B. Kullmann e M. Moselle, L`arco e la mandorla

Transcript

B. Kullmann e M. Moselle, L`arco e la mandorla
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Benoit Kullmann e Muriel Moselle
L’arco e la mandorla1
Fig. 1 – Cristo in trono, VII secolo, Monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai (Egitto)
1 B. Kullmann e M. Moselle, L’Arc et la Mandorle, in Atti del “Premier Colloque International
d’Études Midrashiques (CIEM)” a Étel, 2005, pp. 115-142. Traduzione dal francese,
revisione iconografica e note contrassegnate da (N.d.T.): © associazione culturale Larici.
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Nei mosaici della Chiesa orientale, oltre ai nimbi e alle loro varianti, dal VI
secolo apparve una forma ellittica che non era curva alla sommità e alla
base, ma angolosa, ogivale, e ricordava l’aspetto di una mandorla e, dal
latino, ne prese il nome2. Estese a sculture, mosaici, affreschi, dipinti e
miniature, le mandorle si diffusero ed evolsero a partire dall’epoca romana,
fino a sparire all’avvicinarsi del Rinascimento. Nel primo periodo, la
mandorla era disegnata o scolpita con precisione: all’interno era messo un
un trono con, talvolta, due segmenti di arcobaleno, il più piccolo dei quali
era appena sopra la punta inferiore della mandorla. Qui si analizzerà
l’evoluzione combinata e poi separata della mandorla e del suo contenuto.
La mandorla
La mandorla è un abitacolo. Cristo è assiso sopra un arcobaleno con i piedi
appoggiati sul piccolo arco. Al centro della mandorla, la posizione di Cristo è
stereotipata: seduto frontalmente con la mano destra benedicente, ha
talvolta nella sinistra un libro aperto su sette scene, in riferimento
all’apocalisse, oppure chiuso nel contesto dell’Ascensione. Tuttavia, alcune
rappresentazioni arcaiche, molto rare, non presentano Cristo frontale e
seduto, ma in piedi o di profilo o anche in movimento3.
Il simbolismo della mandorla, ossia ciò che essa significa oltre a richiamare
l’Ascensione di Cristo dapprima nel modello detto Siriano poi in quello molto
più diffuso del Cristo in Maestà di epoca romanica, è stato discusso a lungo.
La scelta della mandorla, il cui guscio è particolarmente resistente, si
riferisce metaforicamente alla protezione che il Figlio riceve dal Padre
Onnipotente. Tuttavia, la mandorla è anche un seme destinato a germinare
e generare un nuovo albero di mandorle: è il primo albero a fiorire in
primavera in Giudea. L’Antico Testamento racconta la seguente storia:
quando gli Ebrei guidati da Mosè vagavano nel deserto, esausti, si rivolsero
ad Aronne. Dio comandò allora a Mosè di tagliare dodici rami di mandorlo e
di scrivere su ciascuno il nome di una tribù di Israele. Delle verghe dei
saggi, solo quella di Aronne cominciò a fiorire4. Quell’arbusto appare nella
Bibbia anche tra i doni che Giacobbe mandò al re d’Egitto5 e, quando
Geremia fu interrogato da Dio, egli vide un bastone di mandorlo6, che era il
2 Vi sono anche «doppie mandorle», costituite da due cerchi di raggio diverso, sovrapposti,
in cui la seduta si situa al loro incrocio. L’arcobaleno è assente e un vero trono sostituisce
il riferimento all’arca dell’alleanza. Le mandorle non ellittiche, non ogivali, non
resisteranno nel tempo e scompariranno durante il XIV secolo.
3 Cristo guadagna il cielo partendo da una montagna, come quella su cui si arrampica con
Pietro, Giacomo e Giovanni nella Trasfigurazione (rappresentazione detta Ellenistica di
questo episodio della storia di Cristo, ma si trova anche nella prima tradizione britannica:
nel Sacramentario di Drogo, Cristo porta la croce e ascende una montagna, guidato dalla
mano di Dio). Nel Codex Egberti, Cristo è avvolto in una mandorla, di profilo, e cammina
afferrando la mano di Dio che lo issa. A Costantinopoli, dove si organizza il rituale della
Chiesa d’Oriente, poi in Sicilia e a Venezia, dove lo stile bizantino è stato importato, i
mosaici rappresentano Cristo di tre quarti o di fronte, seduto su un arcobaleno.
4 Cfr. Nm 17,16-23. (N.d.T.)
5 Gn. 43,11. (N.d.T.)
6 Ger 1,11. (N.d.T.)
2
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
segno dell’inizio della sua missione di profeta. Il verbo da cui deriva il
sostantivo mandorlo significa in ebraico “vigilare” o “affrettarsi”. Il
candeliere a sette bracci è una forma stilizzata del mandorlo. La mandorla
acquisisce qui le connotazioni di speranza e rinnovamento, così come di
resistenza.
Carl Jung fece della mandorla un archetipo, che si riscontrava sia in Asia che
in Occidente. Il suo uso nei mosaici bizantini sembra sia il risultato di un
prestito o piuttosto di una contaminazione dalle rappresentazioni arcaiche
delle divinità orientali raffigurate in mandorle o cerchi, circondate dai segni
dello Zodiaco e simboleggianti il cielo, il cosmo, al centro del quale siede la
divinità. Il cerchio è simbolo della perfezione, della santificazione.
Fig. 2 – Cristo e gli evangelisti (ai lati, i profeti Ezechiele e Abacuc), 475-500, Monastero di
Hosios David, Salonicco (nella forma a occhio, la mandorla occupa il posto della pupilla7)
Dalla vesica piscis ai cerchi borromei
La vesica piscis, vescica di pesce (Fig. 3-1), è definita da Euclide, negli
Elementi, come l’intersezione di due cerchi dello stesso raggio, intersecantisi
in modo tale che il centro di ogni cerchio si trovi sulla circonferenza
dell’altro. Questa forma di mandorla – mandorla geometrica – è stata
assunta dall’esoterismo cristiano per simboleggiare la Trinità. Messa in
7 La pupilla fu forse ispiratrice
dell’occhio...» (in Zone, 1912).
del
poeta
3
1
Guillaume
Apollinaire:
«Pupilla,
Cristo
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
orizzontale, la forma è quella di un pesce (Fig. 3-2), al centro del quale i
primi cristiani scrissero la parola ICHTHYS, che letteralmente significa
pesce, ma è anche l’acronimo di “Iesùs CHristòs THeù HYiòs Sotèr”, Gesù
Cristo Salvatore Figlio di Dio8,
Fig. 3 – a) vesica piscis; b) pesce (IChThYS); c) Johannes Hevelius, Disegno dell’alone di
Danzina (in Mercurius in Sole visus, 1661)
Fig. 4 – Gioacchino da Fiore, Cerchi trinitari (in Liber Figurarum), XII secolo
Aggiungendo un cerchio, si ottiene la figura borromea (Fig. 4), modello
trinitario della relazione del Reale, dell’Immaginario e del Simbolico, ben
8 Citato da Origene negli Oracoli sibillini. Per non rischiare un severo richiamo da parte degli
epistemologi rigorosi, rinviamo i lettori alle trattazioni su pareli, aloni e altre meteore del
mondo sublunare. L’intersezione di archi disegnata da Johannes Hevelius (Fig. 3-3),
guardando il “Fenomeno di Danzica” nel 1662, e da Lowitz a San Pietroburgo nel 1790 è
stata senza dubbio osservata prima dai cosmografi dell’età classica.
4
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
noto ai discepoli di Jacques Lacan9, il quale si era forse imbattuto in Dante,
che fa coesistere doppia mandorla e arcobaleno nella Divina Commedia:
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza;
e l’un da l’altro come iri da iri
parea reflesso, e ’l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri. (Paradiso XXXIII,115-120)
Reeves10 ha suggerito che l’immagine dei tre cerchi intrecciati, borromei,
utilizzata per tentare di dare forma al concetto della Santa Trinità, fu
ispirata dalla visione di Dio espressa dal poeta nel Paradiso e afferma che
Dante dette quei tre colori all’arcobaleno (rosso, verde e blu) perché decisi
da san Basilio, ma ciò è in contraddizione con i versi precedenti al testo
riportato (Purgatorio XXIX,78)11. Gioacchino da Fiore (1132-1202) fu
condannato dal IV Concilio Lateranense (1215) per aver dato colori diversi
ai tre cerchi, supponendoli quindi dissimili.
Altre ipotesi sull’origine della mandorla
Un’interpretazione fa derivare la mandorla dall’uso romano degli scudi su cui
erano incisi i nomi e i ritratti di personaggi illustri a volte portati da figure
alate. L’apoteosi, la salita al cielo di un mortale che, sotto forma di
costellazione, prende posto tra gli dèi ed è trasportato da una nuvola, con o
senza l’aiuto di Iris, la dea dell’arcobaleno, è familiare ai lettori di Virgilio o
di Ovidio12. Elderkin ha sottolineato che la Vergine posta in un mandorla
nell’affresco di Bawit13 è un’incarnazione della Vittoria che presenta, verso
l’osservatore, il nome di un eroe inserito in uno scudo siffatto. Infine, due
mosaici della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma sono stati ritenuti
come varianti locali della mandorla (Figg. 5 e 6).
La forma ellittica intorno a uno degli angeli che si avvicina ad Abramo (Fig.
5) rappresenta una sorta di aura emanata dall’angelo stesso, ridondante
rispetto ai nimbi che circondano già le teste dei tre apparsi, apportando
tuttavia una precisazione in quanto egli parla a nome del Signore14.
9 Jacques Lacan (1901-1981), psichiatra e filosofo francese, introdusse il concetto di
simbolico nella psicanalisi. (N.d.T.)
10 M. Reeves, The Liber Figurarum, 1950, trad. it. L. Tondelli, M. Reeves, B. Hirsch-Reich, Il
Libro delle Figure dell’Abate Gioachino da Fiore, Torino 1990. (N.d.T.)
11 «sì che lì sopra rimanea distinto / di sette liste, tutte in quei colori / onde fa l’arco il Sole e
Delia il cinto»: gli Autori vi si riferiscono più avanti. (N.d.T.)
12 Nell’Eneide di Virgilio e nelle Metamorfosi di Ovidio. (N.d.T.)
13 George Wicker Elderkin (1879-1965) fu un famoso archeologo, professore all’Università di
Princeton (Usa). Bawit è una località egiziana, sul lato sinistro della valle del Nilo, famosa
per il monastero fondato da sant’Apollo nel IV secolo, il quale, riportato alla luce negli
scavi del XX secolo, si è rivelato un’importante testimonianza di arte copta. (N.d.T.)
14 La lettura degli Autori non è in linea con l’interpretazione della Chiesa, che considera i tre
5
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 5 – Apparizione ad Abramo del Signore sotto l’aspetto di tre uomini nella valle di Mamre,
V secolo, mosaico, Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma
Fig. 6 – Rivolta del popolo contro Mosè, Aronne e Giosué, V secolo, mosaico, Basilica di
Santa Maria Maggiore, Roma
Più oltre, nella stessa cappella, una forma oblunga, tenuta dalla mano
divina, nasce dal cielo e avvolge come un guscio protettivo Mosè con Aronne
e Giosuè: l’intervento divino li salva dalla vendetta della folla rivoltosa che
tenta di lapidarli. Il mosaico illustra con precisione questo passaggio della
Bibbia15.
Ciononostante sembra discutibile identificare in questi ultimo due aloni –
uomini apparsi ad Abramo a Mamre (Gn 18) la personificazione della Santa Trinità, come
tre ipostasi di Dio, indivisibili e inconfondibili, per cui la mandorla avvolge il presunto Dio
Padre non tanto per differenziarlo dagli altri, quanto per accentuare l’eccezionalità
dell’evento. (N.d.T.)
15 Anche Afrodite, ferita da Diomede, fuggì dalla furia dei Greci avvolta in una nuvola scura
inviata da Apollo. [La rivolta è descritta in Nm 14. (N.d.T.)]
