Adulti con autismo: comportamenti problema e stereotipie

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Adulti con autismo: comportamenti problema e stereotipie
Esperienze
professionali
Adulti con autismo:
comportamenti
problema e stereotipie
L’attività della Fondazione
Marino per l’autismo onlus
Natalino Foti – Direttore Sanitario Fondazione Marino per
l’autismo onlus, Melito di Porto Salvo, RC (http://www.
fondazionemarino.org/index.php/it/)
Sommario
La Fondazione Marino onlus si avvia a varcare la soglia di
un lustro dall’inizio della sua attività nel 2008. Nei cinque
anni trascorsi essa si è proiettata nell’ambito dei Disturbi
dello Spettro Autistico, portando a termine la missione
d’individuare un modello di residenzialità per soggetti affetti
da questa patologia, così com’era previsto nella convenzione stipulata con la Regione Calabria, e ha codificato
un metodo di intervento sulla patologia coerente con le
buone prassi stabilite dalla scienza medica e con le Linee
guida del Ministero della Salute. Ha altresì individuato
un paradigma di quantità e qualità per ciò che attiene
il personale, confermando l’idea che strutture similari
possano rappresentare la soluzione ottimale per risolvere
le problematiche dei soggetti con Disturbi Pervasivi dello
Sviluppo dopo la scomparsa dei genitori.
Edizioni Erickson – Trento
AUTISMO e disturbi dello sviluppo
Vol. 11, n. 3, ottobre 2013 (pp. 375-382)
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e disturbi dello sviluppo Vol. 11, n. 3, ottobre 2013
Storia di un incontro
Un medico che per quarant’anni ha svolto la sua attività in una sala
operatoria difficilmente fa un salto indietro per riscoprire le radici della sua
professione. È invece accaduto a me nel 2008, quando ormai prossimo alla
pensione, dopo avere rivestito il ruolo di Direttore di una UO di Anestesia
e Rianimazione, entrai in contatto con un «visionario» che stava ricercando affannosamente un Direttore Sanitario per un’avvianda struttura che
avrebbe ospitato solo soggetti con autismo adulti. Mi avevano referenziato
amici comuni.
Il primo incontro, preceduto da una telefonata essenziale, avvenne al
bar «La Pergola» di Lazzaro. Davanti a una tazzina di caffè: io e l’Ing. Marino. Non fu facile rompere il ghiaccio per avviare il primo colloquio. Ma
ci venne in aiuto «Il Sole – 24ORE» del giovedì precedente, con l’inserto
dedicato prevalentemente al bosone di Higgs. Fu così che scoprimmo la
passione comune per la fisica subatomica: Giovanni, come addetto ai lavori
in quanto ingegnere nucleare, prima in America e poi all’ENEA a Roma, e
io come medico curioso; questo fu l’interesse comune sul quale costruimmo
una prima conoscenza e poi un rapporto di amicizia. Di autismo se ne parlò
poco e solo alla fine dell’incontro: niente male come esordio!
In seguito gli incontri tra me e Giovanni divennero fissi, a cadenza settimanale: quasi ogni domenica mattina, per mesi, prendemmo il primo caffè
della giornata al bar «La Pergola». Quegli incontri erano interessatissimi sia
per lui, credo, che per me: per Gianni era infatti importante acquisire per
la struttura un Direttore Sanitario che fosse anche un medico collaudato;
per me, era basilare avere la possibilità di entrare attraverso di lui nell’universo sconosciuto delle malattie neurologiche e mentali e, in particolare,
nel misterioso mondo di una patologia, l’autismo, che era da poco assurta a
dignità nosografica autonoma. Ci fu convergenza d’intenti e così io divenni
Direttore Sanitario e Gianni trovò il professionista che cercava. Tutti e due
acquistammo un amico.
