Atlante dei Centri Abitati Instabili della Liguria IV. Provincia di Imperia

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Atlante dei Centri Abitati Instabili della Liguria IV. Provincia di Imperia
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Università degli Studi di Pisa
Gruppo Nazionale per la Difesa
dalle Catastrofi Idrogeologiche
Dipartimento di Scienze della Terra
Unità Operativa 2.13
Atlante dei Centri Abitati Instabili
della Liguria
IV. Provincia di Imperia
P.R. Federici - A. Chelli
con la collaborazione di F. Biagioni e F. Rapetti
Regione Liguria
2007
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Il volume è stato stampato a cura della Regione Liguria.
Lo studio e i rilevamenti sono stati compiuti con fondi del C.N.R. – G.N.D.C.I. assegnati all’Unità
Operativa 13 (Pisa) (Responsabile Prof. P.R. Federici) della Linea 2 “Previsione e Prevenzione degli
eventi franosi a grande rischio” (Responsabile Prof. P. Canuti), Programma Speciale: Studio dei Centri
Abitati Instabili.
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AUTORI
Paolo Roberto Federici - Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Pisa.
E’ il Responsabile dell’Unità Operativa 2.13 (Pisa). Ha progettato le ricerche e il volume. Ha coordinato e partecipato ai lavori sul terreno. E’ autore del testo e ha sovrinteso alla elaborazione dell’opera.
Alessandro Chelli - Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Parma.
Si è occupato del rilevamento, dell’approntamento delle carte geomorfologiche e delle relative schede.
A Federica Biagioni e Franco Rapetti si deve lo studio climatico.
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Il Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche del Consiglio
Nazionale delle Ricerche, nell’ambito del Programma speciale S.C.A.I. “Studio dei
centri abitati instabili”, prende in esame a livello nazionale le situazioni di instabilità
dei versanti che interessano in particolare centri abitati.
Il quarto volume dell’Atlante dei centri abitati instabili della Liguria relativamente al
territorio della Provincia di Imperia completa gli studi sul territorio ligure effettuati
dall’Unità Operativa dell’Università di Pisa.
L’individuazione e lo studio di 21 centri abitati instabili o potenzialmente instabili,
nonché l’ulteriore segnalazione di altri 18 come meritevoli di attenzione, contribuiscono a delineare, anche per il territorio di questa provincia, il livello di tale criticità.
A conclusione dello studio sull’intero territorio ligure, interessato per circa l’8% da
aree franose, sono stati analizzati ben 115 centri abitati, e molti altri segnalati, spesso piccoli centri dell’entroterra esposti agli effetti negativi dell’instabilità dei versanti.
Il completamento della collana permette pertanto di disporre di una documentazione
di approfondimento conoscitivo quale indagine di maggior dettaglio nello sviluppo
della pianificazione di bacino, nonché può costituire un autorevole supporto per la
programmazione e la progettazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico.
Ing. Franco Zunino
Assessore all’Ambiente
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Il Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) è stato costituito con decreto del 12 Dicembre
1984 dal Ministero per il Coordinamento delle Iniziative per la Ricerca scientifica di
concerto con il Ministero dei Lavori Pubblici ed il Ministero della Protezione Civile.
Il GNDCI negli ultimi 15 anni ha promosso, sviluppato e coordinato ricerche interdisciplinari, sia di base che applicate, finalizzate al miglioramento delle conoscenze
scientifiche e tecniche nel settore della difesa dalle catastrofi geologiche, idrauliche
e idrogeologiche e alla realizzazione di prodotti scientifici utili nella pianificazione
territoriale.
L’attività di ricerca del GNDCI è articolata in 4 linee di ricerca; la Linea 2 riguarda:
Previsione e prevenzione di eventi franosi a grande rischio. All’interno di ciascuna
Linea di ricerca numerosi sono i programmi e i progetti volti alla realizzazione delle
finalità scientifiche anzidette su temi a carattere territoriale e/o disciplinare.
Il Progetto SCAI della Linea 2 ne costituisce un esempio, particolarmente interessante
alla luce degli sviluppi normativi che, a partire dal suo inizio, coincidente con la
costituzione del GNDCI, sono intervenuti per regolamentare l’attività di amministrazione e gestione territoriale in aree urbanizzate soggette a fenomeni di instabilità dei
versanti. Il Progetto SCAI ha posto infatti tra i suoi scopi la determinazione dell’estensione delle situazioni di pericolosità derivanti da fenomeni franosi in corrispondenza
di centri abitati, in un’ottica che oggi è quella nella quale devono porsi gli Enti Locali
(Regioni, Autorità di Bacino, etc.). Il Progetto SCAI può dirsi precursore dell’attuale
strategia politica e amministrativa.
Il presente volume, che illustra la situazione dei dissesti presenti nei centri abitati della Liguria nel territorio della Provincia di Imperia, costituisce un esempio dell’attività
del GNDCI in questo ambito e rappresenta dunque una ulteriore conferma della
validità della politica scientifica perseguita dal GNDCI fin dalla sua costituzione.
Prof. Ing. Lucio Ubertini
Direttore del Gruppo Nazionale per la
Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche
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Il Progetto SCAI (Studio dei Centri Abitati Instabili) è uno dei più importanti impegni
presi dal Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche ed anche
uno dei più delicati per le implicazioni che dagli studi sui centri urbani possono
derivare, in particolare nel campo della valutazione del rischio. Tuttavia, al di là di
questo, al Gruppo Nazionale è sembrato suo dovere affrontare con decisione il tema
con l’unico scopo di compiere un servizio utile alla società civile.
Il Progetto dell’Atlante dei Centri Abitati Instabili della Liguria rientra in questa linea
di pensiero e di lavoro volta a fornire agli Enti Locali un patrimonio di conoscenze e
di dati preziosi. Al suo compimento l’Atlante contribuirà grandemente ad una migliore pianificazione degli interventi del territorio.
Il volume sui Centri Abitati della Provincia di Imperia rileva la situazione di numerosi
centri urbani con uno schema, ormai consolidato, di presentazione degli studi sui
singoli Centri per mezzo di schede che esaustivamente riferiscono delle condizioni
della loro stabilità. Forti delle esperienze precedenti il Prof. P.R. Federici ed i suoi Collaboratori hanno prodotto un quadro completo della situazione; il lavoro si distingue
per la accuratezza dei rilievi e delle carte geomorfologiche che sono già strumenti operativi immediati, per l’individuazione dei processi generatori di “rischio”, per
l’ampiezza della presentazione delle caratteristiche geologiche e geomorfologiche
della regione studiata e per l’introduzione del tema, illustrato con speciali tavole,
delle grandi frane del passato che in Liguria hanno una primaria importanza e che
costituiscono “lezione” per gli eventi probabili del futuro.
Lo scrivente, in qualità di Responsabile della Linea “Previsione e prevenzione di eventi
franosi a grande rischio”, entro cui il Progetto SCAI viene svolto, è lieto di presentare
questo volume, che mostra, ancora una volta, l’efficacia della produttiva collaborazione fra Enti Territoriali e di ricerca nell’ambito di Programmi di studio quali quelli
del CNR – GNDCI.
Prof. Paolo Canuti
Responsabile della Linea 2
del GNDCI
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1 – Premessa
Il Programma Speciale S.C.A.I., Studio dei Centri Abitati Instabili, è stato organizzato dal Gruppo Nazionale per
la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche G.N.D.C.I. nell’ambito della Linea
2 “Eventi franosi a grande rischio”, una delle quattro attivate. L’Unità Operativa 2.13 Pisa ha assunto come aree di
competenza la Liguria e la Sardegna centro-settentrionale. I lavori di rilevamento geomorfologico con gli studi applicati
alla instabilità da frana dei centri urbani sono stati in parte già resi noti attraverso pubblicazioni scientifiche parziali
e rapporti.
Per un miglior utilizzo dei risultati delle ricerche fu presa la decisione di condensarli in volumi dedicati alle singole
province. Sono così usciti nel tempo il 1° volume dedicato alla Provincia della Spezia (2001), il 2° volume dedicato alla
Provincia di Genova (2003-2004), il 3° dedicato alla Provincia di Savona (2006) ed ora si è in grado di presentare
anche il 4° dedicato alla Provincia di Imperia.
Il volume è strutturato come i precedenti, riguarda anch’ esso un grande numero di centri abitati ed è corredato da
una ricca iconografia con carte geomorfologiche a colori e in bianco e nero.
Fig. 1 – Ubicazione dell’area di studio
Si ringraziano, prima di tutti, il Prof. Franco Rapetti e la Dott.ssa Federica Biagioni dell’Università di Pisa per la
preparazione dell’importante capitolo sui Lineamenti climatici.
Si ringrazia la Dott.ssa Giovanna Gorziglia del Settore Politiche dell’Asssetto del Territorio della Regione Liguria per
il fondamentale supporto e l’incoraggiamento alla realizzazione dell’opera.
Si ringraziano il Prof. Stani Giammarino, dell’Università di Genova, e i suoi collaboratori Dott. Stefano Orezzi e Dott.
Davide Rosti, che hanno fornito preziose facilitazioni logistiche, ma che, soprattutto, con squisita cortesia e somma
responsabilità hanno messo a disposizione alcuni rilevamenti inediti del Foglio San Remo della 3° edizione della Carta
Geologica d’Italia, e che hanno permesso l’aggiornamento delle formazioni geologiche.
Si ringrazia il personale tutto dell’Ufficio Piani di Bacino della Provincia di Imperia e in particolare Dott. Geol. Ennio
Rossi, Dott.ssa Geol. Sira Cheli, Dott. Geol. Carlo Arbarelli e Dott. Arch. Donatella Marsaglia per aver reso disponibile
materiale tecnico sui casi di studio, per le utili discussioni sugli stessi e inoltre per la fattiva collaborazione affinché la
trattazione dei diversi centri fosse sempre corredata da dati precisi e puntuali sugli studi e gli interventi eseguiti.
Un ringraziamento va al personale tecnico e amministrativo dei Comuni e delle Comunità Montane entro i territori
dei quali rientrano i centri abitati esaminati. Tutti loro, interpellati a vario titolo, hanno sempre dato piena disponibilità
e collaborato fattivamente sia nella fornitura dei dati tecnici inediti sia nell’indicazione di notizie preziose per la stesura
del volume.
Tra loro un particolare ringraziamento, per aver dedicato parte del loro tempo alla discussione di alcuni dei casi di
studio, va a: Dott. Geol. Lionello Belmonte del Settore Viabilità della Provincia di Imperia e della Comunità Montana
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dell’Olivo, Dott. Geol. Fulvio Franco del Comune di San Remo, Geom. Angelo Alberti della Comunità Montana
Argentina-Armea, Prof. Giovanna Ferraironi Assessore del Comune di Triora, Dott. Arch. Massimo Salsi della Comunità
Montana Intemelia, Dott. Agr. Eligio Bertone e Geom. Graziano Guido rispettivamente Presidente e Tecnico della
Comunità Montana Alta Valle Arroscia, Geom. Roberto Fontana e Geom. Pierfrancesco Lisanti del Comune di Cervo.
Inoltre si ringraziano i liberi professionisti che a vario titolo si sono resi disponibili e hanno fornito utili indicazioni e
dati preziosi in merito ad alcuni dei centri trattati: Dott. Geol. Marco Abbo per Borgo Tinasso (San Remo), Dott. Geol.
Giorgio Ligorini per Diano Arentino, Dott. Geol Gianstefano Oddera per Dolceacqua e Pigna, Dott. Arch. Piergiorgio
Castellari e Dott. Arch. Andrea Giraudo per Ceriana.
Infine un ringraziamento particolare va all’amico Dott. Geol. Alessandro Serani che pur non avendo partecipato
direttamente alla stesura di questo volume ha contribuito con preziosi suggerimenti e indicazioni utili per la trattazione
di alcuni dei casi di studio.
2. Introduzione
Il volume comprende gli studi sui centri abitati instabili per frana della Provincia di Imperia, intendendo i centri che
negli annali di statistica raccolgono popolazione e sono di dimensioni superiori ai Nuclei Elementari. Sono stati presi in
considerazione i danni alle abitazioni, ai luoghi di raccolta della popolazione, come edifici pubblici e religiosi, e alle
infrastrutture dell’ambito urbano. Non sono state prese in considerazione, invece, le situazioni che hanno comportato
danni alle infrastrutture quando queste siano al di fuori dei centri abitati, in quanto alla franosità in generale sono
dedicati altri progetti, come l’IFFI. Così pure, non sono stati presi in considerazione i centri la cui instabilità è derivata
da eventi alluvionali derivati dalla dinamica fluviale.
Il problema dei centri instabili si è posto ufficialmente fin dagli inizi del secolo scorso, quando fu emanato un
provvedimento legislativo, la Legge n. 445 del 9 Luglio 1908, nella quale è contenuto un elenco di “abitati instabili”
da consolidare o abitati “da trasferire” e ricostruire in un’altra sede a causa del loro dissesto idrogeologico. La legge
riguardava le regioni Basilicata e Calabria, ma l’elenco poteva essere ampliato ed esteso ad altre regioni, come poi
è avvenuto, con decreti specifici sia dello Stato che degli Enti Locali. Così, tra gli altri, si sono avuti provvedimenti
legislativi nel 1916, 1952, 1955 e 1956.
E’ da rimarcare che con la Legge 2 Febbraio 1974 n. 64 sono stati meglio specificati gli interventi nei Comuni aventi
centri abitati instabili inseriti nell’elenco della legge del 1908, avendo individuato negli Uffici del Genio Civile e poi
nelle Regioni i soggetti preposti a emettere pareri di compatibilità in merito agli strumenti urbanistici. Infatti, con il
D.P.R. 15 Gennaio 1972, n. 8 (Suppl. ord. G.U. 29 Gennaio 1972, n. 26) si era avuto il “Trasferimento alle Regioni a
statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e viabilità, acquedotti e lavori pubblici
di interesse regionale e dei relativi personali e uffici”; in esso alla voce m) del comma 2 (giurisprudenza) sono indicate
“le opere di consolidamento e trasferimento degli abitati”.
Ai sensi della L.445/1908 sono stati via via inseriti:
1) Comune di Apricale
• classificato con delibera del C.R. n. 54 del 27 Settembre 1985
2)Comune di Ceriana
• classificato con delibera del C.R. n. 158 del 30 Dicembre 1981
3)Comune di Castel Vittorio
• classificato con D. M. 29 Gennaio 1953
4)Comune di Molini di Triora
• fraz. Glori, classificato con delibera del C. R. n. 159 del 30 Novembre 1981
5)Comune di S. Biagio della Cima
• classificato con D. P. R. n. 887 del 22 Giugno 1960
6)Comune di San Remo
• fraz. Borgo Tinasso, classificato con D. P. R. n.1393 del 24 Ottobre 1967
7)Comune di Ventimiglia
• località Cavu, località Funtanin classificati con D. P. R. n. 769 del 31 Marzo 1969
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Sulla base delle linee guida del Programma Speciale SCAI, dopo gli opportuni sopralluoghi si è constatato che i centri
di San Biagio della Cima e la località Borgo Tinasso sono stati il primo messo in sicurezza con gli opportuni interventi
bonificatori e la seconda riguardante di fatto un solo grande edificio, di recente in corso di parziale demolizione. Al
contrario, dopo i contatti con le Amministrazioni degli Enti Regione, Provincia e Comuni, nonché le Comunità Montane
ed anche con le ricerche d’archivio presso varie fonti, sono risultati degni di attenzione numerosi altri centri abitati sui
quali è stato effettuato uno studio specifico. Sono stati così riconosciuti come instabili o potenzialmente instabili 21
centri abitati, dei quali 5 compresi nell’elenco ufficiale di cui sopra. Inoltre numerosi altri centri (18) vengono segnalati
in quanto meritevoli di attenzione, per le possibilità di evoluzioni negative della stabilità dei versanti sui quali essi sono
situati (si veda a proposito la Fig. 2 e la tabella del capitolo 3.6).
Gli studi raccolti in questo volume sono stati eseguiti con le metodologie del Programma Speciale S.C.A.I., già
sperimentate nell’esecuzione delle ricerche svolte per le Province di Genova, Savona e La Spezia.
Le ricerche d’archivio attraverso la consultazione di varie fonti, scientifiche e non, scritte od orali presso le comunità
abitanti i centri della Provincia e la collaborazione, oltre che con la Regione e la Provincia di Imperia, con i singoli
comuni e le Comunità Montane hanno permesso di costruire una raccolta di dati di partenza già buona per iniziare
gli studi specifici. Il lavoro sistematico sul terreno ha poi permesso successive integrazioni fino alle ultime fasi della
ricerca.
La fase principale del lavoro è stata quella del più accurato rilevamento geomorfologico applicato all’instabilità
dei versanti, eseguito con una ricerca a grande o grandissima scala, avente come comune denominatore la Carta
Tecnica Regionale, con eventuali specifici ingrandimenti. La riproduzione finale per comprensibili ragioni di spazio
può aver comportato una riduzione della scala, che però è stata scrupolosamente controllata riducendo al minimo o
componendo le distorsioni. La cartografia sperimentale è stata accompagnata dalla fotointerpretazione confrontando
i dati di tutti i voli disponibili, con la copertura di base fornita dalla Regione.
Sono stati naturalmente utilizzati tutti i dati disponibili per quanto riguarda la copertura geologica, che però si è
dimostrata estremamente lacunosa per la presenza di poche carte geologiche di dettaglio pubblicate. Un notevole
peso hanno avuto i dati geognostici, quando eseguiti per riconosciute situazioni di pericolosità, e infine sono state
raccolte notizie storiche e dati già archiviati, come quelli del Progetto AVI.
Naturalmente, un peso decisivo nelle valutazioni dell’attività gravitativa ha assunto l’osservazione sistematica sullo
stato delle infrastrutture e degli edifici civili e religiosi e delle eventuali fratture visibili, spesso controllate a distanza di
tempo. Inoltre, molto importante è stato il colloquio diretto con gli abitanti per la raccolta di informazioni più precise
sullo stato degli edifici.
I dati ricavati sono confluiti nelle succinte monografie di ogni centro, comprendenti: un estratto della scheda di
rilevamento, con dati sintetici sulla localizzazione, consistenza dell’abitato, ecc; una sintesi delle conoscenze geologiche,
geomorfologiche, dei fenomeni di instabilità e dei loro effetti, nonché delle eventuali opere di intervento effettuate ed
infine una carta geomorfologica di grande dettaglio a colori, redatta secondo una legenda standard che fa riferimento
a quelle elaborate dal Gruppo Nazionale Geografia Fisica e Geomorfologia e dal Servizio Geologico Nazionale, con
una più precisa distinzione in uso presso la Regione Liguria.
Alcuni centri sono stati inseriti in un contesto morfoevolutivo generale entro schemi geomorfologici (in bianco e in
nero) della franosità ereditata. Nelle schede ogni centro è indicato con il proprio nome e accompagnato da un numero
che corrisponde al codice ISTAT.
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Fig. 2. La Provincia di Imperia e i centri abitati instabili per frana.
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3. La Provincia di Imperia
La Provincia di Imperia si estende per 1155,04 Km2 e confina con la Provincia di Savona a nord – est, con la Provincia
di Cuneo in Piemonte a nord e con il Dipartimento Provence – Côte Azur in Francia a est, con il Mar Ligure a sud e sud
est. Territorio montuoso, ha un nodo oroidrografico notevole, il Monte Saccarello (2200 m), da cui si dipartono una
dorsale che fa da confine con la Francia con diverse vette superiori a 2000 m e un’altra dorsale che si dirige verso est
e si dirama in vari contrafforti che delimitano le due principali valli, Argentina e Arroscia (il M. Frontè tocca i 2153 m e
il M. Monega 1882 m). Come nel resto della Liguria, la montagna arriva direttamente al mare e forma coste alte, solo
interrotte da modesti spazi pianeggianti prodotti dalla deposizione delle alluvioni dei fiumi Roia, Nervia, Vallecrosia,
Borghetto, Argentina, Prino, Impero e San Pietro. Il confine con la Francia segue uno sviluppo dovuto alla storia recente,
cosicchè del bacino del Fiume Roia, peraltro il maggiore della Provincia di Imperia, appartiene al nostro Paese solo
la porzione inferiore. Dal M. Colombin al M. Saccarello, il confine è coerente con la linea spartiacque. Verso nord
si mantiene in destra del fiume Tanaro, ma segue per lo più limiti stabiliti dalle vicende storiche. Infatti, include nella
Provincia di Imperia la Val Tanarello, ma lascia al Piemonte le testate delle Valli Pennavaira e Neva; nel contempo,
ingloba tutto l’alto bacino dell’Arroscia, che dal medio corso in poi scorre nella Provincia di Savona.
3.1 – Lineamenti geologici
La regione imperiese e la Liguria occidentale in genere presentano un superba complessità geologica e strutturale,
che soltanto nel corso degli anni è venuta a chiarirsi, anche se permangono numerosi problemi aperti. Una visione
d’insieme è riportata nella grande Carta Geologica della Liguria alla scala 1: 200.000 di Giammarino e Altri del
2002, tanto più meritevole per la scarsità di carte geologiche a colori di dettaglio realizzate in Liguria Occidentale e
per l’assenza dei Fogli della nuova edizione della Carta Geologica d’Italia alla scala 1: 50.000. Tuttavia, una ricca
letteratura ad opera delle scuole di Pavia soprattutto ed anche di Genova e Milano nonché degli studiosi francesi e
tedeschi è ormai a disposizione. Una summa delle conoscenze è riportata negli Atti del grande Convegno sulle Alpi
Liguri della Società Geologica Italiana del 1984 a cura di M. Vanossi e inoltre ulteriori preziosi aggiornamenti sono
riportati nella Guida Geologica Regionale dedicata alle Alpi Liguri da parte della stessa Società Geologica Italiana e
sempre coordinata dallo studioso pavese. E’ soprattutto a queste opere che qui si fa riferimento, naturalmente con gli
aggiornamenti intervenuti successivamente a quest’ ultima.
Depositi recenti
Depositi alluvionali
Lungo i fondivallivi stanno consistenti corpi di deposizione torrentizia, come le conoidi di deiezione. In alcuni casi,
più estesi apporti hanno permesso la formazione di piane, talora minuscole. Laddove i fiumi sfociano in mare si sono
depositate, talvolta, anche ingenti quantità di alluvioni interdigitate all’esterno con i sedimenti marini, formando delle
pianure costiere che rappresentano delle soluzioni di continuità del litorale roccioso.
Depositi alluvionali terrazzati
Le variazioni del regime fluviale in seguito a quelle climatiche e ai movimenti tettonici hanno provocato fasi di
deposizione e fasi di incisione fluviale con la formazione, discontinua nel tempo e nello spazio, di terrazzi a varie
quote lungo le valli, come per esempio la Valle Argentina.
Depositi periglaciali
Mentre depositi glaciali sono verosimilmente presenti soltanto nelle montagne più alte della Liguria, è assai probabile
che siano diffuse forme periglaciali. E’ un campo ancora da esplorare, nonostante una nota di Conti del 1940 avesse
potenzialmente individuato una promettente linea di ricerca proprio sulle forme generate dai cicli del gelo discontinuo.
E’ tuttavia assai probabile che in corrispondenza delle dorsali più elevate, che oggi marcano il confine italo-francese,
dal M. Saccarello alla Pietravecchia, da dove nel corso della glaciazione würmiana scendevano per breve tratto
alcune lingue glaciali (Laureti, 1991), si siano sviluppate anche forme come rock-glacier o block-stream o block-field
come riscontrato in altre parti della Liguria.
Depositi litorali
Si tratta esclusivamente di depositi di spiaggia, sabbiosi e siltosi, presenti lungo la costa. Questa, infatti, è alta e
dirupata, ma è orlata da alcune ampie falcature a costituire delle unità fisiografiche ben definite oppure da spiaggetasca (pocket beach), nascoste da aggetti rocciosi.
Depositi antropici
Forme e depositi modellati dall’uomo sono presenti ovunque: lungo il litorale con infrastrutture di ogni tipo, urbane ed
extraurbane, dighe e scogliere frangiflutti; lungo le valli con arginature, strade ed edifici civili ed industriali; nei versanti
con urbanizzazioni di antico e recente insediamento, strade e terrazzi agrari.
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LEGENDA:
1. Depositi
continentali e litorali;
depositi alluvionali,
alluvionali terrazzati,
falde e coni detritici,
coperture superficiali di differente
origine. Pliocene marino della
Riviera: 2. Conglomerati di Monte
Villa; 3. Argille di Ortovero. Flysch ad
Elmintoidi (Unità Colla Domenica-Leverone;
Borghetto d’Arroscia-Alassio; Moglio-Testico;
Sanremo-M. Saccarello): 4. Formazione di Leverone;
5. Peliti di Colla Domenica; 6. Calcari di Ubaga; 7. Peliti
di Ranzo e Quarziti di Monte Bignone; 8. Formazione di
Testico; 9. Peliti di Moglio; 10. Flysch di Sanremo; 11. Arenarie
di Bordighera; 12. Formazione di San Bartolomeo. Dominio
Piemontese (Unità Arnasco-Castelbianco): 13. Formazione di
Albenga; 14. Brecce di Monte Galero; 15. Successioni calcaree
dal Trias superiore al Neocomiano. Dominio Brianzonese (Unità Ormea;
Caprauna-Armetta): 16. Copertura meso-cenozoica; 17. Sequenza quarziticodolomitiche triassiche. Zona Sub-Brianzonese o dei lembi interposti: 18. Flysch Nero (o
Flysch di Baiardo), Complesso di progressione e Scisti a blocchi. Dominio Delfinese-Provenzale:
19. Flysch di Ventimiglia; 20. Complesso calcareo-marnoso dal Cretaceo superiore all’Eocene medio;
21. Calcari, marne e marne calcaree con hard ground e livelli condensati del Malm-Senoniano.
Fig. 3 – Schema geologico-strutturale della
Provincia di Imperia.
Lo schema è ispirato alla Carta
Geologica della Liguria, scala 1:200.000,
di S. Giammarino, G. Giglia, G.
Capponi, L. Crespini, M. Piazza, LAC,
Firenze 2002.
Ad esso sono state apportate alcune
modifiche relative alla nomenclatura,
alla luce dei nuovi ed inediti
rilevamenti per la realizzazione
della carta geologica del Foglio
258 San Remo nell’ambito del
progetto CARG ad opera di S.
Giammarino e collaboratori
presso il DIPTERIS
dell’Università di Genova,
e al dominio delfinese –
provenzale.
PLIOCENE MARINO DELLA RIVIERA
Esso si presenta discontinuo, in piccolissimi lembi presso Cervo, Diano, Oneglia, Porto Maurizio, e in due areali più
vasti nella bassa Valle Argentina (bacino di Bussana – Taggia – S. Stefano al Mare) e nella bassa Valle Roia (bacino
di Ventimiglia – Bordighera).
Questi, come gli altri affioramenti del Pliocene ligure essenzialmente posti nella adiacente Provincia di Savona,
nonché i Calcari di Finale e i Conglomerati di Celle, sono spiegabili soltanto, dato che l’orogeno era emerso, con una
trasgressione marina proveniente da sud, penetrata entro insenature delle Alpi Liguri. Queste insenature sembrano
corrispondere a strutture preesistenti o attive durante la stessa trasgressione, oppure in certi casi, sono evidenti aperture
di precedenti foci fluviali. L’attività erosiva dei corsi d’acqua è testimoniata dalla potenza fino a centinaia di metri dei
Conglomerati di Monte Villa:
Conglomerati di Monte Villa (CMV): potenti sequenze detritiche interpretabili per lo più come lembi di delta. Vi si rinvengono
dall’alto al basso: Argille siltose e sabbiose laminate o a stratificazione incrociata, discontinue; Argille marnose siltose grigio
azzurre massicce, con lamine arenacee; Arenarie sabbiose e conglomeratiche massicce o stratificate; Conglomerati a grana fine o
media, ben stratificati, a matrice sabbiosa abbondante, ben embricate; Conglomerati grossolani stratificati, eterometrici, a matrice
sabbiosa, con clasti nella generalità dotati di buona sfericità. Età: Pliocene Inferiore.
Brecce e megabrecce (Brecce di Taggia) (BRT), in matrice sabbioso-limosa.
Argille di Ortovero (ORV): argille e marne, sabbie e siltiti con intercalazioni di conglomerati verso la sommità, di mare aperto.
Età: Pliocene Inferiore.
Oltre il Pliocene Inferiore, sono stati segnalate sia la presenza del Pliocene Medio presso Ventimiglia (oltre che nel
Savonese e a Genova) sia del Pliocene superiore, sempre presso Ventimiglia.
UNITA’ TETTONICHE
Le Unità Tettoniche presenti nella Provincia di Imperia si riconducono, principalmente, a due dei grandi domini
paleogeografico – strutturali alpini, il dominio Delfinese – Provenzale e il dominio Piemontese – Ligure. Anche qui le
Alpi Liguri si presentano scompaginate in falde di ricoprimento, che si sono messe in posto durante la strutturazione
orogenica accavallandosi una sull’altra con movimenti verso l’avampaese europeo. Tutte le Unità sono comunque
riconducibili a scagliamenti del margine continentale europeo e dell’antistante paleo – oceano interposto fra esso e il
continente Insubrico, mentre non sono note Unità riconducibili a quest’ultimo. Molto meno rappresentati sono il dominio
Brianzonese, presente con lembi di Unità Tettoniche soltanto nella parte nord della Provincia, e il dominio Piemontese.
Formazioni geologiche con affinità Sub-Brianzonese affiorano con buona estensione lungo una fascia allineata nord
– sud nella parte centro-orientale, ma presentano non indifferenti problemi di interpretazione paleogeografica.
Al contrario del resto della regione ligure, la Provincia di Imperia non è interessata da affioramenti del bacino
Terziario del Piemonte.
DOMINIO DELFINESE – PROVENZALE
Il dominio delfinese – provenzale è la parte più esterna dell’edificio alpino e su di esso si sono traslati gli altri di
provenienza più interna. Esso è caratterizzato da un basamento pre – Carbonifero variamente metamorfosato e con
un corpo granitico, le cui vicende evolutive si sono concluse con l’orogenesi ercinica, e da una copertura che può
essere in parte rimasta aderente al basamento stesso ma che può anche aver subito degli scollamenti, rendendosi
indipendente.
Dei grandi affioramenti di questo dominio, che si sviluppa nel massiccio dell’Argentera, in Provincia di Imperia sono
presenti soltanto alcune formazioni.
Comunque, la Copertura inizia con sequenze detritiche carbonifere, con flora, fra loro discordanti e prosegue con
una potentissima serie detritica continentale di età permiana, con incluse rocce riolitiche. La Copertura continua con
un Trias in facies germanica (arenarie, carbonati, evaporiti), un Giurassico lacunoso e ridotto con calcare ad Ammoniti,
emipelagiti argilloscistose a Posidonia alpina (“terre nere”) e pelagiti carbonatiche (Calcari a Calpionelle), un Cretaceo
Inferiore a serie ridotte con micriti a Cefalopodi e calcari e marne ad Ammoniti. Seguono Calcari, marne e marne
calcaree, in facies di scogliera, poco rappresentati e più frequentemente
Marne e calcari marnosi di Trucco (MCT): calcari più o meno marnosi, in strati e banchi con intercalazioni di marne sempre
più fitte e di maggior spessore e calcareniti gradate. (Campaniano-Maastrichtiano inferiore).
Formazione a Microcodium l.s. (FMI): sono presenti alla base delle marne, biancastre e rosate, massicce, marne grigio
azzurre e marne calcaree stratificate, di ambiente salmastro, talvolta eteropiche con facies detritiche. Età: Cretaceo Superiore
– Eocene inferiore.
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Calcare nummulitico (CNM) o Calcareniti di Capo Mortola: formazione con alla base banchi arenacei, conglomerati
poligenici, arenarie quarzose grigio – giallastre e infine calcari scuri debolmente arenacei in grosse bancate, con concentrazione
di Nummuliti, ma anche Coralli e Lamellibranchi. Età: Eocene.
Attraverso un “Livello di Transizione” di marne con G. spinulosa dell’Eocene Medio si passa a :
Marne siltose di Olivetta San Michele (MSO): marne bluastre alternantesi a livelli di marne siltose marrone-chiaro, in facies
di scarpata; sono presenti anche intercalazioni di banchi calcareo-arenacei. Età: Priaboniano.
Flysch di Ventimiglia (FVE): flysch arenaceo – pelitico, con frequenti strutture di fondo negli strati. Nei clasti delle formazioni
arenacee si riconosce la provenienza da un massiccio cristallino. Età: Eocene – Oligocene (?). E’ considerato omologo del flysch
eocenico (Grés d’Annot) che conclude la copertura sedimentaria del Massiccio dell’Argentera. Nella parte alta il flysch è ricco di
olistostromi di varia provenienza.
ZONA SUB – BRIANZONESE O DEI LEMBI INTERPOSTI
Si tratta di una Unità situata in una posizione prossima o corrispondente al dominio Sub – brianzonese, che è costituito
da serie molto diverse fra loro, geometricamente sovrapposte alle formazioni delfinesi – provenzali ma in posizione
sottostante i Flysch ad Elmintoidi. Formano una striscia fra M. Saccarello e il Carmo di Langan e poi compaiono in altri
3 – 4 lembi più a sud, fino a M. Belgestro. Questa è stata anche chiamata “Zona dei lembi interposti”.
Nell’insieme si possono distinguere:
Scisti a blocchi (SAB): blocchi lentiformi anche chilometrici, costituiti da lembi di successioni sedimentarie carbonatiche di età
mesozoica, simili alle serie subbrianzonesi e/o brianzonesi.
Complesso di progressione (CDP): olistostromi ed olistoliti di marne priaboniane in affioramenti da centimetrici a metrici,
immersi in una matrice siltoso arenacea oppure argilloso – marnosi, calcarei, calcareo – marnosi e dolomitici provenienti dal
Flysch ad Elmintoidi di Sanremo e dal suo complesso di base e dalle sequenze eoceniche del dominio delfinese-provenzale. Età:
Eocene.
Flysch Nero (FNE): simile a quello che si ritrova nel dominio brianzonese e nel dominio Sub-Brianzonese delle Alpi francesi.
Complesso argilloso, nerastro, tettonizzato, con lenti di calcari micritici fogliettati (“calcschistes planctoniques”) e di microbrecce
poligeniche a macroforaminiferi eocenici e più o meno grossi olistoliti. Età: Priaboniano Superiore- Oligocene Inferiore?
Nei rilevamenti ancora inediti del Foglio San Remo S. Giammarino e collaboratori hanno cambiato in Unità tettonica Baiardo-Triora
la precedente denominazione Zona Sub-Brianzonese. Inoltre nel loro lavoro la suddivisone prospettata sopra è stata abbandonata
a vantaggio di un’unica formazione denominata Flysch di Baiardo, caratterizzato da una composizione di arenarie fini con
intercalazioni siltoso-arenacee inglobanti microbrecce e olistoliti, che dovrebbe essere l’equivalente locale del Flysch Nero.
Nel complesso si tratta di frammenti disarticolati della Zona sub – brianzonese oppure di scaglie tettoniche, di olistostromi e
olistoliti trasportati verso l’esterno della falda del Flysch ad Elmintoidi. Presentano affinità soprattutto con le serie della Zona sub
– brianzonese della Alpi francesi.
DOMINIO BRIANZONESE
Il Brianzonese Ligure è il proseguimento verso SE di quello del Piemonte ed è definito da una serie di unità tettoniche
evolutesi da un comune dominio europeo.
La serie stratigrafica può essere distinta in tre parti: a) basamento; b) tegumento; c) copertura meso – cenozoica.
Basamento
I lembi più noti affiorano come masse sradicate a formare i massicci di Savona, Calizzano, Pallare, Arenzano, Loano, costituiti
da un complesso di ortogneiss (derivati da granitoidi e rioliti) e paragneiss (derivati da arenarie e peliti) polimetamorfici e
raggruppabili sostanzialmente in due unità provenienti da una zona di transizione fra i domini piemontese e brianzonese.
Unità Calizzano – Savona, Formazione di Albisola (GAL) costituita da ortogneiss, paragneiss, micascisti, e anfiboliti
(ANS).
Unità Bagnaschino, costituita da gneiss e anfiboliti, nota anche perché è l’elemento tettonico brianzonese nel quale è presente
la facies a scisti blu, ossia la pressione più elevata del metamorfismo.
Altri affioramenti del basamento sono presenti come substrato delle successioni brianzonesi interne, complete di tegumento e
copertura meso – cenozoica. Affiora in alcuni massicci minori (Nucetto, Lisio, Costa Dardella, Barbassiria) composti esclusivamente
da ortogneiss granitoidi, subordinatamente da paragneiss, derivati da un protolite di natura riolitica, di età pre-namuriana.
Tegumento
Terreni, in parte di genesi effusiva, di età Carbonifera superiore – Permiana Superiore, ricoprono il basamento e sottostanno una
copertura sedimentaria più recente.
Il tegumento presenta una notevole variabilità sia di spessori che di facies, ma la serie è nello stesso tempo caratterizzata dalla
presenza di vulcaniti che si sono manifestate lungo tre fasi, che vengono ricondotte ad una attività derivata da anatessi crostale.
Le formazioni sono le seguenti:
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Formazione di Lisio (FLI): costituita da sedimenti granulometricamente variabili a composizione quarzoso – feldspatica derivati
dai sottostanti granitoidi del basamento. Età: Namuriano – Westfaliano Inferiore.
Formazione di Ollano (FOL): costituita da sedimenti fluvio – lacustri, conglomeratici, arenacei, pelitici, con grafiti, di spessore
anche notevole in sequenze ritmiche. Vi sono locali intercalazioni di agglomerati vulcanici e tufi a composizione riolitica. Età:
Westfaliano inferiore – Stefaniano.
Formazione di Murialdo (FMU): Scisti di Viola, Scisti di Gorra (SGO), costituite da filladi nere, grafitiche la prima, da
filladi nere, metasedimenti pelitici chiari la seconda, sedimenti quarzoso – micacei, tufiti, piroclastiti la terza. Un legame tra le tre
formazioni è dato dalle intercalazioni di prasiniti. Età: Stefaniano ? – Autuniano?
Verrucano Brianzonese (VRB): costituito da arenarie basali, conglomerati a ciottoli di rioliti rosse, conglomerati grossolani
con ciottoli di quarzo. Il Verrucano è discordante su tutti i terreni sottostanti. Età: Permiano Superiore.
Vulcaniti
Metarioliti di C. Lisetto (MCL): ampiamente diffuse sebbene poco potenti, costituite da rioliti a tessitura ignimbritica, talora
molto scistose, sono incluse sia nella formazione di Lisio che in quella di Ollano (vulcanismo precoce). Sono pure considerati
precoci i filoni granitici che sono iniettati nel basamento cristallino. Età: Westfaliano Medio ? – Superiore.
Formazione di Eze (FEZ): costituita da prasiniti fini e subordinatamente lave andesitiche a plagioclasio, intercalate alla
formazione tipo Murialdo, ma possono talvolta attraversare con filoni discordanti il basamento (vulcanismo intermedio). Non
mancano lave e piroclastiti andesitiche (Viozene). Età: Stefaniano – Autuniano ?
Porfiroidi del Melogno (PME): costituiti essenzialmente da ignimbriti a grana minuta, grigio chiare, molto scistose, che sono
state emesse in quantità enormi, da piroclastiti riolitico – dacitiche (Membro di Aimoni), da cineriti. Età: Permiano Inferiore
Copertura mesozoica e cenozoica
Durante la fine del Permiano si ha lo smantellamento del substrato, con la formazione dei depositi clastici postorogeni del
Verrucano alpino. In continuità si sovrappone una serie sedimentaria composta da:
Quarziti di Ponte di Nava (QPN): quarziti micacee bianche e verdi in strati e banchi, con lenti conglomeratiche a clasti di
quarzo alla base e peliti verdi alla sommità. Età: Scitico.
Quarziti, calcari e peliti di Case Valmarenca (QCV): di ambiente lagunare. Età: Scitico Superiore
Calcari di Costa Losera (CCL): calcari e dolomie di piattaforma. Età: Anisico.
Dolomie di S. Pietro dei Monti (DPM): dolomie più o meno calcaree, calcari grigi, calcari cristallini alternati a strati
dolomitici, con potenti livelli di brecce intraformazionali. Età: Ladinico.
Paleosuoli rossi residuali (Siderolitico). Età : Lias (probabilmente Sinemuriano – Aaleniano).
Calcari del Rio di Nava (CRN): conglomerati, marne scure scagliose e calcari neritici ceroidi chiari e fanerocristallini scuri,
ricchi di coralli, briozoi, mitilidi. Età: Dogger.
Calcari di Val Tanarello (CVT): calcari marmorei grigi, stratificati o massicci, a grana fine, con tasche conglomeratiche alla
base, successione condensata con micriti a crinoidi, noduli tipo Rosso Ammonitico, micriti a Saccocoma e Tintinnidi. Età : Malm,
con al tetto un hard – ground centimetrico, mineralizzato e fossilifero, Età: Aptiano? – Cenomaniano ?. Le serie stratigrafiche
affioranti che presentano sedimenti successivi sono estremamente variabili con eteropie, condensazioni, lacune, il tutto disturbato
dalle discontinuità indotte dalla tettonica. Nel complesso si ha una dominanza di apporti terrigeni, anche con episodi grossolani
(brecce organizzate, calcareniti e calcari in sequenza torbiditica, torbiditi pelitico- arenacee). Una serie tipo potrebbe essere la
seguente:
Scisti calcarei emipelagici (SCE): calcareo - arenacei, scisti filladici, calcari scistosi del Cretaceo Superiore – Paleocene ( talora
indicati con il termine di Formazione di Caprauna e per molto tempo assimilati alle facies tipo “calcschistes planctoniques”).
Calcari nummulitici (CNU): arenarie e calcari arenacei, sia di piattaforma che risedimentati (“Nummulitico”), dell’ Eocene
Medio- Superiore.
Flysch nero (FNE): emipelagiti e torbiditi (“Calcschistes greseux”), con brecce, olistostromi del flysch ad Elmintoidi, del
Priaboniano.
Dal punto di vista tettonico i terreni brianzonesi sono rappresentati da una serie di unità che si sovrappongono l’una
all’altra. Queste si possono raggruppare in Unità Inferiori, probabilmente sovrascorse sulla zona Delfinese – Provenzale
e Unità Superiori, che poggiano, completamente sradicate, sulle unità Inferiori.
Queste, composte da zoccolo (sporadicamente), tegumento e copertura sono dall’alto e dalle più interne: l’Unità
Pamparato – Murialdo, l’Unità Mallare; l’Unità M. Carmo - Rialto, l’Unità Ormea. Non si esclude che talvolta nomi
diversi indichino unità con caratteri uguali, ma solo geograficamente distribuite al di qua e al di là del Tanaro.
Le Unità Superiori sono distinguibili in Unità di zoccolo, dall’alto Unità Bagnaschino e Unità Calizzano, e Unità con
copertura, dall’alto Unità Castelvecchio – Cerisola e Caprauna – Armetta (unità esterne), Unità di Savona – Pallare
e klippen Devoglia – Bric Garofano (unità interne). Delle varie unità brianzonesi presenti nella Liguria occidentale, in
Provincia di Imperia sono presenti l’Unità Ormea e un ridottissimo lembo dell’Unità Caprauna-Armetta.
DOMINIO PIEMONTESE
E’ caratteristico di questo dominio lo smembramento delle originarie serie stratigrafiche in varie unità tettoniche.
Queste contengono la sola copertura mesozoica e terziaria, mentre l’Unità del T. Visone è l’unica che contiene le
rocce del basamento cristallino (ma non le coperture). Anche il tegumento permo – carbonifero è presente con le sole
piroclastiti di Aimoni. La successione stratigrafica piemontese è quindi ricostruita e vi sono pure alcune incertezze
nell’attribuzione di alcuni affioramenti a questo o a quel dominio paleogeografico.
Basamento cristallino
Affiora unicamente nel piccolo “Massiccio di Valosio”, è privo di copertura e costituisce:
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Unità del T. Visone (OVI): ortogneiss occhiadini, paragneiss minuti con lenti di marmi a miche e granati e di metabasiti, con
metamorfismo polifasico.
Tegumento
Il Tegumento è pure limitato e si riduce a:
Formazione di Aimoni (FAI): ignimbriti riolitiche e piroclastiti del Permiano. Si ritrova anche nelle successioni brianzonesi,
nella parte alta dei Porfiroidi del Melogno.