6
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
aure conferite transitoriamente dalla volontà di Dio – una mandorla in senso
stretto: non hanno forma ogivale alle due estremità superiore e inferiore, né
hanno la regolarità geometrica della mandorla, né la sua solidità.
Variazioni del contenuto, variazioni del contesto
Sant’Ireneo (150-202), nativo di Smirne e discepolo di san Policarpo, a sua
volta discepolo di san Giovanni l’Evangelista, diventò vescovo di Lione e
dovette affrontare le minacce scismatiche che affliggevano la comunità
cristiana piegata dalle persecuzioni. In Contro le eresie16 volle dimostrare
l’esistenza di soli quattro Vangeli, impegnandosi in un esercizio di
numerologia esemplare. In primo luogo, ci sono quattro regioni del cielo, o
quattro venti17, perciò, regnando la Chiesa su tutta la terra, la parola di Dio,
scritta in quattro forme (i Vangeli o tetramorfi), deve diffondersi nelle
quattro direzioni. In secondo luogo, la Chiesa ha quattro colonne che la
sostengono, rappresentate dai quattro Vangeli. Infine, i cherubini sui quali
regna Dio onnipotente hanno quattro facce.
Fig. 7 – Cristo e gli evangelisti, 1100 ca., Chiesa di Sant’Ilariano (Hilarion) di Perse, Espalion
Gli attributi simbolici degli Evangelisti sono, secondo Ireneo, il leone per
Giovanni, il toro per Luca, il volto d’uomo per Matteo e l’aquila per Marco.
16 Adv. Haer., II, II, 8.
17 «Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai
quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli», Mt 24,31. (N.d.T.)
7
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
San Girolamo ha proposto un’altra distribuzione, che perdura tuttora:
Giovanni è affiancato all’aquila e Marco al leone.
Fig. 8 – In alto: Ascensione del Signore, particolare di un’icona, XX secolo18; in basso:
Manfredino da Pistoia, Cristo in Maestà con angeli, 1280 ss., affresco, Chiesa di San
Bartolomeo in Pantano, Pistoia
18 Gli Autori riportano l’immagine in alto per evidenziare l’assenza degli evangelisti attorno a
Cristo, ma è una svista, perché essa riprende il registro superiore di un’icona della
Ascensione, dove gli apostoli, con la Vergine, sono raccolti in basso. (N.d.T.)
8
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
La rappresentazione dei “motori” di quel divino ascensore che è la mandorla
cambia allo stesso modo: al quartetto di evangelisti si aggiungono o si
sostituiscono gli angeli. Nella dinamica del gruppo si introducono metodi che
suggeriscono la direzione del moto in maniera più efficace: l’angolo dei
corpi, la posizione delle braccia, l’estensione delle ali, fino all’espressione dei
volti. Ma, qui e in seguito, gli angeli scortano, più che portare la mandorla.
Talvolta è Dio Padre, non Cristo in Maestà, a troneggiare in una mandorla,
seduto sull’arcobaleno e circondato dai tetramorfi: si riconoscono nell’opera,
formulante i Vangeli, i santi Giovanni, Luca, Matteo e Marco accompagnati
dai loro attributi, rispettivamente l’aquila, il bue, l’angelo e il leone. Lo
stesso Agnello Mistico occupa a volte il centro della mandorla, come nel
Codex Aureus di Sankt Emmeram o ne L’adorazione dell’Agnello pasquale di
Albrecht Dürer (Fig. 29).
Fig. 9 – Assunzione della Vergine Maria
La Vergine occupa una mandorla principalmente nell’Assunzione. Ella è
spesso associata agli attributi pagani della verginità e i suoi piedi poggiano
su una falce di luna. La donna del sole descritta nell’Apocalisse19, che nel
testo di Giovanni simboleggia Israele, è stata identificata nella Vergine Maria
su una tavola del Maestro del Gabinetto di Amsterdam20.
19 Cfr. Ap 12. (N.d.T)
20 Anche detto Maestro del Libro di casa, fu un pittore tedesco del XV-XV secolo. (N.d.T.)
9
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 10 – Fra’ Filippo Lippi, Incoronazione della Vergine, 1467-1469, affresco, Duomo di
Spoleto
Nell’Incoronazione della Vergine, dipinta da Filippo Lippi21, Domenico
Ghirlandaio e il Maestro di Moulins22, Maria è rappresentata inginocchiata o
seduta davanti a un alone talvolta dei colori dell’arcobaleno, di forma
circolare in questa circostanza.
21 Gli Autori attribuiscono erroneamente il dipinto, anziché a Filippo Lippi (1406-1469), a suo
figlio Filippino (1457-1504). (N.d.T.)
22 L’italiano Domenico Ghirlandaio (1449-1494) e il fiammingo Jean Hey (ante 1475-1505
circa) noto anche come il Maestro di Moulins. (N.d.T.)
10
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 11 – In alto: Buonamico Buffalmacco, Giudizio Universale (particolare), 1330 ss.,
affresco, Camposanto di Pisa; in basso: Anonimo italiano, Rivelazione di Santa Brigida di
Svezia (particolare), 1400 circa, miniatura, Pierpont Morgan Library, New York
Buffalmacco dipinse il Giudizio Universale nel Camposanto di Pisa mettendo
due mandorle separate, una per Cristo e l’altra per la Vergine, ma quando
dipinse le Visioni di Santa Brigida, la mistica fondatrice dell’ordine delle
Brigidine23, fece condividere a Madre e Figlio, seduti accanto, sia
l’arcobaleno che la mandorla. La santa riceve le sue visioni sotto forma di
raggi emessi dalla Vergine, la quale si indirizza così a Santa Brigida: «Ora io
aleggio su questo mondo e intercedo continuamente davanti a mio Figlio.
Sono simile all’arcobaleno che sembra scendere dalle nuvole verso la terra
per toccarla con entrambi gli estremi, perché mi inchino verso gli uomini, e
la mia preghiera raggiunge il bene e il male: mi inchino verso i buoni per
mantenerli nella fedeltà degli insegnamenti della loro Madre, la santa
Chiesa, e mi inchino verso i cattivi per rimuovere la loro malvagità e
preservarli da mali peggiori» (Rivelazioni celesti di Santa Brigida).
Tra i più frequenti accorgimenti adottati dagli artisti per raffigurare le
inimmaginabili Trasfigurazione, Ascensione e Giudizio Universale, sono aloni,
glorie, aure, aureole e mandorle, ma la loro funzione e il loro significato
sono differenti. Alcuni sono suggeriti dal testo, altri sembrano determinati
dal tipo di soluzione da realizzare, oltre all’importanza simbolica e al
trattamento della luce.
La Trasfigurazione
Il verbo greco che viene tradotto con “trasfigurare” ha come primo
significato “trasformare”, un termine scelto esplicitamente da André
23 Il nome esatto è Ordine del SS. Salvatore di Santa Brigida, che fu fondato da santa
Brigida di Svezia nel 1369. (N.d.T.)
11
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Chouraqui nella sua traduzione della Bibbia24. L’episodio del Nuovo
Testamento, narrato dagli evangelisti Matteo (17,1-9), Luca (9,28-36) e
Marco (9,2-10), ha un posto speciale nella tradizione bizantina, affermando
la natura divina di Cristo durante la sua vita. Se Cristo non cessa di
affermare la sua filiazione divina, fino ad affermarlo con un miracolo che
inverte il corso del tempo – ritorno dalla morte alla vita, dalla malattia
incurabile alla buona salute – si mostra invece restio a manifestazioni visibili
a livello personale. Matteo colloca la Trasfigurazione al termine del miracolo
della moltiplicazione dei pani, dopo che Gesù ha annunciato ai discepoli il
suo inevitabile supplizio. Cristo prende Pietro, Giacomo e Giovanni e li
conduce su un alto monte e là «egli fu trasfigurato davanti a loro: il suo
volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce».
Mosè ed Elia appaiono e si intrattengono a parlare con Gesù. Pietro comincia
a parlare, ma «una nuvola luminosa» li copre e la voce di Dio risuona dalla
nuvola: «Questi è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto:
Ascoltatelo!». I discepoli sono terrorizzati e, quando riaprono gli occhi, Gesù
è solo e li rassicura. Sulla strada del ritorno, Gesù guarisce un bambino
epilettico indemoniato25. E gli apostoli comprendono che si è compiuta una
profezia del profeta Daniele, riconoscendo il candore immacolato, la nuvola
e la designazione di «Figlio dell’uomo» (Dn 7,9-14).
Luca racconta l’evento in modo simile: «il suo volto cambiò e la sua veste
diventò candida e sfolgorante». Mosè ed Elia evocano con Gesù la sua gloria
e la sua imminente entrata in Gerusalemme e la semiologia dell’epilessia del
bambino è più precisa della sommaria descrizione di Matteo. Infine, Marco è
più lirico che metaforico: «le sue vesti risplendettero e diventarono di un
tale candore che non era possibile trovarne di uguali».
In quanto all’arrivo di Elia, che secondo Daniele deve precedere quella del
Figlio dell’uomo, Gesù risponde che il profeta è già venuto: si tratta di
Giovanni il Battista26.
L’Ascensione
In seguito Cristo ascese al cielo. La descrizione è riassunta dall’evangelista
Marco: dopo aver parlato con gli apostoli il Signore è elevato in cielo e si
siede alla destra di Dio. Stessa discrezione in Luca: dopo aver benedetto gli
apostoli, Gesù si separa da loro e viene portato in cielo. Matteo non ne fa
alcun riferimento e nemmeno Giovanni27. Gli Atti degli Apostoli fanno però
una precisazione: mentre essi lo guardavano, «una nuvola lo ruba ai loro
occhi» (At 1,9). Molto probabilmente, questa nuvola ispirò la forma circolare
24 L’opera più nota di Nathan André Chouraqui (1917-2007), scrittore francese di numerosi
saggi sulle religioni cristiana, ebraica e islamica, è la Bible hébraïque et le Nouveau
Testament, 1974-1977, in 26 volumi. (N.d.T.)
25 Mt 17,14-18. (N.d.T.)
26 Mt 17,13. (N.d.T.)
27 Giovanni ne fa cenno quando descrive il colloquio di Gesù con Maria di Màgdala: «Non
trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli, e di’ loro: “Io
salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro”» (Gv 20,17). Le altre citazioni
evangeliche sono in Mc 16,19; Lc 24,50-53; At 1,3-11. (N.d.T.)
12
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
che circonda il Cristo in Maestà nel contesto dell’Ascensione, completando il
suo primo soggiorno terrestre: gli aloni ne perpetuano la memoria,
ponendosi dietro o sopra Cristo e inondandolo di luce, conformemente alla
definizione del nimbo, nube contenente la sorgente della sua stessa luce
radiosa. L’alone circonda tutto il corpo o la sua parte superiore, tronco e
testa, invece l’aureola si limita al capo della Vergine, del Bambino Gesù, dei
santi.
Il Diluvio28
Fig. 12 – A sinistra: Matthias Grünewald, Risurrezione di Cristo (Altare di Issenheim), 15101515, olio, 269x143 cm, Musée d’Unterlinden, Colma; a destra: Hans Memling, L’evangelista
Giovanni a Patmos (anta del Trittico del Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria),
1474-1479, olio, Memling Museum, Bruges
28 Il titolo è mancante nell’originale. (N.d.T.)
13
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Raccontata nel sesto capitolo della Genesi, quello che apre la Bibbia, la
storia di Noè è ripresa nei Numeri, poi dai profeti Isaia ed Ezechiele. Nel
Nuovo Testamento, gli evangelisti Matteo (24,37-39) e Luca (17,27) vi
alludono, come l’apostolo Pietro nella sua prima lettera (I Pt 3,20). Tuttavia,
prima a Bisanzio e poi durante il Medioevo occidentale, i commentari della
Torah non erano insegnati e lo studio del Libro era basato sulle traduzioni
latine conservate in monasteri, abbazie e università.
