Formazione Liceo diploma Andavo in alta quota

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Formazione Liceo diploma Andavo in alta quota
Formazione
Liceo diploma
Andavo in alta quota pensando che le vette devono essere prima
scalate fisicamente e poi mentalmente. Ciò di cui ricordo bene è
che NIETZSCHE lo prendevo in parola. Lui diceva - quanto
manca alla vetta, tu sali e non ci pensare - così io non ci pensavo e
salivo, pazzo lui e sincero io, però io credevo in qualcosa. La
filosofia, prima di Schopenhauer e poi di NIETZSCHE non è che
mi era proprio di aiuto ma io adolescente cocciuto mi affidavo a
dei morti immortali per poter saggiamente vivere e diffidavo dalle
imitazioni di altri. Mi assorbivo quotidianamente le loro congetture
variegate, disperate.
Intanto mi programmavo il dopo diploma, cosa scegliere, quale
facoltà potrebbe esprimere al meglio le mie attitudini… mi gustavo
il ponte temporaneo che c’è tra il fine cazzeggio delle superiori e
l’iniziale agonia universitaria. Mi diplomai con un modesto
83/100, la consolazione era paragonare il mio voto alla data di
nascita, classe ’83.Un punteggio ottimo, visto che ero considerato
uno degli ultimi, non tanto come voti, ma come riflesso alle loro
aspettative, si stupirono che presi ingegneria. Il futuro dimostrerà
che io sono un mediano, uno di quelli che gioca fino alla fine, fino
a quando i polmoni non esplodono, questo era una tecnica per
autostimarmi. Una della magre mie consolazioni sarà proprio il
fatto che nessuno avrebbe scommesso su di me. Ero un cavallo da
macello, vredranno la mia golloppata, in seguito.
Ricordando quel giorno dell’esame.
Quel giorno, passai mezza giornata, in apnea; non ero felice, né
contento, né sereno. Schopenhauer con Leopardi erano riusciti nel
loro intento, farmi vedere nella vita ciò che c’è di peggio, il
burrone senza fiume. Potevo risparmiarmi di leggerli almeno avrei
riso un pò con Renoir ed Epicuro o sorriso con Cervantes.
Masticavo le loro idee e nel frattempo pensavo a diventare,
divenire, un uomo che cammina a testa alta e non si abbassa a
chiedere favori, a cambiare status quo.
Settembre
Settembre non è lontano, come al solito. Infatti arriva senza
pioggia e spruzza un po’ di moscato su per le viuzze del paese. Io
ovviamente non resto fermo, vado a fare vino come lo facevano gli
etruschi, raccolgo uva sugli alberi.
Ma Arriva anche il test d’ammissione per l’università.
Inizio a tremare, ad assorbire la muffa delle stanze chiuse degli
edifici scolastici. Inizio ad infornarmi dentro carceri, così è
l’impressione di ingegneria… povera vita mia. Diventerò un
cavallo da soma, imparai a galoppare ma senza humor. Correvo
per inerzia. Strisciavo per terra, mi piaceva portare i pantaloni
lunghi al fine di sporcarli, metafora della mia decadenza.
Il motivo che mi fece scegliere ingegneria.
Mi faccio due conti – visto che devo andare all’università allora
tanto vale soffrire, perché la vita è sofferenza come hanno ben
spiegato i padri del pessimismo cosmico.
E allora ingegneria sia, se l’obbiettivo e soffrire per arrivare in
vetta. Quasi un masochista fui, fare l’ingegnere senza sapere se è
effettivamente la mia aspirazione. Avevo una certe didizione per le
materie scentifiche, ma anche per le materie uministiche!! Il
disastro della mia scelta forse si vedo proprio ora che stai
leggendo. Scrivo un libro sui colloqui che ho fatto. Un Racconto
sulla precarietà del mondo lavorativo in Italia. Un drammacommedia su cosa voglio fare nella vita!! Qui la risposta volgare ci
sarebbe, un po’ volgare; la lascio intendere.
Cosa voglio fare!! Bho!!
Tuttavia conoscendo la mia testardaggine, sapevo sin da subito che
un obiettivo posto e un obiettivo da raggiungere senza svincolarsi.
Ecco perché non mi pongo molti obiettivi!!
Arriviamo ai giorni nostri
Trascorrono mesi, anni e arriviamo ai giorni nostri.
Arrivo alla mia super super ma proprio stupida laurea specialistica
in ingegneria civile. Ah perché questo lo dive dire. Dicono che gli
ingegneri italiani di una volta erano i migliori. Si, può essere. Ma
io non voglio entrare nei guinnes dei primati. Voglio trovare un
lavoro appena laureato, trovare un lavoro decente e che mi
soddisfa almeno un poco. Voglio lavorare non voglio studiare.
Voglio lavorare per vivere e non il contrario!!
Spariamo i fuochi d’artificio. Questo tutti lo vogliono, si ma
nessuno è soddisfatto e pochi lo dicono e lo fanno.
Ma ritorniamo a noi.
Sono arrivato anch’io a dire quella stupida frase
- io mi sono fatto da solo –
ed è così che distruggo i millenni di processo genetico.
Antonio Bova si è a laureato (a me personalmente non me ne
fotteva proprio niente), solo che i miei genitori erano contenti.
Contento nel vedere le mani di mio padre muratore che toccavano
la mia tesi. Sembrava che in mano avesse un mattone di forati. Bè
la mia tesi era un mattone nel senso che pesava tanto, solo pesava.
Un mattone sarebbe stato più proficuo, lo dico senza sarcasmo che
è peggio!!!
Credevo nell’urbanistica, in fondo poi mi appossionai a quella tesi
di laurea che sapevo non valesse quanto il costo dell’inchiostro per
farla, però avevo trovato un qualcosa che in qualche modo mi
piaceva. Mi piaceva assai, proprio assai toccare le tovole
cartografiche, vedere le mappe.Mi è sempre piaciuta la geografia e
forse l’urbanistica soddisfava questo mia curiosità di conoscere il
mondo guardandolo dall’alto. Mi piaceva capire come si evolve la
società. Perché Tutti vogliono una seconda casa (questo una
volta). Ora non hanno nemmeno la prima casa!! Mi piaceva sapere
perché su un alcune isole mangiano più carne che pesce. Mi
piaceva viaggiare, ma non come tutti che dicono, si pure a me
piace tanto viaggiare, fanculo io intendo un’altra cosa per
viaggiare!! A me piace percorrere kilometri e kilometri a piedi da
un capo all’altro di un fenomeno urbano, di una città. Non entro
nelle chiese e nei musei per studiare il dettaglio. Io studio il tutto.
Io studio la complessità di ciò che appare semplice. Semplice
vedere una città, difficile capire come diventerà tra 10 anni, o
come la faremo diventare, la faranno diventare!
Mi passa per la testa il pensiero di Calvino.
Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.
- Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? - chiede Kublai Kan.
- Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra, - risponde
Marco, - ma dalla linea dell'arco che esse formano.
Kublai Kan rimase silenzioso, riflettendo. Poi soggiunse: - Perché
mi parli delle pietre? È solo dell'arco che mi importa.
Polo risponde: - Senza pietre non c'è arco
Io sarei come Kublai Kan, mi interessa la linea dell’arco, solo
conoscendo la linea dell’arco posso lanciare una freccia nel cuore
della città nascosta, bucare la superficie del visibile quotidiano.
Posso fare una foto che nessuno potrebbe fare, solo percorrendo le
strade che nessuno, di buon occhio, percorre. Io non sono un
turista, sono un viaggiatore, viaggio dentro e fuori le città.
Mi sono dilungato troppo, questo lo dovevo scrivere dopo. Il fatto
è che mi è sempre piaciuto parlare ma soprattutto ascoltare
l’urbanistica. Avrei scritto un libro sui viaggi fatti dentro e fuori le
città ma non posso. Io non sono un urbanista. Il prof. Della mia
tesi mi ha declassato perché io non seguivo le sue impronte, io non
ero seguito. Potrei essere anche un cazzone sognatore urbanista.
Qual è il problema anche grandi luminari hanno fatto porcherie, se
pensiamo allo zen di Palermo di Gregotti ecc.
Come spesso accade in italia, ora più che mai. Una persona che è
portata a fare quel tipo di mestire è costretto a lasciarlo. I motivi, a
fine mese non è pagato o deve pagare i pannolini o non ha
sufficiente autostima per mandare tutti a quel paese. Così troviamo
un architetto che cerca di fare l’ingegnere e viceversa. Un
leccalecca che fa l’urbanista. Una bella ragazza che fa la politica.
La lista è lunga. Insomma siamo in bel posto dove ognuno fa il suo
contrario. Una pericolosa commedia.
Ritorniamo a noi.
Ma ripeto un po’ di soddisfazione me la dava la laurea per vedere
contento mia madre e mio padre. Io ero contento per loro, ma chi
era contento per me. Per i miei anni passati davanti un libro sopra
un libro, addormentato su un libro, rincoglinito da un libro,
arrabbiato per un libro, pseudo felice per un libro, raffreddato per
un libro, imbianchito per un libro, riflessivo per un libro,
imprigionato da un libro, svogliato e svegliato da un libro,
rincuorato da un libro. Chi mi ridava i miei anni di prigionia
intorno ad una idea illussoria e costosa. L’idea fa male, fa sangue.
L’idea sbagliata che tanti miei coetani si sono fatti oggi. La laurea
è un gran bel pezzo di carta, ma se tutti lo vogliono perché la
società ti porta a consumare, anche laurearsi è consumare. Anzi
dicono che i filosofi sono i maggiori consumatori!! Perché
consumano parecchio e poi in cambio solo un su mille da qualche
idea proficua per la società. Almeno un ingegnere si imbatte di
qualcosa di produttivo.
Non pensiamoci continuamo. Tralasciamo i svolazzanti pensieri
da filosofo
Io sono un ingegnere, ora posso esercitare la libera professione,
seppure non so nemmeno quale significato abbia farla. Ora tutti si
inchineranno ai miei piedi. Ora io sono uno che non chiede favori,
semmai è pronto ad elargire consigli e a sfidare le leggi fisiche.
Sono pronto a trasformare idee in solidi pareti dove possono
abitare i sogni delle famiglie e dei cittadini di questo fottuto
mondo.
Non avevo valutato un piccolo particolare, io sono un italiano che
vive in Italia. Sì proprio nel paese dei maccheroni e della pizza,
dove tutto si inventa al momento. Notai che all’estero
paragonavano l’Italia alla mafia, ora la collegano a Berlusconi.
Before
straniero: Where are you from? Io: I from Italy.
Straniero: Italy Mafia.
Now
straniero: where are you from? I from Italy.
Straniero: Italy Berlusconi.
Ora. Torniamo a noi.
Non avevo considerato che la mia laurea vale meno della
considerazione che si ha per una bella busta di scarpe appena
comprate. Non avevo messo in conto il prezzo da pagare per
sentirsi dire solo ingegnere. Solo ingegnere mi chiamano ed il
resto dov’è!! Un ingegnere dovrebbe progettare, rendere
sostenibile la vita in città e percorribile fino in campagna.
Ingegnare qualcosa di utile per la comunità.
Forse avevo fatto male i conti e questa volta la colpa non è dei
lusinghieri filosofi ma è solo mia. Ho forse la colpa di essere nato
nel momento sbagliato e nel posto sbagliato! In Italia! Ma non
penso dai!! Però ora siamo messi male. Non sappiamo fare i
mestieri di una volta e non siamo concorrenziali con i mestieri di
oggi. Io personalmente ho imparato un po’ di francese ed ora sto
cercando di imparare l’inglese!! Ma dove devo andare se a 28 anni
inizio ad imparare una lingua. Il bello è che ho fatto 8 anni di
francese e 5 anni di inglese!! Io sarò pure stupido però i professori
invece di impararmi ops si dice di insegnarmi, di insegnarmi
l’inglese parlato che si ascolta in televisione, alla radio mi
insegnavano le grandi parabole di scrittori morti e defunti!! Bella
cosa questa di insegnare la letteratura straniera, si bella cosa ma se
sai parlare e scrivere in inglese!!
Rimbocchiamoci le maniche e andiamo avanti. Ormai ciò che è
successo è non è colpa di noi elettori italiani.
Altra considerazione
Basta con questa pedanteria, sempre ad incolpare gli altri.
Guardiamo le cose positive che si fanno!!! Non tutto va a
scatafascio, sempre gli italiani si sono lamentati. Fa parte del loro
DNA. Però quando vado in giro sto un po’ meglio. Sono stato pure
a Cipro che è una citta calda (fu una colonia brittanica oltre che
veneziana). Ogni viaggio mi insegna qualcosa, imparo sempre nel
vedere e nell’ascoltare. A cipro ho constatato che le condizioni
climatiche non influenzano completamente una modus operandi di
una società. Qui a Nicosia, la capitale di Cipro, sembra di stare a
Londra (certo è una esagerazione) ma rende bene l’idea!! Londra
con il Sole. Lavorano come gli inglesi, more or less, vivono come
si vive in qualsiasi posto lungo le sponde del Mediterraneo.
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Primo Colloquio
24 09 2007 - Laurea specialistica
Non ancora laureato sperimentai cosa significa inviare e-mail a
tutt’Italia. Bell’esperienza. Non pensavo che questo sarebbe stato
il mio più bello modo per convivere con la speranza di fare un
lavoro che mi gratificasse. Non riuscì a trovare un bel lavoro ma in
compenso inviai più di 3000 e-mail (questo il mio numero di email
complessive fino ad ora!!). 3000 e-mail, si proprio tante.
Gli uffici risorse umane estere mi rispondevano in numerosi ed
anzi sembravano pure addolorati di darmi parere negativo. Credo
che non riuscirò mai a capire cosa pensa uno che scrive dall’altra
parte, ma chi se ne frega, l’importante è ciò che uno mi trasmette.
Questo modo di ricevere o meno l’email mi fa venire in mente un
episodio. Una volta un marocchino mi disse:
– se qualcuno mi prende il cibo dal mio stipetto mi da fastidio, ma
se quel diavolo che mi fotte la roba, mi lascia un foglietto
dicendomi “io ti ho preso la tua roba perché avevo fame o sete”,
allora in quel caso lo perdono anzi lo ringrazio-.
Penso che il senso sia paragonabile all’e-mail che ti lascia
qualcuno, non dice niente ma almeno ti risponde.
Alcuni peccavano di sarcasmo, ma accettiamo anche l’ironia
pungente ed amara!! Soprattutto i francesi.
Comunque, appena laureato ricevettì una telefonata mentre andavo
all’università per consegnare la tesi e mentre guidavo con la
macchina famigliare, una signora molto garbata e dalla voce
seducente mi dice telefonicamente che sono stato selezionato per
fare un colloquio con openjobs. Le dico grazie innanzitutto e che
sono appena neolaureato anzi no, fra una settimana mi laureo, il 24
settembre. Grazie verrò per quella data in capitale.
Tutto ora torna, la laurea serve a qualcosa nemmeno mi laureo che
già mi chiamano per lavorare con una grande impresa di
costruzioni metalliche. Tutti i nodi vengono al pettine tutte le
penne sprecate vengono restituite in retribuzioni enumerative.
Grazie Laurea in ingegneria civile.
Si vede che sono un tipo molto lunatico. Prima ho odiato
ingegneria ora sono felice di avere questo titolo.
Il mio primo colloquio, sarà forse l’unico… non conoscevo il
destino che mi attendeva. Conoscerò ben presto come si viaggia di
notte in treno. Freccia del sud sarà il mio mezzo.
Allora andiamo a Roma vicino la stazione termini dove è ubicato
l’ufficio di risorse umane. Entro mi siedo ed aspetto, normale no.
Una soave signorina mi accompagna alla “cattedra”. Quanta
austerità volevo dire ma è giusto avere timore reverenziale verso
queste persone che scrutano i tuoi pensieri. Un ragazzo che poteva
avere l’età di padre di famiglia di una volta mi chiede info sulla
mie credenziali: Cosa faccio, cosa penso del futuro da qui a tre
anni!! Io volevo dirgli che vivo alla giornata, che non mi piace
pensare al futuro.
Avrei voluto dirgli io sono qui perché ho bisogno di soldi per
viaggiare, questo avrei voluto dirgli. Ma portiamo tutti una
maschera ed è cosi che io dissi quello che voleva sentirsi detto e
lui mi chiese ciò che sapeva o gli avevano insegnato a chiedere.
Terminò con una stretta di mano, ricordiamoci che le persone si
testano dalla stretta di mano. Stringere la mano con forza e
guardare negli occhi è simbolo di persona onesta e decisa che non
ha peli sulla lingua. Altrimenti se tu accarezzi o sfiori la mano non
dai granché, saluti. Lui non mi guardo negli occhi. Io mi ero
preparato solo a questo evento, lo famosa utopica stretta di mano
tra due professionisti. Cercai di guardare negli occhi perché
l’avevo letto in un libro che si deve guardare fisso negli occhi. Un
instante, mi sfioro la mano, volevo mandarlo a quel paese… ne
strinse la mano e ne guardò negli occhi. Brutto presentimento.
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Provai, poi, a lavorare con mio zio che ha una piccola impresa di
nel settore della depurazione delle acque reflue urbane… e lì fu
una delle prime prove che testarono la mia tenacità nel saper
rifiutare. Saper andare oltre.
Tutto sommato, avevo un decente lavoro con una piccola impresa
… ma non facevo l’ingegnere. Magari un altro si accontentava. Ma
non è questione di accontentarsi. Ora che sto scrivendo mica sono
uno che vive di rendita, niente affatto, ma sono libeoro. È
questione di stare sereni quando si fa un lavoro. Accontentarsi non
è sinonimo di soddisfazione. Non ero contento, ero insoddisfatto.
Mi accontento di scrivere un libro o di viaggiare senza un soldo in
giro per il mondo. Ma non mi accontento di accettare l’idea che
devo fare un lavoro che non mi piace ed in più è un lavoro che
potevo fare benissimo senza una straccio di pezzo di laurea in
ingegneria. Non ho accettato l’idea di lavorare in un ambiente
dove tutto è costituito, dove la tua laurea serve solo per dire mi
sono laureato in ingegneria civile. Punto e basta. Così dopo la
breve esperienza con mio zio e dopo aver ricevuto nessuna risposta
dalla Cimolai, la quale mi dava un contratto a tempo indeterminato
solo se volevo andare in Venezuela… ed io ovviamente declinai
per qull’offerta!! Perché devo andare in un posto sperduto del
mondo quando ci sono tanti lavori qui in Italia!!
Ed è cosi che iniziai ad rinviare e-mail. Tante tante e infiocchettate
con gli allegati più disperati. Mando invio, seleziono poi ctrl + c,
copio, e incollo, ctrl + v, preparo la lettera di presentazione
preparo il curriculum vitae e mando mando convinto di ottenere
risposta. Infatti non passa molto tempo e ricevo risposta.
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Esso
Ecco, appena laureato non passa poco che un mio amico-collega
mi dice se voglio andare presso l’esso S.p.A. … devono prendere
un ragazzo che faccia un numero da circo... Mi spiego meglio in
modo più formale, vogliono una persona che ottemperi alla
vigilanza, in termini di sicurezza del cantiere. Così, io gaio di
aprire qualsiasi porta che mi si presenta, vado con lo scopo di fare
curriculum. Vado, prendo il treno Lamezia Terme-Milano-Lecco.
Arrivo a Malgrate. Lì svolgo la mia mansione di vigilante. Mi sono
laureato per fare il vigilante!! Per fortuna che ho con me un paio di
libri. Infatti per tre settimane che ho trascorso in quel luogo mi
hanno dato la bellezza di 800 euro, ben guadagnati visto che mi
pagavano per leggere. Lì la sicurezza si faceva solo come
comparsa!!! La esso si doveva fare una bella immagine, questo
almeno ho intuito, quindi i tanti soldi che aveva li dove “spendere”
in quella maniera. Pagare mensilmente un minchione, come me,
per andare con il casco aprire il cantiere e chiudere il cantiere. Mi
sentivo inutile, ecco il riassunto di questa breve esperienza.
C’era alloggio compresa colazione. Per il vitto dovevo provvedere
da me. Di giorno andavo al supermercato e mi compravo le
mandorle e qualche pizzetta, a me piace la frutta secca in particolar
modo quella che sboccia per prima a primavera. Mi piace
mangiarle, le mandorle, perché la bocca mi si riempie di quel gusto
di legno fragile ed in più appena la ingoi ti sembra che non è mai
abbastanza, mandorle ed anche pistacchi. Sarei felice ovunque.
Ad esempio. Adesso che sto scrivendo sulla destra ho una bottiglia
di vino rosso (3 euro, supermercato) a sinistra un pacco di
mandorle sgusciate e un pacco di bistacchi, (costo complessivo
della frutta secca 4,50 euro). Fino a quando durano sono
pesantemente felice.
Lì a Malgrate mentre mangiavo seduto in disparte su una panchina,
ahi come sono belle le panchine, pensavo ai mezzi di trasporto,
Cosi senza nessun senso pensavo alla bellezza di una panca in
mezzo al verde e ringraziavo le macchine, le quali possono
trasportare pistacchi israeliani e mandorle Californiane. Certo
anche in Sicilia ci sono questi frutti, forse più buoni, ma la
concorrenza perfetta è anche questo.Se ci sono i pistacchi di
Bronte perché devo mangiare quelle provenienti dal libano!! Non
penso che sia giusto trasportare un prodotto identico da un capo
all’altro solo perché teoricamente costa di più o di meno. Magari
in quelo posto sfruttano i bambini, vengono sottopagati gli operai.
Magari... Non pensiamoci, l’importante è mangiare!!