Copertura meso – cenozoica
Anche questa affiora sradicata in diversi lembi di ricoprimento tettonico, talora semplici klippen. La serie è simile a quella
brianzonese, ma è caratterizzata dalla presenza di sedimenti carbonatici del Trias Superiore – Lias, che invece sono assenti in quel
dominio. Il Trias Inferiore e Medio è simile al Brianzonese e quindi con carattere di piattaforma, che si conclude presumibilmente
nel Trias Superiore con litologie di ambiente lagunare. Dal basso si ha, dunque, una serie con le formazioni in posizione non
sempre perfettamente definita.
Quarziti e Arenarie quarzose (QAQ): quarziti, arenarie e conglomerati quarzosi a ciottoli ben arrotondati, con sottili
intercalazioni di peliti verdi . Nella parte superiore vi può essere una litofacies arenitica. Età: Scitico
Dolomie di S. Pietro dei Monti (DPM): massicce, spesso fratturate, biancastre, banconi dolomitici scuri. Età Anisico MedioSuperiore – Ladinico.
Brecce di Rocca Prione (BRP): calcari talora marmorei, con prevalenza di brecce dolomitiche, monogeniche a grana minuta, a
cemento carbonatico e colore grigio, talvolta matrice pelitica. Sono fortemente vacuolari, di ambiente evaporitico. Età: Carnico.
Dolomie di Monte Arena (DMA): dolomie cristalline da grigio chiare a biancastre, ben stratificate in grossi banchi, alla base
livelli di brecce monogeniche. Età: Norico.
Calcari di Veravo, Calcari di Monte Sotta (MST): alternanze di strati sottili di calcari silicei a grana fine, di strati di calcari
silicei lentiformi, calcari a lumachelle. Età: Retico – Hettangiano.
Calcari di Rocca Livernà (CLI): successione monotona di calcari grigio - scuri ben stratificati, con lenti e bande di selce chiara.
Età: Lias.
Brecce di Monte Galero (BMG): megabrecce eterometriche a cemento carbonatico, non stratificate, generate in ambiente di
pendio sottomarino. Età: Lias superiore - Dogger.
Scisti di Colle Scravaion (SCS): calcari grigio scuri in straterelli, calcari siltosi, peliti siltose grigio chiare, siltiti quarzose,
conglomerati poligenici. Età: post Lias
Radiolariti (Radiolariti di Arnasco) (DIA): alternanze di argilliti, selci, peliti siliceo-argillose, rosso cupe. Età: Malm.
Calcari a Calpionelle (Calcari di Menosio) (CCA): calcari grigio chiari, ceroidi, finemente cristallini, ben stratificati. Età:
Titonico – Neocomiano
Formazione di Albenga (FAL): torbiditica, costituita da due membri, Arenarie di Leuso-Quartarole, torbiditi arenaceo-pelitiche
di conoide e Calcari di Curenna-M. Bello o, in eteropie, da Calcari di C. Morteo e Conglomerati di Ceriale, poligenici. Età: Eocene
(non si esclude il Cretaceo Superiore).
La successione delle unità tettoniche dovrebbe essere dal basso verso l’alto, per quanto riguarda il dominio piemontese
esterno, Unità di Case Tuberto, composta di una parte della copertura del Permiano e della serie triassica (Scitico –
Norico), da brecce e radiolariti del Malm (dovrebbe avere alla sommità il Cretaceo – Eocene?) ; Unità di Case Volte,
composta da scaglie di terreni permiani, subordinatamente triassici ; Unità Arnasco – Castelbianco, composta dalla
copertura dal Norico all’Eocene. Per quanto riguarda il dominio interno, le Unità dovrebbero essere (dal basso verso
l’alto): Unità o klippen di Naso di Gatto, Unità di M. Sotta – Villanova, costituita da una serie dallo Scitico al Lias, talora
considerate una unità sola, Unità Montaldo, costituita da una serie dal Giurassico al Cretaceo con olistoliti ofiolitici.
Il dominio piemontese è sempre stato il regno dei “Calcescisti “. Essi sono, come si è visto, di età triassico – liassica
e privi alla base di ofioliti (calcescisti pre – piemontesi o pre – ofiolitici), ma possono essere di età giurassica superiore
– cretacea inferiore, associati alle “pietre verdi” (calcescisti piemontesi s.s.); questi ultimi, a loro volta, possono avere
rare prasiniti e/o olistoliti ofiolitici oppure decisamente metaofioliti (calcescisti piemontesi assiali).
Ora si ritiene che la Zona Piemontese, percepita come Insieme di Unità tettoniche, derivi dall’evoluzione di due
diversi domini vicini, uno su crosta continentale europea e l’altro su crosta oceanica. Nel primo si comprendono le
unità con serie prive di metabasiti e facente transizione al Brianzonese (Prepiemontese); ad esse si possono comunque
associare le unità con serie a rare prasiniti e/o olistoliti ofiolitici (Piemontese Esterno), nella seconda si comprendono le
unità con serie ofiolitiche (Piemontese – Ligure).
Delle varie unità piemontesi presenti nella Liguria occidentale, in Provincia di Imperia sono presenti, allo stato attuale
delle conoscenze l’Unità Tettonica Arnasco – Castelbianco.
I FLYSCH AD ELMINTOIDI
Nella Liguria occidentale affiora in un’area di forma triangolare tra il Colle di Tenda, Bordighera e Borghetto
Santo Spirito un complesso di unità flyschoidi che si trovano in posizione sommitale sovrastando sia i terreni del
dominio delfinese – provenzale a ovest e sia, a ovest e a nord, i terreni dei domini subbrianzonese, brianzonese e
piemontese.
Sono state distinte quattro Unità: 1) Unità Sanremo – M. Saccarello, 2) Unità Moglio – Testico, 3) Unità Borghetto
d’Arroscia – Alassio, 4) Unità Colla Domenica – Leverone.
I maggiori affioramenti si trovano proprio in Provincia d’Imperia, ma le Unità sono comunque presenti nella porzione
sud-occidentale della Provincia di Savona.
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1) Unità Sanremo – M. Saccarello
Formazione di S. Bartolomeo (FBA): verso il basso la formazione è composta dalle Argille a Palombini, costituite da
alternanze di torbiditi pelitico – arenacee e di strati calcarei. Seguono peliti grigio – scure, con intercalazioni quarzo – arenitiche
con patine rosse (ossidi di ferro) e verdi e nere manganesifere. Verso l’alto sono presenti emipelagiti e sottili strati torbiditici, spesso
calcarenitici, con Elmintoidi. Età: Cretaceo Inferiore – Medio?
E’ il “Complesso di Base” dell’ Unità, ma può essere verso l’alto in parziale eteropia con:
Arenarie di Bordighera (ABO): flysch di arenarie torbiditiche, in strati potenti, grossolane, fino a conglomeratiche. La
formazione ha una geometria lenticolare, di conoide sottomarina. Verso settentrione questo flysch arenaceo viene sostituito
eteropicamente dal sovrastante Flysch di San Remo. Età: Cretaceo Superiore.
Flysch di Sanremo (FSR): torbiditi calcareo – marnose, tipiche dei Flysch a Elmintoidi, in serie molto potenti. Sono presenti verso
la base facies sismotorbiditiche arenaceo – marnose molto potenti e verso l’alto facies arenaceo – argillose in strati più modesti.
Sono anche presenti ovunque torbiditi calcaree. E’ considerabile come il prodotto della sedimentazione in una piana sottomarina.
Età: Cretaceo Superiore – Eocene Inferiore?
2) Unità Moglio Testico
Peliti di Moglio (PMO): formazione piuttosto eterogenea che funge da “Complesso di base” dell’Unità. E’ costituita da
Argilliti grigio scure a patine ferrifere e manganesifere, subordinatamente siltiti e areniti laminate simili alle “Argille a Palombini”
dell’Appennino. Si possono aggiungere a questo corpo principale argilliti compatte e detritiche, alternanze di argilliti torbiditiche
e di calcari compatti e detritici, e inoltre masse caotiche, quasi conglomeratiche, con clasti grossi anche basaltici. Età: Cretaceo
Inferiore – Paleocene.
Formazione di Testico (FTC): torbiditi marnoso arenacee, con qualche apporto arenaceo. Non si può escludere una parziale
eteropia con le sottostanti Peliti di Moglio. Età: Paleocene – Eocene?.
3) Unità Borghetto d’Arroscia – Alassio
Peliti di Ranzo (PRA): pelagiti torbiditiche, simili alle “Argille a Palombini” dell’Appennino e ancor più alle Peliti di Moglio. Età:
Cretaceo Inferiore – Eocene Inferiore?.
Quarziti di M. Bignone (QMB): quarzoareniti, rimaneggiate ma ben selezionate a grani arrotondati alternate a argilliti
emipelagiche rosso – verdi e a conglomerati, talora tra loro eteropici. Età: Cretaceo – Eocene?
Calcari di Ubaga (CUB): sequenza flyschoide marnoso – arenacea di tipo ad Elmintoidi. E’ data da alternanza di torbiditi
marnoso – arenacee e calcilutiti e marne. Sono anche presenti intercalazioni di arenarie torbiditiche e alla base quarzareniti
torbiditiche e conglomerati simili alla formazione di M. Bignone. Vanno segnalati, qui come nelle due formazioni precedenti, olistoliti
e olistotromi di argilliti rimaneggiate riferibili ai litotipi dei Complessi di base. Età: Cretaceo Superiore – Eocene Inferiore.
4) Unità Colla Domenica – Leverone
Peliti di Colla Domenica (PCD): argilliti grigio – scure con arrossamenti da Mn e Fe, con lembi stratificati e ciottoli di siltiti e
areniti sottili, ed anche ciottoli di calcari silicei e marnosi. Sono presenti sporadici olistoliti di basalti, anche di discrete dimensioni,
e di radiolariti. Età: Cretaceo Inferiore – Eocene?
Formazione di Leverone (FLE): torbiditi marnoso – arenacee, calcilutiti e marne, calcareniti torbiditiche. Età: Cretaceo
Superiore – Paleocene.
3.2 Evoluzione paleogeografica e tettonica
La parte strutturalmente più profonda dell’orogeno alpino ligure è quella delfinese - provenzale. Essa si compone di
un basamento antichissimo la cui storia termina con l’orogenesi ercinica, formato da gneiss, rocce granitoidi e anfiboliti
e da una copertura che si estende dal Carbonifero Superiore all’Eocene Superiore – Oligocene. Va sottolineato che
l’evoluzione del dominio delfinese – provenzale nelle Alpi Liguri non ha comportato superfici di taglio tali da generare
unità tettoniche sovrapposte come falde di ricoprimento (mentre sono note nel dominio elvetico).
Il basamento affiora nel Massiccio dell’Argentera da sempre ritenuto autoctono, ma i dati geofisici fanno propendere
per una sua traslazione verso l’esterno sfruttando una zona di taglio profonda. La copertura è caratterizzata dalla
presenza di uno scollamento in corrispondenza delle evaporiti del Trias superiore. Due le fasi tettoniche fondamentali
che la interessano: la fase Cretaceo superiore – Paleocenica (f. provenzale) con assi E-O e la fase Neogenica (f.
alpina), con assi NO-SE. Dal punto di vista paleogeografico è sempre stata problematica la presenza dei Flysch ad
Elmintoidi, che come è noto affiorano oltre che nelle Alpi nell’Appennino Settentrionale. Essi sono abbastanza simili per
successioni formazionali e per età (Cretaceo – Eocene). Si ritiene che i vari flysch provengano dall’originario dominio
piemontese – ligure e che le aree sorgenti fossero vicine tra loro e via via più interne. Sono naturalmente in posizione
sommitale e sovrapposte alle Unità Piemontesi e Brianzonesi da una parte e sopra la zona delfinese – provenzale a
ovest. Alcune inversioni nella sovrapposizione si possono spiegare con il fatto che la tettonica è stata polifasica e vi
sono state fasi avanvergenti e retrovergenti e anche fasi tardive.
Le Alpi Liguri sono una zona sismica. Gli epicentri dei terremoti sono particolarmente addensati fra Imperia e San
Remo e nel loro entroterra e si trovano lungo una fascia allungata fra le Alpi Cozie, le Marittime cuneesi e appunto la
Liguria imperiese per poi ritrovarsi nell’antistante Mar Ligure. Le profondità ipocentrali variano da superficiali sulla terra
ferma per divenire anche subsuperficiali nel territorio marino. Tra tutti è noto il funesto sisma del 23 Febbraio 1887, che
ha provocato quasi 1000 vittime.
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Nel complesso sono state ricostruite le seguenti fasi:
a) Espansione oceanica – Giurassico Superiore
a) Riduzione dell’oceano, attraverso meccanismi lungo zone di taglio per subduzione litosferica, e deformazioni delle
unità ofiolitiche e le coperture piemontesi più vicine all’oceano con sovrapposizioni in profondità e scollamento
della copertura sedimentaria (complessi di base dei flysch) dal substrato nel Cretaceo Superiore – Eocene Inferiore
– Medio.
b) Collisione continentale. All’inizio si ha l’approfondimento degli elementi brianzonesi, lungo una superficie di taglio
ensialica, che così subiscono un metamorfismo di alta pressione. La fase porta alla individuazione dei flysch ad
Elmintoidi e ad una generale deformazione a vergenza europea, con il loro impilamento e sovrapposizione sul
dominio piemontese indenne dalla subduzione e sul dominio brianzonese, nell’ Eocene Medio – Superiore.
Questa fase è accompagnata dal sottoscorrimento del margine insubrico fino a che si ha la
c) Fase di incastro del margine insubrico in quello europeo con retroversioni e deformazioni conseguenti in tutte le
zone, nell’Eocene Superiore.
d) Fase di sollevamento delle zone interne per una stasi delle fasi compressive.
e) Ripresa delle fasi compressive, con spostamento della porzione brianzonese – insubrica nella zona delfinese
provenzale, i cui effetti non si risentono più nei settori più interni.
f) Apertura dello sfonocasma ligure e torsione delle Alpi Marittime con rotazione sinistra e formazione di assi paralleli
alle direttrici appenniniche, nell’Oligocene Superiore – Miocene Inferiore.
Poiché a partire dall’Oligocene sono noti i sedimenti trasgressivi del Bacino Terziario del Piemonte e della Pietra di
Finale, l’orogenesi si è sostanziata nell’Eocene Medio – Superiore.
3.3 Lineamenti climatici
La provincia di Imperia ha una estensione di 1155,04 km2, con uno sviluppo costiero di circa 70 km, compreso tra
P.te S. Lodovico (Lat. 43° 47’ N; Long. 07° 31’ E), presso il confine con la Francia, e Rollo (Lat. 43° 56’ N; 08° 08’ E).
Il paesaggio è caratterizzato da colline e montagne che si ergono a poca distanza dal mare, intercalate da piccole
piane costiere che trovano la massima estensione in corrispondenza di Arma di Taggia, allo sbocco in mare del torrente
Argentina, e di Diano Marina, che si sviluppa sulle alluvioni del torrente San Pietro. La morfologia delle aree interne è
ricca di contrasti, con valli incassate, di prevalente direzione meridiana, anche se non mancano tratti diretti nel senso
dei paralleli, come le parti medie e alte dei bacini dei torrenti Mèrula, Arroscia e Impero. Il massiccio del M. Saccarello
(2200 m s.l.m.m.), dal quale si diparte una fitta ramificazione di crinali e di valli che scendono verso il mare, costituisce
il vertice altimetrico della provincia.
I caratteri climatici della provincia sono costituiti dalla straordinaria mitezza termica delle aree costiere e dalla
scarsa piovosità. Nel semestre freddo l’area ligure è attraversata con frequenza elevata dalle perturbazioni di origine
atlantica, rese più attive dalle depressioni sottovento alle Alpi che si generano sul Golfo di Genova: tale dinamica
atmosferica produce fasi con precipitazioni prolungate e sovente di forte intensità, con brevi transizioni di tempo
stabile. Dalla tarda Primavera al primo Autunno gli anticicloni delle Azzorre e dell’Africa settentrionale, che in quel
periodo ordinariamente si espandono fino alle latitudini dell’Europa centrale, offrono un’efficace protezione nei
confronti delle perturbazioni occidentali, determinandosi così condizioni atmosferiche stabili, che sono accompagnate
da cielo sereno, da temperature elevate, pur mitigate dall’influenza del Mar Ligure, e da lunghi periodi di siccità
meteorologica. La topografia del sistema montuoso della Liguria occidentale ha una influenza diretta sui valori termici
dell’aria e sulla distribuzione delle precipitazioni: la linea principale di displuvio, che corre quasi ovunque lungo il
limite della provincia, grazie alla sua forma ad arco concavo verso il Mar Ligure, costituisce un’efficace barriera contro
i venti freddi settentrionali, contribuendo alla mitigazione delle temperature invernali; la pluviometria dell’estrema
Riviera di Ponente, con precipitazioni annue che in alcune aree costiere non raggiungono gli 800 mm, come a
Ventimiglia, dove in 64 giorni piovosi cadono 760 mm di pioggia, presenta una netta asimmetria rispetto a quella di
Levante, che essendo investita quasi ortogonalmente dai flussi occidentali, anche per l’effetto deviante della Corsica
sui flussi provenienti dalla valle del fiume Rodano (“ritorno di Maestrale”), è interessata da nuvolosità più frequente e
da precipitazioni abbondanti ed intense, come ad esempio si verifica a La Spezia, dove in 93 giorni piovosi cadono
in media 1212 mm di pioggia. Tutto l’arco ligure si caratterizza tuttavia per un’elevata pericolosità pluviometrica, che
può tradursi in un rischio idrogeologico di forte intensità, che interessa del resto l’intera fascia costiera dalla Liguria
alla Toscana settentrionale (Rapetti & Rapetti, 1996). Si considerino a tal proposito alcuni eventi che interessarono
la costa e l’entroterra della Liguria all’inizio degli anni Novanta, come quello occorso a Genova il 27 Settembre del
1992, quando in quindici ore caddero 451 mm di pioggia, e quello registrato a Stella di Savona (473 m s.l.m.m.) il 22
Settembre del 1992, quando l’afflusso idrometeorico, della durata di dodici ore, fu di 508 mm.
La descrizione del clima della provincia è stata condotta sulla base dei dati raccolti dall’Ufficio Idrografico e
Mareografico di Genova (1951-1975) nelle stazioni termopluviometriche di Airole (103 m s.l.m.m.), Ventimiglia (9 m
s.l.m.m.), Sanremo (9 m s.l.m.m.), Triora (780 m s.l.m.m.), Imperia (15 m s.l.m.m.) e C.le S. Bartolomeo (621 m s.l.m.m.);
quella eliografica è stata sviluppata sulla base dei dati del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare Italiana e
dell’Ufficio Centrale di Ecologia Agraria (UCEA).
- 22 -
Soleggiamento e radiazione solare
Il soleggiamento e la radiazione solare globale dipendono dalla latitudine, dalla configurazione dell’orizzonte
sensibile dei luoghi e dalla nuvolosità. Lungo la costa ligure sono state considerate le stazioni di Genova e di C.po
Mele (tab. 1).
Stazione
Genova
C.po Mele
F
F%
G
G%
F
G
118
45
105
36
130
F
125
46
158
38
138
M
166
48
245
41
171
A
187
49
331
41
200
M
226
53
402
42
235
G
242
56
441
43
254
L
298
68
466
47
302
A
269
66
402
46
274
S
202
58
299
44
208
O
173
55
203
42
187
N
102
39
115
35
123
D
110
44
93
36
127
Anno
2218
52
272
44
2349
F%
50
51
50
53
55
59
69
68
60
59
47
51
56
G
G%
139
47
201
47
288
47
383
47
452
47
494
48
514
52
455
52
348
50
252
51
157
47
125
48
317
49
Tab. 1 - Soleggiamento effettivo (ore) (F) e relativo (F%) mensile e annuo.
Radiazione solare globale (G) e relativa (G%) (cal/cm2/giorno) mensile e annua.
A Genova il massimo principale del soleggiamento effettivo si è verificato in Estate con 809 ore, pari al 36,5% del
valore annuo, quello secondario in Primavera con 579 ore (26,1%), mentre in Autunno e in Inverno sono state misurate
rispettivamente 477 (21,5%) e 353 (15,9%) ore, per un totale di 2218 ore annue.
Nel capoluogo ligure la radiazione solare è stata di 272 cal/cm2/giorno medio, con valori minimi e massimi mensili di
93 in Dicembre e di 466 cal/cm2/giorno in Luglio. A Capo Mele il soleggiamento è stato di 830 ore in Estate (35,3%),
606 in Primavera (25,8%), 518 (22,1%) e 395 (16,8%) ore rispettivamente in Autunno e in Inverno. Nel giorno medio
annuo la radiazione solare è stata di 317 cal/cm2/giorno, con valori minimi e massimi mensili di 125 in Dicembre e di
514 cal/cm2/giorno in Luglio (tab. 1).
La sensibile differenza del soleggiamento tra le due località, pari a 131 ore all’anno, può essere attribuita solo in
minima parte alla differenza di latitudine (∆Lat. = 27'), mentre un ruolo significativo in tal senso è svolto dalla più
elevata serenità dei cieli dell’estremo ponente della Liguria, determinata dalla sua posizione rispetto al centro delle
depressioni dinamiche che si sviluppano sul Golfo di Genova e dal diverso orientamento del rilievo e della fascia
costiera rispetto alla direzione di transito delle perturbazioni atlantiche.
Temperatura della superficie marina.
L’andamento annuo della temperatura della superficie del mare ha un ruolo diretto nella determinazione del clima
costiero e, seppure in modo attenuato, delle parti più interne della provincia, soprattutto nel corso dell’Inverno, quando
la temperatura media della superficie marina si stabilizza intorno a 14-15 °C, mentre quella dell’aria lungo la costa
assume valori prossimi a 10 °C, con un salto termico che nei valori medi può superare 5 °C.
Nei mesi estivi la temperatura della superficie del mare raggiunge valori tra 22° e 24 °C, poco diversi rispetto
a quelli che si verificano sul continente: in tale stagione gli squilibri termici diurni tra l’ambiente marino e quello
continentale concorrono tuttavia alla formazione delle brezze di mare e di terra, che interessano la fascia litoranea per
una modesta profondità, salvo che in corrispondenza delle valli che si aprono in direzione meridiana sul Mar Ligure,
lungo le quali la risalita della brezza di mare può essere di alcuni chilometri.
Tali movimenti ritmici nella bassa troposfera svolgono un importante ruolo nel ricambio delle masse di aria e nella
mitigazione termica. Nelle condizioni dell’atmosfera prossime alla instabilità l’azione delle brezze di mare, in sinergia
con i moti della circolazione regionale meridionale, può contribuire alla formazione di eventi pluviometrici intensi sui
versanti meridionali del rilievo costiero.
Tali condizioni sono più frequenti nella tarda Estate e nei primi mesi dell’Autunno, quando l’energia termica disponibile
e la forte umidità dell’aria marina possono generare precipitazioni localizzate di forte intensità, legate alla dinamica
di celle temporalesche di piccola dimensione ma di elevato contenuto energetico. La difficile prevedibilità di tali eventi
comporta un grave rischio idrogeologico, soprattutto nei centri urbani posti allo sbocco dei corsi d’acqua che versano
le loro acque nel Mar Ligure, poiché la rete idrografica, per la modesta estensione dei bacini idrografici e per la
lunghezza corsi d’acqua, ha tempi di corrivazione dell’ordine di poche ore.
Vento
A C.po Mele, posto al limite più orientale della provincia, il vento “regnante” è quello da Nord con il 35,31% delle
osservazioni, seguono il NE (17,41%) e il NW (9,40%): nel complesso i venti provenienti dal I e dal IV quadrante
hanno una frequenza che supera il 60,0% delle osservazioni, mentre le calme raggiungono 21,42% del totale. Il vento
“dominante” è la Tramontana, che presenta la frequenza del 6,57% nella classe di velocità tra 7,8 e 10,3 m/s e del
- 23 -
2,15% in quella di velocità maggiore di 10,3 m/s; il “Maestrale”, pur di frequenza complessiva non elevata, è quello
che annovera le velocità più elevate, con il 3,65% delle osservazioni oltre i 10,3 m/s (tab. 2).
Velocità
< 1,5
1,6 - 2,6
2,7 - 5,1
5,2 - 7,7
7,8 – 10,3
> 10,3
Calme
Totale %
N
0,06
10,85
15,67
6,57
2,16
NE
0,02
0,08
10,93
5,81
0,57
E
0,10
1,35
0,69
0,10
-
SE
0,14
0,65
0,16
0,29
-
S
0,02
0,90
3,71
0,29
0,02
-
SW
4,20
0,10
-
W
0,04
0,67
1,80
1,04
0,16
-
NW
0,02
0,01
0,43
1,67
3,53
3,65
35,31
17,41
2,24
1,24
4,94
4,30
3,71
9,40
Totale %
0,34
3,81
32,77
24,97
10,28
6,38
21,42
99,97
Tab. 2 – Frequenza media percentuale dei venti per direzioni e classi di velocità a Capo Mele (1979-1983).
A scala geografica più ampia il regime dei venti è influenzato dalla topografia delle aree continentali attraversate
dai cicloni atlantici, come quella delle valli del Rodano e dell’Ebro. In particolare il “Maestrale”, che prende origine
dagli impulsi catabatici indotti dal Massiccio Centrale, trova rinforzo nell’azione di canalizzazione della valle del
Rodano, fino a giungere sul Golfo del Leone dove si espande a ventaglio sul mare, talvolta con velocità superiori ai 100
km/h. Per l’azione di schermo orografico determinato dalla Corsica una frazione di tale flusso, noto come “ritorno di
Maestrale”, può essere deviato verso il Golfo di Genova e indirizzato verso la Riviera di Levante, che viene investita con
un angolo di impatto quasi ortogonale, mentre quella di Ponente viene interessata solo marginalmente dal fenomeno, a
causa dello scorrimento parallelo del vento rispetto al profilo costiero. Tali deviazioni delle masse d’aria, oltre che sugli
afflussi meteorici, hanno importanti ripercussioni anche sulla frequenza e sull’intensità del moto ondoso che interessano
le diverse aree costiere della Liguria (Onorato, 2003).
Temperatura dell’aria
La temperatura dell’aria decresce rapidamente dalla costa al crinale appenninico, per aumentare nuovamente
scendendo verso il Piemonte meridionale, pur con un carattere marcatamente più continentale rispetto a quello proprio
dei quadranti meridionali, con differenze tra i due versanti che in Inverno, a parità di quota, possono essere superiori
a 5 °C. La temperatura media annua a Ventimiglia, Sanremo e Imperia è stata rispettivamente di 16,2, 16,4 e di 16,5
°C (tab. 3). Lungo la costa l’escursione termica annua raggiunge i valori più bassi della Penisola (13,8 °C a Sanremo),
confrontabili solo con quelli delle parti più meridionali della Sardegna e della Sicilia. A Triora, posta nell’interno a
780 m s.l.m.m., la temperatura media annua è stata di 10,4 °C e l’escursione di 15,2 °C, a C.le S. Bartolomeo (621 m
s.lm.m.) i valori sono di 11,5 e di 15,4 °C. A Sanremo il numero medio di giorni con gelo (Tmin ≤ 0 °C) è stato pari a
0,8 mentre non si sono registrati giorni di gelo (Tmax ≤ 0 °C), i quali, del resto, sono estremamente rari lungo tutta la
costa ligure. Nella classificazione di climi termici italiani Ventimiglia, Sanremo e Imperia rientrano nel tipo "temperatocaldo"; sui primi contrafforti delle Alpi Liguri si incontra il tipo "sublitoraneo" e sui rilievi più interni, come a C.le S.
Bartolomeo e a Triora, il "temperato-fresco" (Pinna, 1969).
Stazione
Airole
Ventimiglia
Sanremo
Triora
Imperia
C.le S. Bartolomeo
Quota
103
9
9
780
15
621
G
F
M
A
5,3 7,7 10,6 13,1
9,8 9,9 11,3 14,2
10,0 10,2 12,1 14,5
3,2 3,9 5,8 8,9
9,3 9,9 11,9 14,9
4,2 4,9 6,8 10,0
M
16,6
17,4
17,9
12,1
18,3
13,2
G
20,3
20,9
21,2
15,5
22,1
16,7
L
23,2
23,8
23,7
18,4
24,8
19,6
A
23,1
23,9
23,8
18,2
24,6
19,5
S
20,4
21,3
21,5
15,4
22,0
16,7
O
16,0
17,8
17,8
11,5
17,7
12,6
N
9,9
13,5
13,6
7,1
12,8
8,2
D
5,8
11,0
10,8
4,1
10,2
5,1
Anno
14,3
16,2
16,4
10,4
16,5
11,5
Esc,
17,9
14,1
13,8
15,2
15,5
15,4
Tab. 3 – Temperature medie mensili e annue. Escursione termica annua (°C).
Nella Liguria occidentale la temperatura dell’aria decresce molto rapidamente con l’altitudine, secondo un gradiente
termico verticale annuo pari a 0,70 °C/100 m, con un campo di variazione mensile da 0,61 °C/100 m in Gennaio
a 0,79 °C/100 m. I valori elevati del coefficiente di determinazione annuo della regressione temperatura/altitudine
(R2 = 0,90) indicano un andamento delle isoterme prossimo a quello delle isoipse, con un gradiente verticale di 143
m/°C. Nella costa l’isoterma dei 15,0 °C corre parallelamente alla linea di riva, incuneandosi per qualche chilometro
lungo le valli che si aprono sul mare, con la massima profondità nelle valli dei torrenti Arroscia e Nervia. Nell’interno,
dove immediatamente si erge il rilievo, la temperatura media annua si riduce fino ad incontrare l’isoterma dei 7,0 °C in
corrispondenza del confine nord-occidentale della provincia (Fig. 4).
- 24 -
Fig. 4 – Carta della temperatura dell’area (A) e delle precipitazioni medie annue (B) nella Provincia di Imperia.
Precipitazioni
Le configurazioni sinottiche responsabili delle piogge più abbondanti ed intense sulle Alpi Liguri e sulle aree contermini,
con una soglia di almeno 60 mm in ventiquattro ore, sono riconducibili, nei loro tratti essenziali, a sei: due tra queste
configurazioni, denominate “scirocco deviato” e “linea di sviluppo su saccatura di onda lunga”, determinano gli afflussi
più abbondanti sul versante marino, sia per frequenza sia per intensità. Nel corso di tali quadri meteorologici il versante
padano si trova infatti sottovento alle correnti meridionali da SE e da SW, essendo perciò interessato da piogge meno
abbondanti. La configurazione denominata “depressione mediterranea correlata a sistemi di blocco” determina invece
precipitazioni più abbondanti sul versante padano. Nei rimanenti quadri l’effetto orografico non influenzerebbe in
modo significativo la piovosità nelle diverse orientazioni del rilievo (Caspio, 1990).
Le precipitazioni annue presentano una distribuzione geografica dipendente dalla distanza dal mare, dall’altimetria
e soprattutto dall’orientamento del rilievo rispetto alla direzione di provenienza delle perturbazioni occidentali e delle
depressioni dinamiche che si originano sul Golfo di Genova: le località costiere della provincia presentano infatti
afflussi meteorici molto minori rispetto a quelli che si verificano nel settore centrale del Golfo di Genova e, soprattutto,
rispetto a quelli che interessano il Levante. La complessa distribuzione altimetrica delle piogge è poi confermata dai
valori del gradiente pluviometrico verticale, che lungo vari profili è significativamente diverso: nei versanti meridionali
delle Alpi Liguri non è infatti infrequente che le piogge associate a singole perturbazioni, e talvolta i totali mensili,
siano più elevati alle quote inferiori e medie del rilievo rispetto alle quote superiori, secondo un fenomeno noto come
“inversione delle precipitazioni” (Dagnino, Flocchini, Palau, 1979). In quest’area il gradiente pluviometrico verticale
annuo ha valori molto bassi (0,43 mm/100 m; R2 = 0,44), se confrontati con quelli della Riviera di Levante (69
mm/100 m; R2 = 0,61), dell’Appennino settentrionale (Rapetti & Vittorini, 1989) e delle Alpi Apuane (Cavazza, 1985).
- 25 -
Il modesto valore del coefficiente di determinazione (R2), la scarsa densità ed omogeneità della rete pluviometrica,
la complessa distribuzione piano-altimetrica delle precipitazioni, rendono perciò assai incerto il tracciamento delle
isoiete, che seguono solo in parte l’andamento del rilievo.
Stazione
Airole
Ventimiglia
Sanremo
Triora
Imperia
C.le S. Bartolomeo
Quota G
103
87
9
69
9
65
780
93
15
72
621 104
F
103
82
85
114
95
127
M
112
76
83
121
86
136
A
83
57
63
101
63
106
M
61
41
51
85
47
78
G
58
37
39
82
38
70
L
18
15
19
56
16
38
A
34
22
32
69
28
47
S
66
61
71
85
56
82
O
111
91
98
131
80
111
N
166
124
135
217
135
191
D
114
86
81
140
89
134
Anno
1015
760
824
1293
804
1225
Tab. 4 – Precipitazioni medie mensili e annue (mm).
Il regime pluviometrico mensile è bimodale, con il massimo mensile in Novembre e quello secondario in Dicembre o
in Ottobre; la siccità meteorologica più accentuata è in Luglio (tab. 4; fig. 5).
Fig. 5 – Regime pluviometrico mensile a Sanremo e Triora.
Il regime pluviometrico stagionale prevalente nella Regione è il “submediterraneo” (AIPE), caratterizzato da un
massimo principale in Autunno, da un massimo secondario in Inverno e da un minimo in Estate (tab. 5); esso è peraltro
tipico di tutta la fascia costiera tirrenica, dalla Riviera ligure fino alla Calabria settentrionale (Pinna & Vittorini, 1985).
La Liguria costituisce il limite di transizione tra i regimi pluviometrici di tipo mediterraneo e sub-litoraneo e quelli da
prealpino a continentale. A grandi linee la fascia di transizione tra i regimi a massimo invernale rispetto a quelli a
massimo estivo corre infatti lungo i territori delle province di Cuneo, Pavia, Cremona e Ferrara.
Lungo la costa la piovosità annua è intorno agli 800 mm, salvo che nell’estremo di ponente, dove essa scende fino
ai 760 mm di Ventimiglia.
Verso l’interno si incontrano le isoiete dai 900 mm ai 1200 mm, fino a quella dei 1400 mm, presente intorno
al M. Saccarello (2200 m s.l.m.m.), al confine nord-occidentale della provincia (Fig. 4B). Il decile superiore delle
precipitazioni annue è compreso tra 1100 delle aree costiere e 1700 mm di quelle di montagna; quello inferiore
rispettivamente tra 600 e 1000 mm (Potenti & Vittorini, 1995).
Stazioni
Airole
Ventimiglia
S. Remo
Triora
Imperia
C.le Bartolomeo
Autunno
343 34%
276 36%
304 37%
433 33%
271 34%
384 31%
Inverno
304 30%
237 31%
231 28%
347 27%
256 32%
365 30%
Tab. 5 – Regimi pluviometrici stagionali.
- 26 -
Primavera
256 25%
174 23%
197 24%
307 24%
196 24%
320 26%
Estate
110 11%
74 10%
90 11%
207 16%
82 10%
155 13%
Regime
AIPE
AIPE
AIPE
AIPE
AIPE
AIPE
Bilancio idrico-climatico
Il contenuto di acqua dello strato più superficiale del suolo (zona dell’acqua del suolo), è responsabile di una varietà
di fenomeni biologici e geomorfologici, come la produttività agricola e forestale, l’erosione superficiale, le frane, la
formazione delle piene fluviali.
Tra i numerosi sistemi fino ad oggi proposti per la stima indiretta del regime mensile e annuo dell’umidità del suolo
(ST) risulta di buona efficacia quello proposto da Thornthwaite e Mather (1957).
Le stazioni considerate per la valutazione del bilancio idrico-climatico sono quelle di Sanremo e di Triora, che
possono essere considerate rappresentative del clima della fascia costiera e di quello della bassa montagna interna.
A Sanremo l’”evapotraspirazione potenziale” (EP) ha assunto il valore medio annuo di 840,8 mm, con un regime
stagionale che attribuisce il 7,8% del totale all’Inverno, il 21,3% alla Primavera, il 47,3% all’Estate e il 23,6% all’Autunno.
La saturazione del suolo si raggiunge in Dicembre e si protrae fino ad Aprile, con il “surplus” (S) più elevato in
Febbraio (63,3 mm) e quello annuo di 185,2 mm. Il “deficit” (D) annuo, pari a 203,9 mm, ha interessato i mesi da
Maggio a Settembre, quando la riserva idrica del suolo si è ridotta fino a 31,0 mm (fig. 6). Nei mesi con deficit di
evapotraspirazione il ripristino delle condizioni di saturazione del suolo richiederebbe un apporto di acqua di 2039
m3 per ettaro. Da Ottobre, con la ripresa delle piogge autunnali, ha inizio la fase di ricarica, che si conclude in
Dicembre. Il deflusso idrico superficiale (RO), calcolato ammettendo che in ciascun mese solo il 50% dell’eccedenza
idrica si trasformi in deflusso superficiale, mentre la parte rimanente defluisca nei mesi successivi fino all’esaurimento,
ha assunto i valori più elevati in Febbraio e in Marzo e quello minimo in Novembre (tab. 6).
Fig. 6 – Regime degli elementi del bilancio idrico-climatico a Sanremo.
A Triora l’evapotraspirazione potenziale media annua è stata di 644,4 mm, imputabile per il 5,5% all’Inverno, per il
21,8% alla Primavera, e rispettivamente per il 49,4% e il 23,4% all’Estate e all’Autunno.
La maggiore umidità idro-climatica della bassa montagna trova conferma nel valore annuo del surplus (675,5 mm),
risultato quasi quattro volte superiore rispetto a quello calcolato per Sanremo (185,2 mm), e nella sua durata, che ha
coperto il periodo da Ottobre a Maggio. Il deficit annuo, pari a 25,9 mm, ha interessato solo l’Estate, con un valore
minimo del contenuto di acqua del suolo che alla fine della stagione ha raggiunto 114,7 mm (fig. 7).
Per il ripristino delle condizioni di saturazione del suolo nei mesi con deficit di evapotraspirazione sarebbe servito un
apporto di acqua di 259 m3 per ettaro. Il deflusso idrico superficiale (RO) ha assunto i valori più elevati in Dicembre e
in Febbraio, pur conservandosi piuttosto elevato fino all’inizio dell’Estate (tab. 6).
Fig. 7 – Regime degli elementi del bilancio idrico-climatico a Triora.
- 27 -
Stazioni
Sanremo
Triora
G
P
EP
ST
AE
D
S
RO
P
EP
ST
AE
D
S
RO
F
M
A
M
G
L
A
S
O
N
65
85
83
63
51
39
19
32
71
98
135
21,0 21,7 36,4 54,3 88,0 119,0 144,9 134,7 98,3 65,2 34,8
200,0 200,0 200,0 200,0 166,2 111,4 59,4 35,5 31,0 63,8 163,9
21,0 21,7 36,4 54,3 84,8 93,8 71,0 55,8 75,5 65,2 34,8
0,0
0,0
0,0
0,0
3,2
25,2 73,9 78,9 22,8 0,0
0,0
44,0 63,3 46,6 8,7
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
27,7 45,5 46,0 27,4 13,7 6,8
3,4
1,7
0,9
0,4
0,2
93
114
121
101
85
82
56
69
85
131
217
10,1 12,6 24,9 44,3 71,0 95,3 116,6 106,3 76,3 50,1 24,5
200,0 200,0 200,0 200,0 200,0 187,1 138,2 114,7 123,5 200,0 200,0
10,1 12,6 24,9 44,3 71,0 94,9 104,9 92,5 76,3 50,1 24,5
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,4
11,7 13,8 0,0
0,0
0,0
82,9 101,4 96,1 56,7 14,0 0,0
0,0
0,0
0,0
4,3
192,5
97,8 99,6 97,9 77,3 45,7 22,8 11,4 5,7
2,9
3,6
98,0
D
81
22,8
200,0
22,4
0,0
22,6
11,4
140
12,5
200,0
12,5
0,0
127,5
112,8
Anno
824
840,8
636,8
203,9
185,2
185,2
1293
644,4
618,5
25,9
675,5
675,5
Piena capacità di campo = 200 mm
Tab. 6 – Bilancio idrico-climatico a Sanremo e Triora.
Classificazione del clima
Lo sviluppo del bilancio idrico-climatico contiene gli elementi per la classificazione dei climi locali, attraverso la
combinazione dell’indice di umidità globale (Im), dell’evapotraspirazione potenziale (EP), degli indici di umidità (Iu) e
di aridità (Ia), della percentuale dell’evapotraspirazione potenziale estiva rispetto a quella annua (CEET). L’indice di
umidità globale, che costituisce l’elemento guida nella classificazione dei climi di Thornthwaite e Mather (1957), risulta
dalla seguente relazione:
Im = (S – D)/EP × 100
I valori positivi dell’Im indicano i climi umidi, secondo la seguente scala di umidità decrescente: A (Im ≥ 100), B4 (100
> Im ≥ 80), B3 (80 > Im ≥ 60), B2 (60 > Im ≥ 40), B1 (40 > Im ≥ 20), C2 (20 > Im ≥ 0); i valori negativi indicano i
climi aridi C1 (0 > Im ≥ -33,3), D (-33,3 < Im > -66,6), E (Im < -66,6).
Formula climatica
Descrizione sintetica
Sanremo
C1 B’2 s2 a’
clima subarido - secondo mesotermico - eccedenza idrica in Inverno
Triora
A B’1 r b’4
clima perumido - primo mesotermico - piccolo deficit idrico in Estate
Tab. 7 - Formule climatiche e descrizione sintetica dei climi a Sanremo e Triora.
L’intera fascia costiera della provincia, dal confine francese a Capo Cervo, è compresa nel tipo “subarido” (C1: 0 >
Im ≥ -33,3), diversamente dalle aree marine del resto della Liguria dove sono presenti i tipi "subumido" e "umido", se
si eccettua un breve tratto nell’estremo di ponente della provincia di Savona, anch’essa ricadente nel tipo subarido.
Procedendo dal mare verso l’interno si incontrano i climi "subumido" e "umido" (B: 100 > Im ≥ 20), disposti in fasce
parallele rispetto al profilo della costa. Sui rilievi maggiori e nelle parti più interne, in direzione del basso Piemonte,
compare il tipo perumido (A: Im ≥ 100), che tuttavia risulta confinato in aree molto ristrette (tab. 7). Lungo la costa
il "surplus idrico" è presente da Dicembre ad Aprile e nelle parti più interne del territorio da Ottobre a Maggio, con
valori che generalmente non superano i 700 mm annui; presso il mare il "deficit idrico" può superare i 200 mm annui
ed è presente da Maggio a Settembre, mentre nelle aree di montagna esso riguarda solo i mesi dell’Estate, con valori
annui inferiori a 50 mm.
L’acqua nel suolo
A Sanremo l’eccedenza idrica è presente da Dicembre ad Aprile, mentre a Triora tale condizione abbraccia
l’intervallo di tempo da Ottobre a Maggio. Dalla tarda Primavera al primo Autunno, a causa della diminuzione degli
afflussi idrometeorici e dell’aumento dell’evapotraspirazione potenziale, il contenuto idrico del suolo nelle due località
si riduce ai valori minimi tra Agosto e Settembre, rispettivamente a 31,0 mm a Sanremo e a 114,7 mm a Triora. Nei
mesi successivi, con l’arrivo delle piogge autunnali, ha inizio la fase di ricarica del suolo, che a Sanremo si conclude
in Dicembre e a Triora in Ottobre (fig. 8).
- 28 -
Fig. 8 – Ciclo annuale dell’acqua nel suolo nelle stazioni di Sanremo e di Triora.
Conclusioni
Il clima della riviera del Ponente ligure presenta tratti affatto singolari di mitezza termica, pur nel quadro dei caratteri
di marittimità che caratterizzano gran parte delle aree costiere del versante tirrenico e delle isole. Nei climi marittimi
in senso stretto l’Autunno è più caldo della Primavera, mentre l’inverso accade in quelli continentali (“stagionalità
termica”). La stagionalità termica decresce rapidamente dalla costa verso l’interno e con l’altitudine, come è indicato
dalla distribuzione geografica dell’indice termoisodromico di Kerner (O):
O = (TOttobre – TAprile)/A ×100
TAprile e TOttobre= temperature medie mensili ; A = escursione termica annua
A Genova, località assunta come termine di confronto per tutta la riviera ligure per la lunghezza del suo catalogo
meteorologico, il valore medio ultracentenario dell’indice è stato di 18,6 (Cortemiglia, 2002). Nelle località costiere
l’indice oscilla tra 25,5 a Ventimiglia, 23,9 a Sanremo e 18,1 a Imperia; nella bassa montagna il suo valore scende
17,1 a Triora e a 16,9 a C.le S. Bartolomeo.