Più di un centinaio di grandi opere pittoriche trattano il Diluvio, dall’annuncio
a Noè che sarà l’unico risparmiato fino al sacrificio offerto a Dio dal patriarca
quando le acque si ritirano, passando dalla costruzione dell’Arca, la
descrizione del cataclisma, l’episodio del corvo e la colomba... Questa ricca
tematica è illustrata nei manoscritti prima di essere trattato dai primitivi
italiani29, dai pittori del Rinascimento, i manieristi, i pittori barocchi e via via
fino ai contemporanei.
Fig. 13 – In alto: Dio stringe l’alleanza con Noè e i suoi figli, VI secolo, miniatura nella
Genesi di Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Vienna; in basso: Paolo Uccello, Diluvio
universale (particolare), 1450, affresco, Basilica di Santa Maria Novella, Firenze
29 I pittori del Duecento e del Trecento furono detti “primitivi” perché ricalcavano le forme
bizantine. (N.d.T.)
14
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Qui commenteremo soltanto l’ultimo atto del dramma del Diluvio: le acque
si sono ritirate, Noè, la sua famiglia e gli animali dell’Arca ritornano sulla
terraferma; la prima preoccupazione del patriarca è di innalzare un altare,
sul quale bruciare le offerte il cui odore piace a Dio. Questi a sua volta
rassicura Noè e, per stabilire l’alleanza appena conclusa con gli uomini, crea
l’arcobaleno a garanzia che nessun diluvio distruggerà di nuovo il genere
umano, anche se nubi minacciose invaderanno i cieli (Gn 9,1-29).
Dio dona l’arcobaleno a Noè, il quale, col capo girato, è circondato dai suoi
tre figli (Fig. 13 in alto). L’arco semi-circolare diffonde le sue quattro larghe
fasce: dall’interno all’esterno, rosso, rosa, giallo e verde. Nella parte alta
della miniatura, il testo di riferimento è scritto in greco, le lettere sono in
oro e argento su fondo porpora. La Vienna Genesis è unica: è il più antico
codice illustrato biblico conosciuto e, di conseguenza, non lo si può
riallacciare ad alcun modello al di fuori dei fregi delle chiese bizantine.
Realizzata in un laboratorio di miniature, forse in Siria, essa inaugurò la
moda della Bibbia da cerimonia e, senza dubbio, appartenne a un principe o
a una istituzione. Purtroppo manca lo spazio, ma ci piacerebbe paragonarla
alle Storie di Noè di Paolo Uccello: segnaliamo solamente che qui Dio è
rappresentato a testa in giù (Fig. 13 in basso).
In ebraico, la parola che significa “arco” designa anche l’arcobaleno,
«l’immenso arco da guerra di Yawheh»: quando Dio lascia il suo arco
appeso alle nuvole è il segno che la sua collera persiste, ma sa che gli
uomini hanno la certezza che non si verificherà più alcun diluvio, in seguito
all’Alleanza30. L’equiparazione dell’arco a un’arma esiste nella mitologia
indiana: l’arco è l’arma di Indra che egli abbandona dopo aver combattuto i
demoni. Nella tradizione araba, l’arco viene ugualmente sospeso tra le
nuvole quando Dio finisce di tirare le proprie frecce di fuoco. Nei suoi
Commentari del Pentateuco, il rabbino Nahmanides ha affermato che
l’arcobaleno, le cui estremità puntano verso terra, indica la fine della collera
di Dio, come la posizione analoga dell’arco di un guerriero in cerca di pace.
Discusso nel Talmud, il numero dei colori differisce a seconda del significato
che vi si attribuisce. Una prima teoria afferma che Dio, conclusa l’alleanza
simboleggiata dall’arcobaleno, ridefinì le leggi in vigore, fino ad allora in
numero di sei – divieto di idolatria, blasfemia, omicidio, rapporti sessuali
contro natura, furto e obbligo di rendere giustizia – e vi aggiunse un settimo
comandamento, ossia il divieto di consumare la carne di un animale vivo.
Prima del diluvio, era vietato mangiare carne, ora «Quanto si muove e ha
vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. Soltanto
non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue» (Gn 9,3-4). Le
30 «Dio disse: “Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e tra ogni essere
vivente che è con voi per le generazioni eterne. Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà
il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando radunerò le nubi sulla terra e apparirà
l’arco sulle nubi ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e tra ogni essere che vive in
ogni carne e noi ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne. L’arco
sarà sulle nubi e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che
vive in ogni carne che è sulla terra”. Disse Dio a Noè: “Questo è il segno dell’alleanza che
io ho stabilito tra me e ogni carne che è sulla terra”» (Gn 9,12-17). (N.d.T.)
15
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
sette leggi così definite sono chiamate “precetti noachidi”, e Dio fece in
modo, dando sette colori all’arcobaleno, di rispecchiare in quest’ultimo ogni
discendente di Noè che ricordava le sette leggi. Paradossalmente, la
Halakhah31 mette in guardia contro un’osservazione troppo rigorosa del
fenomeno. La visione di un arcobaleno impone la recita di una benedizione.
Una seconda interpretazione dell’arcobaleno lo considera composto da una
moltitudine, da una profusione di colori simboleggianti l’armonia degli
uomini, tutti diversi ma uniti dal destino comune. Nella lingua ebraica esiste
una vicinanza formale tra i termini “arcobaleno” e “multicolore”, rafforzando
questa linea di pensiero.
Fig. 14 – Théodore de Bry, secondo J. Le Moyne de Morgues, L’Arca di Noè, in Brevis
Narratio Eorum Quae in Florida Americae Provincia, 159132
La Bibbia non dice quali siano i colori dell’arcobaleno. Solo la Kabbalah
affronta la questione, le cui risposte risultano in contraddizione con la
definizione semplice dei precetti noachidi. La Kabbalah, la dottrina esoterica
31 La halakhah o halakhà, è la normativa ebraica, comprendente le regole che hanno trovato
la loro espressione nei testi classici della giurisprudenza ebraica. (N.d.T.)
32 Théodore de Bry (1528-1598) fu formato dal padre, un orafo di Liegi. Convertitosi al
protestantesimo, si trasferì a Strasburgo, la cui accoglienza, prosperità e ideologia
riformista promuovevano la carriera degli incisori, e vi si stabilì dopo aver sposato la figlia
di un collega di Francoforte, facendo l’incisore, il libraio e l’editore di opere dedicate alla
scoperta del Nuovo Mondo. L’illustrazione è presa da un racconto di viaggio in Florida di
Jacques Le Moyne de Morgues (1533-1588), a pag. 49 della II Parte dei Grandi Viaggi.
16
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
che ebbe origine nel XII secolo, apparve nella comunità ebraica di Narbonne
e nel movimento chassidico tedesco33 e organizzò i colori in un sistema
semantico estremamente complesso e dai significati variabili. A volte i colori
primari dell’arcobaleno sono bianco, verde e rosso; altre volte si sposano
con quelli dell’albero delle dieci sephirot, i primi dieci strumenti di Dio, ma il
colore di ognuna può variare in base alla loro posizione nel contesto. Inoltre,
per analogia con i colori del tabernacolo, il blu, il porpora, lo scarlatto e il
bianco sono messi in corrispondenza con i quattro elementi (aria, acqua,
fuoco, terra) e fondano l’ordine dei colori dell’arcobaleno.
Il testo della Genesi non permette di rispondere alla domanda: l’arcobaleno
esisteva prima della fine del Diluvio oppure è stato creato per l’occasione?
L’arcobaleno poggia sull’agnello offerto da Noè, XII-XIII secolo, mosaico, Duomo di
Monreale34
Apparentemente innocua, la domanda punta a una contraddizione contenuta
nel testo, secondo il quale tutta la creazione è stata compiuta alla fine del
sesto giorno, vigilia del Shabat. Allora Dio vi ha dovuto derogare per
inventare a posteriori questa meteora? La risposta sta nel Pessachim 54a
del Talmud babilonese: «Ogni giorno della creazione furono create tre cose:
nel primo, il cielo, la terra e la luce; nel secondo il firmamento, la Gehenna
e gli angeli; nel terzo, gli alberi, l’erba e il Paradiso; nel quarto il sole, la
33 Il chassidismo è una corrente dell’ebraismo, che persegue un approfondimento della
devozione, fondato intorno al 1750 in Ucraina dal rabbino Israel ben Eliezer (1698-1760)
e diffusosi soprattutto nell’Europa orientale. (N.d.T.)
34 Quest’immagine non compare nel testo originale. (N.d.T.)
17
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
luna e le stelle; nel quinto, i pesci, gli uccelli e il Leviatano. Siccome Dio
riposò il settimo giorno, il Shabat, nel sesto giorno dovette produrre il
doppio, sei creazioni: Adamo, Eva, gli animali selvatici, i rettili, le bestie
della terra e i demoni. I demoni furono creati poco prima dell’ingresso nel
Shabat: è per questo che sono degli spiriti incorporei – a Dio mancò il
tempo di creare i loro corpi».
Così fu risolta una controversia, ma fu ripresa più tardi dai teologi
medievali. La domanda è importante perché se l’arcobaleno esisteva prima
del diluvio, bisogna annoverarlo fra le cose naturali, create durante la
Genesi, ma la sua apparizione in concomitanza del diluvio esige che lo si
classifichi tra le cose soprannaturali, cioè l’insieme delle manifestazioni di
Dio non comprese nei sei giorni della Genesi35.
Fig. 15 – Dio è seduto su un arcobaleno e tiene un libro chiuso. Il primo manoscritto descrive
i primi quattro giorni della creazione: la separazione tra luce e tenebre, aria e acqua, terra e
mare, giorno e notte. Il secondo mostra il quinto giorno: la creazione degli animali. Il
Creatore assiste alla nascita della sua opera, seduto su arcobaleno, dal quale poi scende per
creare Adamo il sesto giorno, e riposarsi il settimo giorno.
35 La polemica è continuata nell’età classica e ne fa fede un paragrafo del capitolo dedicato
all’arcobaleno nella caustica opera di Thomas Browne (1603-1682), Pseudodoxia
epidemica: or, Enquiries into very many received tenents, and commonly presumed
truths, 1646. Browne se la prende con ogni superstizione e pregiudizio: se non ci fosse
stato l’arcobaleno prima del diluvio, per le stesse ragioni «non avrebbe dovuto esserci
l’acqua prima del Battesimo, né il pane né il vino prima dell’Eucaristia».
18
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Cristo in maestà
Fig. 16 – Cristo in Maestà, 1123 circa, affresco staccato dalla cupola di San Clemente a Taüll,
(Lérida), Museo de Arte de Cataluñ, Barcellona
Accanto al diluvio, in realtà al suo opposto secondo l’asse del tempo biblico,
convive senza mai incontrarsi, se non in Tintoretto, l’altro tema principale
della rappresentazione cristiana medievale, il Giudizio Universale. Il
Discorso della Montagna, come riportato nel Vangelo secondo san Matteo36,
annuncia l’ineluttabilità della fine del mondo, il ritorno glorioso del Figlio
dell’uomo giudice e sovrano, la separazione di eletti e dannati, la
prospettiva della vita eterna vicino a Cristo o i tormenti dell’inferno ed
esorta i discepoli a prepararsi. Le metafore di quest’ultima dicotomia,
giudicata secondo le azioni umane, avendo messo l’accento sulla
misericordia, sono essenzialmente la parabola delle pecore, le brave pecore
separate dai capri ribelli37, e quella delle vergini sagge e delle vergini
stolte38. Sullo svolgimento del giudizio, Matteo non dice quasi nulla, Marco e
Luca apportano qualche chiarimento. La descrizione più famosa dell’ultimo
Giudizio è nell’Apocalisse, testo catastrofico già presente nel VII secolo, ma
sviluppato durante l’Alto Medioevo, che figura la terrificante minaccia della
36 Mt 5,1-7. (N.d.T.)
37 Mt 25,31-33; Ez 34,17. (N.d.T.)
38 Mt 25,1-13. (N.d.T.)
19
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
dannazione eterna contrapponendovi la speranza simboleggiata dall’alleanza
sigillata alla fine del diluvio. Cristo Re, in Maestà, troneggia seduto su un
arcobaleno, protetto da una mandorla, circondato dai santi, dai quattro
evangelisti, da ventiquattro vegliardi39, e presiede la spirale discendente
verso gli inferi di alcuni, la redenzione degli altri, l’Arcangelo Michele che
pesa le anime, operazione chiamata psicostasia40.