Tutte le mattine mi alzavo presto, aprivo la finestra e cosa madre
natura mi dava in serbo per i miei occhi… il lago di Como… si
proprio lui, potevo vedere un ramo del lago di Como, non il ramo
famoso di Renzo e Lucia ma pur sempre un bel panorama. Cosi
facevo colazione e andavo ad aprire le danze nel cantiere Esso. Le
ora trascorrevano parlando con gli operai, i due terzi erano tutti
albanesi, alcuni avevano pure la mia età. Mi raccontavano le loro
storie ed io ascoltavo. Mi piace ascoltare la gente che è diversa da
me, che viene da lontano. Questo è sempre stato il mio cruccio:
ascoltare le persone che vengono da lontano, anche quelle stupide
che poi alla fine sono la maggior parte. Da piccolo mi piaceva
sentire come parlava il mio cugino che veniva dall’ Argentina, i
miei zii che sono stati in svizzera, mio nonno che è vissuto 27 anni
in un cantone tedesco, insomma mi piace aprire le orecchie. Fino
ad un certo limite, oltre il quale devo parlare io per dire che siamo
tutti cittadini di questo mondo che trottola stanco. A proposito di
Svizzera in quei giorni andai anche un fine settimana a Basilea
dove abitano i miei zii. Felici più di me della mia inaspettata visita.
Felice è dire poco, mi hanno offerto di tutto e di più e per finire in
bellezza mi hanno portato pure in un ristorante italiano a mangiare
tutto a base di pesce. Mi sa che solo in questo hanno peccato,
volevo dirgli io vengo dall’Italia, non voglio un ristorante italiano,
preferisco mangiare male ma gustare i formaggi e i cioccolati
svizzeri. Ma accettiamo il loro impegno, Grazie paese dei balocchi.
Bolzano. Convegno su casa clima
Mi chiamò anche un fisico che faceva esperimenti sperimentali
sulle case, sul loro cappotto, anche le case hanno un giubbino per
proteggersi dal freddo d’inverno e dal caldo d’estate (giubbotto di
lana). Vado anche lì, pago la giornata di CasaClima. Nei vari c’è
convegni, quello più interessante è stato ascoltare Reinhold
Messner che racconta di aver scalato l’Everest ma è caduto dalle
scale di casa sua. Divertente Lui, interessante la sua vita. In un
certo senso ho pensato.
– Lui sì che ha fatto quello che voleva fare, ha fatto sacrifici per
scalare, ma ha raggiunto la vetta, non si è fermato, continua a
scalare, sereno nel parlare delle sue scalate, persona di un
equilibrio stabile, grand’uomo, ispiratore, sembra un predicatore
sopra l’altare, forse le altitudini l’hanno portato a vedere il mondo
cosi piccolo e bello. Forse il mondo diviene bello se lo osservi
nella sua totalità, perché come lo descrive lui il nostro pianeta è
davvero bello. Non penso che abbia una grande immaginazione ma
vedere la terra dall’alto di una montagna è tutta un’altra cosa. La
mente poi sviluppa ciò che vede, vedendo lontano per conseguenza
divieni sereno e pacato, rilassato nel vivere la quotidianità –
E poi assisto ad una lezione di tale fisico, su come fare il cappotto
termico dell’edificio. Per lui mi trovavo a Bolzano. L’unico
problema è quanto mi darà per lo stipendio, se mi assume. Finito il
suo show didattico mi presento al suo cospetto, attendo che tutti gli
spettatori siano andati via. Lui sorridente come una uovo di pasqua
al cioccolato nero, mi dice che è contento di vedermi, verificata la
mia personalità mi dice che per lui vado bene, deve solo parlarne
con il suo team. Ok le dico, come Lei desidera attenderò la sua
risposta, ritorno in Calabria.
C’è un treno che fa Bozen - Reggio Calabria, anzi a dire il vero è,
od era Munchen - Reggio di Calabria. Treno di lungo tragitto, eh sì
dopo l’unità d’Italia i calabresi che prima non conoscevano
l’emigrazione, la conosceranno fino a risultare tra le prime regioni
della bell’Italia, grazie Unità d’Italia (inteso in questo senso). Mi
piaceva fare questi lunghi tragitti, mi piaceva davvero, senza
scherzi lo dico. Tramortito dal lungo viaggio arrivavo all’alba
asleep. Poveri miei genitori che mi aspettavano alla stazione più
grande della Calabria, Lamezia Terme, stazione che ha ben 6
binari, se non ero riconglionito quando li ho contati.
Quella mattina presto, io ero addormentato, loro zitti a rispettare le
mie idee di viaggiatore incallito, che non demorde per costruirsi un
futuro che soddisfi la sua mente. Comunque se arrivavo di mattina
presto alla stazione, poi a casa mi facevo una doccia e mi mettevo
nel letto stanco morto, e dormivo bene. Ahi come si dorme bene
quando si è stanchi morti, sembravo profumato di gelsomino e
rivestito di lenzuola di petali di rosa, nel letto di casa. Invece se
tornavo di notte, i miei cari sempre pronti ad aspettarmi alla
stazione. In quel caso rientrato a casa mangiavo un bel piattone di
cosa era avanzato per cena e dopo la immancabile doccia, dentro le
coperte di seta, questa era l’impressione che riceveva il mio tatto.
Quando dormo mi tolgo sempre la calzette perché la pianta dei mie
piedi deve sapere cosa toccano, non certo strofinano seta ma
questa era la mia impressione. L’importante è che la mente stia
bene, e questo i miei neuroni trasmettevano, palpare seta. Grazie
neuroni.
Passata una settimana mi dice che il team è propenso per un’altra
figura, va bene, andiamo avanti. Non so se il non volermi nel loro
gruppo è dovuto semplicemente al fatto che sono terrone e loro
tedeschi, non voglio pensare sempre al negativo dei risultati ma
alla fine non mi vollero, certo un trasportista (ingegnere dei
trasporti) che fa ricerca sulle rinnovabili non è proprio attinente,
non facciamo sempre i criticoni, non mi vollero perché ero un
pivello che si lancia sulle rinnovabili, non c’entra niente che io ero
del Sud e loro dell’ Austria, si proprio della Austria perché lì non
è la Padania, lì siamo quasi a Vienna. Scambiarli per austriaci o
tedeschi è lo stesso, per me, non per loro. Come scambiare un
siciliano con un calabrese, entrambi terroni sono!! Anche se ci
sono parecchie differenze tra queste due regioni ex colonie greche.
Ma ciò vale per chi guarda da dentro, da fuori siamo tutti un razza,
un pakistano o un indiano sono chiamati sempre pakistani da noi
italiani. Come una mia amica della ex repubblica cecaslovacchia.
Ci teneva a non confonderla se proveniva da repubblica ceca o
repubblica Slovacchia. Un'altra confusione che facevo era
Bucarest con Budapest. Ad una mia amica ungherese di Budapest
gli dicevo Bucarest, voleva mangiarmi!!
Ed cosi che per quel periodo la mia volontà di lanciarmi
professionalmente nel settore delle energie rinnovabili e nel
costruire sulla certificazione energetica svanisce, così su due piedi,
senza rammarico. Per l’occasione avevo pure comprato un bel
libro su come fare la certificazione energetica degli edifici, ma
dove vivo io, in Calabria non c’è spazio per queste pseudo
sensibilità. Non essendo un figlio di banchiere non potevo mica
aprirmi uno studio così su due piedi e fare l’ambientalista del
cavolo. Dove si vive per tirare la cinghia per arrivare a fine mese,
non c’è spazio a mascherarsi ecologisti. Invece in Lombardia sono
molto sensibili verso queste tematiche, peccato però che Milano
detiene il primato di città con il cielo più grigio della penisola.
Comunque avevo visto giusto, a distanza di pochi anni, il sistema
legislativo italiano emanerà ulteriori direttive “sensibili” che
obbligano ad essere verdi, sempre più verdi in tutti i sensi anche
quando il partafoglio è al verde.
Grazie energie pulite per avermi dato un’opportunità. È vero che
lasciare la strada vecchia per la nuova… e bla e bla. Ritorno sulla
mia strada a fare lo “stradino”, a fare quello per cui mi sono
laureato. Ancora avevo 24 anni, potevo rimettermi sulla
carreggiata. Potevo ancora cazzeggiare. Potevo ancora ribellarmi a
cosa mi proponevano, mica ero un padre di famiglia con tre o
quatto bocche da sfamare.
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Impresa palazzinara.
Ricevetti una e-mail. Anzi no fui chiamato da un imprenditore che
originario della Calabria lavora in Bozen. Cosi io ovviamente dissi
si!! Tra me pensai - voglio fare tutto quello che serve per non dire
– mi sono laureato per fare il vigilante!! Io ho sudato una laurea in
ingegneria e ora per forza di cose, devo fare quello per cui ho
lavorato. Comunque dall’altro capo del telefono, il capo
imprenditore mi dice – vieni e proviamo ti do vitto e alloggio e poi
parliamo dello stipendio - …
Giunto nella sede Srl che mi dava l’indispensabile, mi porta in
ufficio il grande capo dopo che mi ha preso alla stazione con il suo
super macchinone. Sono allibito di avere tale accoglienza, poco
formale e molto lussuosa. Era la prima volta che salivo in una
macchina così lunga e grossa. Ora che ci penso non sono mai salito
su una autovettura cosi grande. Il grande capo mi racconta la sua
storia imprenditoriale, in parte, e poi mi dice che serve un tecnico
nello studio. Stavano preparandosi per il trasloco nel nuovo
ufficio. A breve avrei avuto una stanza tutta per me, grandioso!!
Non avevo pronosticato tale fortuna… ed ora rimbocchiamoci le
mani, si lavora. Il giorno devo stare sull’attenti, sono tutti
geometri, io l’unico ingegnere, si parla l’italiano, si accenna
qualche parola in tedesco e qualcuna in più nel mio delitto, nel
nostro dialetto. Passano pochi giorni e già la voglia di partire era
pronta. Sabato e domenica li passai solo, solo come un cane a
girare per Bolzano, fredda e grigia. Ormai conosciuta. Mai amata,
il suo miscuglio di due popoli lontani culturalmente ma vicini
geograficamente non mi ispirò. Non mi piacque mangiare il loro
pane, anche dal cibo valuto la grandezza o la fantasia, l’allegria di
un popolo. La sera guardavo la televisione in una sorta di
scantinato adibito per gli ospiti, non c’erano le finestre, tutto era
sconvolgente, deprimente. Piangevo prima di dormire, senza un
perché.
Ricordo che una sera al telegiornale parlavano di un maestro di
schi che è stato arrestato perché aveva la licenza falsa. In calabria
queste sono fesserie. Si parla di cose più concrete, morti omicidi,
spaccio cocaina ecc. Tra me e me ridevo ma contemporaneamente
sapevo che era un riso beffardo. In parte invidiavo la loro cultura,
in parte. Dall’altra parte guardavo su in alto a vedere un po’ di
cielo azzurro.
Lacrime lievi ma pur sempre gocce d’acqua umana.
Passo una settimana giusta. Aspettavo una scusante, e la scusante
arrivò. Dovevo fare l’esame per l’abilitazione di ingegnere quindi
dovevo immediatamente rientrare, Questo avverbio lo evidenziai
per meglio recitare. Il principale ovviamente non si rammaricò ma
intuì che non sarei tornato, io dissi che sarei tornato dopo l’esame
di stato, ma lui da vecchio volpone lesse i miei occhi anziché il
mio labiale. Nemmeno il biglietto di ritorno mi pagò, pagai aller et
retour, ir e vuelta. Di questa breve esperienza ebbi solo una
soddisfazione golosa: si mangiava bene in un ristorantino gestito
da un baffone meridionale, andavo lì per pausa pranzo, veramente
delizioso. Per il resto imparai che è dura la vita post laurea più
della laurea stessa. Mentre tornavo in my town, dovetti fare
cambio a Roma. Il famoso treno Bolzano – Reggio Calabria non
c’era tutti i giorni o tutte le notti. Lì fui fulminato da una idea bella
e lucente che poche volte nella vita mi si scagliò. Tornare in
Calabria per crescere nella mia terra con in miei conterranei,
mostrare al mondo intero che la Calabria non è solo peperoncino
rosso di sangue mischiato con farina bianchissima colombiana!!!
Avevo bei propositi.
Comunque lì a Bolzano, ripeto, una settimana durai. Bel record per
dimostrare fiducia ad una impresa. Posso portare bandiera. IL
concetto è che io voglio navigare con i pensieri, non voglio essere
comandato, voglio che il datore di lavoro mi dica che vuole il
risultato, poi il metodo che utilizzo non me lo devo imporre, sono
io che devo applicare il mio metodo, ognuno ha il suo metodo e
quando non l’applica, si soffre, si entra nell’insoddisfazione.
Esperienza con impresa srl
Mi trovo a Firenze, bella la città del rinascimento. Sembra di stare
in una corte a porte spalancate. Mi trovo in questo posto perché
mio zio devo visionare un’ impianto di potabilizzazione
dell’acqua. Allora vediamo tale posto, interessante tecnicamente
parlando, dopo andiamo a vedere un impianto di depurazione delle
acque reflue urbane, questo sito a San Giovanni Valdarno.
Bell’impianto, profumata puzza di merda che proviene dalla
cittadella. Tutto sembra filare liscio ma a pranzo nel parlare con
l’impresa appaltatrice mi dice cosi su due piedi di lavorare con la
sua impresa. Cosi in due punti sono assunto, vado nel loro ufficio e
sono assunto. Assunto a tempo indeterminato, capite bene. Ora
arriverò alla pensione, avrò tutti i contributi pagati, capite bene,
siamo nell’Italia di inizio secolo, siamo nel 2008, crisi mondiale
ma non per me. Tutti si lamentano di non avere un contratto a
tempo indeterminato, io l’ho firmato!!! Certo se non fosse per mio
zio che era l’impresa subappaltatrice, non mi davano tale impiego,
in un certo senso sono stato raccomandato, o forse è meglio dire
sono stato assunto perché cosi l’impresa appaltatrice dormiva su
sette cuscini avendo il nipote del subappaltatore nella propria
impresa. Mio zio si sarebbe adoperato doppiamente per finire
l’opera a regola d’arte. Cosi gira l’Italia, raccomandazione diretta
o assunzioni per un doppio fine, alla mia impresa non interessava
se ero un ragazzo che ha viaggiato, che fece l’Erasmus a Lisbona,
che parla un po’ di francese o che non sa l’inglese. Non interessava
se ero laureato in ingegneria civile specializzato in trasporti,
seppur il loro portafoglio lavori è costruire infrastrutture. A loro
interessava che occorreva un preposto per quel cantiere ed io sono
il più qualificato perché hanno fatto un favore all’impresa
subappaltatrice. Di conseguenza essa deve restituire il favore
facendo non solo la sua opera ma anche qualcosa in più, dare
suggerimenti tecnici all’appaltatore… In quel periodo non durai
tanto, come è il mio solito. Fare il preposto, persona che vigila gli
operai per non farsi male, a rispettare i dettami del d.lgs. 81/08.
A distanza di due mesi dò le dimissioni, sono stanco di fare lavori
ripetitivi. Finché posso viaggiare voglio viaggiare. Sono un malato
di evasione, ovunque vado mi sembra di stare in prigione. Per
questo mi piace il film “Le ali della libertà”. Voglio andare a
Zihuatanejo!!! Ci andrò prima o poi, non immaginavo che sarei
capitato lì vicino. La vita riserva eccezionalità solo se noi
vogliamo che avvengano, prepariamo le basi per l’irregolarità
degli eventi. Non me ne fotte che ho un contratto a tempo
indeterminato se devo fare l’ingegnere che ubbidisce e non pensa,
che deve dire quello che vogliono sentire dire e fare quello che
vogliono fare loro, dò le dimissioni, non sono licenziato, sono io
che me ne vado. Non mi piace riverire e ringraziare a prescindere,
sono un po’ anarchico, sì lo ammetto. Addio.
Vado a Italferr
Vado a Milano sempre con infojobs e mi fanno un colloquio
preventivo, bel nome “colloquio preventivo”. A distanza di una
settimana mi dicono che mi vogliono vedere a Italferr, senza
passare dall’agenzia del lavoro. Mentre aspettavo sotto al
grattacielo mi compro pure un libro di T.S.Eliot, sai un modo
indiretto per imparare la lingua. Tuttavia capisco che non è cosi
che imparo la lingua. Passeranno mesi e non apprenderò tale
lingua. Ora sto scrivendo da Cipro…
Mi programmo cosa dire di bello, di convincente. Un bel colloquio
mi dicono se sono parente del Bova che lavora in Italferr, io avevo
notato l’insegna di un Giuseppe Bova a fianco della stanza dove
ebbi l’intervista di belle facciate. Ma dissi no, non è mio parente,
purtroppo; lo dissi con un sorriso a 360° dove mostravo anche le
gengive. Ed è cosi che dissero - Ing. Bova la ringrazio e le faremo
sapereLa faremo sapere. Già sentita, volevo dirgli ma andare a fare in
culo. Stetti zitto.
Grazie. Grazie Italferr che non credi in me. Hai fatto bene. Io
venivo a Milano perché avevo da fare a Milano… non certo perché
mi piaceva venire per lavoro. Il lavoro era il secondo fine!! Mi
piaceva poco questa città uggiosa e più plastificata di tutte quelle
che vidi e vedrò in giro per il mondo.
Incontro con Atm
Volevo andare a Milano perché mi dovevo vedere con una ragazza
ma visto che non avevo un lavoro mandavo cv soprattutto in
questo posto dove tutto ha un costo anche il respirare pm10. Allora
andai da un direttore tecnico, il quale era pure siciliano, ma anche
Lui non si convinse della mia volontà di restare a Milano per
lavoro. Fece bene. Io andavo per una milanese lì, forse dopo un
po’ mi sarei stufato, ma non so. Non ho provato. Comunque sta di
fatto che non mi presero all’Atm. La parte bella di questo
colloquio e che mi chiamarono un anno dopo che mi Laureai. Così
capii che seppur non rispondono all’e-mail tengono sempre in
serbo i curriculum vitae. Non era contento, perché in quel periodo
io volevo restare in quella nebulosa città, ma con il senno di poi è
stato meglio così, ho imparato a soffrire. A tirare avanti, a capire
che nessuno da niente senza pretendere qualcosa in cambio. Do ut
des. Compresi che tutti vogliono qualcosa e che anche nel lavoro
c’è una concorrenza spietata peggio di quella scolaresca
dell’università. Colleghi concorrenti ecco cosa sono gli ingegneri
che scorazzano negli studi. Atm facesti bene a non prendermi,
forse con te sarei rimasto ma in tal caso non sarei qui a raccontare
le mie peripezie. Le mie avventure in giro per l’Italia prima e per il
mondo poi.
Punto lavoro
Invio e-mail, quante non lo so cinquanta al giorno minimo… e poi
qualcuno mi risponde, mi dice se parlo inglese ed io dico certo che
non lo parlo bene… sono in Italia, ma parlo un po’ di francese.
Non interessa. Va bene dico e continuo ad inviare. Così mi
chiamano i più disperati. Tutti, mi chiama anche un rumeno che ha
una impresa edile a Vicenza, nemmeno sapevo che gli avevo
inviato l’e-mail. Va bene andiamo avanti e mi chiama anche una
ragazza per fare un colloquio a Milano per fare il caddista per una
industria. Così su due piedi fissiamo la data del colloquio. Io bello
come un fiore di marzo giungo a destinazione, dopo 14 ore di
treno, stanco morto, mi presento con già la scazzatura di fare il
sorrisino del cavolo e di rispondere al copione già scritto in fretta.
Appena vedo la ragazza di risorse umane che poteva avere i miei
anni se non più giovane, mi tranquillizzo, quasi a dirgli andiamo a
prenderci un caffè al bar, ti offro anche lo zucchero. Ma non dissi
ciò risposi garbatamente alle sue stupide domande e ad ogni sua
frase finale accennavo un sorriso composto… conclusi dicendo spero di essere assunto- Lei sorrise. Nella mente volevo dirgli di
andare a farsi fottere lei ed il suo lavoro del cavolo. Sono andato
all’università per fare il caddista di tappi per bottiglie. Certo la
colpa è solo mia, ma in quel periodo dove la crisi economica si
scorgeva pure dalle tasche bucate dei miei jeans non potevo non
andare. Il ritorno in treno lo feci in uno scompartimento, ero solo,
sei posti tutti per me, allora lessi come sempre qualcosa e poi mi
venne il sonno. Dormì come un ghiro perché ero stanco, una
mummia trasportata da una locomotiva che viaggia per
raggiungere l’alba del meridione. Altro giro altro girone, a mani
vuote.
Ogni viaggio l’ho dovuto pagare di tasca mia. Non offrivano
nemmeno un caffè.
A distanza di una settimana la signorina mi invio una e-mail di
esito negativo. Ringraziai il cielo che non mi vollero perché forse
avrei avuto anche il coraggio di fare disegni di tappi per bottiglie.
Con tutto il rispetto per chi lo fa, ma io scalmanato e movimentato
come sono, stare in quattro mura, con orari fissi a fare l’impiegato,
a modellare tappi!! Non fa per la mia indole di vagabondo
viaggiatore. Grazie signorina per esserti rammaricata. Devo dire
che mi ha inviato una e-mail alquanto tenera tuttavia poteva darmi
almeno un bacio. Giusto per premiare la mia testardaggine nel
cercare di fare il disegnatore di tappi.
Lugano
Siccome sono un tipo che guarda lontano, vedevo che l’unico
modo per fare qualche soldo era andare all’estero. Naturalmente
per un italiano che non parla bene l’inglese l’unico modo per
emergere in un paese diverso e differente dall’Italia è niente poco
di meno che la Svizzera, eh si proprio il paese dei cioccolati e degli
orologi. Bella soddisfazione andare in Svizzera. Mi piace proprio
questo paese, da vedere e imparare. Certo sono freddi, altro che i
milanesi. Pensate al gelato ghiacciato, ecco 10 volte tanto. Ma
devo dare un però, è vero che sono freddi ma è anche vero che
sono super efficienti, forse per questo che sono dei ghiaccioli, in
fondo non devi chiedere per avere, tutto ti aspetta per tuo diritto;
non si confonde il diritto con il favore. Magari un giorno morirai di
depressione perché tutto è calcolato e servito ma certo non puoi
dire di essere stato sfruttato. Nello stivale succede di essere
sfruttato anche quando pensi di sfruttare lo stato. Comunque
appena arrivai lì mi vennero pure a prendermi alla stazione, mi
aspettava un tizio con il macchinone, anche questo super elegante
ma tacito nell’ attendere. Mi fece uno squillo è capì che ero io il
suo probabile nuovo collaboratore. MI interrogarono, sembravo di
stare in caserma, io un bandito loro diffidenti poliziotti elvetici.