L’elevata serenità dei cieli dell’estremo ponente ligure rispetto a quella che caratterizza la fascia costiera che si
snoda verso oriente fino alla Toscana settentrionale è determinata dalla distanza dell’area dal centro della depressione
dinamica del Golfo di Genova e dall’orientamento della costa rispetto alla direzione di transito delle perturbazioni
atlantiche, soprattutto quelle che si muovono nei bassi strati della troposfera, incanalate dai solchi vallivi dei fiumi Rodano
ed Ebro, orientate verso i golfi del Leone e di Valencia. Giunte sul Mar Ligure tali correnti si espandono a ventaglio sul
mare ed una loro frazione viene deviata dalla Corsica in direzione del Golfo di Genova e indirizzata verso la Riviera
di Levante e i rilievi della Toscana settentrionale, con direzione quasi ortogonale, mentre il Ponente ligure rimane al
margine dello scorrimento del vento, che si muove quasi parallelamente al profilo costiero. La minore piovosità del
settore ligure di ponente rispetto agli altri settori della regione, ed in particolare a quello dell’estremo Levante e della
Toscana settentrionale, trova dunque un’importante concausa nella geometria di impatto dei flussi atmosferici con i
sistemi montuosi che si snodano dalle Alpi Marittime alle Alpi Apuane e all’Appennino settentrionale.
3.4 Lineamenti morfologici
La distribuzione dei rilievi montuosi caratterizza tutto il territorio provinciale, i confini del quale non seguono quasi
mai, per motivi storici, le linee displuviali. La fascia di maggior culminazione delle Alpi Liguri, comprendente la dorsale
calcarea M. Marguareis – M. Mongioie è fuori dalla provincia, come lo è quasi tutto il corso del Tanaro che lo limita
a nord (solo una parte degli alti rami di destra, tra cui la Val Tanarello, vi sono compresi). Se i rilievi più alti delle Alpi
Liguri appartengono al Brianzonese, una dorsale più bassa ma notevole quella di M. Saccarello (2200 m) – M. Monega
(1882 m), che poi si dirama verso sud nei monti Ceppo (1627 m), Bignone (1299 m) e Faudo (1149 m), appartiene
al dominio dei flysch piemontesi – liguri. Alla zona delfinese – provenzale appartengono invece i rilievi confinari del
tratto Pietravecchia (2038 m) – M. Grammondo (1378 m), che come costola longitudinale segue le direzioni tettoniche
del Nizzardo. Perciò, il territorio provinciale, essenzialmente montuoso, ha versanti che scendono con forte pendenza
verso sud, verso il Mare Ligure, al quale arrivano praticamente quasi tutte le acque.
Spostandoci da occidente ad oriente si incontra dapprima la Valle Roia, che però scorre quasi tutta in territorio
- 29 -
francese ma ha il tratto terminale in Italia, dove ha formato la piccola Piana di Ventimiglia e dove sono i resti di
un vasto delta pliocenico, suddiviso in lembi variamente terrazzati. Solo qui la valle è ampia, poiché in generale è
caratterizzata da un forte approfondimento lungo tutto il suo percorso, sottintendendo uno scarso coordinamento
dei versanti in relazione all’adattamento post pliocenico, del suo profilo di equilibrio. Nel complesso è una valle
longitudinale rispetto alle pieghe.
Tra le diramazioni trasversali alla direzione della catena si innesta la Valle Nervia, che ha un percorso fondamentalmente
nord – sud dal M. Pietravecchia (2038 m) e dalla Colla la Melosa al mare presso Camporosso Mare. Tuttavia, grazie
all’arrivo di affluenti trasversali con grandi angoli di incidenza, il suo medio – alto bacino si è molto ampliato con una
forma rombica. Nel complesso il Nervia è un fiume conseguente e poco influenzato dalle strutture tettoniche.
La stessa cosa si può dire della Valle Argentina, grande valle che discende dal M. Saccarello (2200 m) e che occupa
un vasto bacino imbrifero. Il fiume ha un carattere torrentizio. E’ pure un fiume conseguente, poco influenzato dalle
direttrici tettoniche, che proprio qui cominciano a prendere la direzione NO – SE. Il bacino è straordinariamente ampio
nel medio corso, ristretto nella parte finale. La Valle Argentina ha profondi incassamenti fra Triora e Realdo e in genere
è spettacolare.
Seguono poi numerosi, modesti corsi d’acqua che scendono ripidi al mare, sempre conseguenti. Tra essi il maggiore
è l’Impero.
La parte settentrionale del territorio provinciale è drenato dall’Alto Arroscia. Questi costituisce, assieme ad altri
torrenti, alla fine del suo corso il fiume Centa, che ha costruito e sfocia nella Piana d’Albenga. L’Arroscia ha un decorso
diagonale rispetto alla linea costiera, ma è tettonicamente longitudinale e corre soprattutto lungo i contatti fra le diverse
formazioni pelitiche e calcaree dei flysch Colla Domenica - Leverone e Borghetto d’Arroscia – Alassio secondo assi
anticlinalici avendo scelto i terreni più erodibili e quindi con qualche spostamento rispetto alla direttrice più logica.
Completamente separato dai fiumi liguri è l’Alto Tanaro. E’ compreso tra la dorsale M. Marguareis – M. Mongioie
– Pizzo d’Ormea e la dorsale dove si apre la Colla S. Bernardo. Si tratta di una valle tettonicamente longitudinale e
conseguente.
In Provincia di Imperia ha una significativa importanza il carsismo, dal momento che nella parte più occidentale sono
sviluppate le formazioni carbonatiche del dominio delfinese – provenzale. Nella parte orientale la fenomenologia carsica
è meno diffusa perché legata alle intercalazioni calcaree nei Flysch ad Elmintoidi. Sono grandiose le manifestazioni
carsiche nelle formazioni calcaree del dominio brianzonese affiorante poco a nord della provincia, nell’Alto Tanaro
(Val Tanarello) e nell’Alta Roia, con una continua interferenza di questi bacini idrogeologici con le valli dell’Imperiese.
Il maggior sviluppo carsico si ha, dunque, proprio verso la Francia dove si trova l’anticlinale calcarea di M.
Grammondo, punteggiata da una serie di cavità, e più a nord nella valle Nervia e nell’alta valle Argentina, per altro
caratterizzata anche da una morfologia fluviale tipica delle zone calcaree con spettacolari canyon fluvio – carsici e
forre, dove domina un carso di alta quota di tipo submediterraneo a modellamento pluvio – nivale. In generale è il
carsismo epigeo a dominare. Tuttavia se si scende al mare si incontrano numerose e celebri cavità di abrasione marina,
che si sono aperte anche in alcuni affioramenti conglomeratici pliocenici. Di rinomanza mondiale le grotte dei Balzi
Rossi (Barma Grande, Grotta del Principe), per i resti preistorici risalenti fino al tardo Paleolitico Inferiore con industrie
acheuleane.
Fondamentale significato morfologico ha la fascia litorale. A ovest di Capo Mele la costa si presenta con una serie
di concavità limitate da promontori a delimitare varie unità fisiografiche, di Andora, Diano, Oneglia – Porto Maurizio,
S. Lorenzo, Arma di Taggia – S. Stefano, San Remo, Ospedaletti, Ventimiglia, spesso occupate da una “marina” più
o meno sviluppata, specialmente laddove un torrente di un certo vigore ha lasciato consistenti depositi (Ventimiglia,
Arma di Taggia, Diano, ecc.).
La costa è caratterizzata dalla presenza di numerosi lembi di terrazzi marini. Alcuni sono molto antichi e risalgono al
Pliocene, ma sono vistosamente dislocati a varie altezze, in relazione ai grandi sollevamenti che i terreni marini terziari
hanno subito (fino a 600 m). Terrazzi di questo tipo si trovano fra il confine francese e Capo S. Ampelio, a S. Remo,
allo sbocco della Valle Argentina. Inoltre, vi è anche una complicata sequenza di terrazzi quaternari distribuiti in più
ordini. Il terrazzo più alto (fino a 120 m) attribuibile al Pleistocene Inferiore si può osservare presso il confine francese.
Un secondo ordine di terrazzi fra gli 80 e i 90 metri è presente solo a Cap Ferrat. Ma sempre verso il confine si trovano
terrazzi tra i 30 e 35 m (Grotta dei Fanciulli), attribuibili al Pleistocene Medio, come probabilmente un quarto ordine
tra i 20 e 25 m. Due altri ordini di terrazzi, intorno ai 10 – 12 m e 7 – 8 m, sono attribuibili al Pleistocene Inferiore.
Una caratteristica morfologica talora dominante è data dai terrazzi antropici, che l’uomo ha edificato nel corso dei
secoli e che, pur fatti per ottenere spazio coltivabile, hanno svolto una importante funzione di stabilità dei versanti dal
mare fino dentro nelle valli anche a notevoli altezze. Oggi, laddove abbondanti, possono essere fonte incontrollata di
detrito.
3.5.1 La diffusione dell’instabilità dei versanti
Osservando la figura 2 si nota una distribuzione preferenziale, anche se non particolarmente significativa, dei centri
instabili, che sono posti nelle seguenti aree:
a) la Valle Arroscia, soprattutto lungo il versante sinistro, dal confine amministrativo con la Provincia di Savona fino
- 30 -
alla sua testata; qui affiorano, prevalentemente, le successioni dei Flysch e, in subordine, i terreni delle unità di
pertinenza dei domini piemontese e brianzonese;
b) le parti alte dei bacini dei torrenti San Pietro, Impero, Prino e Argentina, dove affiorano estesamente le rocce della
successione dell’Unità San Remo-Monte Saccarello e, in corrispondenza dell’estremità occidentale, compaiono i
terreni della Zona Sub-Brianzonese;
c) lungo il Torrente di Vallecrosia e la parte alta del Torrente Nervia, dove affiorano i già citati terreni della Zona
Sub-Brianzonese e, diffusamente, il Flysch di Ventimiglia;
d) lungo la parte costiera si rinvengono alcuni casi isolati così come accade anche all’interno delle valli minori.
L’instabilità sembra legata in primo luogo alla frequenza dei contatti fra formazioni litologicamente diverse, alla
mutevole giacitura delle formazioni stesse, alla fratturazione e soprattutto al suo intersecarsi in più piani, alla scistosità e
alle discontinuità create dalla moltiplicazione delle Unità tettoniche anche all’interno dei singoli domini paleogeografici.
Perciò, quando occorre un evento (sismico, idrologico, erosivo al piede dei versanti) che mina la coesione dei materiali,
la suscettività al franamento può facilmente concretizzarsi. D’altra parte poiché si tratta di una fenomenologia già
manifestatasi in passato, come si dirà più oltre, spesso l’insediamento si è realizzato proprio sui grandi ammassi
delle frane relitte, più di frequente sulle loro testate, in quanto luoghi dove si sono realizzate superfici poco acclivi ed
anche relativamente stabili poiché frutto di condizioni paleomorfologiche diverse dalle attuali. In questi casi si possono
registrare solo riattivazioni locali.
3.5.2 La classificazione delle frane e il rischio da frana
Quest’importante fenomeno geomorfologico ha avuto numerosissimi interpreti e nel corso degli anni sono stati
presentati molti tentativi di classificare le differenti tipologie. Negli ultimi anni ha avuto maggiore diffusione la
classificazione di Varnes (1978), con le successive revisioni di Carrara, D’Elia e Semenza (1985) e Cruden e Varnes
(1996); questa ha avuto larga applicazione negli studi del G.N.D.C.I. (si veda la Tavola 1 “Tipologia dei movimenti di
versante”). Per le caratteristiche, le dimensioni e l’attività, il riferimento è stato il “Glossario internazionale per le frane”
(Canuti & Esu, 1995), derivato dai risultati del Gruppo di Lavoro per l’Inventario Mondiale delle Frane (WP/WLI, 1993
a e b) (si veda anche in Cruden e Varnes, 1996) e utilizzato anche per “Le considerazioni sulla valutazione del rischio
di frana” da Canuti e Casagli (1994).
La classificazione delle frane si articola in sei classi principali: crolli, ribaltamenti, scorrimenti traslativi, scorrimenti
rotazionali, espandimenti laterali, colamenti, oltre che alle frane complesse. Oggi, l’espandimento laterale è ritenuto più
verosimilmente una manifestazione di una deformazione gravitativa profonda di versante e in effetti anche in Provincia
di Imperia si può arrivare, osservando certi versanti, a questa conclusione. Più oltre si palerà esplicitamente di questo
tema. Ogni classe è suddivisa in tre sottoclassi (roccia, detrito, terra) con riferimento al materiale interessato. Per quanto
riguarda lo stato d’attività, come per tutti i fenomeni, si fa riferimento a tre possibilità: frane attive, quiescenti, inattive.
Una frana viene, dunque, considerata attiva quando il processo gravitativo è in atto al momento del rilevamento,
inattiva, quando non è in atto alcun processo gravitativo e siano da escludersi il rinnovarsi delle cause che lo avevano
provocato, quiescente, una frana che non mostra segni di attività al presente (per esempio da un anno), ma che
potrebbe essere riattivato per il ricomparire delle cause (climatiche, sismiche, ecc.) che lo avevano innescato.
Quando si ha una riattivazione e questo succede con il riutilizzo della superficie di scorrimento precedente si ha
verosimilmente la replica del meccanismo precedente; in questo caso si può parlare di stile multiplo. L’esame dello stile
d’attività di una frana permette di individuare il meccanismo di movimento e il contributo all’evoluzione cinematica,
nello spazio e nel tempo. Spesso gli elementi morfologici che contraddistinguono i corpi franosi evidenziano come essi
siano caratterizzati da stili di attività dovuti alla combinazione di due tipologie di movimento, per esempio scorrimento
rotazionale e colamento, l’uno attivo preferibilmente nelle porzioni di testata dei corpi, l’altro sin dal piede. E’ lo stile
d’attività delle frane di stile complesso che chiaramente presentano più ardui problemi di interpretazione e la necessità
di costruire programmi d’intervento bonificatorio assai articolati e dispendiosi. La rappresentazione dei vari tipi di
rischio, determinati da fenomeni naturali, è un’esigenza sentita a diversi livelli, da pubbliche amministrazioni e da enti
vari preposti alla gestione del territorio, anche e soprattutto per quanto riguarda le frane e la stabilità dei versanti
in genere. In questi ultimi anni la comunità scientifica sta impegnandosi nel cercare di dare una risposta esauriente
in quanto il rischio è legato a numerose variabili, spesso imprevedibili o comunque non acquisibili in tempi e a costi
ragionevoli.
Il problema della stabilità (o instabilità) dei versanti è stato affrontato in epoche diverse con metodologie assai
differenziate. Mentre la stabilità dei versanti a sviluppo longitudinale limitato può essere determinata mediante
valutazioni analitiche, acquisite attraverso indagini geognostiche e geotecniche, ottenibili a costi ragionevoli, i problemi
si accentuano se la medesima valutazione viene estesa ad aree di grandi dimensioni, volendo mantenere i costi
complessivi dell’indagine entro livelli economicamente accettabili anche per le piccole entità amministrative locali,
nell’ambito ad esempio, della formulazione dei normali strumenti urbanistici.
Attualmente non esistono definizioni universalmente accettate dei termini usati nella valutazione del rischio:
un’esauriente disamina del problema, relativamente ai fenomeni franosi, è stata eseguita di recente da Canuti &
- 31 -
Casagli (1994). Si deve inoltre ricordare che la Commissione nominata dall’United States Society for Risk Analysis (1981)
ha concluso che non è possibile definire univocamente la terminologia, raccomandando di non codificare un’unica
definizione di “rischio” che viene definito in base al campo di applicazione specifico. Molto spesso si confondono i
termini di “pericolosità” e “rischio”, per indicare sia la probabilità d’accadimento di un fenomeno, sia il danno da esso
eventualmente conseguente (Hutchinson, 1992), ma, ormai, si delinea una certa omogeneità nel definire pericolosità
e rischio e i termini ad essa collegati. Intensità o Magnitudo (M): è una caratteristica specifica del fenomeno
considerato, come ad esempio il volume e la velocità di traslazione di una frana; Pericolosità o Probabilità di
occorrenza (P): è la probabilità che il fenomeno preso in considerazione avvenga in un determinato periodo di
tempo, uguale a quello stabilito per la determinazione della magnitudo M; Vulnerabilità (V): rappresenta il grado
di perdita di un dato elemento o insieme di elementi a rischio (edifici e interi paesi) ovvero sia danneggiato in parte o
totalmente, temporaneamente o definitivamente, qualora il fenomeno atteso si manifesti effettivamente; la vulnerabilità,
come la probabilità, è espressa in una scala da 0 (nessun danno) a 1 (danno totale). Rischio specifico (Rs): è
costituito, per un dato elemento a rischio, dal prodotto della Vulnerabilità (V) per la Probabilità (P); Varnes (1984), per
“rischio specifico” (Rs) intende il grado atteso di perdita, dovuto ad un particolare fenomeno naturale, ed è pari a Rs
= P x V; dove la Pericolosità P è la probabilità di occorrenza in uno specificato periodo di tempo e in una determinata
area di un fenomeno potenzialmente dannoso. Rischio totale (Rt): rappresenta la perdita di vite umane e il danno,
economico o sociale, ai beni, alle attività o all’ambiente. E’ dato dal prodotto del Rischio specifico (Rs) per l’elemento
o gli elementi a rischio. Se E rappresenta il valore totale della popolazione, delle proprietà, delle attività economiche,
compresi i servizi pubblici, ecc., presenti entro una determinata area, il Rischio totale (Rt) = (E x Rs) è il numero atteso
di perdite di vite umane, di persone colpite, di danni a proprietà o ad attività economiche, dovuto ad un fenomeno di
una pericolosità data.
3.5.3 Le grandi frane relitte
Oltre ai fenomeni gravitativi superficiali e di moderata profondità e di modeste dimensioni areali, è possibile
osservare nel territorio imperiese più rilevanti deformazioni dei versanti e frane, più spesso inattive o talora quiescenti.
E’ interessante rilevare che ad un’attenta osservazione risulta che spesso tali fenomeni si sono manifestati all’interno di
corpi di frana molto più grandi, che possono interessare interi versanti. Uno degli elementi caratteristici della morfologia
della Liguria è data, infatti, dalla presenza di giganteschi corpi di frana, che in certi casi ricoprono interi versanti, ora
mantenendo quasi integre le serie stratigrafiche ora con una evidente caoticità.
Il fenomeno aveva già attirato in passato l’attenzione degli studiosi ed in particolare di Rovereto (1904), per il fatto
che su queste grandi frane o meglio negli accumuli della porzione medio-bassa del corpo traslato, che ha una naturale
minore acclività, sono stati fondati numerosi insediamenti umani. Le dimensioni davvero sorprendenti e la sostanziale
stabilità hanno, in certi casi, simulato l’autoctonia di queste masse al punto da considerarle normali versanti montuosi.
E’ problematico calcolare il volume della massa spostata, ma è possibile affermare che essa va da molto grande ad
estremamente grande, con valori > 1˙10 m3 e in alcuni casi anche > 5˙106 m3.
Esse sono state variamente denominate; il termine più diffuso è quello di “Paleofrane”, per il fatto che, come dice
l’etimo, esse sono il prodotto di fenomeni gravitativi del passato. Il termine mantiene un’evidente dose di genericità. In
questo studio si preferisce usare le dizione “Grandi frane relitte”, sinonimo del termine “Paleofrana” usato nello studio
sui centri abitati instabili della Provincia della Spezia, ma caratteristiche, tipologia, stile ecc. sono le medesime.
Proprio perché sono grandi frane relitte, il modellamento subaereo successivo alla loro messa in posto, che ha
comportato talvolta un parziale smembramento attraverso l’incisione torrentizia, può mascherare la traslazione. Inoltre,
sempre a causa della loro vetustà anche la nicchia di distacco è molto mascherata dagli incessanti rimaneggiamenti e
tuttavia con un’attenta indagine si possono rinvenire lembi delle antiche corone e comunque una improvvisa rottura del
pendio può rilevarne la presenza.
L’uomo, poi, che, come si è detto, molto spesso ha colonizzato i grandi corpi di frana relitti, in quanto aree a minor
acclività in una regione, quella ligure, caratterizzata dalle fortissime energie di rilievo, e ha contribuito a mascherare
ulteriormente il loro aspetto autentico con continui addolcimenti delle contropendenze e la lavorazione agricola. Il caso
più tipico è quello degli scorrimenti rotazionali, mentre i grandi crolli rivelano immediatamente la natura del versante.
Dall’osservazione delle grandi frane che ammantano i versanti montuosi non vi sono incertezze nell’affermare che esse
sono frane sviluppatesi in un passato remoto, in un contesto morfotettonico e probabilmente anche climatico e sismico
differente da quello nel quale si equilibrano i versanti attuali, dai quali in un passato recente o attualmente possono
derivare frane di minori dimensioni. Talvolta, frane di dimensioni limitate possono manifestarsi anche all’interno delle
grandi frane relitte, soprattutto quando queste avevano posto la fronte nei fondivalle che ora possono essere in fase
di erosione da parte dei fiumi che le percorrono. Queste sono il frutto di una morfodinamica certamente più moderata
rispetto a quella che ha originato le grandi frane del passato, che, si ripete, sono stabili.
Un ruolo decisivo è stato giocato nella dinamica delle grandi frane dall’attività tettonica. Se il campo di stress
regionale, che con i sovrascorrimenti e le pieghe modifica l’architettura e di conseguenza il mosaico dei versanti,
è capace di predeterminare le condizioni di instabilità, sono i movimenti verticali neotettonici a produrre i dislivelli
topografici necessari o creare il disequilibrio dei versanti, tonto più se allo base di essi finisce poi con l’agire linearmente
e incisivamente la rete idrografica.
- 32 -
Il formidabile incremento dell’energia di rilievo legata ai sollevamenti differenziali tardo e postorogeni è quindi il
primo fondamentale fattore preparatorio delle grandi frane del passato. Si può comunque ritenere indispensabile
anche il raggiungimento di certi valori dell’acclività dei versanti. Varie fonti riportano come favorevoli pendenze
comprese tra i 18° e 49° - 50°, con valori più bassi per le grandi frane profonde, con valori superiori per le grandi
frane superficiali.
Tra le cause della genesi delle grandi frane c’è stata la sismicità, che si può ritenere fosse più intensa allorché si
sono avuti i movimenti differenziali che hanno provocato i grandi dislivelli fra le porti più elevate delle catene e i bassi
morfostrutturali.
Quello che si può presumere è che proprio l’intensità dei sismi nel deformare le superfici topografiche deve aver agito
sull’acclività dei versanti. In presenza di improvvisi aumenti delle accelerazioni dello gravità (orientate normalmente al
pendio), che per confronto con i grandi terremoti attuali dovrebbero aver superato 0,5 g, si devono essere manifestate
le rotture della roccia che hanno causato gli scivolamenti gravitativi di grande magnitudo. Gli effetti di rottura delle
masse sono evidenti quando si riscontra nel terreno la presenza, nella parte alta dei versanti, dello sdoppiamento
delle creste e delle trincee. Una tale affermazione è corroborata dal fatto che un elevato numero di grandi frane ha
interessato la parte medio-alta dei versanti.
E’ convinzione comune che anche il fattore climatico debba aver avuto un ruolo significativo, dapprima con i passaggi
da regime biostasico a rexistasico e viceversa e poi con lo persistenza di periodi di intensa denudazione dei versanti,
quando per esempio interessati da condizioni periglaciali capaci di provocare una enorme detrizione per la continua
fratturazione dei substrati. In Appennino e nelle Alpi Liguri non può aver giocato invece un ruolo la decompressione
dei versanti in seguito al ritiro delle grandi masse glaciali che avevano invaso le valli alpine, ma la glaciazione sia pure
discontinua deve avere, come detto sopra, provocato una generalizzata fase di erosione rexistasica, come dimostrato
dal fatto che grandi frane si trovano al margine delle aree già glacializzate. Questo tipo di sollecitazione dei versanti
è dimostrato dal fatto che in aree non lontane (in Appennino parmense e reggiano) attraverso una serie di datazioni
radiometriche si è potuto collocare un gran numero di frane, talvolta riattivazioni di precedenti, nel periodo della
Piccola Età Glaciale oltre che nel periodo Alleröd-Dryas Medio e nell’Ultimo Massimo Glaciale.
Ancor più importanti sono stati i periodi durante i quali il clima ha provocato piogge intense e prolungate da una
parte e forte aumento dell’erosione lineare dall’altra, forse un clima con marcate differenze stagionali. Lo scalzamento
al piede dei versanti è quello che ha provocato il movimento delle grandi masse che si vedono slittate nella parte
medio-bassa degli stessi.
3.5.4 Grandi frane e deformazioni gravitative profonde dei versanti
Già in precedenza, nei volumi dedicati al resto della Liguria, si era posto il problema del legame tra le grandi frane e
le deformazioni gravitative profonde di versante. Molte delle caratteristiche delle grandi frane relitte fanno pensare che
la genesi di così grandi traslazioni di volumi di roccia debba ricercarsi nel superamento di una certa soglia dell’energia
di rilievo, possibile solo con l’attività tettonica.
Le deformazioni gravitative profonde generano infatti: volumi di alcune centinaia di migliaia fino o milioni di m3 di
roccia franato, con decine-centinaia di metri di profondità della deformazione, estensioni di lunghezza e larghezza
anche chilometriche, ma nel complesso spostamenti piccoli in confronto alle dimensioni planimetriche del fenomeno. La
loro cinematica si assimila alle deformazioni di taglio in evoluzione lenta nel tempo in dipendenza di un comportamento
reologico più o meno plastico della roccia (si parla di creep gravitazionale). La velocità può essere di qualche mm a
qualche cm l’anno, ma nella fase parossistica può toccare 20 cm al giorno (creep accelerato).
Vi sono alcune evidenze morfologiche dei processi gravitativi profondi, quali:
a) sdoppiamento delle creste; b) presenza di trincee (significato di collasso incipiente dovrebbero avere le trincee
ortogonali al versante); c) fratture beanti; d) contropendenze dei versanti; e) scarpate rivolte verso valle; f) superfici di
collasso rivolte a franapoggio; g) grandi frane; h) irregolarità del reticolo idrografico.
Minori sono invece le possibilità di osservare le strutture della massa montuosa in modo tale che si distingua l’origine
gravitativa della deformazione poiché c’è la convinzione che l’azione della gravità possa produrre deformazioni, sia
plastiche che rigide, simili allo tettonica. Per ora la strada percorribile è quella di associare allo studio tettonico le
relazioni fra strutture e deformazioni morfologiche e naturalmente le grandi frane.
I tipi principali di deformazioni gravitative profonde dei versanti sono:
a) Espandimento laterale (Lateral spread); b) Scorrimento dei blocchi (BIock slide); c) Insaccamento (Sackung, rock
fIow).
Il primo è l’espandimento laterale di blocchi di rocce rigide al di sopra di un substrato duttile; il secondo lo scorrimento
di grossi blocchi rocciosi che possono coinvolgere un intero versante roccioso; il terzo è una deformazione generale
del versante senza distinte superfici basali di scivolamento, spesso espresso da versanti concavi (in alto) - convessi (in
basso).
Questi tipi fondamentali fanno supporre che dal punto di vista geomeccanico i primi due possono ricondursi a
deformazioni di un ammasso roccioso separato al suo interno da discontinuità planari; il terzo tipo fa pensare invece
che la deformazione avvenga in un mezzo continuo. Tuttavia in alto si avrebbe una deformazione fragile, in basso
- 33 -
invece una deformazione duttile e comunque nella parte bassa del versante la deformazione si manifesta sotto forma
di un fluido viscoso in contrazione. Al momento bisogna riconoscere che non vi sono ancora concetti univocamente
accettati e soddisfacenti delle deformazioni gravitative e delle condizioni geomeccaniche alla base delle Deformazioni
Gravitative Profonde di Versante.
Per l’innescarsi del fenomeno s’invocano motivi legati all’attività tettonica e neotettonica, alle caratteristiche
litostrutturali degli ammassi rocciosi, all’attività sismica, ai fattori morfologici (acclività, energia di rilievo ecc.) e ai
fattori climatici. Se si osserva quanto sostenuto per le grandi frane relitte si noterà l’indiscutibile affinità fra i due
fenomeni, per cui la tentazione di accostarli è forte. Anzi, in alcuni casi si è arrivati alla convinzione che effettivamente
deformazioni gravitative profonde di versante siano presenti in Provincia di Imperia e che alcune grandi frane siano
l’effetto morfologico più rilevante della loro manifestazione.
Per una migliore comprensione di quanto sopra, si riportano tre casi di grandi frane e deformazioni gravitative
profonde di versante con le loro morfologie correlate. Il primo riguarda il territorio di Evigno (Fig. 9), il secondo il
territorio di Mendatica (Fig. 10), già descritto come caso di studio, il terzo il territorio di Pantasina (Fig. 11).
Si tratta di tre esempi spettacolari di grandi fenomeni di collasso che hanno determinato la morfologia di interi
versanti. La loro stretta connessione con le condizioni geologico-strutturali è chiara. Tutti e tre i casi si sviluppano in
presenza delle successioni delle unità flyschoidi e, in particolare per Evigno e Pantasina, si rinviene unicamente la
formazione del Flysch di San Remo.
Questo è il motivo dominante la franosità del territorio imperiese. Infatti, come già evidenziato nel commento alla
figura 2, la maggior parte dei centri instabili della provincia si colloca proprio in corrispondenza di queste successioni,
che si configurano, dal punto di vista geomeccanico, come ammassi rocciosi deboli e determinano, in relazione con le
condizioni strutturali degli affioramenti, situazioni di propensione al dissesto.
Anche se la parte costiera del territorio è rappresentata in questo studio solo con pochi casi isolati, la nostra
esperienza di lavoro ci permette di affermare che, anche qui, sono presenti grandi frane relitte, spesso legate a
deformazioni gravitative profonde dei versanti.
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Fig. 9 – Schema geomorfologico del territorio di Evigno (Comune di Diano Arentino). Legenda: al) Deposito alluvionale; dt) Deposito detritico
informe, deposito detritico-colluviale; cs) Falda o cono detritico, originato anche da frane di crollo, o lembo residuale di frane antiche e relitte;
Flysch ad Elmintoidi: Unità Sanremo-Monte Saccarello – FSR) Flysch di Sanremo; 1. Orlo di scarpata di frana e/o di degradazione; 2. Frana recente
e attuale; 3. Frana antica e relitta; 4. Deformazione Gravitativa Profonda di Versante e/o scorrimento di roccia in blocco; 5. Cono di origine mista
originato da fenomeni di trasporto in massa (debris e muddy-debris-flow deposits) e acque correnti.
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Fig. 10 – Schema geomorfologico del territorio di Mendatica (Comune di Mendatica). Legenda: dt) Deposito detritico informe, deposito detritico-colluviale; cs) Falda o cono detritico, originato anche da frane di
crollo, o lembo residuale di frane antiche e relitte; Flysch ad Elmintoidi: Unità Sanremo-Monte Saccarello - FSR) Flysch di Sanremo – ABO) Arenarie di Bordighera – FBA) Formazione di San Bartolomeo; Flysch ad
Elmintoidi: Unità Moglio-Testico – FTC) Formazione di Testico; 1. Contatto tettonico; 2. Orlo di scarpata di frana e/o di degradazione; 3. Scorrimento rotazionale nel corpo di frana; 4. Frana recente e attuale;
5. Frana antica e relitta; 6. Deformazione Gravitativa Profonda di Versante e/o scorrimento di roccia in blocco; 7. Fosso di erosione concentrata.
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Fig. 11 - Schema geomorfologico del territorio di Pantasina (Comune di Vasia). Legenda: al) Deposito alluvionale; dt) Deposito detritico informe, deposito detritico-colluviale; cs) Falda o cono detritico, originato
anche da frane di crollo, o lembo residuale di frane antiche e relitte; Flysch ad Elmintoidi: Unità Sanremo-Monte Saccarello – FSR) Flysch di Sanremo; 1. Orlo di scarpata di frana e/o di degradazione; 2.
Scorrimento rotazionale nel corpo di frana; 3. Frana recente e attuale; 4. Frana antica e relitta; 5. Cono di origine mista originato da fenomeni di trasporto in massa (debris e muddy-debris-flow deposits) e
acque correnti.
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3.6 Centri abitati instabili
Comune
Località
Formazioni geologiche
Tipi di frane
Apricale
Apricale
Flysch di Ventimiglia
Frane complesse, scivolamenti
di detrito, scorrimenti di roccia e
deformazioni plastiche
Baiardo
Baiardo
Arenarie di Bordighera,
Formazione di San Bartolomeo,
Flysch Nero (Flysch di Baiardo)
e Flysch di Ventimiglia
Frane complesse, frane di
scorrimento rotazionale e
traslativo e crolli
Borghetto d’Arroscia
Quartarole
Formazione di Albenga
Frane complesse, frane di
colamento e colate detritiche
Borgomaro
Conio
Flysch di San Remo
Frane complesse e frane di
colamento
Borgomaro
Ville San Pietro
Flysch di San Remo
Frane complesse e deformazioni
plastiche
Castel Vittorio
Castel Vittorio
Flysch di Ventimiglia
Deformazioni gravitative profonde
di versante, frane complesse,
scorrimenti di roccia in blocco e
crolli
Ceriana
Ceriana
Arenarie di Bordighera e
Formazione di San Bartolomeo
Deformazioni gravitative profonde
di versante, frane complesse,
colate superficiali (soil slip e
debris flow).
Diano Arentino
Diano Arentino-Diano Flysch di San Remo
Borello-Poggio
Frane complesse, frane di
scorrimento, frane di colamento e
deformazioni plastiche
Mendatica
Mendatica
Formazione di San Bartolomeo
e Formazione di Testico
Frane complesse e deformazioni
plastiche
Molini di Triora
Glori
Flysch di San Remo,
Arenarie di Bordighera
e Formazione di San Bartolomeo
Frane complesse, frane di
scorrimento, scorrimento di roccia
in blocco
Pieve di Teco
Acquetico
Formazione di Testico, Peliti di
Moglio e Calcari di Ubaga
Frane complesse e deformazioni
plastiche
Pigna
Pigna
Flysch di Ventimiglia
Frane complesse e crolli, colate di
detrito
Pontedassio
Villa Guardia
Villa Viani
Flysch di San Remo
Frane complesse, frane
di scorrimento traslativo e
rotazionale e deformazioni
plastiche
Pornassio
Pornassio
Formazione di Testico,
Peliti di Moglio e Calcari
di Ubaga
Frane complesse, frane di
scorrimento e deformazioni
plastiche
Ranzo
Aracà-Bonfigliara
Caneto
Calcari di Ubaga,
Frane complesse, frane di
Quarziti di Monte Bignone e Peliti scorrimento, frane di colamento e
di Ranzo
deformazioni plastiche
Ranzo
Costa Bacelega
Calcari di Ubaga,
Quarziti di Monte Bignone
e Peliti di Ranzo
Frane complesse e frane di
scorrimento traslativo
San Remo
San Romolo-Borello
Arenarie di Bordighera e
Formazione di San Bartolomeo
Frane complesse, assestamenti in
antiche coltri di frana e crolli
Soldano
Soldano
Flysch di Ventimiglia
Frane complesse e deformazioni
plastiche
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Triora
Monesi di Triora
Flysch di San Remo
Frane complesse, frane di
scorrimento e deformazioni
plastiche
Triora
Triora
Flysch Nero (Flysch di Baiardo) e
Flysch di Ventimiglia
Deformazione gravitativa
profonda di versante, frane
complesse, frane di colamento,
scorrimenti in roccia e
deformazioni plastiche
Ventimiglia
Ventimiglia Alta
Conglomerati di Monte Villa
e Argille di Ortovero
Frane complesse e calanchi
Centri Abitati Segnalati
Comune
Località
Formazioni geologiche
Tipi di frane
Badalucco
Argallo
Formazione di San Bartolomeo
Frane complesse, frane di
colamento e colate di detrito
Borghetto d’Arroscia
Gazzo
Formazione di Leverone
e Peliti di Colla Domenica
Frana complessa e frana di
scorrimento rotazionale
Carpasio
Arzene
Flysch di San Remo
Frana complessa
Carpasio
Carpasio
Flysch di San Remo
Frana di scorrimento e scorrimenti
di roccia in blocco
Cervo
Cervo
Flysch di San Remo
Frane complesse, scorrimenti di
roccia e frane di colamento
Cipressa
Cipressa
Flysch di San Remo
Frane complesse e deformazioni
plastiche
Cosio d’Arroscia
Cosio d’Arroscia
Peliti di Moglio e Formazione
di Albenga
Frane di scorrimento, frane di
colamento e colate detritiche
Diano San Pietro
Diano Borganzo
Flysch di San Remo
Frana complessa e deformazioni
plastiche
Dolceacqua
Dolceacqua
Flysch di Ventimiglia
Crolli, deformazioni plastiche
Imperia
Terre Bianche
Argille di Ortovero
Frane di scorrimento rotazionale,
crolli e colate di terra e detrito
Mendatica
Monesi di Mendatica Flysch di San Remo
e Arenarie di Bordighera
Frane complesse e deformazioni
plastiche
Molini di Triora
Agaggio
Flysch di San Remo,
Arenarie di Bordighera,
Formazione di San Bartolomeo
e Flysch Nero (Flysch di Baiardo)
Frane di scorrimento rotazionale,
scorrimenti di roccia, frane di
colamento e colate di detrito
Montalto Ligure
Montalto Ligure
Arenarie di Bordighera
Frane complesse, frane di
scorrimento, crolli e deformazioni
plastiche
San Biagio
della Cima
San Biagio
della Cima
Flysch di Ventimiglia
Frana complessa, frane di
scorrimento
San Remo
Borgo Tinasso
Flysch di San Remo
Frane complesse e deformazioni
plastiche
Vasia
Torretta
Flysch di San Remo
Frana di scorrimento
Ventimiglia
Roverino
Conglomerati di Monte Villa
e Argille di Ortovero
Frane complesse e crolli
Vessalico
Lenzari
Calcari di Ubaga
Frane complesse e deformazioni
plastiche
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4. Centri Abitati Instabili: casi di studio
(Le schede seguono l’ordine alfabetico del centro abitato)
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Località
ACQUETICO
008042
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Pieve di Teco
Imperia
Torrente Arroscia
400
91 II SE
244112 Acquetico
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Statale n° 28 del Colle di Nava, Strada Provinciale n° 1
Acquetico-Mendatica, viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata (non funzionante)
Esistente
Opere di raccolta e allontanamento delle acque superficiali;
opere di drenaggio e di raccolta e allontanamento delle acque
subsuperficiali; muri di contenimento con micropali e tiranti.
Cause di instabilità
Frane complesse per scorrimento e colamento, deformazioni plastiche.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Il versante di Acquetico è costituito dai terreni riferibili a due distinte unità flyschoidi: l’Unità di Moglio – Testico e
l’Unità di Borghetto d’Arroscia – Alassio.
La prima è rappresentata dalle Peliti di Moglio (PMO) e dalla Formazione di Testico (FTC). Le Peliti di Moglio
(Cretaceo inferiore-Paleocene) sono costituite da argilliti grigio scure a patine ferrifere e manganesifere, con subordinate
intercalazioni di straterelli di siltiti ed areniti finemente laminate, nerastre ed assai dure. Alle litozone argillitiche se
ne associano altre più marnose, a patina di alterazione chiara ed intercalate da sottili strati di calcareniti fini. La
Formazione di Testico (Paleocene-Eocene?) è qui rappresentata dal membro pelitico marnoso delle Marne di Pieve di
Teco, costituito da una successione torbiditica monotona e mal stratificata di marne più o meno argillose, calcaree ed
arenacee, grigio-azzurre con caratteristica alterazione giallo grigiastra, ed intercalazioni di calcari marnosi e calcari
quarzosi grossolani.
L’Unità di Borghetto d’Arroscia – Alassio è rappresentata, invece, dai soli Calcari di Ubaga (CUB) (Cretaceo
superiore-Eocene inferiore) che affiorano all’estremità nord-orientale dell’area indagata. Si tratta essenzialmente di
sequenze torbiditiche marnose con base costituita da siltiti calcaree compatte ed areniti fini; sono inoltre presenti rare
intercalazioni di arenarie massicce calcareo-micacee. È segnalata la presenza di olistoliti e olistostromi di argilliti
rimaneggiate provenienti dai Complessi di base.
Le due unità tettoniche vengono a contatto lungo una superficie di sovrascorrimento ad andamento circa WNW-ESE
che rappresenta la principale discontinuità tettonica dell’area. L’immersione della stratificazione delle torbiditi della
Formazione di Testico, che costituiscono i principali affioramenti dell’area, è quasi invariabilmente rivolta verso sudsudovest, con inclinazioni abbastanza pronunciate, variabili tra i 50° e i 60°.
Inquadramento geomorfologico
Il centro abitato di Acquetico si trova su di un versante esposto a sudovest che si affaccia direttamente sul corso del
Torrente Arroscia. Il paese è suddiviso grossomodo in tre parti. Quella centrale, con quota variabile tra 400 e 420
m s.l.m., è disposta lungo un tratto del tracciato della Strada Statale n° 28 del Colle di Nava. A valle di questa, una
seconda porzione della frazione, in media sui 380 m s.l.m., si sviluppa lungo il tratto iniziale della Strada Provinciale n°
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1 che proprio poco ad est di Acquetico si diparte dalla Strada Statale per raggiungere, qualche chilometro più ad ovest,
il fondovalle del Torrente Arroscia, e prosegue fino a Mendatica. Infine, a monte dei nuclei abitati precedentemente
detti, una terza parte della frazione si sviluppa tra i 440 e i 470 m di quota, lungo la costa di Cianello.
I lineamenti del versante di Acquetico mostrano chiaramente come esso si sia evoluto sostanzialmente sotto la
spinta di processi gravitativi che ne hanno improntato l’intera morfologia. Infatti a nord dell’area rappresentata in
carta, a partire dalla località Categna, a circa 750-800 m di quota, si individua, al di sotto di un’ampia forma di
svuotamento, la testata di un primo poderoso scorrimento rotazionale. Esso rappresenta la parte iniziale di una frana
relitta che si sviluppa lungo tutto il versante fino alla sua base in corrispondenza del corso del Torrente Arroscia. In
più punti la presenza di lembi di superfici ampiamente rimodellati, soprattutto ad opera delle acque correnti e disposti
secondo un basso angolo di inclinazione, testimonia ulteriori fenomeni di scorrimento, prevalentemente rotazionale,
ma indubbiamente con una componente anche traslativa predisposta dalla struttura geologica, che complessivamente
hanno contribuito a disegnare l’intero corpo della frana. Nell’area indagata i testimoni di queste riprese sono, per
esempio, i Campi Craveri e le aree a debole inclinazione poste immediatamente ad ovest di essi. I limiti della frana
relitta, o delle sue parti, sono marcati in modo abbastanza netto dai rii che drenano il versante, che hanno adattato
il loro corso al disegno delineato dai corpi di frana. Non mancano tuttavia casi in cui le aste torrentizie hanno inciso
i corpi di frana incuranti della loro morfologia, come accade per il Rio Burzio nella zona a monte dell’abitato di
Acquetico, testimoniando con ciò la sostanziale inattività di questi remoti fenomeni gravitativi.
I caratteri morfologici del tratto di versante posto al di là del limite orientale della frana relitta sembrerebbero indicare
l’esistenza di un fenomeno di colamento lento coinvolgente la parte più superficiale del pendio, verosimilmente la
coltre detritica che ammanta il versante in questa porzione. Questo colamento, che si trova in uno stato di attività
quiescente, si sviluppa lungo tutto il fianco est della grande frana relitta, giungendo fino al corso del Torrente Arroscia,
e in particolare terminando contro un deposito di alluvioni terrazzate lasciate in posizione elevata dallo stesso corso
d’acqua.
Fig. 12 – Il centro abitato di Acquetico, visto dalla sponda opposta del Torente Arroscia, si compone di tre nuclei distinti, posti a breve distanza l’uno
dall’altro. Le frane, che attualmente destabilizzano il versante, interessano parte del nucleo abitato in primo piano, posto a ovest del Rio Burzio, e
il nucleo che si sviluppa lungo la Strada Statale del Colle di Nava procedendo verso ovest a partire dalla Chiesa Parrocchiale, visibile in secondo
piano sulla destra.
- 50 -
Procedendo verso occidente, frane relitte, seppur di dimensioni più contenute rispetto a quelle precedentemente
descritte, si rinvengono lungo la costa di Vaglie, dove sia le forme di erosione sia quelle di accumulo risultano fortemente
rimodellate dagli agenti esogeni.
