Porta d`Europa - Amani for Africa
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Porta d`Europa - Amani for Africa
MARTEDÌ 9 LUGLIO 2013 l’abbraccio La visita di Francesco a Lampedusa è iniziata con un omaggio alle vittime: una corona di fiori, crisantemi gialli e bianchi, lanciata in mare da una motovedetta della Guardia Costiera. Arrivato sul molo Favaloro il Pontefice ha salutato uno per uno i migranti presenti. Poco prima del suo arrivo, la mattina presto, allo stesso molo sono approdati 166 stranieri soccorsi in mare aperto e portati in salvo dai guardacoste «Ti vogliamo bene Papa» Centinaia di striscioni lungo il percorso della jeep papale, prestata da un cittadino dell’isola, e nella spianata del campo sportivo. «Ora ci meritiamo il Nobel della pace e della solidarietà», gridano in tanti. E qualcuno azzarda: «Perché non viene anche Obama?» 5 Il lancio della corona di fiori in mare da parte di papa Francesco è stato salutato dal suono delle sirene delle barche dei pescatori. Il ruolo dei pescatori di Lampedusa si è rivelato non di rado cruciale nel soccorso dei tanti disparati che hanno affrontato in condizioni al limite della sopravvivenza viaggi della speranza spesso finiti in tragedia. Gli ultimi dati dell’Acnur parlano, solo per il 2013, di 7.800 arrivi e di almeno 40 morti «Adesso non siamo più soli» La gioia dei lampedusani: è uno di noi. Ci ha fatto un grande regalo DAL NOSTRO INVIATO A CLAUDIO MONICI LAMPEDUSA C’ è una bandiera degli Stati Uniti che sventola a Lampedusa, tra la gente che si raduna in attesa di Papa Francesco. Ce l’ha portata il pensionato Bruno Brischetto, 70 anni. Lui, l’America l’ha nel cuore: «Venti anni della mia vita li ho trascorsi in quel Paese, da migrante». Dopo il Papa, vuole che anche il presidente Obama sbarchi da pellegrino sull’isola: «Per vedere come sappiamo accogliere i suoi fratelli che attraversano il Mediterraneo». Poco più in là c’è uno striscione azzurro sorretto da nonna Maria Passatempo, accanto ha due bambini, vengono da Sant’Agata di Militello, c’è scritto «Ti vogliamo bene Papa», e la firma «Francesco e Giorgia»: «Sono quelli dei miei nipotini, gli stessi nomi del nostro Papa. Siamo qui in vacanza, mandandoci lui, Gesù ci ha fatto un regalo bellissimo». Paolo di Benedetto indossa la sua «ferma convinzione», una maglietta blu con la scritta: «Lampedusa Nobel di pace e solidarietà». Dopo quel tragico 2011, quando in pochi giorni sbarcarono più migranti che abitanti dell’isola, seimila contro cinquemila, rimasti a cielo aperto, sulla nuda terra, ma aiutati dalla gente con cibo e abiti asciutti, Paolo dice: «Lampedusa merita il Nobel, per quello che ha fatto». Nel giorno dell’arrivo di Francesco sull’isola più a Sud d’Europa, a un’ora dalla sua Messa penitenziale per «quelli che oggi non sono qui tra noi», i migranti morti del Mediterraneo, del suo contatto con questi lontani fratelli della periferia del mondo, questo popolo di isolani e di turisti che lo sta aspettando con emozione, consapevole di essere testimone di un momento storico. Intanto altri 166 migranti sono soccorsi in mare aperto dalla Guardia costiera. Il barcone in difficoltà stava naufragando. Sfiniti da un viaggio durato due giorni, ora hanno toccato terra, qualcuno l’ha anche baciata, e camminano lentamente, proprio dove tra poco il Pontefice poserà i sui passi e incontrerà altre vite migranti. Molti dei quali musulmani e qualche cristiano, fratelli della fame, della povertà e della guerra, che nei giorni passati sono arrivati su quest’isola, scoglio di salvezza, «faro di solidarietà», come avrà modo di dire il Papa più tardi alle diecimila persone che lo aspettano nella spianata del campo sportivo. Papa Francesco arriva di mattino presto, in anticipo, su un «Falcon» dell’Aeronautica militare italiana partito da Fiumicino, per la sua visita pastorale. Ad accoglierlo il sindaco dell’isola Giusi Nicolini, l’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro, e il parroco dell’isola don Stefano Nastasi che al Papa scrisse una lettera invitandolo «a farsi pellegrino in questo santuario del creato dove per migliaia di migranti, senza patria e senza nome è rinata la speranza». Ma anche «Mediterraneo che per molti, per troppi si è trasformato in tomba». «Quando gli sono andata incontro e l’ho ringraziato per essere venuto – racconta il sindaco ancora commosso –, lui mi ha risposto: «Sono io che rin- il simbolo grazio voi per quello che fate. Dovevo venire per forza a Lampedusa, ci sono ventimila morti sotto il mare e non si può fare finta di niente». Con la vecchia «Golf» azzurrina di don Giuseppe Calandra, segretario