I profeti dell’Antico Testamento utilizzano l’espressione «giorno dell’Eterno»
(Gl 2,31) o «giorno del Signore» (Ez 13,5, Is 2,12), mentre nel Nuovo
Testamento coesistono le espressioni “Parusia” (la venuta di Cristo come
Giudice del mondo) nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli, “secondo
Avvento”, “Epifania”, “Apocalisse” (apokalypsis) o “Rivelazione”. Il giorno
della Parusia è anche chiamata dagli Evangelisti «il giorno del Figlio
dell’uomo» (Lc 17,30), «l’ultimo giorno» (Gv 6,39-40).
Il Giudizio Universale è insegnato nel catechismo romano. I segni
annunciatori della seconda Parusia sono – oltre alla conversione degli ebrei,
al ritorno di Enoch e di Elia, alla Grande Apostasia – alcune perturbazioni
naturali straordinarie: l’evangelista Matteo (24,6-12) predisse guerre,
pestilenze, carestie e terremoti. Una conflagrazione universale cambierà
l’aspetto della Creazione (2 Pt 3,10-13): nella sua seconda epistola, scritta
prima della Apocalisse di Giovanni, l’apostolo Pietro indirizzò un
avvertimento chiaro e universale, ricordando che Dio ha creato la terra poi
l’ha sommersa nell’acqua e un giorno la distruggerà di nuovo con il fuoco. I
prodromi dell’Ultimo Giorno saranno lo squillante suono di una tromba che
risveglierà i morti e la comparsa di una croce luminosa in cielo.
La data del Giudizio Universale non è fornita con certezza dagli Evangelisti:
l’ultimo giorno verrà come un ladro (Mt 24,42-43), con una luce improvvisa
(Mt 24,27) o un’insidia (Lc 21,34) o un diluvio (Mt 24,37). Pur mantenendo
la minaccia, o la speranza, del suo sopraggiungere abbastanza vicino
«alcuni di coloro che sono qui presenti non morranno prima d’aver visto il
Figlio dell’uomo venire nel suo regno» (Mt 16,28). Stessa incertezza per
quanto riguarda il luogo del giudizio: nel cielo, o nella valle di Giosafat (Gl
3,2). Il giudice non è Dio stesso, ma Cristo suo figlio, seduto su una nuvola,
circondato dagli angeli, assistito dagli eletti, con gli apostoli seduti su dodici
troni a giudicare le dodici tribù di Israele, e i santi più importanti
trasmettono ai peccatori la sentenza di Cristo.
Nella scultura e nella pittura medievale, l’apocalisse è illustrata utilizzando la
descrizione della fine del mondo e del giudizio universale dell’apostolo
Giovanni, figlio di Zebedeo, nel suo testo il Libro della Rivelazione41
39 Ap 4,2-4. (N.d.T.)
40 La psicostasìa indicava la cerimonia alla quale, secondo il Libro dei morti dell’antica
religione egiziana, veniva sottoposto il defunto prima di poter accedere all’aldilà. Il
cristianesimo la mutuò, anche con il nome di “pesatura dell’anima”, nel Medioevo, secondo
la quale l’arcangelo Michele, incaricato da Dio, separa le anime giuste dalle peccatrici. Su
un piatto della bilancia vi è lo spirito dell’uomo, sull’altro il peso morale delle opere che
egli ha compiuto in vita. (N.d.T.)
41 Il Libro dell’Apocalisse di Giovanni racconta sotto forma di lettera una serie di visioni che
egli ebbe durante l’esilio sull’isola di Patmos. Dio rivelò lo svolgimento imminente del
Giudizio Universale a Cristo, il quale lo riferisce a Giovanni. Questi, da apostolo, diventa
20
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
(apocalisse significa “senza velo”) che chiude il Nuovo Testamento.
Storicamente essa è preceduta, nell’Antico Testamento, da un’altra
apocalisse, ossia il Libro di Daniele, di cui si ritiene che i capitoli sulla fine
del mondo furono scritti tra il 169 e il 165 a.C., quando gli ebrei
traversarono un periodo di persecuzioni e di massacri sotto il regno di un
Seleucide, Antioco I, mentre la Giudea era dominata da una dinastia
macedone fino ad allora tollerante. Il Libro di Daniele profetizzava a partire
dal sogno di Nabucodonosor (VI secolo a.C.), descritto e interpretato nel
secondo capitolo, la venuta di un giorno in cui i malvagi sarebbero stati
condannati ai tormenti dell’inferno e i giusti ricevuti nel regno dei santi (Dn
12). E precisava l’avvento di un «Figlio dell’uomo»42: ciò che mantiene
alcuni nella convinzione che quel tempo non tarderà.
L’arcobaleno, assente dal Libro di Daniele, appare più volte nel testo di
Giovanni: «Ed ecco, c’era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto.
Colui che stava seduto era simile nell’aspetto a diaspro e sardonico. Un
arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono»43 e altri. Segue la lunga
descrizione del libro che tiene il Signore, che è chiuso con sette sigilli che
solo l’Agnello potrà rompere. Ogni volta che un sigillo sarà rotto, una
catastrofe si abbatterà sulla terra: morte, terremoti, incendi, cavallette...
Alla rottura del settimo sigillo, sette angeli suoneranno la tromba: quattro
cavalieri terrificanti uccideranno un terzo degli uomini. Poi, racconta
Giovanni: «vidi un altro angelo possente che scendeva dal cielo, avvolto in
una nuvola e con l’arcobaleno sul capo; il suo volto era come il sole e i suoi
piedi come colonne di fuoco. Egli aveva in mano un libretto aperto e posò il
suo piede destro sul mare e il sinistro sulla terra, e gridò a gran voce come
un leone ruggente». I piedi dell’arcobaleno saranno rappresentati molte
volte, allorquando la meteora si libererà della mandorla, con uno che
emerge dalle onde e l’altro radicato in un paesaggio montagnoso.
Fig. 17
profeta e trasmette questa Rivelazione alle Sette Chiese dei dintorni di Efeso, le quali,
nella prima visione, appaiono come il simbolo della Chiesa, delle quali il Signore è Cristo,
essere trascendente e di una maestà inconcepibile.
42 Dn 7,13. (N.d.T.)
43 Ap 4,2-3. (N.d.T.)
21
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
«Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: “Va’, prendi il libro
aperto dalla mano dell’angelo che sta ritto sul mare e sulla terra”. Allora mi
avvicinai all’angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse:
“Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà
dolce come il miele”. Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo
divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne
sentii nelle viscere tutta l’amarezza»44.
Altri testi dell’Antico Testamento si rapportano al Giudizio Universale
descrivendo un arco, in particolare il libro del profeta Ezechiele: «il cui
aspetto era simile a quello dell’arcobaleno nelle nubi in un giorno di pioggia.
Tale mi apparve l’aspetto della gloria del Signore» (Ez 1,28). E tra i libri
apocrifi, detti “deuterocanonici”, mancanti nella Bibbia ebraica: «Osserva
l’arcobaleno e benedici colui che l’ha fatto, è bellissimo nel suo splendore»
(Sir 43,11).
Fig. 18 – La visione di Ezechiele, 1569, in Bibbia dell’Orso (Biblia del Oso), tradotta da
Casiodoro de Reina45.
44 Ap 10,8-10. (N.d.T.)
45 Questa illustrazione della prima Bibbia protestante pubblicata in Spagna mostra il
Mercavah, il cocchio di Jehovah, che apparve a Ezechiele sul fiume Chebar, munito di
quattro ruote coperte di occhi, occupato da quattro esseri viventi le cui ali erano unite,
22
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Il Libro della Rivelazione fu scritto probabilmente alla fine del I secolo d.C.
da uno o più autori che conoscevano in profondità la Bibbia: vi sono
centinaia di citazioni del Libro di Daniele, organizzate in modo tale che,
all’inizio, la prima venuta di Cristo appaia come la logica conclusione di una
lunga serie di profezie dell’Antico Testamento e, in seguito e soprattutto, che
l’ora del giudizio, della seconda venuta di Cristo, sia imminente, come
annunciato due secoli e mezzo prima nel Libro di Daniele. Da qui la stessa
impazienza nei lettori di Giovanni.
I colori dell’arco
Se la forma della mandorla si è fissata rapidamente, al contrario variano la
dimensione dell’arcobaleno, la sua larghezza, il numero di fasce e i loro
rispettivi colori. L’arco può essere bicolore, tricolore, a volte multicolore. Il
numero di fasce è portatore di significato: dualismo, trinitarismo, teoria dei
quattro elementi e corrispondenze dei sistemi ispirati dell’aristotelismo sono
evocati nell’avere due, tre o quattro colori. Questi erano scelti senza alcun
desiderio di rappresentare la realtà del fenomeno arcobaleno: a quel tempo
nessuno usciva con cavalletto e pennelli fuori dello scriptorum. Al di là del
tema, si possono distinguere i vincoli che determinavano i colori:
costituivano semplicemente la tavolozza allora disponibile di tinte, pigmenti,
coloranti che il commercio, l’artigianato e i lenti progressi tecnologici
rendevano acquisibili. Bisogna aggiungere anche il peso delle regole che le
Gilda e le Confraternita di San Luca imponevano ai loro membri, artisti,
miniaturisti o pittori di pale d’altare46. Confrontando le diverse miniature si
individuano i confini entro cui lavorava l’artigiano: la composizione è
stereotipata per tutto il XV secolo, ma la copia si limita al rispetto delle
convenzioni del disegno e dei simboli, mentre la scelta dei colori e degli
ornamenti dipendono dalla volontà dell’artista e del committente.
I Padri della Chiesa erano imbevuti di Bibbia, ma anche di traduzioni di
alcuni testi filosofici di Cicerone, Apuleio, Seneca, Plinio e Virgilio. Per san
Basilio (330-379) l’arco è tricolore: il blu simboleggia l’ascesa celeste di
Cristo, il rosso i suoi dolori, il verde la sua natura terrestre. Il commentario
di San Girolamo (347-419) su Ezechiele riprende la teoria virgiliana di
migliaia di colori. Ma la fascia di Iris rappresentata nel Vergilius Romanus da
uno aveva il volto di un uomo, un altro aveva una testa di leone, il terzo quella di un bue,
l’ultimo quella di un’aquila, tutti erano coperti di occhi. Questa figura che unisce quattro
forme alate, è chiamata il tetramorfo. Nel firmamento, sopra il cocchio, è un trono di
zaffiro, su questo l’immagine di un uomo e ancora più in alto appare un arcobaleno. Dalla
nube che è intorno al cocchio, una mano emerge per tendere un rotolo di pergamena a
Ezechiele e una voce gli ordina di mangiarlo. Poi il profeta andrà a diffondere la parola ai
fanciulli di Israele.
46 La Gilda era una corporazione germanica, sviluppatasi a cavallo del I millennio fra coloro
che esercitavano una determinata professione. La Confraternita di San Luca (o della Lega
di San Luca), nata a Vienna nel 1808, aveva per statuto di restare sempre fedeli alla
verità, di combattere la maniera accademica e di risuscitare l’arte con ogni mezzo
possibile. (N.d.T.)
23
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
un miniaturista del VI secolo47 riduce le migliaia di colori proposte da Virgilio
a tre: rosso, bianco e verde. L’arcobaleno rimarcante l’alleanza nella Vienna
Genesis (V-VI secolo), comporta i tre colori blu-verde, bianco e rosso.