La predisposizione del versante al verificarsi di fenomeni gravitativi di notevole entità deve essere stata determinata
soprattutto dalle caratteristiche strutturali e tettoniche delle unità affioranti. Infatti l’immersione della stratificazione è
conforme all’andamento del pendio e in coincidenza con tratti ad elevata acclività del versante si determinano situazioni
di franapoggio. Inoltre la presenza della superficie di sovrascorrimento tra le due unità flyschoidi potrebbe aver avuto
un ruolo non secondario nello sbloccare rilevanti porzioni rocciose, favorendone lo scivolamento verso valle.
Il collasso generalizzato di questa porzione del fianco sinistro della Valle Arroscia trova le sue ragioni verosimilmente
nell’incisione operata alla base del versante dal torrente principale. Il corso di quest’ultimo è stato obbligato, in
corrispondenza del piede della frana, a spostarsi verso la destra idrografica, come bene si vede dall’esame della
carta.
Inoltre c’è da notare che il piede della grande frana relitta, così come quelli delle altre minori poste più ad occidente,
sembra attualmente sospeso sul fondo valle del Torrente Arroscia, visto che la roccia affiorante sulla sponda sinistra per
alcuni metri al di sopra del torrente mostra le caratteristiche di un affioramento in posto, non interessato da fenomeni
franosi.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Le coltri detritiche e le masse rocciose disarticolate prodotte dalle frane relitte rappresentano quello che si può
definire il substrato nel quale si sono sviluppati i fenomeni franosi che stanno attualmente minando le fondamenta del
centro abitato di Acquetico.
Si tratta di due frane. La prima si trova a est di Rio Burzio e coinvolge la parte del paese posta lungo la Strada
Statale, dove si trova la chiesa parrocchiale. Essa presenta un richiamo laterale sulla destra idrografica del Rio Burzio
stesso, a monte dell’abitato. La seconda frana si sviluppa ad occidente del medesimo torrente, a partire all’incirca dalla
parte del centro abitato che si sviluppa lungo la Strada Provinciale per Mendatica. Esse presentano uno stile di attività
complesso, dove a cinematismi di scorrimento rotazionale e traslativo, nella parte medio-superiore, fanno seguito
fenomeni di colamento lento della massa spostata, che interessano solitamente le porzioni medio-inferiori.
Le indagini, in particolare i sondaggi meccanici effettuati in più anni, condotte soprattutto in corrispondenza dei
nuclei abitati, hanno messo in luce l’esistenza di superfici di scorrimento poste a differenti profondità. In ogni caso la
roccia costituente il substrato si presenta notevolmente fratturata, e perciò con caratteristiche geomeccaniche piuttosto
scadenti, fino a profondità che, in alcuni luoghi, eccedono anche i 30 metri. Alcuni degli inclinometri installati in
prossimità del centro abitato hanno individuato movimenti a 11, 24 e 30 metri dal piano di campagna (Canepa, 1997).
Sulla base di queste indicazioni è perciò presumibile dedurre la presenza di movimenti che coinvolgono sia la coltre
superficiale, contenuta all’incirca entro i primi 10 metri dalla superficie topografica e costituita da materiale a blocchi
immerso in una abbondante matrice fine, ma anche un orizzonte più profondo, dove sono presenti vere e proprie
scaglie di roccia del substrato collassate e inglobate in una matrice fine, in questo caso in percentuale subordinata
rispetto alla porzione litoide.
Le cause determinanti le due frane sono senza dubbio da ricercare nella presenza di acque circolanti, che hanno
l’effetto di plasticizzare le porzioni a contenuto fine prevalente con scadimento delle caratteristiche geotecniche
dei terreni e superamento della soglia di equilibrio del materiale. Nel corso delle indagini effettuate nel corso del
tempo sono stati individuati livelli di falda anche molto prossimi al piano di campagna che testimoniano la presenza,
probabilmente soprattutto nei periodi maggiormente piovosi, di acqua all’interno dei corpi franosi. Inoltre si deve tenere
conto dell’approfondimento dell’alveo operato dal Torrente Arroscia, che ha messo a nudo la roccia in posto disposta
a franapoggio sulla quale le masse detritiche e rocciose disarticolate scivolano, senza trovare un adeguato contrasto
al piede.
Effetti del fenomeno
Gli effetti delle frane attive sono ben visibili nelle parti del centro abitato direttamente coinvolte dalle stesse. Procedendo
lungo la Strada Statale del Colle di Nava, nel tratto compreso tra la chiesa parrocchiale e la sua intersezione con il
Rio Burzio, si notano vistose lesioni, quando non collassi delle strutture, praticamente su quasi tutti gli edifici posti sui
due lati della carrozzabile. Un quadro lesivo di minore entità rispetto al precedente, ma comunque ben sviluppato, si
rinviene anche su alcuni degli edifici e delle strutture murarie che costituiscono la parte del paese che si sviluppa lungo
la Strada Provinciale Acquetico-Mendatica.
L’instabilità diffusa che affligge il centro abitato di Acquetico è nota da tempo. Probabilmente la prima segnalazione,
anche se senza una data di riferimento, è quella del crollo di alcune abitazioni che all’epoca dei fatti venne imputato
alla vetustà delle stesse e alla mancanza di manutenzione (Arbarelli & Scrimaglio, 1986). In seguito, nell’Autunno del
1979, venne segnalata la presenza di un movimento franoso che coinvolgeva parte del nucleo centrale dell’abitato.
L’aggravio di questa frana tra Maggio 1983 e Luglio 1984, portò alla realizzazione di una prima serie di indagini
consistenti in sondaggi sismici a rifrazione, sondaggi meccanici, con conseguente posa in opera di strumentazione per
il monitoraggio (inclinometri e piezometri), e installazione di fessurimetri sui fabbricati maggiormente compromessi.
Il Comune di Pieve di Teco, con istanza n° 1422 del 5 Aprile 1985, richiese l’inserimento dell’abitato tra quelli da
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Acquetico
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Tavola 2
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consolidare o trasferire a cura della Regione. La richiesta del comune venne avvalorata da parte dell’Ufficio del Genio
Civile di Imperia con relazione del 23 Gennaio 1986 (Arbarelli & Scrimaglio, 1986).
Nuovi movimenti vennero registrati in due successive note, sempre del genio Civile di Imperia, la prima datata al 2
Giugno 1987, dove si riferisce che 2 dei 7 tubi inclinometrici posti in opera nel 1984 risultavano troncati a circa 14
metri di profondità (Canepa, 1997), la seconda del 24 Ottobre 1988 (Mela, 1988), nella quale si evidenziano, lungo
tre diverse sezioni idealmente disposte longitudinalmente al versante, movimenti a profondità variabili tra i 4 e i 23
metri di profondità, confermando la molteplicità delle superfici di scivolamento.
Successive indagini vennero realizzate nel 1994, con realizzazione di un sondaggio spinto sino ad una profondità di
36 metri dal piano di campagna, e nel 1997, quando vennero realizzati ben 9 sondaggi, spinti a profondità variabili
tra i 25 e i 50 metri, condizionati con 2 inclinometri e 7 piezometri. Nell’ambito della medesima campagna di indagini
vennero anche realizzate analisi di laboratorio sui campioni prelevati, prove di pompaggio tipo Lefranc a carico
costante, di lunga durata sia in discesa che in risalita e a gradini; venne inoltre effettuata una campagna di sondaggi
sismici a rifrazione (Canepa, 1997).
Più di recente ulteriori indagini sono state eseguite nel 2001 (Canepa et al., 2001), nel 2002 (ANPA-UIRI, 2002) e
nel 2005 (Belmonte, 2005), tutte volte alla definizione di interventi da eseguire nell’area, ma che sostanzialmente non
hanno cambiato il quadro generale e il modello del dissesto definito in precedenza.
Interventi di sistemazione
La consistente mole di indagini che nel tempo si sono accumulate sugli eventi franosi che interessano il versante di
Acquetico, si sono concretizzate in un altrettanto corposo complesso di interventi volti al consolidamento del versante
e alla mitigazione del rischio.
Come è possibile desumere dal prospetto delle opere eseguite contenuto in Canepa et al. (2001), in un primo
momento gli interventi sono stati rivolti principalmente alla definizione di un corretto sistema di regimazione delle
acque in corrispondenza della parte alta del versante. Tuttavia queste opere hanno perso gradualmente la loro
efficacia, a causa soprattutto della scarsa manutenzione, e questo ha determinato, nel tempo, un’accentuazione della
dispersione idrica.
Nel corso di quello che viene indicato come primo lotto dei lavori di sistemazione e consolidamento del movimento
franoso, verosimilmente conseguente alla relazione prodotta nel 1986 dal Genio Civile di Imperia (Arbarelli & Scrimaglio,
1986), vennero condotti interventi di bonifica attraverso la realizzazione di opere di sistemazione idraulica lungo il Rio
Burzio e la predisposizione di un sistema di raccolta delle acque superficiali a monte della strada comunale, mentre
un sistema di fori drenanti suborizzontali venne impiantato a monte della Statale n° 28, per cercare di intercettare le
acque in profondità. Inoltre vennero realizzati alcuni muri fondati su micropali e tiranti attivi, volti al consolidamento
del versante.
Il secondo lotto di lavori venne progettato ed eseguito successivamente alla relazione Canepa del 1997. Si trattò
fondamentalmente del completamento dei muri atti al consolidamento del versante e della progettazione e realizzazione
di un sistema di drenaggio delle acque, volto all’abbattimento controllato delle pressioni interstiziali tramite il graduale
abbassamento della piezometrica entro il corpo della frana. In questo caso vennero addirittura brevettate tecniche
di intervento costituite da un sistema di drenaggio profondo con file di dreni subverticali nei quali l’emungimento
dell’acqua avviene tramite un dispositivo di sifoni.
Il successivo lotto di lavori, il terzo (Canepa et al., 2001), è stato rivolto al consolidamento strutturale di un muro
di sostegno posto nel settore occidentale del nucleo abitato, quello che si sviluppa lungo il tracciato della Strada
Provinciale n° 1, e alla razionalizzazione del sistema di raccolta e di smaltimento della acque superficiali. Il muro, in
sostituzione di uno più vecchio posto circa in corrispondenza dell’incrocio tra la strada di accesso al nucleo abitato e
la Strada Provinciale, è stato ricostruito con l’impiego, per la sua fondazione, di micropali e tiranti.
Per quanto concerne le opere volte all’allontanamento delle acque, è stata prevista la realizzazione di due punti di
raccolta di quelle provenienti dalla regimazione all’interno dei nuclei abitati. Da questi due collettori, ubicati all’incirca
intorno a 370 metri di quota, le acque vengono smaltite attraverso il collegamento con opere aventi questo scopo e
realizzate a valle della Strada Provinciale in parte attraverso il potenziamento e l’adeguamento delle esistenti linee di
deflusso e in parte attraverso la realizzazione ex novo di porzioni di esse, fino al raggiungimento del corso del Torrente
Arroscia.
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Località
APRICALE
008002
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Apricale
Imperia
T. Nervia
Rio Merdanzo
306
102 IV SE
257121 Apricale Isolabona, 258094 M. Ruscarin
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 63 Isolabona-Apricale-Baiardo,
strade e vie comunali
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata (fessurimetri)
Esistente
Muri di contenimento su pali provvisti di tiranti, opere di drenaggio e raccolta delle acque superficiali di vario genere,
opere di difesa spondale
Cause di instabilità
Frane complesse (scorrimento traslativo+colamento), scivolamenti di detrito, scorrimenti di roccia anche in blocco,
deformazioni plastiche.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
L’area del centro abitato di Apricale e i versanti circostanti sono modellati nella formazione del Flysch di Ventimiglia
(FVE) (Priaboniano superiore-Oligocene inferiore?) appartenente al dominio Delfinese-Provenzale.
Si tratta di arenarie grossolane granoclassate e arenarie fini in banchi e strati, con intercalazioni siltoso arenacee e
siltoso argillose. Si rinvengono livelli argilloso-marnosi, talvolta calcareo-marnosi.
Le giaciture degli strati ruotano in senso antiorario procedendo dalla sommità del paese verso il corso del Rio
Merdanzo. Infatti, immersioni verso SW con forti inclinazioni, anche di 65°, si ritrovano nella parte più elevata dello
sperone roccioso su cui si trova Apricale, mentre procedendo verso il basso esse si dirigono progressivamente verso
Nord fino ad attestarsi secondo questa direzione in corrispondenza del corso d’acqua con inclinazioni molto deboli,
10° o meno.
Il punto più depresso della dorsale rocciosa sulla quale si trova il nucleo storico di Apricale è verosimilmente
determinato dall’incrocio di almeno un paio di faglie con decorso circa NNE-SSW una, e circa NW-SE l’altra. La prima
ha determinato l’abbassamento del blocco roccioso rispetto allo spartiacque del versante da cui esso si diparte, mentre
la seconda ha provocato probabilmente la sua rotazione in senso orario. Sulla base di queste evidenze è possibile
ipotizzare che si tratti di superfici di discontinuità con componente di movimento prevalentemente verticale in un caso,
e con una componente di tipo trascorrente destra, nell’altro.
Inquadramento geomorfologico
Il centro abitato di Apricale sorge su di un sperone roccioso allungato circa Est-Ovest, bordato a Sud dal Rio
Merdanzo e a Nord dal Rio S. Rocco e troncato verso ovest in corrispondenza della confluenza di questi due. Lo stesso
Rio Merdanzo, con decorso circa parallelo, va poi ad affluire nel Torrente Nervia, in corrispondenza dell’abitato di
Isolabona.
Il centro abitato si distribuisce lungo la sommità dello sperone roccioso e per un certo tratto del suo versante
meridionale, all’incirca fino alla quota di 215 m, più consono all’insediamento rispetto a quello settentrionale, troppo
acclive per qualsiasi tipo di costruzione. Verso Est lo sperone roccioso risale bruscamente di oltre 200 metri di quota
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poco dopo il centro del paese, confortando la sensazione che il tratto su cui il centro è fondato corrisponda ad un
blocco ribassato rispetto al resto.
Un’ultima parte marginale del paese si sviluppa poi lungo il versante compreso tra la chiesa di S. Antonio, con
l’annesso cimitero comunale, e il centro storico dell’abitato, sempre ad Est rispetto a quest’ultimo. Si tratta di edifici
distribuiti lungo la Strada Provinciale n° 63 per Baiardo e lungo la strada comunale che dal centro del paese porta a
S. Antonio.
I tratti generali dell’area sono improntati dalla struttura e dalla tettonica del substrato. Ben evidenti sono gli
allineamenti di elementi morfologici che sottendono la presenza delle discontinuità tettoniche. In particolare la valle
del Rio Coniolongo, che si sviluppa verso Sud e affluisce nel Rio Merdanzo in corrispondenza del Frantoio Martini,
assieme al tratto più depresso della dorsale in roccia di Apricale, che potrebbe essere riguardata come una sorta di
sella, e ancora la valle del Rio S. Rocco, costituiscono uno di questi allineamenti.
L’altro allineamento è disegnato dal tratto rettilineo del Rio Merdanzo corrispondente al piede del versante compreso
tra S. Antonio e il centro abitato, ancora dalla sella dello sperone roccioso di Apricale e da ultimo dal versante acclive
posto in sinistra idrografica del Rio Pozzo. Sono da rimarcare, in quest’ultimo caso, anche i due bruschi gomiti che il
Rio Merdanzo compie proprio in corrispondenza dei due capi del tratto rettilineo anzidetto, due brusche curve di circa
90° la cui ragione è spiegabile unicamente se si ipotizza la presenza di un controllo, come già prospettato, esercitato
da un elemento tettonico.
Fig. 13 – Il centro abitato di Apricale, qui ripreso da sud, è ubicato su di uno sperone roccioso ed è interessato da frane quiescenti nella sua parte
orientale (a destra nella fotografia) e all’estremità occidentale. La depressione disegnata dal profilo dei tetti dell’abitato è in corrispondenza di una
sella del substrato roccioso, spiegabile con la presenza di un incrocio di faglie.
La marcata asimmetria che si osserva per l’intera dorsale spartiacque tra i rii S. Rocco e Merdanzo, con i versanti
posti a settentrione più acclivi di quelli presenti sul lato opposto, è determinata dalla giacitura degli strati del flysch
secondo situazioni variabili tra il traverpoggio e il contropoggio, in corrispondenza dei primi, e secondo la pendenza
del versante, nei secondi, in quest’ultimo caso con inclinazioni che localmente sono maggiori o inferiori a quelle del
pendio stesso.
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Descrizione e tipologia del fenomeno
Dal rilevamento geomorfologico è emerso come i versanti siano interessati da tutta una serie di movimenti franosi di
differente tipologia che si distribuiscono variamente nelle diverse porzioni dell’area indagata.
Partendo dalla parte più orientale dell’area studiata, il versante su cui si trova il cimitero appare complessivamente
coinvolto in un fenomeno relitto, che verosimilmente potrebbe aver interessato il substrato in roccia con movimenti
in blocco di parti dello stesso sia di tipo traslativo sia rotazionale. Scorrimenti di roccia in blocco si palesano nella
porzione inferiore del versante. Qui lo stato di fratturazione della roccia e la presenza di superfici disposte secondo
un’inclinazione inferiore rispetto al resto del pendio rendono conto dell’esistenza di tali cinematismi. Vale la pena
di notare, ancora una volta, che il versante in oggetto rappresenta quello meno acclive della dorsale fortemente
asimmetrica, dove gli strati del flysch emergono con un inclinazione conforme a quella del versante. Fenomeni di
instabilità dovuti a deformazioni plastiche della parte più superficiale dell’ammasso di frana si notano in corrispondenza
proprio del cimitero.
Procedendo verso il centro storico del paese, una serie di movimenti franosi di tipo complesso, con scorrimento di
materiale e colamento della massa disarticolata, coinvolgono il tratto del versante compreso tra S. Antonio e il centro
abitato stesso. Qui i movimenti franosi complessivamente appaiono in uno stato di quiescenza, anche se non mancano
segnali di instabilità, localizzati in alcune porzioni del pendio, che coinvolgono la parte più superficiale dell’ammasso
franoso. Gli stessi tipi di frana si ritrovano anche ai piedi del medesimo versante dove la coltre detritica superficiale ha
subito fenomeni di destabilizzazione a causa dello scalzamento operato dall’erosione di sponda del Rio Merdanzo,
ben visibile in corrispondenza della curva a gomito fatta dal rio proprio al di sotto del paese.
Il versante settentrionale dello sperone roccioso sul quale si trova il nucleo storico dell’abitato, fortemente acclive,
rappresenta una superficie di degradazione al limite superiore della quale si affacciano direttamente gli edifici della
cinta più esterna del paese.
Sull’altro lato, quello meridionale, un paio di frane, delle quali una minore che ha rimobilizzato in parte la massa
spostata di quella di dimensioni maggiori, hanno coinvolto una buona parte del pendio sotto il paese. L’orlo della
scarpata di frana, che rappresenta il limite superiore della forma di svuotamento che fa capo a questi dissesti, raggiunge
il paese stesso interessandone la parte più esterna.
Questa situazione nota da tempo viene riferita come esistente sin dalla costruzione degli edifici (Anfossi & Rossi,
1981), mentre ulteriori aggravi si sono verificati, come riportato dagli stessi Autori, nel 1935, a seguito della costruzione
della strada provinciale, e nel 1956 in seguito a forti precipitazioni. Dopo questa data il movimento di scivolamento
verso valle nella parte alta divenne praticamente ininterrotto, fino a quando nel 1993 un ulteriore deterioramento della
situazione portò a interessare la porzione a valle della strada provinciale (Torrieri, 1998).
Indagini geologiche e geomorfologiche condotte nel tempo ad opera dell’allora Ufficio del Genio Civile della
Provincia di Imperia (Anfossi & Rossi, 1981; EUROSOL, 1983) e dalla Comunità Montana Intemelia (Torrieri, 1998)
hanno evidenziato la presenza di una coltre detritica superficiale di spessore variabile fino a poco più di 8 metri, che
insiste su di un substrato di roccia fratturata che si approfondisce al massimo fino a 14 metri dal piano di campagna,
per poi passare alla roccia integra. La cinematica dei movimenti è con ogni probabilità da ascrivere agli scorrimenti
traslativi di materiale detritico e coinvolgenti anche porzioni della roccia disarticolata. Attualmente, questi fenomeni
franosi possono essere considerati stabilizzati, considerati i massicci interventi che sono stati intrapresi per arginarli.
Le cause che devono essere invocate per la mobilizzazione di queste frane, oltre ai già citati fattori predisponenti legati
ai caratteri litologici e strutturali della formazione del flysch, come l’alternanza di litotipi a differente comportamento
meccanico e la disposizione sfavorevole della giacitura lungo buona parte del versante, sono senza dubbio da
ricercare nella circolazione di acque subsuperficiali, soprattutto in occasione di eventi meteorici di un certo rilievo,
che determinano il superamento delle condizioni limite di stabilità della massa, e lo scalzamento al piede del versante
operato dal corso d’acqua.
Effetti del fenomeno
I dissesti che hanno interessato la parte Sud-Ovest del centro storico di Apricale sono stati la ragione dell’inclusione
dello stesso tra i centri da consolidare a spese dello Stato ai sensi della Legge n. 445 del 9 Luglio 1908 con delibera
CR n. 54 del 27 Settembre 1985.
In questa porzione del centro abitato si sono determinate nel tempo lesioni e crolli coinvolgenti diversi edifici dell’area
sottesa dalle vie Mazzini, Garibaldi, Andrea Doria e parte di Via degli Angeli. Vistose lesioni sui muri perimetrali e il
crollo di una casa, fortunatamente senza procurare danni alle persone, hanno determinato pericolo per la pubblica
incolumità a causa anche dell’estremo degrado in cui versavano tali edifici in conseguenza del loro abbandono.
Appariscenti lesioni e sintomi di instabilità si sono verificati anche nelle strutture annesse alla Strada Provinciale n°
63. In particolare i muri di controripa mostravano importanti convessità verso valle, sintomi delle spinte che i terreni
soprastanti gli trasferivano. Per fortuna l’imponente muro di sottoscarpa, evidentemente fondato su di una porzione più
integra della roccia, ha creato una sorta di argine nei confronti dei movimenti, contrastandoli.
All’atto del presente studio, su segnalazione del Sindaco di Apricale altre lesioni sugli edifici sono state riscontrate
nel centro abitato. Sono interessati i muri perimetrali della chiesa parrocchiale, posta sul lato Sud-Ovest della piazza
principale del paese, nel centro di quest’ultimo, e lungo un’immaginaria linea che corre parallela alla direzione di
allungamento della dorsale rocciosa su cui ha sede il paese. Lesioni ben più vistose si sono sviluppate sulla facciata del
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Tavola 3
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Apricale
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palazzo comunale, posto all’estremità opposta della medesima piazza. Sempre secondo quanto riferito dal Sindaco,
le lesioni si sarebbero sviluppate in prima battuta in occasione di un fenomeno sismico risalente a circa 2-3 anni fa.
Tuttavia, le lesioni sull’edificio comunale sembrano attualmente in accentuazione.
Date la totale impossibilità di compiere osservazioni in corrispondenza di questa parte dell’area completamente
urbanizzata e la mancanza di resoconti tecnici sul fenomeno, poco è possibile dire in merito in questa sede. Tuttavia
alcune ipotesi, naturalmente del tutto preliminari, possono essere fatte, basandole unicamente, si badi bene, su quanto
deducibile dal contesto generale. Questa parte del centro abitato si trova in corrispondenza di una sella, di cui è stato
detto in precedenza, che si colloca all’incrocio delle due discontinuità tettoniche che attraversano l’area indagata.
E’ possibile, a nostro giudizio, che questa zona morfologicamente depressa possa essere occupata da materiale di
disgregazione della roccia derivante in parte dai movimenti tettonici lungo le faglie (breccia di frizione) e in parte
dal successivo disfacimento della roccia, maggiormente aggredita dai processi di alterazione proprio a causa della
presenza di linee di debolezza. Questa coltre, la cui esistenza è però ipotizzata, potrebbe dar luogo a fenomeni di
assestamento differenziale, per esempio in occasione di shock sismici, con conseguente ripercussione sugli edifici
soprastanti. Per il raggiungimento di un nuovo equilibrio potrebbe essere necessario il trascorrere di un certo tempo,
ed ecco perciò l’attuale accentuazione delle lesioni sulla facciata del palazzo comunale.
L’altra ipotesi potrebbe essere quella di una retrogressione dei dissesti che si trovano proprio a valle di quest’area.
Ma è pur vero che nessun altro segnale di instabilità è stato rinvenuto o segnalato e i fenomeni lesivi sono limitati a
quelli sopra riportati.
La presenza di lesioni è stata riscontrata anche sui muri perimetrali del cimitero e sulla vecchia cappella che si trova
al suo interno, la stabilità della quale è completamente compromessa.
Interventi di sistemazione
Proprio in ragione dell’inserimento di Apricale tra i centri da consolidare a spese dello Stato e del pesante
coinvolgimento del centro abitato, il Genio Civile della Provincia di Imperia di concerto con la Comunità Montana
Intemelia e l’Amministrazione comunale, si sono impegnate in una massiccia opera di consolidamento in più punti del
versante che sottende i dissesti della parte Sud-Ovest dell’abitato e di ripristino degli edifici danneggiati.
Sono state eseguite opere di consolidamento tramite la realizzazione di muri su pali provvisti di tiranti e palificate
vive. Al fine di rendere veramente efficaci questi interventi, sono state anche realizzate opere per la raccolta e
l’allontanamento rapido delle acque superficiali e subsuperficiali.
Gli edifici danneggiati sono stati risistemati e ricostruiti dove necessario. La sede della Strada Provinciale n° 63 e le
strutture ad essa annesse sono state ripristinate e/o sostituite. In particolare, il muro di controripa nel tratto interessato è
stato sostituito da muro in cemento armato. In più punti lungo il corso del Rio Merdanzo sono stati realizzati interventi
volti all’abbattimento dell’erosione e al contenimento degli avvallamenti di sponda. Interventi sono stati effettuati anche
in corrispondenza del cimitero, con la realizzazione di strutture per il consolidamento munite di pali e tiranti.
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Località
ARACA’-BONFIGLIARA-CANETO-COSTA
008048
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Ranzo
Imperia
Torrente Arroscia
300
92 III SO
244122 Borghetto d’Arroscia, 245093 Ranzo
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 453 della Valle d’Arroscia
e Strada Provinciale n° 14, viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata
Esistente
Opere di consolidamento dei versanti,
opere di salvaguardia e sostegno delle sponde dei rii
Cause di instabilità
Frane complesse (scorrimento+colamento), frane di scorrimento rotazionale, frane di colamento, deformazioni plastiche
nelle coltri di antiche frane relitte.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
I versanti sui quali si trovano le frazioni di Aracà, Bonfigliara e Caneto sono modellati entro rocce attribuibili all’Unità
di Borghetto d’Arroscia – Alassio. Essa è rappresenta dalle Peliti di Ranzo (PRA) (Cretaceo inferiore-Eocene inferiore?),
costituite da argilliti e marnoscisti che rappresentano l’intervallo pelitico di sequenze torbiditiche con base in areniti
fini e siltiti laminate, queste ultime di spessore subordinato a quello delle peliti. Le sequenze hanno potenza da pochi
centimetri a qualche decimetro. Vi si rinvengono intercalati rari strati di micrite di spessore da 1 a 3 decimetri. Verso il
tetto la formazione diviene essenzialmente argillitica, con spalmature di ossidi di ferro e di manganese. I livelli arenacei
e siltitici sono frequentemente ridotti in frammenti, deformati e spesso silicizzati; il contatto con il livello argillitico della
formazione stratigraficamente superiore avviene per variazione cromatica da grigio scuro a rosso a verde pallido.
Seguono le Quarziti di M. Bignone (QMB) (Cretaceo-Eocene?) caratterizzate da quattro livelli alternati di quarziti
ed argilliti rimaneggiate, composti da grani quarzosi granulometricamente ben selezionati ed arrotondati. All’interno
della formazione si possono distinguere un Membro argilloso, costituito da due livelli argillitici vari colori, dal rosso al
grigio-verde, con qualche intercalazione di arenaria quarzitica e conglomeratica, e un Membro quarzitico, costituito
da quarziti in strati sottili e medi, separati da sottili giunti argillitici grigio-verdi. Entrambe i membri sono presenti
nell’area indagata. I Calcari di Ubaga (CUB) (Cretaceo superiore-Eocene inferiore) sono essenzialmente delle
sequenze torbiditiche marnose con base costituita da siltiti calcaree compatte ed areniti fini; sono inoltre presenti rare
intercalazioni di arenarie massicce calcareo-micacee. È segnalata la presenza di olistoliti e olistostromi di argilliti
rimaneggiate provenienti dai Complessi di base. Alla base della formazione è presente il ”Livello di San Pantaleo”
(Galbiati, 1981b) caratterizzato da alternanze in strati sottili di calcari micritici, quarziti impure, marnoscisti con sottile
base siltitica e lenti di conglomerato, che rappresenta il passaggio con le sottostanti Quarziti di M. Bignone. Talora il
passaggio tra le due formazioni avviene, invece, mediante l’interposizione di banchi conglomeratici massicci di circa
un metro di spessore, ricchi di clasti di scisti cristallini di provenienza Piemontese (Vanossi, 1980).
Nella parte occidentale dell’area, una faglia taglia l’intero versante con decorso circa NNW-SSE, mentre una
seconda, disposta circa SW-NE, si esaurisce contro la prima formando un angolo quasi retto. Esse dislocano le
formazioni dell’unità tettonica di Borghetto d’Arroscia le cui giaciture immergono quasi invariabilmente verso sudsudovest con inclinazioni che si mantengono tra 25° e 30°.
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Inquadramento geomorfologico
I centri abitati di Aracà, Bonfigliara, Caneto e Costa si trovano nel comune di Ranzo. Essi sono distribuiti a differenti
quote lungo il tratto del versante sinistro della Valle Arroscia che termina, in corrispondenza del fondovalle, nei pressi
della frazione di Canata, posta poco a monte di Borgo di Ranzo, sede dell’amministrazione comunale.
Procedendo dall’alto verso il basso del pendio si incontrano dapprima Aracà e Bonfigliara, entrambi all’incirca
sui 360 m di quota, e successivamente Costa (260 m s.l.m.) e Caneto (250 m s.l.m.), questi ultimi molto prossimi
l’uno all’altro. Si tratta in tutti i casi di frazioni che assommano un numero limitato di edifici, molti dei quali utilizzati,
probabilmente, soltanto in modo saltuario.
Il versante sul quale insistono i centri considerati presenta una serie di forme disposte a cascata che sono l’espressione
di collassi che hanno interessato il substrato roccioso. Infatti, alla presenza di porzioni della superficie topografica
caratterizzate da una pronunciata acclività e da una forma circoide in pianta, corrispondenti a ciò che resta di forme
di svuotamento del pendio, fanno seguito lembi più o meno conservati di superfici disposte secondo un basso angolo
di inclinazione, che rappresentano le testate dei corpi di frana.
Questi caratteri morfologici non sono tuttavia confinati alla sola porzione del territorio indagato sulla quale insistono
direttamente i centri abitati. Infatti, se si procede verso est e si oltrepassa la dorsale rocciosa ammantata di detrito
che dalla zona del Colletto si sviluppa con direzione nord-nordovest sud-sudest all’incirca fino al cimitero, ecco che si
ripresentano lineamenti morfologici del tutto simili ai precedenti. In definitiva l’intera area di studio appare interessata
dalla presenza di frane relitte che si sono sviluppate prevalentemente con dinamiche riconducibili allo scorrimento
rotazionale e che hanno interessato l’ammasso roccioso verosimilmente anche in modo consistente. La massa spostata
e disarticolata é stata coinvolta in fenomeni di colamento, dovuti al comportamento plastico della frazione argillitica in
presenza di acque circolanti nelle coltri.
La suddivisione dell’area indagata, almeno per la sua porzione medio-superiore, in due parti discriminate tra loro
dalla dorsale che si individua a partire dal Colletto, è ben evidente dall’esame delle fotografie aeree. Essa trova
conferma nel rilevamento di terreno, nel corso del quale è stato possibile verificare, lungo la dorsale, la presenza di
roccia che risulta quasi ininterrottamente ricoperta da una coltre di detrito di pezzatura variabile dai clasti alle peliti.
Gli elementi morfologici attuali sono sufficienti a nostro avviso per individuare, anche in questa porzione, ciò che resta
di un antichissimo movimento franoso, che sarebbe perciò addirittura antecedente alle frane relitte di cui si è parlato
sopra. Infatti l’aspetto generale della superficie topografica di questa dorsale, di forma piuttosto piatta, e le condizioni
della roccia, che si presenta abbastanza fratturata e disgregata, potrebbero non escludere questa possibilità.
Fig. 14 – Il territorio di Aracà-Bonfigliara–Caneto è interamente modellato da frane relitte di tipo complesso, in cui si assommano scorrimenti
rototraslativi e colamento della massa spostata. Nella fotografia, presa da Caneto, si vede la parte di versante sottostante Bonfigliara (sulla sinistra
in secondo piano) dove si riconoscono le forme riconducibili a questi fenomeni. In particolare i piani coltivati, grossomodo al centro della foto,
corrispondono alla testata di una di queste frane.
- 60 -
Per quanto riguarda le cause che hanno portato allo sviluppo delle frane, bisogna considerare come predisponente
la giacitura della stratificazione che determina, in rapporto con l’assetto dei versanti, situazioni di franapoggio. Oltre
a questa le discontinuità tettoniche che interessano l’area sono elementi da prendere in considerazione in quest’ottica.
Inoltre si osserva come la maggior parte delle frane relitte si sia sviluppata lungo la porzione di territorio caratterizzata
dagli affioramenti delle Peliti di Ranzo. In esse la componente argillitica è preponderante ed ha verosimilmente avuto
un ruolo nel determinare lo sviluppo dei fenomeni franosi.
Per quanto concerne l’innesco dei movimenti franosi, senza dubbio, proprio in virtù della preponderante presenza di
rocce argillitiche, la principale responsabilità va attribuita alle acque circolanti nel substrato, che divengono abbondanti
nei periodi di elevata piovosità. Inoltre un contributo deve essere stato dato anche dalle acque correnti, con la loro
azione di approfondimento degli alvei e di scalzamento al piede dei versanti.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Il versante di Aracà, Bonfigliara, Caneto e Costa, presenta in alcune sue parti frane che hanno determinato la
riattivazione di porzioni dei corpi franosi relitti.
Esse sono di dimensioni generalmente contenute e coinvolgono la parte pellicolare degli antichi corpi franosi, restando
verosimilmente confinate entro la prima decina di metri di spessore.
La maggiore di queste riattivazioni è senza dubbio quella che coinvolge la frazione di Caneto. Si tratta di una frana
con stile di attività complesso, dove il cinematismo prevalente è quello del colamento lento della coltre detritica sotto
l’effetto dell’imbibimento in occasione soprattutto degli eventi alluvionali, ma nella quale non è escluso possano anche
essersi verificati, nel tempo, movimenti di scorrimento entro la coltre e al contatto tra questa e il substrato sottostante.
Allo stato attuale la frana si trova in uno stato di attività quiescente, ma l’instabilità da essa creata è nota da tempo,
anche se probabilmente una presa di coscienza della situazione vi è stata soltanto a seguito dell’evento alluvionale che
nel 1994 ha colpito la zona.
Questo determinò la ripresa del movimento, in particolare in corrispondenza di un’area su cui sorge un capannone
per attività di tipo artigianale posto a valle del borgo (Macciò, 1997). Fenomeni di instabilità si riproposero anche
successivamente, in occasione dell’evento alluvionale del Novembre 2000, con interessamento del centro abitato in
corrispondenza di un tratto della sua strada di accesso (Ligorini, 2001) e ancora a causa soprattutto dell’azione di
scalzamento operata sui pendii da parte dei piccoli torrenti che drenano l’area.
Un’altra zona di criticità è localizzata immediatamente a valle dell’abitato di Bonfigliara. Qui una frana di dimensioni
ridotte interessa una porzione di terreno ad uso agricolo, ma lambisce, con il suo limite di monte, la parte sudorientale
del borgo e un tratto della strada di accesso allo stesso.
Si tratta, sostanzialmente, di un movimento coinvolgente la parte più pellicolare del versante, anche in questo caso
determinato dall’imbibizione della coltre detritica, con una frazione pelitica importante, da parte delle acque circolanti.
In generale il versante esaminato è punteggiato un poco ovunque da fenomeni di instabilità che, nel tempo, hanno
causato il degrado dei muretti a secco posti a contenimento delle fasce e di alcuni edifici, sia all’interno che all’esterno
del perimetro delle frazioni. Si tratta verosimilmente di deformazioni che avvengono all’interno delle coltri detritiche
riconducibili agli antichi fenomeni franosi, la cui causa deve essere ricercata, ancora una volta, nella disponibilità di
acque circolanti, legata, anche, ad una loro cattiva regimazione in superficie.
Effetti del fenomeno
I sopralluoghi effettuati in corrispondenza dei centri abitati hanno permesso di individuare diversi edifici e, in
generale, strutture antropiche (muri di contenimento, tratti della viabilità sia provinciale sia comunale) interessati da
lesioni. Si deve comunque dire che, a parte per un paio di edifici situati nella frazione Costa, in tutti gli altri le lesioni
osservate sono risultate di entità modesta e, malgrado riflettano l’esistenza di problemi di instabilità del versante, non
costituiscono, a meno di un loro aggravio, motivo di preoccupazione.
Lesioni sugli edifici sono state osservate nella frazione di Caneto, sia su alcuni di questi posti lungo il tracciato
della strada di accesso all’abitato sia nella parte più occidentale del centro, dove le lesioni appaiono maggiori per
numero.
Lievi incrinature dei muri perimetrali delle abitazioni sono state riscontrate poi su di un edificio al margine ovest di
Aracà e in più punti nell’abitato di Bonfigliara.
Nella zona a monte di quest’ultimo, lungo la mulattiera alle spalle del borgo, un muro di contenimento, verosimilmente
facente parte di un’opera di consolidamento del versante, appare lesionato.
Come accennato in precedenza, le lesioni di entità maggiore sono state osservate in corrispondenza di due edifici
nella frazione Costa. Si tratta di una casa d’epoca posta al limite occidentale dell’abitato e di un altro edificio posto
a valle della Strada Provinciale n°14, nel versante orientale del paese. In questi due casi in effetti le lesioni appaiono
molto più accentuate, se raffrontate con quelle osservate nelle altre situazioni, ed arrivano a minare la stabilità delle
strutture, che appaiono in stato di abbandono.
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Aracà - Bonfigliara - Caneto - Costa
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Interventi di sistemazione
Gli interventi più consistenti sono stati concentrati soprattutto in corrispondenza e nelle adiacenze dell’abitato di
Caneto. Essi sono stati effettuati in conseguenza sia dell’evento alluvionale del 1994 sia di quello del 2000, e sono
stati rivolti al consolidamento del versante e all’arginatura dell’azione di scalzamento operata dai rii. Un muro di
contenimento provvisto di pali e tiranti è stato realizzato immediatamente a sud della parte più occidentale dell’abitato,
mentre in corrispondenza della strada di accesso al paese il muro di sostegno lungo il lato di monte della carreggiata
è stato rifatto e provvisto di micropali e tiranti. Un intervento di ripristino del muro di contenimento e la sua attrezzatura
con micropali e tiranti è stata eseguita anche a valle del capannone posto a sud della curva a gomito che la Strada
Provinciale n° 14 fa appena sotto il paese. Opere di drenaggio sono state realizzate a monte della carrozzabile che
porta in paese e a monte della parte occidentale dell’abitato stesso.
Nel rio ad est di Caneto sono stati eseguiti interventi di pulizia dell’alveo e delle sponde, opere di sostegno per
queste ultime e un tratto dell’alveo è stato interessato da un’opera di risagomatura della sezione di scolo. Nel rio ad
ovest del paese, a valle del capannone di cui si è detto, sono state realizzate opere di sostegno delle sponde. Interventi
di realizzazione o ripristino di opere di contenimento sono stati comunque osservati in più punti lungo il versante
a salvaguardia dei terreni e delle strutture antropiche, probabilmente in parte realizzati anche con fondi di privati
cittadini.
- 63 -
Località
BAIARDO
008007
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Baiardo
Imperia
T. Nervia
Rio Merdanzo-Torrente Bonda
900
102 I SO
258052 Baiardo, 258091 Berzi
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 63 Isolabona-Apricale-Baiardo,
viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata
Esistente
Opere di sostegno e consolidamento,
opere di drenaggio e raccolta delle acque di scorrimento
e di infiltrazione
Cause di instabilità
Frane complesse (scorrimento + colamento), crolli, scorrimenti nella coltre superficiale.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Il territorio indagato in corrispondenza del centro abitato di Baiardo e nelle aree ad esso circostanti è costituito da
rocce appartenenti a tre distinte unità tettoniche.
Procedendo dal basso verso l’alto dell’impilamento si rinvengono i terreni riferibili al dominio Delfinese-Provenzale,
cui fanno seguito quelli dell’Unità Tettonica Baiardo-Triora, appartenente al Dominio Sub-Brianzonese o dei lembi
interposti, e per ultima l’Unità Tettonica del Flysch di San Remo-M. Saccarello.
La prima unità è rappresentata dal Flysch di Ventimiglia (FVE) (Priaboniano superiore-Oligocene inferiore?) che affiora
estesamente al contorno dello sperone roccioso su cui si trova Baiardo. Si tratta di arenarie grossolane granoclassate
e arenarie fini in banchi e strati, con intercalazioni siltoso arenacee e siltoso argillose. Si rinvengono livelli argillosomarnosi, talvolta calcareo-marnosi. Il Flysch di Ventimiglia è omologo di quello eocenico denominato Grés d’Annot
che chiude la copertura sedimentaria del Massiccio dell’Argentera, ed è anche caratterizzato nella parte alta dalla
presenza di olistoliti e olistostromi di origine varia.
L’Unità tettonica Baiardo-Triora, così denominata nei rilevamenti ancora inediti del Foglio San Remo a cura del Prof. S.
Giammarino (DIPTERIS, Università di Genova) e collaboratori, è rappresentata dal Flysch Nero (FNE), che questi ultimi
hanno denominato Flysch di Baiardo (Priaboniano superiore-Oligocene inferiore?). La placca del flysch costituisce la
porzione altimetricamente più elevata dello sperone roccioso di Baiardo. Sono arenarie fini con intercalazioni siltoso
arenacee e siltoso argillose inglobanti microbrecce, brecce, e più o meno grossi olistoliti, costituiti da elementi sia
dell’Unità di San Remo-M. Saccarello sia delle sequenze eoceniche del Dominio Delfinese-Provenzale. Per quanto
riguarda l’Unità tettonica San Remo-M. Saccarello affiorano nella porzione più orientale dell’area investigata le
Arenarie di Bordighera (ABO) (Maastrichtiano inferiore-medio) e la Formazione di San Bartolomeo (FBA) (Campaniano
inferiore?-Campaniano superiore).
Le prime sono arenarie torbiditiche spesso grossolane, sino a conglomeratiche, in strati spessi, localmente amalgamati.
Si possono rinvenire anche livelletti di argille siltose e straterelli calcarenitici e marnosi, oltre ad arenarie calcaree e
calcareniti fini e rare calcilutiti con al tetto argilliti scure. La Formazione di San Bartolomeo è qui presente nella sua
facies di peliti manganesifere caratterizzate da alternanze ritmiche di argilliti grigio-verdastre e subordinate siltiti in
strati sottili, con spalmature di ossidi metallici, sostituite da areniti fini e finissime.
- 64 -
Le differenti unità tettoniche sono separate da superfici di sovrascorrimento con andamenti circa suborizzontali o
immergenti moderatamente verso E, che si dispongono variamente in rapporto con la forma dei versanti e dislocate da
famiglie di faglie con andamento generale NW-SE.
L’immersione della stratificazione è stata ben individuata per la formazione del Flysch Nero ed è diretta generalmente
verso il primo e il secondo quadrante, con inclinazioni variabili tra i 30° e i 50°.
Inquadramento geomorfologico
Il centro abitato di Baiardo sorge su di uno sperone roccioso orientato circa E-W piuttosto affilato verso oriente che
si allarga moderatamente verso occidente, dove esso si interrompe, e dove è situata la parte più antica del paese. Lo
sperone di Baiardo rappresenta un tratto dello spartiacque tra i due bacini minori del Rio Marin, a sud, affluente del
Rio Merdanzo a sua volta affluente del Torrente Nervia, e del Rio della Fontana Vecchia, a nord, affluente del Torrente
Bonda, anch’esso con recapito delle proprie acque nel Nervia.