Penso che al massimo fecero un sorriso per il resto mi chiesero le
cose più banali, pochi colloqui feci cosi poco stimolanti dal punto
di vista umano. Ancora erano i primi colloqui quindi non avevo
quella dimestichezza data da chi ha una certa esperienza nel settore
risorse umane. Penso che potrei avere un Guinness dei primati per
il numero dei colloqui fatti.
Quel mese freddo d’inverno ebbi due esperienze. La prima che mi
piacque Lugano, seppure ero lì da poche ore, la seconda è che gli
ingegneri a Lugano fanno gli ingegneri. Non si adattano a fare
altro.
A presto montagne verdi.
Lugano
A distanza di una settimana mi chiamano sul cellulare spento, vidi
il numero con prefisso non italiano, chiamo in men che non si dica
e dall’altro capo della montagna alpina risponde un ingegnere.
Dice di essere l’ing. Capo. Mi chiama il capo Minchia!! Si minchia
mi chiama per darmi la cattiva notizia che hanno preferito un altro
al posto mio, con più credenziali. Volevo dirgli ma non volevate
un neolaureato!! Con questa ardua sentenza potevate risparmiarvi
di chiamare. Non mi lamento vado avanti, ingoio il rospo e vado
avanti, a presto grandi capoccioni. Ipocriti. Opportunisti. Egoisti.
Sfruttate l’Africa. Rubate i diamanti dell’africa nera. Mi sfogo un
poco, è giusto. Il destino volle che non passa nemmeno una
settimana e mi chiamano sempre dalla Svizzera, sempre dal canton
Ticino, sempre da Lugano, Bingo. Pino Associati. Uno studio
associato che poi vado a vedere su google maps che è ubicato a
100 metri dallo studio in cui feci il colloquio. Ok rispondo certo
che vengo lì da voi. Ora sono a Milano, dico, invece stavo sempre
in Calabria. Avevo preso dimestichezza nell’inviare cv,
nell’inventare storie professionali. Quando erano posti del nord
Italia inviavo cv con Domicilio a Milano (appartamento di un
cugino di mio padre) per il centro e sud Italia mettevo come
domicilio Roma (appartamento dove abita mia zia). Soprattutto al
Nord valutavano il mio domicilio. Sebbene quelli del nord hanno
depredato il mio Sud, ogni volta dovevo giustificare
implicitamente le mie sventure geografiche, se sono nato in
Calabria non ci posso fare niente, dicevo io il traditore. A Roma
constaterò che sono sì più provinciali ma per niente razzisti, al
nord ho già constato il contrario. Professionali ma stupidi, quasi
logorroici nel mostrare le loro plasticità effimere.
Comunque anche qui il colloquio si svolge dall’alto in basso. Io
terrone basso lui europeo che non vuole stare in Europa, alto.
Parliamo di tutto, anche di politica, di Craxi, alla fine visto che non
ho peli sulla lingua parlo pure delle mazzette che ci sono al Sud e
Lui faccia da angelo fa pure facciate di meraviglia come se dicesse
a qualcuno – udite udite- Ma vai a fare in culo (pensavo nella mia
mente). Tutta questa onesta facciata è dovuta al tuo sporco tenore
di vita o al tuo modo puritano di fare progettazione. Immacolato.
Poi venni a sapere che la svizzera deteneva in banca i soldi di ex
dittatori africani ed argentini. Ma va là, blasfemi! Ipocriti!!
Anche questo sfumo. Peggio del precedente. Faccia di santo mi
disse - chiamami mercoledì prossimo e di dirò se potrai anche tu
giovare del paradiso chiamato Svizzera-. Chiamai e mi dissero
resta nell’inferno caldo della Calabria, dove spira il vento scirocco
e dove si vede lo Stromboli sullo sfondo.
Altro colloquio, ovviamente. Altrimenti non scrivevo questo libro
se non si trattava di colloqui. Ma interno ad essi per due tre anni di
è dissipata una po’ di mia giovinezza. Visto che negli anni
dell’università ho coglioneggiato parecchio per permettermi ora di
andare su è giù per l’Italia a trovare un mezzo lavoro. Un lavoro
mezzo gratificante!! Brescia fv Appena ero a Lugano e stavo
tornando in treno mi chiamano dall’Italia. Precisamente mi
chiamarono da Brescia, un paesino dove era pieno di russe. Ora
non ricordo proprio il nome. Succede spesso, quando una cosa non
ti interessa. Ritorniamo a noi. Mentre ero in treno mi chiama
questo qui che non so nemmeno come si chiama e mi dice se
voglio fare un colloquio nel loro studio perché hanno in palio varie
commesse da fare. Ok dico, sempre ok dico. Poi come va va. Dico
subito perché sto ora tornando dalla svizzera, ero andato a salutare
una mia zia. – ok ingegnere Bova come Lei vuole ci vediamo nel
nostro studio, anzi vengo a prenderti alla stazione visto che per
l’ora che arriva non ci sono mezzi per portarle qui da noi – Ok
signor … ed è cosi che vado pure nel loro posto. Mi aspetta alla
stazione un ragazzetto viziato che mi raggiunge con il macchinone
e lungo il tragitto mi parla delle sue avventure amorose – fra me
penso – è a me che me ne può fottere di con chi vai a scopare!! Voglio fare velocemente sto cavolo di colloquio altrimenti perdo il
treno per il rientro nella mia terra. Cosi non passa molto che
aspetto sto benedetto di proprietario, il quale molto garbatamente
mi espone la sua ricerca e mi racconta vari aneddoti sulla
Germania, evidenziando che lì sanno lavorare bene, in gruppo ecc
ecc e bla e bla. Qui in Italia siamo individualisti ed egoisti, e tra
colleghi ci facciamo le marachelle e bla bla. Comunque era un tipo
gentilissimo. Mi chiede anche come ritorno a casa, ed io menziono
il concetto che non ho macchina e torno come sono venuto. Oh
esclama, non volevo farti venire in tali condizioni – Non si
preoccupi sono abituato a viaggiare in treno, è la mia passione
futuristica!!! MI racconta della sua infanzia di emigrante che
facendo la gavetta e spola tra la puglia e francoforte ora è riuscito
ad avere piccole importanti soddisfazioni professionali e personali.
Bravo le dico, ormai non so come si comporterà, se mi prendera
nel suo organico. Visto che vogliono stabilirsi anche a Roma le
parlo di mio cugino che è ing. Meccanico - ah ok si mi faccia
avere le sue credenziali, le faremo anche a lui un colloquio… non
si fece sentire ne per me ne per mio cugino.
os
Colombo costruzioni Un bel giorno mentre mangiavo da mia zia a
Roma, mi squilla il cell.- Parlo con l’ing. Bova Antonio-. Si. -Ho
ricevuto il curriculum vitae tempo fa. Ci piacerebbe fare un
colloquio. È disponibile, non sta lavorando-. Siiii dico. Certo che
sono disponibile. Mi può inviare una e-mail per sapere data e
luogo dove effettuare il colloquio. Grazie. Certamente ingegnere le
faremo avere il necessario. Buona giornata. Buona giornata anche
a Lei. Così scendo in Calabria e a distanza di pochi giorni posso
avere un altro biglietto gratis da Trenitalia. Siccome sono uno che
viaggia troppo in seconda classe, freccia Sud, faccia da schiaffi
questi mi possono solo regalare biglietti notturni per Roma o
Milano, espressi. Giustamente allora parto, per ritornare dopo.
Arrivo alla stazione centrale. Sono come sempre… Stanchissimo e
rincoglionito. Questa volta di parecchio rincoglionito. Grazie
Trenitalia per regalarmi i treni lunga percorrenza. Mi direziono per
la stazione Garibaldi, il nome non mi piace. Cerco il cantiere, in
sostanza è proprio di fronte la stazione, devono fare un grattacielo,
invece di fare parchi fanno palazzi sempre più ombrosi. Do la mia
carta d’identità al tipo che sta all’entrata, il vigilante. Ancora lo
ricordo. Che mente strana ricordo persone che non hanno fatto
niente per me e dimentico magari persone importanti per il mio
vissuto. Comunque, mi fanno entrare ed entro nel box dove c’è un
ingegnere con i baffoni. Un nordico del cavolo che mi guarda dai
piedi alla testa, come se avessi la lebbre. Fanculo penso. Avrei
tanto voluto dirglielo a questo qui. Testa di cazzo. Ma lasciamo
perdere dai Antonio facciamo ciò che sappiamo fare di meglio.
Recitare. Recitare le credenziali che non hai. Parliamo un po’,
insiste per sapere se vivo a Milano se vivo qui dove vivo. Mi fa
trabocchetti del cacchio, per capire se conosco sta fottuta città.
Alla fine dico che ho messo il domicilio del cugino di mio padre
anzi no invento che è un fratello di mia madre. Dopo un po’ lascia
passare il fatto della residenza e mi fa capire cosa cercano. Mi fa
un paio di domande tecniche. Mi mostro un progetto dove c’è una
distinta di ferri. Ci penso un po’, sono rincoglionito gli volevo dire
ho appena fatto 14 ore di volo in treno freccia del sud. Ma
indovino, se è giusto il termine indovinare. Esatto mi dice e
sorride. Sorriditi sta beata minchia pensavo tra me e me, stupido
buffone. Impara a vestirti. Le faremo sapere. Pochè volte ho odiato
ma quella volta volevo buttargli un bel ceffone e avrei voluto
essere Einstein che gli spiega la relatività, ma non potevo ero
troppo alle strette per poter svanire una possibilità lavorativa anche
se era un lavoro del cavolo. “Sorvegliare” che i ferri prima dei
getti di calcestruzzo fossero secondo progetto. Mi sono laureato
per controllare la distinta dei ferri di 15 piani!!! Non di certo ho
preso la laurea per avere più tempo libero. Una volta un mio prof.
Mi disse proprio questo: la più grande ricchezza è il tempo libero.
Aveva, ha ragione. Per questo ho fatto la tesi con questo prof.
Vallo a spiegare a questo ing. Con i baffetti alla Hitler che non c’è
solo la sfera dentro la quale non esce più!!
Bologna urbanistica Ritornando al professore di urbanistica con il
quale feci la tesi, sia per la triennale che per la specialistica. Grazie
ai suoi stimoli ebbi il coraggio di fare l’erasmus pur non avendo un
euro bucato. Ma feci l’erasmus e non me ne pentì. Grazie per
avermi raccontato C’era una volta in America in una lezione di
novembre. Grazie perché in quel giorno capì che la vita non è
ingegneria, la vita è un posto dove facciamo tutti i giorni delle
scelte e tutti i giorni rischiamo qualcosa. Ma quello che si mette in
gioco serve per sperare di vedere l’indomani più splendido di
come si è visto il giorno prima. Ebbi questa folgorazione, ogni
tanto mi prende, mi ricordo che disse – “Chi di voi, in aula si
intende, si è visto C’era una volta in America”. Su 100 studenti
solo tre alzarono la mano. Noi ingegneri facciamo pena. Siete delle
chiaviche disse. Aveva ragione anche se pure lui si dimostrerà un
vecchio volpone, ma quel dannatissimo giorno aveva ragione. Da
quel giorno io cambiai stile di vita, piano piano ma cambiai. Come
cambia il tempo di marzo, io feci lo stesso. Evirai verso una luce
più lieve ma più interessante da scrutare. Imparai ad apprezzare la
gente comune, cercai di gustare il cibo, di non scottarmi. Vomitai
le mie abitudini e mi diedi completamente al caso, nei limiti. Diedi
tutti gli esami ma ogni sera prima di addormentarmi, se il corpo lo
consentiva, leggevo letteratura o vedevo film non di ingegneri.
Tutto sommato sono stato ben educato. Ho imparato a viaggiare,
grazie a Lui. O meglio, lui è stato colui che ha spinto un carro su
una cima. Quel carro era il mio istinto che aspettava da tanto
tempo una spinta, troppo. Poi andai nel burrone ma seppi trovare
sempre una strada di uscita, di salvezza. Allora per farla breve, a
me l’urbanistica è sempre piaciuta ecco perché scelsi questo prof.
Per fare la tesi, non solo per il fatto che lui andò in Irlanda quando
ancora non ci andava nessuno e ci disse che in una fattoria gustò la
più buona colazione della sua vita. E raccontò anche della
macchina noleggiata dove i tergicristalli si ruppero per via della
troppa pioggia. Belle cose descrisse dei viaggi, ma poi divenne
ripetitivo. Capì che il viaggio non va raccontato ma va fatto, è
bisogna stare sempre in viaggio anche da fermi, non scherzo lo
dico veramente. Anche andare a fare due passi è un viaggio.
Vedere una bambino che tira due calci ad un pallone consumato o
ascoltare le lamentele di una vecchia è un trasporto. Per essere
trasportati basta tenere da parte la logica e le preoccupazioni
quotidiane. Ci furono anche lati negativi di tale incontro visionario
con il prof. per colpa sua credetti che potevo cambiare la Calabria.
Posso cambiare me stesso, cosi cambio la Calabria ed il mondo
intero. Questo lo capirò dopo. Ridarle il suo splendore prima
dell’Unità d’Italia. Certo per quello che mi competeva e per le mie
capacità. Infatti studiai programmazione comunitaria, come
recepire i fondi strutturali stanziati dalla comunità Europea per
diminuire il divario socio-economico tra le regione del Sud e
quelle del Nord. Poi venni a intuire che è tutto un magna magna.
Tutti pensano all’uovo oggi anziché avere un bel pollo ruspante e
biologico per tutti!!! Ed infatti stanno ancora a mangiare uova
marce ma pensano che stanno bene, non sanno che un bel tumore
non ha confini amministrativi.
Torniamo al colloquio svoltosi a Bologna. Andai ad un annuncio
che cercava personale da formare proprio per redigere questi fondi
comunitari. Andai Convinto. Portai con me anche la mia Tesi.
Pesante. Nemmeno la guardano. Prima fecero un colloquio
generale a noi tutti, poi singolarmente. Seppi tutte le domande di
urbanistica. Ah dimenticavo mi piaceva tale materia perché in
fondo è un riflesso della mia più amata materia… la geografia.
Questo l’avevo già detto. Ma quando una cosa mi piace, la ripeto.
Alla scuola media ero il più bravo. La maestra diceva che vivevo
di rendita… mi piaceva tanto conoscere il nome dei laghi e delle
città e questa voglia di conoscere le coordinate è sempre rimasta.
Anche quando andai a Dublino, i miei amici sapevano l’inglese io
sapevo riportali a casa dopo un giro di birre in un pub dublinese,
seppur sbronzi tutti, io ero l’unico a ricordare la via maestra.
Comunque anche qui la responsabile risorse umane mi tenne più di
un’ora. Parlammo di tutto, le piaceva parlare con me. Ed a me
piaceva la sua capigliatura. La sua capigliatura… nemmeno fosse
una cavalla!! …non ne volle sapere il suo capo ad assumermi.
Quel giorno conobbi un ragazzo che come come aveva fatto
l’erasmus a Lisbona, bei racconti erasmussiani. Il rientro è stato
forte. Chi trovo alla stazione niente poco di meno che un mio
compaesano. Che coincidenza!! Il caso non esiste dice Borges. Era
a Bologna perché ha la fidanzata che lavora lì. Avemmo uno
scompartimento tutto nostro, di mercoledì non scende nessuno al
Sud. Tutti lavorano, Parlammo solo per circa 10 minuti. La mattina
seguete arrivati a Lamezia Terme mi disse – Antonio io parlavo
ma vidi che non mi rispondevi, crollasti dal sonno- eh si sono
crollato. Ero andato convinto di fare un qualcosa di bello, nel quale
credevo fermamente ed invece non interessava niente delle mie
capacità deduttive e della mia cultura urbanistica per recepire e
redirne i documenti finanziabili. Addio comunità Europea. Addio
Bologna. Addio mie peculiarità innate nel fare urbanistica.
Vito Bova cugino
Essendo italiano ricorro alla forma più classica per poter fare
carriera o quanto meno trovare un lavoro. Mi spiego meglio. Un
cugino di mio padre lavora in un’impresa di costruzioni a Roma.
Mi offre un lavoro consono alla mia laurea proprio perché sa che
stanno cercando nuovi tecnici. Allora come sempre colgo la palla
al balzo, mi precipito a Roma, nella capitale d’Italia che per me è
del mondo. Si proprio Roma. Se consideriamo solo il centro
storico posso dire con fermezza che questa non è una città. Lei è la
metropoli del passato che si permette il lusso di poter avere due
linee metropolitane (prossimamente tre). Non divaghiamo, lo so
che no interessa Roma descritta da un disoccupato che passa il
temp facendo interviste. Va bene, all right. Okay spiego meglio
un’altra mia disavventura. Vado senza nemmeno avvertire Vito il
cugino di mio padre. Vado direttamente dal suo datore d lavoro.
Convinto di fare un semplice colloquio formale poiché alla riuscita
dell’assunzione ci aveva già pensato Vito il cugino di mio padre.
Così io vado. Sicuro, audace e fermo. Convinto di portare a casa
un contratto, magari a tempo indeterminato. Allora mi presento, un
po’ vergognato della situazione di raccomandato, per me era la
prima di portare tale fatturato. Eh si non mi hanno mai
raccomandato, da adolescente non tolleravo tale escamotage
mentre all’università l’avrei tanto desiderato. Ma ora che dovevo
pagare a fine mese l’assicurazione della macchina appena
comprata. Ho comprato pochi mesi prima di questi colloqui
descritti una new mazda 2, bella macchina ma è stata la mia più
grande cazzata economica che ho fatto nella mia vita. Io
instancabile viaggiatore che si è fatto il tour de le France in 12
giorni con l’inter-rail… amante dei treni e degli autobus,
sostenitore del trasporto collettivo a discapito di quello
individuale… mi comprai una macchina. Fesso fui, e al verde
restai in poco tempo. Quindi fatta la cazzata dovevo rimediare, non
potevo chiedere money alla mia famiglia anche perché nemmeno
aveva soldi per pagare la sua di macchina. Allora, ritorniamo a noi,
mi trovo in questo cavolo di studio, la storia mi sembra un déjà vu,
ho visto questo scena da qualche parte. Boh non mi ricordo dove!!
Entro, mi danno del lei! Non c’è ne bisogno gli dico!! Nel
frattempo iniziano a discutere mentre aspettiamo il principale. Mi
prendono alla sprovvista. Mi chiedono cose che non so. Mi
meraviglio, pensavo che fosse un colloquio formale, invece
capisco, troppo tardi, che è un tranello. Prenderanno si un
raccomandato, ma non me!! Evidentemente l’altro raccomandato
era portato da una persona che sta più in altro nella struttura
gerarchica. Oh cavolo! Non me ne va nessuna bene! Non è
possibile nemmeno da raccomandato riesco a trovare lavoro!!
Penso di essere l’unico Italiano che no trova il lavoro nemmeno
con la raccomdanzione. Pensa ora hai concorrenti anche da
raccomandato!! Mi dispero e si questa volta mi dispero.
Soprattutto quando torno a casa mia, in Calabria, nel raccontarlo a
mio padre, noto con dispiacere che si commuove, si rattristisce.
Mi dispiace ma che colpa io ne ho se questa cavolo di Italia non è
capace di dare un lavoro modesto ad un tipo modesto come me.
Senza modestia. Mi dispiace madre ma io non voglio lavorare al
Sud. Io voglio tornare al sud una volta che ho imparato dal mondo.
Qui mi viene in mente la frase di Renzo Piano…
Frase di Renzo Piano
Ancora è troppo presto non capisco niente di niente. Ne di
amministrativo, tecnico, commerciale. Ok.
Data la mia
cocciutaggine, tipica di quelli della mia regione, proseguo avanti
per la mia strada. Ok ho detto okay. Io non mi anniento, non faccio
quello che non mi piace fare anche per una questione di principio.
Non ho perso 5 anni della mia vita per prendere un cazzo di pezzo
di carta e poi andare a fare il manovale con mio padre. Io mi sono
sudato la laurea in ingegneria e quindi seppur prende meno di un
apprendista muratore voglio fare il tecnico, se poi si tratta di
grandi imprese di costruzioni, ancora meglio. Va bene io fino a
quando non sarò in rosso con il conto in banca sarò testardo,
convinto deciso di fare il giusto. Infatti iniziavo a scrutare l’idea di
poter lavorare in una grande impresa però pensavo ma se non mi
prendono in quelle piccole figuriamoci in quella grande. Certo che
c’è la crisi mondiale ma non poter lavorare è un diritto di tutti i
cittadini italiani se no sbaglio lo dice la costituzione!!! Allora è
vero che va rivista. Ai posteri ardua sentenza nel frattempo io mi
fermo a pensare come trovare soluzione per ottenere un contratto a
tempo indeterminato.