L’omelia di Gregorio Magno (c. 540-604) dedicata al profeta Ezechiele
descrive l’arco che sostiene il trono di Cristo come bicolore: il blu
simboleggia l’acqua, il rosso il fuoco. Se l’arco rappresenta la Trinità, allora
sarà tricolore; se indica la dualità terra-cielo o si riferisce all’escatologia,
sarà bicolore; se illustra la teoria dei quattro elementi, avrà altrettanti
colori. Nicola d’Oresme (1323-1382) non vedeva nell’arco il semplice segno
dell’alleanza, né uno dei simboli del Giudizio universale, ma vi percepiva una
metafora del corpo celeste di Cristo e nel secondo arco, che include il primo,
quello del corpo della Vergine.
La registrazione delle cause fisiche affrontata dagli enciclopedisti Isidoro di
Siviglia, Beda il Venerabile48 o Rabano Mauro di Magonza si limita ad alcuni
abbozzi di razionalizzazione dei fenomeni meteorologici. Per sant’Isidoro di
Siviglia (c. 560-636), la forma dell’arcobaleno è conseguenza della
riflessione dello splendore del sole attraverso le nuvole colorate dalla luce,
ma là dove lo Stagirita49 – all’epoca non disponibile – vedeva tre colori,
sant’Isidoro ne numera quattro, tanti quanti sono i quattro elementi: l’acqua
per la porpora (violetto), il cielo per i rossi, l’aria per il bianco e la terra per
l’oscurità. Isidoro precisa che la porpora rammenta le nuvole del diluvio,
mentre il rosso annuncia i tormenti che attendono i dannati nelle fiamme
dell’inferno. Il benedettino Rabano Mauro (c. 776-856), arcivescovo di
Magonza, fortemente influenzato da sant’Agostino, è l’autore di una summa
enciclopedica, De universo, in gran parte ispirata da Isidoro. Nel capitolo De
Arcu coelestis, il rosso e il blu dell’arcobaleno sono causati, rispettivamente,
dall’acqua e dal fuoco e indicano che la fine del mondo verrà con il fuoco e
non con il diluvio. La parafrasi del Pentateuco di Aelfric50, che tradusse i
cinque libri di Mosè, Giosuè, Giudici, Ester, Giobbe e parte del libro dei Re, è
illustrata da un arcobaleno a sei fasce, ciascuna delle quali è a segmenti
(Fig. 19).
I tre colori dell’arcobaleno rimandano qui il lettore del Libro d’Ore al
concetto della Trinità: il rosso per il Padre, il blu per il Figlio e il bianco per lo
Spirito Santo, il Paraclito. A volte, per caso o per spirito di osservazione, un
dettaglio che poteva passare per naturalistico si intrufola nella miniatura, in
cui l’ordinario si basa sulla convenzione formale e il rispetto dei codici di
rappresentazione delle Scritture: così i colori degli archi blu-bianco-rosso
sono arbitrari e il monaco copista non poteva essere sospettato di avere uno
spirito sciovinista prima del tempo, ma le fasce colorate dei due archi sono,
47 Il Vergilius Romanus (Virgilio Romano), conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, è
comunemente datato V secolo. (N.d.T.)
48 Il santo monaco benedettino Beda il Venerabile (c. 672-735) – unico a non essere più
citato nel testo – scrisse sui fenomeni naturali il De Rerum Natura, lo stesso titolo ha il
trattato enciclopedico di sant’Isidoro di Siviglia. (N.d.T.)
49 Aristotele. (N.d.T.)
50 L’abate Aelfric il Grammatico (c. 955-c. 1010) fece la libera traduzione dei primi sette libri
dell’Antico Testamento, intitolata Heptateuch, in inglese antico. (N.d.T.)
24
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
come si può vedere in natura, invertiti.
Fig. 19 – Illustrazione dal Pentateuco di Aelfric, X secolo.
Allo stesso modo, una delle condizioni per la comparsa dell’arco tra le più
importanti, compresa da Aristotele, è la posizione dell’osservatore nello
spazio geometrico che unisce l’occhio, il sole e arco. In una tavola, l’occhio
non è quello dell’artista ma quello dello spettatore al quale ci si indirizza.
Passato il tempo dei Libri d’Ore e dei Giudizi universali – dove la luce
paradossalmente non è mai emanata dal sole, ma ha come fonte Cristo
stesso o la mandorla – non ci sarà più un’opera che tenga conto del fatto
primario che un arcobaleno non può essere visto se l’osservatore non è
situato dietro al sole. Per non parlare della nozione di angolo limite di
rifrazione, e tanto meno dello spessore dell’arco.
Evoluzione delle raffigurazioni del Giudizio Universale
Dopo aver reso omaggio a Giotto, quasi fondatore di tali messinscene
grandiose51, ci proponiamo di prendere cinque esempi tra le diverse decine
di Giudizi Universali sopravvissuti ai capricci della storia, agli incendi, ai
saccheggi, agli iconoclasti dell’VIII-IX secolo, al sacco di Roma del 1527 a
opera dei lanzichenecchi spagnoli e dei mercenari germanici, alle nuove
iconoclastie della Riforma e ai ladri. La pittura del Giudizio Universale segue
l’evoluzione generale della rappresentazione di uomini, volti e paesaggi, con
51 Giotto di Bondone (1267-1337) affrescò il Giudizio Universale nella Cappella degli
Scrovegni a Padova e nella Cappella del Podestà del Bargello a Firenze. (N.d.T.)
25
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
una prima rivoluzione all’inizio del XIV secolo a causa dell’introduzione della
prospettiva. Parallelamente, fino alla fine del XV secolo, si sviluppano la
finezza dei dettagli, il naturalismo dei colori e la complessità delle
composizioni.
La produzione di opere sull’ultimo Giudizio diventa possibile con l’aumento,
dal XII al XV secolo, della ricchezza della Chiesa, che impone una tassa, la
decima, pari al prelievo di un decimo dei raccolti dei contadini, e soprattutto
beneficia di donazioni e lasciti che vengono incoraggiati adattando gli
insegnamenti di Cristo a uso di ricchi e potenti, siano essi nobili o borghesi.
Non può sfuggire al lettore del Vangelo che l’accesso al Paradiso è limitato
per queste categorie socio-economiche: «è più facile che un cammello passi
per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli» (Mt 19,24).
Che cosa fare con quel giovane ricco che, dopo aver ascoltato le parole di
Cristo, se ne va via triste perché possiede molti beni e non è disposto a
lasciarli? Così, per il ricco medievale diviso tra la tristezza che prova all’idea
di separarsi dalla propria fortuna e la prospettiva di arrostire all’inferno, i
Padri della Chiesa inventano soluzioni di compromesso: dare in vita una
parte dei loro beni; finanziare dei progetti come la costruzione di chiese, il
sostentamento dei monaci, la decorazione degli altari, la commessa della
pala d’altare; lasciare le proprietà alla Chiesa... Tali disposizioni consentono
di accedere al Regno dei Cieli attraverso la contemporanea invenzione del
Purgatorio. Lo stratagemma risulta efficace a lungo termine: il destino delle
anime del Purgatorio dipende in parte dallo zelo che i vivi dimostrano nel
sottoscrivere messe e donazioni per la salvezza dei loro parenti defunti.
Non solamente le indulgenze, ma mille deroghe alle regole sono dispensate
a pagamento, trasformando la lettera delle Scritture52 per accogliere il
celibato dei preti o le restrizioni alimentari della Quaresima. La
competizione, mantenuta in città e in province, tra chi possedeva il decoro
più sontuoso e la promessa di raffigurare i potenti in penitenza sulle pale
d’altare mentre sono presentati a Cristo o alla Vergine dai santi intercessori
– san Pietro, sant’Anna, i santi fondatori degli ordini monastici – costringono
i committenti inginocchiati e imploranti ad assistere all’Incoronazione della
Vergine, alla Crocifissione e, più astutamente ancora, al Giudizio Universale.
L’intera vita della comunità diventa scandita dai giorni, senza lavoro, per
festeggiare i santi patroni o gli episodi della vita di Cristo, per le processioni,
le benedizioni di chiese o i pellegrinaggi.
Nel registro inferiore, alla destra di Cristo, sono gli eletti usciti dalle loro
tombe, risuscitati dai morti, che guadagnano il paradiso accompagnati da
santi e angeli, ma, alla sinistra di Cristo, un ripugnante Satana accoglie i
dannati all’ingresso di una fornace conformemente alle descrizioni del
Leviatano infernale nel Libro di Giobbe (41,10-12 e 22). Il Purgatorio,
questa invenzione recente alla quale Dante accorda un gran posto nella
Divina Commedia, ispira poco i pittori, sia nel Medio Evo che nel
Rinascimento, e non lo tratteremo.
52 Con “lettera delle Scritture” si indica il rispetto fedele al testo e al senso letterario della
Bibbia. (N.d.T.)
26
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 20 – Giotto di Bondone, Giudizio universale, 1303-1305, affresco, Cappella degli
Scrovegni, Padova53.
53 L’affresco è diviso in quattro parti centrate sulla mandorla dove Cristo in Maestà siede in
trono sull’arcobaleno. Senza alcuna veemenza nell’atteggiamento, Cristo mostra il palmo
destro, dove si intuisce la ferita inflitta dal chiodo che lo crocifisse, e tiene la mano
sinistra sul bordo della mandorla. Ai suoi piedi, agnelli e pecore si fanno strada sotto
l’arcobaleno e rafforzano il senso di pace. La luce sembra provenire dallo sfondo e dai
limiti interni della mandorla. Nella parte superiore, ai lati di Cristo, sono seduti i dodici
apostoli e dietro sono i cori celesti accompagnati dalle trombe degli angeli aureolati
annuncianti che l’ora del Giudizio Universale è arrivata.
27
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Il Giudizio Universale di Giotto (Fig. 20) mostra un esempio di compromesso
formale tra la mandorla, l’arco, e le nuvole: lo stesso cilindro curvo e
tricolore – rosso all’esterno, bianco al centro, blu-verde all’interno – è
utilizzato per i tre motivi.
Invitiamo il lettore a prestare attenzione anche ai seguenti particolari:
- la posizione dell’orizzonte e, di conseguenza, la dimensione dei personaggi
che distinguono Cristo, gli intercessori, gli angeli, gli eletti e i dannati;
- la presenza o l’assenza della mandorla e suoi equivalenti (nimbi, aureole)
di personaggi, angeli o intercessori;
- la forma dell’arcobaleno, singola o doppia, e i suoi colori;
- la presenza o la mancanza degli strumenti della Passione;
- il rispettivo numero dei dannati e degli eletti e di conseguenza la loro
posizione in relazione al primo piano.
La raffigurazione di Cristo evolve: a volte è senza barba, altre volte è
barbuto con i capelli neri o canuto come un vecchio. All’aureola si sostituisce
la corona di spine, ricordando la Passione come le piaghe sulle mani e sul
costato quando ai fianchi non ha che con un panno rosso o bianco. Le
stigmate della Passione sono rese con una traccia puntiforme lasciate dai
chiodi della croce sui palmi e sui piedi di Cristo da Coppo di Marcovaldo,
attivo tra il 1260 e il 1276, e si fanno appena indovinare sul palmo della
mano destra in Giotto (1305-1306), ma poi diventano sistematiche e
l’ostentazione delle palme si sostituisce alla mano destra benedicente con
anulare e mignolo flessi. Talvolta le braccia vengono distanziate per
mostrare le ferite con il sangue che fuoriesce, allora il gesto si fa più
veemente, il braccio destro diventa minaccioso aggiungendo terrore alla
visione delle prove della tortura.