Baiardo si sviluppa tra le quote di 920 e 850 m s.l.m. circa ed è prevalentemente concentrato lungo lo sperone di cui
sopra, anche se presenta delle zone periferiche lungo la costa di Fontanabianca e in località Fontana Vecchia.
Fig. 15 –- L’abitato di Baiardo si trova su di uno sperone roccioso allungato est-ovest aggredito da frane lungo tutti i versanti. Quello meridionale,
visibile nella fotografia, è caratterizzato dalla presenza di antichi scorrimenti in roccia e frane quiescenti che hanno determinato problemi di
stabilità dei quali si hanno notizie sin dalla prima metà del secolo scorso.
L’assetto morfologico generale dell’area è dominato dall’emergenza orografica rappresentata dallo sperone roccioso
stesso, dal quale si dipartono versanti piuttosto lunghi dominati da forme legate alla gravità. Infatti a nord di Baiardo il
versante rappresentato dai pendii di Verna e Fontanette è interessato da tutta una serie di frane, verosimilmente relitte,
con cinematismi del tipo scorrimento roto-traslativo-colamento, le quali presentano a luoghi limitate riattivazioni per
scorrimento rotazionale, probabilmente confinate entro la massa precedentemente spostata.
Il versante meridionale presenta invece nella sua metà inferiore i segni tipici di un lento collasso determinato da una
deformazione gravitativa profonda di versante, mentre una serie di scorrimenti in roccia, dei quali restano attualmente
elementi morfologici più o meno marcati sul terreno, occupano la porzione orientale di questo pendio. Questi è
caratterizzato da roccia affiorante molto fratturata e giaciture della stratificazione con orientazioni difformi anche su
brevi distanze e non compatibili con quelle generali della roccia in posto.
- 65 -
Il reticolo idrografico, caratterizzato da aste di basso ordine profondamente incise, mostra di essere stato guidato
nel suo sviluppo dalle discontinuità tettoniche. Questo è particolarmente vero per i valloni alla base del versante
settentrionale di Baiardo dove è strettissima la coincidenza tra elementi della rete idrografica e faglie.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Il rilievo sul quale si trova l’abitato di Baiardo è aggredito praticamente su tutti i lati da fenomeni di instabilità, dei
quali sono visibili sul terreno sia forme di erosione sia depositi.
Il versante ad ovest, molto acclive, presenta alla sua sommità una superficie di degradazione il cui orlo interessa la
porzione più occidentale del paese, mentre lungo il pendio si verificano scivolamenti del materiale detritico adagiato
su di esso. Questa parte del paese risulta tuttavia in larga parte disabitata perché venne abbandonata a seguito del
terremoto del 23 Febbraio 1887 che colpì diversi centri della Provincia di Imperia e che qui fece oltre duecento vittime.
In ragione di ciò molti degli edifici sono in avanzato stato di degrado.
A margine vale la pena indicare che non sono state rinvenute notizie in merito a movimenti franosi attivatisi in
occasione del sisma.
Lungo il versante settentrionale gli edifici del paese sono interessati da fenomeni di dissesto nella estrema porzione
occidentale del centro abitato e in quella orientale, in corrispondenza della costa di Fontana Vecchia.
Nel primo caso una delle frane che si sviluppano lungo il pendio di Fontanette, giunge con la sua testata alla base
della parete verticale che caratterizza il tratto più elevato del versante.
A partire dalla sommità di quest’ultima avvengono distacchi di blocchi per crollo che vanno a formare un deposito
proprio al piede della scarpata verticale.
In corrispondenza della località Fontana Vecchia alcune frane di scorrimento e complesse, verosimilmente coinvolgenti
la parte più superficiale del versante, ammantata da una coltre detritica di spessore vario, ma probabilmente in parte
anche la sottostante roccia alterata, lambiscono le case sparse distribuite lungo la strada comunale. Le frane sembrano
generalmente in uno stato di quiescenza da lungo tempo anche se poche lesioni non rilevanti sono state osservate sugli
edifici della zona e le loro pertinenze. Fa eccezione la frana che interessa la strada comunale nei pressi dell’incrocio
con la Strada Provinciale n° 63 dove l’avvallamento della sede stradale e le lesioni su di un fabbricato posto subito a
monte della strada dimostrano la sua recente attività.
Il versante posto a sud del nucleo centrale dell’abitato è quello che nel corso del tempo ha dato i maggiori problemi.
Notizie di movimenti in questa parte del territorio risalgono già al 1914, quando una frana interessò alcuni coltivi posti
al margine occidentale del centro abitato.
Questo evento comportò una prima classificazione del centro come da consolidare a cura dello Stato con RD n. 908
del 24 Aprile 1921. Il provvedimento venne in seguito revocato con RD n. 2314 del 29 Ottobre 1936, probabilmente
a causa della successiva stabilizzazione dell’area, come riportato nella relazione tecnica inedita dell’ex Servizio
Provinciale del Genio Civile di Imperia redatta a cura di Mela e Scrimaglio (1984).
E’ con nota n. 1960 del Sindaco di Baiardo del 23 Marzo 1984 che venne riproposto il problema dell’aggravarsi
del fenomeno franoso coinvolgente il nucleo storico del paese, e il centro rientrò nuovamente tra quelli classificati da
consolidare a spese dello Stato con CR n. 102 del 20 Novembre 1985.
La frana, ancora oggi individuabile, è di tipo complesso con cinematismi di scorrimento rotazionale e traslativo e parti
della massa spostata in colamento. Essa coinvolge la coltre detritica superficiale ma anche una più profonda riferibile
ad un fenomeno franoso precedente, che complessivamente hanno uno spessore variabile tra gli 80 cm e gli 11 metri.
La frana dovrebbe interessare il substrato roccioso che qui si dispone in rapporto alla disposizione del versante con
giacitura variabile dal franapoggio al contropoggio e risulta, almeno per i primi metri abbastanza fratturato (Mela &
Scrimaglio, 1984; Oddera, 1998).
E’ singolare che in uno dei sondaggi effettuati nel corso dello studio del fenomeno da GEOTECNO s.r.l. (1987) sia
stata rinvenuta al di sotto dei primi 50 cm di riporto e terreno vegetale una cavità artificiale dell’altezza di circa 4,30
m con volta in mattoni, identificata come parte di un vecchio deposito di munizioni.
Non è stato possibile conoscere il contesto storico della struttura antropica né sapere se si tratti di un caso unico o
se esistano altre cavità come questa, e neppure come e se la cavità nota si snodi all’interno del versante. Certo è che
se non si trattasse di un caso sporadico, la presenza di questi vuoti potrebbe essere importante nella determinazione
di situazioni di instabilità.
Certamente il dissesto trova i suoi principali fattori predisponenti nelle già citate condizioni giaciturali della roccia e nel
suo stato di fratturazione, oltre che nella pronunciata acclività del versante e nelle scadenti caratteristiche geotecniche
e geomeccaniche dei terreni presenti.
Le cause scatenanti sono invece da attribuire alla presenza di acque circolanti, specie in concomitanza di periodi
particolarmente piovosi o in occasione di eventi meteorici intensi e prolungati.
Esse, generando sovrapressioni interstiziali, determinano il definitivo superamento della soglia di equilibrio con
conseguente destabilizzazione della massa rocciosa. Allo stato attuale gli interventi eseguiti possono far ritenere
stabilizzata la massa della frana.
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Baiardo
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Tavola 5
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Effetti del fenomeno
A parte i fenomeni lesivi sporadici già menzionati, riscontrati sugli edifici e le strade che ricadono nell’area di
Fontana Vecchia, i più consistenti effetti del dissesto sono quelli che sono stati provocati nella parte meridionale del
nucleo storico di Baiardo.
L’area del paese coinvolta venne delimitata all’epoca del sopralluogo effettuato dall’ex Genio Civile Provinciale di
Imperia (Mela & Scrimaglio, 1984) tra le vie Podestà e Piè di Castello, a Nord, e gli edifici soprastanti via Annunziata,
a Est. In questa parte del paese numerosi sono stati gli edifici lesionati e con crepe in allargamento nel tempo. Si ebbero
anche dei crolli di fabbricati, sempre nelle adiacenze di via Podestà e via Annunziata, con emissione di numerose
ordinanze di sgombero e demolizione. Anche la percorribilità delle stesse vie venne messa a serio rischio.
Interventi di sistemazione
Gli interventi più consistenti sono stati realizzati in corrispondenza della parte meridionale del centro storico colpita,
e pesantemente danneggiata, dal dissesto sopra illustrato. Lo studio del dissesto ha condotto alla progettazione e
realizzazione di interventi volti al consolidamento di settori del versante.
Sono stati realizzati muri in calcestruzzo armato fondati su pali e tiranti, anche in sostituzione di vecchi muri in pietra
preventivamente rimossi, e cordoli su micropali e provvisti di tiranti. Sono state contemporaneamente realizzate o
ripristinate opere per la raccolta, il drenaggio e lo smaltimento delle acque sia superficiali che subsuperficiali. In gran
parte del centro storico, peraltro anche al di fuori dell’area colpita dal dissesto, sono in corso lavori di sistemazione e
ripristino sia degli edifici sia della viabilità.
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Località
CASTEL VITTORIO
008015
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Castel Vittorio
Imperia
T. Nervia
470
102 I NO, 102 IV NE
258054 Castel Vittorio
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
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Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 64 e viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Non installata
Esistente
Opere di sostegno fondate su micropali e tirantate,
opere di raccolta e smaltimento delle acque, drenaggi, briglie,
difese di sponda, strutture paramassi
Cause di instabilità
Deformazioni gravitative profonde di versante, frane relitte, frane complesse, scorrimenti di roccia in blocco e crolli.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Nel territorio all’interno del quale ricade il centro abitato di Castel Vittorio affiorano terreni di pertinenza del dominio
Delfinese-Provenzale e in particolare si rinviene esclusivamente il Flysch di Ventimiglia (FVE) (Priaboniano superioreOligocene inferiore?).
Questa formazione è costituita da arenarie grossolane granoclassate e arenarie fini in banchi e strati con
intercalazioni siltoso arenacee e siltoso argillose. Si rinvengono inoltre livelli argilloso-marnosi, talvolta calcareomarnosi. Considerato omologo del flysch eocenico denominato Grés d’Annot, che chiude la copertura sedimentaria
del Massiccio dell’Argentera, è caratterizzato dalla presenza di olistoliti e olistostromi di varia provenienza nella parte
alta. La giacitura della formazione è ovunque immergente verso SE e SSE con inclinazioni piuttosto blande che si
aggirano tra i 15° e i 20°.
Di grande rilievo sono le discontinuità tettoniche che dissecano con direzione circa NW-SE l’area studiata. Si tratta
di faglie caratterizzate da un movimento a componente prevalentemente orizzontale, del tipo trascorrente destro. Esse
appartengono al sistema di deformazioni tettoniche a carattere regionale note in letteratura come “faglia S. Stefano
al Mare-Saorge”. Si tratta di una struttura presumibilmente sismogenetica, anche se l’attività sismica ad essa associata
è di medio-bassa intensità.
Inquadramento geomorfologico
Il centro abitato di Castel Vittorio si trova sul versante destro della Val Nervia e sorge su di uno sperone roccioso
orientato approssimativamente NW-SE, costituente parte dello spartiacque tra i bacini del Rio Fontanelle, a Sudovest,
e del Rio Aurenga, a Nordest, che recapitano le acque direttamente nel Torrente Nervia.
I versanti su cui affaccia il centro abitato sono piuttosto acclivi, con inclinazioni in media sui 30°-35°, ma possono
raggiungere localmente anche 45°. I rapporti tra l’orientazione dei versanti e la giacitura della stratificazione del Flysch
di Ventimiglia determinano disposizioni a traverpoggio e reggipoggio di quest’ultima, cosicché la struttura geologica
risulta, almeno per questo aspetto favorevole alle condizioni di stabilità del versanti.
Diversa appare la situazione dal punto di vista delle discontinuità tettoniche, che a grandi linee hanno determinato
l’assetto morfologico dell’area. Questo rapporto si rileva per esempio nello sviluppo dei due rii che bordano lo sperone
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roccioso su cui è fondato il borgo, i quali coincidono, almeno per ampi tratti del loro percorso, con tali discontinuità.
Inoltre, è nello stato di fratturazione dell’ammasso roccioso e nello sviluppo di imponenti movimenti franosi, oltre che
nella presenza di scarpate a forte acclività, che devono essere individuati gli effetti più palesi della presenza del
sistema di discontinuità sulla stabilità dei versanti.
Descrizione e tipologia del fenomeno
I pendii posti a Sudovest di Rio Fontanelle e a Sud della località Madonna della Colletta sono sede di fenomeni di
collasso di una certa rilevanza, che probabilmente hanno interessato al di sotto della coltre superficiale l’ammasso
roccioso. Si tratta di vistose deformazioni gravitative profonde di versante la cui presenza è tradita dall’andamento
abbastanza irregolare del reticolo idrografico e dalla presenza di numerosi sproni rocciosi e rotture di pendio la cui
trama non si spiega se non nel disegno di una morfogenesi gravitativa.
Su di essi si sono impostati fenomeni gravitativi di successiva generazione che verosimilmente hanno interessato la
parte più superficiale dell’ammasso precedentemente scompaginato. A questi fenomeni, che potremmo dire di seconda
generazione, vanno riferite le frane che hanno rimobilizzato nel tempo la parte del versante più prossima al corso
del Rio Fontanelle in località Rolando. Si tratta di fenomeni complessi, caratterizzati da traslazione per scorrimento
cui fanno seguito colamenti della massa spostata. Secondo la relazione geologica redatta per la Comunità Montana
Intemelia da Martolini (2001), successiva all’ultima riattivazione dei dissesti in questa parte dell’area considerata
che ha minato la stabilità di alcune abitazioni ed edifici sparsi lungo il versante, i fenomeni franosi interesserebbero
verosimilmente la porzione confinata entro la prima decina di metri dalla superficie topografica, che risulta essere
quella con le caratteristiche più scadenti.
Fig. 16 – Il centro di Castel Vittorio ha subito danni per frana a partire dal 1951, lungo il versante di nordest (non visibile nella fotografia).
Recentemente i problemi maggiori si sono concentrati lungo i fianchi del vallone di Rio Fontanelle, a sudovest del paese (nella fotografia), aggrediti
da frane e fenomeni di instabilità che hanno riattivato porzioni di frane relitte.
Fenomeni di crollo si verificano a partire dalla parete ad andamento circa verticale denominata la Rocca,
periodicamente si assiste, soprattutto in concomitanza di periodi particolarmente piovosi, al distacco di blocchi anche
di considerevoli dimensioni.
Il centro abitato di Castel Vittorio risulta coinvolto più direttamente da alcuni dissesti che interessano i versanti sui
quali si affaccia. Il pendio che degrada verso il Rio Fontanelle risulta caratterizzato da una pronunciata acclività ben
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Tavola 6
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Castel Vittorio
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osservabile nella porzione a valle del tracciato della strada provinciale per la totale assenza di edifici che mascherano
la morfologia originaria, compatibile con l’esistenza di una scarpata di degradazione direttamente influente sul lato
SW del nucleo storico. In località S. Luigi il versante appare interessato da un fenomeno franoso, verosimilmente di tipo
complesso, che investe con la sua porzione frontale il piazzale adibito a parcheggio su Rio Fontanelle.
Sul versante opposto, incombente sul corso del Rio Aurenga, sono ben distinguibili forme, sia di erosione sia di
accumulo, legate al verificarsi di dissesti che hanno coinvolto gli edifici posti in fregio al centro abitato e la sede della
strada provinciale.
Quello di dimensioni maggiori, di tipo complesso, ha interessato la porzione più nord-occidentale del borgo,
coinvolgendo un buon tratto della Strada Provinciale, la soprastante Via Martiri di Gordale e le abitazioni ricadenti
tra queste due. Indagini geognostiche condotte in questa porzione del versante (Servizio Provinciale del Genio Civile
di Imperia (a cura di), 1987) hanno individuato il passaggio tra la massa disarticolata e il substrato roccioso ad una
profondità compresa tra i 15 e i 17 metri.
Per quanto riguarda i fattori predisponenti e le cause determinanti i movimenti franosi che complessivamente interessano
l’area esaminata, oltre ai già citati fattori strutturali legati all’esistenza delle discontinuità tettoniche, cui si associa una
marcata fratturazione della roccia, si possono annoverare fra i primi i netti contrasti di permeabilità che esistono tra le
coltri più superficiali e il substrato roccioso e all’interno di questo per l’alternanza tra i litotipi arenacei e quelli siltoso
argillosi, mentre tra i secondi vanno sicuramente ascritti gli eventi alluvionali che periodicamente colpiscono la zona
come da ultimo in ordine temporale, quello del Novembre 2000.
Sono inoltre da tenere in considerazione i processi erosivi operanti lungo i rii Fontanelle e Aurenga che hanno
contribuito alla destabilizzazione dei versanti che si affacciano su di essi
Effetti del fenomeno
I fenomeni di instabilità che hanno interessato a più riprese i versanti che fanno capo al centro abitato di Castel
Vittorio hanno determinato il verificarsi di cedimenti e lesioni sia nelle strutture viarie sia in edifici all’interno e al di fuori
del centro abitato.
Il fenomeno franoso che ha interessato a partire dal 1951 il lato NE dello sperone roccioso sul quale sorge il
nucleo vecchio del paese ha interessato un tratto di circa 100 metri della Strada Provinciale n° 64, determinando un
avvallamento della stessa e la comparsa di lesioni centimetriche sia sul muro di sottoscarpa sia su quello di controripa.
Numerose lesioni sono comparse anche sugli edifici nell’intorno dell’area e in particolare su quelli compresi tra la strada
provinciale e la soprastante Via Martiri di Gordale e su quelli in prossimità della curva a gomito della provinciale
stessa. Le lesioni sugli edifici sono visibili ancora oggi su alcune abitazioni di vecchia costruzione che all’epoca del
dissesto vennero sgomberate e che non sono mai state ripristinate o abbattute.
L’altra zona di criticità dell’abitato di Castel Vittorio è connessa con i dissesti occorsi in località Rolando, lungo il
versante su cui si sviluppa la strada Castel Vittorio-Case Vetta. Indizi di movimento conosciuti si hanno qui a partire dal
1990. Nel tempo, a seguito dei movimenti franosi che hanno interessato verosimilmente la porzione più superficiale
dei precedenti fenomeni coinvolgenti l’ammasso roccioso, i danni si sono verificati a spese della strada e di edifici
ad uso abitativo sparsi lungo il versante. A seguito dell’evento alluvionale del Novembre 2000 si è reso necessario
l’abbattimento di 2 abitazioni, pesantemente danneggiate, e lo sgombero di altre due, rese in seguito nuovamente
agibili con interventi di messa in sicurezza.
Interventi di sistemazione
Il centro abitato di Castel Vittorio venne dichiarato centro da consolidare a cura e a spese dello Stato con DM del 29
Gennaio 1953, ai sensi della legge n. 9 del 10 Gennaio 1952, a seguito dei movimenti franosi causati dall’alluvione
del 1951.
Sono della prima metà degli anni ’80 del secolo scorso le relazioni geologiche a cura del Servizio Provinciale del
Genio Civile di Imperia (1987; 1989) che attestano l’attività dei movimenti franosi e la necessità di interventi per il
consolidamento del centro abitato.
Diversi interventi sono stati operati in zona con l’intento di arginare le situazioni di maggiore criticità. In corrispondenza
del fenomeno franoso coinvolgente la Via Martiri di Gordale, gli interventi eseguiti verso la fine degli anni ’90 del
secolo scorso sono stati rivolti al consolidamento della sede stradale con opere di sostegno fondate su micropali e
tirantate ed opportune opere di raccolta e smaltimento delle acque.
Il versante posto in sinistra e a monte del Rio Fontanelle è stato oggetto a più riprese di interventi volti alla protezione
della sede stradale Castel Vittorio-Case Vetta e delle abitazioni sparse lungo il versante. Cordoli con tiranti su micropali,
gabbionate e opere di raccolta e allontamento delle acque superficiali e subsuperficiali (trincee drenanti, canalette
lungo la strada) sono presenti in diversi punti lungo il percorso stradale; una barriera paramassi ad opera del comune
è stata realizzata a valle della parete rocciosa denominata la Rocca al fine di proteggere la viabilità.
Allo stato attuale è in corso un ulteriore intervento di consolidamento e bonifica del versante con interventi anche nel
rio Fontanelle stesso, tramite la realizzazione di briglie e argini in gabbioni con lo scopo di abbattere l’erosione del
corso d’acqua e la conseguente azione di scalzamento dei versanti.
- 72 -
Località
CERIANA
008016
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Ceriana
Imperia
T. Armea
350
102 I SO
258104 Ceriana
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 55, viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata
Esistente
Opere di consolidamento dei versanti, di drenaggio e raccolta
delle acque circolanti e opere sugli alvei volte alla risistemazione
delle sponde e al miglioramento del deflusso.
Cause di instabilità
Deformazioni gravitative profonde di versante, frane complesse per scorrimento e colamento, colate di differenti
dimensioni nella coltre superficiale (fenomeni tipo soil slip e debris flow).
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Nell’area su cui insiste il centro abitato di Ceriana affiorano rocce riferibili all’Unità Tettonica San Remo-Monte
Saccarello. Essa è rappresentata dalle Arenarie di Bordighera e dalla formazione di San Bartolomeo.
Le Arenarie di Bordighera (ABO) (Maastrichtiano inferiore-medio) costituiscono la maggior parte del substrato del
territorio rilevato e sono formate da potenti strati di arenarie torbiditiche, spesso grossolane sino a conglomeratiche.
Si rinvengono localmente livelletti di argille siltose e straterelli calcarenitici e marnosi, oltre ad arenarie calcaree,
calcareniti fini e raramente calcilutiti, con al tetto argilliti scure.
Gli affioramenti della formazione di San Bartolomeo (FBA) (Campaniano inferiore (?)-Campaniano superiore) si
rinvengono lungo il versante sinistro della porzione terminale del Rio Mora e limitatamente lungo i versanti della valle
del Torrente Armea, in prossimità dell’asse del solco vallivo. Essa è rappresentata dalla facies costituita da sottili strati
calcarei alternati con livelli marnoso-argillosi; nella parte superiore della serie si hanno intercalazioni di straterelli di
calcisiltiti nocciola chiaro con livelli di peliti grigie e straterelli di arenarie.
Gli strati delle Arenarie di Bordighera immergono nei pressi dell’asse vallivo principale generalmente verso SSW,
con inclinazioni variabili tra 20° e 40°. Date la direzione dell’asse vallivo principale, circa NNW-SSE, e le conseguenti
orientazioni dei versanti principali e secondari, essa assume disposizioni variabili che vanno dal reggipoggio fino al
franapoggio.
Il versante destro della valle è interessato da faglie, complessivamente disposte circa NW-SE, che passano a monte
dell’area indagata (fuori carta). Esse determinano rotture del pendio che risultano ben evidenti dall’esame delle
fotografie aeree
Inquadramento geomorfologico
Il centro abitato di Ceriana, compreso entro le quote 300 e 400 m s.l.m., si trova alla base di un versante esposto a
NE e si affaccia direttamente sul corso del Torrente Armea. Il pendio è solcato in senso longitudinale da aste torrentizie
di basso ordine che recapitano le loro acque direttamente al corso d’acqua principale; tra queste il Rio Craì e il Rio
Muanda bordano rispettivamente a nord e a sud il paese.
I tratti generali dell’area mettono in evidenza il ruolo rivestito dai fenomeni gravitativi nell’improntarne la morfologia.
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Infatti, a far capo circa dalla quota di 725 metri (fuori carta verso sudovest) il profilo del versante ai piedi del quale
si trova l’abitato di Ceriana, risulta spezzato per il succedersi di tratti caratterizzati da differenti inclinazioni. Questo
aspetto è visibile per esempio nella zona di Casa Cuetto dove ad un tratto piuttosto inclinato, a monte dei 600 metri
di quota, fa seguito, procedendo verso valle, una porzione meno inclinata che lascia poi il posto nuovamente ad un
tratto maggiormente ripido a partire circa da Casa Testaronda.
A situazioni come quella illustrata, che si ripetono più volte lungo il versante, si uniscono l’idrografia caratterizzata
da aste brevi e di basso ordine che tendono a convergere tra loro in corrispondenza degli apici e lo stato scadente
dell’ammasso roccioso che appare generalmente fratturato e alterato, tanto da aver dato luogo alla formazione di coltri
superficiali di potenza in alcuni casi superiore ai 3 metri.
Fig. 17 – L’abitato di Ceriana (qui visto da sud), centro principale della Valle Armea, si trova alla base di un versante interamente modellato da un
grandioso fenomeno di deformazione gravitativa profonda di versante e da frane relitte. Riattivazioni di parti di queste frane si rinvengono in più
tratti del pendio e una ha interessato la porzione nord-orientale del paese (a destra nella fotografia). Il centro del paese e le aree limitrofe sono
state colpite duramente anche nel corso dell’evento alluvionale del Novembre 2000.
In linea generale, si può affermare che il versante è interessato da grandi frane se non addirittura da fenomeni di
deformazione gravitativa profonda, come si può ipotizzare per l’intera parte del pendio che si individua a partire
proprio dalla già citata quota di 725 metri s.l.m. ed è compresa tra i rii Mora e Muanda. Il determinarsi di questi
grandiosi eventi franosi è stato con buona probabilità predisposto dalla presenza di faglie ad andamento generale
NW-SE i cui riflessi morfologici sono ben individuabili per mezzo della fotointerpretazione.
Questi eventi franosi allo stato attuale hanno raggiunto un loro equilibrio che li fa ritenere sostanzialmente inattivi,
tuttavia essi rappresentano il substrato sul quale si sono sviluppate le frane che successivamente hanno rimobilizzato
porzioni più limitate del versante.
Descrizione e tipologia del fenomeno
La parte settentrionale dell’abitato di Ceriana è coinvolta in un movimento franoso che ha interessato la coltre che
ammanta il versante e probabilmente in parte anche la massa rocciosa che affiora a tratti all’interno del centro abitato
e lungo le scarpate che si affacciano sul Rio Mora e sul Torrente Armea. Si tratta quindi verosimilmente di un fenomeno
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complesso di colamento della coltre e di scorrimento in roccia mobilizzatosi a causa dello scalzamento operato dai
corsi d’acqua e dello scadimento delle caratteristiche geotecniche dei materiali in conseguenza dell’infiltrazione delle
acque per il disordinato deflusso superficiale, come si evince anche dalla relazione Miscione et al. (a cura di), (2002)
redatta per il Dipartimento Rischio Tecnologico e Naturale dell’ANPA. Attualmente la frana non sembra essere attiva,
anche grazie agli interventi effettuati nel tempo che sembrerebbero averla stabilizzata.
Recentemente molteplici eventi hanno colpito il territorio del comune di Ceriana. Infatti a seguito dell’evento alluvionale
del 23-24 Novembre 2000 un elevato numero di dissesti, nella maggior parte dei casi rappresentati da frane di
scivolamento di detrito (soil slip) e flussi detritici (debris-flow) si sono sviluppati lungo i versanti circostanti l’abitato e
anche lungo le aste della rete idrografica, per esempio in corrispondenza del Rio Craì, come evidenziato nei verbali
dei sopralluoghi del 12 e 20 Dicembre 2000 condotti dall’Unità di crisi costituita presso il Centro Interuniversitario di
Ricerca in Monitoraggio Ambientale (CIMA) di Savona.
I dissesti hanno interessato in special modo i versanti boscati e i terreni agricoli e forestali sistemati a fasce e in
particolare modo quelli sviluppati sulle coltri derivanti dai litotipi arenacei. Le colate detritiche hanno, fortunatamente,
avuto una mobilità limitata rimanendo confinate sui versanti o riversandosi all’interno dei corsi d’acqua. In quest’ultimo
caso le colate hanno subito fenomeni di espansione laterale dando origine ad occlusioni parziali delle sezioni di
deflusso che hanno formato piccoli laghi di sbarramento effimeri o, in alternativa, si sono propagate lungo gli impluvi
alimentandone il trasporto solido. Le cause determinanti l’innesco di questi diffusi fenomeni franosi sarebbero da
ricercare nelle condizioni morfologiche locali, nello spessore delle coltri e nella loro diversa permeabilità, nella loro
capacità di saturazione in acqua, nelle caratteristiche della copertura vegetale e nella destinazione agricola o meno
del suolo, senza trascurare tuttavia la presenza di trascorse condizioni di dissesto obliterate negli anni. Naturalmente,
tutto va visto nell’ottica del carattere e dell’entità dell’eccezionale evento meteorico che ha colpito la Liguria occidentale
nel 2000. Basti pensare che l’evento del 23 Novembre, durante il quale sono caduti più di 180 mm in 24 h, è stato
il culmine di un periodo piovoso nel corso del quale in 45 giorni le precipitazioni hanno superato complessivamente
i 1000 mm. In particolare, per la zona di Ceriana i fenomeni franosi si sono innescati circa 8-10 h dopo l’inizio
dell’evento, con un massimo di attività in risposta ad una intensità della pioggia pari a 8-10 mm/h (Guzzetti et al.,
2004). Allo stato attuale la maggior parte delle frane superficiali e le colate determinatesi in conseguenza dell’evento
del Novembre 2000 non sono più rilevabili sul terreno, salvo casi di maggiori dimensioni. Una di queste è la frana che
ha interessato il versante sinistro del Rio Crai che ha mobilizzato e riversato lungo il rio un notevole volume di materiale,
verosimilmente riferibile alla coltre superficiale, determinando una situazione di rischio per alcuni edifici posti lungo la
strada provinciale, laddove essa supera il corso del rio medesimo.
Effetti del fenomeno
Gli effetti dei fenomeni franosi che interessano il versante di Ceriana si sono concentrati nel tempo soprattutto
in corrispondenza della parte settentrionale del paese, dove la presenza della frana complessa ha determinato il
progressivo degradarsi di diversi edifici posti in corrispondenza del versante direttamente affacciato sul Torrente
Armea. Il danneggiamento degli immobili è legato soprattutto agli assestamenti che si sono verificati nella coltre più
superficiale di cui si compone la frana, data anche l’inadeguatezza delle tipologie costruttive a sopportare movimenti
amche di limitata entità.
Gli effetti più recenti si sono avuti in conseguenza dei movimenti franosi concomitanti l’evento alluvionale del
Novembre 2000. I materiali mobilizzati da frane e colate hanno interessato in più punti il centro abitato e le zone
ad esso limitrofe. Nell’immediatezza dell’evento si sono rese necessarie diverse ordinanze di sgombero che hanno
allontanato dalle abitazioni diverse decine di persone per danni reali o potenziali. I danni hanno riguardato con
diversa entità edifici, strutture viarie, reti di distribuzione e reti di raccolta delle acque. All’epoca dei fatti le persone
esposte a rischio nell’intero territorio comunale assommavano a qualche centinaio, tra cui il personale della locale
stazione dei Carabinieri.
Vale la pena qui menzionare, sebbene poste al di fuori del centro abitato propriamente detto, i fenomeni franosi che
hanno colpito le due località di Bestagno e Ca’ Mainardi.
A Bestagno una vasta frana complessa coinvolgente una massa notevole di materiale sciolto, a sua volta probabilmente
un antico deposito di frana, si è distaccata il 24 Novembre dal lato sudest della Costa di Santa Caterina, alla quota di
circa 625 m s.l.m., giungendo con il suo fronte sul fondovalle del Torrente Armea e risalendo per un dislivello di circa
20 metri lungo il versante opposto. Il fenomeno ha dato luogo, nella sua porzione terminale, ad un deposito conformato
ad ampio ventaglio, con una fronte larga circa 150 metri dimostrando con ciò la natura di colata assunta dal materiale
in movimento. La frana è stata estremamente rapida con velocità di diversi metri al secondo ed ha investito diverse
abitazioni, la strada Provinciale Ceriana-Baiardo e ha causato la morte di due persone.
Nel corso del medesimo evento anche in corrispondenza della frazione Case Mainardi, posta a valle rispetto
all’abitato di Ceriana, un paio di frane, un fenomeno complesso e uno scorrimento rotazionale, hanno interessato in
punti differenti un tratto del versante sinistro della valle Armea. Quest’ultimo appare interessato da forme riconducibili
a pregressi movimenti franosi, probabilmente anche qui guidati dalle discontinuità tettoniche già presenti a monte
dell’abitato di Ceriana che si prolungano fino a questa porzione del versante. La roccia appare disgregata in superficie
e ammantata da una consistente coltre detritica che è stata coinvolta nei movimenti franosi. Si sono verificate lesioni
contenute su diversi edifici, rendendosi necessarie comunque ordinanze di sgombero nella immediatezza dei fatti.
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Ceriana
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Tavola 7
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Interventi di sistemazione
Dichiarato centro da consolidare o da trasferire a spese dello Stato con CR n. 158 del 30 Dicembre 1981, l’abitato
di Ceriana è stato oggetto, a cavallo degli anni ‘80, di numerosi interventi di consolidamento, con realizzazione di
paratie di micropali con tiranti in località “Cava”, lungo Via Visitazione, Via Mario Laura, sottopiazza e Vico Marcello,
oltre ai “recenti” interventi progettati sul rio Mora.
Gli interventi “storici” effettuati sulla parte media ed inferiore del centro storico erano volti a sanare una situazione di
franosità localizzata e di franosità potenziale dell’intera porzione inferiore del centro storico, legata essenzialmente al
progressivo aumento degli spessori di coltre detritica e alla inadeguata tipologia costruttiva degli edifici.
Tali interventi hanno riguardato il versante direttamente affacciato sul Torrente Armea, a minore acclività e caratterizzato
da una situazione stratigrafica e da problemi geologico-geotecnici assai diversi da quelli riscontrati nel versante
affacciato sul Rio Mora. Questi risulta decisamente acclive, con affioramenti rocciosi estesi, parzialmente urbanizzato
solo sopra Via Visitazione e con problemi di stabilità confinati nella sola porzione più superficiale, caratterizzata da
una esigua copertura detritica.
A seguito dell’evento alluvionale del Novembre 2000, si sono resi necessari nuovamente tutta una serie di opere per
la messa in sicurezza dei tratti del versante e dei rii che sono stati interessati dai movimenti franosi.
Il Rio Crai, dove si è verificata una delle frane, è stato oggetto di particolare attenzione con interventi di sistemazione
della porzione di versante franata tramite opere di sostegno, risagomatura del pendio e opere di drenaggio e raccolta
delle acque circolanti. Inoltre si sono resi necessari interventi di risagomatura dell’alveo e realizzazione di opere di
difesa spondale, al fine di rendere maggiormente efficiente lo scorrimento delle acque.
Ancora in questa occasione si sono resi necessari interventi lungo il rio Mora e in genere a valle del nucleo storico di
Ceriana con opere sia di sostegno sia di regimazione delle acque. In particolare sono stati realizzati muri di sostegno
anche su pali e con tiranti lungo Via della Visitazione per ridare al versante le condizioni di stabilità necessarie, mentre
la regimazione delle acque è stata ottenuta tramite la costruzione di canalette di raccolta e di smaltimento delle acque
correnti, così da ridurre sensibilmente l’erosione e prevenirne l’infiltrazione causa di scadimento delle caratteristiche
meccaniche dei terreni.
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Località
CONIO
008010
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Borgomaro
Imperia
T. Impero
600-650
102 I NE
258031 Conio
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 24 Borgomaro - Colle d’Oggia,
strade comunali
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Non esistente
Non installata
Esistente
Muro di contenimento al di sotto della strada comunale nel suo
tratto immediatamente a Sud di Conio, muri di contenimento a
monte della mulattiera che dalla strada comunale conduce alla
Chiesa di San Maurizio.
Cause di instabilità
Frane complesse (scorrimento+colamento) e frane di colamento nella coltre superficiale
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
IL territorio indagato è modellato nel Flysch di San Remo (Maastrichtiano medio-superiore) (FSR), appartenente
all’Unità Tettonica San Remo-M. Saccarello.
Il flysch è qui rappresentato da bancate torbiditiche di marne e arenarie calcaree con potenze variabili fino a un paio
di metri e livelli calcilutitici passanti a strati marnoso-arenacei e strati arenacei e argillitici.
Gli strati del flysch interessati da pieghe a differenti scale presentano immersioni variabili nei diversi settori dell’area.
Si rinvengono immersioni dirette prevalentemente verso nordest in corrispondenza della dorsalina nei pressi di San
Rocco e nelle porzioni di versante immediatamente adiacenti a questa. A nord e a ovest del paese, così come nella
scarpata che degrada verso sud dalla dorsale, le immersioni degli strati sono dirette prevalentemente verso SE-SSE
con inclinazioni variabili tra i 20° e i 45°. Immersioni della stratificazione verso SE si rilevano anche verso il fondo del
versante che termina in corrispondenza del corso del Torrente Impero, posto a est del centro abitato. Qui le inclinazioni
degli strati sono variabili tra i 20° e i 35°.
Gli affioramenti rocciosi mostrano talvolta sistemi di fratturazione, anche con discontinuità che si presentano beanti,
che contribuiscono al decadimento delle caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso roccioso. Un ulteriore aggravio
della situazione si ha quando le discontinuità sono disposte sfavorevolmente alla stabilità del pendio in relazione con
l’andamento del versante, aumentando così la propensione al dissesto dell’area.
Inquadramento geomorfologico
Il centro abitato di Conio si trova compreso tra le quote 600 e 650 m s.l.m. e sorge su di uno sperone roccioso,
orientato circa Est-Ovest, di forma subpianeggiante nella parte sommitale. I versanti che si sviluppano a valle del
paese degradano direttamente verso il corso del Torrente Impero, che scorre all’incirca 300 metri più sotto. L’abitato è
costituito da un nucleo centrale e da alcune case sparse, distribuite prevalentemente verso nord rispetto al centro storico.
Il territorio di Conio è interessato da morfogenesi gravitativa e torrentizia, quest’ultima risolvendosi essenzialmente
nell’incisione operata dai rii che drenano il versante e recapitano le loro acque direttamente nel Torrente Impero.
I fenomeni franosi sono sviluppati prevalentemente in corrispondenza del pendio che degrada dal fianco sud della
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dorsale rocciosa. Qui la morfologia generale è data da un antico e relitto corpo franoso sospeso, in corrispondenza
della fronte, sul corso del Torrente Impero, del quale si riconoscono ancora alcuni lembi lungo tratti del versante, e
parte del limite superiore della scarpata principale.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Il pendio che degrada verso nordest dalla sommità della dorsale è piuttosto acclive e poco sviluppato in lunghezza.
La stratificazione in rapporto con la forma del versante determina una situazione di traversopoggio, abbastanza
favorevole alla stabilità dell’area. La conseguenza di questo assetto morfostrutturale è che si rinvengono pochi e limitati
movimenti franosi che interessano la coltre superficiale derivante dalla degradazione della roccia sottostante, che si
presenta costituita da clasti e blocchi calcarei e marnosi immersi in una matrice con elevata componente argillosa.
Questo avviene in corrispondenza della testata dell’impluvio che separa il versante sottostante Conio dalla costa di
San Maurizio, o come si può osservare poco più a valle, dove una frana complessa (scorrimento+colamento), inattiva,
giunge con il suo fronte in corrispondenza della sponda destra del medesimo rio. La frana in corrispondenza della
testata dell’impluvio si presenta come un colamento della coltre superficiale che lambisce la parte più settentrionale
dell’abitato di Conio.
Fig. 18 – Il centro di Conio, nell’alta valle del Torrente Impero, è minacciato da una frana attiva nella sua porzione più meridionale (a sinistra nella
fotografia). Si tratta di una frana complessa che rappresenta la riattivazione, almeno in parte, di una precedente frana attualmente quiescente, a
sua volta sviluppatasi nell’ambito di un fenomeno ormai relitto.
La situazione cambia radicalmente in corrispondenza dell’area posta a sud dello sperone di Conio. Qui la
stratificazione, che varia la sua direzione di immersione da sudest, immediatamente al di sotto del paese, a nordest
in corrispondenza della dorsalina che si trova nei pressi di San Rocco, intercetta il versante con una disposizione
a franapoggio, data anche l’acclività abbastanza pronunciata del pendio. La mutata situazione morfostrutturale si
traduce nella presenza di una serie di movimenti franosi che coinvolgono buona parte del versante.
Il già citato fenomeno franoso relitto è stato quasi completamente rimodellato da frane successive che hanno aggredito
la zona della scarpata principale e rielaborato l’accumulo con cinematismi di tipo scorrimento-colata. Tra esse si
segnalano le frane di dimensioni contenute che interessano la porzione frontale dell’antico fenomeno. Queste hanno in
parte coinvolto la massa precedentemente spostata e si sono estese a parte del versante non ancora compreso entro
movimenti gravitativi.
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Spicca fra tutti la frana che ha rielaborato quasi completamente la frana relitta fino in corrispondenza del Piano di
Nando. Si tratta di un fenomeno complesso, di scorrimento nella porzione di testata e colamento nella parte di valle,
che si trova in uno stato di quiescenza per quanto riguarda la sua parte medio-inferiore, mentre si presenta attivo nella
porzione più elevata. Esso interessa le case più a sud dell’abitato di Conio e il coronamento lambisce la parte più
elevata del paese. I riflessi del movimento franoso hanno causato lesioni nelle strutture murarie degli edifici e delle loro
pertinenze e nel manto della strada comunale che lo attraversa nel senso della sua larghezza.
Effetti del fenomeno
Alcuni edifici all’interno del nucleo antico del paese di Conio presentano lesioni di modesta entità. Tuttavia si tratta di
fabbricati solitamente ubicati in prossimità dei limiti esterni del pianoro della dorsale rocciosa, laddove la variazione di
pendenza può aver indotto instabilità in fabbricati vecchi, alcuni dei quali in stato di abbandono, e privi di fondazioni
adeguate.
Un quadro lesivo più consistente ed evidentemente in stretta relazione con i movimenti franosi in atto si rinviene per i
fabbricati che costituiscono la parte meridionale dell’abitato di Conio. Qui, a partire dalla sede della strada comunale,
che presenta un avvallamento in corrispondenza dell’innesto della carraia di accesso al paese, la distribuzione delle
lesioni sugli edifici consente di identificare i limiti della porzione di versante instabile.
L’altra area che presenta lesioni su strutture murarie ed edifici è quella posta alla testata del rio che divide il versante
Nord di Conio dalla costa di San Maurizio. Anche in questo caso la relazione tra i danni e il movimento franoso che
coinvolge la coltre detritica è più che evidente.
Alcuni fenomeni di cedimento si sono evidenziati anche in corrispondenza del piazzale antistante il castello, nella
parte alta del paese, e della Cappella della Madonna del Carmine. Questi sembrano legati più che a veri e propri
movimenti franosi alla cattiva regimazione delle acque che infiltrandosi determinano sovrapressioni sulle strutture che
ne risentono soprattutto sul lungo periodo.
Interventi di sistemazione
Interventi volti ad impedire l’evoluzione dei movimenti franosi sono stati realizzati sia in corrispondenza del tratto
della strada comunale interessata dal movimento franoso a sud del paese sia in corrispondenza della zona a nord di
Conio lungo la mulattiera che dalla strada comunale si dirige verso la costa di San Maurizio. In entrambi i casi sono
stati realizzati muri di contenimento, sottostrada nel primo caso e a monte della mulattiera nel secondo, che hanno
sicuramente apportato beneficio alla stabilità delle strutture.
Nel 2006 sono stati realizzati interventi nella zona in frana a valle del centro abitato e nella parte alta di questo,
in corrispondenza del piazzale antistante il castello e della Cappella della Madonna del Carmine. Si è trattato
di interventi di ricostruzione di muri di contenimento con realizzazione di fondazioni idonee, consolidamenti delle
strutture coinvolte e opere di canalizzazione e allontanamento delle acque circolanti (Papone & Torello, 2006).
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Conio
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Località
COSTA BACELEGA
008048
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Ranzo
Imperia
Torrente Arroscia
445
92 III SO
245093 Ranzo
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale, viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Non installata
Esistente
Opere di consolidamento, rifacimento di un tratto della sede
della Strada Provinciale
Cause di instabilità
Frane complesse (scorrimento+ colamento) e frane di scorrimento traslativo.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
In corrispondenza e nell’intorno del centro abitato di Costa Bacelega affiorano terreni riferibili all’Unità di Borghetto
d’Arroscia – Alassio. La formazione che affiora più estesamente è quella dei Calcari di Ubaga (CUB) (Cretaceo
superiore-Eocene inferiore). Si tratta essenzialmente di sequenze torbiditiche marnose, con base costituita da siltiti
calcaree compatte ed areniti fini, intercalate alle quali si rinvengono arenarie massicce calcareo-micacee. È segnalata la
presenza di olistoliti e olistostromi di argilliti rimaneggiate provenienti dai Complessi di base. Alla base della formazione
è presente un livello litologico definito ”Livello di San Pantaleo” (Galbiati, 1981b) caratterizzato da alternanze in strati
sottili di calcari micritici, quarziti impure, marnoscisti con sottile base siltitica e lenti di conglomerato, che rappresenta
il passaggio con le sottostanti Quarziti di M. Bignone. Talora il passaggio tra le due formazioni avviene mediante
l’interposizione di banchi conglomeratici massicci di circa un metro di spessore, ricchi di clasti di scisti cristallini di
provenienza Piemontese (Vanossi, 1980).
