzo medio da 50 euro.
Da Bartolo, via A. Moro 133, tel. 0789/51.348,
la cucina è buona e i prezzi sono medi.
A Porto Rotondo, suggestioni mediterranee arricchite dal
pescato di giornata all’Enoteca da Giovannino, piazza
Quadrata, tel. 0789/35280. Conto da 70 a 120 euro.
DOVE DORMIRE
Hotel Capriccioli, località Capriccioli, tel. 0789/96.004, è
un tre stelle con spiaggia privata e ottimo ristorante, la
mezza pensione va da 80 a 150 euro.
Il residence Capriccioli, località Capriccioli, tel.
0789/96.016 per una vacanza sul mare più bello del
mondo, offre appartamenti per due persone
da 300 euro la settimana.
Hotel Piccolo Pevero, loc. Pevero, tel. 0789/94.551,
serena oasi di ospitalità nel cuore della Costa,
pernottamento con prima colazione 40-80 euro.
Hotel Le Ginestre, tel. 0789/92.030, a un chilometro da
Porto Cervo, nel cuore di un parco di 15 mila mq
sul golfo del Pevero. 5 suites e 75 doppie, spiaggia riservata, piscina, sport, sala congressi, ottima cucina.
Possibilità di escursioni negli incantevoli dintorni galluresi
e nelle isole dell’arcipelago della Maddalena.
svolta sulla destra per raggiungere il pozzo nuragico
Sa testa. Età incerta: tra il 1500 e il 1000 a.C. Per gli archeologi, un santuario dell’acqua con valore zonale,
non limitato agli insediamenti nuragici dei dintorni.
Un salto lungo quindici secoli. Dalla provinciale
per Padru si raggiunge la fattoria di S’Imbalconadu.
La costruzione, d’epoca romana (120-130 a.C.), si sviluppa su una superficie di 1.000 metri quadrati. Nel
perimetro del complesso abitativo, costruito intera-
mente in mattoni crudi, sono stati recuperati utensili
metallici, monete, i resti di una macina e di un forno.
Un altro balzo per arrivare dall’antica Roma al Medioevo. Sulla provinciale per Loiri, all’altezza del
chilometro 3,300 si svolta a destra su una strada sterrata e si raggiunge il castello di Pedres, costruito su
un rilievo granitico. È l’epoca della dominazione pisana: l’edificio fortificato svetta con lo spettacolare
mastio di oltre 10 metri e domina autoritario la conca
di Olbia. È il meglio conservato, ma non è l’unico castello di questa parte di Gallura. Sull’isola di Molara,
in cima a punta Castello, una fortificazione d’età altomedievale vigila su Tavolara e sulla costa fino a
Capo Comino. Alla periferia di Olbia, sul colle di
Mont’a Telti, il fortilizio di Sa Paulazza fa guardia alla pianura con lo sguardo rassegnato del soldato
sconfitto. È seminascosto dalla vegetazione, umiliato
dal tempo, offeso dall’indifferenza della città che ha sorvegliato per secoli. La natura
profonda delle cose ama nascondersi, diceva il filosofo
Eraclito. A volte è un castello
ricoperto di sterpi, a due passi dal trambusto del porto. In alto: nella severa facciata
della chiesa di San Simplicio,
completata nel XII secolo, si
ritrovano motivi del
romanico lombardo-pisano.
A sinistra: le ampie arcate in
granito scandiscono la navata
centrale di San Simplicio che
fu cattedrale fino al 1503.
189
INVERNO
GASTRONOMIA
Le carni e gli aromi
Pecora, agnello, capretto, ma soprattutto maialino,
il tradizionale piatto delle feste. Con zafferano
cellino selvatico da latte cotto allo
spiedo, non manca mai. Infilzato
su un ramo di corbezzolo, viene
cotto su un fuoco di legno di ginepro, leccio e olivastro. Il trucco
per la preparazione a regola d’arte, oltre al mantenimento costante
della temperatura per cuocere la
carne fino all’osso formando al
contempo la gustosa crosticina
Sotto: la preparazione a regola d’arte
del porceddu, il porcellino selvatico,
prevede un fuoco di legno di ginepro,
leccio e olivastro per aromatizzare
la carne durante la cottura che deve
avvenire a temperatura costante.