dell’arcivescovo Montenegro, il pontefice raggiunge Cala Pisana dove si è imbarcato su una motovedetta della Capita- In migliaia per ore sotto il sole implacabile, per salutare il Pontefice. Anche i musulmani in festa per la visita di Francesco: «È un uomo buono» Sorrisi e strette di mano La «Porta d’Europa» DA MILANO PAOLO LAMBRUSCHI C inque anni che sembrano 50, perché porta addosso le rughe di indicibili sofferenze e le tragedie di mille tragedie sconosciute racchiuse dal mare. La “porta di Lampedusa, porta d’Europa”, non ha serrature o lucchetti e poggia sulla scogliera meridionale. È il monumento davanti al quale Francesco ha gettato in acqua una corona di fiori dalla motonave che lo conduceva al molo in ricordo dei migranti morti e dispersi in mare. Inaugurata il 28 giugno del 2008, è subito diventata parte dell’identità isolana. Opera dell’artista campano Mimmo Paladino, alta cinque metri e larga tre, realizzata in ceramica refrattaria con incastonate impronte, ciotole, scarpe dei profughi in cammino verso un sogno, nasce da un’idea di Arnoldo Mosca Mondadori, presidente del Conservatorio di Milano e di Gian Marco Elia, presidente dell’ong Amani, che con un’associazione dell’isola vollero lasciare una memoria di una tragedia immane. «Volevamo realizzare – spiega Mosca Mondadori – un’opera d’arte che potesse non solo ricordare le migliaia di persone, uomini donne e bambini morte nel Mediterraneo in modo disumano nel tentativo di raggiungere Lampedusa e l’Europa, ma che diventasse anche simbolo di apertura e luogo di spiritualità. La stessa che ho visto ieri nella commovente visita di Francesco, quando è calato un lungo silenzio e il Papa con i suoi gesti e la forza della con- Secondo l’Acnur dall’inizio dell’anno a oggi già 7.800 gli arrivi E al molo Favarolo gli sbarchi non si sono fermati neppure ieri DA I MILANO eri alle otto, poco prima che Francesco arrivasse a Lampedusa, l’isola ha accolto l’ennesimo carico di migranti. Un barcone in difficoltà con a bordo 166 persone – di origine probabilmente sub-sahariana – è stato soccorso a circa 150 miglia dalla costa, gli immigrati trasbordati sulle motovedette della Guardia costiera e della Guardia di Finanza e portati in salvo al molo Favarolo. Solo gli ultimi di una nutrita schiera di disperati in cerca di un futuro migliore: nei primi sei mesi del 2013 sono stati 7.800 i migranti e richiedenti asilo approdati sulle coste italiane. I dati arrivano dall’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati: in Italia – sottolinea il rapporto – sono arrivate soprattutto persone partite dal Nord Africa, in maggioranza dalla Libia, e da Grecia e Turchia. Quest’anno, registra l’Acnur sulla base di interviste raccolte dai superstiti, sono morte almeno 40 persone che cercavano di attraversare il Mediterraneo. Per questo, soprattutto nel periodo che va da maggio a settembre «è fondamentale – si legge nel rapporto – garantire che l’antica tradizione del soccorso in mare sia rispettata da parte di tutti, e che si agisca in conformità con il diritto marittimo internazionale», sottolinea l’agenzia Onu esortando «tutte le imbarcazioni a restare costantemente allerta sulla presenza di migranti e rifugiati che hanno bisogno di essere soccorsi». Ieri a essere soccorso è stato u barcone con a bordo 62 migranti tra cui 21 donne e 18 bambini, intercettato da unità navali e aeree della Guardia costiera a circa 30 miglia a sud di Capo Passero. L’imbarcazione sulla quale si trovavano è stata abbandonata alla deriva mentre i migranti, che hanno detto di essere siriani, sono stati trasferiti sulle motovedette neria di porto, la «C.p. 282» per salpare in direzione di cala Maluk, proprio davanti al monumento dedicato alla Lampedusa dei migranti e intitolato «Porta d’Europa». In questo tratto di mare e di costa rocciosa, nella notte tra il 7 e l’8 maggio del 2011, un peschereccio con circa 700 migranti andò a sbattere sugli scogli, tre giovani morirono annegati. Qui il Papa, scortato da decine di imbarcazioni dei pescatori e turisti, ha lasciato in mare un omaggio floreale, una corona di crisantemi bianchi e gialli, per poi raccogliersi in un momento di preghiera. Raggiunta la terra ferma, e dopo essersi intrattenuto con un gruppo di migranti sul molo Favarolo che gli hanno raccontato le loro amare esperienze, dopo essere «fuggiti dal loro Paese per motivi politici e economici», l’en- diretti nello scalo di Portopalo di Capo Passero, nel Siracusano. «Sul molo – ha spiegato il sindaco Michele Taccone – si sta finendo di attrezzare nuovamente l’area di primissima assistenza ai migranti che era stata già utilizzata appena