Non confessai mai a Gianni che, più che il mio interesse professionale,
a motivarmi ad accettare fu la sua travolgente voglia di verificare sul campo
le idee che ispiravano il suo progetto e il suo desiderio di concretizzare una
struttura dedicata a soggetti autistici gravi, per avviare l’«insieme a noi» nella
prospettiva del «dopo di noi». Tutto ciò mi precluse la spinta ad abbandonare,
prima ancora di cominciare. E così, il 4 agosto del 2008, appena 4 giorni
dopo l’inizio della mia pensione, aprì i battenti la Fondazione Marino, con
appena 2 ricoverati; dopo pochi giorni i ricoverati diventarono 3. Prima di
superare questo numero passò un bel po’ di tempo ma oggi, a distanza di
5 anni, siamo al massimo della capienza.
Questi anni sono serviti a verificare sul campo la congruità dei principi
che hanno ispirato l’impegno dell’Ing. Marino nella realizzazione e nella
gestione della sua creatura: la Fondazione Marino, appunto. Ad essa, infatti,
fu assegnato il compito di sperimentare un progetto pilota, commissionato
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dalla Regione Calabria, per la realizzazione di strutture che potessero ospitare soggetti adulti affetti da autismo. Un impegno forte, tenuto conto che
non esistevano o quasi riferimenti e che le sue risultanze dovevano servire,
in futuro, come linee guida per la realizzazione di strutture analoghe. Da
questa sperimentazione sono emerse le evidenze che verranno approfondite
di seguito.
Per i soggetti con autismo: la necessità di una
formazione continua…
Prima di tutto, una nuova conferma del presupposto imprescindibile
che il soggetto con autismo ha necessità di abilitazione e rieducazione
continue e intensive, per rendere agevole la sua vita di relazione e credibile
il progetto di un possibile reinserimento nel contesto familiare e sociale;
qualora, infatti, si dovesse presumere che le acquisizioni sul campo siano
automaticamente e stabilmente trascritte nella sua mente e siano quindi
diventate suo patrimonio inalienabile, si commetterebbe un grave errore.
Le conquiste del soggetto con autismo, infatti, vanno assiduamente reiterate
perché soltanto con la reiterazione gli risulta possibile familiarizzare con esse
e farne, eventualmente, un uso generalizzato.
Il soggetto con autismo risulta privo di alcuni requisiti indispensabili per
la sua sopravvivenza, in quanto è connotato da una scarsa capacità di immagazzinare e di elaborare le esperienze, nonché di generalizzarne i contenuti, e
dalla quasi totale assenza di creatività, se si eccettuano le abilità nascenti nello
stato di necessità. Su quest’ultimo punto abbiamo notato che l’istinto alla
conservazione fornisce una spinta consistente alla creatività. Anzi, le uniche
acquisizioni, forse, che si trascrivono stabilmente nella mente del soggetto
con autismo sono quelle che sorgono nello stato di necessità, quando egli è
costretto in modo impellente a cercare una via d’uscita da una condizione
di drammatica difficoltà, in cui risulta minacciata la sua integrità fisica o la
sua vita. Questo impone che, per quanto riguarda le scelte educative, si punti
a quelle che comportano il massimo grado possibile di libertà di scelta da
parte del soggetto con Disturbi Pervasivi dello Sviluppo perché, se seguite
da successo, si trascrivono stabilmente nella sua mente.
Le stereotipie rappresentano le stigmate dell’autismo e sono gesti, atti
e vocalizzi contraddistinti da ripetitività. Probabilmente, ma questo non è
verificabile, anche a livello mentale si manifesta lo stesso fenomeno, con
uno scorrimento monotono di pensieri uguali, per un tempo non quantificabile, interrotto solamente da eventi significativi della vita di tutti i
giorni. E allora, se vi è una correlazione tra pensiero e gesto, la stereotipia
altro non sarebbe che la traduzione motoria della scoraggiante semplicità
e ripetitività dei pensieri.