In corrispondenza del versante orientale di Costa Bacelega, è presente un affioramento di Quarziti di M. Bignone
(QMB) (Cretaceo-Eocene?). Esse sono caratterizzate da quattro livelli alternati di quarziti ed argilliti rimaneggiate,
composti da grani quarzosi granulometricamente ben selezionati ed arrotondati. In particolare questo affioramento
dovrebbe essere riferibile al Membro quarzitico di questa formazione, costituito da quarziti in strati sottili e medi,
separati da sottili giunti argillitici grigio-verdi.
Infine, nella porzione occidentale dell’area, compaiono alcuni lembi di Peliti di Ranzo (PRA) (Cretaceo inferioreEocene inferiore?). Esse sono costituite da argilliti e marnoscisti che rappresentano l’intervallo pelitico di sequenze
torbiditiche con base in areniti fini e siltiti laminate, queste ultime di spessore subordinato a quello delle peliti. Le
sequenze hanno potenza da pochi centimetri a qualche decimetro. Vi si rinvengono intercalati rari strati di micrite di
potenza da 1 a 3 decimetri. Verso il tetto la formazione diviene essenzialmente argillitica presentando spalmature di
ossidi di ferro e di manganese. I livelli arenacei e siltitici sono frequentemente ridotti in frammenti, deformati e spesso
silicizzati; il contatto con il livello argillitico della formazione stratigraficamente superiore avviene per variazione
cromatica da grigio scuro a rosso a verde pallido.
Le Peliti di Ranzo sembrano essere in contatto tettonico con i Calcari di Ubaga, attraverso sovrascorrimenti riferibili a
piani di taglio generati nel corso della tettonica polifasata che ha interessato l’Unità Borghetto d’Arroscia-Alassio.
L’assetto giaciturale dei Calcari di Ubaga appare abbastanza variabile. Proprio in corrispondenza della dorsale
sulla quale si trova il centro abitato, le immersioni degli strati variano da nord-nordovest con inclinazione circa di 30°,
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nella parte settentrionale dell’area indagata, a sud-sudovest, con inclinazioni che variano tra i 25° e i 30°, nella parte
centro-meridionale del versante.
Inquadramento geomorfologico
La frazione di Costa Bacelega è arroccata su di una dorsale rocciosa e si sviluppa all’incirca tra i 445 e i 470 m
di quota. A partire da questa dorsale si dipartono i versanti su cui il centro abitato si affaccia. Il versante orientale
degrada abbastanza ripidamente verso il corso del Rio Cornareo, che marca in questo tratto di territorio il confine
tra le due province di Imperia e Savona, mentre quelli occidentale e meridionale rappresentano due porzioni del
pendio che giunge in corrispondenza della sponda sinistra del Torrente Arroscia, poco a est di Borgo di Ranzo, sede
dell’amministrazione comunale.
Il territorio manifesta chiaramente i segni della morfogenesi gravitativa, che ne ha improntato una larga parte. A
far capo dalla località di Cian Bastia, poco a nord del centro abitato, si sviluppa una frana relitta che interessa la
porzione occidentale dell’area. Essa è il risultato di una dinamica gravitativa che nel tempo si è realizzata con uno
stile di attività complesso e composito. Infatti nella parte alta del versante la presenza di porzioni della superficie
topografica con debole inclinazione e ammantate di materiale detritico di pezzatura variabile testimonia il giustapporsi
di frane di scorrimento sia rotazionale sia traslativo. Queste si sono evolute in corrispondenza delle loro parti frontali
soprattutto per fenomeni di colamento della massa spostata e, in generale, questo cinematismo diviene prevalente in
corrispondenza della parte medio-inferiore del versante.
Fig. 19 – In figura è mostrato il versante che si sviluppa a occidente di Costa Bacelega, caratterizzato da frane complesse quiescenti. In particolare
nella parte destra della fotografia è ben visibile la forma di svuotamento che corrisponde alla testata di una delle frane che hanno interessato,
anche se soltanto lambendolo, il centro abitato.
Frane relitte di dimensioni più contenute rispetto alla precedente sono presenti anche in corrispondenza delle aree
immediatamente a est e a sud del centro abitato. Esse hanno interessato sia il substrato roccioso sia le coltri detritiche
superficiali, che diffusamente si rinvengono nell’area e rappresentano il risultato dei processi di dilavamento dei versanti
ma anche di disgregazione delle rocce affioranti. I fenomeni gravitativi hanno contribuito direttamente a modellare
la dorsale su cui sorge Costa Bacelega, assottigliandone la cresta in differenti punti. Infatti ai margini del paese è
- 83 -
possibile osservare la presenza di orli di nicchie di distacco che, in funzione della loro età, risultano più o meno
marcate sulla superficie topografica.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Le frane che hanno determinato le recenti condizioni di instabilità e che hanno avuto ripercussioni sul centro abitato
di Costa Bacelega, coinvolgono i terreni ad occidente di quest’ultimo.
A partire dalla quota 500 metri circa e procedendo verso valle fino all’incirca a 375 m s.l.m., si rinvengono sulla
superficie topografica i chiari segnali di una recente attività dei movimenti franosi. La superficie è caratterizzata per
ampi tratti da repentine variazioni del profilo topografico, determinate da dislivelli di entità prossima al metro o poco
più, causati da rigonfiamenti e successivi avvallamenti del terreno. Ancora più eclatanti sono i segnali della presenza
di un movimento franoso nell’area immediatamente a ovest della parte più meridionale del centro abitato. Qui infatti si
rinvengono, in successione procedendo verso valle, uno degli orli di nicchia di frana di cui si diceva sopra, che appare
ben marcato, e un corpo di frana la cui testata è rappresentata da una porzione della superficie topografica disposta
secondo un basso angolo di inclinazione.
Complessivamente, si tratta di una serie di corpi complessi, che si addossano gli uni agli altri, imputabili a cinematismi
di scorrimento e colamento della massa spostata. Gli scorrimenti sono, con buona probabilità, di tipo traslativo, viste
anche le condizioni di giacitura della roccia affiorante, che presenta immersioni concordi con l’andamento del pendio
e inclinazioni abbastanza contenute, che consentono alle testate degli strati di emergere al di fuori del versante stesso.
Tuttavia non si escludono anche componenti di tipo rotazionale all’interno delle masse in movimento, soprattutto per le
riprese successive al primo innesco.
Le frane descritte sopra, che sono state trovate all’atto del rilevamento in uno stato di attività quiescente, sono
probabilmente, almeno in parte, da imputare alla rimobilizzazione di una porzione della frana relitta. Tuttavia non si
esclude che esse possano aver coinvolto parti del versante precedentemente stabili, e in questo senso rappresenterebbero
un allargamento verso est del vecchio movimento franoso.
Una frana di scorrimento traslativo quiescente è stata individuata anche sul lato orientale della dorsale di Costa
Bacelega. Essa interessa solo marginalmente il centro abitato e, date anche le sue dimensioni contenute, dovrebbe aver
coinvolto soltanto la parte più pellicolare del versante, mobilizzando prevalentemente la coltre detritica di alterazione
superficiale.
Per quanto riguarda i fattori predisponenti i movimenti franosi, alla già ricordata giacitura della stratificazione,
si deve aggiungere l’acclività dei versanti. Inoltre, la componente argillitica degli ammassi detritici, derivante dalla
disgregazione della roccia madre, favorisce, soprattutto nel corso di periodi piovosi, il raggiungimento delle condizioni
di equilibrio limite per quanto attiene la stabilità. La causa innescante più probabile delle frane può perciò essere
ricondotta al verificarsi di piogge intense e concentrate che inducendo ulteriori sovrapressioni all’interno degli ammassi
disarticolati e alle coltri detritiche, ha portato al definitivo superamento dell’equilibrio.
Effetti del fenomeno
La ricognizione condotta nella frazione di Costa Bacelega ha permesso di rinvenire i segni dell’instabilità creata
dalle frane, attualmente quiescenti, descritte in precedenza. Infatti diversi edifici mostrano la presenza di lesioni sui
muri perimetrali. Come è lecito aspettarsi dalla situazione prospettata, gli edifici che mostrano problemi sono tra
quelli che si affacciano sull’orlo della nicchia di distacco e alcuni che ricadono entro l’area interessata dai corpi delle
frane. Si tratta di lesioni che non sembrano compromettere la stabilità degli edifici, anche se in alcuni casi risultano
piuttosto vistose. Questo si verifica soprattutto in corrispondenza di edifici, o parti di essi, che non sono stati interessati
da ristrutturazioni e perciò le lesioni sono il risultato di un più prolungato processo di degradazione degli stabili sotto
l’effetto dei movimenti franosi.
Lesioni di lievissima entità sono stati osservati anche in corrispondenza del manto della Strada Provinciale, che in
questo tratto compie il giro dello sperone su cui si trova il paese.
Interventi di sistemazione
Interventi di consolidamento sono stati eseguiti a valle della Strada Provinciale in corrispondenza del tratto che passa
a valle del paese, sul versante occidentale. Qui i dissesti avevano minato la stabilità della sede viaria che è stata
ripristinata dopo la ricostruzione del muro di sottoscarpa che era stato ugualmente danneggiato.
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Tavola 9
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Costa Bacelega
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Località
DIANO ARENTINO-DIANO BORELLO-POGGIO
008025
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Diano Arentino
Imperia
T. San Pietro
T. Evigno
200-350
103 IV NO, 103 IV NE
259012 Diano Arentino, 259013 Evigno, 259051 Diano Castello,
259054 Pontedassio
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 37 Diano Arentino
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente (per la frazione Poggio)
Non installata
Esistente (per la frazione Poggio)
Regimazione delle acque superficiali, drenaggi delle acque
sotterranee, realizzazione di opere di contenimento
Cause di instabilità
Scivolamenti, colamenti e assestamenti per deformazioni plastiche nelle coltri di antiche frane complesse
(scivolamento+colamento) in occasione di periodi caratterizzati da intense precipitazioni.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Il versante che ospita il centro abitato di Diano Arentino e le sue frazioni Diano Borello e Poggio è modellato nel
Flysch di San Remo (Maastrichtiano medio-superiore) (FSR) appartenente all’Unità Tettonica San Remo-M. Saccarello.
Nell’area affiora prevalentemente la facies di torbiditi calcareo-marnose organizzate in strati potenti che terminano
con una frazione calcilutitica. Si rinvengono intercalazioni di argilloscisti in bancate sottili. Nella sola parte bassa del
versante, lungo una fascia ristretta affiora la facies caratterizzata da strati di potenza variabile e dalla presenza di
bancate siltoso-arenacee, a composizione prevalentemente quarzoso-micacea, marne argillose e argilliti marnose.
L’immersione degli strati, piuttosto variabile lungo il pendio evidentemente per la presenza di pieghe alla micro- e
mesoscala, è diretta, soprattutto nella parte alta del pendio, prevalentemente verso nord e nordest dando luogo, in
rapporto con l’assetto del versante, a diverse situazioni di franapoggio.
Lo stato generale della compagine rocciosa si presenta da buono a scarso con porzioni che appaiono interessate
da più sistemi di fratturazione e da un’alterazione avanzata che conferisce alla roccia una patina superficiale dal
caratteristico colore marroncino.
Inquadramento geomorfologico
Il centro abitato di Diano Arentino si trova in corrispondenza di un versante posto sulla destra idrografica del Torrente
Evigno ed è distribuito all’incirca tra le quote 250 e 350 m s.l.m. Le frazioni di Diano Borello e Poggio sono ubicate più
a valle rispetto alla sede comunale lungo il medesimo versante, approssimativamente tra le quote 200 e 250 m s.l.m.
Il modellamento del territorio indagato è avvenuto principalmente ad opera della morfogenesi gravitativa, che ne
ha improntato i tratti generali. Infatti, in corrispondenza della porzione del versante compresa tra i 350 e i 425 metri
di quota circa è ancora possibile intuire sia la scarpata sia la forma ad anfiteatro compatibili con un’ampia nicchia di
distacco, anche se l’incisione legata principalmente alle acque correnti ha operato trasformazioni lungo diversi tratti.
A valle di questa il pendio mostra l’alternarsi, secondo la massima pendenza, di superfici subpianeggianti, o poste in
debole contropendenza, e di scarpate di varia inclinazione che, sebbene rimodellate soprattutto dalle acque correnti
e dall’azione antropica, indicano inequivocabilmente la presenza di fenomeni franosi. Infatti, ampie porzioni del centro
abitato di Diano Arentino si sono sviluppate su ripiani che rappresentano le testate di antichi corpi di frana.
- 86 -
Fig. 20 – Il centro abitato di Diano Arentino si trova in parte su di uno sperone roccioso (nella fotografia sullo sfondo) e in parte in corrispondenza
della zona di testata di una frana relitta di grandi dimensioni, composta anche da porzioni di roccia scivolata in blocco come per la borgata di
Villa Chiesa (visibile in parte sulla sinistra della fotografia).
Descrizione e tipologia del fenomeno
La frana di dimensioni maggiori che interessa il versante di Diano Arentino si individua a partire dalla base della
scarpata che sovrasta l’intera area indagata e coinvolge Borgata Bonifacio e la parte meridionale di Villa Costa. Essa
si sviluppa lungo tutto il pendio giungendo con il suo fronte al corso del Torrente Evigno. Si tratta di un fenomeno con
stile di attività complesso e composito in cui a cinematismi di scivolamento, probabilmente traslativi, nella parte alta,
hanno fatto seguito colamenti della massa franata nella porzione medio-inferiore del versante. Il medesimo stile di
attività è ascrivibile alla frana che coinvolge con la sua parte centrale la frazione di Poggio. Nel tratto corrispondente
alla testata di questa frana, tra Case Ascheri e il campo sportivo comunale, l’insorgere di una debole contropendenza
a valle di quest’ultimo fa propendere anche per una componente rotazionale del cinematismo di scivolamento.
A monte di quest’ultima frana si trova la borgata di Villa Chiesa. Essa sorge su di uno sperone di roccia che
tuttavia considerando sia il raccordo abrupto tra esso e la scarpata retrostante sia la disposizione sfavorevole della
stratificazione, potrebbe essere stato verosimilmente coinvolto in un movimento di roccia in blocco.
La porzione centrale della frazione di Diano Borello è fondata su roccia in posto mentre la parte più meridionale
dell’abitato, di recente fabbricazione, insiste su di un corpo franoso. Questo si individua a partire circa dalla Strada
Provinciale n° 37 e si sviluppa lungo tutto il versante fino quasi al corso del Torrente Evigno. Esso è il risultato di un
fenomeno inattivo con stile di attività complesso (scorrimento+colamento) ed appare rimodellato dai processi erosivi
successivi.
Alle frane citate sopra, che determinano i tratti morfologici generali del versante, si affiancano una serie di corpi
di dimensioni minori. Questi rielaborano le coltri delle frane di dimensioni maggiori, come la frana di colamento,
verosimilmente piuttosto superficiale, che prende avvio a valle della borgata di Villa Chiesa e termina con il suo fronte
in corrispondenza della confluenza di due fossi poco a valle del campo sportivo comunale, oppure si affiancano ai
corpi maggiori ampliando la superficie del versante interessata da frana, come il colamento che si sviluppa a Sud di
Villa Chiesa o le due frane complesse (scorrimento+colamento) che terminano in corrispondenza del corso del Torrente
Evigno in località Maccari.
- 87 -
Effetti del fenomeno
Edifici e strutture murarie che portano i segni dell’instabilità del terreno su cui si fondano si rinvengono un poco in tutti
gli abitati esaminati. Generalmente si tratta di lesioni di entità e numero limitati che sono il risultato più dell’assestamento
delle coltri di frana, per deformazioni plastiche, che di veri e propri movimenti.
A questa situazione fanno eccezione l’abitato di Poggio e la zona del palazzo sede dell’amministrazione comunale,
ubicato presso l’incrocio tra la strada che porta alla Borgata Bonifacio e la Strada Provinciale n° 37. Nella frazione Poggio
si rinvengono lesioni più o meno in tutti gli edifici posti lungo Via S. Maria Maddalena e nel nucleo immediatamente
a monte. Inoltre, lesioni di un certo rilievo interessano l’edifico posto immediatamente a valle della strada principale in
corrispondenza dell’incrocio tra essa e la via di accesso alla parte inferiore della frazione Poggio.
Un’indagine geognostica condotta per conto della Comunità Montana dell’Olivo (Lepre e Ligorini, 1997) ha
evidenziato la presenza di una coltre di frana, costituita da blocchi e clasti calcareo-marnosi immersi in una matrice
con contenuto consistente in frazione argillosa, con potenza superiore ai dodici metri. L’instabilità è determinata dalle
scadenti caratteristiche geotecniche dell’accumulo di questa antica frana e dalla circolazione idrica sotterranea. In
particolare, le evidenze nel terreno e sui manufatti convergono nell’evidenziare la presenza di diffusi fenomeni di
scivolamento della coltre superficiale che si verificano in occasione dei periodi piovosi più persistenti che determinando
un innalzamento della falda freatica causano il peggioramento delle caratteristiche geotecniche dell’accumulo (Lepre e
Ligorini, 1997). Tuttavia tali movimenti devono essere di entità contenuta, vista la mancanza di espressioni morfologiche
vistose, così da poter essere perciò più probabilmente ascrivibili ad assestamenti della coltre della frana antica in
occasione dei periodi di piovosità intensa.
Per quanto riguarda la zona dove si trova l’edificio sede dell’amministrazione comunale vistose lesioni interessano
la sede comunale medesima e un fabbricato posto immediatamente a monte della strada provinciale. Queste si sono
verificate nel corso dell’evento alluvionale occorso nell’Autunno del 2000 quando un numero elevato di frane in più
località della Provincia di Imperia sono state mobilizzate o rimobilizzate (Guzzetti et al., 2004). Verosimilmente i
movimenti hanno interessato la coltre del corpo di frana per colamento che si sviluppa a valle della borgata di Villa
Chiesa.
Interventi di sistemazione
Interventi volti al contenimento dei fenomeni franosi ed alla mitigazione del rischio sono stati realizzati in entrambe
le situazioni citate.
Nella frazione di Poggio sono stati realizzati interventi di regimazione del deflusso superficiale e di drenaggio delle
acque sotterranee, in modo da impedire peggioramenti delle caratteristiche geotecniche dei terreni di fondazione.
Inoltre, a valle della frazione è stato realizzato un muro di contenimento sotto la strada di accesso alla parte bassa
del paese.
Per quanto riguarda i fabbricati nella zona dell’abitato di Diano Arentino danneggiati nell’Autunno del 2000 si è
provveduto alla messa in opera di muri di contenimento con tiranti presso il fabbricato lesionato che si trova a monte
della Strada Provinciale.
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Diano Arentino - Diano Borello - Poggio
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Tavola 10
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Località
GLORI
008035
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Molini di Triora
Imperia
T. Argentina
Rio di Glori
575
102 I NE
258033 Carpasio
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Non installata
Esistente
Muri di contenimento e rifacimento di un tratto di strada-mulattiera
a valle del paese.
Cause di instabilità
Frane complesse (scorrimento+colamento) in materiale superficiale.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
L’area indagata nell’intorno del centro abitato di Glori è modellata entro rocce riferibili all’Unità Tettonica San RemoMonte Saccarello. Essa è rappresentata dal Flysch di San Remo, dalle Arenarie di Bordighera e dalla formazione di
San Bartolomeo. Il Flysch di San Remo (Maastrichtiano medio-superiore) (FSR), è costituito da bancate torbiditiche di
marne e arenarie calcaree con potenze variabili fino a un paio di metri e livelli calcilutitici passanti a strati marnosoarenacei e strati arenacei e argillitici.
Le Arenarie di Bordighera (ABO), del Maastrichtiano inferiore-medio, sono formate da potenti strati di arenarie
torbiditiche spesso grossolane sino a conglomeratiche. Si rinvengono localmente livelletti di argille siltose e straterelli
calcarenitici e marnosi, oltre ad arenarie calcaree, calcareniti fini e raramente calcilutiti con al tetto argilliti scure.
La formazione di San Bartolomeo (FBA) è presente con la sua facies costituita da strati gradati di arenarie quarzose a
grana media e fine con al letto argilliti verdi e rosse; nella parte superiore della serie si hanno intercalazioni di straterelli
di calcisiltiti nocciola chiaro. L’età dell’intera formazione è del Campaniano inferiore (?)-Campaniano superiore.
Le rocce sono implicate in pieghe alla micro- e mesoscala e appaiono a tratti percorse da più famiglie di fratture
che si intersecano tra loro e che hanno sicuramente contribuito oltre alla preparazione delle stesse ai processi di
disgregazione e alterazione, anche all’insorgere di fenomeni di instabilità gravitativa.
Inquadramento geomorfologico
Il centro abitato di Glori è compreso nella fascia altimetrica 550-600 m s.l.m. e sorge su di un versante esposto a sud
che si affaccia sul corso del Rio di Glori, affluente di sinistra del Torrente Argentina il quale scorre circa 250 metri più
in basso rispetto al paese. Glori, frazione del comune di Molini di Triora, consta di diverse abitazioni concentrate, per
la maggior parte, in un nucleo storico. Una parte rilevante delle abitazioni vengono utilizzate come seconde case per
soggiorni nel corso dei periodi di vacanza e per la maggior parte sono state restaurate e risistemate.
Complessivamente i versanti sono piuttosto acclivi, soprattutto nella parte medio-inferiore, e molto estesi. Verosimilmente,
la loro conformazione è conseguente al notevole approfondimento della valle del Torrente Argentina. Questo deve
essere avvenuto in concomitanza con eventi, a carattere regionale, di natura tettonica o di variazione del livello di
base dei corsi d’acqua, cioè abbassamenti del livello del Mar Ligure, per esempio come avvenuto in corrispondenza
dell’ultima glaciazione würmiana, quando il livello del mare si abbassò di circa 110-120 metri al di sotto della posizione
attuale.
- 90 -
Fig. 21 – La frazione di Glori vista dalla sottostante strada statale della valle Argentina. Si nota la forte acclività del pendio su cui il paese è costruito
che ha contribuito allo sviluppo dei movimenti franosi.
La notevole incisione ha determinato l’insorgere di squilibri nei versanti che hanno a loro volta predisposto gli stessi
al verificarsi di collassi sia sottoforma di scorrimenti in roccia sia di fenomeni di deformazione gravitativa profonda.
Questo è cio che si può osservare in corrispondenza della parte più occidentale dell’area indagata dove elementi
morfologici ormai labili, data la lontananza nel tempo dei fenomeni, tradiscono la presenza di frane relitte che hanno
coinvolto gli ammassi rocciosi.
Anche i rii secondari, affluenti del torrente Argentina, presentano profili piuttosto acclivi e approfondimenti compatibili
con quelli del livello di base locale rappresentato dal corso d’acqua principale. Essi appaiono soggetti ad erosione
lineare che ne approfondisce gli alvei e contribuisce alla destabilizzazione dei versanti. Questa situazione ha favorito
l’ingenerarsi di fenomeni gravitativi lungo i fianchi del vallone del Rio di Glori, come le frane in roccia poste in sinistra
idrografica che interessano buona parte del versante ma sono ormai palesemente relitte oppure le frane che hanno
coinvolto il centro abitato.
Descrizione e tipologia del fenomeno
La frana che coinvolge la parte a valle della frazione di Glori, sulla destra rispetto al centro del borgo, si sviluppa
all’incirca a partire dalla quota 565 m s.l.m. e giunge con il suo fronte in corrispondenza della sponda destra del Rio di
Glori. L’orlo della scarpata dalla quale la frana si è distaccata interessa probabilmente anche una porzione più ampia
del centro abitato, giungendo circa in corrispondenza della strada che dalla piazza-parcheggio del paese porta verso
l’interno dello stesso. Le forme riferibili a quest’ultima sono tuttavia intuibili soltanto dalla visione d’insieme offerta dalle
fotografie aeree, risultando sul terreno piuttosto labili.
Si tratta di un fenomeno complesso dove a scorrimenti di detrito e roccia nella parte iniziale fanno seguito cinematismi
tipo colamento nella parte medio-inferiore. Il fenomeno sembrerebbe essere confinato alla porzione pellicolare del
versante, interessando perciò un volume contenuto di materiale. Complessivamente, la frana appare in uno stato di
quiescenza fatto salvo per una ripresa nella parte terminale dove, malgrado gli interventi eseguiti, sembrerebbero
essere presenti segnali di movimenti sebbene di modesta entità. E’ probabile che il complesso frana - struttura di
contenimento non abbia ancora raggiunto definitivamente il suo equilibrio.
- 91 -
La frana ha subito una riattivazione nella parte alta in occasione di un evento alluvionale nella seconda metà degli
anni ’90 e successivamente sono stati eseguiti degli interventi di consolidamento e rifacimento di strutture viarie. Allo
stato attuale il movimento sembra essersi esaurito anche se alcuni segnali di cedimento sono comparsi nelle nuove
strutture, che tuttavia andrebbero valutati in maniera puntuale potendosi trattare unicamente di assestamenti localizzati
del terreno.
Un’altra frana interessa la porzione più orientale del paese, al di fuori del nucleo centrale. Anche in questo caso si tratta
di un fenomeno complesso dove a cinematismi di scorrimento si sommano fenomeni di colamento, che verosimilmente
interessa la porzione più superficiale del versante e si trova in uno stato di quiescenza.
I movimenti franosi sembrano andare soggetti a riattivazioni in occasione di eventi meteorici di un certo rilievo che
portano all’infiltrazione nel terreno di considerevoli quantità d’acqua che a loro volta causano l’insorgere di sovrapressioni
interstiziali. Queste ultime, complice anche la notevole acclività dei versanti, contribuiscono al superamento delle forze
resistenti ingenerando fenomeni di instabilità.
Effetti del fenomeno
Il centro abitato di Glori, inserito nei centri da consolidare o trasferire a spese dello Stato ai sensi della Legge n.
445 del 9 Luglio 1908 con delibera CR n. 159 del 30 Novembre 1981, risulta attualmente danneggiato, anche se
in modo non pesante, nella sua porzione di valle. Qui sono stati interessati un paio di edifici e la strada-mulattiera
comunale che si sviluppa esternamente al centro abitato. Le lesioni sono ancora visibili sugli edifici, mentre le strutture
di pertinenza della strada rese inservibili dalla riattivazione sono state rifatte e non presentano in generale nuove
manifestazioni. Fanno eccezione alcuni segnali di cedimento del piano stradale di modesta entità e localizzati soltanto
in un tratto di minima estensione. Non si ritiene di dover connotare come attiva questa parte della frana sulla base delle
evidenze osservate, tuttavia forse esse meritano di essere prese in considerazione sia per monitorare una loro eventuale
estensione sia per comprendere se veramente si tratta di un fenomeno localizzato.
Interventi di sistemazione
Un primo intervento di consolidamento è stato eseguito dal Genio Civile della Provincia di Imperia, attraverso la
realizzazione di un cordolo su pali e tiranti in corrispondenza della parte orientale del centro abitato. Successivamente
sono stati eseguiti nella seconda metà degli anni ’90 interventi in corrispondenza della porzione di valle dell’abitato, in
particolare è stato realizzato un cordolo su pali e tiranti. Inoltre, sempre la Provincia di Imperia, ha realizzato strutture
di contenimento e la ricostruzione delle parti danneggiate della strada-mulattiera e delle strutture ad essa connesse
(muri di controripa e di sottoscarpa). Complessivamente gli interventi eseguiti sembrano aver raggiunto lo scopo di
arrestare il movimento.
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Tavola 11
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Glori
Località
MENDATICA
008034
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Mendatica
Imperia
Torrente Arroscia
Rio Creuso-Rio Passo Cagnasso
790
91 II NE, 91 II SE, 91 II SO, 91 II NO
244101 Mendatica, 244102 Montegrosso Pian Latte
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 1 Acquetico-Mendatica, Strada Mendatica
Cosio d’Arroscia, viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata
Esistente
Opere di consolidamento, di drenaggio, di regimazione delle
acque superficiali sia libere che incanalate
Cause di instabilità
Frane complesse attive e quiescenti, deformazioni plastiche nella porzione più superficiale delle coltri di frana.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
L’area nella quale ricade il centro abitato di Mendatica è costituita da rocce appartenenti alle due unità tettoniche
Moglio–Testico e San Remo-Monte Saccarello.
La prima è rappresentata dal membro pelitico marnoso delle Marne di Pieve di Teco, appartenente alla Formazione
di Testico (FTC) (Paleocene-Eocene?). Esso è costituito da una successione torbiditica monotona e mal stratificata di
marne più o meno argillose, calcaree ed arenacee, grigio-azzurre con caratteristica alterazione giallo grigiastra, ed
intercalazioni di calcari marnosi e calcari quarzosi grossolani.
Per quanto riguarda l’Unità San Remo-Monte Saccarello affiora qui unicamente il suo complesso di base, rappresentato
dalla Formazione di San Bartolomeo (FBA) (Campaniano inferiore (?)-Campaniano superiore). Essa è caratterizzata
da alternanze in livelli sottili di siltiti ed areniti fini quarzose con peliti, a luoghi manganesifere, di colore grigio scuro,
mal stratificate; verso il tetto le peliti presentano localmente colorazioni rosso vinate e verdastre. Il limite stratigrafico
inferiore della formazione non è visibile in quest’area, in quanto obliterato dal contatto tettonico con l’Unità MoglioTestico. Il contatto tra le due unità tettoniche attraversa il versante di Mendatica con direzione circa nordovest-sudest,
affiorando, con una disposizione molto prossima alla verticale ma immergente verso nord, nei pressi di San Bernardo
di Mendatica, posto a nord dell’area rilevata, e in corrispondenza del tratto più orientale della Costa delle Forche. Qui
lungo il contatto tettonico i rapporti geometrici tra le unità appaiono invertiti rispetto a quelli che si conservano più a
oriente, cioè verso il mare. Il ribaltamento sarebbe conseguente ad una fase di deformazione relativamente tardiva,
che avrebbe generato grandi pieghe a ginocchio con debole vergenza meridionale.
La giacitura della Formazione di Testico appare abbastanza monotona, immergendo quasi invariabilmente verso
nordest, con angoli di inclinazione degli strati che nell’area variano dai 40° ai 50°, fino ai 60°. Differente appare
invece l’assetto della Formazione di San Bartolomeo, che presenta giaciture immergenti verso il primo e il quarto
quadrante, nella zona prossima a San Bernardo, con inclinazioni che si attestano sui 50°, mentre presenta giaciture
opposte nella parte rappresentata in carta, con inclinazioni intorno ai 60°.
Inquadramento geomorfologico
Il centro abitato di Mendatica si distribuisce all’incirca tra le quote 745 e 845 m s.l.m. lungo un versante esposto
a oriente, confinato verso sud dalla dorsale rocciosa della Costa delle Forche e verso nord e est dal corso del Rio
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Creuso, prima, e del Rio Passo Cagnasso, dopo. Quest’ultimo affluisce nel Torrente Arroscia proprio laddove la base
del versante di Mendatica si protende verso est, con una sorta di convessità, e viene in contatto, per un breve tratto,
anche con il corso dell’Arroscia stesso.
I lineamenti generali del territorio indagato trovano la loro ragione soprattutto nell’attuarsi della morfogenesi
gravitativa e di quella legata alle acque correnti. Infatti l’intero versante di Mendatica, che si individua all’incirca
intorno ai 1600 metri di quota dalle pendici orientali dello spartiacque tra il bacino idrografico del Torrente Arroscia
e quello del Torrente Tanarello, è interamente improntato da una enorme frana relitta, che, a partire più o meno
dalla medesima quota, si sviluppa fino a raggiungere il fondovalle. L’intero corpo di frana appare, ad un esame più
dettagliato, costituito da diversi altri tra loro coalescenti, indicando, perciò, una sua evoluzione piuttosto articolata.
La morfogenesi torrentizia si è esplicata evidenziando soprattutto i limiti tra un ammasso franato e l’altro, attraverso
lo sviluppo di aste di breve e media lunghezza e di basso ordine che, in alcuni casi, convergono l’una verso l’altra
nelle porzioni apicali, disegnando, quasi completamente, i corpi delle frane. Soprattutto nelle parti medio-alte del
versante, i rii e i fossi appaiono decisamente approfonditi all’interno dell’ammasso franato, deponendo a favore della
lunga persistenza nel paesaggio di questa grandiosa forma di modellamento. La frana di Mendatica è probabilmente
una delle più grandi della provincia di Imperia, e sicuramente va annoverata tra le maggiori che ospitano, sulla loro
superficie, un centro abitato. Basti pensare che una campagna di sondaggi geognostici condotta nel 2006, volta alla
definizione del modello geologico e idrogeologico del versante attraverso l’acquisizione di nuovi dati e l’installazione
di strumentazione di monitoraggio (inclinometri e piezometri) ha permesso di individuare che il substrato roccioso si
trova a profondità che variano tra 19 e 40 metri dal piano di campagna, lasciando perciò intravedere l’imponenza di
questo fenomeno franoso (Macciò, 2006).
Fig. 22 – Il centro abitato di Mendatica è fondato su una frana relitta che con i suoi quasi 2 km di lunghezza è certamente tra le più imponenti della
provincia imperiese. In maniera più o meno evidente tutto l’abitato porta i segni dei fenomeni di instabilità che, all’incirca negli ultimi venti anni,
hanno interessato soprattutto la frazione Piano (in primo piano nella fotografia) e la parte centrale del paese.
Il piede della frana di Mendatica coincide praticamente con il fondovalle del Rio Passo Cagnasso per la maggior
parte del suo percorso. Tuttavia, a partire da poco a monte della confluenza con il Torrente Arroscia e anche lungo il
tratto interessato di quest’ultimo, esso risulta sopraelevato rispetto ai thalweg fino a qualche decina di metri. Questo
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effetto è legato all’incisione operata dai corsi d’acqua stessi lungo i rispettivi letti, ed ha determinato la messa a giorno
del contatto tra il materiale di frana e la roccia in posto.
Dall’esame complessivo della situazione del versante di Mendatica, si possono proporre alcuni dei fattori che devono
avere predisposto l’attuarsi dei movimenti franosi. La roccia affiorante appare interessata da sistemi di fratturazione
che si intersecano mutuamente con angoli prossimi ai 90° e che localmente scompaginano l’ammasso roccioso, oltre
a disporsi rispetto al pendio in maniera favorevole al distacco degli ammassi. A questo si deve aggiungere che,
soprattutto per quanto riguarda la Formazione di Testico, anche la giacitura della stratificazione rivolta verso nordest,
cioè verso il corso del Rio Creuso-Rio Passo Cagnasso, sebbene con valori di inclinazione piuttosto elevati, può tuttavia
determinare, in rapporto con la morfologia dei versanti, situazioni di franapoggio. Entrambi questi fattori hanno quindi
avuto un ruolo nel predisporre il versante al collasso. Inoltre anche la presenza del contatto tettonico tra le due unità
affioranti, deve essere tenuto in conto sia per il suo effetto come linea, più propriamente fascia, di debolezza sia per
la sua azione nel favorire la penetrazione delle acque all’interno del versante.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Allo stato attuale la parte medio-inferiore del versante di Mendatica, e in particolar modo la zona sulla quale insiste
il centro abitato, è interessata da una serie di frane che rappresentano fenomeni di rimobilizzazione della porzione
più superficiale della coltre riferibile alle frane relitte.
Si tratta di frane complesse nelle quali si verificano movimenti sia di scorrimento sia di colamento lento della massa
spostata. Esse sono probabilmente confinate entro i primi metri dal piano di campagna dove, per profondità variabili
tra i 2 e i 5 metri, si assiste al passaggio tra una porzione più superficiale della coltre detritica, caratterizzata da clasti
di piccole dimensioni immersi in una matrice sabbioso-argillosa, e una più profonda, dove invece sono presenti elementi
di pezzatura grossolana immersi in una matrice granulometricamente confrontabile con quella precedente (Lepre &
Ligorini, 1996; 1997). Tuttavia non si deve escludere la possibilità di movimenti localizzati dovuti all’approfondimento
delle superfici di scorrimento all’interno dell’ammasso detritico più profondo.
Le frane attive che interessano Mendatica sembrano collocarsi in corrispondenza dello svuotamento posto
immediatamente a nord del centro abitato, tanto che quest’ultimo appare attualmente in posizione rilevata rispetto alle
aree circostanti. Qui una prima frana è centrata grossomodo sulla zona del campo sportivo e della scuola elementare,
posta immediatamente a est del primo. Una seconda frana si colloca invece tra la porzione medio-inferiore del centro
e la borgata Piano. A sud di quest’ultima una serie di frane hanno rimobilizzato la parte del versante compresa tra la
frazione stessa e il corso del Rio Passo Cagnasso.
Le frane attive sono comprese all’interno di corpi di frana di dimensioni maggiori, che, soprattutto per la relativa
freschezza degli indicatori geomorfologici e data la loro contiguità con il piede del versante, sembrano aver subito
movimenti più recenti rispetto al resto della frana relitta e per tale ragione sono stati indicati come in uno stato di
quiescenza. Si tratta dell’esteso corpo di frana che sembra individuarsi a partire all’incirca da quota 850 m s.l.m., in
prossimità degli edifici più a nordovest del centro abitato, e che giunge sino alla confluenza tra il Torrente Arroscia e
il Rio Passo Cagnasso, e quello posto immediatamente a nord del precedente, che individuandosi all’incirca sui 810 m
di quota, investe tutta la zona denominata Raigà.
In merito alle cause che hanno portato alla ripresa dei movimenti nella porzione medio-inferiore del versante si deve
tenere conto innanzitutto dello scalzamento al piede operato dai torrenti, che ha comportato la messa a giorno del
contatto tra le frane e il substrato, determinando una situazione di mancanza di contrasto al piede. Inoltre le indagini
attuate in questa parte del versante (Lepre & Ligorini, 1996; 1997) hanno messo in luce vie preferenziali di scorrimento
delle acque subsuperficiali all’interno del corpo della frana relitta, dove, in particolare al contatto tra le due porzioni
a differente componente clastica, si verificano, soprattutto in occasione degli eventi meteorici più intensi, movimenti e
deformazioni dell’ammasso.
Effetti del fenomeno
Lesioni e fessure anche di una certa gravità interessano diversi fabbricati che rientrano all’interno, o si pongono al
limite, delle frane attive. Risultano danneggiati diversi edifici posti all’incirca lungo l’asse centrale NW-SE dell’abitato,
con intensificazione delle lesioni per numero ed entità in corrispondenza della parte medio-alta del paese. Ancora
lesionate appaiono la scuola elementare ed una serie di case poste a valle della Via Marconi, che si trovano in
corrispondenza dell’orlo della nicchia di distacco della frana compresa tra il centro abitato e la frazione Piano. Tra esse
la casa di proprietà Gandolfo risulta pesantemente danneggiata e abbandonata in seguito ad ordinanza di sgombero
emessa nel Maggio 1993 dal Sindaco a salvaguardia dell’incolumità degli occupanti.
Oltre al centro abitato principale anche la borgata Piano presenta edifici con lesioni e fessure conseguenti sia alla
destabilizzazione creata dalla frana posta a sud sia a quella determinata dalla frana di Raigà, che mina il versante
settentrionale della frazione.
I danni indicati sono il risultato di una storia abbastanza prolungata nel tempo del dissesto che affligge il centro
abitato di Mendatica. Infatti sono noti movimenti avvenuti in occasione dell’evento alluvionale dell’Autunno del 1970
e in seguito quando l’area venne nuovamente colpita da precipitazioni di una certa intensità tra il Settembre 1976 e il
Marzo 1977. Successivamente, nel 1985, venne riconfermata l’esistenza dei movimenti coinvolgenti parte del centro
abitato e venne segnalata la loro progressiva estensione (Ramella, 1997).
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Tavola 12
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Mendatica
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I fenomeni di destabilizzazione presero nuovamente vigore in concomitanza dell’evento alluvionale del 1994, a seguito
del quale il Comune avviò un programma di studi volti alla determinazione dei dissesti che interessavano Mendatica,
all’individuazione delle loro cause e alla pianificazione dei più idonei criteri tecnico economici di intervento.
Come per ampie porzioni del territorio imperiese, anche la situazione di Mendatica subì un ulteriore aggravio in
concomitanza degli eventi alluvionali del 6 e del 23 Novembre 2000. In occasione delle forti precipitazioni si ebbero
danni soprattutto alle opere precedentemente realizzate e in particolar modo a quelle preposte alla salvaguardia e al
buon funzionamento delle vie naturali di deflusso delle acque.
Interventi di sistemazione
Gli interventi volti a mitigare il rischio determinato dai dissesti sono stati realizzati all’incirca di pari passo con
l’evoluzione cronologica dei movimenti franosi.
A seguito delle instabilità createsi nel periodo 1976-1977 venne realizzata una serie di opere per la regimazione
delle acque e il contrasto dell’azione di approfondimento dei rii circostanti l’abitato. In particolare fu regimato un tratto
del Rio del Molino posto a monte dell’abitato, attraverso anche la realizzazione di una serie di trincee drenanti poste a
pettine. Si procedette, inoltre, alla regimazione della parte alta del Rio Riazzo e del tratto del Rio Canalette compreso
tra la strada per San Bernardo di Mendatica e quella per Cosio d’Arroscia.
Nel 1985 gli interventi vennero rivolti principalmente al risanamento e sistemazione delle reti di distribuzione
dell’acqua potabile e di raccolta delle acque reflue posti al di sotto della centrale Via Mazzini, lungo l’asse centrale del
paese. Esse avevano subito danni da monte, in prossimità della Chiesa di S. Rocco, fino a valle del paese.
Successivamente, nel 1988, gli interventi, questa volta di consolidamento del versante, vennero concentrati nella
zona di Raigà. Nel corso di questi emerse come il sottosuolo di questa parte del versante fosse caratterizzato da
una parte costituita da una sorta di ammasso di trovanti, al di sotto della quale la roccia si presentava ancora
fratturata e disarticolata fino ad una consistente profondità. Vennero allora realizzate opere di consolidamento con
pali e tiranti, al fine di salvaguardare la stabilità della borgata Piano. A queste opere vennero affiancati manufatti
per la raccolta e l’allontanamento delle acque sia superficiali sia del sottosuolo, che provenendo dalle parti alte del
versante contribuivano a minare la stabilità della frazione. Tutto ciò fu corredato da muri di contenimento e opere di
consolidamento dei manufatti stradali e delle abitazioni e dal rifacimento delle reti fognarie e idriche danneggiate dai
dissesti.
Interventi, in special modo rivolti al consolidamento della borgata Piano, vennero messi in opera negli anni 1995-97.
Si procedette alla progettazione e realizzazione di drenaggi, palificazioni, tiranti e cordolature che per la prima volta
diedero, sebbene localmente, risultati positivi nel contrastare i movimenti del terreno.
Nuovi interventi vennero poi realizzati a seguito degli eventi alluvionali del 6 e 23 Novembre 2000. Nel corso di
questi si procedette alla riparazione e realizzazione di condotte per le acque meteoriche, di opere di drenaggio, al
ripristino del corretto deflusso lungo le aste limitrofe al centro abitato e alla posa in opera di opere di consolidamento
volte al completamento del progetto generale di consolidamento dell’abitato di Mendatica, in special modo rivolte
verso la mitigazione del rischio per le borgate Praello e Piano.
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Località
MONESI DI TRIORA
008061
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Triora
Imperia
Torrente Tanarello
Rio Bavera
1385
91 II SO, 91 II NO
244091 Monesi di Triora, 244092 Monte Saccarello,
244103 Monte Frontè, 244104 San Bernardo di Mendatica
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale San Bernardo di Mendatica-Monesi,
viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata
Esistente
Opere di consolidamento, briglie e difese di sponda per ridurre
l’erosione lungo le aste principali
Cause di instabilità
Frane complesse, frane di scorrimento, deformazioni plastiche nelle coltri della frana relitta.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Il versante sul quale si trova la frazione di Monesi di Triora è costituito dalla Formazione del Flysch di San Remo (FSR)
(Maastrichtiano medio-superiore), appartenente all’Unità Tettonica di San Remo-Monte Saccarello. Esso affiora con
la sua facies calcareo-marnosa che è costituita da bancate di torbiditi marnose con base in arenarie calcaree, aventi
potenza compresa tra 1 e 5 metri. Le marne passano verso l’alto a sottili livelli argillitici pelagici di colore grigio verde;
sono presenti, a luoghi, anche litotipi più calcarei (calcilutiti) e più arenacei (torbiditi arenaceo argillitiche).
