cima tauffi trail (20.07.2013) : c`era anche il monte lancino

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cima tauffi trail (20.07.2013) : c`era anche il monte lancino
Nati per correre
CIMA TAUFFI TRAIL (20.07.2013) : C’ERA ANCHE IL MONTE LANCINO
Inviato da Giovanni Baldini
sabato 10 agosto 2013
Ultimo aggiornamento sabato 10 agosto 2013
L’anno passato, in occasione della mia partecipazione alla prima edizione del Cima Tauffi Trail, scrissi che mi
mancava all’appello il monte Lancino e sbagliai al riguardo perché, in effetti, si accarezzava il suggestivo
pinnacolo costituito da squadrati blocchi di pietra, transitando per lo stretto sentiero che gli corre sotto a una quindicina
metri, mentre nel Trail del Malandrino (con l’itinerario percorso nel senso inverso) si arrivava proprio in cima.
Chiedo venia. Ero troppo concentrato dove mettevo i piedi invece di gustarmi il superbo panorama.
Prendo spunto dall’articolo pubblicato su questo sito di Fabio Marri intitolato: “Approdare in
calma” (http://www.natipercorrere.it/content/view/403/44/) .Anche se è il titolo di un libro di poesie, l’ho
adottato come adagio in questa stagione per rispondere ai miei tre amici, da me trascinati per la prima volta in questa
dura ma esaltante prova, i quali insistevano a farmi ripetere insieme a loro l’esperienza 2012, che mi ha lasciato
un bellissimo ricordo per il particolare contorno naturalistico e di gente.
Sarebbe stato da incoscienti affrontare una fatica simile dopo un lungo stop e, l’organizzazione del Cima Tauffi
Trail, sembra che mi abbia letto nel pensiero. Provvidenzialmente, ha affiancato oltre alla versione integrale di km 60 e
d+ m.4.000, una versione “ligth” di km.33 e d+ m.2.200, quella in cui poi mi sono cimentato, anche per
dare un edulcorato approccio a chi voleva esordire nell’affascinante mondo del trail.
Mi metto nei panni del neofita. Da piazza Corsini di Fanano situata a m. 640 s.l.m., dove era ubicata la partenza ed
arrivo delle gare, scorgi appena la vetta del monte Cimone (m. 2165), oltraggiata da strutture in cemento armato e ponti
radio, e significa che per arrivare lassù devi affrontare 12,5 km lineari con un dislivello positivo di ben 1.525 metri. Bene
vedi il Cimoncino; ancora meglio il Libro Aperto e parte del crinale su cui avresti dovuto correre per rientrare nella prima
risicata barriera oraria (rifugio I Taburri) imposta dall’organizzazione. Provavi soggezione vedendo quei picchi
così alti e distanti, ed in mente ti ponevi la domanda ripetuta come un mantra, cioè se fossi riuscito nell’impresa.
Ciò è fisiologico oltre che reverenziale per Madre Natura.
Approdare in calma, vuole dire anche concedersi un soggiorno più lungo approfittando delle convenzioni alberghiere
a un prezzo competitivo unito dalla spontanea affabilità emiliana che adoro particolarmente. Di pernottare nella foresta
vicino a Fellicarolo, all’addiaccio coi sacchi a pelo come nel 2012 non se ne parlava, perché avrei rischiato il
linciaggio da parte dei compagni di viaggio abituati alla vita comoda, tra “Salus per aquam” e massaggi
ayurvedici. Io sono decisamente meno esigente anche se quella scelta improvvisata fu dettata dai ritardi. Più che una
notte da lupi fu una nottata da “Sus scrofa” (nome scientifico del cinghiale) ed il divertimento non mancò,
meno il riposo. Ero con Riccardo Silva e Giampietro Lucci e, nottetempo, fummo accerchiati da un nutrito branco di suidi
di tutte le taglie che grufolavano, e non c’era verso di scacciarli. Dimenticavo: il cinghiale, in versione podistica, è
il logo della mia A.S.D. “Ecomaratona dei Monti Cimini” ecco perché non avevo nulla da temere.
Sabato 20 luglio 2013, ore 7,00 , eravamo in totale n. 287 atleti (alcuni dei quali partecipanti al del circuito Salomon
Trail Tour Italia che includeva il Cima Tauffi) pronti al via suddivisi in n.165 per la distanza lunga e n.122 per quella
“corta”. I classificati sono risultati rispettivamente n. 133 e n. 98 ed i ritirati totali n. 56: non pochi.