Master selezione Eureka ho travato. Nessuno investe per formare
dobbiamo noi investire per formare, cioè pagare per fare un master
ad esempio. Infatti su questa strada sono giunto. Devo informarmi
e formami. MI devo riempire la bocca di belle parole conscio di
quello che dico, anche delle cazzate che vogliono sentire quelle
delle risorse umane. Ad esempio, poi compresi che bastava che
dicessi crono programmi, inserimento di voci di costo. Redazione
di computi metrici estimativi, o sapere la differenza tra un direttore
dei lavori ed un direttore tecnico di cantiere, o sapere la differenza
che c’è tra ricavo e profitto. Insomma piccoli accorgimenti che in
quei 20 minuti di colloquio sarei passato, accettato. Allora riceve
tante informazioni su i master da attivare ma solo uno mi ispira
realmente. È il master ingegneri d’impresa. Tale master costava la
bellezza di 7000 euro circa. Troppi per uno che non ha un lavoro
ed è figlio di un muratore ed di una casalinga. Ora in più devo
pagare l’assicurazione a vita, 80 euro al mese. Io che non me ne
frega delle garanzia economiche mi son fatto l’assicurazione…
volete sapere perché? Ve lo dico io perché!! Mio cugino è un
assicuratore e no dico di quale perché non faccio pubblicità a
nessuna banca e a nessuna compagnia d’assicurazione, non le
tollero sono i primi ladri… per giunta legalizzati. Al diavolo loro e
il sistema che hanno creato e le leggi che vogliono fare per
intascarsi i soldi. Ad esempio, il boom che c’è ora sulle energie
rinnovabili è un modo per incentivare i clienti senza soldi a farsi
l’impiantino ma per farlo occorrono finanziamenti ed allora che mi
incazzo con il sistema… ma andiamo avanti. Stavo per dire,
dicevo proprio questo master interessante perché io sono figlio di
muratore, sono nato nelle imprese, ho impalato il cemento che poi
non si chiama cosi ma calcestruzzo. Io sono uno di cantiere quindi
questo master fa per me. Per fortuna c’è la regione Calabria che
finanzia tutti i master, cosi mi dicevano. Io uno sventurato come
me può fare il master solo con l’aiuto della regione. Grazie regione
che poi te ne sei fottuta egregiamente di me. Fanculo tu e tutti i
burocrati che tieni dentro. Io che volevo in qualche modo produrre
in Calabria. Il fatto è che non mi hanno finanziato il master, capite
bene ragazzi. Ho dovuto decidere di andare all’estero per poter
finanziarmi il master… non sto qui a raccontare l’anno di
tribolazioni che ho dovuto penare per potermi pagare quei 7000
mila euro che mi hanno fatto girare per il mondo. Cosi è stato, ed
io no ne ho colpa se sono un tipo che vuole viaggiare e non accetta
compromessi ora racconterò più nel dettaglio cosa effettivamente
mi avvenne. Sappiate che il bello della vita è quando si piange e si
soffre perché no ce ne rendiamo conto ma in quei momenti no
viviamo lottiamo, non pensiamo ai problemi quotidiani. E la notte
andiamo a dormire stanchi morti. Non dico che si deve soffrire,
non fraintendete, dico semplicemente che io non sono superman
ma no sono nemmeno uno stupido. Sicuramte per le persone
normali sono ritenuto anormale. Sono un pazzo, un pazzo per
essere andato all’estero o un pazzo per aver lasciato l’estero. Non
dico agli altri di fare come me. Dico che conviene sempre
rischiare, certo con i piedi per terra, commisurare tutto ma alla fine
buttarsi. Giocare la partita. Ed allora mi metto in moto. Anzi in
treno. Vado a Catania. Tra una edizione a roma e quella sicula,
preferisco andare dove costa di meno la vita e dove inizia prima il
Master… Partimmo un lunedì in direzione sud… Certo io che
dalla Calabria parto verso Sud si può pensare che vado in africa…
non ci sbaglieremo il fine poi risulterà quello. Ahi come è bello il
destino quando non lo conosci, una serie di eventi mi porteranno
proprio dove non immaginavo. Ora che ci penso seriamente io in
quei giorni di decisione ero in estasi per un viaggio destinazione
sconosciuta, misteriosa. Fare viaggi è un conto ma prendere una
decisione cosi importante, non è da fare con superficialità. Allora
partì per attraversare lo stretto di Messina. Andai a Catania. Felice
ma povero. Non avevo un soldo in tasca ed andavo a pagare un
master che non sapevo con certezza che la regione Calabria mi
avrebbe finanziato!!! Infatti non la me la pagò poiché il mio master
non era un Master universitario… Sono cocciuto, lo sapevo ma
tonto al tal punto di accollarmi tale spesa non lo pensavo. Feci un
mese convinto che la regione Calabria finanziasse ma quando
seppi con certezza che non mi manteneva in questo master non
universitario. Fui Costretto a dirlo alla tipa che con tante charme
francese mi disse – Bova ed ora me lo dici che non puoi pagare il
master – dottoressa (volevo dirgli … di questa beata minchia!!) io
ve l’avevo detto che c’era questo problema da risolvere e non
aggiunsi altro. Volevo mandarla a fanculo, anche Lei. Per fortuna
che insieme a Lei c’era una mia compaesana calabrese che era
verso di me non contro di me. La ringrazio, convinse la capo di
farmi continuare il corso. Feci altri due mesi e prima di partire per
fare lo stage dovetti firmare un contratto che non appena
terminassi il periodo di prova con l’impresa avrei dovuto pagare
quei sette bigliettoni in 6 rate mensili. Grazie compaesana. Ah
dimenticavo dove volevo andare. Prima di dire dove andai dico
come feci il colloquio. Lo feci a Catania con uno che è un tutto
fare di questa impresa che sta tra roma e milano è per quel periodo
aveva solo un lavoro all’estero. Il tipo che in quel colloquio lo
convinsi a prendermi nella sua rosa…. Si ammaliò delle mie
potenzialità visto che gli dissi che facevo il mediano. Prima di fare
il colloquio avevo seguito le sue lezioni molto interessanti. Era un
classista maschilista, quindi per me era facile recitare la parte che
voleva ascoltare. Gli dissi che volevo andare ovunque pur di
imparare velocemente quel mestire. Gli dissi anche che sono uno
di cantiere, umile essendo figlio di muratore e guardo
spietatamente gli obiettivi. Ripeti più volte l’importanza del senso
di squadra e sacrificare tutto pur di vincere. Tante belle cose dissi
per riempirgli le orecchie di musica per il suo senso uditivo. Si
convinse e mi disse – Bova lei può andare in Marocco, si troverà
bene. ALLA FINE GLI DISSI QUELLO CHE VOLEVA
SENTIRE MA QUELLO CHE IN REALTà ERO. UN MEDIANO
CHE GIOCA PER LA SQUADRA. NIENTE DI Più. CHISSA
QUALE IDEA SI SARà FATTO SUL MIO CONTO. AH
DIMENTICAVO APPENA MI DIEDE L’OK SALUTAI TUTTI
E APPENA CHIUSO IL PORTONE DELL’UFFICIO CORSI
PER LE STRADE DI CATANIA COME UN MATTO, UN
VERO FOLLE PAZZO CHE ERA FELICE DI CORRERE E DI
NON DOVERE CHIEDERE Più LAVORo A NESSUNO.
ORMAI ERO DECISO DI CAMBIARE STRADA, VITA.
TROPPE DELUSIONI DI LAVORO, DI TUTTO. IL MAROCCO
MI
ASPETTAVA.
INTANTO
LA
MIA
TESTA
FANTASTICHIVA, DOVEVO IMPARARE BENE IL
FRANCESE, IMPARARE COME STARE IN UN POSTO
DESERTICO COME IL MAROCO. IMPARARE TANTE COSE,
TROPPE. VEDREMO.
Claudio salini Biglietto di sola andata per il marocco. Grande
evento. Chiamo la tipa da casa mia. Ancora ricordo i raggi che
entrano dentro casa mia. Sono le cinque del pomeriggio. La
signorina che dalla bella voce mi dice – non si preoccupi
provvederemo tutto noi - si troverà come a casa sua.- Beh penso
tra a me e me la faccia me la sono lavata stamattina. Certo che non
vado in afganistahan. Ma nemmeno a Roma. Comunque senza
pensarci su mi ripasso il mio francese pressoché scadente,
dilettante. Lamezia terme- Roma- Casablanca- Oujda. Bel viaggio.
Sono ansioso, sono timoroso. Lamezia terme- Roma è un viaggio
di suspense mentre nel tragitto Roma-Casablanca inizio a
comprendere la grande cazzata fatta. Inizio a capire che ora non è
più uno scherzo. Ahi quanti ricordi passano per la testa,
innumerevoli. Sconcertanti flash back della mia vita passata tra i
quattro
muri
del
mio
paese.
Sono
pauroso
ma
contemporaneamente questa paura di valicare la frontiera mi attira
come il miele per l’orso. Ho voglia di rischiare. Ed ora sono nel
pieno della scelta. Lo capisco non quando arrivo a Casablanca che
grosso modo è occidentale con tutte le sue sfumature. Lo
comprendo quando atterrai a Oujada. Unico europeo in terra di
mori. Unico biondo in territorio si saraceni.
Giungo in
quell’aeroporto sul calar del sole. Appena prendo le valige capisco
che c’è qualcuno che mi aspetta. Anzi a dire il vero ero avvertito a
Casablanca dal premuroso Piergiorgio, tecnico mio tutor. Il quale
da quasi padre di famiglia mi contatta anticipatamente per trovarmi
a mio agio nel territorio straniero. MI disse a Oujda avrai un
autista che ti aspetta. Io a tale informazione capii che forse sono un
tipo importante. Forse all’estero un ingegnere appena laureato e
ben considerato. Non come in Italia che devo impastare
calcestruzzo per avere 50 euro a fine giornata… altrimenti fare la
gavetta negli studi serve solo per dire – Ho preso la laurea ed ora
voglio fare il laureato anche se non mi pagano, semplicemente
accettar passivamente il non dover NO A questo sistema
accomodante per chi sta al potere!! Attenzione qui non si tratta di
sperperare la propia immagine culturale conquistata con sudore,
passando esami sopra esami. Qui si tratta di dire ho passato
svariati anni all’università ed ora pretendo quello per cui ho
sofferto con il sudore alla fronte. Gocce amare interne. Invisibili
ma concrete. Vi ringrazio cari lettori ma se giungo a scrivere tale
lettera allungata, è solo per il semplice motivo che devo tirare
avanti quindi devo pur mangiare qualcosa. Se fare qualche
operazione matematica plasmata alla fisica reale non da un cent
allora scrivo le mie avventure in giro per il mondo. Grazie lettori
per aver comprato un po’ di realtà. Torniamo a noi. Apparte che da
voi non prendo niente visto che tutto gratuito… però almeno mi
sono preso un po’ di libertà nel denunciare, nel raccontare le mie
vicessitudini. Allora arrivo all’aeroporto di Oujda. Appena esco
c’è un baffone stecchito che ha in mano un cartone dove ha scritto
il mio cognome. Bova. Allora intuisco che sono io. Solo io posso
portare tale cognome in tale posto. Bounsoir. Vous etes le
monsieur que attende- oui – Ok. Merci beaucoup. Allora salgo in
auto. Bell’auto pulita. Salgo, monto le valige e parto. Senzazione
fenomenale. Non posso descriverla e strabiliante. Io solo in mezzo
al deserto che poi deserto non è ma è simile!! Allora si parte
destinazione villaggio del cantiere. Lungo il tragitto assaporo il
tramonto. Il calar del sole, le proiezioni dei raggi solari
sull’asfalto. Portentosi, effetto luce da cinema. Inizio a
sperimentare il mio francese appena imparato e ripreso in due mesi
di corso. Il coiffeur mi dice che parlo modestamente bene. Grazie
rispondo. Merci. Merci. Mi tranquillizzai appena vidi la strada
dolce nelle curve e piena di camion merci “normali”. Non vidi
persone sui camion, concetto tramandatomi dalle sviste che facevo
su internet. I mezzi dei trasporti erano sovradimensionati alle
infrastrutture. Infatti vedere ormaie per strada era la normalità.
Passano tir di 30 tonnellate!!! Arrivai al villaggio, era appena
calata la notte. Salutai Piergiorgio e Antonello. Furono le prime
persone che vidi al campo. Furono i miei primi italiani che diedero
il benvenuto. Appena giunsi alla base e scaricai le valigie mi
portano alla mensa, avevano appena finito di mangiare. Ero giunto
nella sala pranzo, anzi sala cena. Il cuoco era un po’ rotto della mia
presenza. Alla cena avevano finito. C’erano due signori anziani
più di là che di qua. Entrambi alla mia entrata, non mossero nessun
muscolo facciale. Impassibili. Come se fossero in via condotti a
roma nel vedere un migliao di persone al giorno. Imperturbabili.
Come educazione non peccai, mi inchinai al loro cospetto.
Ricambiarono con uno stanco saluto. Mangiai la minestra, dissi
qualche parola e andai in camera mia. Avevo un appartamentino
tutto mio. VI rendete conto. Io ingegnere civile non considerato in
Italia ebbi un appartamentino tutto mio. Nemmeno conoscevano le
mie potenzialità tecniche e mi riservarono un monolocale. Quella
notte piansi. Anche in mattinata piansi. Non di paura, non di
rammarico, piansi solo perché mi piaceva piangere. Mi veniva di
sgorgare gocce da tempo bloccate. Era veramente da tanto che non
piangevo. Una sorgente sembrò il mio viso. Il volto di un
mercenario, quale ero io, sembrò dipinto da un pittore depresso.
Piansi ma asciugai bene gli occhi e andai in ufficio, prima feci
colazione, abbondante. Il Primo giorno fu un durò colpo, mostravo
esteriormente una contentezza da mercante. Dentro ero privo di
vita, ero depresso. Come si poteva essere tristi con tutto quel Sole
ed io invece ero drammatico. Come sempre accade, nei momenti di
smarrimento si trova la forza di emergere, altrimenti si muore. Non
sono morto non perché ero forte ma perché pensavo, mi creavo una
giusta maschera. Sempre maschere portai, e cosi facile indossarle
ma è cosi difficile portarne diverse. Io di giorno mettevo la faccia
dell’ilarità e della voglia di imparare. DI notte li mandavo a
fanculo. Tutti bravi ed invidiosi e iniziavo a scrivere. Scrissi
parecchie storielle. Quando sono lontanto dalla mia famiglia scrivo
meglio. Scrivere svela il mio pensiero, la mia vena artistica e ciò
disturba la mia maschera da ingegnere. Dai non facciamo i
meravigliati. Un ingegnere che vuole scrivere una novella o un
romanzo non può!! Non ha le basi… anche se poi penso a de
crescenzo, a deledda e tanti altri. Forse qualche cazzata la posso
scrivere anch’io. Certo le parole degli altri sono auliche le mie
sono per i disoccupati. Infatti sto scrivendo ora mentre tu stai
leggendo questa quattro parole che cercano di dare un senso, di
raccontare una storia almeno vera. Credibile. È credibile, fidati.
Mandami una e-mail sulle imprese citate e ti dico vita morte e
miracoli (per quel che posso!!). Infatti molti miei colleghi hanno
svarieti indirizzi ed hanno fatto parecchi colloqui… grazie ai miei
suggerimenti. Serve altro! Torniamo a noi. Io ero un tipo in crisi
esistenziale, e si anche a 26 anni si può essere in crisi esistenziale.
Piano piano in quel luogo dimenticato volutamente da Allah iniziai
a impadronirmi del francese, i miei primi passi li feci lì. Imparai a
chiedere e domandare. C’era un mio amico, le chef Noureddine.
Un bravo musulmano. Un giorno mi confidò un segreto. Mi disse
di lasciare perdere la donna che non ti segue. Lui divorzio dalla
prima donna e sposo un'altra che accettava il suo mestiere. MI
disse se una donna non tollera il tuo lavoro, non accetta la tua
felicità quando lavori, lasciala. Se non è disposta a sacrificare un
po’ di tempo di lontananza perché ti vuole vicino, non merita il tuo
affetto. Non merita te. Era serio Noureddine. Parlando con lui
avevo introdotto una tematica a lui cara. La tematica
dell’abbandono per incomprensione. Era triste noureddine nel
parlare in quegli attimi. Era scioccato nel far emergere i suoi
ricordi bui. Mi disse che soffri parecchio per l’abbandono, ma fece
bene perché poi allah lo aiutò, gli diede un figlio maschio con
un’altra donna. Io in cuor mio ero confuso. Non sapevo che in una
cultura musulmana si potesse divorziare. Ma non dissi niente in
proposito. Poi mi disse, a breve ti presenterò qualche ragazza
musulmana e con Antonello (l’altro pseudo schizofrenico italiano,
collega di lavoro) riuscirete a stare bene qui in Marocco!!! Peccato
che non conoscevo il futuro che mi aspettava. Lo ringraziai
comunque sia ed ebbi un sussulto di gratitudine per aver ascoltato
nel suo punto debole, per aver sfiorato la sua ferita ma anche
fasciarla con il semplice ascolto e silenzio. Le sue parole francese
suonavano cadenti e belle, era premuroso nel raccontare la sua
storia. Era fiducioso nella mia comprensione che si manifestò con
il mio dolce silenzio e dal mio annuire continuamente. In quei
brevi tratti di strada, tra la fine del cantiere e l’inizio, io mi sentivo
bene a parlare in francese, cercare di parlare e udire ogni tanto
qualche motto di arabo religioso.Inshalla… più o meno suonava
così… Se Dio vuole. Non mi disse nient’altro quel giorno, era
sereno ma serio. Quel giorno il mio fare domande in francese lo
interruppe nel lavoro quotidiano, quel giorno capì quanto deve
essere importante la storia, quanto sia importante fare non la giusta
scelta ma quando sia difficile credere nelle proprie potenzialità e
andare avanti. In fondo aveva ragione Noureddine, pensai la notte
stessa, lo sapevo che aveva ragione ma non voleva che me lo
confermasse un musulmano. Se uno crede in te crede anche nella
tua volontà di esistere non come vegetale ma come persona. Oggi
tanti sono egoisti, vogliono tutto e subito. Vogliono la sicurezza
materiale spirituale. Non voglino credere in un progetto. Non
vogliono costruire una vita fondata sul sacrificio ma solo sulla
sicurezza del quotidiano. Forse mi sbaglierò, probabilmente,
sicuramente, ma a me quello è servito per andare avanti. Quel
giorno di agosto io sotto il sole africano ho capito che nella vita
tutto è importante ma al primo posto occorre mettere la propria
personalità, se veniamo oppressi, modificati, tutto il resto sarà
artificioso e per questo danneggiato. Tutta la società starà male se
nessuno fa il suo modesto lavoro con convinzione. Se manca la
convizione occorre cambiare mestiere altrimenti veniamo cambiati
noi e conseguentemente vivremo come vegetali. La conseguenza!
Vuoi sapere la conseguenze!! Chi ti gravita intorno sarà contagiato
dalla nostra malattia materialistica. Il concetto è spiegato in
maniera poco chiara ma a me preme far emergere la gravità del
problema. Stiamo vivendo male! Arriviamo ad 80 anni ma quanti
sono gli anni che effettivamente viviamo bene. Che conta vivere se
la vita viene schivata, accettata per quello che è!! Io mi ribello a
questo sistema, se un qualcosa non è consono alle mie aspirazioni
io faccio rivoluzione, mi dimetto. O me ne vado. Cosi feci, cosi ho
fatto e cosi forse farò. Posso tranquillamente cancellare i ricordi
ma non posso dimenticare che in un giorno qualsiasi rinaqui una
seconda volta. Come sempre sono un ragazzo che cerca di
offrontare la giornata qualunque essa sia. Il giorno si deve vivere
comunque sia. Infatti andavo in cantiere con la mia Dacia. Eh si
all’estero avevo una macchina, necessaria per il mio lavoro. Ora
che non lavoro più con quella impresa posso dire che facevo un bel
giro per il cantiere, tutto il giorno… e le ora diurne sono tante lì in
Marocco!!! Un bel giorno facendo il mio tour, inizio ad accelerare
alla grande. Ero preso dall’ebbrezza della velocità e dal vedere il
polverone che lasciava il mio macchinone con un motore renault!!
Mi sentivo un poeta di formula uno. Mi sentivo invincibile ed
infatti avvenne una cosa alquanto strana. Accadde che la mia
testolina volle sorpassare sulla destra, un camion che andava lento,
troppo lento. Allora la mia scia improvvisamente cambia
traiettoria, anziche rallentare e poi sorpassare a sinistra, fa il
contrario. Accellera e si accinge a sorpassare a destra.
Evidenziamo che stavo percorrendo una strada di cantiere,
escludivamente di cantiere. Transitavano solo camion dell’impresa
e basta. E macchine dei tecnici tra i quali c’ero. SI proprio io lo
squattrinato tecnico che aveva la sua voiture!!! Insomma stavo
sorpassando e sorpreso, meglio dire impaurito all’istante, il cavolo
di camion da sorpassare, che stavo sorpassando, decide di svoltare
a destra, vuole salire la rampa per scaricare il materiale sulla futura
autostrada. Ed ora che faccio !! cosa faccio porca… in una frazione
di secondo sono disperato, quasi bagnato addosso dalla paura… o
la va o la spacca. Accellero non potevo frenare, se frenavo non so
quale comportamento faceva sta cazza di macchina cinese con il
motore renault!! Accellero e sorpasso in men che non si dica…
faccio un vaffanculo marocchino… e suono il clacson per più di un
minuto. Non avevo mai visto in vita mia un camion che mi vuole
abbracciare cosi ingenuamente. Non potevo immaginare, poi con il
senno di poi, capisco quando penso a quell’episodio che la vita è
una gran ficata ma nello stesso tempo si necessità essere umili e
orgogliosi di recriminare quel pezzo di aria e acqua. Grazie
Marocco per non avermi annientato con il tuo camion Iveco
Italiano. Grazie mamma marocco. Per cronoca dovuta devo
concludere la scena. Sorpassai come un pilota che sa il fatto suo.
Sorpassai, suonai, mandai a fanculo e dopo, dopo un paio di km
Salì su una monticello lì vicino e ringraziai allah dio incroce e
Buddha, ringraziai tutte el divinità che mi passavano e pisciai a
terra su suolo africano. Questo gesto non era volgare e nemeno
banale. Era un modo inconscio, poi lo capì, di ringraziare la terra
grazie terra di permettermi ancora di pisciare Pisciare in quel caso
era sinonimo di baciare di soffrire di sorridere di sputare di correre
di vedere e di sperare di morire di morte naturale. Da adolescente
ero un tipo fuori le righe che non dava importanza alle ore del
giorno, riflettevo parecchio sul tempo ma non mi preoccupavo
della morte. Ora che sto invecchiando ed ho 28 anni, ci penso alla
vita ahi come ci penso e quando sono triste, cerco di non esserlo.
Cerco di essere attivo e considerando i viaggi che ho fatto e che
farò, i colloqui fatti e che non smetterò di fare, posso dire che io
Antonio Bova sono un tipo giovane. Non accetto la vecchiaia
come abbandono a ciò che la società mi serve giornalmente. Non
soffro tanto per le rughe che non tarderanno ad arrivare, mi
rammarico solo che un giorno non potrò essere autonomo ma ora
basta pensiamo a vivere. Come dice Pirandello vive chi non pensa
al vivere. Più o meno questo era il giustissimo concetto. Infatti ora
che sto scrivendo questo libricino non sto vivendo. Ma non sono
nessuno per dare delle arringhe filosofiche. Posso solo sfornare
qualche frase decente ma poi non digerisco bene e non faccio
assaporare bene il senso supremo della letteratura. Ad esempio ho
appena finito di leggere Kafka sulla spiaggia. È un libro che mi
piace parecchio, non tutto ma alcune parti, alcune pagine.