Coppo di Marcovaldo, Giudizio Universale, 1260-1270 ca., mosaico, Battistero di San
Giovanni, Firenze54
54 L’illustrazione non c’è nel testo originale. (N.d.T.)
28
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 21 – Anonimo (Maestro tirolese), Giudizio Universale, metà del XV secolo, tempera e olio
su legno, 146,4x87,3 cm, The California Palace of the Legion of Honor, San Francisco55
55 Questo Giudizio Universale è una variazione semplice sul tema e contiene l’insieme degli
attributi che sarà progressivamente abbandonato nel secolo successivo: il doppio
arcobaleno, bicolore, in sintonia con la mandorla, nei toni del rosso e dell’arancio; gli
angeli che recano gli strumenti della Passione. Tale versione non ha il lusso che si
riscontra nei decenni successivi: la costruzione è semplificata, il numero di figure ristretto,
le schiere angeliche compresse. Dalla bocca di Cristo partono, alla sua sinistra, una spada
puntata verso l’esterno e, alla sua destra, un giglio, la cui lunghezza è
approssimativamente quella della spada. La spada simboleggia la giustizia divina, il giglio
la misericordia.
29
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 22 – Maestro dell’Apoteosi della Vergine, Giudizio Universale, 1460 circa, olio, 57x40,5
cm, Foundation Rau pour le Tiers-Monde, Zurigo56.
56 Nell’opera di Maestro dell’Apoteosi di Maria – attivo tra il 1460 e il 1490, perciò
appartenente alla generazione successiva a Stefan Lochner – Cristo è seduto entro una
mandorla virtuale, luminosa; gli archi riflettono la luce e prendono una forma cilindrica.
L’inclinazione della testa del Cristo, con gli occhi socchiusi, continua l’interpretazione
misericordiosa di Cristo Re avviata da Lochner. L’assenza dell’arcangelo Michele sgombera
il centro della tavola e permette di sostituire l’orizzonte desertico tradizionale con un
abbozzo di paesaggio con una città, boschi, fiumi e colline in lontananza. Gli attributi sono
ridotti: persistono, oltre all’arcobaleno, la spada e il giglio.
30
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 23 - Hans Memling, Giudizio Universale (Trittico di Danzica), 1470 circa, olio, 221x161
cm (pannello centrale), National Museum, Danzica57.
Nella Fig. 23 la mandorla è stata sostituita da un alone, ma un’altra luce
sembra sorgere dall’orizzonte, tracciato ai 2/5 inferiori della tabella, senza
che si possa capire se sia l’alba o il tramonto. Gli attributi del giudizio (gli
strumenti del supplizio, il globo sotto i piedi di Cristo, la spada e il giglio,
l’ampio mantello rosso leggermente aperto, le trombe, l’arcangelo Michele
con la bilancia per la pesatura delle anime) ci sono tutti. L’arcangelo
stuzzica con la punta della lancia il futuro dannato che si contorce sul suo
piatto. Tuttavia, la varietà di posizioni, già presenti nell’opera di Van der
Weyden, si arricchisce di diverse espressioni e di situazioni più complesse:
cadute, suppliche, urla terrificanti tormentano i corpi e i volti, allo stesso
modo dei diavoli e delle fiamme che occupano il pannello di destra. Quando
raggiungono la soglia della bocca infernale, i dannati sono disegnati in un
movimento a spirale. Tale eccitazione (uno dei dannati è in opistotono58)
57 Il Giudizio Universale di Hans Memling (c. 1430/1440-1494) fu esposto a Parigi nel 1814.
Stendhal non perse l’occasione di dire tutto il male che pensava della plebe: «Andate al
museo una domenica, vi troverete, a un certo punto della galleria, il passaggio ostruito
dalla folla radunata davanti a un quadro, e tutte le domeniche davanti allo stesso. Credete
che sia un capolavoro? Niente affatto: è una crosta di scuola tedesca, raffigurante il
Giudizio Universale. Il popolo ama vedere le smorfie dei dannati».
58 L’opistotono è uno stato di grave tensione con spasmi, in cui testa, collo e colonna
vertebrale si incurvano formando un ponte. (N.d.T.)
31
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
contrasta con la rigida postura degli eletti che salgono con dignità i gradini
di una Nuova Gerusalemme in stile gotico. Gli eletti sono poco numerosi,
rispetto alla corte agitata dei dannati, e tra loro si saranno riconosciuti
alcuni generosi committenti. La composizione del pannello di sinistra ricorda
quello di Lochner.
Fig. 24 – Scuola dei Paesi Bassi meridionali (Bruxelles), Trittico di Zierikzee (con i ritratti di
Filippo il Bello e Giovanna la Folle), olio, tra il 1495 e il 1506, Museo Reale di Belle Arti del
Belgio, Bruxelles 59.
59 Il pannello è diviso in due parti disuguali, l’inferiore, più larga, rappresenta, in primo
piano, gli eletti e, in secondo piano, i dannati precipitati dai demoni nelle fiamme
dell’inferno. Con un mantello rosso dal ricercato drappeggio, Cristo è assiso su un
arcobaleno rosso e oro, con la spada e il giglio; i suoi piedi poggiano su un globo. Gli
angeli che portano gli strumenti del supplizio sono scomparsi, ma la croce sta dietro
Cristo. L’accento è qui messo sugli eletti, posti in primo piano, e la loro dimensione è
superiore a quella di Cristo e degli intercessori.
32
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 25 – Frans Floris, Giudizio Universale, 1565, olio, 162x220 cm, Kunsthistorisches
Museum, Vienna
Involucro protettivo assegnato da Dio Padre al Figlio, ma anche metafora
del confine tra mondo terrestre e regno dei cieli, del quale allude
all’impenetrabilità, la mandorla si evolve come gli archi che la contengono:
diventa più trasparente o più dorata, meno consistente, meno rigida e poco
a poco svanisce; la sua forma resta in filigrana, sia per un gioco di nuvole
disposte lungo i confini di una mandorla virtuale, sia per lo sbieco delle
figure disposte a una distanza convenuta di Cristo che determina uno spazio
oblungo e luminoso.
L’illuminazione proviene dallo sfondo e dalla parte superiore del motivo nel
quale il Signore è seduto, appoggiato su un arco, le cui estremità si
allungano, quando non sono limitate dalla presenza fisica della mandorla, e
si avvicinano alla superficie della terra per perdersi tra le nuvole che
fluttuano intorno e ai piedi della figura di Cristo. A volte le gambe dell’arco
sono ancorate a quattro piccole nuvole attaccate alle estremità destra e
sinistra di due archi paralleli. Più tardi, un piede del grande arco, poi del
secondo, tocca il profilo di una roccia, di una montagna, scomparendo dietro
a un albero. Tuttavia, la perdita di sostanza dell’arco continua, è sempre
meno policromo, si sbiadisce nella pala d’altare, diventa più evanescente,
più attenuata, fino a indovinarsi appena.
33
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 2660
Nella Fig. 27, la sparizione dell’arco preceduta da una decolorazione, con
conseguente trasparenza, è secondaria a quella della mandorla. Lo spazio
liberato è pronto ad accogliere il paesaggio dove saranno ancorati gli
arcobaleni di Pinturicchio e di Raffaello.
Ci proponiamo ora di seguire l’evoluzione divergente della problematica
escatologica che letteralmente invade il campo aperto dalla Riforma, mentre
il tema dell’apocalisse è poco affrontato nella decorazione delle chiese
cattoliche a partire dalla Controriforma, se non nelle rappresentazioni in cui
il lusso intende opporsi all’austerità dei Giudizi Universali luterani.
La Riforma e il Giudizio Universale
La situazione in alcune province europee è esplosiva, i disastri di epidemie,
carestie e guerre si aggiungono al peso delle perdite: le insurrezioni
contadine scoppiate nei secoli XIV e XV, soprattutto nei Paesi del Nord,
furono sempre represse nel sangue. Alcuni sarebbero passati volentieri
sotto il giogo ideologico ed economico della Chiesa.
60 Gli Autori non spiegano queste immagini ma il loro significato è evidente: comparando le
ultime cinque raffigurazioni (fascia in alto), si nota come in poco più di un secolo si sono
spostate le linee di separazione, in orizzontale e in verticale, tra eletti e dannati. (N.d.T.)
34
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 27 – Luca da Leida (Lucas van Leiden), Giudizio Universale, 1526-1527, trittico a olio,
301x435 cm, Museum De Lakenhal, Leida
La produzione di Giudizi Universali era al suo apice e il mercato delle
indulgenze prospero, quando Martin Lutero scrisse Von den guten Werken
(Sulle buone opere). Il monaco riformatore dimostrava che non vi era
alcuna traccia nelle Scritture di una qualunque salvezza tramite l’immagine.
Là, dove si radicava, la Riforma spazzava via la produzione artistica, la
costruzione di monasteri e chiese, provocando una crisi che afflisse
musicisti, pittori, miniatori, fabbricanti di rosari, di candele e di pianete,
orafi, fino ad allora principali beneficiari del sistema insieme agli
ecclesiastici. Unica eccezione a questa ecatombe economica furono gli
incisori, prima su legno e poi su rame, e gli stampatori, perché Lutero non si
opponeva all’illustrazione della Bibbia. Egli tradusse il Nuovo Testamento nel
1522 e l’Antico nel 1534, assistito da Justus Jonas, Philipp Melanchthon e
Caspar Cruciger61. Le tavole provenivano dal laboratorio di Lucas Cranach,
che realizzò centodiciassette xilografie, alle quali si ispirarono gli editori
61 Martin Luther, italianizzato in Lutero (1483-1546), fu il teologo tedesco iniziatore della
Riforma protestante, la cui posizione di condanna verso le indulgenze derivava dalla
lettura letterale delle Lettere di san Paolo, soprattutto quella ai Romani: «Il giusto vivrà
per fede» (Rm 1,17), dove si esclude che un peccatore possa considerarsi assolto in virtù
delle proprie opere, altrimenti non sarebbe stato necessario il sacrificio salvifico di Cristo.
Justus Jonas (1493-1555), Philipp Melanchthon (1497-1560) e Caspar Creuziger o
Cruciger il Vecchio (1504-1548) furono tre teologi riformatori tedeschi. (N.d.T.)
35
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
della Bibbia di Wittenberg62, che ebbero una notevole influenza.
La gran parte riservata al tema dell’apocalisse, riprendendo e completando
l’opera incisa di Dürer, si accordava con le anticipazioni catastrofiche del
momento. L’attesa o la preparazione del giorno del Giudizio Universale
occupava le fantasie dell’Alto Medioevo, ravvivate per l’occasione da
miracoli, guerre, epidemie, eventi celesti, come le comete, le eclissi e i
terremoti. La prospettiva fu ripresa sia dagli eretici (Jan Hus in Boemia) che
dai riformisti (Martin Lutero), dai visionari (Vicente Ferrer di Vannes), dagli
uomini di scienza (Johannes Stöffler, citato da Voltaire). Chiunque nasceva e
si elevava nella religione di Cristo poteva facilmente convincersi che l’ultimo
giorno si sarebbe verificato durante la propria vita. La Parusia era temuta da
alcuni e voluta da altri. Il Millennio – i mille anni del regno di Cristo Re – era
una promessa di felicità, di paradiso in terra, e non è sorprendente che
alcuni avessero concepito il progetto di accelerarne la venuta. Uno dei più
noti tra questi tentativi fu quello degli anabattisti di Münster, i quali vollero
fondare un Regno dei Santi sotto la guida di Jan van Leiden verso il 1530.
L’escatologia era un tema prediletto dai movimenti riformisti. Non c’è da
meravigliarsi del successo che ebbero le illustrazioni dell’Apocalisse nella
Bibbia di Württemberg, che si ispiravano in larga misura all’opera che Dürer
cominciò nel 1498.
Fig. 28 – Anton Koberger, Giudizio Universale, in Cronache di Norimberga, ed. Michael
Wolgemut, 1493
62 Così chiamata perché uscì dall’Università di Wittenberg, dove Lutero insegnava e completò
la traduzione della Bibbia nel 1534. (N.d.T.)
