IL LATINO E LA CIVILTÀ EUROPEA: FRA TARDO

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IL LATINO E LA CIVILTÀ EUROPEA: FRA TARDO
IL LATINO E LA CIVILTÀ EUROPEA: FRA TARDO ANTICO E MEDIOEVO
Tra vecchio e nuovo mondo
La dissoluzione dell'impero e la formazione dei nuovi regni barbarici, con il connesso
peggioramento delle condizioni economiche generali e il deterioramento dei livelli di
vita delle popolazioni, non si accompagnarono immediatamente, nell'arco del V secolo
d.C., a un rapido aggravamento della vita culturale. Malgrado i danni inferti alle
biblioteche e la dispersione dei cenacoli di intellettuali, per qualche decennio ancora la
scuola continuò sia pure precariamente a funzionare, garantendo però livelli
d'istruzione via via meno elevati. Solo nel VI secolo la situazione precipiterà
abbastanza rapidamente; l'organizzazione scolastica smetterà di fatto di funzionare,
surrogata solo in parte dalle scuole monastiche.
A quel punto la nuova sintesi di cultura classica e cultura cristiana può dirsi affermata
ormai senza più contrasti nel territorio della Romània, così chiamata per distinguerla
dalla Gothia, l'area germanico-baltico-slava in precedenza non assoggettata a Roma. Il
cristianesimo è l'unica religione riconosciuta ufficialmente, anche se nelle campagne
sopravvivono a lungo tracce degli antichi culti pagani. I nuovi signori barbari sono
privi di preparazione e ambizioni culturali e la cultura rimane quindi appannaggio
quasi esclusi vo del clero.
Il ruolo della Chiesa
Inoltre, stante lo sfaldamento dell'autorità politica, la Chiesa e la sua gerarchia
assumono nell'area dell'ex impero romano d'Occidente e anche nelle regioni ai suoi
margini diverse funzioni e il prestigio che in passato erano appartenuti alla burocrazia
imperiale Sono adesso i vescovi i difensori e patroni delle comunità locali. Spesso essi
sono figli e nipoti di intellettuali pagani: è sintomatico che un grande proprietario
terriero e senatore come Sidonio Apollinare (430 ca-479 ca), un aristocratico di Lione
che aveva scritto per alcuni imperatori panegirici ricchi di motivi e richiami classici,
finisca i propri giorni come vescovo cristiano in un regno germanico.
La Chiesa diviene perciò una potente forza d'attrazione non solo per il popolo,
ma anche per le élite sparse sul territorio dell'ex impero. Essa è, del resto, l'unica forza
in grado di resistere ai nuovi signori germanici, in grado di difendere il proprio spazio
e il proprio ruolo in circostanze mutate e drammatiche. Ma il latino sopravvive non
solo perché era la lingua ufficiale della Chiesa di Roma e veniva insegnata quindi nelle
scuole annesse. monasteri, ma anche perché rimane la lingua ufficiale
dell'amministrazione, del diritto, della cultura e anche della letteratura, di stampo
prevalentemente religioso, che viene elaborata durante il millennio medievale.
L'eredità di Roma: Boezio e Cassiodoro
Nell'Italia soggetta dal 493 agli ostrogoti di Teodorico, operano grandi personalità
intellettuali come Boezio e Cassiodoro. Entrambi provenienti da antiche famiglie
aristocratiche, vissero la crisi di civiltà in corso con acuta consapevolezza.
Severino Boezio, «l'ultimo dei romani», fu l'intermediario più emblematico tra cultura
antica e cultura medievale: alla nuova epoca trasmise un pensiero filosofico di rara
coerenza, attinto dalle fonti greche più autorevoli e meditato nelle concrete,
drammatiche esperienze di vita che dovette fronteggiare. Nato a Roma attorno al 480,
apparteneva alfa nobile gens Anicia; nel 510 divenne console e quindi ministro di
Teodorico, la cui corte a Pavia fu per qualche tempo un centro fecondo di cultura. In
seguito però Boezio venne accusato presso il sovrano di alto tradimento, a causa della
sua difesa del senato romane fu incarcerato e giustiziato nel 526.
Come scrittore, Boezio ha al suo attivo anzitutto diverse traduzioni filosofiche
dal greco: nel generale naufragio degli studi di greco1, a esse fu di fatto affidato tutto
ciò che il Medioevo conoscerà di Aristotele e dei filosofi neoplatonici. Boezio scrisse
anche una serie di opere filosofiche (trattati di logica, aritmetica, musica), destinate a
1 In greco si era espressa la Chiesa anche in Occidente, a eccezione della Chiesa d'Africa, provincia
romanizzata da molti secoli, fino al II sec.; poi prevalse il latino.
notevole fama nei secoli successivi.