Medesimo effetto ebbi con Delitto e castigo del supremo
DOstoiejky, era molto palloso come libro ma alcune scene erano
memorabili e obbligavano alla lettura completa del libro. Cosi fu.
Lessi e leggo e leggerò. Anche distrattamente ma l’importante è
leggere. Ho notato che è bello leggere in alcuni posti particolari, ad
esempio in treno o sulla metro. Mentre si è appena tornati da una
partita di calcio ho da un lavoro stancante fisicamente. In questi
casi leggo bene seppur per poco tempo, poi crollo stanco morto.
Ma in tali situazioni a gran voce emerge dentro mi qualcosa di
assopito che mi suggerisce che occorre vivere ed immaginare.
Fantasticare con i pensieri è stupendo se essi vengono immesi
dentro il nostro cervello da autori fantasiosi. Non parlo solo di
scrittori immortali, chiunque può innescare nella testa di un altro
un innesto come il film inception. E se l’innesto è fatto a regola
d’arte, noi possiamo credere di essere nel giusto. Poi germoglierà
qualcosa che non perirà distrattamente. Credo che dal mio primo
libro che lessi a nove anni. I ragazzi della via Pal, dove piansi e mi
promisi che il protagonista non doveva morire. Avevo nove anni e
piansi per il protagonista che mi rappresentava con gli occhi
azzurri ed i capelli biondi. Poi lessi verga, pirandello, antoine de
saint- exupery. E tanti altri. Tanti. Non abbastanza, non è mai
assai. Ma continuai a leggere ovunque andai. Mi interessai anche
di cultura orientale, prima attraverso Tiziano Terzani poi
direttamente da santoni tibetani. Tutti mi servirono. Scrittori santi,
scrittori drogati, scrittori morti preamaturamente. Scrittori uccisi e
suicidati. Prima di leggere un libro avevo il vizio di visionare la
vita dell’autore, il suo vissuto. Quasi sempre anzianotti furono i
miei preferiti maestri di letteratura. Ma no demordo di cercare
nuovi e nemmeno li leggo una seconda volta seppur mi fanno
l’occhiolino appena entro in libreria. Ma vado avanti non mi devo
soffermare alla loro bellezza. È vero la bellezza salverà il mondo.
È anche vero che la letteratura mi ha fatto crescere, insieme alla
musica. Ora che stai leggendo ed io sto scrivendo, sto tremando
nell’ascoltare Micah P. cantante americano mai sentito prima.
Interessante. Buon sound. Ecco questa è l’arte una si accoppia con
l’altra. Tutte sono belle. Tutte utili ed a volte necessarie. Proprio
quando meno dovrebbero servire, l’arte e lì pronta a porgere la sua
mano per salvarti ma anche per ucciderti. Alda merini dopo un
bombardamento a Milano si mette a scrivere sui muri, sulle pietre.
Ecco questo è il senso, il concetto. Avere qualcosa da dire non
necessariamente in parole normali. È bello trasmettere un concetto
con una metafora, con un aforisma. Con un fischio. Con una forte
stretta di mano. Prima di lasciare il Marocco pensai che dovevo
lasciare qualcosa in questo posto che suda parecchio. Andai in
Italia feci il colloquio con un’altra impresa. Si tradii l’impresa che
stava investendo su di me. Feci questo passo che poi scopri, dopo,
la soluzione migliore. Stavo male in Marocco. Stavo di pessimo
umore. Non era colpa mia, almeno no questa volta. A tavola, non
sembrava di far parte di colleghi italiani, il contrario. MI trattavano
da terrene, mi chiamavano terreno, calafrica. Ed io non potevo
reagire, dove andavo poi. Dovevo stare umiliato, offeso, disperato,
annientato. Solo la sera poteva aiutarmi, mi scaricavo producendo
testi mai riletti. Volevo scappare, per dove no si sa. Desideravo
scomparire, apparire in altro posto. Ero stuffo che qualche collega
facesse a gara con me. Colleghi invidiosi. Direttore non vedenti.
Non vedevano che io avrei avuto potenziali soddisfacenti. Se solo
mi davano la miabuona dose di volontà. Non durai assai. Perché
nontollerav le ingiustizie perpetrate e poi in Italia feci quel
colloquio con la GHella S.p.A. Rispose alla mia e-mail. Cercava
proprio una figura come la mia da inserire nel suo organico.
Ancora ricordo la lettera di invito. Andai a vedere quel posto dal
nome esotico, stupendo. Andai su google earth. Dal mio paesello il
mappapondo virtuale si allontano e in un batter d’occhio mi portò
nel centro dell’america. Grandioso effetto. Stupende immagini
esplodevano ora nella mia testa alla visione di quelle foto. Prima di
andare l’ in quel posto esotico, ritornai in Marocco. Perché feci
così, perché non credevo che mi richiamassero. Ritornai in
marocco carico di doni calabri. Li gustarano tutti italiani e
musulmani. Mi ringraziarono ed intanto io preparavo la mia lettera
di abbandono. La seguente.
Cari signori
Ho meditato a lungo sulla scelta di partire, ieri nell’arco di 10
minuti, con sicura convinzione di fare la giusta scelta, ho
prenotato con i miei soldi il volo per l’Italia, solo andata giorno
17/09/2009. I motivi sono numerosi ecco perché ho voluto
scriverli visto che verba volant scriptam manent anche perché so
meglio scrivere che parlare. Di seguito sono elencati in funzione
di come mi arrivano al cervello, penso quindi in base
all’importanza che rivestono per me.
1.
La situazione attuale del cantiere non é delle migliori,
tutti i giorni si sentono le parole : fondo, zero, poco,
ritardo, negativo ecc. insomma come si sa le parole sono
il riflesso di uno stato d’animo ed in questo caso
l’ambiente in cui operiamo non é dei più fertili. Inoltre
ora I licenziamenti sono il pane quotidiano ne consegue
che le fasce più deboli sono le più a rischio. Nei gradini
più bassi rientro io, essendo un semplice stagista, no non
sottopagato, nemmeno pagato.
2.
3.
4.
Poi qui mi sento di troppo, lavoro c’é ne parecchio da fare
ma ho l’impressione di come stare sulle spalle, di essere
mantenuto. Per mia abitudine sto dove effettivamente
servo. É vero che nessuno é indispensabile ma é anche
vero che non tutti servono per fare determinate mansioni
quando ci sono più persone a fare la stessa cosa. Per
evitare un possibile futuro licenziamento causato non da
mia negligenza sul lavoro ma giustamente per ridurre i
costi aziendali che sono elevati. Il pensiero di prima si
può formulare anche come per evitare il rischio di non
essere assunto fra 3 mesi beh me ne vado io, con pace dei
sensi vostra nonché mia, senza rammarico, sicuro di fare
la scelta più logica.
Chiedo scusa per l’ironia pungente o amara (definizione
di sarcasmo). Altro punto riguarda i numerosi litigi che
sento da quando ho messo piede qui. Urla, sbraiti, pugni
sul tavolo, telefoni che volano. Con tutti il rispetto, non
sono a conoscenza di altri cantieri all’estero, ma sembra
di stare in una scuola d’infanzia. Dispetti invidie gelosie
mutismi e via dicendo e poi per magia quando siamo
davanti la maestra diventiamo tutti buoni, angioletti.
Sono venuto a conoscenza certa che la regione Calabria
non mi paga il master che sto facendo (causa: questo non
rientra tra i master universitari, non é conforme al
bando, la speranza che venga preso in esame è da
escludere). Ne consegue che io, non avendo grandi risorse
economiche, sono costretto a pagarmelo da me dalla busta
paga che in un domani incerto potrei prendere qui o
ritirarmi dal master, non continuare lo stage. Ovviamente
per adesso opto con risolutezza per la seconda scelta data
la situazione di precarietà elencata precedentemente, la
colpa non è mia se il cantiere non da garanzie al fine di
ospitare un altro giovane ingegnere (ho solo 26 anni).
Con tutto il rispetto non vado ad elemosinare 800 euro
mensili visto che in Calabria ne prendevo 1000, certo
facevo il tecnico commerciale ma in compenso stavo
nella mia bella terra non a El Ayoun!! Inoltre qui tutto e
“fragile”, anche i muri ne risentono. Ironia della sorte.
Il mio é un arrivederci, non dico mai addio, é stato un piacere fare
la vostra conoscenza e acquisire preziosi insegnamenti di vita oltre
che professionali, da alcuni direttamente da altri per via traverse
ma sono contento lo stesso dell’esperienza lavorativa ed umana. Se
in futuro le vicende economiche dovessero essere più rassicuranti
in Marocco ritornerò volentieri.
Comunque sia porgo
Sinceri Saluti.
Antonio Bova
Cosi feci. Cosi andai via con un po’ di crescita professionale
abbinata ad una dorata abbronzatura. Ne fui contento e prima di
partire, di volare, all’aeroporto di Oujda ebbi un bel ricordo. Mi
dimenticai due libri che avevo peraltro letto, li scordai sul carrello
dei bagagli. Prima di volare venne l’assistente personale di terra la
quale fermò il piccolo aereo per me. Fermarono l’aereo per uno
sconosciuto poco importante , con l’aggravante di essere
occidentale, di essere cristiano. Non avrei mai immaginato che a
distanza di anni una simile sensazione l’avrei avuta. Dopo due anni
la stessa gentilezza mi verrà data da un coinquilino marocchino
che mi regalerà una pizza peperoni e zucchine. Tale dono mi
donerà per perdonarsi dalla sua alzata di voce. Non farò le pulizie
di casa per un sabato di fine febbraio, tornerò stanco dal lavoro.
Allora lui si renderà conto che avrà sbagliato ad urlarmi, a
rimproverare la mia errata negligenza, mi busserà alla porta e mi
darà una mega pizza con peperoni e zucchine e on seguito a quel
gesto simbolico, gli darò l’unica birra che avevo nella credenza.
Mi toglierà la fame per quella sera ma non la sete visto che la birra
anziché mettersi a stapparla la deporrà in frigo, lui non beve, solo
fuma. Ok grazie Marocco prima e dopo. IL futuro riserva sempre
belle gestualità certo a cadenza biennale o quasi. Potesse essere più
fruttifero in tal senso. Di una cosa sicura sono. Se non fossi andato
ne in Marocco ne a Roma, difficilmente sarei stato ricevitore di tali
doni simbolici. Ecco perché non disdegno le altre religioni. Anche
dagli altri diversi posso apprendere, soprattutto. In tali casi dono
un grazie, merci beaucoup, al coinquilino magrebino che mi regala
una pizza peperoni e zucchine senza che io gli dicessi niente!!!
All’assistente di volo di terra che ferma l’aero affinché non partissi
senza i miei libri. A volte preferisco essere straniero in terra
straniera che italiano in Italia.
Ghella haiti Torno in Italia. Finalmente. Un po’ cotardo della
scelta fatta ma non potevo stare di più, non in quelle condizioni,
mai mi sono sentito trattato cosi da terrone. In marocco mi
chiamavano terrone. Ma andiamo avanti anche questo è crescere.
Se ricordo che una sera di quelle volevo rovesciare il tavolo, come
se tutti i problemi dell’Italia li avessi portati solo io, con il mio
accento rude. Non è cosi che si trattano le persone. Non potevano
declassarmi così, non tutti certo, ma la mia calabresità era trattata
da straniero con loro italiani di tutta le parti della penisola. Il
direttore amministrativo era di La spezia, il direttore tecnico di
cantiere era di Ravenna, il topografo di Ovindoli e quello che mi
stava più di tutti sui coglioni cioè quello che malediceva i calabresi
forse perché la sua ex moglie era calabra, era del veneto l’ho
dimenticato di quale posto. Non mi piace parlare male degli altri
ma in questo caso, è necessario. Per fortuna che dopo ebbi
l’incontro con un bel libro, Terroni. Questo libro documentario del
risorgimento della lotta tra il Piemonte e il regno delle due Sicilie,
per me è stato una rivelazione. A scuola elementare la maestra mi
diceva che noi, inclusa lei, eravamo figli di briganti perché lo dice
la storia; povera maestra si è dimenticata la storia la scrivono
sempre i vincitori. Si è scordata che dal 1861 siamo indietreggiati
fino ad essere chiamati calafrica. SI è dimenticata che noi eravamo
coloro che avevamo la migliore acciaieria d’Italia. Acciaieria di
Mongiana nelle serre calabre. Grazie Calabria. Allora cosi tornai
nella mia piccante regione e in due giorni feci l’ulteriore colloquio
e la visita medica. Un biglietto di sola andata, no andata e ritorno
ma per me simbolicamente era aller sans retour… Partì per
Madrid- Santo domingo. Pernottai stanco morto in un hotel esotico
ed la mattina seguente vennero a prendermi i colleghi. Un
avvocato spagnolo ed un geologo italiano (il supervisore con il
quale feci precedentemente il colloquio in Italia). Partimmo
destinazione Haiti. MIrabalais. Un viaggio lungo. Difficilmente ho
mal di testa ma quel giorno afoso, quella calura mi entrava dentro
la testa attraverso i capelli. Arrivati stanchi esausti mangiammo
quello che c’era in Tavola. Il camiere Papito il grande camerire che
portava due colori: il bianco del vestito con i denti ed il nero della
sua pelle. Mi diedero le chiavi 1B ma io stanco morto andavo a
cerca la stanza 18 dicevo non è questa!!! Io devo avere la
diciottoo!! Questa è la prima B. Il supervisore vedendomi
imbranato a tal punto stava iniziando a dubitare delle mie qualità
ben raccontate. MA alla fine mi convinsi che quella era giusta ed
aprii. Non un minuto in più e tutto andò per il verso giusto. Feci i
vari saluti. Salutai il grande Panito (responsabile contabilità
tecnica) poi Jakson (contabilità in generis) e Luca l’unico italiano,
Luca Paioletti una persone furba tecnicamente ma brava,
veramente brava. Grazie anche a lui per essermi integrato in pochi
giorni nella loro squadra. Con luca non si parlava solo di lavoro.
Discutevamo di cinema, di mangiare, di bere, di donne, della
politica italiana della mia regione della sua regione. Conobbi anche
il direttore tecnico di cantiere. Con tale ligure non andai d’accordo,
sin dall’inizio. Non accettò il fatto che il giorno seguente, venerdì,
partì con la truppa per ritornare a santo Domingo. Non accettava
questa mia libertà nel volere. Me la fece poi pagare facendomi
restare un mese nel villaggio-campo. Ogni due settimane l’impresa
ci dava tre giorni di riposo per andare nella repubblica
domenicana. Io restai un mese, sembrava di stare in galera. Non
demorsi ma piansi. Parecchio. Quanto il cielo di Haiti in marzo.
Credevo di non farcela. Mi mancava la mia terra, proprio le
particelle di argilla e sabbia tipica delle mia zona, per come sono
messe, per il colore che emanano e per il profumo che emettono
quando sono mosse. Iniziavo ad odiare il ligure che mi
disprezzava. Mi insultava dicendomi che io posso conoscere solo il
bergamotto non certo l’avocado. Volevo dirgli che nella mia
regione fanno il più bel bergamotto del mondo, il più grande cedro
del mondo, arrivano anche i rabbini da Gerusalemme per
comprarselo. Forse servì anche questo, come dice Tiziano
Terzaghi, e tanti prima di Lui – la sofferenza fa parte della vita –
non esiste un mondo senza sofferenza. Conobbi molte persone
oltre a quelli sopracitati. E le prime sere furono stupende. Sotto il
cielo sereno caraibico bevevamo la famosa birra domenicana, la
birra presidente. Stupenda. In quei primi giorni restai soddisfato,
convinto che finalmente le acque si fossero calmate. Iniziavo una
vera carriera professionale, ora si che avrei dato il massimo. Saluti.
Iniziavo a svegliarmi alle 5 di mattina per poter lavorare alle 6.
Entravo in ufficio, stupendo una stanza tutta mia. Certo fatta di
legno lamellare e compensato. Fatta per cantiere provvisorio ma
per me significa tanta. Voleva dire che io contavo qualcosa.
Significa esprimersi per una impresa che investiva in te. Volevo
dimostrare sin da subito la mia caparbietà. Volevo dimostrare che
c’è la posso fare. Le belle parole dette ora le so rendere fruttifere.
Le prime mattine ero rimasto scioccato, in senso positivo. Una
bella ragazza color cioccolato veniva puntualmente a darmi il caffè
americano. Sempre contenta. Sempre con ilsorriso in bocca e la
voglia di leccare i miei occhi azzurri e le mie labbra fragile.
Desiderava me. Io desideravo la sua gioia, i suoi colori. Seppi che
aveva due figli e teneva 4 anni più di me. Era sposata. Era felice
tutto sommato. Credeva nei miei modi garbati di parlare.
Apprezzava il mio scarso francese. Gli piaceva la mia ostinato e
ridicolo francesismo. Ahi come amava la mia voglia di parlare
dell’italia. Mi ascoltava e leggeva le mie labbra, le assaporava,
come si ingoiano chicchi di melograno, con attenzione a no
sporcarsi. Avrebbe voluto fare l’amore con me, io penso. Forse mi
sbaglierò ma desiderava artendemente la mia italianità. Lì io ero il
più giovane il più interessante virilmente parlando. Non ebbi il
coraggio e non volli instaurare un rapporto con nessuna del luogo.
Avevo paura di qualche malattia. È vero che gli opposti si
attraggono, io biondo bianco occhi come il mare lei mora nera con
gli occhi color oliva. Opposti ma troppo. Troppo differenze per
me. Senza razzismo e senza rammarico. Apprezzai molto la loro
cultura. Amai la loro volontà di vivere la giornata a prescindere se
viene un alluvione o un terremoto. Vabbè che lì i terremoti non
avvengono. Un giorno andando a fare ricognizione, a visionare
l’andamento dei lavori monsieur isidor ci racconto di tutte le
sventure haitienne, ci racconto che lui solo una volta ci fu un
leggero terremoto a nord, a capo haitienne. Non vi dico come era
l’ambiente in cui stavo. Ero una piroetta di colori verdi lungo
quella strada sterrata. Lungo tale via in costruzione gremita di
suoni, urla e bambini che andavano a scuola sempre contenti noi
parlava modi tutto, dell’Italia, di Berlusconi, della storia romana,
di come rovesciavano i romani, di come vomitavano i romani
nell’antichità. Parlavamo ovviamente anche di HAITI E DEI SUOI
TERREMOTI, IN TUTTI I SENSI. E poi venne il terremoto ahi
come venne. Difficile e precari situazione ma io quel fottutto 12
gennaio 2010 io ero li. Potevo morire ma sono qui ora per questo
scrivo, per non uccidere il mio ricordo. Non sono mascochista ma
io quel giorno amai la vita. Senti il rumore del terremoto, ero in
ufficio, sentii per circa 10 s un rumore simile ad un compattatore,
non era esso poi capii. Non era un rumore di mezzo meccanico, era
la meccanicità della terra che aveva scelto un bersaglio troppo
facile questa volta, non un paese con gli anticorpi che conoscesse
le leggi della fisica applicata alla materia acciao calcestruzzo ma
una popolazione che viveva per strada e dormiva in lamiera
contorte. Erano le cinque del pomeriggio c’era la luce, ricordo.
Uscimmo tutti fuori. Luca josuè, jakson, gino, tutti uscimmo.
Increduli di quello che stavo succedendo. Increduli del vortice di
rumori e vibrazioni che invadevano il nostro corpo. Avemmo un
sorta di felicità nell’udire, percepire tale ondata di scosse nitide e
secche, impensabili. Fui felice di sentirmi toccato da tale forza.
Certo non sono un uccisore, dico la verità fui felice ma anche
timoroso ma in quei attimi credetti di amare la vita in qualsiasi
forma. Mi senti rigenerato in quei 30 secondi. Non potevo
immaginare il seguito. Il dopo fu preoccupante. Stavo al computer.
Davanti face book a dire ai miei amici che la scossa era stata forte.
A tranquillizzare mia madre. A dire che qui tutto sommato si sta
bene. Che in Italia ormai rientro per pasqua. Fra tre mesi. Non
poteva immaginare non potevo pensare che 100 mila persone
sarebbero state sepolte mentre io provavo l’ebbrezza sismica. Si ho
detto giusto una ebrezza. Ora a distanza di un anno ho maturato un
concetto. Lì non avevo la serenità per farlo. Mi adotterò un
bambino a distanza. Di haiti. Appena metterò qualche soldo da
parte, sai qui in Italia non è cosi facile per uno come me tirare a
fine mese. Non sono Einstein ma ho preso la laurea a 24 anni con
105. Ho preso la laurea e ho lavoricchiato, come raccontavo prima.
Poi stuffo della situazione precaria italiana ho fatto un master che
l’ho pagato ben 6600 euro. Bella cosa no. Un master ingegneri
d’impresa (l’ho finito di pagare proprio grazie all’esperienza
estera). Se no fosse per Haiti io ancora avrei da pagare… ed invece
grazie ad haiti ho pagato il master. In haiti ho bevuto un po’ di vita
ogni giorno come un avocado. Ho imparato tante cose che non so
spiegare e nemmeno si possono spiegare. Ho imparato che la gente
è malvagia è ovunque. Ho capito che molte ONG stanno lì come
altrove solo per pura speculazione. Ho imparato che tanti però ci
credono, non lo dicono, no lo fanno a vedere ma sono convinti che
un giorno ci sarà la conquista del bene, la fine della sofferenza per
non avere un bicchiere di latte. Lì la sofferenza è solo quella per
altro tutti ridono soprattutto chi deve ridere in principio, i bambini.
