Testo completo della sentenza n. 109/2006 del 30/08/2006

Transcript

Testo completo della sentenza n. 109/2006 del 30/08/2006
Prove civili – Prove: raccolte in altro processo - Applicazione della pena su richiesta – Utilizzazione in sede civile di
prove acquisite nel procedimento penale – Assenza di preclusione – Presunzioni semplici ex art.2729 cc – Danni
(mat.civile) – Danno non patrimoniale - Incendio doloso di abitazione – Distruzione di beni mobili ed effetti personali
– Lesione dei diritti della persona - Distinzione dal danno morale soggettivo – Liquidazione
equitativa
n. ____________
Sent.Rif.Leg.artt.2043,2729 cc;artt.444,445 cpp;artt.423,425 cp;
n. ____________ R.G. A.C.
Sentenza n.109/2006
Deciso il 30/08/2006
Deposito il 30/08/2006
n. ____________ Cron.
n. ____________ Rep.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Modena – sezione distaccata di Carpi
Il Giudice Unico
dott. Riccardo Di Pasquale, ha emanato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n.4777/2003 R.G. A.C. promossa da:
XX , nata a Grottaminarda il 10-03-1953, residente in Carpi via ***-,. difesa e con
domicilio eletto presso l’avv. Graziano MARTINO, con studio in Carpi via B. Peruzzi
n. 26, rappresentante nel presente giudizio in forza di procura speciale apposta a margine
dell’atto di citazione.
ATTRICE
Contro
YY , nato a *** sul Panaro il 06-06-1946, ivi residente in via ***-,. difeso e con
domicilio eletto presso l’avv. Francesco PERRONE, con studio in Carpi viale Nicolò
Biondo n. 9, rappresentante nel presente giudizio in forza di procura speciale apposta in
calce alla comparsa di costituzione e risposta
CONVENUTO
Avente ad oggetto: RESPONSABILITA' EXTRACONTRATTUALE
Conclusioni per la parte attrice:
In via principale di merito: previo accertamento e dichiarazione della esclusiva responsabilità del
signor YY nella causazione dell’incendio verificatosi in Carpi in data 15 agosto 2000 all’interno
dell’unità immobiliare sita in Carpi, via ***, condannare il signor YY al risarcimento dei danni
morali e materiali patiti dalla signora XX, questi ultimi al netto di quanto risarcito dalla
compagnia assicuratrice, che si valutano in € 150.000.000 (recte 150.000,00) , o in quella diversa
somma che fosse ritenuta di giustizia, e comunque provata in corso di causa.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa.
Conclusioni per la parte convenuta:
Nel merito
Respingere, rigettare, comunque disattendere ogni domanda formulata da parte attrice nei
confronti della parte convenuta, in quanto comunque infondata in fatto ed in diritto e/o
inammissibile per le causali e motivazioni esposte nella parte narrativa della comparsa di
costituzione dello stesso precisato convenuto sig. YY e/o quelle che sono risultate in corso di
causa.
In ogni caso
1
Dandosi atti che la parte attrice ha agito in giudizio temerariamente e ben potendolo fare il
giudicante anche d’ufficio, condannare la parte attrice al risarcimento del danno in favore del sig.
YY ai sensi e per gli effetti dell’art. 96 cpc, danno da liquidarsi dal giudice adito nella misura che
sarà ritenuta di giustizia.
Con vittoria di spese, onorari e competenze di lite.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 16 luglio 2003, XX conveniva in giudizio, avanti
al Tribunale di Modena sezione distaccata di Carpi, YY per sentirlo condannare al
risarcimento del danno nella misura di € 150.000,00 (in atto di citazione è erroneamente
indicata la somma di € “150.000.000”; ma che si tratta di errore è ricavabile dagli altri atti
di parte attrice, tra cui la comparsa conclusionale).
Esponeva di essere proprietaria di un appartamento in Carpi, via ***; che in data 15
agosto 2000 l’appartamento era oggetto di un incendio di natura dolosa; che per tale
fatto veniva imputato, per il reato di incendio aggravato, YY , ex compagno dell’attrice;
che YY patteggiava ex art. 444 cpp la pena di anni uno e mesi otto di reclusione.
Sosteneva in diritto che, pur non essendo la sentenza di patteggiamento utilizzabile nel
processo civile, emergeva un quadro indiziario, grave, preciso e concordante a carico del
YY.