La sua opera più famosa fu il De consolatione philosophiae, composta in carcere
nell'imminenza della morte e grazie alla quale egli finì per incarnare agli occhi dei
medievali la figura ideale del filosofo. Si tratta di un dialogo in cinque libri tra Boezio e
la Filosofia, personificata; prosa e versi si alternano nel testo, come nell'antica satura
Menippea. Di fronte all'imbarbarirsi della vita civile e alle ingiustizie dei nuovi signori,
Boezio fa risuonare la voce della libertà e della giustizia: pur schiacciata dal potere,
costretta fra le nude mura di una cella, la coscienza individuale resta ben salda. La
Filosofia si mostra al prigioniero come una signora bella e venerabile, anche se anziana
(inexhausti vigoris... aevi plena); la sua statura è mutevole, talora pari a quella umana, talora
alta fino al cielo: siamo davanti a una sorta di nume tutelare, giunto appunto per
«consolare» l'autore dalle presenti disgrazie.
1. Haec dum me cum tacitus ipse reputarem querimoniamque lacrimabilem stili
Boezio
officio signarem astitisse mihi supra verticem visa est mulier reverendi admodum
De
vultus, oculis ardentibus et ultra commumem hominum valentiam perspicacibus,
colore vivido atque inexhausti vigoris, quamvis ita aevi plena foret ut nullo modo
consolatione
nostrae crederetur aetatis [...]. 3. [...] Itaque ubi in eam deduxi oculos
philosophiae
intuitumque defixi, respicio nutricem meam, cuius ab adulescentia laribus
1,1,3
obversatus fueram, Philosophiam. Et quid, inquam, tu in has exsilii nostri
solitudines, o omnium magistra virtutum, supero cardine delapsa venisti? an ut
tu quoque me cum rea falsis criminationibus agiteris?- An, inquit illa, te, alumne,
desererem nec sarcinam quam mei nominis invidia sustulisti communicato te cum
labore partirer?Atqui Philosophiae fas non erat incomitatum relinquere iter
innocentis.
1. Mentre tra me in silenzio consideravo queste cose, e mettevo per
iscritto il mio lacrimevole lamento, mi sembrò che si curvasse sul
mio capo una donna dal viso quanto mai venerando, dagli occhi
folgoranti e penetranti oltre la comune capacità umana, dal vivo
incarnato [di colorito roseo] e dall'inesausto vigore - per quanto ella
fosse così onusta di anni, da non potersi credere in alcun modo
della nostra epoca [...]. 3. [...] Non appena ebbi rivolto a lei gli occhi
e l'ebbi fissata, ecco vedo la mia nutrice, nella cui dimora m'ero
aggirato fin dall'adolescenza, la Filosofia. «E perché» le dissi «o
maestra di tutte le virtù, sei venuta in queste solitudini del nostro
esilio, discendendo dalla tua sede superna? forse per essere anche
tu insieme con me perseguitata come colpevole con false accuse?»
«Ma potrei forse abbandonar te, mio alunno», ella rispose, «e non
condividere con te il fardello che ti è stato imposto per l'odio
suscitato dal mio nome? Non sarebbe stato lecito alla Filosofia il
lasciar privo di compagnia il cammino dell'innocente» (trad. A.
Ribet).
Nel corso dell'opera Boezio non cita mai il Vangelo o la Bibbia; espressioni e modi del
suo ragionamento s'innestano pienamente nella tradizione classica (si va da Platone e
Aristotele all'amato Seneca e al neoplatonico Porfirio), anche se le soluzioni prospettate
appartengono in verità a una fede cristiana matura e meditata. Siamo davanti a un
cosciente recupero del paganesimo antico inserito nell'alveo spirituale del
cristianesimo: a un'opera "di frontiera", cui aggiungono maggiore fascino le
drammatiche circostanze della composizione, le stesse in cui s'immagina avvenire il
dialogo tra il prigioniero e la Filosofia. La veste con cui quest'ultima si cinge è intessuta
di due lettere, th2 e p, ovvero theoria e praxis. secondo il più puro spirito romano, la
speculazione teoretica s'incontra con il fine pratico-pedagogico di giovare ai lettori.
(da AA.VV., Il mondo latino, vol. V, Milano, B. Mondadori, 2004, pp. 334-5)
2 In greco si tratta di un'unica lettera, la theta: θ.