Haiti sempre stata sconfitta ma sempre rinascesti come se il tuo
obiettivo è la tua sopravvivenza non del singolo haitiano. Reagisci
sempre. Innumerevoli ricordi riaffiorano. Isidor che il giorno mi
disse che no è successo niente di grave. Come niente di grave dissi
io. Un uomo dal triplo coraggio. Uno che ha visto l’umanità in
tutta la sue forme. Ricordo le persone deluse nel vedermi salire in
macchina con le valigie fatte. Questa è stata una delle mie
maggiori delusioni, li ho delusi, certo chi restava li lo faceva
perché credeva nella conclusione dell’opera, della strada, non certo
per pura grazia verso questo dignitoso popolo. Molte volte
paragonai gli haitiani ai calabresi e i domencani ai siciliani. Non è
molto azzeccato come confronto. In fondo però il mio popolo è
taciturno, cocciuto e fottutamente orgoglioso come gli haitiani. I
domenicani sanno vendersi, sanno comprarsi e sanno costruire un
mito, giusto o sbagliato ma un mito vendibile lo creano come i
siciliani. A prescindere delle enormi differenze culturali. Gli
haitiani guardano negli occhi se gli si viene detto no. Il ricordo che
più porto impresso di tale popolo è stato la marea di bambini alle 8
di mattina che felicemente andava ben vestita in quelle baracche
chiamate scuole. Lì ho creduto in loro. Lì ho capito che tutto è
niente è niente può essere tutto, basta volerlo, basta credere nei
colori. Ringrazio tutti quanti, parlavo con loro in francese e mi
dicevano che parlo un buon francese, non mi mentivano, ne sono
sicuro. Apprezzavano il mio cercare di condividere le loro
abitudini, di capire i loro modi di fare. Ammiravano che uno
bianco, biondo occhi azzurri stesse nella loro terra. Io ammiravo
loro, joseline e papito. Cosi i miei giorni caraibici trascorsero,
velocemente senza che mi rendessi conto che a breve sarei stato al
centro dell’attenzione del mio paesello. Infatti quando venne il
terremoto tutto il mio paese si allarmò o si incuriosì sulla mia
permanenza nel caldo posto. Era da giorni che dopo il ritorno da
New York (natale e capodanno li passai nella mela). Siccome
l’impresa Ghella dava due rimpatri l’anno gli altri avrei dovuto
pagarmeli io. Visto che soldi per viaggiare iniziavo ad averne,
lavorando all’estero, preferii passare le feste natalizie solo soletto
nella grande metropoli. Che impressione ebbi quando atterrai nella
capitale economica degli stati Uniti. Passando dalle baracche ai
grattacieli i primi giorni non credevo ai miei occhi. Lentamente
iniziai ad acquisire dimestichezza e poi quante amicizie feci negli
ostelli, tante. Tutto il mondo conobbi. Dalle ragazze giapponesine
con i ragazzi messicani. Con loro andai a mangiare in un ristorante
giapponese e ogni volta che dicevo chinese food mi sentivo
rispondere- No Antonio Japanese food – oppure la volta che bevvi
un bicchiere di tequila messicano e poi andammo in giro, mi
girava la testa, grandioso però. Quel giorno non ero ubriaco ero
brillo. Ogni volta che mi fermavo a contemplare qualche
grattacielo la giapponesina mi diceva come on Antonio!!!
Fantastica, ancora ricordo la voce. Ebbi grande entusiamo. Un'altra
volta passai una serata a parlae di politica italiana, colombiana,
spagnola con un ingegnere elettronico colombiano di Bogotà ed un
ingegnere informatico spagnolo che lavorava a san Francisco. Con
loro parlavo spagnolo, mi facevo capire e mas o menos intendevo.
Ma l’esperienza più bella fu quando passai capodanno a times
square con due francesine Geraldine e Cynthia, mi piaceva un
sacco, assai, la piccola geraldina. Mi piacevano i suoi piedi la sua
aurea, ma andiamo avanti. Io con loro. Solo ad ascoltare la loro
voce, mi innamoravo, di tutte e due. Il potere delle parole, della
musica. Ahi quanti bei ricordi. Bisogna pure dire che quasi ogni
giorno mi mettevo a piangere cosi senza sapere, senza volerlo. Era
un misto di tristezza e felicità malinconia. Era il mio primo natale
lontano dai miei, lontano dalla mia terra, di parecchio distante.
Piangevo quando passeggiavo per le strade di nueva york. Quando
la mattina sul tardi andavo a fare due passi a central park.
Piangevo tra la neve e le mie lacrime scioglievano quella neve,
quelle goccie salate riscaldavano il mio cuore nostalgico. Felice di
vivere la vacanza newyorchese ma timoroso del domani. Mai
potevo immaginare che dal rientro della stupenda vacanza
incontravo la forza della natura. È vero i destini sono sconosciuti e
invisibili ai molti. Ed io ero uno fra i tanti che gironzano senza una
meta precisa senza sapere l’esito del domani. Cosi ritornai nella
calda povera Haiti il 3 gennaio. Triste di lasciare il progresso
tecnologico che in fin dei conti mi appartiene ormai. Seppur sono
italiano sono sempre figlio della cultura americana, come in Italia
un ateo italiano e pur sempre un cattolico nella forma mentis, nel
suo modus operandi emerge sempre una cattolicità intrinseca. Cosi
sbarcai in Haiti. Un po’ scontento, ma home sweet home. I giorni
li passavo masticando qualche parola in inglese, mi ero promesso
di imparare velocemente questa lingua difficile al mio cervelletto.
Ma il giorno nove gennaio il direttore amministrativo mi dice –
antonio che ne dici di andare a Miami perché uno nostro
rappresentante commerciale non vuole venire in questo posto
dimenticato da Dio.- Ok dico come no certo che voglio andare a
Miami per fare un servizio all’impresa. Biglietto pagato,
pernottamento pagato. Tutto pagato. Devo solo andare un giorno
prendere una valigia che contiene un pezzo meccanico che serve
per aggiustare una ruspa e tornare il giorno seguente. Detto fatto.
Sono a Miami tutta la serata e tutto la mattina seguente ho una
guida molto spiritosa, l’agente commerciale che è felice di avergli
risparmiato il viaggio nel posto dimenticato da Dio. Ed io più
felice di Lui, grazie al fatto che ritorno nella consumistica Stati
uniti. Il viaggio ovviamente dura poco. Il 10 gennaio sono di
nuovo in Haiti. Il 12 gennaio, in quell’aeroporto che due giorni
prima io conobbi una haitiana figlia di padre francese madre
haitiana, avvenne la distruzione. QUell’aeroporto carino Porta au
Prince venne distrutto dall’ira del fato. Io non misi più piede lì il
16 gennaio andai in repubblica domenica e presi un aereo Santo
domingo- madrid- roma- Lamezia terme. Tornai a casa. Diedi le
dimissioni.
Nizza colloquio Calabria, mia Calabria. Mi ritrovo in posto natio
orami dimenticato, obliato. Non mi ritrovo più. Duri giorni,
scontento ed infelice. Mi succede spesso dopo una settimana che
ritorno in un posto, mi annoio di quel posto non di passare la
quotidianità. Non so perché sono cosi cinico o spietato. Ritrovo la
mia pace quando mantengo le giuste distanze con gli altri. Solo
quando sono fuori mantengo la giusta velocità fuori dall’orbita
chiamata casa. Mi dispiace delle persone dimenticate ma dispiace
soprattutto sapere che non posso fare niente e non riesco a
apprezzare nemmeno il fatto che sono vivo, illeso. Incurante che il
terremoto poteva annientarmi, lo percepii appena fui salvo dopo
quei secondi apocalittici ma poi tutto torno in me uguale, almeno
penso esteriormente cosi, la notte dormi poco. E pensai tanto.
Notte consigliera fu. Il consiglio fu quello di lasciare tutto perché
il tutto è vivere. Vivere .vivere. vivere. Non sopravvivere. Non
sopravvivere. Non sopravvivere. Appena lasciai Haiti stavo
iniziando a parlare bene in francese e a capire in spagnolo. Appena
fui in Italia no serviva sapere francese e spagnolo, me ne resi
subito conto. Non l’avevo preventivato che no serve a un cazzo
sapere due lingue per quello che faccio io. Serve solo l’inglese a
mala pena. Serve solo imbacuccarsi di belle parole nei colloqui che
tanto non ti prenderanno mai seppur hai affrontato un terremoto.
Nel bene e nel male, ma cazzo solo per curiosità ad uno lo volete
conoscere. Perché è andato lì perché e ritornato!!! Niente mandai
parecchi curriculum ma a distanza di quasi un mese no mi chiamò
nessuno. Pazienza come sempre. Pazienza ok come no detto,
dovrei rinnegare la mia carriera scolastica prima e professionale
poi. NO il problema non sono io, sono loro che vogliono i
raccomandati. Io non sono riuscito nemmeno ad accaparrarmi
qualche simpatia, mica sono una donna con la gonna seducente o
un ragazzo con la mania dei ringraziamenti e del cecchinaggio
spudorato. NO mi vendo ed ora compro a caro prezzo la
disoccupazione non preventivata. Invio cv anche in Francia Cosi
un bel giorno mi chiama una italiana e mi dice di andare a Nizza.
Avete capito bene. Nizza vicino Marsiglia, dove avevo conosciuto
le francesine di Nueva York. Andai a Nizza in treno, 160 euro
andata e ritorno. Solo un pazzo come me poteva farlo. Pochi mesi
fa mi pagavano l’aereo ora mi devo pagare un espresso andata e
ritorno. C’est la vie come si dice in Francia. Volevo cambiare vita,
ritornare a quello che facevo prima del 12 gennaio 2010, con tutti i
contro. Ma costruivo la mia vita. Adesso in Italia un giovane
volenteroso, ma anche uno che non gliene cala di fare niente… in
Italia non puoi fare niente. Feci un colloquio veloce con un italiano
piemontese, molto sulle sue a conoscere le mie aspettative
professionali. Molto stupido direi. Non considerava la mia buona
volontà di farmi 2000 km in treno. Coglione. La bella sensazione
almeno fu che ricordai la nizza della gita alle superiori. Ricordai i
viali e il profumo dei cornetti. Rimembranze assopite ma ora
pronte ad essere gustate. Comprai un bel cornetto appena arrivato e
in seguito al chiacchierata presi una bella mazzata; non servi a
niente andare in Francia. Anche lì c’è crisi prendo ingegnere si ma
francesi non certo italiani sprovveduti come me. È cosi per
l’ennesima volta tornai ad essere precario nel vero senso della
parola, minchia mi ripetevo. Iniziavo a rimpiangere Haiti. Iniziamo
a ingoiare amaramente la scelta. Ma io sono uno duro. Non torno
mai indietro. Mai. Mais. Eppure alcune volte non si può seguire il
proprio sogno come dicono in tante belle poesie. Io leggo troppe
cose belle. Mi faccio trasportare dalle scritte, mi affascino
facilmente dai bei film. Dalla musica leggera che svolazza dentro
il mio essere leggero. Eppure ancora ci credo, forse questo è il
problema. Quando tempo fa tornavo da Bolzano, mi ero convinto
che sarei riuscito a far emergere la calabria, Addirittura volevo
cambiare una regione quando non sono in grado di cambiare me
stesso, ridicolo e credulone come allora. Da adolescente vedevo
tutto in modo pessimistico, dopo tutto ottimistico, troppo. Ora mi
sono ridimensionato. Cerco di vivere la vita per come viene, per
come si può. Cercando di trovare di bello dentro il brutto.
Cercando di ascoltare la gente interessante anche quella che in
primis può sembrare sfacciata. Quasi tutti hanno da raccontare un
pezzo di storia udibile. Cosi tornando da Bolzano capii subito che
non potevo cambiare un bel niente. Tornando da Haiti finalmente
capii che non è cavolo mio cambiare nessuno, nemmeno me
stesso. Non sono io a decidere chi possa cambiare me. Sono gli
eventi che modificano, non certo noi a cambiargli. Noi siamo
come una roccia. Ma la pietra dopo tanto tempo si erode, anche
subito si rompe in caso di terremoto. Ecco perché io cambiai
subito, infatti la mia programmazione di tre anni esteri sicuri si
evolse on pochi giorni. Ritornare in europa, in Italia, In Calabria.
Cambia rapidamente opinione, come mio solito. Cambia e
finalmente ma dico FINALMENTE capii che non serve contrastare
l’acqua di un fiume, si deve lasciare trasportare… farsi portare
lontano e poi prima o poi ci si fermerà. Si può morire non
importa… ma almeno lungo il viaggio, perché di viaggio si parla,
di scoperta; il fiume ha varie mete da far vedere. La cascata è
nascosta ma neppure troppo. I furbi e gli accorti supereranno
l’ostacolo. I saggi eviteranno il salto, passeranno di lato in
anticipo. Gli schiocchi vorranno saltare senza niente. I paurosi
moriranno non di schianto ma di attesa allo schianto. Andiamo
avanti sempre comunque. Sempre comunque. Come è bello
scrivere a volte. Altre mi rompo. Altre posso dire che è
interessante. Ad esempio con una bella musica di sottofondo e la
pioggia che sbatte e batte fuori ed io scrivo, alla mia sinistra c’è
una tazza arancione, mi piace l’arancione, mezza vuota di the nero
fatto come si faceva in Marocco. Qualcosa si impara andando
fuori. Come in Haiti ho imparato che l’avocado non è buono ma
mangiato con l’aceto è super buono, squisito. Per questo mi piace
viaggiare non lo dico cosi tanto per dire… ma piace veramente.
Sarò pure malato di viaggi ma io quando viaggio piango di felicità
soprattutto sull’areo quando sono solo soletto mi sento padrone
dell’universo. Sempre è come corre sul filo del rasoio. Mi sento
icaro, non riesco a spiegare perché ma mi piacciono sia i treni che
gli aerei. I primi per parlare con gli altri per scoprire un mondo che
non potrei conoscere nelle piazze comuni, i secondi mi piacciono
perché posso piangere di felicità, non viene ovunque, non si può
fare dovunque. Sull’aereo nessuno ti vede tutti stanno a pensare
alla loro quotidianità precaria. Io invece sull’areo mi sento
immortale. Come quando andai a Dublino, come quando ritornai
da Oujda, come quando andai a londra anzi no da li tornai in treno,
si in treno… altra lunga storia. Come quando tornai da santo
domingo.
Forgest srl. Lavorai anche in Calabria. Si proprio nella terra
d’Italia più. La terra dove prima del 1861 nemmeno si conosceva
la parola emigrazione poi diverrà fino ai giorni nostri terra di
continua emigrazione. Purtroppo io non ho potuto fare niente con
le mie belle parole e seducenti speranze. La storia non guarda in
faccia nessuno, nemmeno un rincoglionito come me che spera nel
domani calabrotto. Certo abbiamo il bergamotto unico al mondo,
la ‘nduja, il mare stupendo, era, ed abbiamo tante altre cose… che
nemmeno riusciamo a mettere insieme per fare un mezzo turismo,
una mezza industria manifatturiera. Comunque non ci
dilunghiamo, parliamo dell’attuale oggiu tutti i giovani appena
diplomati emigrano e se prendono laurea in Calabria emigrano poi.
IO no sono emigrato. Ho fatto come dice Renzo Piano. Partire per
poi ritornare. Ed infatti partìì e ritornai. Ma sconquassato. Ma
ritornai. Feci un colloquio con una società che fa solo sicurezza la
quale mi promise un posto sull’autostrada certo sempre in termini
di sicurezza, una gran noia per me. Ma mi promisero un lavoro
come consulente sicurezza. Per una grande impresa di sicurezza.
Ero mediamente contento di tale successo. Non valutai l’effetto
sfiga. Dopo venti giorni mi chiamano e mi dicono telefonicamente
che sono sfortunato, lo so gli volevo dire. Ma soddisfatti del mio
cv vogliono comunque prendermi in squadra come consulente
interno da far crescere. Accetto. Non invio più cv. Adoro crescere
in una impresa di giovani, in Calabria. Come potevo immaginare,
intuire dal mio stato d’animo che crede nei sogni non si lascia
andare, perdurare ed insiste al fine di trovare non un lavoro che
soddisfi quanto meno un lavoro che a fine giornata posso dire – ho
fatto qualcosa di utile, non è stato inutile stare davanti ad un
computer o andare in giro senza una risvolta pratica – la sera mi
facevo 45 minuti di auto e poi tornato a casa mi facevo una doccia.
Una lunga estenuante doccia, mi lavavo gli occhi volevo che
l’acqua entrasse dentro me che pulisse la mia retina inondata da
ore ed ore di immagini di scritte disgustose inzuppate di retorica
altisonante e mischiate con commi articoli e tante tanta carta, carta
straccia. Io lì facevo sicurezza, ma sapevo che quella sicurezza che
io avevo la briga di redigere non serviva a niente perché tanto chi
muore al lavoro non muore per mia negligenza ma per la sua
negligenza. Tutti quelli che vogliono fatta la sicurezza è non per
far applicare la legge ma per evitare le multe. Ed io mi sentivo un
perduto in quell’ambiente. Perso dentro la sicurezza senza nessuna
sicurezza materiale nonché spirituale. Infatti mi annoio pure di
raccontare il dettaglio tanto che mi scuote la testa pensare a quelle
ora perdute in quell’ufficio. Addio Lamezia terme, addio
sicurezza. Avevo cercato di dare il mio contributo. Ma io sono uno
spirito libero. Non posso stare cosi in giro. Avrei tanto adeguarmi
al sistema, ma un sistema che mi impone di fare sicurezza solo
perché poi gli avvocati possono meglio riempirsi la bocca di belle
parole a me non piace. Io voglio andare contro il sistema. È vero i
morti sul lavoro ci sono sono circa 1100 l’anno. Una grace perdita
più del mio paesello diroccato in Calabria. Ma se andiamo a
considerare i morti sulle autostrade si aggirano intorno a 7000. Beh
possiamo dire che è una altra cosa… ma perché dire ciò perché
non diciamo che le case automobilistiche devono mangiare e noi
poveri illusi corriamo a comprare macchine quando invece in paesi
nordici la macchina diventa un lusso non la necessità. Perché non
diciamo che i trasporti pubblici li investono principalmente per
fare le autostrade non quelle del mare. In fondo noi siamo quasi
un’isola per l’aggiunto allungata. Ma perché cerchiamo sempre di
risolvere le cose che potrebbero essere risolte con calma, perché
non pensiamo ai problemi più gravi. Se un metro di giudizio sono
le morti ammazzate allora consideriamo i morti del sabato sera.
Facciamo una campagna pubblicitaria in tal senso. Ma io penso
che il metro di misura sono i soldi e chi va a toccare!! Parlare di
stop alle autostrade penso che sia contro le grandi multinazionali
della auto e dei tir. Parlare contro i morti sul lavoro che per carità
ci sono e sono tanti ma pur sempre meno, di tanto meno, delle
giovani morti. Se poi vogliamo fare i razzisti la maggior parte dei
morti sul lavoro sono extracomunitari non in regola sfruttati che
stanchi morti, stanchi inesperti muoiono cadendo da una
impalcatura, da un ponteggio. I morti sulle autostrade sono
principalmente giovani, giovani del nord soprattutto. Questo
dovrebbero sollevare molti politici ed invece un bel niente, si se ne
parla ma mai abbastanza, mai quanto le morti bianche. Detto tutta
questa arringa sul mio modo di penare. Inizio a spremermi le
meningi a vivere la vita come un ragazzo appena laureato, sempre
grandi preoccupazioni. Inizio a pensare di togliermi tutti i vizi che
non ho potuto per paura, per mancanza di fondi. Inizio a pensare di
andare nella patria dell’inglese. Nella patria dove le metro hanno le
indicazioni per far suonare la gente. Penso a Londra. Con appena
800 euro in tasca, penso che è giusto permettermi un viaggio di
lavoro. Prenoto il biglietto Ryanair. Ovviamente uno squattrinato
come me non poteva permettersi altro volo. Arrivo una mattina
fredda di Luglio, la sensazione di temperatura è parecchio
soggettiva. Io meridionale dell’estremo sud non potevo percepire
diversamente l freddo londinese. Prima sensazioni positive sul
modo di essere accolto in aeroporto. Aspetto mini bus per
destinazione city centre. Arrivo in circa una ora. Mi piace veder le
strade, vedere le case lungo la via. Tutti molto meno freddi di
quanto pensassi. Brutti i preconcetti, non sempre sono veritieri,
non sempre. Imparo tanto cose sull’ospitalità fredda. Si può essere
ospitali anche senza dire niente, anche senza parlare con lo
straniero. Dal modo di dare le indicazioni, di far capire una
distrazione semplicemente dando i giusti segnali toponomastici.
C’è sempre da imparare. Primo giorno in London vado a
pernottare in un appartamento. Il mo inglese fa paura come
sempre. Fa paura veramente. Ma sono abituato a prendere in giro,
dagli italiani per il lavoro dagli inglesi per la lingua. Ho gli
anticorpi sono immune dalle prese in giro, non sono permaloso.
Non sono suscettibile. Sono volenteroso di migliorare i miei
difetti, una volta ci restavo alle prese in giro. Solo una volta, ora
accetto la critica affinché sia costruttiva. Mi rammarico di avere
toni alti e bassi del mio sistema immunitario. Mi spiego meglio:
non sono permaloso ma nemmeno tanto immune alle critiche
fortuite. Dipende chi critica le mie abilità professionali o
linguistiche. Ma oggigiorno sto imparando. Sto migliorando. Ho
acquisito un ottimo anticorpo. La pazienza. Non l’ho trovata in
farmacia o al supermercato, semplicemente leggendo libri e
riflettendo su ciò che mi si proietta nella quotidianità del mio
umile vivere.
Renco. Continuamente mi devo ricordare quanto è importante
semplicemente vivere. Quanto è duro tirare avanti. La vita: un
susseguirsi di giorni imprevisti, nei quali si cerca continuamente la
felicità. Felice è colui che è trasportato dalla corrente e non oppone
resistenza. Chi vive di progetti assoluti è destinato a soccombere.
È giusto programmare gli eventi ma nei limiti dell’umana
condizione che è sempre soggetta al fato. Se ci poniamo un finale è
finita la bellezza della vita. Siccome mi pongo sempre quesiti sul
valore del lavoro e della sua indispensabilità per il vivere “felice”.