La giacitura della formazione, osservabile in corrispondenza delle sponde e dei thalweg dei torrenti che scorrono alla
base del versante, risulta abbastanza variabile. Infatti la stratificazione immerge verso nordest in corrispondenza del
tratto del Torrente Tanarello interessato dal rilevamento, con inclinazioni abbastanza blande, sui 12°, mentre immerge
circa verso nord, in corrispondenza del Rio Bavera, dove, ancora una volta, presenta inclinazioni poco pronunciate,
che si attestano intorno ai 10°.
Inquadramento geomorfologico
Monesi è una piccola frazione del comune di Triora, ed è praticamente identificabile con la stazione di sport invernali
qui esistente. Infatti essa è costituita unicamente da edifici adibiti a strutture di ricezione turistica (alberghi, ristoranti,
bar) o da palazzi e caseggiati nei quali la stragrande maggioranza degli alloggi non sono permanentemente occupati
nel corso dell’anno, ma soltanto in corrispondenza della stagione sciistica e durante il periodo estivo.
Monesi di Triora è ubicata su di un versante esposto a nord, alla quota media di 1385 m s.l.m., circa 150 metri di
quota a monte della confluenza tra il Rio Bavera e il Torrente Tanarello. Il versante di Monesi si configura, in realtà, a
partire dalle pendici settentrionali di una delle dorsali rocciose che si dipartono dalla vetta del Monte Saccarello, e più
precisamente dal tratto dello spartiacque a comune con la Valle Argentina che da Cima Valletta della Punta (2092 m
s.l.m.), e passando per Monte Cimanasso o della Crocetta (2085 m s.l.m), giunge al Passo di Garlenda (2015 m s.l.m.),
dal quale si origina il Torrente Tanarello.
A partire all’incirca dalla quota media di 1750 metri, il versante di Monesi appare modellato da una grandiosa
forma di collasso gravitativo. Essa si identifica molto bene sin dalla sua parte apicale sia per l’esistenza di porzioni
della superficie topografica con pendenza opposta rispetto a quella del pendio, sia per la presenza di una scarpata,
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abbastanza continua, che in alcuni casi supera addirittura i 100 metri di dislivello e che rappresenta ciò che resta
della superficie di distacco. Procedendo verso il fondovalle il versante è caratterizzato da tutta una serie di repentine
variazioni del suo profilo, con tratti quasi pianeggianti o debolmente inclinati, se non addirittura contropendenti, che
succedono a scarpate o pronunciate acclività, che complessivamente rappresentano ciò che resta di collassi della
massa rocciosa. Nella parte interessata dal rilevamento è possibile vedere alcune di queste frane che sono identificabili
con scorrimenti rotazionali ormai completamente rimodellati ad opera delle acque dilavanti ed incanalate.
Nel complesso il versante di Monesi è improntato da una frana relitta che ha subito diverse riprese parziali del
movimento, alcune delle quali di età imprecisata ma antica, altre molto più vicine nel tempo, data la freschezza delle
forme ad esse associate. E’ questo per esempio il caso della frana che si sviluppa lungo la parte occidentale della frana
relitta, della quale in carta è possibile vedere la porzione medio-inferiore e parte dell’orlo della scarpata principale.
Essa è caratterizzata da uno stile di attività complesso, dove a scorrimenti roto-traslativi si sono associati colamenti, e
la massa spostata è stata a sua volta ripresa, in prossimità del suo fronte, da altre frane di dimensioni minori.
Cercando di identificare i fattori e le cause che stanno alla base di questi movimenti franosi, si possono fare alcune
considerazioni in merito alla struttura delle rocce affioranti e al ruolo giocato dall’erosione dei corsi d’acqua.
Fig. 23 – Il centro abitato di Monesi di Triora si trova in prossimità del fondo di un versante interessato da una frana relitta che ha subito, nel tempo,
diverse riprese parziali del movimento. L’ultima in ordine di tempo ha danneggiato pesantemente l’Albergo Alpino, determinandone l’abbandono.
Per quanto riguarda il substrato roccioso, laddove osservabile nella sua posizione originale, si nota come esso
sia disposto conformemente all’andamento del pendio e con inclinazioni piuttosto contenute, sia lungo la parte che
si affaccia sul corso del Torrente Tanarello sia lungo quella del Rio Bavera. Questa disposizione, decisamente a
franapoggio, deve sicuramente aver predisposto lo slittamento degli ammassi verso valle. Se a questo si aggiunge il
fatto che la costituzione dell’ammasso roccioso è data dall’interstratificazione di potenti bancate calcareo-marnose
e livelli argillitici, se ne deve dedurre che, questi ultimi, laddove emergono dal pendio con le loro testate, hanno
rappresentato una o più superfici preferenziali di scivolamento.
Il fattore morfologico deve invece aver rivestito il ruolo di fattore determinate nell’attuarsi delle frane. Infatti i corsi
d’acqua principali sono entrambi in approfondimento, e scorrono per gran parte del loro percorso sulla roccia, anche
se un velo di alluvioni si rinviene in diversi tratti, come per esempio in prossimità della confluenza dei torrenti. Il limite
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Monesi di Triora
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tra il materiale di frana e il substrato è perciò esposto alla base del versante, costituendo un elemento di disequilibrio
che, per esempio in occasione di eventi di pioggia intensi, può rivelarsi fatale per la stabilità.
Descrizione e tipologia del fenomeno
I fenomeni gravitativi che affliggono la frazione di Monesi di Triora sono localizzati in corrispondenza della parte
nordest dell’abitato, lungo la porzione di versante che si affaccia direttamente sul corso del Torrente Tanarello. Qui
sono distinguibili un paio di frane quiescenti che rappresentano riattivazioni localizzate della frana relitta, interpretabili
come scorrimenti che hanno coinvolto porzioni della roccia disarticolata e detrito. Tra le due quella di dimensioni minori
si è determinata in conseguenza dell’evento alluvionale del Novembre 2000, e i suoi elementi morfologici distintivi
sono ancora ben individuabili sul terreno. L’altra, più sviluppata della precedente, presenta forme ancora abbastanza
intuibili sul terreno, ma maggiormente modificate e sembra essere più vecchia.
In questa parte del versante fenomeni attivi legati alla gravità sono visibili lungo la sponda sinistra del Torrente
Tanarello. Qui il pendio, piuttosto acclive, mostra, in diversi punti, segni di degradazione determinati dallo scalzamento
operato al piede dal corso d’acqua, attraverso lo sviluppo di orli di distacco di materiale disgregato e conseguente
formazione di falde detritiche che, con ogni probabilità, vengono almeno in parte rimosse in occasione delle principali
piene.
Dalla porzione di versante soprastante all’abitato incombono sullo stesso un paio di corpi di frana, sempre riattivazioni
coinvolgenti l’ammasso della frana relitta, che per così dire si incanalano all’interno dell’impluvio che taglia a metà
il centro. Si tratta di una frana complessa, per fenomeni di scorrimento e colamento, e di una frana di scorrimento
rotazionale, in realtà di dimensioni molto limitate. Anche questi due corpi appaiono in uno stato di quiescenza, non
mostrando segnali di attività in corso. Tuttavia se ne segnala la posizione proprio per la loro incombenza sugli edifici.
Infatti è plausibile una loro riattivazione in occasione, per esempio, di eventi alluvionali caratterizzati da precipitazioni
intense e prolungate. D’altra parte si è visto, proprio in occasione dell’evento del 2000, che una mobilizzazione delle
porzioni più superficiali del detrito della frana relitta è una situazione che si può verificare, come dimostra il dissesto,
precedentemente citato, avvenuto a valle dell’abitato.
A questi fenomeni si aggiungono localizzati movimenti di deformazione all’interno delle coltri, come in corrispondenza
della parte più occidentale dell’abitato, che in una certa misura fanno risentire le loro conseguenze sulle strutture
presenti.
Effetti del fenomeno
Gli effetti causati dai fenomeni di instabilità e risentiti sulle strutture antropiche, sono localizzati in due diversi punti
dell’abitato.
Il primo corrisponde proprio all’ultimo edificio verso ovest della frazione, di cui si è detto al termine del precedente
paragrafo. Qui sono visibili lesioni e fessure di una certa entità sul muro di contenimento posto a valle dell’edificio
stesso.
L’altra situazione di danneggiamento è quella determinata dalla frana avvenuta in occasione dell’evento alluvionale
del Novembre 2000. Questa, all’epoca dei fatti, ha interessato, interrompendola, la strada di accesso all’abitato ed
ha determinato il collasso della struttura dell’Albergo Redentore, posto immediatamente a monte della strada stessa. La
struttura ricettiva è pesantemente danneggiata, ed è stato necessario sgomberarla ed impedirne l’accesso, in quanto si
presenta, a meno di consistenti interventi di consolidamento e rifacimento, del tutto inagibile.
Interventi di sistemazione
Interventi di sistemazione e ripristino della viabilità sono stati fatti dalla Provincia di Imperia, in occasione dei danni
provocati dalla frana dell’autunno 2000, a seguito dei quali si è provveduto anche ad opere di consolidamento del
versante nei pressi dell’Albergo Redentore. Sono stati realizzati due ordini di micropali con tiranti a monte della strada,
inoltre il corpo della frana è stato rimosso e il versante è stato consolidato con l’impiego di jet grouting e successivamente
bloccato con pali e tiranti. Infine le rifiniture dell’opera sono state realizzate con l’impiego di terre armate.
Sono state anche realizzate opere volte all’abbattimento dell’erosione dei corsi d’acqua principali, attraverso la posa
in opera di briglie e difese di sponda.
Opere di consolidamento sono state realizzate nel 1996 per arginare il dissesto del ponte sul Rio Bavera della Strada
Provinciale. La spalla del ponte fondata ai piedi del versante di Monesi è stata consolidata attraverso la posa in opera
di pali, tiranti e trefoli. La pila centrale del ponte è stata consolidata con l’impiego di pali e tiranti.
- 102 -
Località
PIGNA
008043
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Pigna
Imperia
T. Nervia
300
102 I NO, 102 IV NE
257081 Pigna, 258054 Castel Vittorio
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Non installata
Esistente
Muro di contenimento su pali con tiranti, trincea drenante,
riprofilatura del versante
Cause di instabilità
Frane complesse (scorrimento di detrito + colamento) nella coltre superficiale, crolli.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
L’area entro cui ricade il centro abitato di Pigna è modellata nella formazione del Flysch di Ventimiglia (FVE)
(Priaboniano superiore-Oligocene inferiore?) appartenente al dominio Delfinese-Provenzale.
Si tratta di arenarie grossolane granoclassate e arenarie fini in banchi e strati, con intercalazioni siltoso arenacee
e siltoso argillose. Si rinvengono livelli argilloso-marnosi, talvolta calcareo-marnosi. Il Flysch di Ventimiglia, omologo
di quello eocenico denominato Grés d’Annot che chiude la copertura sedimentaria del Massiccio dell’Argentera, è
anche caratterizzato nella parte alta dalla presenza di olistoliti e olistostromi di varia provenienza. La giacitura della
formazione è immergente circa verso SSE con inclinazioni variabili tra i 20° e i 45°.
La scarpata verticale alle spalle del nucleo storico di Pigna è il riflesso morfologico della faglia con direzione NW-SE
responsabile della dislocazione del blocco sul quale sorge il paese (scarpata di faglia o di linea di faglia) e appartiene
al sistema di deformazioni tettoniche a carattere regionale note in letteratura come “faglia S. Stefano al Mare-Saorge”.
Si tratta di discontinuità tettoniche caratterizzate da un movimento a componente prevalentemente orizzontale, del tipo
trascorrente destro, ma che localmente possono, evidentemente, dare anche rigetti verticali di una certa importanza.
La struttura è sismogenetica, anche se l’attività sismica ad essa associata è di medio-bassa intensità.
Inquadramento geomorfologico
I tratti morfologici generali del territorio entro cui si trova il centro abitato di Pigna sono improntati, oltre che dai
movimenti franosi di cui si dirà nel prossimo paragrafo, dall’imponente scarpata orientata NW-SE e dalle forme
di origine fluviale e torrentizia. Infatti Pigna è posto sulla destra idrografica del Torrente Nervia e si sviluppa tra il
fondovalle e la quota 330 m s.l.m. circa. Il nucleo storico del paese è arroccato su uno sperone roccioso separato dal
resto del versante dalla scarpata verticale modellata dalla faglia appartenente al sistema “Saorge-S. Stefano al Mare”,
mentre sui due lati risulta inciso dal Rio La Valle, ad est, e dal Rio di Loverger, ad ovest, entrambi affluenti del Torrente
Nervia.
La scarpata presenta un dislivello massimo di 40-50 metri, la sua superficie ha un aspetto piuttosto fresco e manca
quasi completamente di asperità di un certo rilievo. Si può perciò affermare che buona parte della scarpata coincida
ancora con il piano di faglia stesso, potendosi così definire come una scarpata di piano di faglia a tutti gli effetti. E’
innegabile che questo elemento morfologico rappresenti una fonte di rischio, perché da essa sono possibili distacchi
di materiale, che avvengono in maniera saltuaria. Inoltre, a monte e a valle della scarpata i versanti piuttosto ripidi
- 103 -
sono ammantati da una coltre detritica sia di alterazione della roccia sia determinata dal distacco del materiale. Nella
parte a monte della scarpata ampie porzioni sistemate a fasce appaiono in stato di abbandono cosicché sia i muretti
a secco di contenimento sia il riempimento che essi contengono, utilizzato per le coltivazioni, sono attualmente fonte di
detrito che è divenuto preda dei processi di degradazione e della gravità e possono trasformarsi in materiale adatto
allo svilupparsi di fenomeni franosi tipo scorrimenti e flussi di detrito.
Fig. 24 – Il versante posto ad occidente (a sinistra nella fotografia) del centro abitato di Pigna, pregevole per l’impianto architettonico, è interessato
da frane relitte i riflessi morfologici delle quali sono ormai molto labili. Il rischio più elevato per l’abitato è legato alla caduta di materiale detritico
dalla elevata scarpata di faglia posta ad est.
Lungo il corso del Torrente Nervia si rinvengono terrazzi fluviali che hanno subito in genere un totale o parziale
rimodellamento da parte dell’uomo. E’ su uno di questi, in corrispondenza della porzione più orientale dell’area che
si trova la struttura delle Terme di Pigna. Alla confluenza del Rio Loverger con il Torrente Nervia si trova una conoide
alluvionale di discrete dimensioni, anch’essa in parte rimodellata dall’azione antropica.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Il versante sul quale si trova il centro abitato di Pigna appare interessato, nella sua parte più occidentale, da forme
riconducibili a movimenti franosi. Distribuiti lungo questa parte del pendio si trovano, peraltro, soltanto una piccola
propaggine del centro storico e alcune case sparse, mentre il nucleo centrale del paese resta al di fuori di quest’area.
Gli indizi morfologici che sottendono la presenza di queste frane si presentano ormai piuttosto labili e soltanto la
visione d’insieme tramite fotografie aeree permette di comporne il mosaico giungendo alla loro individuazione. Infatti
l’esistenza di una scarpata di degradazione appena intuibile, riconducibile ad una vecchia scarpata di frana, e la
presenza di superfici di estensione limitata, presenti tra le quote 425 e 350 m s.l.m. circa, che spezzano la continuità
del versante con inclinazioni verso valle decisamente minori rispetto al resto del pendio, permettono di giungere ad
individuare una serie di corpi di frana. Sul terreno le evidenze di una roccia decisamente fratturata e disarticolata
unitamente all’esistenza di lembi di una coltre detritica talvolta potente che ammanta la roccia stessa, sono gli indizi
che corroborano l’ipotesi di un versante interessato da movimenti franosi.
Si tratta verosimilmente di frane relitte che hanno coinvolto l’ammasso roccioso e che in una certa misura devono
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Tavola 14
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Pigna
essere state predisposte dalla presenza della faglia la cui propaggine più occidentale nell’area esaminata si insinua
proprio in corrispondenza delle testate altimetricamente più elevate delle frane. E’ possibile che i movimenti franosi,
almeno in parte, siano stati innescati da sismi sviluppatisi in corrispondenza della discontinuità tettonica.
Attualmente questi movimenti franosi parrebbero aver esaurito la loro evoluzione, considerando che si verificano
frane di dimensioni assai ridotte che interessano soltanto la parte più superficiale del versante, costituita dalla coltre
detritica e dalla roccia fratturata, in occasione di eventi meteorici di una certa entità. Il tempo di persistenza di queste
forme sul terreno risulta limitatissimo e di esse è difficile trovare indizi già nell’anno successivo all’evento.
Sicuramente degna di attenzione è l’area posta alle spalle della parte più orientale del centro abitato sia per
l’acclività della scarpata che la rende già di per se una superficie soggetta a fenomeni di distacco sia per il materiale
soprastante, in una situazione di prossimità alla rottura dell’equilibrio.
Fenomeni franosi localizzati sono già avvenuti sia a monte che a valle della scarpata, in particolare alcune frane hanno
interessato la coltre immediatamente a ridosso degli edifici del paese posti al di sotto della scarpata, determinando la
necessità di interventi per la salvaguardia degli stessi. Come causa di questi movimenti franosi può essere invocata,
oltre alla già citata forte acclività che riveste il ruolo di fattore predisponente, l’imbibizione della coltre detritica ad
opera delle acque meteoriche, soprattutto in occasione dei fenomeni piovosi più consistenti.
Effetti del fenomeno
Il versante di Pigna risulta interessato da frane in corrispondenza delle sue porzioni periferiche, essendo il nucleo
centrale e storico, tra l’altro di elevato pregio, posto in corrispondenza di uno sperone roccioso.
La porzione più occidentale del paese non sembra essere interessata da movimenti attivi di un certo rilievo; come già
detto solo in occasione di forti precipitazioni si mobilizzano parti limitate della coltre superficiale. Alcuni fabbricati di
quest’area presentano lesioni, ma si tratta di edifici molto vecchi il cui stato di degradazione è piuttosto riferibile alle
cattive condizioni di conservazione e alla mancanza di manutenzione.
Per la parte più orientale del paese, quella al di sotto della scarpata di faglia, si devono invece segnalare sia
l’eventualità di caduta di blocchi dalla scarpata stessa sia la mobilizzazione della coltre superficiale che dà origine a
fenomeni franosi di dimensioni comunque abbastanza limitate, che però, data la prossimità delle abitazioni, potrebbero
rappresentare una fonte di rischio.
Interventi di sistemazione
L’unico intervento recente di cui è stata trovata notizia e visibile anche sul terreno, riguarda proprio una porzione del
versante a valle della scarpata di faglia, dove per arginare un movimento franoso nella coltre superficiale (Oddera
e Torrieri, 2001) è stato realizzato un muro di sostegno su pali e provvisto di tiranti. A completamento dell’opera
sono stati realizzati anche una trincea drenante a monte della frana per impedirne l’imbibizione e un intervento di
riprofilatura del terreno con utilizzo di tecniche di ingegneria naturalistica.
Alcuni interventi vennero fatti eseguire dal Comune verso la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 in corrispondenza
del cimitero del paese, posto ad ovest dello stesso. Essi si resero necessari a causa dei dissesti presentatisi nelle strutture
murarie e in alcune tombe a seguito del taglio eseguito nel versante nel corso della costruzione della strada d’accesso
al cimitero stesso. Più che ad una frana vera e propria il fenomeno era legato ai disequilibri generatisi a causa della
presenza in superficie di roccia molto fratturata e disarticolata. I muri esistenti vennero ricostruiti e consolidati mediante
l’impiego di micropali, inoltre vennero realizzate opere volte alla regimazione delle acque superficiali.
- 106 -
Località
PORNASSIO
008046
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Pornassio
Imperia
Torrente Arroscia
91 II SE
244113 Pornassio
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Statale n° 28 del Colle di Nava, viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata
Esistente
Opere di consolidamento (muri su pali e dotati di tiranti),
opere di drenaggio (canne e trincee drenanti) ripulitura
e risagomatura degli alvei
Cause di instabilità
Frane complesse (scorrimento+colamento) e di scorrimento coinvolgenti le coltri di frane relitte e fenomeni di
deformazione plastica nelle stesse.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Il territorio indagato è costituito dai terreni riferibili a due distinte unità flyschoidi: l’Unità di Moglio – Testico e l’Unità
di Borghetto d’Arroscia – Alassio.
La prima è rappresentata dalle Peliti di Moglio (PMO) e dalla Formazione di Testico (FTC). Le Peliti di Moglio
(Cretaceo inferiore-Paleocene) sono costituite da argilliti grigio scure a patine ferrifere e manganesifere, con subordinate
intercalazioni di straterelli di siltiti ed areniti finemente laminate, nerastre ed assai dure. Alle litozone argillitiche se
ne associano altre più marnose, a patina di alterazione chiara ed intercalate da sottili strati di calcareniti fini. La
Formazione di Testico (Paleocene-Eocene?) è qui rappresentata dal membro pelitico marnoso delle Marne di Pieve di
Teco, costituito da una successione torbiditica monotona e mal stratificata di marne più o meno argillose, calcaree ed
arenacee, grigio-azzurre con caratteristica alterazione giallo grigiastra, ed intercalazioni di calcari marnosi e calcari
quarzosi grossolani.
L’Unità di Borghetto d’Arroscia – Alassio è rappresentata soltanto dai Calcari di Ubaga (CUB) (Cretaceo superioreEocene inferiore) che affiorano all’estremità nord-orientale dell’area indagata. Si tratta essenzialmente di sequenze
torbiditiche marnose con base costituita da siltiti calcaree compatte ed areniti fini; sono inoltre presenti rare
intercalazioni di arenarie massicce calcareo-micacee. È segnalata la presenza di olistoliti e olistostromi di argilliti
rimaneggiate provenienti dai Complessi di base. Il letto della formazione è rappresentato dal ”Livello di San Pantaleo”
caratterizzato da alternanze in strati sottili di calcari micritici, quarziti impure, marnoscisti con sottile base siltitica e lenti
di conglomerato, che rappresenta il passaggio con le sottostanti Quarziti di M. Bignone. Talora il passaggio tra le due
formazioni avviene, invece, mediante l’interposizione di banchi conglomeratici massicci di circa un metro di spessore,
ricchi di clasti di scisti cristallini di provenienza Piemontese.
Le due unità tettoniche vengono a contatto lungo una superficie di sovrascorrimento che è disposta circa E-W e
rappresenta la principale discontinuità tettonica dell’area indagata. Essa è dislocata da due faglie, la prima delle quali
corre lungo parte del corso del Rio dei Quarti, ad ovest di Pornassio, e la seconda, diretta circa nord-sud, lungo il
tratto iniziale del Rio delle Lavandaie, ad est del centro abitato. Gli strati delle formazioni affioranti immergono verso
il secondo e il terzo quadrante, con inclinazioni abbastanza pronunciate, variabili tra i 50° e i 65°.
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Inquadramento geomorfologico
Il versante indagato ospita una serie di centri che sono tutte frazioni del Comune di Pornassio. Procedendo da
monte verso valle si incontrano dapprima S. Luigi, sede comunale, e S. Antonio, molto prossime l’una all’altra e poste
all’incirca sui 620 metri di quota, e poi, lungo la carrozzabile che congiunge la Strada Statale del Colle di Nava con
la Strada Provinciale di fondovalle, si distribuiscono Barche (560 m s.l.m.), Villa (516 m s.l.m.), Barbei (520 m s.l.m.) e
Maccagnai (511 m s.l.m.).
Il pendio è limitato ad est dal corso del Rio delle Lavandaie-Rio Brignola, ad ovest dalla dorsale rocciosa che da
Costiglione si allunga in modo più o meno continuo fino a Ponti e a sud dal corso del Torrente Arroscia.
I lineamenti morfologici generali indicano che l’evoluzione del territorio è stata determinata principalmente dal
verificarsi di movimenti franosi. Infatti le numerose variazioni repentine del profilo topografico sottendono le parti del
pendio che sono andate soggette a collassi della massa rocciosa. Si tratta di frane sviluppatesi con cinematismi di tipo
traslativo e rotazionale, cui hanno fatto seguito, in corrispondenza soprattutto delle parti medio-inferiori del versante,
movimenti di colamento della massa spostata. Queste frane relitte presentano un elevato grado di rimodellamento ad
opera soprattutto delle acque correnti e dell’attività antropica, che ne hanno in alcuni casi trasformato sensibilmente i
lineamenti originari.
Fig. 25 – Il versante di Pornassio è coinvolto in una frana relitta, formata da più corpi coalescenti, che si individuano a partire dalla zona
immediatamente sottostante S. Luigi (nella fotografia); anche buona parte di questo centro si trova in corrispondenza della testata di una frana
relitta.
Cercando di risalire ai fattori che potrebbero aver contribuito al collasso generalizzato del versante, risulta abbastanza
palese come quello strutturale possa aver rivestito un ruolo centrale nel predisporre il verificarsi di queste frane.
L’immersione degli strati verso il secondo e terzo quadrante, anche con inclinazioni piuttosto accentuate, potrebbe aver
determinato, in rapporto con l’assetto morfologico delle diverse parti del versante, giaciture a franapoggio. Oltre a ciò
devono essere tenuti in conto i lineamenti tettonici dell’area. Il sovrascorrimento tra l’Unità di Moglio–Testico e quella
di Borghetto d’Arroscia–Alassio, rappresenta, proprio all’incirca in corrispondenza della fascia da cui si dipartono i
movimenti franosi, una netta discontinuità che ha certamente favorito la percolazione di acque in profondità anche
attraverso i sistemi di fratture ad essa connessi.
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Per quanto riguarda l’innesco dei movimenti franosi devono essere presi in considerazione certamente i periodi
di piovosità elevata e soprattutto gli eventi caratterizzati da precipitazioni intense e concentrate, durante i quali la
disponibilità di acqua nel terreno deve aver favorito l’instaurarsi di condizioni di disequilibrio nell’ammasso roccioso.
Inoltre non deve essere trascurato il manifesto approfondimento degli alvei operato dai torrenti. In particolare il corso
d’acqua principale è in approfondimento, come testimoniato dagli affioramenti rocciosi presenti lungo le sponde,
immediatamente al di sopra del thalweg. Questa è una circostanza che si ritrova lungo buona parte del tratto del Torrente
Arroscia che ricade all’interno del territorio imperiese, a riprova di una generalizzata fase di approfondimento.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Le frane relitte presenti lungo il versante di Pornassio sono andate soggette nel tempo a riattivazioni parziali che
verosimilmente hanno interessato la parte più superficiale delle stesse.
In generale si assiste all’esistenza di due tipi di fenomeni. Da una parte lo sviluppo di vere e proprie frane, individuabili
sul terreno e il cui perimetro risulta ben definito, dall’altra esistono situazioni in cui movimenti lenti generalizzati si
verificano entro le coltri delle frane relitte. Questi sono conseguenti al verificarsi di assestamenti all’interno dei corpi
di frana dovuti sia all’infiltrazione delle acque a differenti livelli sino al contatto tra i corpi di frana e il substrato sia
all’azione di scalzamento operato dai rii che drenano il versante.
La parte più orientale della borgata di S. Luigi, fondata su un lembo di una frana relitta, si trova in corrispondenza
proprio di una porzione ribassata con cinematismo di tipo rotazionale. In due sondaggi, il primo effettuato nella
piazza antistante l’edificio sede dell’amministrazione comunale e l’altro poco a valle della Strada Statale n° 28, il
substrato roccioso è stato individuato a circa 17 m dal piano di campagna (Lepre & Ligorini, 1998; Macciò, 2004),
inoltre l’ammasso è risultato disomogeneo per la presenza di scaglie rocciose collassate in blocco. Questa porzione
del centro abitato è interessata da un movimento generalizzato di assestamento tipo deformazione plastica, sul quale,
evidentemente, influisce anche la presenza delle scaglie rocciose che favoriscono l’instaurarsi di movimenti differenziali
entro la coltre.
A monte della medesima porzione della borgata S. Luigi è presente una frana quiescente che ha coinvolto la parte
più pellicolare del versante. Si tratta di una frana che si è sviluppata con un iniziale movimento di scorrimento evolutosi
in un successivo colamento della massa spostata.
Un fenomeno analogo interessa anche la sponda destra del Rio delle Lavandaie, immediatamente a valle dell’abitato.
Anche in questo caso lo spessore coinvolto della coltre è estremamente esiguo, ancora di più rispetto al caso precedente
e, come per la frana a monte del paese, il fenomeno si è riattivato in conseguenza delle precipitazioni intense e
prolungate del Novembre 2000. In buona sostanza nella zona di S. Luigi si sono sviluppati tutta una serie di fenomeni
di instabilità di vario tipo, che sono sintomo di un disequilibrio del pendio legato sicuramente all’azione di scalzamento
al suo piede operata dallo stesso Rio delle Lavandaie.
Procedendo poi verso il corso del Torrente Arroscia, si rinvengono tratti del territorio interessati da deformazioni
e assestamenti delle coltri delle frane relitte, come evidenziato anche dalle strutture antropiche che ne patiscono gli
effetti. E’ però verso la parte terminale del versante che si incontrano nuovamente alcune frane che si presentano come
una ripresa, parziale, dei più antichi fenomeni di collasso.
E’ il caso della frana di scorrimento, in realtà di dimensioni piuttosto esigue, presente a sud-ovest della borgata di
Maccagnai o delle due, di dimensioni invece più consistenti, che occupano, all’incirca, la parte sud-orientale dell’area
indagata. Queste ultime sono frane con stile di attività complesso dove sono presenti cinematismi di scorrimento
rotazionale, nella parte alta, e colamento della massa spostata nella parte medio-inferiore.
Alcune frane, anch’esse di dimensioni piuttosto contenute, si rinvengono poi lungo il versante esposto ad ovest che si
affaccia sul Rio dei Quarti. Tra queste risulta attiva la frana posta immediatamente al di sotto del castello.
Così come prospettato per le frane che interessano l’abitato di S. Luigi, anche per tutte queste ultime le cause
vanno ricercate nell’infiltrazione delle acque di scorrimento superficiale, a causa anche della regimazione scarsamente
efficace, che diventa consistente in occasione di eventi alluvionali di una certa entità e, ancora una volta, l’azione di
scalzamento operata dai corsi d’acqua, in particolare il Torrente Arroscia che, come evidenziato, si trova in una fase
di approfondimento del proprio alveo. Tra i fattori predisponenti va soprattutto preso in considerazione l’acclività dei
versanti, in particolare per le frane che si affacciano sul Rio dei Quarti.
Effetti del fenomeno
Gli effetti dei fenomeni di instabilità più vistosi si sono concentrati nel tempo in corrispondenza della parte orientale
della borgata di S. Luigi. Qui nella seconda metà degli anni ’70, a seguito di eventi meteorologici di una certa intensità,
si sono prodotti cedimenti nei fabbricati che hanno portato allo sviluppo di fessurazioni e lineazioni sugli edifici. Oltre
a ciò si verificarono la rottura di canali di scolo e la comparsa di lesioni nei manufatti stradali. A riprova della ingente
quantità di acque circolanti all’interno della coltre della frana relitta, si verificarono allagamenti di alcuni scantinati e
fondazioni. In seguito i cedimenti, e di conseguenza il rinnovarsi delle lesioni sugli edifici, si sono riproposti ancora nel
1995 e successivamente in occasione dei principali eventi alluvionali.
Le ripercussioni dei fenomeni franosi hanno interessato anche il tracciato della strada comunale di Burlo in località
Costiglione. Qui si sono verificati nel tempo cedimenti della sede stradale, a causa dell’instabilità di tratti del muro di
sottoscarpa.
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Pornassio
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Tavola 15
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In più punti la strada che si sviluppa lungo il versante fino al fondovalle mostra lesioni di modesta entità che
interessano sia il manto stradale sia i muri di sottoscarpa e di controripa, a testimonianza della diffusa instabilità lungo
il versante conseguente al mancato raggiungimento di un equilibrio da parte delle coltri delle frane relitte.
Interventi di sistemazione
Le frane e i fenomeni di instabilità di cui soffre il territorio di Pornassio hanno portato nel tempo alla realizzazione di
studi conoscitivi e di progetto per la realizzazione di opere volte alla mitigazione del rischio.
Sin dal 1978, a seguito della Relazione Tecnica eseguita dal Genio Civile della Provincia di Imperia, venne riconosciuto
il ruolo principale delle acque circolanti nella riattivazione dei fenomeni franosi e vennero previste opere volte soprattutto
alla regimazione e all’allontanamento delle stesse sia in superficie che al di sotto di essa. Una soluzione fu individuata
nell’adattare la strada comunale di Burlo, a monte della borgata di S. Luigi, a fosso di guardia per una lunghezza
di circa 600 metri, con formazione di cunetta e relativo cordolo, risagomatura e impermeabilizzazione della sede
stradale. Inoltre vennero realizzate opere di captazione delle acque sotterranee a mezzo di canne drenanti suborizzontali e trincee drenanti poste tra la strada di Burlo e gli abitati di S. Antonio e S. Luigi; in particolare una di queste
è stata costruita alle spalle dell’edificio comunale. A corredo di questi interventi vennero eseguiti la risistemazione e/o
il rifacimento di vecchie opere di raccolta delle acque al di sotto della Strada Statale del Colle di Nava e di tratti della
pavimentazione viaria e di manufatti. Un muro su pali e dotato di tiranti è stato realizzato in corrispondenza della
sponda destra del Rio delle Lavandaie, al di sotto dell’abitato di S. Luigi.
L’intervento più recente è quello posto immediatamente a valle della strada che conduce al Castello. Si tratta di un
muro su pali e drenaggi realizzato nel corso del 2006 volto a contrastare il movimento franoso che aveva minato la
stabilità della sede stradale.
- 111 -
Località
QUARTAROLE
008009
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Borghetto d’Arroscia
Imperia
Torrente Arroscia
Rio Acquatorta-Rio Calabria
560
92 III NO
244121 Gavenola
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Non installata
Esistente
Opere di regimazione delle acque superficiali,
interventi idraulici sui rii principali anche con consolidamento
delle sponde, opera di consolidamento a valle della frazione
di Quartarole.
Cause di instabilità
Frane complesse con cinematismi di scorrimento rotazionale e traslativo+colamento, frane di colamento e colate
detritiche.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Il versante su cui si trova l’abitato di Quartarole è costituito da rocce appartenenti al Dominio Piemontese, dove
l’originaria serie stratigrafica è stata smembrata in varie unità tettoniche. In particolare qui affiora la serie torbiditica
della Formazione di Albenga (FAL) (Cretaceo superiore?-Eocene), che dal punto di vista tettonico si inquadra nell’Unità
Arnasco-Castelbianco.
Nell’area rilevata gli affioramenti sono riferibili prevalentemente al membro delle Arenarie di Leuso-Quartarole. Si
tratta di torbiditi arenacee grossolane quarzoso feldspatiche, molto micacee, di colore grigio e giallastro, alternate a
peliti. A luoghi si rinviene anche il membro dei Calcari di Curenna-Montebello costituito da marne stratificate, passanti
alla base a ridotti livelli arenacei, e da orizzonti anche molto sottili di peliti calcaree e calcareniti. Verso l’alto le
peliti calcaree si alternano ad arenarie quarzose fini, arenarie più grossolane micacee a clasti carbonatici e a peliti
varicolori marnose. L’assetto della formazione è piuttosto variabile e si rinvengono immersioni della stratificazione che
variano da NW fino a S-SW, con inclinazioni che passano dai 30° ai 40°.
Inquadramento geomorfologico
La frazione di Quartarole si trova a metà di un versante esposto a sud, che si affaccia sul corso del Rio Acquatorta
affluente del Rio Calabria, a sua volta tributario sinistro del Torrente Arroscia, nel quale confluisce in corrispondenza
dell’omonima località, subito a valle di Borghetto d’Arroscia.
Quartarole si compone di un numero esiguo di edifici, gli uni addossati agli altri, e si sviluppa, all’incirca, tra le quote
545 e 575 m s.l.m.
Il versante di Quartarole, cosi come quelli sui quali si trovano le frazioni limitrofe di Baldoini, Canto, Costa e Pessin,
ad est, e di Casale, ad ovest, sono solcati da aste torrentizie di basso ordine, abbastanza incise, che disegnano, prima
di confluire nei rii maggiori, i contorni delle frane che coinvolgono larga parte dell’area. Infatti, a parte la modesta
morfogenesi legata alle acque correnti incanalate, l’area è stata modellata principalmente da fenomeni gravitativi che
hanno lasciato ben evidenti indizi sul terreno. I pendii presentano profili longitudinali piuttosto articolati, con tratti ad
inclinazione ora debole ora più accentuata, che si susseguono ripetendosi. Le porzioni riferibili a superfici di debole
- 112 -
inclinazione sono il riflesso della presenza di testate di frane collassate più o meno in blocco, secondo cinematismi
prevalentemente di tipo scorrimento rotazionale, mentre le parti a maggiore acclività generalmente coincidono con il
fronte dell’accumulo di una frana o con la scarpata lasciata dal distacco di materiale che si rinviene immediatamente a
valle. Le forme descritte sopra sono diffuse nella parte di versante su cui si trova Quartarole e nella porzione orientale
del territorio indagato. Esse indicano la presenza di una serie di collassi che hanno modellato l’intera area. Si tratta di
fenomeni relitti dove ai già citati cinematismi tipo scorrimento rotazionale, si affiancano scorrimenti traslativi e, talvolta,
colamenti della massa spostata. Queste frane, che hanno raggiunto nel complesso un loro equilibrio, potrebbero
aver coinvolto in certi casi il substrato roccioso per diverse decine di metri, come si può ipotizzare anche dalle loro
dimensioni talvolta imponenti.
Fig. 26 – La borgata di Quartarole presenta alcuni edifici lesionati tra quelli prospicienti la carrozzabile (in fotografia si vede il muro di sottoscarpa
della strada). La frazione è coinvolta in una frana complessa che rappresenta una riattivazione parziale di una frana relitta di dimensioni
maggiori.
Differente appare l’assetto morfologico della porzione occidentale dell’area, dove si trova la frazione di Casale. Qui
l’intero versante presenta i segni inequivocabili di un collasso generalizzato e risulta evidente il marcato svuotamento
che ha interessato questa zona rispetto alle zone limitrofe, seppur con limiti incerti. Infatti mancano le evidenze chiare
di collassi circoscritti, salvo qualche caso segnalato da superfici di scivolamento. E’ ipotizzabile perciò che il versante
sia andato soggetto, piuttosto che a frane vere e proprie, a movimenti gravitativi lenti tipo Deformazioni Gravitative
Profonde di Versante. C’è da rimarcare che la roccia affiorante in quest’area appare intensamente fratturata, avendo
perciò perduto la sua originaria compagine d’insieme.
Tra le cause predisponenti le frane relitte dell’area, deve essere ricordato l’assetto strutturale della roccia costituente
il substrato. Nella porzione orientale, a monte delle frazioni di Baldoini, Canto, Costa e Pessin, la roccia affiorante
presenta immersioni che, in rapporto con l’orientazione locale dei versanti, determina situazioni di franapoggio.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Le frane relitte e la Deformazione Gravitativa Profonda di Versante rappresentano il canovaccio sul quale si sono
sviluppati una serie di movimenti franosi di dimensioni più contenute, che sono, in generale, riattivazioni di parti delle
- 113 -
stesse. Prendendo come riferimento il versante su cui si trova Quartarole e procedendo da esso verso est, le riattivazioni
che si incontrano si sono sviluppate maggiormente secondo uno stile di attività complesso, assommando cinematismi di
scorrimento rotazionale e traslativo talvolta con colamento del materiale in prossimità delle fronti. Si tratta di fenomeni
che, fatta eccezione per la frana in località Ferrasi, sono in uno stato di attività quiescente, dando luogo soltanto a
limitati assestamenti delle coltri più superficiali. In particolare la frana che interessa Quartarole sembra la riattivazione
di un corpo di frana complesso, con cinematismi di scorrimento rotazionale e colamento, il cui punto critico, allo stato
attuale, sembra collocarsi proprio all’altezza della frazione, dove una marcata rottura di pendio determina una zona
di pronunciato disequilibrio.
L’area riferibile alla Deformazione Gravitativa Profonda di Versante sembra invece essere interessata, nei dintorni
della frazione Casale, da fenomeni di colamento lento delle coltri più superficiali.
Le cause della mobilizzazione di queste frane, che potrebbero essere definite di seconda generazione rispetto a
quelle relitte, sono verosimilmente da ricercare nell’azione di scalzamento operata dai rii che drenano l’area e nello
scadimento delle caratteristiche geotecniche dei terreni coinvolti, a causa delle acque di infiltrazionei soprattutto in
occasione degli eventi meteorici più intensi o dei periodi dell’anno più piovosi. Soprattutto durante questi periodi, a
causa anche di una generale cattiva regimazione delle acque superficiali, una maggiore infiltrazione porta alla rottura
dell’equilibrio limite nel quale si trovano i corpi franosi e le coltri che li ammantano. E’ in occasione di queste situazioni
di grande disponibilità di acque circolanti che si originano anche fenomeni di colamenti rapidi che si incanalano lungo
le aste torrentizie, come è possibile vedere nei due rii posti ad est e ad ovest di Quartarole.
Effetti del fenomeno
I problemi maggiori dell’area sembrerebbero concentrati in corrispondenza della frazione di Quartarole. Qui
assestamenti entro il corpo di frana quiescente hanno determinato situazioni di instabilità localizzata che hanno
dato origine a lesioni e fratture sui fabbricati. Diversi tra gli edifici di Quartarole, soprattutto quelli lungo la strada
carrozzabile, mostrano vistosi segni di questa instabilità. Non deve essere trascurata, a nostro avviso, anche la rottura
di pendio presente a valle dell’abitato, che caratterizza questa parte del corpo di frana, la quale sicuramente influisce
sulla situazione di dissesto.
Interventi di sistemazione
Sono stati realizzati interventi di regimazione delle acque superficiali e di tipo idraulico lungo i rii principali, anche
con consolidamento delle sponde, in corrispondenza della frazioni Baldoini e Quartarole. Lo scopo è stato quello di
consentire una più efficiente raccolta e un più rapido smaltimento delle acque, così da prevenirne l’infiltrazione.
In corrispondenza dell’abitato di Quartarole, a valle della strada carrozzabile, è stata realizzata un’opera di
consolidamento con l’impiego di tiranti e pali a beneficio della stabilità della frazione e del tratto della strada interessato
dal dissesto.
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Quartarole
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Tavola 16
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Località
SAN ROMOLO - BORELLO
008055
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
San Remo
Imperia
T. San Romolo
T. San Romolo
600-850
102 I SO
258092 M. Bignone S. Romolo
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
4 abitazioni demolite
Vie di comunicazione
interesssati tratti della strada Senatore Marsaglia
e della Strada Provinciale n° 61 Perinaldo-San Romolo
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata (inclinometri, rete topografica)
Esistente
Regimazione delle acque superficiali, drenaggi delle acque
subsuperficiali e sotterranee, realizzazione e rifacimento di opere
di contenimento e sedi stradali
Cause di instabilità
Frane complesse (scorrimento+colamento), assestamenti in antiche coltri di frana e coltri di alterazione della roccia e
crolli.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
L’area in cui ricadono i centri abitati di San Romolo e Borello è modellata entro rocce riferibili all’Unità Tettonica San
Remo-Monte Saccarello. Essa è rappresentata dalla Formazione delle Arenarie di Bordighera e dalla Formazione di
San Bartolomeo.
La Formazione delle Arenarie di Bordighera (ABO), del Maastrichtiano inferiore-medio, è formata da potenti strati di
arenarie torbiditiche spesso grossolane sino a conglomeratiche. Si rinvengono, localmente, sottili livelli di argille siltose
e straterelli calcarenitici e marnosi, oltre ad arenarie calcaree, calcareniti fini e raramente calcilutiti con al tetto argilliti
scure.
La Formazione di San Bartolomeo (FBA) è presente con una facies costituita da strati gradati di arenarie quarzose a
grana media e fine con al letto argilliti verdi e rosse; nella parte superiore della serie si hanno intercalazioni di straterelli
di calcisiltiti nocciola chiaro. L’età dell’intera formazione è del Campaniano inferiore (?)-Campaniano superiore.