Allegava di essere stata in parte risarcita dei danni patiti, dalla sua assicurazione e da
quella del condominio, nella misura di € 107.877,75, con riserva di chiedere gli ulteriori
danni materiali nonché il danno morale al responsabile del furto; che il danno ai beni
mobili ed agli effetti personali contenuti nell’appartamento ammontava ad € 93.520,01,
mentre l’assicurazione aveva liquidato per tale danno soltanto la somma di € 43.898,84;
che per quasi un anno aveva dovuto stare fuori casa, perché l’appartamento era stato
dichiarato inagibile e durante i lavori di ristrutturazione era stata ospitata dalla sorella;
che l’incendio aveva distrutto tutti i beni mobili e gli effetti personali contenuti
nell’appartamento, tra cui anche le foto e le lettere del defunto marito dell’attrice.
Chiedeva inoltre il risarcimento del danno morale, compreso quello affettivo.
Concludeva come in epigrafe.
Si costituiva in giudizio il convenuto YY chiedendo il rigetto della domanda.
Sosteneva di non essere l’autore dell’incendio e che gli elementi acquisiti in sede penale
non erano sufficiente a provare la sua responsabilità.
Contestava comunque la quantificazione della domanda.
Il giudice non ammetteva le prove orali richieste dalle parti, perché vertenti sugli
stessi fatti già oggetto del procedimento penale.
La causa veniva posta in decisione, ai sensi dell’art. 281 quinquies cpc, all’udienza
del 8/3/2006, sulle conclusioni delle parti, come in epigrafe trascritte, disponendo lo
scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ai sensi dell’art. 190
cpc.
Motivi della decisione
1) Utilizzabilità e valore probatorio degli atti del procedimento penale e della
sentenza di patteggiamento.
Non si tratta della generale questione della utilizzabilità in sede civile delle prove
acquisite in un processo penale, perché nel caso in esame è stata esercitata l’azione
2
penale ma non vi è stato il dibattimento perché il processo si è concluso con una
sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p..
Gli atti e documenti del procedimento penale sono comunque utilizzabili nel presente
giudizio e devono essere ricondotti alla categoria delle cd. prove atipiche o innominate:
indizi costituiti –secondo l’elaborazione giurisprudenziale- da prove raccolte fuori dal
giudizio (altrove), comportamenti, ecc… Il limite di tale uso nel processo civile è
rappresentato dal contraddittorio delle parti, nel senso che tale materiale deve essere
acquisito nel processo in modo che tutte le parti possano conoscerlo ed argomentare in
proposito.
Nel caso in esame entrambe le parti hanno prodotto atti del procedimento penale.
Per la sentenza di patteggiamento vi è la specifica previsione di cui all’art. 445 comma 1
secondo inciso c.p.p..
La più recente giurisprudenza delle sezioni civili della Corte di Cassazione ha precisato
che la previsione che la sentenza pronunciata a norma dell’art. 444 c.p.p. non riveste
effetti di “giudicato” non preclude però al giudice di valutare, unitamente ad altre
risultanze, anche la sentenza emessa in base a “patteggiamento”, esattamente come
avviene nel caso di vera e propria sentenza di condanna penale che non faccia stato nel
successivo giudizio (civile o amministrativo):
La sentenza penale non irrevocabile, ancorché non faccia stato nel giudizio civile circa
il compiuto accertamento dei fatti materiali formanti oggetto del giudizio penale, ed
attribuendo perciò al giudice civile il potere- dovere di accertarli e valutarli in via
autonoma, costituisce in ogni caso una fonte di prova che il predetto giudice è
tenuto ad esaminare e dalla quale può trarre elementi di giudizio, sia pure non
vincolanti, su dati e circostanze ivi acquisiti con le garanzie di legge, soprattutto quando
essi non risultino da mere valutazioni del giudice penale, ma trovino rispondenza,
come nell’ipotesi del “patteggiamento”, nella stessa natura della pronuncia adottata,
recante pur sempre un accertamento che, benché non vincolante, deve comunque
essere esaminato ed apprezzato, palesandosi capace di concorrere al convincimento
del detto giudice, il quale è perciò legittimato a sottoporlo a vaglio critico, utilizzandolo
come elemento istruttorio emerso in sede penale o, per converso, considerandolo
insufficiente per il raggiungimento della prova, ferma restando la necessità, in
entrambi i casi, di dare adeguata ragione dei motivi della scelta.