Valutai una telefonata che ricevetti quando lavoravo a Lamezia
Terme. Una impresa S.p.A. mi proponeva di fare un colloquio a
Pesaro per cantieri esteri. L’estero, la sua parola, il suo suono,
nella mia testolina caotica, suscita sempre magia. Infatti solo per
sapere cosa proponevano li chiamai e dissi loro che gradivo fare un
colloquio. Fissammo l’appuntamento. Io cliente che non manderà
mai in fallimento le ferrovie dello stato, andai in treno. Stanco
morto, come sempre dopo avere fatto la notte in treno, mi trovai ad
essere ben ricevuto. Ormai sono un esperto del settore non ero teso
per niente, proprio per niente. Mi chiesero informazioni sulla mia
vita professionale e mi dissero che ci sono delle posizioni aperte in
Armenia e nel Congo,bei posti pensai fra me e me. In entrambi i
casi come supervisore alla sicurezza in cantiere. Nella mente mia
pensai – ma perché mi chiedono sempre questo cavolo di lavoro –
esteriormente la mia bocca espresse – interessante!! La sicurezza è
il mio settore, sono un esperto!! – parlai anche in francese, il vice
capo delle risorse umane volle verificare le mie vere credenziali.
Fui contento di sapergli rispondere in Français. Contento fui. Mi
dissero che offrivano un posto a 1500 euro netti al mese più le
ferie pagate, vitto e alloggio. Ma stiamo scherzando volevo dirgli!!
Non vado a Parigi o Londra vado nel Congo. L’africa è bellissima
ma non è un gioco da ragazzi. O ci vado per fare volontariato o ci
vado per fare soldi, come fanno tutti, come fanno quasi tutte le
ONG (cosi gravità in questi ambienti lo scoprii proprio in Haiti). –
ci pensi e ci facci sapere!! Saluti. Saluti io dissi e li ringraziai,
volevo mandarli a fare in culo. IN congo per 1500 euro al mese.
Certo pure in Haiti prendevo tanto ma ero tutto una altra cosa.
Haiti è Haiti. Non mi lamentavo di prendere tanto anche perché poi
dopo aver dato le dimissioni mi diedero molto di più. In quel
periodo che lavoravo a Lamezia chiamai anche un direttore della
Claudio Salini, il quale mi rispose in malo modo. Mi disse in tono
altezzoso che si ricordava la lettera che avevo scritto al cantiere.
Che ormai avevo perso la partita. Era infastidita della mia
chiamata ma dal modo come rispondeva e dal tempo che mi tenne
al telefono non pareva. Volevo dirgli – ma come Lei illustrissimo
ingegnere si ricorda di un misero ingegnere sprovveduto, non altri
mille impegni per dimenticarsi dell’accaduto. L’alterigia è una
brutta bestia. Fatto sta che lui era infastidito del mio
comportamento. La colpa non fu mia se in quel cantiere mi
sbattevano la porta in faccia. Io poi riuscì a trovare lavori in altri
posto con imprese anche più grandi. Con modestia posso dire che
ero idoneo a quelle maestranze. Tutti lo siamo basta volerlo.
Esperienza cameriere Londra. Allora arrivato a Londra il primo
giorno faccio il turista. Il secondo mi presento al ristorante
RIccardos. Un ristorante gestito da un italiano figlio di padre
toscano e madre inglese. Non mastica bene l’italiano ma per il solo
fatto che accetta me di vederlo io accetto lui. MI riceve la mattina
una signora portoghese che parla anche l’italiano. Quel giorno si
fanno dei colloqui. Anche ai ristoranti fanno i colloqui. Il cuoco è
un napoletano un po’ cazzone. Questa è la mia sensazione. Tale
immagine preventiva poi si svelerà quella giusta. Infatti si da delle
arie di tipo che si è realizzato. Nemmeno fosse un professore
dell’Oxford università. Comunque il tipo esamina le credenziali di
vari ragazzi e per me dice che devo aspettare Riccardo. Nella mia
mente penso ma chi me l’ha fatto fare. Io ingegnere, dopo una
esperienza estera devo iniziare a lavare piatti per imparare un po’
di inglese. Allora a pranzo mangio con loro perché ho indosso la
loro uniforme. Prima pranzato mi riceve riccardo e mi mette subito
a lavoro. Senza nemmeno vedere il mio inglese il mio savoi faire.
Alla fine devo fare il food runner mica lo chef. Allora sono
parzialmente contento della realizzazione dell’avventura londinese.
Porta sopra i piatti scendo sotto il resto del cibo mangiato dagli
snob londinesi di Chelsea. Inizio a correre, in questo ero bravo.
Inizio ad entrare nel gruppo. Tutti meno il capo napoletano mi
accettano nei loro meandri. Lo chef non perché non accetta la mia
presenza. Scoprirò che è stupito, intuirò che non vuole la mia
presenza perché io sono stato messo in team senza avere il suo
giudizio. Qui capirò tante cose. È vero che le persone anche senza
scuola possono essere super intelligenti. La filosofia non è
importante per lavorare ma per capire i sentimenti degli uomini
serve, parecchio. Il tizio napoletano non avendo fatto giustamente
filosofia non poteva capire che io ero lì per fare qualche soldo e
nel frattempo imparare inglese. Non capiva che tutti i food runner
fanno i food runner solo per una questione economica. Non penso
che sia tanto nello nel correre per portare cibo dentro una locale.
Sopra sotto, sotto sopra. A meno che non hai altre aspirazioni tipo
diventare cuoco o chef. Nessuno aspira a diventare food runner.
Infatti gli altri erano food runner come me. Non erano delle cime
di esperienza culinaria. Ex Studenti, ex lavoratori di altro. Quindi
fa in modo che io non apprezzi minamente quello che faccio. Alla
fine visto che ne ho passate tante nelle mia vita non cedo alle sue
sgrida. Alla fine mi licenzia. Io aspettavo questo proprio perché
me ne fottevo di questo lavoro. Mi licenzia senza un contratto. Un
pseudo contratto. Ho lavorato solo 10 giorni. Mi ha pagato. Ero
felice lo stesso. Ora la mia esperienza lavorativa era finita. Non mi
piacque tanto londra. Le città grigie non mi piacciono. Sono troppo
attaccato al sole e al mare. New york ad esempio e grigia ma vai a
central park e tutto cambia. Tanti parlano dei parchi di londra. Ma
andare ad un parco di Roma, il confronto nemmeno si fa. Vince di
gran lunga la millenaria Roma o la secolare New York. Insomma
non sono mai stato licenziato mi licenziano per aver fatto il food
runner. Forse era un modo per disprezzare la loro categoria ma non
penso quel suo gesto era per rappresentare che solo lui può contare
nel suo locale. Nemmeno il padrone Riccardo. Seppure sia stato 18
anni a londra le sue qualità italiane o napoletane restano tali. Non
ho nulla contro Napoli. Io sono meridionalista ma alcuni
napoletani mi stanno sui maroni. Uso un termine nordico per
rendere meglio il senso. Napoli è stata la città della luce, il primo
sistema di illuminazione pubblica fu fatto qui non a Roma o
Milano. LA prima tratta ferroviaria fu fatta qui non a Torino o
Genova. La prima pizza fu fatta qui non a Parma o Bologna. La
prima legge sui rifiuti fu fatta qui non a Bolzano o Brescia. Ma la
Napoli di oggi ha tanti difetti, le condizioni storiche hanno portato
ad essere una delle ultime o delle prime rispetto a cosa si
considera. Ma Napoli è una città del Sole anche con la puzza di
oggi. I napoletani sono super inteligenti proprio perché appena nati
si devono adattare. Non hanno niente di garantito ma devo anche
capire che in altri contesti quel loro modo di adattarsi deve essere
vissuto diversamente, non sempre cercare di prevenirsi, di
preparare il terreno favorevole alle loro condizioni. Fare i
Napoletani a Napoli lo posso capire, serve per poter vivere. Ma
fare i Napoletani a Londra, no. Un calabrese a Londra, fa il
londinese. Un siciliano a New York fa il newyorchese. La mia
esperienza è soggettiva come tutte le esperienze ma da questo
episodio londinese ho tratto le mie opinioni sui napoletani, giuste o
sbagliate. Licenziato me ne torno in albergo felice di avere in tasca
350 sterline. Sono felice, penso al ritorno in Calabria. Lì ora c’è il
sole, quello vero caldo. Ora ci sono i turisti o meglio ci sono gli
emigrati che ritornano al paese natio, ritornano con figli o parenti o
amici. Insomma ora nel mese di agosto si sta da DIO in Calabria.
A prescindere se il mare è un po’ sporco ma è pur sempre bello
nonostante tutto. Preferisco il mare blu sporco calabrese e non il
finto mare bianco pulito emiliano. Allora con Raynair dovevo
tornare per san Rocco ma visto che ero stato licenziato e visto che
non potevo permettermi una immediato prenotazione di volo aereo
decido di fare una follia. LE pazzie mi piacciono soprattutto se
riguardano il viaggio. Anticipo i tempi di dicei giorni, prenoto un
biglietto con Eurolines. Faccio Londra – Parigi - Milano. Giunto a
Milano prendo il treno e scendo. Stanchissimo ma felice di avere
tanto tempo per poter leggere. Felice veramente. Giungo a
Lamezia terme. Come sempre i miei sono sempre disponibili a
ricevere il loro figlio prodigo che ritorna dal lungo viaggio. Mi
hanno portato all’aeroporto di Lamezia terme e mi prendono a
distanza di venti giorni alla stazione ferroviaria di Lamezia terme,
forte no!! Inizio a divertirmi, quei giorni d’estate saranno
entusiasmanti seppur in tasca non avevo un soldo. E da tanto che
non mi divertivo cosi. Forse apprezzai quell’estate perché la
precedente ero nel Marocco, lontano da tutti, vicino al deserto e
bevevo solo thè. Penso che apprezzai l’estate in Calabria più delle
altri estati della mia vita per un semplice fatto. Era la prima volta
che analizzavo il vero valore della libertà. Io amo la libertà ma non
ho mai capito il suo valore fino a quando mi è venuta a mancare.
Cosi mi sono trovato ad avere un paio di jeans americani con la
tasca sinistra bucata. Senza un soldo ma libero di decidere. È
meglio essere liberi senza soldi o con i soldi prigionieri? Ma se
non abbiamo soldi non siamo nemmeno liberi!! È vero in parte. Il
denaro permette di godere di alcuni beni ma se non abbiamo una
conoscenza del mondo che gravita intorno a noi e se non
conosciamo cosa c’è dentro di noi, non godiamo la dolce vita. La
bella vita c’è l’ha chi è parsimonioso non dell’avere ma
dell’essere. Per essere intendo gli stati d’animo, sapere
comprendere la bellezza di una giornata di sole mentre stiamo
correndo in un prato. Cogliere l’immagine di un qualcosa di bello.
Saper essere grati a prescindere. Scoprire una idea sconosciuta agli
altri magari stupida per gli altri ma interessante per te. Per essere
io intendo questo più o meno. Ringraziarci continuamente di avere
la possibilità di salire le scale.
Pavimental Mentre tornavo da Londra in treno mi suona il
cellulare. L’avevo lasciato acceso, per caso. A Londra è meglio
che non mi chiama nessuno dall’Italia perché pago pure io. Ripeto,
ad un certo punto mi suona il cellulare ed una ragazza, come
sempre chiamano le ragazze, quasi sempre. MI dice che l’impresa
Pavimental ha delle posizioni aperte in Italia. Io volevo dirle fra
due giorni arrivo in Italia, ma dico che sono felice di poter fare un
colloquio con la sua impresa. Lei dall’altro capo del telefono avrà
pensato questo è proprio un paraculo. Tuttavia mi viene incontro
con le date. MI dice che per lunedi x no si può ma si può spostare
per giovedì y. Va bene, grazie. Saluti. Arrivato in Italiami preparo
in pochi giorni per una nuova piccola avventura. Prenoto il mio
solito biglietto di treno notturno. Per l’ennesima volta arrivo
stanco, stanchissimo. Questa mi devo fare 3 km a piedi, andai
proprio in cantiere. Ma è proprio vero che solo camminando si
assaporano le bellezze del paesaggio. Ebbi modo di ammirare i
colori dell’adriatico, pensavo di peggio invece mi piacciono seppur
la contemplazione dura poco. Io sono un instancabile
passeggiatore e quando passeggio, volo. Giungo nel cantiere
chiedo di Tizio e Caio, mi indicano Sempronio. Vado dal romano.
Mi dice di attendere e nel frattempo inizio a vedere entrare ed
uscire vari ragazzi e ragazze (quest’ultime molto avvenenti, non in
sintonia con il paesaggio detto volgarmente cantiere). Finito il
colloquio li ringrazio e dai loro occhi intuisco una fonte di
ammirazione nei miei confronti, forse pure troppo. Capirò in
seguito che per quella posizione ero troppo bravo. Capirò che
molto probabilmente avranno preso una di quelle avvenenti
ragazze non in armonia con il panorama detto cantiere, capiro che
la sua armonia di forme contribuirà a trovare un lavoro vicino casa.
Capirò tante cose ma che in realtà avevo giù intuito. Tuttavia
accade l’imprevisto mentre mi dirigo alla stazione mi squilla il
benedetto telefonino. In Haiti avevo comprato un bel cellulare ma
che cadde nel cesso. Da allora ho il mio piccolo Nokia. Mi
sorprende sempre. Questa volta mi suona e mi dice che un signore
di Frosinone vuole che faccia il colloquio da lui. Gli dico si come
no vengo subito. Infatti in men che non si dica avevo un biglietto
euro star Riccione - Roma. Andiamo in capitale.
Vona arrivai nella bella stazione termini ma subito come una saetta
presi il treno regionale per frosionone. Giutno in questo posto
super pieno di smog, non capisco come!! Ma ebbi una bella
impressione di quelle che capitano solo a chi viaggia. Chiesi una
informazione ad un ragazzo che stavo fermo alla stazione senza far
niente, a contare i passanti. I viandanti. Gli dissi se sa la via che
conduce dall’impresa Vona. Non non so ma ti posso aiutare lo
stesso. Mi accompagno a diverse autolinee ma tutte dissero che da
li non ci passa nessuno. Ero un po’ triste ed ora come faccio.
Prendere un taxi mi costa troppo, parecchio. Il ragazzo di buon
cuore mi diede il suo biglietto di sola andata, l’unico che aveva,
ancora lo tengo, non lo utilizzai. Non andai ne con l’autobus ne
con il taxi. Andai con la macchina che abbiamo sempre in serbo.
Andai con i miei polpacci, con le mie caviglie. Andai alla rinfusa,
sbagliai diverse vie ma alla fine giunsi nell’area industriale. Ero
contento seppur stanco questa volta non per il viaggio (l’avevo
fatto di giorno). Ero esausto per i 5 km a piedi fatti sviando tir e
scavalcando cavalcavia. Mi dissero di attendere e mi diedero delle
pagine prestampate da compilare test attitudinali. Feci il colloquio,
semplice semplice. Parlai con il presuntuoso ingegnere che
sembrava so tutto io… lo rividi in seguito in altro posto. Poi dirò.
Mi chiesero perché lascia Haiti, e beh volevo dirgli andate voi in
Haiti con la vostra giacca e cravatta!!! Dopo ferragosto le faremo
sapere. Ritornai in stazione o meglio corsi come un treno veloce in
stazione. Non potevo perdere l’ultimo treno per Roma. No l’ho
perso arrivai pure in anticipo di 5 minuti. Ero felicemente esausto.
Ebbi un’altra piacevole sensazione. Mentre venivo trasportato dal
treno sentivo di essere un essenza dell’universo e qualche mio
cakra era in armonia con il tutto, forse perché dopo la corsa avevo
attivato qualche cosa spenta da tanto tempo ma sentivo l’aria densa
e briosa seppur mi trovai nel pieno centro di Roma a prenotare il
ritorno per la Calabria.
Astaldi. Roma è Rome. Non so cosa mi venne in mente quando fui
chiamato da un 06… di certo fui subito contento di ricevere una
tale chiamata. – Pronto sono chiamo dall’Astaldi SpA, le
comunico che lei è uno dei pochi vincitori per andare in un’oasi
inesplorata ricca di felicità e fertilità. – no scherzo non mi dissero
ciò. Ma il senso che io percepii fu più o meno quello. Di sorridere
all’idea che la seconda impresa di costruzioni più grande d’Italia
chiamasse me. La signorina fu molto cortese, mi disse di pensarci
su, di considerare il prestigio che può nascere nel chiamare una
impresa quale questa. Ci vorranno comunque un paio di mesi per
poter partire. Quindi ci pensi su e mi faccia sapere. Saluti.- ed è
cosi che ricevetti la telefonata il 6 agosto ed il 22 agosto ero a
Roma per andare dall’astaldi. Andai con un espresso seconda
classe, quando invece con la ghella mi pagarono un bella cuccetta.
Faceva caldo quel giorno. Aspettai nella sala immensa come loro.
Avevano tanti simboli nelle loro pareti, non li comprendevo, forse
no del tutto. Andai a bagno, riandai. Finalmente fui chiamato. Ciò
che mi rimase impresso furono i callcenter, pensai alla loro vita
alla loro volontà di lavorare. Io pensai che non sarei riuscito a fare
il loro lavoro. Senza denigrare nessun lavoro ma ora senza un
soldo in tasca sono contento lo stesso di andare alla ricerca di un
lavoro, di un qualcosa che possa mantenermi in forma, mi obblighi
ad andare incontro a qualche pericolo. Voglio un lavoro che non
sia monotono. Ogni giorno voglio che mi porti un imprevisto e che
lo sappia risolvere, cerchi di farlo. Non desidero che altro,
mangiare e bere, vestirmi con i miei soldi guadagnati con sudore,
spremendo le meningi. Non vorrei un giorno ringraziare qualcuno.
Anche se che dovrò ringraziare qualcuno che non sia mio padre e
mia madre. Troppe cose che combaciano non possono coesistere.
Allora non resta che fare una scelta drastica o l’Italia con il suo
buon vino e i suoi spaghetti sempre ben conditi e al dente o
l’estero il contrario della mia nazione. Scelsi quel giorno ma no lo
dissi, alla fine del colloquio la signorina mi ringrazio di essere
venuto e di pensarci seriamente alla possibilità di avere una
crescita professionale rampante in Algeria. Avrei preso poco sui
1800 euro netti al mese, la compagnia faceva questo trattamento
per iniziare una cernita di chi è veramente interessato all’estero. Si
come no! Io vado in Algeria proprio per dimenticarmi di esistere
su questa vita. Non vado certo in Algeria, vado in mezzo al
deserto. Ma io non lo so!! Vogliono succhiarti la vita. Se ne
fottono della tua vita in quanto tale. Sono un numero è questo mi
può stare bene ma non accetto di essere trattato come un numero
che non vuole numeri. Non conta se non conto le stelle o giorni di
luna cadente. Non gli importa niente del mio pensiero sullo
sviluppo ecosostenibile, sulla blue economy, non interessa se io
sono bravo a giocare a calcio o sappia orientarmi in una città
semplicemente vedendo le ombre dei palazzi. A loro non fotte
niente di me e perché io mi dovrei interessare di loro. Che vadano
a farsi fottere loro, la loro quotazione in borsa, il loro trampolino
di lancio. A distanza di 10 giorni la chiamai, anzi gli inviai una email. Mi ringraziò per il complimento che gli feci (lavai la faccia
come imparai negli anni) e mi disse che se altre posizioni
sarebbero sorte in Italia o in Europa sarei stato avvisato. Ringraziai
di nuovo per la possibilità che mi davano comunque di non essere
escluso. Non fui mai più chiamato dalla Astaldi SpA.
Appena rifiutai lo stesso giorno mi chiamò un ragazzo un anno più
piccolo di me. Era un project manager. Mi disse che domani
sarebbe stato a Lamezia terme all’aeroporto. Gli dissi che ero lì
vicino. Andai li come concordato. Ci andai e vidi che era tutt’altro
di ciò che mi aspettavo. Era un classico figlio astuto ma in fin dei
conti stupido. Fesso per come io vedo il mondo. Molto
probabilemente lui vedeva in me le medesime cose. Non da
recriminare ma io vedo la terra come un luogo dove è importante
avere alcune garanzie ma non avere le garanzie economiche come
obiettivo unico. Non chiedi mai perché era cosi teso. Ma l’intuì da
come rispondeva. Non invidiai affatto la sua vita con la sua. Io
povero precaro lui ricco sicuro affarista. La differenza è che io mi
sveglio con la preoccupazione di trovare lavoro. Lui con la
premura di raggiungere il target fissato per fine mese con
l’aggiunta di rischiare di furti alla sua proprietà. Io ho dormo a
porte aperte. Lui con i muri alti. Mi parlo delle sue grandi
aspettative delle belle cose che fa la sua azienda. Mi scrocco un
passaggio da Lamezia terme a Castrovillari. Opportunista. Per
fortuna che aveva tanto da fare che lo lascia lì in mezzo agli altri
imprenditori e me ne andai. Sapendo che non mi avrebbe
ricontattato. Ero troppo furbo per quello che cercava. Io chiedevo
dei guadagni, di quanto prendevano di utile mediamente per ogni
commessa. Non accettò la mia irriverenza. Da classico borghese
ebbe paura della sua stessa matrice. I soldi, il profitto. Cosi non
ebbi nemmeno lavoro nemmeno da uno più piccolo di me. Non era
un arco di scienza. Ad esempio quando mi disse io in puglia non
ho mai lavorato. E per forza gli dico- in Puglia mica ci sono ponti.
È tutta un tavoliere, un tavolo. E disse.- non ci avevo pensato. Eh
volevo dirgli tu puoi fare soldi ma non hai molto tempo per
pensare, ovviamente nemmeno te ne fotte. Ovviamente
l’importante e fare profitto. Ma l’uomo non si misura da numeri
che rispecchiano i soldi dentro un portafoglio. L’uomo si misura
anche di questo, ma un vero cittadino del mondo di misura dalla
sua capacità di dare valore aggiunto al pianeta terra. E tale valore
si da in svariati modi. Mangiando una mela rossa, rinunciando ad
un pezzo di carne al giorno. Andando a trovare ogni tanto tua
nonna. Andare in giro per fare qualche foto di qualche barbone.