È tutt’altra questione il comportamento problema. Molto spesso i parossismi di violenza contro se stessi, le altre persone oppure gli oggetti, che
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vengono di frequente manifestati dai soggetti autistici, sono interpretati come
esplosioni motorie immotivate, supportate dalla patologia mentale correlata
in modo indissolubile alla malattia neurologica, come se le due patologie
fossero necessariamente legate e come se il soggetto autistico dovesse essere
inesorabilmente condannato a porre in essere comportamenti problema. È
un’evidenza che, spesso, le cose stiano proprio in questi termini, e cioè che
l’autismo si correli con un versante psichiatrico patologico che comporta
anche l’insorgenza dei comportamenti problema. Ma la tentazione, derivante
dalla nostra esperienza, è di considerare l’incidenza della patologia psichiatrica nel soggetto autistico quasi esattamente identica a quella del soggetto
non autistico e di interpretare, quindi, la maggior parte dei comportamenti
problema come la traduzione in linguaggio minimale e parossistico — la
violenza — di un disagio organico o mentale.
Le distorsioni nell’interpretazione dei comportamenti problema comportano il ricorso al modo più semplice per risolverli: la prescrizione e la
somministrazione di psicofarmaci al soggetto portatore di Disturbi Pervasivi
dello Sviluppo, con la conseguenza di coartarne, in alcuni casi, il barlume
d’interazione che egli tenta di stabilire con il mondo che lo circonda.
L’osservazione medica continua: un’innovazione
Un caposaldo della strategia terapeutica della Fondazione è stato l’istituzione di una figura di medico che, oltre a espletare la mansione di Direttore Sanitario, si dedicasse all’osservazione e alla realizzazione del progetto
terapeutico medico generale dei soggetti ricoverati, coadiuvando così anche
il consulente neuropsichiatra o il neurologo. Ciò ha contribuito in modo
significativo a contenere e, in alcuni casi, a ridurre drasticamente l’intervento
farmacologico rivolto ai soggetti ricoverati, preservandone così le residue
capacità di rapportarsi e interagire con l’ambiente. Ciò ha altresì consentito
d’istituire una prassi d’intervento che si è progressivamente consolidata e
che è risultata proficua: il comportamento problema, infatti, prima di essere
considerato epifenomeno psichiatrico correlabile alla malattia di base, deve
essere attentamente vagliato, indagato, studiato insomma, per escludere la
sua dipendenza da una causa organica o funzionale.
Questa metodologia d’intervento ha permesso di verificare sul campo
che l’assunto al quale la Fondazione si ispira per gestire le manifestazioni
comportamentali parossistiche è corretto e ha consentito d’individuare
una cospicua quantità di patologie, organiche o funzionali, che sono state
rimosse restituendo i ragazzi alla loro «normalità». Tra ricoverati, a breve e a
lungo termine, abbiamo finora trattato 15 soggetti; in quasi tutti abbiamo
rilevato patologie — tiroidite, odontalgia, gastroesofagite, tilomi, fimosi,
parafimosi, stipsi iatrogena o idiopatica, ipertrofia dei turbinati con turbe
del sonno — che potevano rappresentare cause efficienti di comportamenti
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problema. La loro rimozione, con adeguata terapia, ha avuto come effetto
il diradamento o addirittura la scomparsa dei parossismi di violenza.
Riflessioni sulla figura del Direttore Sanitario e
sulle evidenze di patologie correlate
Dal momento che le strutture rivolte ai soggetti con Disturbi dello
Spettro Autistico devono essere necessariamente di dimensioni contenute,
il Direttore Sanitario, oltre a espletare le mansioni istituzionali, deve effettuare il monitoraggio delle condizioni di salute dei ricoverati, affiancando
e integrando l’opera del medico di base. La presenza costante del medico
consente di realizzare un’osservazione pressoché continua e di evidenziare
la presenza di patologie che altrimenti non potrebbero essere rilevate.
La lunga e meticolosa osservazione dei soggetti transitati nella struttura
ha fatto emergere interessanti correlazioni tra l’autismo e altre patologie, di
quasi comune riscontro. Un rilievo interessante sono le alterazioni scheletriche a carico degli arti — piede equino, piede piatto, accorciamento dell’arto
inferiore, mancanza di prensione a tenaglia a carico della mano — o della
colonna vertebrale — gibbosi, scoliosi, iperlordosi lombare. Altri rilievi degni
di nota sono le alterazioni anatomiche a carico dei genitali esterni — ipogonadismo, iposviluppo del pene, fimosi e parafimosi. Non sono infrequenti
patologie a carico dei muscoli del globo oculare, con conseguente strabismo,
e difetti di accomodamento del cristallino con alterazione del visus.