Cassazione civile, sez. I, 24 febbraio 2004, n. 3626
La sentenza penale di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi degli art.
444 e 445 nuovo c.p.p. (patteggiamento) non ha, nel giudizio civile, la efficacia di
una sentenza di condanna. Pertanto il giudice civile deve decidere accertando i fatti
illeciti e le relative responsabilità autonomamente dal giudice penale, pur non
essendogli precluso di valutare, unitamente ad altre risultanze, anche detta sentenza
penale di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Cassazione civile, sez. III, 6 maggio 2003, n. 6863
La sentenza con la quale il giudice applica all’imputato la pena da lui richiesta e
concordata con il p.m., pur essendo equiparata a una pronuncia di condanna ai sensi e
per gli effetti di cui all’art. 445, comma 1, c.p.p., non è tuttavia ontologicamente
qualificabile come tale, traendo essa origine essenzialmente da un accordo delle parti,
caratterizzato, per quanto attiene l’imputato, dalla rinuncia di costui a contestare la
3
propria responsabilità. Ne consegue che non può farsi discendere dalla sentenza di cui
all’art. 444 c.p.p. la prova della ammissione di responsabilità da parte dell’imputato e
ritenere che tale prova sia utilizzabile nel procedimento civile. (Nella specie, la S.C ha
ritenuto non censurabile in sede di legittimità, per violazione di legge o per
illogicità della motivazione, la sentenza impugnata per la mancata utilizzazione delle
circostanze che sarebbero emerse dalla sentenza di patteggiamento, né
sindacabile il mancato apprezzamento, ai fini del giudizio civile, ai sensi degli art. 115
e 116 c.p.c., delle risultanze probatorie e documentali concernenti circostanze emerse
nel procedimento penale).
Cassazione civile, sez. lav., 16 aprile 2003, n. 6047
La sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. (cosiddetto
“patteggiamento”) costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il
quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le
ragioni per cui
l’imputato
avrebbe
ammesso una
sua
insussistente
responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. Detto
riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita
dall’efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato
come prova
nel
corrispondente giudizio di responsabilità in sede civile.
Cassazione civile, sez. lav., 21 marzo 2003, n. 4193
2) Responsabilità del convenuto.
Sulla base degli atti del procedimento penale, unitamente alla sentenza di patteggiamento
utilizzabile nei limiti indicati nel precedente punto 1), si può affermare la sussistenza di
presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 2729 c.c., in ordine alla
responsabilità del convenuto YY per la commissione del fatto – reato costituito
dall’incendio doloso dell’appartamento dell’attrice XX .
Si tratta di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 seg. c.c.
Gli elementi di prova acquisiti in sede penale, ammissibili per quanto sopra detto nel
presente giudizio civile, vengono utilizzati all’interno dello schema delle presunzioni
semplici previsto dall’art. 2729 c.c..
Nel dettaglio sono stati acquisiti:
- la relazione di intervento dei vigili del fuoco (doc. 1 attrice);
- le informative del Commissariato P.S. di Carpi, con i relativi allegati (doc. 1 e 2 attrice);
- i rilievi ed accertamenti della polizia scientifica (doc. 8 attrice e doc. 2 convenuto);
- i verbali di sommarie informazioni di XX , S.M. , P.E. e YYD. (doc. 9, 4 e 5 attrice e
doc. 7 convenuto);
- la sentenza di patteggiamento n. 780 del 29/11/2002 (doc. 7 attrice).
Valutazione del materiale probatorio.
L’appartamento di proprietà dell’attrice è posto in una palazzina condominiale in Carpi
via *** al primo piano.
L’incendio è avvenuto il giorno 15 agosto 2002 tra le ore 4 e le 5 del mattino (vi è stata
un’esplosione alle ore 4,55 ad incendio già in atto –dichiarazioni P.E. e S.M.-).
Si tratta di un incendio di natura dolosa (v. rilievi ed accertamenti vigili del fuoco e
polizia di stato).
4
L’appartamento era vuoto: l’attrice e la figlia ventenne I.I. , con lei convivente, erano in
vacanza.