Dare qualche indicazione in inglese a qualche cinese. Cercando di
non farsi troppe paranoie sui saluti non fatti. Ricordarsi di chi ha
fatto male e chi riempie giornate con discorsi proficui o con brividi
alla schiena per una canzone che si sente in metro. Siamo fatti cosi,
vogliamo drogarci di belli presupposti, ed è giusto così. Sbagliato
e pensare che non possiamo fare in modo che ciò avvenga. Non è
necessario di essere seduti con il proprio culo sul trono più ambito
del trono. Basta avere buona dose di allegria e positività.
Rimboccarsi le maniche e affrontare la giornata. Andare incontro
al vento, essere di controvento. Cantiamo quando siamo tristi,
ascoltiamo le canzoni che ci ricordano i tempi passati. Ecco le frasi
retoriche che mi sospingevano per saltare il muro che faceva
ombra.
Cavalieri fu. Un bel giorno di agosto fui chiamato da un prefisso di
bergamo. Era un tizio di Catanzaro che lavorava da anni nel Nord
Italia. Molto pacato nella conversazione telefonica. Ovviamente il
mio accento nascondeva il suo, lieve e impacciato. È proprio vero
che chi emigra poi impara a vendere tutto di se. Anche il suo
timbro di voce. Più a nord vai e più diventi english. Anche questa
volta andai all’aeroporto di Lamezia terme. Solito incontro. Perdeti
più di mezzora poiché l’aereo che fece ritardo voleva dare il
benvenuto al Sud. Queste imprese di costruzioni dovrebbero
ringraziare il meridione. Uno per le infrastrutture che mancano.
Due perché permettono di fare riserve su riserve, visto che le
condizioni contrattuali sono molto suscettibili al contenzioso.
Ritornando all’attesa in aeroporto ebbi modo di parlare con loro.
Dialoghi con il progect manager della commessa x e anche con il
direttore di cantiere dello stesso cantiere x. Mi disse le faremo
sapere a breve. Io intanto pensavo di aver fatto una bella figura.
Oramai ero in grado di lavare la faccia e dire quello che vogliono
sentire. Ora mai non sono uno senza cravatta. Nemmeno il caffè al
bar ci prendemmo. Non so perché forse non avevano tanti soldi.
Era la seconda volta che facevo un colloquio all’aeroporto. Mi
dovrò abituare all’idea!!
Puglia solare. Sto spendendo tempo Sotto il sole della mia
Calabria. Forte gli inglesi che dicono trascorro le vacanze come I
spend time… ora sto trascorrendo le mie vacanze in calabria.
Questo mese di agosto voglio trascorrerlo nel pieno della serenità
anche senza un soldo voglio bruciarmi dai raggi ultravioletti. Era
da tanto troppo tempo che non vivevo alla giornata. Lontano dai
pensieri lontano dal movimento incondizionato delle palpebre. Eh
si quando son nervoso e bevo troppo caffè mi tremano gli occhi o
meglio mi tremano la palpebra sinistra. È poetico il suo
movimento mi piace però a lungo andare mi preoccupa.
Ultimamente si muoveva troppo e visto che le persone con le quali
instauro un dialogo si accorgono del mio nervosismo espressivo,
giro il volto dalla parte non visibile al ticchettio spontaneo. Anche
in lavoro si lavora, anche in agosto. Infatti chiama il solito tizio
che cerca le mie credenziali. Vado a cosenza per fare il colloquio.
Un Caio pugliese mi dice se ho le credenziali per fare l’assistente
safety manager ed anche site manager ad uno dei cinque impianti
fotovoltaici da fare in Calabria. Certo che sono capace, rispondo.
Naturalmente ho la preparazione necessaria per adempiere a ciò
che Lei richiede… e bla e bla e bla. Volevo dire <<L’anno scorso,
ad agosto, l’ho passato in Marocco ora sentite me andiamo a farci
un bagno al mare e poi in inverno facciamo l’impianto.
Ascoltatemi >>. Non lo dissi, come sempre trattenni I miei
pensieri pericolosi. Anzi gli dissi <<Io sono disponibile al 100
%>> sembravo una work sex. Nel lavoro, ai colloqui faccio
sempre cosi… peccato che poi li mando tutti a quel paese. Mi tiene
precisare che io Antonio sono un grande lavoratore ma quando la
mia libertà è toccata non ne posso più, chiudo i rapporti. Cosi
faccio con tutti anche con il gentil sesso. La mia libertà finisce
dove inizia la tua, J.J. Rousseau, tale frase è il mio totem e non
finirò mai di pensarla di perseguire questo idea. Questo concetto.
Questo modo di riuscire a credere. Di sostenerlo. Di predicarlo. Di
convincere gli altri e prima di tutti me stesso che la libertà genera
libertà, genera benessere e modesta felicità. Fredom liberte…
credere in ciò che si vuole ma convincersi che senza libertà di
pensare non si danno i presupposti per conviver su questo precario
mondo. Liberiamo il mondo. Ed allora che l’interlocutore pugliese
capii il mio modo d’essere, la mia volontà. Forse capii che sono un
facchino ma non accettò il mio istinto che chiedeva solo libertà.
Non accettò di vedere in me la voglia di libertà, ormai era abituato
alle sue regole imposte da altri, era troppo rischioso dare uno
spiraglio di luce dal quale potesse anche lui vedere un po’ di
famigerata libertà. L’abitudine genera mostri, svegliamoci. Ed io
mi sono reso conto di essermi svegliato da un lungo letargo
quando mai me lo sarei aspettato. Ad esempio tornando tardi la
notte dal ristorante dove lavoravo a Londra. In quei pochi minuti
sulla metro, stanco morto, capivo quanto è bello correre, correre
stanchi e felici di sentire con l’ipod london calling dei clash. Se
non avessi rischiato. Se avessi seguito le condizioni imposte dalla
borghese società non avrei potuto gioire di ascoltare quella
canzone dentro la metro londinese nel pieno della notte, in July.
Non avrei goduto nel vedere quella ragazza che somigliava tanto
alla elegante lady diana ringiovanita, moderna. Poche sono le
ragazze inglese, ma quelle poche sono veramente belle. Amo le
francesine ma hanno qualcosa sotto il naso. Ovviamente le italiane
sono le migliori ma a livello caratteriale lasciamo perdere. Non so
se il gioco vale la candela!! Se non avessi ascoltato il mio istinto
sarei rimasto in Italia a fare, come tanti, l’ingegnere per mille euro
al mese o poco più, addormentato malpagato sfruttato indignato
depravato denigrato. Invece sono qui senza una lira. Ho girato il
mondo, mezzo. Ho goduto degli istanti. Senza una lira ma con
grazia di non averne. Fiducioso di me stesso perché ho visto il
mondo come gira e credo di migliorarmi. Il pugliese non mi
chiamò per lavorare all’impianto fotovoltaico da fare a Pizzo
Calabro. Ero felice potevo godermi il sole il mare e la montagna
anche senza un euro in tasca. Peso che quell’estate sia stata la più
intensa della mie estati.
European engineering. Fui chiamato un bel lunedì di settembre.
Periodo da me prediletto perché si fa la vendemmia. Questa volta,
poche volte feci come feci. Cioè dissi guardi parlo schiettamente
quanto mi da al mese. Io non certo vengo per 500 euro al mese.
Allora mi disse che non potevo fare queste pretese anticipatamente
e che telefonicamente non si può dire quanto devo essere
percepire. Allora dissi mi dispiace sarà per un'altra volta o meglio
dissi che ebbi un imprevisto e per quella data fissata potei andare
al colloquio. La cosa forte fu che mi chiamò e mi disse che
conviene andare che ci sono buone probabilità di prestazione
occasionale. Ed è cosi che andai a Roma per l’ennesima volta. In
zona Garbatella feci il fatidico colloquio, tranquillo come non mai.
Ormai sono un vecchio del mestiere. Piazzai il mio concetto di
flessibilità e versatilità e l’architetto che mi esaminò fu soddisfatto
della mia persona tanto al punto che volle lui modificare il mio cv,
farlo più bello. Ed è cosi che modificammo le mie belle paginette
che mi rappresentano professionalmente. Quel giorno fui contento.
Era da tanto che non mi accettavano per lavorare. Era da quando
diedi le dimissioni a Lamezia terme. Ora potevo ritornare alla sola
routine. Ora potevo essere il solito ingegnere piccolo, piccino, che
fatica ad arrivare a fine mese, seppur lavora. Abbandonare ogni
certezza è sempre stata la mia spada per poter lavorare
serenamente. Come si può lavorare con serenità se non ci sono
garanzie!!! Io riesco, non pensando alle conseguenze. Allora ebbi
vitto e alloggio e andai a Montalto di Castro. Li si stava facendo
l’impianto fotovoltaico più grande d’Europa. Già conoscevo
questo paese, ero andato a trovare una ragazza che conobbi a
Lisbona quando feci l’Erasmus, bei ricordi. E poi un giramondo
come me non ha problemi di spostamento, sono un corpo che può
essere messo in qualsiasi buco di posto. Il primo giorno lavorativo
fu impressionante. Mi dissero <<Ah ecco il nuovo preposto che
richiedevamo da sei mesi!!>> Mizzica pensai tra me e me. Lascio
il lavoro a Lamezia terme perché non voglio più fare sicurezza,
non voglio più toccare questo settore e qui mi tocca fare l’addetto
alla sicurezza. Mi hanno ingannato, mi hanno promesso assistente
project manager, assistente site manager, assistente construction
manager ed invece devo fare quello che non mi piace fare e quello
che no sono portato a fare. Povera Italia che investe in modo errato
sui giovani. Povero io, doppiamente. Sfruttato e malpagato potevo
accettarlo ma ora pure imbrogliato!!! E va bene che posso fare ora.
Sono salito con la mia macchina. Son salito spendendo un bel po’
ormai devo almeno farmi un mese. Poi vedremo. Per fortuna che
mi portai un bel po’ di sicurezza, scarpe antinfortunistiche ed
elmetto. Voglio precisare. Io non odio chi fa sicurezza, non
ridicolizzo questo settore. Ma voglio far notare che tanti parlano e
sparlano dei 1200 circa di morti bianche all’anno. Ma
dimentichiamo che in un anno muoiono circa 7000 persone sulle
autostrade, di tutte le fasce d’età, soprattutto giovani e
giovanissimi. Quindi è giusto sensibilizzarci alla sicurezza ma
mettere prima in conto le altri morti, maggiori in numero e qualità
(parliamo di giovani). Non è essere cinico ma obiettivo nel
giudicare. Il fatto è che quando tocchiamo le quattro ruote andiamo
a toccare un ambiente molto scottante in Italia. Tocchiamo
imprenditori che in un certo senso hanno rovinato l’Italia. L’hanno
rovinata perché una penisola-isola come la nostra poteva
sviluppare enormemente il concetto delle autostrade sul mare
invece abbiamo delle strade che mangiano 7000 morti l’anno.
Peccato parlarne, peccato non poter fare qualcosa. Avrei tanto
voluto fare una tesi su questo argomento ma non ebbi fortuna di
trovare un professore che pensasse in tal senso. A Montalto non
durai molto. Sono sballato, sono troppo irrequieto, tanti dicono.
Ma non è cosi. Non accetto di rimanere sospeso tra il non fare
niente e il fare quello che non mi piace. E dopo 40 giorni diedi le
dimissioni o meglio non rinnovai il contratto a progetto. L’evento
straordinario fu che ogni settimana mi chiamava un qualche studio
o qualche impresa che hanno sede o operano a Roma. Ed infatti
ogni fine settimana andava a fare un colloquio. cogliendo
l’occasione di ringraziare chi mi ospitava a Roma tra cugini e
amici, altrimenti lì, nella città più bella del mondo avrei dovuto
affittarmi stanza per viverla solo il fine settimana. Ah dimenticavo
di annotare che nella viterbese si mangia abbastanza bene. E poi
come dormivo bene a Tarquinia, a pochi chilometri da Montalto di
Castro. Avevo una stanza super, tutta mia. Ero nella città
patrimonio dell’Unesco.
Impresa spa siamo ad un venerdì di ottobre e come il solito di quel
breve periodo il fine settimana rientro a Roma. Dai miei parenti. A
Roma è pieno di calabresi. Ed infatti rientro con grande gioia
perché vado a fare alle sette di sera un colloquio niente poco di
meno con l’impresa Impresa SpA. Era da tanto che non mettevo
piede con queste imprese immense. In fondo mi ero affezionato
alla loro austerità nel trattare le persone. Il signor dal cognome
siciliano è soddisfatto di vedere la mia giovinezza e la mia beltà.
Appena entro noto che giocherella con una porta mine identico al
mio portamine in haiti. Naturalmente non perdo occasione di
evidenziare la coincidenza. Lui non ci fa caso. Ultimamente bado
troppo alle coincidenze. Non le considero tali. Secondo me c’è
qualcosa che a noi è sconosciuto ma nell’immensità delle casualità
c’è una logicità che a noi comune mortali non è permesso vedere
conoscere riconoscere. Parliamo del tutto, della difficoltà che c’è
nel lavorare all’estero. In quell’estero evidenzio io. Parliamo di
Kazakistan ahzerbajan. Mando i saluti ai miei ex colleghi del
master che conobbi a catania ed ora lavorano con Impresa SpA.
Mitica Catania per mangiare e bere la sera, il centro di CT sembra
un quartiere di Roma, San Lorenzo. Non escludo di continuare
all’estero ma faccio capire che mi sono rotto le scatole di
continuare con questo estero. Basta. Saluto e prometto che farò
sapere entro fine mese se sono veramente interessato. Non lo
chiama più. O meglio lo chiamai per l’anno successivo.
Open project. Sempre durante le ore lavorative mi chiama uno
studio bolognese che deve fare una costruzione nel centro di
Roma. Mi dice se sono impegnato. Ovviamente dico di no. Per
fine mese sono libero. Sono libero, bella parola. Mi suggerisce di
tenermi pronto per qualche giorno della settimana successiva che
forse verrà qualcuno a Roma e in quell’occasione si potrebbe
effettuare un colloquio conoscitivo. Non crepo dalla pelle di fare
un colloquio e anticipo il tutto. Parto io a Bologna. Pensavo che
fosse più vicina. Ma ne approfittai per visitare Montalcino, Vinci e
la bella e snob Siena. Sabato da montalto di castro partii per
destinazione Bologna. La notte dormii all’autogrill di san Giovanni
Valdarno. Per la prima volta feci come un camionista. Dormii in
auto. Mezzo camionista. Anche questa volta feci una bella
impressione, peccato che non sono di parola. Sono una prostituta
del lavoro, vado dal miglior offerente, e non trovando il miglior
offerente resto, per più della metà dell’anno, disoccupato ma
occupato a leggere giocare e correre.
Transtech. Altro venerdì nero. Vado in uno studio anzi siccome mi
veniva difficile andare da quel studio, vicino al raccordo nella zona
di rebbibia ci incontriamo in zona Parioli. Anche questa volta
faccio bella impressione. Ma questa volta è diverso, l’ingegnere
mi fa bella impressione. Mi parla di donne, di Haiti, di India. È
stato in Haiti, conosce un suo compagno di superiori monsieur
Panetta, il topografo che conobbi nel breve lavoro in Marocco.
Che coincidenze se di coincidenza si vuole parlare. C’è solo un
problema in quella stessa settimana firmai un contratto a tempo
indeterminato con la Cavalieri SpA per una galleria a Squillace
(CZ) in Calabria. Lui fu rammaricato di sapere questa mia
assunzione. Ma io lo rincuorai dicendo che brevemente, molto
brevemente avrei avuto occasione di ritornare a Roma per lavoro.
Avevo qualche presentimento. Infatti non durai più di otto giorni a
Squillace. Otto giorni un contratto a tempo indedermintao!!! Sono
pazzo, qualcuno mi vuole prendere a calci!!! Do le mie
spiegazioni, aspettate. Va bene che mi avevano detto che il ruolo
era di tecnino amministrativo ma fare tre ore al giorno solo di
fotocopie era veramente da pazzi. Li lasciai lì su due piedi. Senza
rancore, felice di fare il giusto. E bhè questa volta avevo
veramente ragione. Mi sono spaccato per prendere una laurea in
ingegneria ed ora mi trovo a fare 10 ore di lavoro al giorno di cui 3
ore li passo solo a fare fotocopie di bolle, fatture ecc. insomma
santa Italia, santa Calabria mi avete proprio deluso. Mai arrivai a
questo punto. Ed è cosi che richiamo il signor Transtech. E felice
di sentire la mia voce, dice di richiamarlo fra una settimana.
Passeranno tre settimane e finalmente mi disse di salire a Roma e
vedere quale sistemazione è più idonea alle mie credenziali. Io
come al mio solito cogliendo la palla al balzo mi precipitai nel suo
studio. Non lo convinsi tanto questa volta, mi disse ormai di
aspettare il nuovo anno. Per la prima volta della mia vita lavorativa
mi fidai, mi fidai del suo dettame verbale. E sbagli. Ai primi di
gennaio mi disse che non c’era lavoro che erano in crisi. Balle.
Avrei voluto mandarlo a quel paese. Fan culo.
Montealto es. Ormai ero giù di morale, ma continuai lo stesso a
mandare cv. Ne mandai più di mille. Mandavo senza vedere chi
erano e chi cercavano. Bastava che fossero imprese di costruzioni
o studi di ingegneria. Ed infatti mi chiamò mentre ero al
supermercato di Lamezia terme una ragazza spagnola. Mi eccitai
solo a sentirla. Mi piace ascoltare le voci delle ragazze straniere.
Soprattutto delle ragazze francesi. Divento tenero quando le
ascolto tanto da risultare rincoglionito. Mi disse se potevo andare a
Roma. Ovviamente non rifiutai l’invito. Il giorno seguente ero già
a Roma. Bel colloquio feci, in spagnolo. Mi sorpresi di me stesso.
Tutto il colloquio in una lingua che si è simile all’italiano ma non
avevo fatto nessun corso. Imparata solo verbalmente in repubblica
domenicana dove andavo due volte al mese ( sei giorni al mese).
Da Haiti rientravamo nell’appartamento fornito dalla Ghella SpA,
data per l’alloggio dei i propri dipendenti. Il ragazzo spagnolo,
responsabile risorse umane non mi chiamò anche se si
complimentò con le mie credenziali professionali ed il mio
spagnolo, forse mi prendeva in giro.
Cipa. Nello stesso periodo mi chiamò un’altra impresa che faceva
un’altra galleria. Rimasi deluso di ritornare in quel posto. Gli uffici
erano a 200 metri dal mare. Ma il mare questa volta non mi
confortava. Ormai la Calabria mi aveva deluso. Non volevo più
tornare nella mia amata regione per lavoro ma nello stesso tempo
dovevo pur trovare lavoro. Quindi feci come sempre l’attore e
recitai la mia parte. Ed infatti ammirarono le mie esperienze ma
non mi chiamarono lo stesso per lavorare. Videro, intuirono che in
fondo ero svogliato di fare qualcosa in quel settore. In fondo mi
sono laureato in ingegneria civile ind. Trasporti, le infrastrutture
dovrebbero essere le mie mete. Dovrebbero.
Moretti case. Risali a Roma per fare due colloqui uno martedì con
L’on SpA. Il secondo mercoledì con La Moretti case. La birra la
bevvi ma Moretti case non bevve il mio voler lavorare come un
mulo che non pensa. Agisce e basta. Prima di fare il colloquio
aspettai alle rive del Tevere leggendo un libro, uno dei tanti che
porto sempre in borsa. L’isola di Arturo. C’era una bella frase sul
mare e sul pesce piragna. Bell’istante quello fu. Bello il tevere
all’alba. Penso che il colloquio con Moretti case fu il colloquio più
stupido che feci. Sembravo l’idiota di Dostoevskij. La bellezza
salverà il mondo, mancava solo che dicessi.
Il colloquo con il dott. Tramontano fu esilarante. Questo signore
che poi è stato il mio ultimo capo, parlava come se in mano avesse
una multinazionale. Parlavo in un italiano ben canzonato, forse
perché è campano, napolitano quasi. Notai che i napoletani
utilizzano bene il passato remoto mentre la maggior parte degli
italiani ora preferisce l’utilizzo del passato prossimo, sbagliando.
Non Io sono stato dalla On spa ma io fui dalla On SpA; se ciò si
verificò tre mesi fa. Attualmente, a distanza di tre mesi, vivo a
Roma, lavoro a Roma. Roma è bella, il costo delle stanze no! Se
penso che ho fatto tutto questo giro solo per poter lavorare a
Roma, precario con mille euro al mese. Penso che non valeva la
pena fare tanti giri, bastava restare seduto sotto un albero e prima o
poi qualcuno mi avrebbe offerto, qualche miseria, questa
condizione di flessibilità; versatilità non versabile. Non mi lamento
tanto di dover prendere un tre zeri al mese, ma lamento il fatto che
spesi 7000 euro di master, feci una breve ma significativa
esperienza all’estero e tutto ciò non vale pressoché niente se ragion
in termini prettamente economici, se ragiono da imprenditoreingegnere. Lamento la mancanza di meritocrazia. Certo se non
avessi avuto questo esperienza di vita ora non sarei qui a scrivere
un racconto di vita. Di VITA. Solo cosi mi sento vivo conoscendo
nuove cose, nuovi mondi, nuovi modus operandi. Ma prima o poi
mi dovrò fermare da qualche parte. Per questo nessuna donna mi
piglia perché non gli rappresento sicurezza. O meglio non voglio
nemmeno essere io ammogliato se in palio c’è la mia prigionia che
incatena la libertà di pensare, di agire. Intanto restiamo a Roma.
Poi vedremo se qualche IDEA accecante entra nella mia testolina
irrequieta. Costruirò una società, produrrò qualche cosa, forse
scriverò un libro. Uno dei miei tanti sogni è divenire produttore di
vino biologico. Vorrei acquisire una piantagione di vigneto in
Argentina. In Italia l’uva ora è acerba, lo dice una volpe che nel
paese baciato dal sole sono rimasti solo lupi. Le volpi sono fuggite
o rintanate. Vorrei vorrei…
Siamo giunti alla svolta. Mi sono aperto partita iva. Ora sono un
libero professionista. Sono felice di lavorare per me stesso. Sono
ipercontento di collaborare con altri in modo paritario!! Sono
entusiasto di parlare con i miei clienti di espormi.
Ora mi sento realizzato. Da libero professionista. Libero.