36
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Le Cronache di Norimberga, contributo alla storia del mondo pubblicato nel
1493 da Michael Wolgemut, presero posizione in favore dell’ipotesi di
sant’Agostino sulla Danza macabra universale63 e la seconda venuta di
Cristo, attesa per l’anno 1500. L’opera ripercorre la storia del mondo dalla
creazione al 1490, illustrata da oltre seicento xilografie realizzate dai più
grandi artisti europei, tra cui Albrecht Dürer (Fig. 29) e il prolifico Anton
Koberger (Fig. 28). L’atmosfera era tempestosa a Norimberga alla fine del
XV secolo: l’espulsione degli ebrei, reclamata da molte città tedesche e
concessa dall’imperatore Massimiliano, diventò effettiva nel 1499; gli
Ottomani premevano alle porte d’Europa; le predizioni catastrofiche e
millenariste pullulavano, mantenute dalle relazioni di nascite mostruose e
l’osservazione dei fenomeni celesti sopra Norimberga, annunciatori della
parusia.
Tuttavia, Karlstadt64, amico di Lutero, basandosi sul secondo comandamento
(«Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò
che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti
prostrerai davanti a loro e non li servirai»65), raccomandava fin dal 1522 non
solo l’abbandono, ma la distruzione delle immagini. Sotto Calvino66, che
condannava l’idolatria da Mosè al racconto del vitello d’oro, la degradazione
sarà ancora più marcata. Di fronte a quelle contestazioni che si
prolungavano e crescevano fino all’estremo nelle dispute teologiche durate
due secoli, la posizione della Chiesa non si affermò che al Concilio di Trento
(1545-1563): il decreto concernente lo statuto delle immagini si rifece al
secondo sinodo di Nicea (787), che legittimò il culto delle immagini, e
affermò che, venerandone l’immagine, si adora Cristo, ma l’immagine nella
sua realtà è distinta da ciò che rappresenta, perciò deve essere oggetto di
culto minore (dulia) di quello riservato al suo prototipo (latria).
La strategia di Lutero era dettata dai progressi delle tecniche di incisione e
di stampa. La pubblicazione di Bibbie era perfettamente idonea alla nuova
relazione tra riforma e Dio, liberata da intermediari e culti che disperdevano
la fede tra una moltitudine di santi. Ora si opponevano sul terreno del testo
e dell’immagine la Riforma che distribuiva la Bibbia, che chiunque sapesse
leggere poteva consultare per una severa riflessione, e la Chiesa apostolica
romana, che privilegiava la comunicazione collettiva con la preghiera
domenicale e il commento di un passo dei Vangeli sostenuto dalla mancanza
di discorsi sui Giudizi Universali penzolanti sugli altari.
63 La Danza macabra era un poema che circolava nella seconda metà del XIV secolo in
Francia e in Germania e descriveva la contemporanea danza dei morti e dei vivi. In pittura
fu rappresentata per la prima volta in un affresco del 1424 a Parigi, nello Charnier dei
Santi Innocenti, ed ebbe un’ampia diffusione nell’Europa del Nord. Nella danza, ballano
coppie composte da un vivo e un morto nei tratti dei quali si rispecchia la società
medievale: imperatore, vescovo, contadino ecc. Sant’Agostino (354-430) riteneva che il
ballo fosse un cerchio con al centro il diavolo. (N.d.T.)
64 Andreas Rudolph Bodenstein von Karlstadt (c. 1480-1541) è noto in Italia come Andrea
Carlostadio. (N.d.T.)
65 Es 20,4-5. (N.d.T.)
66 Jehan Cauvin, italianizzato in Giovanni Calvino (1509-1564), fu un teologo francese e, con
Lutero, il massimo riformatore religioso del cristianesimo europeo dell’epoca. (N.d.T.)
37
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 29 – Albrecht Dürer, Adorazione dell’Agnello pasquale, Visione dei sette candelieri, San
Giovanni mangia il Libro (1497-1498)67
La diffusione delle idee di Lutero fece la fortuna degli incisori, mentre il
rilancio dell’ostentazione del potere, che caratterizzò la risposta della
Controriforma in quella lotta ideologica, favorì i pittori.
67 Albrecht Dürer (1471-1528), che fu allievo di Wolgemut, mantiene la tradizione simbolica
della mandorla e dell’arcobaleno nelle incisioni che illustrano l’Apocalisse – Adorazione
dell’Agnello pasquale, Visione dei sette candelabri, San Giovanni mangia il Libro – e nei
suoi dipinti dell’Assunzione della Vergine e dell’Adorazione della Santa Trinità. Nel 1498,
Dürer, un anno dopo il suo ritorno dall’Italia, iniziò una serie di quindici xilografie sul tema
dell’Apocalisse. Pubblicò egli stesso una prima versione dell’opera in latino e una versione
in lingua tedesca. La seconda edizione in latino fu realizzata nel 1511. Assai notevoli per
la loro assoluta fedeltà al testo di Giovanni, le incisioni rispondono ai desideri di Lutero,
che deve affrontare una fazione iconoclasta dei riformisti quando egli difende il principio di
illustrare la Bibbia. Il cambiamento di indirizzo dello sguardo del pittore o dell’incisore che
caratterizza il nuovo spirito del Rinascimento del Nord non riguarda il passaggio dalla
messinscena di simboli e concetti alla descrizione attenta del mondo, della natura o del
paesaggio, ma una trasposizione del testo alle immagini, la più aderente possibile. E in
quest’ultima spariscono i santi, i donatori, gli angeli musicisti e così via. L’altra critica
formulata dalla tendenza radicale del movimento riformista, fondata sul secondo
comandamento, costringe Lutero a venire a patti: nel suo Testamento di settembre,
pubblicato nel 1522, autorizza solamente l’illustrazione dell’Apocalisse, in quanto essa è
l’espressione della visione di Giovanni e non la trascrizione della volontà divina
manifestata nel resto del Nuovo Testamento. Nelle successive edizioni, la Bibbia di
Wittenberg si arricchisce di incisioni che hanno per tema alcuni passaggi dell’Antico
Testamento, sempre soggette al controllo di Lutero.
38
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 30 – Da sinistra: Bibbia luterana; Friedrich Peypus, Biblia sacra utriusque Testamenti:
iuxta veterem translationem (frontespizio), 1530
Al centro della parte superiore del frontespizio della Bibbia luterana (a
sinistra), Dio è seduto su un arcobaleno con i dieci comandamenti nella
mano destra e il calice della comunione nella sinistra. Sotto a sinistra sono
Adamo ed Eva cacciati dal paradiso terrestre, mentre a destra è Cristo
crocifisso tra i due ladroni. Nella parte inferiore, sono rappresentate alcune
scene della vita di Cristo: la nascita, il battesimo e l’ultima cena. Sui lati
figurano i quattro evangelisti e i loro attributi. L’atmosfera è movimentata. A
destra è la Bibbia di Peypus (1485-1534). Le due immagini della parte
inferiore del frontespizio oppongono le chiese cristiane e l’anticristo;
rappresentazione che richiama Sadeler68. La pace, la misericordia e la
generosità regnano a sinistra, mentre a destra, nella Chiesa dell’Anticristo,
si abbandona un duello, si fa festa e si gozzoviglia.
68 Sadeler è il cognome di una famiglia di incisori fiamminghi, attivi nei secoli XVI e XVII.
(N.d.T.)
39
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Fig. 31 – L’umanità in attesa del Giudizio Universale, incisione di Johannes Sadeler
sull’originale di Dirck Barendsz, 1581 circa, 35.5 x 45.7 mm circa
Sullo stato dei luoghi prima del diluvio, la documentazione pittorica è rara e
fa riferimento a Mt 24,37: la riproduzione dell’incisore Sadeler secondo
l’originale di Dirck Barendsz, L’umanità in attesa del Giudizio Universale,
realizzata nel 1581, è ispirata dal Vangelo secondo Matteo ai versetti 24-39.
In una locanda, sei coppie si divertono al suono della musica e festeggiano
intorno a un tavolo ben guarnito, mentre all’esterno le case bruciano e i
cadaveri escono dalla terra; sotto l’autorità di Cristo in Maestà seduto
sull’arcobaleno, l’ultimo giudizio è già cominciato. Barendsz ha ripreso il
tema dell’umanità prima del diluvio, un musicista suona la viola, un’altra
accorda una chitarra.
La Bibbia di Norimberga69 è illustrata da Anton Koberger (c. 1445-1513), il
quale realizza le xilografie, e le tavole son colorate a mano. L’arcobaleno è
tricolore, come nelle Cronache di Norimberga di Michael Wolgemut. Quando
le incisioni sono colorate, le tre bande concentriche sono ancora
chiaramente specificate come in Allaert de Hameel, Heinrich Steiner,
Altdorfer, Holbein70 nella Danza Macabra e nella Bambergische
69 Pubblicata nel 1483. (N.d.T.)
70 Allaert de Hameel (1449-1509) architetto e incisore olandese; Heinrich Steiner (attivo
40
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Halsgerichtsordnung; l’arco è doppio in Steiner; poi la sua forma si definisce
ma senza che il tratto evochi l’esistenza di molte bande. L’arco diventa
trasparente, ridotto a una banda (in Albrecht Dürer e in Hans Baldung
Grien), prima di sparire. La mandorla si risolve in fumo passando per uno
stadio virtuale, raffigurata da una corona di nuvole. Invece i candelieri
appena schizzati acquistano consistenza e contribuiscono alla prospettiva, le
cui regole sono qui prese in considerazione.
Fig. 32 – Luca Cranach il Giovane, Differenza tra il servizio nelle Chiese protestante e
cattolica, 1545 circa, stampa policroma, Kupferstichkabinett, Berlino71.
nella prima metà del XVI secolo) editore tedesco; Albrecht Altdorfer (1480-1538) pittore
tedesco; Hans Holbein il Giovane (1497/8-1543) pittore e incisore tedesco. Più avanti è
citato Hans Baldung (1485-1545) pittore e incisore tedesco, contemporaneo e allievo di
Albrecht Dürer (1471-1528) che oltre a pittore e incisore fu un matematico. (N.d.T.)
71 A sinistra, Lutero predica dall’alto di una cattedra a un’assemblea di fedeli attenti o
occupati a distribuire l’eucaristia. Tra Dio in Maestà, accompagnato da suo figlio Gesù e
circondato da quiete nuvole dove volteggiano degli angioletti, e il predicatore riformista,
come un arcobaleno è tesa una bandinella, ponte di collegamento tra l’uomo e Dio. A
destra, mentre Dio si infuria circondato da una mandorla di fiamme da dove ogni arco è
assente, un grasso monaco si indirizza a una folla disattenta, il cui interesse è mantenuto
dalla vendita di indulgenze, al papa che conta l’incasso e ai membri del clero che si
abbuffano; in secondo piano, un martire della riforma è torturato dai domenicani
dell’Inquisizione. San Francesco disperato contempla dall’alto dei cieli la corruzione
all’opera.
41
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Prima bandiera con l’arcobaleno
Fig. 33 – Vessillo dei “Profeti di Zwincklau”
Thomas Müntzer, un monaco convertito alla dottrina di Lutero, partecipò alla
ribellione contadina che lo portò a opporsi al principe luterano Filippo I
d’Assia durante la battaglia di Frankenhausen il 15 maggio 1525. Tutte le
bandiere dei rivoltosi erano ornate con un arcobaleno, di cui non resta
purtroppo che il ricordo scritto, come quello delle migliaia di sfortunati che
perirono durante quegli scontri senza misericordia. Un dipinto
contemporaneo commemora la guerra dei contadini72, uno di quei
sollevamenti di massa che punteggiarono il XIV secolo e l’inizio del XV nelle
Fiandre (Liegi nel 1430, Gand nel 1432, 1448, 1453 e Anversa nel 1435), in
Germania e anche in Francia e in Italia. Le carestie, i ricorsi decennali della
peste dopo la grande epidemia del 1348, e soprattutto le condizioni
spaventose di vita dei braccianti agricoli e dei manovali erano all’origine di
quelle rivolte, il cui sbocco fu ineluttabilmente una carneficina.
Settantacinque anni prima, la battaglia di Grave, che oppose i cittadini di
Gand al loro principe, aveva lasciato ventimila morti tra i rivoltosi.