Il primo rilevante elemento di prova a carico di YY è costituito dalle dichiarazioni
di S.M. . La signora abita al terzo piano dello stesso edificio. Alle ore 4,55, udito il boato,
è scesa in strada di corsa con i suoi due figli: <in strada ho visto una macchina di colore
grigio metallizzato con a bordo un individuo che ho cercato di fermare per chiedere aiuto. Nella
circostanza l’autovettura non si è fermata ma alla guida ho riconosciuto il compagno della XX …
Preciso che detta persona … l’ho vista più volte in compagnia della XX . Sono rimasta stupita dal
fatto che nonostante i miei ripetuti inviti la persona non si sia fermata, anche se ritengo mi abbia
riconosciuta.>.
Il riconoscimento del YY, persona conosciuta dalla testimone, è stato fatto in modo
chiaro, preciso e senza incertezze.
Le dichiarazioni della S.M. hanno inoltre due riscontri esterni.
P.E. , che passava in auto nelle vicinanze del condominio al momento dell’esplosione,
ha visto la stessa autovettura allontanarsi dal luogo dell’incendio. Coincidono l’orario
(identificato con il momento dello scoppio), la descrizione dell’auto (<di colore grigio,
grossa cilindrata, modello vecchio, con a bordo un uomo>) e la condotta del conducente (<gli
abbiamo fatto cenno di fermarsi, ma questi ha accelerato e si è subito allontanato>).
YY è proprietario di un’auto Opel Vectra grigia chiara metallizzata targata ***, che
coincide con quella descritta dai due testimoni (v. informative di P.G.).
Contro il preciso riconoscimento da parte di S.M., vi è soltanto la dichiarazione di YY
D., figlio del convenuto, secondo il quale il padre doveva essere a letto nella sua casa
attigua al ristorante. Inoltre le indicazioni fornite dal teste, tenuto anche conto del fatto
che questi dormiva in altro vicino immobile, non sono sufficienti per escludere che il
convenuto durante la notte si sia recato da *** a Carpi per compiere l’incendio.
Si deve dunque ritenere acquisita la prova diretta della presenza del convenuto sul luogo
dell’incendio.
Il secondo elemento è costituto dal rinvenimento sul pianerottolo
dell’appartamento delle chiavi in uso a YY .
Il mazzo di chiavi è stato trovato dai vigili del fuoco.
XX ha riconosciuto il mazzo di chiavi come quello in uso al suo ex compagno –si erano
lasciati da circa venti giorni- e non restituito.
Gli accertamenti dei vigili del fuoco e della polizia consentono di affermare che chi ha
provocato l’incendio è entrato dalla porta principale dell’appartamento.
Il rinvenimento sul balcone dell’appartamento di un martello e di uno scalpello e la
rimozione di una delle porte finestre del balcone avevano fatto inizialmente ipotizzare un
furto.
Dalle indagini è poi emerso che non era stato asportato nulla dall’appartamento, pur
essendovi molti oggetti di valore.
La porta semiblindata dell’appartamento è stata rinvenuta chiusa sola con lo “scrocco” e
non a chiave, come era stata lasciata dalla proprietaria. Inoltre anche dall’interno
dell’appartamento non è possibile aprire la porta se non si è in possesso delle chiavi (v.
informativa di p.g. ed allegati).
Un terzo elemento è costituito dal fatto che nel corso della perquisizione
domiciliare eseguita il giorno 15 agosto la polizia giudiziaria ha rilevato sulle mani del YY
5
evidenti segni di recenti scottature (v. rilievi fotografici). La natura e la sede delle
scottature –sia sul dorso che sul palmo delle mani- rendono improbabile la tesi del
convenuto, secondo il quale si sarebbe scottato cucinando presso il suo ristorante la sera
del giorno 14 agosto.
Sulla base di questi elementi di prova, valutati unitamente alla sentenza di
patteggiamento, deve affermarsi la responsabilità di YY in ordine all’incendio per cui è
causa.
Il fatto integra la previsione di cui agli art.li 423 e 425 n. 2 codice penale.
3) Danno.
3.1 Danno patrimoniale.
A seguito dell’incendio l’appartamento ha subito gravi danni e sono andati
completamente distrutti i beni mobili e gli effetti personali nello stesso contenuti. Anche
l’appartamento sovrastante nonché parti condominiali hanno subito dei danni (v.
accertamenti e rilievi anche fotografici di V.F. e P.S.).