Questo compito, tutt’altro che facile,
viene affidato di solito al capofamiglia.
Fotografie di Gianmario Marras
carne di pecora, utilizzata anche
per ottenere brodi saporiti e spezzatini finemente tritati con cui
condire la pasta, sono molto usate
le carni e le frattaglie d’agnello,
che in ogni zona vengono preparate in maniera diversa. Nel Nuorese, per esempio, l’agnello si cucina stufato con l’aggiunta di vino
e si serve con i finocchietti. Vanno
forte anche il capretto, la lepre e il
coniglio selvatico, ma il maialino
è in assoluto una delle materie
prime più importanti della cucina
isolana, soprattutto conviviale.
In famiglia la domenica e per le
feste comandate il porceddu, por-
Archivio Prima Press
N
ella cucina sarda le carni
giocano il ruolo principe,
specialmente in inverno.
A cominciare da quelle di pecora,
che sull’Isola sono circa 4 milioni
per poco più di un milione e mezzo di abitanti. Basti pensare che la
metà del latte di pecora italiano è
munto in Sardegna. Le tecniche di
preparazione più tipiche sono lo
spiedo e il carraxiu, ovvero la lenta cottura ottenuta scavando una
buca nel terreno e riempiendola
di braci e legni odorosi. Leccio,
olivastro ma soprattutto il ginepro, dal bouquet aromatico e al
contempo balsamico. Oltre alla
Sopra: i diversi momenti della raccolta
e della pulitura dello zafferano nella
campagna di San Gavino Monreale
e di Turri. La provincia di Cagliari
è il principale produttore nazionale
di questa spezia pregiata.
esterna, è quello di fare gocciolare
del lardo sul porceddu per accelerare la cottura, rendere la carne
più tenera e la crosticina più croccante. Gli estimatori lo apprezza-
no anche freddo, avvolto in rami
di mirto per un’aromatizzazione
inebriante. Cuocere a puntino il
maialino da latte non è affatto facile e il compito, affidato solitamente al capofamiglia, è considerato una vera e propria investitura da parte del clan. Esistono ricette a base di carne ben più complicate. Una per tutte è il malloru
de su sabbatteri (letteralmente il
toro del ciabattino): un arrosto a
effetto scatole cinesi. Un vitello
sventrato viene farcito con una capra selvatica che a sua volta contiene un porceddu. Questi racchiude una lepre, al suo interno
c’è una pernice che contiene un
uccello. L’abilità consiste nel ricucire per bene gli animali e dell’operazione si incaricava il ciabattino del paese. È uno dei pochi
191
INVERNO
GASTRONOMIA
Il vino “compagno” dei gusti forti
piatti sardi rielaborati ed esportati. Pare infatti che i cuochi in servizio alla corte dei Savoia (trasferitasi in Sardegna tra il 1806 e il
1814) restarono affascinati da questa idea dell’animale con sorpresa
e inventarono il più semplice, ma
famosissimo, fagiano in cocotte
(contenuto in un tacchino). Un’altra prelibatezza
invernale che si consuma
un po’ dappertutto è il
bollito di bue rosso, una
razza pregiata allevata all’aperto attorno ai massicci del Montiferru e del Linas dove i terreni di origine vulcanica e mediamente acidi mantengono i
pascoli freschi per gran
parte dell’anno. Il segreto
per un buon bollito di bue
A destra: costolette d’agnello
al mirto, una prelibatezza
d’inverno dove carne e profumi
dell’Isola si incontrano a tavola.
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ricco e saporito. Per la capra suggerisco il Korem (nato
da un progetto di rivalutazione del bovale e carignano),
vino ricco e fruttato”.