La situazione era all’epoca particolare: in una regione favorevole alla
72 Ci si riferisce al diorama di Werner Tübke (1929-2004), dipinto nel 1976 per il Ministero
della Cultura della DDR. (N.d.T.)
42
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Riforma recentemente suddivisa in numerosi principati, con le città imperiali
sotto l’autorità morale di Lutero e quella secolare dei principi locali, un
arbitraggio del primo avrebbe soddisfatto una parte delle rivendicazioni dei
ribelli. Tuttavia, il monaco Thomas Müntzer, passato dal cattolicesimo alla
Riforma verso il 1518 in seguito al contatto con i riformisti di Wittenberg e
subito diventato predicatore della comunità di Zwinckau, fondò una setta
dissidente proclamando l’uguaglianza per tutti e l’assenza di intermediari tra
l’individuo e Dio, invocando come unica autorità quella dello Spirito Santo e
affrontando seriamente l’arrivo imminente della fine dei tempi (gli aderenti
al movimento si chiamavano i “Profeti di Zwickau”). Nel 1521 egli fu rimosso
dal suo ufficio e compì un viaggio a Praga dove le sue concezioni riformiste
radicali e la sua percezione apocalittica si rafforzarono. Sposò due anni più
tardi una donna che era stata monaca, e si sentì come un novello Daniele,
scelto per guidare la battaglia contro i nemici dello Spirito Santo e per
questo distrusse una cappella cattolica.
Lutero lo disapprovò in termini sempre più distanti dalla sua manifesta
condanna della violenza: nel 1524 incoraggiò i principi a perseguire la fine
della ribellione contadina con qualsiasi mezzo scrivendo loro: «che li si
sezioni, che li si impicchi, che li si strangoli». Da parte loro, circa ottomila
contadini esaltati capeggiati da Müntzer rifiutarono qualunque tregua.
Durante lo scontro, che ebbe luogo a Frankenhausen, dove gli eserciti dei
principi si erano riuniti, apparve un arcobaleno che i ribelli interpretarono
come un segno dell’approvazione di Dio, perciò essi inalberarono questo
simbolo sui loro vessilli. Si slanciarono contro i cavalieri e i cannoni di Filippo
d’Assia cantando «Vieni, Spirito Santo!» convinti che stavano sferzando
l’ultimo assalto di Armageddon73 e che Cristo stesso sarebbe andato a
mettervi fine. Ma i cannoni e le cariche dei principi lasciarono cinquemila
cadaveri sul suolo. Müntzer stesso fu catturato mentre si fingeva moribondo
in un letto, poi fu torturato e infine ucciso con la benedizione di Lutero.
A titolo informativo, Lutero si pronunciò sulla questione dei colori
dell’arcobaleno in favore della teoria bicolore di san Gregorio contro il punto
di vista di Aristotele, fondandola sulle sue osservazioni.
Conclusione
La mandorla, frutto di un’eredità complessa in cui si combinano le tradizioni
orientale, greca, romana ed ebraica, merita l’appellativo di forma, nel senso
di creazione artistica, la cui morfologia nasce a Bisanzio, si espande
nell’Occidente cristiano e si evolve a volte mescolata a un alone o a una
gloria, altre volte doppia o su due piani. Circonda Cristo in situazioni
specifiche: nella Trasfigurazione, nell’Ascensione e infine nella Parusia
dell’Apocalisse. Essa possiede una funzione multipla, simbolica della
protezione divina per la sua solidità e di delimitazione tra terrestre e divino,
tra temporale e spirituale, laddove la mandorla annuncia la risurrezione o
più letteralmente la promessa di una nuova stagione per l’uomo. Tale
73 Ap 16,16. (N.d.T.)
43
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
polisemia, che non hanno nuvole, nimbi e aure, le ha senza dubbio
permesso di resistere alla prova del tempo, una solidità formale che
garantisce l’efficacia simbolica, e viceversa.
Essa avvolge, oltre il Cristo in Maestà, un arco che non ha niente della
meteora, ma è anch’esso un simbolo, la cui polisemia ambivalente ne è la
forza. Gli arcobaleni, eredi delle tradizioni greca ed ebraica, ponti gettati tra
l’umano e il divino, in concorrenza con scala di Giacobbe, fenomeni celesti
radicati nel soprannaturale e nel naturale, attestano in filigrana la prima
alleanza. Naturalmente, incorporato nella mandorla indistruttibile, a prima
vista l’arco funge da sedile al Cristo in Maestà: ma la sua presenza si
mantiene nell’immaginario come anticipazione terrificante della pesatura
delle anime e trattiene nella memoria la speranza di un mondo senza
diluvio. Ricorda infine, per la sua ambivalenza, che la promessa esplicita
fatta a Noè fu rispettata: così, se il primo impegno è stato mantenuto,
accadrà per il secondo, che promette che dopo appena mille anni di felicità
terrena seguirà una vita eterna nella Nuova Gerusalemme celeste.
Mandorla e arco vanno d’accordo, s’incastrano simbolicamente per quasi un
millennio. Poi la loro unione svanisce nel momento stesso della Riforma,
quindi molto prima che il Giudizio Universale passasse di moda: il successo
delle tesi di Lutero si basava in parte sulla diffusione di Bibbie pubblicate in
lingua tedesca e illustrate con xilografie ripulite come la nuova dottrina;
l’artista al servizio del protestante non mostrava più un guscio indistruttibile
che separava il divino inaccessibile dalla massa dei fedeli, di cui la Bibbia
non fa menzione; tuttavia lo stesso artista conservava l’arco di unione tra
cielo e terra, un piede radicato nell’Antico Testamento e l’altro nel Nuovo.
Separato dalla mandorla, l’arco viene preso in altre reti di significato che
l’artista rinforza: la pittura, come la poesia, riscopre una fonte di ispirazione
che sembra senza fine: i testi di Omero, soprattutto di Virgilio e di Ovidio, e
il loro mondo cangiante dove le stagioni e gli uomini, la natura e gli dèi sono
il teatro di metamorfosi pagane. L’arco sarà ora, per tre secoli di pittura
mitologica, la sciarpa di Iris, l’ancella di Giunone. E si contrappone in
voluttuose allegorie sulle pareti e i soffitti dei palazzi ai magnifici dipinti del
Giudizio Universale, liberato dalla mandorla e abitato da archi trasparenti,
che la Chiesa apostolica e romana erge su fastosi altari nella sua lotta
contro l’austera teologia protestante.
Nell’affresco di Veronese74 (Fig. 34), una donna è in piedi su una roccia,
l’indice destro puntato verso il cielo, indicante una curiosa figura circolare
che pare un serpente che si morde la coda; regge nella mano sinistra un
calice, simbolo della fede; ai suoi piedi, un libro sulla cui costa si leggono le
lettere BI...A, senza dubbio Biblia, Bibbia. Un’altra donna è seduta e
sostiene un vegliardo. Questa è probabilmente una versione pudica della
Carità Romana il cui sviluppo sarà notevole una dozzina d’anni più tardi. La
scena si riferisce al racconto riferito da Valerio Massimo (De Pietate in
parentes, Libro V, 1) del vecchio Cimone, imprigionato, incatenato,
condannato a morte, che non si nutriva più; sua figlia riesce a corrompere il
74 Paolo Veronese, al secolo Paolo Caliari (1528-1588). (N.d.T.)
44
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
carceriere e visita quotidianamente i carcerati. Poiché Cimone tarda a
morire, la guardia s’inquieta e scopre che la ragazza nutre il padre dandogli
il seno.
Fig. 34 – Paolo Veronese, L’uomo mortale guidato all’eternità divina, 1560-1561, affresco,
Villa Barbaro, Maser
Veronese sembra aver raffigurato solo due delle tre virtù teologali75: manca
la speranza che ha nell’ancora o nel drappo i suoi attributi, ma talvolta è
raffigurata mentre tende la mano verso una corona. La donna con il braccio
alzato condenserebbe quindi sia la fede che la speranza.
Per scoprire un segno della virtù mancante bisogna rivolgere lo sguardo
75 Le sette virtù che si oppongono ai sette peccati mortali sono Fede, Speranza, Carità (tre
virtù teologali), Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza (quattro virtù cardinali). Gli
attributi simbolici della Fede sono il calice, la croce e le tavole della Legge; quelli della
Speranza l’ancora o il drappo; quelli della Carità san Martino o una donna che allatta dei
bambini oppure, nella variante romana, un vecchio. La Carità Romana illustra da sola tre
dei sette atti di misericordia: visitare i carcerati, dar da bere agli assetati, dar da
mangiare agli affamati.
45
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
verso l’arcobaleno: è lui il simbolo dello speranza, perché è manifestazione
dell’alleanza. Ma più ancora, nella stessa scelta dei colori che si allontana da
una banale osservazione naturalistica: l’idea dell’arcobaleno che dipinge
Veronese a tre colori – rosso, bianco e verde – è quella che Dante Alighieri
(1264-1321) impiegò per descrivere le virtù teologali nel canto XXIX del
Purgatorio:
Tre donne in giro da la destra rota
venian danzando; l’una tanto rossa
ch’a pena fora dentro al foco nota;
l’altr’ era come se le carni e l’ossa
fossero state di smeraldo fatte;
la terza parea neve testé mossa; (Purgatorio XXIX,121-126)
Più oltre, nel canto XXX, Beatrice gli appare
Sopra candido vel cinta d’oliva
donna m’apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva
il bianco per la fede, il rosso per la carità e il verde per la speranza.
Nel Paradiso di Dante Alighieri coesistono la mitologia greca e la tradizione
ebraica: l’arcobaleno è evocato a volte come il simbolo dell’alleanza e a
volte come l’attributo di Iris, l’ancella di Giunone. Preso nel gioco poetico di
Dante, fondato su un utilizzo eccezionale della polisemia e dei tropi, l’arco
trova naturalmente e soprannaturalmente il suo posto, metafora
dell’alleanza e metonimia della dea della sciarpa. Il poeta ne distingue
esplicitamente sette colori e fa del secondo arco un rispecchiamento del
primo, i cui colori sono di conseguenza inversi.
Per che non pioggia, non grando, non neve,
non rugiada, non brina più sù cade
che la scaletta di tre gradi breve (i tre scalini di pietra che si superano per
andare in paradiso)
nuvole spesse non paion né rade,
né coruscar, né figlia di Taumante,
che di là cangia sovente contrade (Purgatorio XXI, 46-51)
E come l’aere, quand’è ben pïorno,
per l’altrui raggio che ’n sé si reflette,
di diversi color diventa addorno (Purgatorio XXV, 91-93)
sì che lì sopra rimanea distinto
di sette liste, tutte in quei colori
onde fa l’arco il Sole e Delia il cinto (Purgatorio XXIX, 76-78)
46
1
associazione culturale Larici - http://www.larici.it
Dante dà sette colori all’arcobaleno. Delia è il soprannome di Diana,
Artemide per i greci, nata a Delo come Apollo; anche la luna si riflette in
tenui iris: sarà forse un’allusione all’arcobaleno lunare che Aristotele
pretendeva di aver visto?
Come si volgon per tenera nube
due archi paralelli e concolori,
quando Iunone a sua ancella iube,
nascendo di quel d’entro quel di fori,
a guisa del parlar di quella vaga
ch’amor consunse come sol vapori,
e fanno qui la gente esser presaga,
per lo patto che Dio con Noè puose,
del mondo che già mai più non s’allaga (Paradiso XII,10-18)
Iris messaggero di Giunone (ancora citata in Paradiso XXVIII,32) e il segno
dell’Alleanza che Dio offre a Noè sono invocati nella descrizione del primo e
del secondo arcobaleno. Nei versi citati si fa riferimento alla ninfa Eco, e
tramite suo a Narciso76 con la nozione di riflessione sonora e visiva.
76 Specificamente: «a guisa del parlar di quella vaga / ch’amor consunse come sol vapori»,
ossia allo stesso modo in cui si genera l’eco, che prende nome da colei che l’amore
consumò come il sole dissolve la nebbia. (N.d.T.)
47
1