I danni, che qui interessano, sono stati liquidati dalla assicurazione Generali dell’attrice
ed Unipol del condominio, nella seguente misura:
oneri di ripristino opere immobiliari appartamento XX Lire 123.880.450, pari ad Euro
63.978,91;
contenuto appartamento XX Lire 85.000.000, pari ad Euro 43.898,84;
per complessive Lire 208.880.450, pari ad Euro 107.877,75.
Tali dati sono ricavabili dall’atto di liquidazione del danno prodotto come documento n.
10. In tale atto XX <si riserva di richiedere le ulteriori somme a lei spettanti in virtù della
relazione tecnica in suo possesso (che la sig.ra XX ha rinunciato a richiedere alle compagnie
assicurative al solo fine di raggiungere un accordo transattivo con le stesse) nonché le somme
dovute a titolo di danno morale a colui o coloro che saranno ritenuti responsabili della causazione
dell’incendio>.
Parte attrice allega nel presente giudizio che il danno ai beni mobili ed agli effetti
personali contenuti nell’appartamento ammontava ad € 93.520,01, mentre l’assicurazione
aveva liquidato per tale danno soltanto la somma di € 43.898,84.
A sostegno della prova dell’ammontare effettivo del danno si limita ad produrre un
elenco, da lei redatto, dei beni e del loro valore (doc. 11).
La prova del preciso ammontare di tale danno è certamente difficile, trattandosi di tutti i
beni ed effetti personali contenuti in una abitazione domestica.
Parte attrice avrebbe però potuto produrre, o chiedere di acquisire, la perizia certamente
eseguita dalla compagnia assicurativa e quantomeno la propria relazione tecnica, della
quale si fa menzione nel citato atto di liquidazione (doc. 10).
Un mero elenco redatto dalla parte è assolutamente inidoneo a fornite la prova di tale
danno “differenziale”.
L’allegata circostanza di avere dovuto stare fuori casa per quasi un anno, perché
l’appartamento era stato dichiarato inagibile, e di essersi fatta ospitare dalla sorella
durante i lavori di ristrutturazione, potrebbe avere rilievo anche sotto il profilo
patrimoniale, ma sul punto parte attrice non ha allegato alcun elemento concreto di
danno, che potesse consentire una valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c..
Va perciò rigetta la domanda per la parte relativa al danno patrimoniale.
3.2 Danno non patrimoniale.
6
Le pronunce della Cassazione n. 8828/03 e n. 8827/03, richiamate dalla Corte
Costituzionale n. 233/03 come diritto vivente, hanno operato una <nuova>
ricostruzione del danno non patrimoniale.
Si può sinteticamente affermare che la risarcibilità dei danni non patrimoniali a tutela dei
diritti inviolabili e fondamentali della persona viene collocata nell’area dell’art. 2059 c.c.,
che è estensivamente interpretato alla luce dei principi costituzionali:
“Il risarcimento del danno non patrimoniale - la cui nozione comprende non solo il danno
morale soggettivo, ma anche il danno da lesione di valori inerenti alla persona - non incontra i
limiti dell’art. 185 c.p. quando la lesione riguardi valori della persona costituzionalmente
garantiti, dal momento che il rinvio ai casi determinati dalla legge di cui all’art. 2059 c.c. va
riferito anche alle previsioni della legge fondamentale che riconoscono diritti inviolabili.”
Cassazione civile, sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 citata
Il risarcimento del danno non patrimoniale non richiede che la responsabilità
dell'autore del fatto illecito sia stata accertata in un procedimento penale, in quanto
l'interpretazione conforme a Costituzione dell'art. 2059 c.c. (Corte cost., sentenza n.
233 del 2003) comporta che il riferimento al reato contenuto nell'art. 185 c.p.,
comprende tutte le fattispecie corrispondenti nella loro oggettività all'astratta
previsione di una figura di reato. Inoltre il danno non patrimoniale non può essere
identificato soltanto con il danno morale soggettivo, costituito dalla sofferenza
contingente e dal turbamento dell'animo transeunte, determinati dal fatto illecito
integrante reato, ma va inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ingiusta
lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale
conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica, senza soggezione
al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 c.p. (tra le tante
Cassazione civile , sez. I, 15 gennaio 2005, n. 729; Cassazione civile , sez. III, 19 agosto
2003, n. 12124).
Nel caso in esame va, pertanto, riconosciuto il danno morale soggettivo -che è in
re ipsa., essendo stata accertata la configurabilità di un fatto-reato (v. Cassazione sez. un.