ventiquattro ore prima per l’arrivo di un centinaio di migranti». E infatti domenica mattina l’ennesima imbarcazione stracarica di stranieri era stata intercettata dalla Guardia costiera al largo di Portopalo, un barcone con a bordo circa 120 migranti. Sabato – in seguito a una segnalazione telefonica del sacerdote eritreo don Mosè Zerai – il comando generale delle Capitanerie di Porto ha cominciato a monitorare il barcone, su cui erano presenti anche diversi minori e donne in stato interessante. Intorno alle 13 il motore del barcone ha ceduto ed è stato quindi necessario trasbordare i migranti sulle due motovedette. © RIPRODUZIONE RISERVATA templazione ha chiesto perdono alle vittime mai soccorse». Contemplazione e silenzio che per Mosca Mondadori sono state una sferzata per tanti: «A cominciare dai politici italiani che fino a ieri si vantavano dei respingimenti in mare dei profughi». «O –aggiunge Gian Mario Elia – da quelli che dopo l’inaugurazione ci attaccarono una finestra per dire che da lì chi entrava sarebbe uscito e rinnegando l’identità dei lampedusani, che hanno accolto i profughi con grande generosità. E che sotto quella porta hanno cominciato a passare nei momenti più difficili perché la gente si reca lì a pregare e meditare». Oggi è allo studio un restauro del monumento ai migranti, che costò 150mila euro raccolti con le offerte, posato in modo avventuroso. «Lo sta studiando Paladino – conclude Mosca Mondadori – e vorremmo che preservasse quelle tracce di usura che raccontano le storie sconosciute portate dal vento e dal mare». Che ieri il Papa ha voluto ricordare davanti alla porta sempre aperta di un’isola che la grande Alda Merini, in una poesia scritta per l’inaugurazione nel 2008, descrive come una tartaruga gigante a cui tutti si aggrappano: «Così, figli miei, una volta vi hanno buttato nell’acqua e voi vi siete aggrappati al mio guscio e io vi ho portati in salvo». ' Gli sbarchi 7.800 Nei primi sei mesi 2013 8.400 migranti arrivati sulle coste italiane e maltesi 40 persone morte nella traversata 3.500 primi 6 mesi primi 6 mesi 2013 2012 migranti arrivati sulle coste NELL'INTERO 2012 15.000 migranti 13.200 in Italia 1.800 a Malta 500 Fonte: Unhcr morti 1.700 ITALIA Nei primi sei mesi 2012 4.500 RIPRODUZIONE RISERVATA tusiasmo che accoglie Papa Francesco è incontenibile. Sono migliaia i fazzoletti e i cappellini che sventolano nell’aria, al passaggio di quest’uomo semplice che non è venuto con la «papamobile», ma che ha trovato un jeep sull’isola. Un mare bianco e giallo che è un’ unica onda di gioia. La mano del Papa che saluta è un gesto che emoziona e la gente vorrebbe stringerla quella mano che sa di affetto e amore, come quella di un padre rassicurante nel momento del bisogno: un gesto che sta a simboleggiare la fine di una grande solitudine, per Lampedusa. «È un uomo semplice che si vede e che soprattutto si sente. E quando osserva che siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere di fronte a nostro fratello, dice una verità», osserva un turista bresciano che per l’occasione ha rinunciato a una mezza giornata di vacanza in spiaggia, e adesso, sotto un sole cocente, cerca di catturare un poco d’ombra dietro un palo della luce. Scoccano le 10.30 quando la voce di Francesco si leva dall’altare: una piccola barca con sopra una tavola di legno: «In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Il Papa invoca il «perdono dei nostri peccati». «Perdonaci Signore abbiamo peccato», gli fa eco un’unica grande voce, quella dei fedeli. Proprio dalla parte opposta del luogo dove si sta celebrando la Messa penitenziale con i paramenti viola, c’è una casa color ocra, con la gente sul tetto e uno striscione che recita: «Benvenuto Papa Francesco, sei uno di noi». Tra la folla sbuca Maurizio, senegalese, nero come la pece. Da 30 anni vive ad Agrigento e d’estate è a Lampedusa con il suo banchetto di bigiotteria. È musulmano e del Papa ci dice nella sua lingua «Bahne pur niep», è un uomo buono. Oltre alla curiosità - osserva Maurizio -. Sono qui perché il Papa dei cristiani è per tutti i credenti in un unico e solo Dio». Il Papa prima di rientrare a Roma si intrattiene in parrocchia con don Stefano, il suo vice don Giorgio e un gruppo di isolani. Un momento di ristoro, durante il quale Francesco lascia un sua offerta alla Caritas locale per aiutare i poveri dell’isola. Il sole tramonta. Tra la gente, anche a distanza di ore, continua ad aleggiare un senso di gioioso stupore. «Il Papa è proprio stato qui». da Grecia e Turchia Lampedusa Malta 6.700 dal Nord Africa 600 1.000 primi 6 mesi primi 6 mesi 2013 2012 MALTA ANSA-CENTIMETRI