Un importante presidio: il monitoraggio sanitario
Partendo dalla constatazione che il soggetto con Disturbi dello Spettro
Autistico, quasi sempre, non è in grado di farsi comprendere, o comunque
di manifestare efficacemente la presenza di una problematica, è compito
di chi lo assiste prevenire l’insorgenza di patologie che, se trascurate, potrebbero avere delle gravi ripercussioni. Ecco perché diventa importante
la prevenzione nei soggetti con autismo, che in buona sostanza comporta
l’esigenza di sottoporre tutti i ricoverati a esami ematochimici con cadenza
predeterminata e a indagini strumentali mirate, quando necessario.
Le informazioni sanitarie relative al soggetto
con autismo nelle situazioni di urgenza
È necessaria una pianificazione informativa efficace sullo stato di salute
generale del soggetto con autismo, perché quest’ultimo non è quasi mai in
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grado di comunicare per trasmettere informazioni utili. È evidente che a
un medico del Pronto Soccorso bisogna fornire celermente e per iscritto,
oltre alle generalità, anche sommarie informazioni sulle patologie di cui è
portatore il soggetto che giunge a lui in situazioni di urgenza. Per questo
è stato approntato un quadro riassuntivo della cartella personale sul quale
sono riportate, in tutta evidenza, le notizie di natura clinica e anamnestica
che possono risultare utili per avviare l’iter diagnostico e terapeutico, in
situazioni di urgenza. Tale quadro è sempre allegato alla cartella clinica.
I contributi scientifici della Fondazione
Al di là della prassi di conduzione, ispirata alle più recenti acquisizioni
pedagogiche in tema di autismo, la struttura ha anche elaborato contributi
scientifici che sono stati pubblicati su autorevoli riviste di settore, nazionali e
internazionali. Le problematiche in essi affrontate vanno da quelle organizzative e gestionali di una struttura dedicata, a quelle relative all’avviamento
dei soggetti con autismo al lavoro, compatibilmente con la loro condizione;
non meno importante è il contributo sull’uso a lungo termine della melatonina, che ha messo in evidenza come l’ormone, per quanto incida sulla
quantità del sonno in modo non significativo, determina indubbiamente
un miglioramento di tipo qualitativo, riducendo drasticamente il numero
di risvegli notturni. Inoltre esso consente di sedimentare le buone abitudini
acquisite, relativamente al sonno, che sembrano perdurare anche dopo la
sospensione della sua somministrazione.
Organizzare il «dopo di noi» insieme a noi…
Un nodo pressoché impossibile da eludere è l’oscuro destino del soggetto autistico dopo la scomparsa dei genitori. È improbabile, infatti, che
un congiunto in linea orizzontale se ne faccia carico, a causa delle notevoli
problematiche che comporta la gestione di un soggetto affetto da Disturbi
Pervasivi dello Sviluppo, soprattutto qualora risulti anche portatore di patologie psichiatriche o quando, per la gravità della patologia autistica, non
disponga di alcun livello di autonomia.
La filosofia di gestione del rapporto con le famiglie della Fondazione
Marino appare in grado di fornire una risposta a queste problematiche, in
quanto si caratterizza non come una struttura sanitaria tout-court, ma come
una «nuova casa» nella quale divenga possibile, insieme alle famiglie —
«insieme a noi» — organizzare la vita del proprio congiunto al di fuori del
contesto domestico, nella previsione ineludibile del «dopo di noi».
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Abstract
The Fondazione Marino onlus is about to reach its five-year anniversary since
it started its activities in 2008. Over the five years which have passed it has
launched itself into the world of autism, concluding its mission to identify a
residential model for subjects afflicted by this pathology, as was set out in the
agreement with the Region of Calabria. It has also standardised an intervention
method on the pathology in line with best practice as set out by medical science
and according to Health Ministry guidelines. Furthermore, it has identified a
standard of quantity and quality as far as personnel is concerned and it has
confirmed the supposition that similar structures may be the best solution for
resolving the problem regarding the fate of subjects with Pervasive Developmental
Disorders after the death of their parents.
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