Più tradizionali i suggerimenti dell’enologo Nicola Pignatelli della cantina sociale di Dorgali, nel Nuorese. “I piatti tipici del territorio sono il porcetto che abbino a un Cannonau Vigne Isalle 2003 (che invece dei canonici 12,5°
ne ha 13,5°) e la pecora che accompagnerei volentieri
con un Filieri rosso 2004 (cannonau 80%), mentre il sapore più delicato dell’agnello, del capretto e del coniglio
richiedono un Filieri rosato (cannonau 80%), il nostro vino di punta e la bottiglia numericamente più venduta in
Sardegna. Sul bollito in generale bevo il Noriolo, un uvaggio al 60% cannonau e altre 7 uve rosse tra autoctone e
non, mentre il Fuili, un altro uvaggio, affinato 18 mesi in
barrique nuove, lo considero più da fine pasto, magari
con un buon pecorino stagionato a pasta dura”.
Cantina Argiolas, Serdiana (Ca), tel. 070/74.06.06, aperta al pubblico dal lunedì al venerdì 8-13/14,30-17.
Cantina Sociale Dorgali, Dorgali (Nu), tel. 0784/96.143,
aperta al pubblico dal lunedì al venerdì 8-14 e in estate
tutti i giorni 15,30-20.
rosso è l’aggiunta nell’acqua del
mazzetto aromatico sardo: finocchio selvatico, cipolle e uno o due
pomodori secchi. Oltre alle erbe
isolane citate, cui vanno aggiunte
lavanda sarda (Lavandula
stoechas) e mirto (Myrtus communis), non va dimenticato il ruolo
dello zafferano nella cucina locale, che accompagna molte preparazioni di carne. Soprattutto in inverno, quando si raccolgono i pistilli nelle campagne di San Gavino Monreale e di Turri. Siamo nella provincia di Cagliari, che, con i
suoi venti ettari coltivati a Crocus
sativus (per 150 chili di
prodotto all’anno), è il
maggiore produttore nazionale della profumata
spezia. In tutta Italia si arriva infatti a 32 ettari di
superficie coltivata. E in
Sardegna si utilizza proprio in ogni zona, come
dimostra la varietà di nomi attribuiti nelle diverse
aree ai pistilli di crocus:
zafferano, tsanfarànu, zanfarànu, tanforànu, tafferànu,
tanfarànu, tonfarànu, tafferànu, thaffarànu, thamfarànu, toffarànu. Ornella D’Alessio
Archivio Prima Press
Se il più importante e noto vitigno della Sardegna è il
cannonau, diffuso in tutta l’Isola, sempre di più le cantine sarde si dedicano alla riscoperta di altre uve autoctone. “Da anni”, spiega Mariano Murru, enologo della cantina Argiolas, “utilizziamo il bovale, che al nord dell’Isola viene chiamano muristellu, il monica e il nuragus, vitigno a bacca bianca a lungo sottovalutato da cui produciamo il S’Elegas, vino che si sposa bene con formaggi
freschi o con la ricotta. Le uve di nuragus, adesso esaltate anche da Hugh Johnson e Robert Parker, si esprimono
al meglio con produzioni non superiori a 1,5-1,8 kg per
ceppo. I tannini dolci e nobili del Perdera (monica 90%,
bovale 5% e carignano 5%) lo rendono interessante sulla pasta, sui piatti di carne e perfino sul pesce, ma si apprezza anche con la pecora bollita, mentre il Costera
(cannonau 90%), più robusto, è adatto al maialetto arrosto”. Il Turriga, il vino che ha fatto da traino nel mondo
per i vini sardi, merita un posto di rilievo. Grazie all’evoluzione prima in piccoli fusti di rovere e poi in bottiglia,
esprime un carattere speziato con eccezionali aromi terziari. “È ideale con carni in umido e con la selvaggina”,
aggiunge Mariano Murru. “È perfetto anche con il cinghiale, il piatto delle feste. Quello sardo, di dimensioni
inferiori rispetto a quelli ’continentali’, ha un gusto più