2515/2002).
Danno morale soggettivo, costituito dalla sofferenza contingente e dal turbamento
dell'animo, transeunte, determinato dal fatto illecito reato.
All’attrice XX va anche riconosciuto il danno non patrimoniale derivante dalla
violazione del suo interesse alla libera esplicazione della personalità protetto dall’art. 2
della Costituzione.
Il fatto commesso dal convenuto ha violato la sicurezza ed il domicilio dell’attrice; ha
distrutto tutti i beni mobili e gli effetti personali custoditi nella casa familiare; ha privato
la stessa per lungo tempo della propria abitazione domestica.
Si tratta della ingiusta lesione di valori inerenti alla persona, costituzionalmente garantiti,
dalla quale sono derivati pregiudizi non suscettivi di valutazione economica.
Per la liquidazione di tale danno si può fare ricorso a fatti notori od a massime di
comune esperienza, e comunque al parametro di liquidazione equitativa di cui agli artt.
1226 e 2056 c.c. (tra le tante Cass. n. 16946/2003, Cass. n. 8827/2003, Cass. n.
8828/2003).
7
Nel caso in esame si ritiene opportuna una stima globale di queste due voci di
danno non patrimoniale, delle quali la prima ha una componente prevalentemente
punitiva e la seconda una funzione solidaristico satisfattiva.
Al fine di individuare un unitario criterio di equità per la liquidazione del danno, tenuto
della gravità del fatto-reato e della rilevante incidenza delle conseguenze dello stesso
sulla sfera personale interna ed esterna dell’attrice, si ritiene di potere fare riferimento alla
misura dei danni materiali liquidati dalle assicurazioni alla danneggiata
(complessivamente € 107.877,75).
Per questi motivi si ritiene equo il riconoscimento del danno non patrimoniale
nella complessiva misura di € 100.000,00, determinata all’attualità -trattandosi di debito
di valore-.
Per la determinazione del danno da ritardo, si ritiene di adottare il metodo di calcolo
degli interessi al saggio legale sul capitale interamente rivalutato con equa individuazione
del dies a quo, in sostanziale adesione ai principi affermati da Cass. SS.UU. n°1712 del
17 febbraio 1995 (che ha invece suggerito il diverso, ma equivalente negli effetti, metodo
del calcolo sul capitale via via rivalutato dal dies a quo effettivo), considerando il giorno
della decisione quale dies ad quem del calcolo, al di là del quale saranno dovuti gli
interessi legali sull’intero importo, comprensivo di capitale rivalutato e danno da ritardo
già maturato, fino al saldo (sul punto vedi, amplius, la sent. n°1712/95 cit.).
Indicandosi nel 15/8/2003 il dies a quo determinato equitativamente per quanto detto
sopra, il danno da ritardo già verificatosi, considerando il saggio legale via via vigente, è
pari, con arrotondamento, ad € 7.800,00.
In definitiva, il convenuto va condannato al pagamento della complessiva somma di €
107.800,00, oltre interessi maturandi su detto importo al tasso legale da oggi fino al
saldo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, in relazione alla
somma attribuita (quanto ai diritti sulla base delle tariffe forensi vigenti all’epoca
dell’effettuazione delle singole prestazioni).
Dispositivo della sentenza
Il Tribunale di Modena Sezione Distaccata di Carpi, in persona del giudice dott.
Riccardo Di Pasquale
definitivamente decidendo
ogni diversa domanda, istanza, eccezione e deduzione respinte:
in parziale accoglimento della domanda
- dichiara tenuto e condanna YY al pagamento in favore di XX della somma di €
107.800,00 (centosettemilaottocento virgola zero), a titolo di risarcimento del danno, nei
sensi di cui in motivazione, oltre interessi maturandi su detto importo al tasso legale da
oggi fino al saldo;
- condanna il convenuto YY alla rifusione in favore di XX delle spese di lite che si
liquidano nella complessiva somma di € 6.440,00, di cui € 4.000,00 per onorari, €
1.900,00 per diritti ed € 540,00 per spese, oltre rimborso spese generali ed accessori di
legge.
Carpi, 30/8/2006
IL GIUDICE
dott. Riccardo Di Pasquale
8
IL CANCELLIERE C1
Giovanna Rossetti
Depositata in Cancelleria e pubblicata il 30.08.2006
9