Nell’edizione 2012 la mia misurazione gps dava km. 58 lineari con un un d+ m.3500. Questa volta, il percorso
è stato allungato nel tratto dal Libro Aperto a scendere al Rifugio Taburri, per aggirare una frana. Il risultato che la
misurazione col il mio apparato (confermata da altri atleti con qualche minimo scarto) della versione ligth ha dato km 38
con un d+ m.2800, mentre il percorso integrale mi è stato riferito che grossomodo la distanza si attestava sui 62 km.
Ora basta con le cifre ed vado al sodo descrivendo le mie sensazioni. La scalata iniziale del monte Cimone di m.
1.525 verticali spalmati su 12,5 km, partendo da piazza Corsini, è lunga ma l’avvicinamento è abbastanza
graduale tra salite ripide e falsi piani. Il caldo umido in basso si faceva sentire ed il Cimone, nella sommità, era
incappucciato da una coltre nuvolosa. Dal rifugio Ninfa (m. 1535) la temperatura cambiava in quella frizzante di
montagna accompagnata da una brezza. Nel lungo serpentone degli atleti nella parte iniziale erano presenti i Malandrini
pratesi, piuttosto caciaroni ma simpatici. Arrivavo in vetta al Cimone proceduto dall’ultra maratoneta romana Lisa
Magnago, che sta collezionando appassionatamente una serie impressionante di trail. Si udiva il fischio della marmotta.
Stringendo un po’ di denti, potevi procedere con l’abbigliamento corto e la statua della Madonna della
Neve posta in cima alla più alta montagna dell’Appennino settentrionale, invitava alla riflessione. Da lì inizia il
crinale che funge da spartiacque e confine regionale che dovevi percorrere: a destra sei in Toscana, a sinistra in Emilia
Romagna. Dopo aver piegato verso il Cimoncino, dopo una brusca discesa abbastanza tecnica, si saliva al monte La
Piazza per un ampia gobba erbosa e, successivamente, per un crinale aereo al monte Lagoni. Mancava il Libro Aperto
che non risulta poi così vicino come sembra visto dal Cimone, lasciato alle mie spalle, la cui imponenza domina il
paesaggio. Montava la contentezza perché mi trovavo nel mio pianeta Montagna fatto di silenzi, solitudine e di immensi
scenari di beatitudine. Un addetto del soccorso alpino posizionato poco sotto le cime del Libro Aperto, aveva il compito
di deviare i concorrenti a sinistra per scendere al rifugio i Taburri per una discesa impegnativa.
Il versante modenese, rispetto a quello pistoiese, è ricoperto da ettari di mirtillaie i cui frutti erano maturi solo in basso.
Dopo essermi nuovamente immerso dentro il bosco di fustaie, notavo che il percorso non era quello del 2012, infatti
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proprio lì era stato modificato il percorso per aggirare come sopra specificato la frana per una strada forestale
costeggiante il torrente Fellicarolo. Fatto sta che non avevo calcolato bene l’approvvigionamento idrico e
raggiungevo il rifugio i Taburri con la sete che incalzava, perciò mi dirigevo subito nel fontanile dove sgorgava
un’acqua ristoratrice così come nelle altre sorgenti incontrate da lì in poi. Il ristoro (ultimo per la mia gara) è
risultato piuttosto ricco. Si continuava affrontando l’erta del monte Lancino, l’ultima della serie del mio
tracciato. Al culmine della salita vedevi troneggiare la cima Tauffi che sarebbe stata raggiunta solo dai concorrenti
della 62 km. Al monte Colombino i percorsi si separavano, ricongiungendosi poi nella lunga picchiata dal pizzo di
Fanano.
Sono arrivato come desideravo, serenamente e senza esagerare come in passato. Grazie a Nicola ed Antonio (gli
organizzatori), conosciuti alla prima edizione dell’Ultra Trail “Sulle vie di san Francesco” per la
giornata trascorsa in un clima di letizia. Tuttavia, devo rilevare che il primo cancello orario del rifugio “I
Taburri” per alcuni dei partecipanti della versione “light” si è rivelato irraggiungibile, considerato
che la distanza effettiva, come sopra ripetuto, è risultata per quel tratto più lunga di circa 5 km rispetto a quella ufficiale.
Una ragazza toscana esordiente nella specialità, che alloggiava nel mio albergo, era furibonda perché stoppata per aver
sforato di soli dieci minuti il limite temporale.
Gli atleti di coda del trail integrale, ai ristori si sono dovuti accontentare delle briciole. E’ necessario porre
maggiore attenzione alla massa che non viaggia alle velocità astrali dei primi che, dopo ore di dura marcia per sentieri di
montagna, gradirebbe un pasto di alimenti salati in luogo dei dolciumi che dopo un po’ danno alla nausea.
Buone vacanze!
Giovanni (Gianni) Baldini
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