L’asse vallivo principale, lungo il quale si sono evoluti anche i movimenti franosi più evidenti, è sede di lineazioni
tettoniche di un certo rilievo. Le due formazioni vengono a contatto lungo un sovrascorrimento orientato circa NWSE che compare al margine occidentale dell’area rilevata. A questo si aggiunge una faglia con una componente di
scorrimento trascorrente importante, che verosimilmente converge verso l’elemento tettonico precedente a sud dell’area
rilevata.
Gli strati sono interessati da pieghe a differenti scale e mostrano giaciture piuttosto variabili. La roccia appare a tratti
percorsa da più famiglie di fratture che si intersecano tra loro e che hanno sicuramente contribuito alla predisposizione
della stessa ai processi di disgregazione e alterazione con formazione di una coltre di potenza variabile, in genere
tra 1 e 2 metri, costituita da clasti immersi in una matrice sabbiosa. La coltre di alterazione interessa soprattutto gli
affioramenti di Arenarie di Bordighera che costituiscono la maggior parte del substrato dell’area indagata.
Inquadramento geomorfologico
Gli abitati di San Romolo e Borello, distanti tra loro in linea d’aria poco meno di un chilometro, si trovano alla
testata della valle del Torrente San Romolo e sono distribuiti circa tra le quote 750-850 m s.l.m. e 600-700 m s.l.m.
- 116 -
rispettivamente. Nell’area sono presenti inoltre tutta una serie di edifici e case sparse che si dispongono prevalentemente
lungo la viabilità della zona, rappresentata principalmente dalla Strada Provinciale n° 61 Perinaldo-San Romolo e dalla
Strada Senatore E. Marsaglia.
Le forme del territorio indagato sono riconducibili in prevalenza alla morfogenesi gravitativa. Infatti l’area è conformata
in una serie di ripiani e scarpate determinati da antichi movimenti franosi che hanno interessato a più riprese questa
porzione dell’incisione valliva del San Romolo.
Le porzioni dei versanti posti immediatamente a valle dello spartiacque, che limita ad occidente l’area rilevata,
presentano in modo piuttosto evidente una generale forma concava, corrispondente ad una antica nicchia di frana,
della quale si possono rinvenire ancora alcuni lembi dell’orlo superiore.
Fig. 27 – Il versante di San Romolo (a destra nella fotografia) e Borello (al centro in basso) ha subito un’evoluzione gravitativa in più fasi, intuibile
nell’immagine dalle forme di svuotamento che hanno reinciso una antichissima frana della quale restano soltanto alcuni lembi nella parte più
prossima allo spartiacque.
Lo svuotamento sotteso da questa forma è interrotto dal complesso di superfici e declivi che caratterizzano l’area su cui
insiste l’abitato di San Romolo. Questa è ammantata da una coltre di materiale a blocchi eterometrici piuttosto alterati,
molti dei quali con una forma da subarrotondata ad arrotondata, immersi in una abbondante matrice prevalentemente
sabbiosa. La coltre, che si estende a partire dall’area del paese verso monte, risalendo fin sotto il Colle Termini di
Perinaldo, rappresenta ciò che resta di una o più frane, molto antiche, delle quali allo stato attuale risulta difficile
definire le forme e individuare gli originari limiti.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Alle frane descritte sopra, che verosimilmente rappresentano gli eventi franosi più remoti ancora rintracciabili
nella morfologia del territorio, hanno fatto seguito la serie di movimenti che interessano la parte centro-meridionale
dell’area rilevata, su una parte dei quali insiste l’abitato di Borello. Queste frane, che si potrebbero definire di seconda
generazione, si configurano come fenomeni complessi caratterizzati da scorrimenti e colamenti della massa mobilizzata
che non mostrano segni di attività, salvo alcuni assestamenti della parte più superficiale.
I fattori predisponenti i movimenti gravitativi sono da ricercare sicuramente nei caratteri geologici dell’area. Infatti
- 117 -
sia le linee di discontinuità tettonica, anche di carattere regionale come lo scorrimento già citato, sia lo stato di
fratturazione della roccia devono aver contribuito non poco con la disarticolazione della massa rocciosa al verificarsi
dei fenomeni franosi.
Tra le cause determinanti l’evoluzione dei movimenti franosi un ruolo decisivo deve essere stato giocato dalla profonda
incisione operata dai corsi d’acqua. Questo risulta particolarmente vero per le frane di seconda generazione. Le
posizioni assunte dalle nicchie di distacco e dai corpi di queste frane fanno propendere per una loro evoluzione
avvenuta in seguito all’approfondimento del solco vallivo marcato dal gradino morfologico che corre a SE dell’abitato
di San Romolo.
La tendenza evolutiva generale del versante nel senso di una retrogressione, che allo stato attuale sembrerebbe
attestata all’altezza del gradino morfologico sopra citato, non può essere ritenuta completamente esaurita. Infatti, il
disequilibrio creato dalla discontinuità altimetrica e la disponibilità di acque circolanti subsuperficiali, che si realizza
in occasione degli eventi meteorici più intensi, si pongono, di concerto con quelle già citate in precedenza, come le
principali cause rispettivamente predisponenti e determinanti i movimenti franosi più recenti.
In questa chiave va interpretata la frana mobilizzatasi in seguito alle intense piogge verificatesi nell’Autunno 2000
nella zona a monte dell’abitato di Borello. Si tratta di un fenomeno iniziato presumibilmente il giorno 26 Novembre e
che ha assommato nell’arco di un mese un movimento complessivo massimo di circa 70 cm (Perego e Tironi, 2000).
Esso ha interessato un accumulo superficiale, riferibile ai precedenti movimenti franosi, con spessore variabile dai 5 ai
20 metri (Conti, 2003), ma non è escluso che possa aver interessato a tratti il substrato costituito dalla Formazione di
San Bartolomeo (FBA), caratterizzata da una componente argillitica importante.
La frana, che nel corso del rilevamento (Estate 2005) sembrava trovarsi in uno stato di quiescenza, si configura come
un fenomeno complesso in cui a movimenti traslativi nelle parti alte si sono succeduti fenomeni di colamento della
massa spostata soprattutto nella porzione di valle.
Effetti del fenomeno
Gli effetti maggiori sono quelli determinati dalla frana del 26 Novembre 2000. Ben 4 edifici sono stati interessati da
lesioni gravi che ne hanno determinato il crollo o reso necessario l’abbattimento per la loro completa inagibilità. Per
quanto riguarda le strade, forti deformazioni e rotture hanno interessato in più punti i tratti che attraversano il corpo
della frana, rendendo all’epoca impossibile la circolazione.
Per quanto riguarda il resto dell’area indagata non sono state rilevate situazioni significative se non modestissimi
quadri lesivi che interessano alcuni manufatti o i piani stradali. Questi appaiono tuttavia più legati a situazioni locali
di assestamento delle coltri di frana e di alterazione o per la presenza di porzioni di versante con forti acclività che a
veri e propri movimenti gravitativi.
Interventi di sistemazione
Gli interventi di sistemazione effettuati nell’area di San Romolo-Borello sono soprattutto quelli riguardanti gli effetti
del dissesto del 26 Novembre 2000 e sono stati effettuati dal Comune di San Remo. Sono state ripristinate le sedi
stradali con la ricostruzione del manto e delle porzioni dei muri di sopra- e sottoscarpa danneggiati nell’evento. In
corrispondenza del corpo di frana sono state realizzate una serie di opere volte soprattutto all’allontanamento delle
acque superficiali e sotterranee che sono state ritenute la principale causa scatenante il dissesto.
Nell’immediatezza dell’evento, o immediatamente dopo, una serie di canne drenanti sono state infisse nel corpo di
frana a differenti quote, con l’intento di asportare la maggior quantità d’acqua possibile dalla massa in movimento.
Alcune di esse, a distanza di alcuni anni dall’evento, restituiscono ancora un rivolo d’acqua, anche durante il periodo
estivo, dimostrando con ciò di aver mantenuto un buon grado di efficienza. Tuttavia questo è stato un intervento fatto in
condizioni di urgenza. In seguito sono stati progettati e realizzati 3 pozzi drenanti di grande diametro dotati di pompa,
che si avvia in corrispondenza di una determinata soglia di risalita della falda freatica. Contemporaneamente la
risistemazione delle sezioni dei canali di scolo naturali e la realizzazione di opere volte alla regimazione delle acque
superficiali, sia in corrispondenza dei limiti esterni del corpo di frana sia al suo interno, assicurano lo smaltimento delle
acque di scorrimento prevenendone l’infiltrazione. Tutte queste opere sono state concentrate soprattutto nella porzione
medio-bassa del corpo di frana.
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San Romolo - Borello
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Tavola 17
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Località
SOLDANO
008058
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Soldano
Imperia
T. di Vallecrosia (o Verbone)
85
102 IV SE, 102 III NE
257161 Soldano
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 59, viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Non installata
Esistente
Opere di consolidamento e contenimento, ripristino delle sezioni
di deflusso del Rio Fullavin e del Torrente di Vallecrosia
Cause di instabilità
Frane complesse superficiali, fenomeni di deformazione in corpi di frana relitti.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Il territorio all’interno del quale ricade il centro abitato di Soldano è modellato nei terreni di pertinenza del dominio
Delfinese-Provenzale e in particolare si rinviene in affioramento il Flysch di Ventimiglia (FVE) (Priaboniano superioreOligocene inferiore?).
Questa formazione è costituita da arenarie grossolane granoclassate e arenarie fini in banchi e strati con intercalazioni
siltoso arenacee e siltoso argillose. Si rinvengono inoltre livelli argilloso-marnosi, talvolta calcareo-marnosi. Considerato
omologo del flysch eocenico denominato Grés d’Annot, che chiude la copertura sedimentaria del Massiccio
dell’Argentera, è caratterizzato, nella parte alta, dalla presenza di olistoliti e olistostromi di varia provenienza.
La giacitura della stratificazione è abbastanza variabile. In corrispondenza del fondovalle principale si rinvengono
immersioni degli strati prevalentemente verso SE con inclinazioni variabili dai 20° fino ai 50°, mentre in corrispondenza
della parte più elevata del versante posto in destra idrografica le immersioni sono rivolte sia verso NE sia verso W,
anche in questo caso con inclinazioni variabili tra i 20°-25° e i 45°.
Inquadramento geomorfologico
Soldano, ubicato sul fondovalle del Torrente di Vallecrosia, ha una quota media di circa 85 m s.l.m. Il territorio al
suo intorno è caratterizzato, oltre che dal corso d’acqua maggiore, da versanti e valloni che degradano piuttosto
ripidamente verso il Torrente di Vallecrosia stesso. La conformazione dell’area è data dal modellamento operato dalle
acque correnti e dai fenomeni gravitativi.
Lungo i valloni secondari la morfogenesi si risolve essenzialmente nell’azione di incisione degli alvei operata dai corsi
d’acqua, che hanno evidentemente seguito, nella loro evoluzione, l’approfondimento del torrente principale. Infatti, in
corrispondenza del fondovalle del Torrente di Vallecrosia, attualmente in incisione tanto che il suo alveo è per buoni
tratti scavato nella roccia, tranne laddove si rinviene una sottile coltre di alluvioni attuali come in corrispondenza di
Soldano, si trovano almeno un paio di ordini di alluvioni terrazzate.
Il terrazzo più basso ha un dislivello generalmente esiguo rispetto al fondovalle attuale ed è probabilmente interessato
dalle esondazioni maggiori del torrente. Il terrazzo più elevato presenta dislivelli più accentuati, contenuti comunque
tra i 5 e i 10 metri dal fondovalle.
L’incisione e l’erosione delle sponde operate dai torrenti e dai rii deve aver rivestito il ruolo di causa determinante
nello svilupparsi dei fenomeni gravitativi che si rinvengono lungo i versanti.
- 120 -
La morfogenesi gravitativa ha dato origine ad alcune frane con stile di attività complesso dove a cinematismi di
scorrimento traslativo si assommano altri di scorrimento prevalentemente rotazionale e in taluni casi, in corrispondenza
dei fronti delle frane stesse, di colamento della massa detritica.
Fig. 28 – Il centro abitato di Soldano (qui ripreso da est), sul fondovalle di Vallecrosia, è coinvolto in una frana relitta che si individua a partire
dagli edifici più elevati del paese. Attualmente i problemi legati ai dissesti sono localizzati nella zona del cimitero e in alcuni punti lungo la Strada
Provinciale di fondovalle.
Le differenti tipologie di movimento sembrano essere distribuite in rapporto con l’assetto della stratificazione. I
cinematismi di scorrimento traslativo prevalgono laddove i rapporti tra la giacitura della stratificazione e la disposizione
del versante determinano situazioni di franapoggio, come in prossimità del fondovalle, mentre gli scorrimenti rotazionali
si rinvengono in corrispondenza delle situazioni di giacitura che portano al traversopoggio e al reggipoggio. In questi
casi il collasso delle masse rocciose è stato predisposto soprattutto dallo stato di fratturazione dell’ammasso roccioso.
L’esame del territorio ha messo in evidenza la presenza di una serie di frane relitte. Nella parte meridionale dell’area
una successione di scorrimenti rotazionali multipli ha determinato il collasso di una porzione abbastanza considerevole
del versante, tra le località Pinella e San Porro. Questa frana, che ha le dimensioni maggiori tra quelle rinvenute,
raggiunge con il suo fronte il fondovalle. Un fenomeno relitto interessa direttamente anche la porzione più occidentale
del centro abitato di Soldano, insistendo con il suo fronte in corrispondenza della zona tra il cimitero e la chiesa
parrocchiale.
Descrizione e tipologia del fenomeno
Allo stato attuale i problemi di Soldano legati alla dinamica dei versanti sembrano essere connessi soprattutto da una
parte alla rimobilizzazione di lembi delle parti più superficiali dei vecchi corpi di frana, sia attraverso l’enuclearsi di
veri e propri fenomeni franosi, di dimensioni comunque abbastanza limitate sia per l’ingenerarsi di deformazioni nelle
coltri pellicolari, e dall’altra al disequilibrio generato lungo i versanti o dall’azione di incisione dei corsi d’acqua o dalla
presenza di rotture di pendio che determinano superfici acclivi preda della degradazione.
Le situazioni di instabilità che interessano direttamente il centro abitato sono rinvenibili nella zona del cimitero, dove
un paio di frane di scorrimento e colamento, interessanti la parte più superficiale della frana relitta, stanno minando
- 121 -
la stabilità della sponda sinistra del rio che drena questa porzione del territorio, e all’estremità settentrionale dell’area
indagata, dove la frana relitta che giunge ad interessare con il suo fronte la Strada Provinciale, subito al di fuori del
centro abitato, è soggetta in alcune parti a fenomeni di deformazione lenta.
Ci sono, inoltre, un paio di frane attive che interessano più direttamente la viabilità. La prima è quella che crea
problemi alla viabilità lungo la Strada Provinciale in località San Porro. Si tratta di un fenomeno di scorrimento di
detrito con evoluzione in colamento della massa spostata, che è stato innescato dall’erosione di sponda operata
dal Torrente di Vallecrosia in occasione dell’evento alluvionale del Novembre del 2000. La seconda è la frana che
interessa la strada che dal centro di Soldano risale per un tratto la valle del Rio Fullavin. Qui sulla sponda sinistra del
rio in corrispondenza di una curva piuttosto accentuata della strada, c’è una situazione di degradazione di un tratto
di scarpata acclive con formazione di fenomeni franosi.
La frana relitta, che in parte interessa il paese e che ha dato problemi in passato in corrispondenza della sua
porzione più elevata, non sembra allo stato attuale portare segni di instabilità.
Effetti del fenomeno
Gli effetti sulle strutture conseguenti alle situazioni di instabilità sono stati riscontrati in corrispondenza del cimitero
del paese e dell’abitazione posta al margine della Strada Provinciale, circa sul fronte della frana relitta ubicata
immediatamente a nord del centro abitato.
In entrambi i casi sono presenti alcune lesioni a testimonianza della sofferenza delle strutture. Probabilmente allo
stato attuale la più colpita sembra la casa posta al margine settentrionale del paese.
Interventi di sistemazione
Gli interventi eseguiti nel centro abitato di Soldano sono stati rivolti al consolidamento della porzione più elevata
della frana relitta che coinvolge parte dell’abitato e alla sistemazione della frana mobilizzatasi sulla sponda destra
del Torrente di Vallecrosia e che ha interessato la Strada Provinciale immediatamente prima del suo ingresso in
paese. Inoltre è stata eseguita la sistemazione degli alvei del Torrente di Vallecrosia e del Rio Fullavin, considerando
che i problemi attuali del centro sono principalmente di carattere idraulico piuttosto che legati alla dinamica dei
versanti. Infatti in occasione dell’evento alluvionale del Novembre 2000 il Torrente di Vallecrosia, coperto per un
tratto apprezzabile, è fuoriuscito dal suo letto inondando gran parte degli edifici posti lungo la Strada Provinciale e
arrecando numerosi danni a beni materiali.
Il consolidamento del centro abitato eseguito ad opera dell’ufficio dell’ex Genio Civile di Imperia nei primi anni ’90,
è consistito nella realizzazione di strutture di contenimento e consolidamento della porzione medio-alta del versante a
nordovest del centro abitato. In corrispondenza della frana complessa che ha interessato la Strada Provinciale è stato
costruito un muro di contenimento, fondato su pali, all’incirca in corrispondenza della zona di distacco della frana.
Inoltre a protezione della sede stradale è stata realizzata, per il tratto interessato dal movimento franoso, una galleria
artificiale ed è stata posta in opera una rete paramassi. Queste permettono di evitare la caduta di materiale sulla sede
stradale e garantiscono la salvaguardia dei veicoli in transito e l’incolumità delle persone.
Gli interventi lungo il tratto del Rio Fullavin che attraversa il paese, anch’esso completamente coperto, sono stati
realizzati ad opera della Comunità Montana Intemelia. E’ stato compiuto essenzialmente il ripristino del percorso
del Rio Fullavin con adeguamento delle sezioni idrauliche, sottomurando le spalle erose e ricostruendo le solette di
copertura che erano pericolanti.
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Tavola 18
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Soldano
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Località
TRIORA
008061
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Triora
Imperia
T. Argentina
780
102 I NO
258024 Triora
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strade provinciali n° 52 Molini di Triora-Triora-Cetta
e n° 89 Triora-Passo della Guardia, viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Non esistente
Non installata
Non esistente
Interventi lungo le strade provinciali con realizzazione
di strutture di contenimento e per la raccolta e lo smaltimento
delle acque superficiali
Cause di instabilità
Movimenti per deformazione plastica e assestamento nelle coltri superficiali corrispondenti a corpi di frana relitti e
deformazione gravitativa profonda di versante; assestamento di corpi di frana relitti di tipo complesso in roccia.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
Il territorio di Triora è costituito da rocce appartenenti a due distinte unità tettoniche. Procedendo dal basso verso
l’alto dell’impilamento si rinvengono dapprima i terreni riferibili al dominio Delfinese-Provenzale cui fanno seguito quelli
dell’Unità Tettonica Baiardo-Triora, appartenente al Dominio Sub-Brianzonese o dei Lembi Interposti.
La prima unità è rappresentata dal Flysch di Ventimiglia (FVE) (Priaboniano superiore-Oligocene inferiore?) che
affiora nella metà inferiore dello sperone roccioso emergente su cui si trova il centro abitato. Si tratta di arenarie
grossolane granoclassate e arenarie fini in banchi e strati, con intercalazioni siltoso arenacee e siltoso argillose. Si
rinvengono livelli argilloso-marnosi, talvolta calcareo-marnosi e, a luoghi, banchi marnoso argillitici riferibili al membro
di Molini di Triora. Il Flysch di Ventimiglia è omologo di quello eocenico denominato Grés d’Annot, che chiude la
copertura sedimentaria del Massiccio dell’Argentera, ed è anche caratterizzato nella parte alta dalla presenza di
olistoliti e olistostromi di origine varia.
L’Unità tettonica Baiardo-Triora, così denominata nei rilevamenti ancora inediti del Foglio San Remo a cura del Prof. S.
Giammarino (DIPTERIS, Università di Genova) e collaboratori, è rappresentata dal Flysch Nero (FNE), che questi ultimi
hanno denominato Flysch di Baiardo (Priaboniano superiore-Oligocene inferiore?). La placca del flysch costituisce la
porzione altimetricamente più elevata dello sperone roccioso di Triora. Sono arenarie fini con intercalazioni siltoso
arenacee e siltoso argillose inglobanti microbrecce, brecce e più o meno grossi olistoliti costituiti da elementi sia
dell’Unità di San Remo-M. Saccarello sia delle sequenze eoceniche del Dominio Delfinese-Provenzale. Si tratta di
blocchi di dimensioni variabili, da centimetriche a decametriche, immersi in una matrice siltoso arenacea, che si
possono presentare sotto forma di depositi caotici e di scaglie tettoniche.
Le due unità tettoniche sono separate dalla superficie di sovrascorrimento che si sviluppa a mezza costa tutto attorno
lo sperone di Triora e assume assetti variabili.
La giacitura della stratificazione è variabile e passa da immersioni verso il primo e il secondo quadrante con
inclinazioni in media sui 15°-20°, verso la parte occidentale dell’area indagata, mentre si attesta con immersioni verso
sud e inclinazioni confrontabili con le precedenti nella parte orientale.
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Inquadramento geomorfologico
Il nucleo storico di Triora sorge su di uno sperone roccioso, orientato circa NW-SE, ad una quota media di circa 780
m s.l.m.. La parte di più recente edificazione del centro abitato ha occupato invece la porzione compresa all’incirca tra
i 750 e gli 800 metri di quota, del versante posto a SW del centro storico, che si affaccia direttamente sul corso del
Torrente Argentina. Alla base del versante orientale su cui si affaccia Triora, scorre invece il Torrente Capriolo, affluente
di sinistra del Torrente Argentina nel quale confluisce a valle di Molini di Triora.
I lineamenti morfologici generali del territorio ricalcano quelli di diversi altri centri studiati. In particolare qui si
ripropone la presenza di uno sperone roccioso modellato nel Flysch di Baiardo, nella porzione sommitale, e in quello
di Ventimiglia nella parte medio-inferiore, e caratterizzato da una cresta piuttosto marcata e versanti decisamente
acclivi. Lungo questi ultimi dominano le forme di degradazione e di accumulo riferibili alla gravità, mentre i processi
e le forme legati alla dinamica torrentizia, sebbene presenti, sono confinati soltanto alla base dei versanti e in nessun
modo riguardano da vicino il centro abitato.
A proposito dei torrenti presenti alla base dei pendii è bene dire che essi scorrono all’interno di valli generalmente
molto profonde, i cui fianchi mostrano, almeno per la metà inferiore, profili circa rettilinei e una elevata acclività.
Questo è verosimilmente il riflesso di una fase di incisione molto intensa che ha interessato non soltanto l’alta valle
Argentina ma le cui testimonianze si rinvengono lungo tutto il corso del torrente e in molte altre valli della provincia di
Imperia. Un’evoluzione così marcata deve trovare giocoforza la sua spiegazione in ragioni di carattere regionale e
potrebbe perciò essere il riflesso morfologico di movimenti tettonici o essersi verificata in corrispondenza di un cospicuo
abbassamento del livello di base, costituito qui dal Mar Ligure, come per esempio in occasione dell’ultima glaciazione
würmiana, quando il livello del mare si abbassò di circa 110-120 metri rispetto alla posizione attuale.
Fig. 29 – Il centro storico di Triora sembra essere interessato da problemi connessi alla stabilità dei versanti grossomodo nell’area della chiesa
parrocchiale, da dove, verosimilmente, si sviluppa una frana relitta che attualmente dà luogo a fenomeni superficiali di destabilizzazione. Le
forme da collasso gravitativo sono poi diffuse lungo la parte di versante sottostante il paese, a valle del quale si individuano forme di svuotamento
riconducibili a scorrimenti di roccia in blocco (sulla destra in basso in fotografia).
Questa fase di erosione ha giocato senza dubbio un ruolo anche nel determinare il collasso delle masse rocciose
lungo i versanti sotto l’effetto della gravità. Ecco che allora possono trovare ragione i grandiosi fenomeni gravitativi,
come quelli che interessano tutta la parte occidentale del territorio indagato a Triora.
- 125 -
L’intero versante posto a sudovest, dove si sviluppa la parte più recente del centro abitato, è interessato da un
fenomeno di deformazione gravitativa profonda e da collassi in roccia le cui evidenze morfologiche sono attualmente
in uno stato di avanzato smantellamento, risultando perciò intuibili soprattutto dall’esame delle fotografie aeree. Si
tratta di fenomeni molto vecchi, che hanno la loro origine piuttosto addietro nel tempo, risultando verosimile una loro
attribuzione alla parte finale del Pleistocene.
Il versante orientale risulta invece complessivamente più stabile, complice l’assetto strutturale della roccia affiorante
che lo rende meno predisposto al collasso. Qui si ha la presenza di una lunga scarpata il cui orlo sommitale si pone
proprio in corrispondenza del lato orientale del nucleo storico di Triora, e lungo il pendio si rinvengono forme di
accumulo riferibili a frane in genere di tipo complesso, ma per numero ed estensione decisamente inferiori rispetto a
quelle della parte opposta.
Descrizione e tipologia del fenomeno
I problemi del centro abitato di Triora sono legati soprattutto a movimenti delle parti più superficiali dei versanti,
dove le masse già coinvolte nei collassi originari subiscono assestamenti e deformazioni plastiche nelle coltri pellicolari.
Queste ultime danno origine a frane di dimensioni contenute in genere di tipo complesso, scorrimento e colamento, o
colate, a causa della scarsa regimazione delle acque superficiali che in occasione dei fenomeni meteorici maggiori si
infiltrano nel materiale detritico determinando la rottura del suo equilibrio.
Interessante e da tenere in considerazione è il movimento che verosimilmente sta interessando la parte sommitale
della frana relitta in roccia che lambisce la parte sudovest del centro storico. Il limite superiore di questo movimento
è di incerta ubicazione, a causa dell’urbanizzazione che ne ha cancellato i lineamenti morfologici. Tuttavia, sul retro
della chiesa parrocchiale, posta nel centro del paese, è visibile un salto morfologico molto pronunciato che segnala la
probabile zona di distacco di questa frana.
Per quanto riguarda il versante opposto rispetto alla dorsale, l’elemento morfologico più appariscente è sicuramente la
scarpata di degradazione che borda alla base il centro storico del paese. Tuttavia allo stato attuale non sembrano esservi
indizi di un suo arretramento con distacco di materiale, il che fa propendere per una sua sostanziale quiescenza.
Effetti del fenomeno
Gli effetti dei fenomeni illustrati si ravvisano su alcuni edifici della parte più recente del paese, ubicati lungo il tratto
della Strada Provinciale n° 52 che da Triora porta verso Realdo. Qui, alcune manifestazioni lesive sui muri perimetrali
di edifici e su strutture murarie di contenimento e stradali sono il riflesso degli assestamenti e delle deformazioni che
interessano questa porzione del versante. Manifestazioni lesive non appariscenti si rinvengono anche a tratti risalendo
il versante stesso lungo la strada per Passo Guardia.
Gli effetti più manifesti sono invece quelli che interessano la parte vecchia del paese nell’area circostante la chiesa
parrocchiale e la canonica. Questi due edifici sono stati oggetto di un sopralluogo condotto nel corso dello studio su
invito dell’Amministrazione comunale. In effetti la chiesa, ma soprattutto l’adiacente canonica, risultano pesantemente
lesionati, tanto che quest’ultima è stata sgomberata ed il sacerdote che vi risiedeva è stato obbligato a trasferirsi
altrove. L’edificio è fuori piombo, tanto che alcune finestre e porte interne risultano difficili da aprire se non addirittura
bloccate. Le due costruzioni sono percorse da lesioni che si dispongono parallelamente alla pendenza del versante e
che iniziano in corrispondenza del lato a valle della chiesa per poi proseguire nella sottostante canonica e interessare
alcune strutture a volta di una stradina sottostante quest’ultima.
Queste evidenze, come si riferiva sopra, potrebbero essere il riflesso di un movimento, forse di assestamento, che
sta interessando la frana che lambisce la parte bassa del centro storico. Allo stato attuale non esistono studi su questo
fenomeno, tuttavia sarebbe opportuno approfondire questa situazione per verificarne in modo puntuale e opportuno
le cause così da comprendere compiutamente le ragioni del quadro lesivo riscontrato.
Interventi di sistemazione
Il piano di bacino del Torrente Argentina prevede per il versante occidentale di Triora degli interventi con priorità
primaria volti a comprendere la reale portata del fenomeno che coinvolge questa parte del centro abitato. Sono
previste indagini geologiche e sistemi di monitoraggio.
Interventi di sistemazione su questa parte del territorio sono invece stati condotti soprattutto lungo la Strada Provinciale
n° 89 che risale il pendio, volti alla sistemazione del fondo della stessa e alla realizzazione di cunette per la raccolta
e lo smaltimento delle acque. Inoltre è stata osservata anche la presenza di muri di sostegno di recente costruzione,
evidentemente per arginare movimenti che potevano minare il corretto funzionamento della viabilità.
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Tavola 19
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Triora
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Località
VENTIMIGLIA ALTA (Loc. Funtanin)
008065
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Ventimiglia
Imperia
Fiume Roia
45-85
102 III NE
270044 Ventimiglia
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Statale n° 1 Aurelia, viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata
Esistente
Abbattimento di edifici danneggiati, ripristino di strutture
lesionate, opere di consolidamento, opere per la captazione
e l’allontanamento delle acque
Cause di instabilità
Frane complesse, area interessata da erosione concentrata e calanchi.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
L’area circostante l’abitato di Ventimiglia Alta ricade interamente all’interno del Pliocene marino ligure. In particolare
affiorano le Argille di Ortovero (ORV) (Pliocene inferiore), argille marnose e marnoso-siltose, grigio-azzurre massicce,
talora con lamine arenacee e intercalazioni di conglomerati, e i Conglomerati di Monte Villa (CMV) (Pliocene inferiore),
costituiti nella parte alta da conglomerati a grana fine e media, ben stratificati, con matrice sabbiosa abbondante e
orizzonti sabbiosi e siltosi. La gradazione della formazione è generalmente normale, l’embriciatura dei clasti evidente,
rara la presenza di blocchi. Nella parte basale i conglomerati sono invece grossolanamente stratificati, di granulometria
media, eterometrici e con frequenti blocchi fuori taglia. La stratificazione delle due formazioni immerge con inclinazioni
variabili tra 10° e 15° verso sudest. Questo assetto determina, in rapporto con la morfologia dei versanti, situazioni di
franapoggio, come si può osservare proprio in corrispondenza della località Funtanin, che rappresenta l’area ad ovest
dell’abitato, corrispondente grossomodo al versante che da sotto il Forte San Paolo degrada fino al mare.
L’assetto e la disposizione dei litotipi comporta, oltre alla predisposizione del versante al dissesto, anche la presenza
di numerose e diffuse manifestazioni sorgive, come il toponimo stesso della località, Funtanin, mette in evidenza.
Infatti i conglomerati si trovano sia al tetto, nella parte alta del versante fuori carta, sia al letto delle argille, oltre ad
esservi intercalati sia come masse lenticolari sia come interdigitazioni delle bancate poste al letto delle argille stesse.
I livelli e le bancate di conglomerato sono sede di circolazione di acque sostenute dai litotipi meno permeabili. Le
fuoriuscite d’acqua si osservano in corrispondenza dell’intersezione delle bancate di conglomerato con il versante e
verosimilmente nel verificarsi di queste manifestazioni sorgive gioca un ruolo anche l’azione dei litotipi più impermeabili,
che costituendo una soglia di permeabilità impediscono il naturale decorso delle acque sotterranee secondo le vie
preferenziali determinate dall’inclinazione della formazione (Olivero & Penta, 1960).
Dal punto di vista dei caratteri tettonici, lo sperone di Ventimiglia Alta è interessato da un sistema di faglie ad
andamento circa nord-nordest sud-sudovest. Una di queste discontinuità a carattere disgiuntivo taglia lo sperone
all’incirca sulla trasversale del Forte San Paolo.
Inquadramento geomorfologico
Ventimiglia è l’ultima città costiera di una certa importanza dell’estremo ponente della Provincia di Imperia. Una parte
dell’abitato si trova in sinistra idrografica rispetto al corso del Fiume Roia, e più precisamente rispetto alla sua foce, e si
- 128 -
sviluppa prevalentemente per un tratto lungo la sponda del corso d’acqua e maggiormente occupando la stretta piana
costiera che si dispiega verso oriente.
Sul lato destro del Fiume Roia si trova una porzione dell’abitato collocata in fregio al corso d’acqua e un’altra,
denominata Marina di San Giuseppe e costituita per buona parte anche da strutture di accoglienza turistica e alberghi,
che si affacciano sulla Passeggiata Marconi e quindi sul mare. In posizione rilevata rispetto alle due precedenti si
trova il centro storico, Ventimiglia Alta. Esso è arroccato sulla parte terminale di una dorsale rocciosa orientata circa
nordovest-sudest, tra le quote 45 e 85 m s.l.m.
In corrispondenza del tratto di costa compreso entro la parte rilevata, sono state individuate forme di erosione
riferibili alla morfogenesi marina. Un orlo di scarpata di erosione attuale si rinviene, in modo abbastanza continuo,
lungo tutto il perimetro del promontorio a diretto contatto con il mare. Esso si colloca all’incirca nell’intervallo altimetrico
compreso tra 5 e 15 metri. Al di sopra di questo, un secondo orlo di scarpata di erosione si individua intorno a 50
metri di quota. In ogni caso sono le evidenze morfologiche della dinamica gravitativa, seppur non sempre eclatanti,
che determinano i tratti morfologici generali dei versanti della dorsale rocciosa. Infatti lungo il pendio nordorientale,
in corrispondenza della costa denominata Dui Camin, sono ancora individuabili forme riconducibili a frane relitte che
hanno determinato il collasso di considerevoli porzioni di roccia, oggi quasi completamente ammantate da una coltre
detritica piuttosto consistente.
Fig. 30 – La località Funtanin, al margine occidentale di Ventimiglia Alta, è interessata da una frana quiescente che si sviluppa a partire dalla
quota del centro abitato fino in corrispondenza della passeggiata a mare. L’area è inoltre in rapida degradazione per la presenza di calanchi in
evoluzione.
I lineamenti morfologici conseguenti ai fenomeni gravitativi sono invece maggiormente evidenti in corrispondenza
del versante rivolto verso il mare. Lungo il perimetro dell’emergenza orografica sulla quale è stato edificato il Forte
San Paolo, si riconoscono scarpate riconducibili al collasso e distacco di materiale. A valle di queste sono presenti,
verso sudovest, una frana legata alla mobilizzazione, prevalentemente per colamento, della coltre che ammanta il
versante, mentre verso sudest lo stato dell’ammasso roccioso e i lineamenti morfologici permettono di identificare lungo
il versante detto di Funtanin, i segnali tipici della presenza di una frana relitta, successivamente ripresa, rimodellata e
verosimilmente ampliata da fenomeni di instabilità più recenti.
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Questi ultimi, che interessano ininterrottamente quasi tutto il versante a occidente di Ventimiglia Alta, costituiscono il
principale motivo della dinamica gravitativa attuale dell’area.
Descrizione e tipologia del fenomeno
La località Funtanin è la zona che massimamente ha risentito, a partire dalla seconda metà del secolo scorso,
di fenomeni franosi. Più precisamente i primi segnali di movimento noti si ebbero a partire dall’inverno 1957, con
accentuazione in corrispondenza dei periodi di massima piovosità (Olivero & Penta, 1960; Balboni, 1968).
Il rilevamento geomorfologico ha messo in luce la presenza, oltre alla già citata frana relitta di cui resta visibile,
peraltro, solo un lembo all’estremità più occidentale del versante, di due frane che hanno determinato i dissesti più
recenti.
La più occidentale di queste si individua a partire all’incirca dalla quota 90 m s.l.m. mentre l’altra, che taglia la prima,
sembra avere la sua zona di testata in corrispondenza dell’edificio dell’Orfanotrofio San Secondo, anche se l’area è
stata rimodellata da interventi antropici e le forme originarie sono ormai andate perdute. Entrambe le frane interessano
l’intera parte del versante posta a valle e giungono, con il loro fronte, in prossimità della costa. Più precisamente quella
che coinvolge l’orfanotrofio termina in corrispondenza del tratto più occidentale della Passeggiata Marconi, al margine
di un’area che verosimilmente ha subito forti rimaneggiamenti da parte dell’uomo.
Si tratta di due frane quiescenti che, sulla base dei caratteri morfologici e di quanto noto dalle indagini geognostiche
che a più riprese sono state condotte lungo il versante su commissione dell’Ufficio del Genio Civile di Imperia, prima,
della Provincia di Imperia, poi, e dell’ ANAS, possono ritenersi dovute a differenti tipologie di movimento, in particolare
scorrimenti e colamenti, e perciò con stile di attività complesso.
Sulla base delle evidenze di terreno è possibile ipotizzare movimenti che coinvolgono la parte più superficiale delle
argille, che si presenta alterata e interessata da fratture che si formano, per esempio, quando nei periodi siccitosi si
aprono nel terreno crepe da disseccamento. In occasione poi dei periodi caratterizzati da piogge, l’acqua penetra
all’interno di questa parte più superficiale delle argille imbevendole con conseguenti fenomeni di plasticizzazione
che possono dare luogo a cedimenti o colamenti anche solo di entità limitata ma sufficienti ad interessare le strutture
presenti.
Sono fattori che possono contribuire alla formazione di superfici di scorrimento all’interno dell’ammasso roccioso la
costituzione geologica del versante, la giacitura della stratificazione e la presenza di disomogeneità lungo lo spessore
delle argille. Queste ultime possono essere legate sia a motivi stratigrafici, intercalazioni di lenti e livelli arenacei e
conglomeratici, sia ai caratteri geotecnici della roccia, come la presenza di livelli a differente grado di consistenza e
consolidamento. Inoltre una superficie di scorrimento può essere rappresentata dal contatto tra le argille e i sottostanti
conglomerati, data anche la presenza di acqua, allorché in occasione dei periodi piovosi l’acquifero nei conglomerati
tende a saturarsi, anche per il ruolo di soglia di permeabilità rivestita dalle argille.
In corrispondenza della parte più occidentale del versante di Funtanin, a partire più o meno da 15 metri a valle del
tracciato stradale dell’Aurelia, è presente un’area molto degradata. Il pendio appare profondamente inciso in una serie
di vallecole disposte all’incirca secondo la sua massima pendenza le quali fanno capo ad un microreticolo idrografico
abbastanza sviluppato. Si tratta di calanchi, una forma di erosione tipica delle argille legata all’azione delle acque
ruscellanti. All’interno delle vallecole si sviluppano anche movimenti di massa, generalmente colate di fango di dimensioni
contenute, gli accumuli delle quali, conformati tipicamente in lobi, si rinvengono sul fondo delle incisioni. La freschezza
delle forme, la mancanza di vegetazione e le osservazioni compiute a distanza di qualche tempo l’una dall’altra in
occasione di diversi sopralluoghi permettono di affermare che si tratta di forme in evoluzione, verosimilmente con stadi
di accelerazione in corrispondenza dei periodi maggiormente piovosi. Tuttavia l’individuazione delle cause di queste
forme di degradazione comporterebbe la realizzazione di studi specifici, corroborati da un adeguato periodo di
monitoraggio. In ogni caso è interessante notare come il tratto di versante interessato dai calanchi si trovi a valle di una
serie di edifici, fra l’altro alcuni dei quali recanti segni di sofferenza delle strutture. Potrebbe essere proficuo indagare
se vi possa essere una relazione tra lo sviluppo di queste forme di erosione e la presenza di lesioni nella rete delle
acque reflue bianche e nere. Infatti una o più perdite potrebbero contribuire ad aumentare l’erosione in questa parte
del versante.
Fenomeni franosi si rinvengono anche lungo tutto il pendio sottostante il perimetro meridionale dell’abitato di
Ventimiglia Alta. Anche qui le argille sono il litotipo interessato prevalentemente dai fenomeni di instabilità. Lo stato
di attività dei dissesti è quiescente ed essi si individuano a partire dal tracciato della Strada Statale Aurelia. In questo
caso gli elementi morfologici non consentono di individuare dei corpi distinti, ma la situazione appare caratterizzata
da un generale dissesto del versante. Si tratta di un fenomeno con stile di attività complesso, per il quale valgono,
grossomodo, le medesime considerazioni fatte per la vicina località Funtanin.
Una frana di dimensioni non considerevoli ma che ha determinato una situazione di rischio si trova in corrispondenza
della scarpata sottostante l’estremità orientale dell’abitato di Ventimiglia Alta (località Cavu). La nicchia di distacco
ha interessato il lato meridionale dell’abitato e risulta tuttora abbastanza individuabile sul terreno, mentre il corpo
di frana risulta rielaborato dagli interventi eseguiti nel tempo e i suoi limiti sono mal individuabili. Si tratta di un
fenomeno quiescente con stile di attività complesso nel quale si sono assommati fenomeni di crollo all’interno dei litotipi
conglomeratici e fenomeni di scorrimento e colamento.
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Tavola 20
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Ventimiglia Alta
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Effetti del fenomeno
Il versante meridionale di Ventimiglia Alta deve aver subito, a più riprese, eventi di attivazione delle frane che lo
interessano, anche se le notizie in merito a quelli più addietro nel tempo sono stati, almeno per questo studio, pressoché
irrintracciabili. Quelli maggiormente noti sono invece gli effetti determinati dalla fase di attività che interessò il versante
a partire grossomodo dall’inverno 1957, i quali hanno avuto pesanti ripercussioni sulle strutture antropiche. Per il
versante di Funtanin si può avere un’idea di ciò che accadde da quanto riportato nella relazione a cura di Olivero
& Penta (1960): i muri di sottoscarpa e di controripa delle tre strade che attraversano a diverse quote il versante,
compresa la Strada Statale Aurelia, apparivano pesantemente lesionati e/o crollati parzialmente in più tratti. Profonde
lesioni e avvallamenti erano presenti lungo il tratto interessato della Strada Statale che venne interdetta al traffico per
diverso tempo.
In corrispondenza dell’estremità occidentale dell’area dissestata, nella zona a monte della via Aurelia, il fabbricato
“INA-case”, che all’epoca era stato costruito da poco tempo, risultò interessato da molte lesioni e quello che nella
relazione menzionata viene riferito come un “rifluimento di terreno” era presente ai piedi dell’edificio, proprio in
corrispondenza della scarpata a monte della Strada Statale. L’edificio dovette essere abbattuto.
Un edificio pesantemente lesionato fu quello dell’Ospedale Santo Spirito, che sorgeva laddove oggi si trova l’area di
parcheggio antistante la porta occidentale delle vecchie mura dell’abitato. L’intera struttura presentava danni insanabili,
basti pensare che gli avancorpi del fabbricato risultavano praticamente staccati dal resto dell’edificio, infatti anche
questa struttura venne abbattuta. Inoltre lesioni e fratture erano presenti anche su fabbricati minori e in corrispondenza
delle sedi stradali della viabilità comunale.
Ancora tra la Via Aurelia e la via litoranea ai piedi del pendio, i dissesti comprendevano lesioni e crolli parziali sia
di muri di recinzione in pietrame e malta sia di muri a secco per il sostegno delle fasce di coltivazione, lesioni profonde
in una piccola casa in muratura disabitata, dissesti di un canale di scarico rivestito, posto ad est della Caserma del
Forte Annunziata, e il danneggiamento della Via Sotto Colla, che dal mare saliva, e sale ancora oggi, verso la parte
alta del versante.
I due redattori della relazione indicano inoltre la presenza, in più punti del versante, di indizi di movimenti che,
tuttavia, non si presentavano mai come “distacchi” o “slittamenti” del terreno riconducibili a superfici di scivolamento
nette, ma piuttosto come deformazioni della massa detritica. Per esempio, la presenza di smottamenti e segnali di
instabilità nel terreno venne osservata nella scarpata retrostante quello che doveva essere il nuovo albergo, all’epoca
dei fatti in costruzione, posto tra la Punta della Rocca e la Passeggiata Marconi, del quale oggi restano soltanto le
strutture murarie in stato di completo abbandono.
Dopo gli effetti riconducibili all’evento del 1957 sembra che nessun altro evento parossistico abbia interessato il
versante Funtanin, o almeno notizie in questo senso non sono state trovate. Sporadiche indicazioni relative a movimenti
che hanno colpito l’area derivano da diverse fonti. Un episodio di dissesto, però di ubicazione incerta, viene riferito
al 1968 (Progetto AVI, 1994), mentre una frana, che si verificò a seguito delle abbondanti precipitazioni del Gennaio
1991, interessò parte della Via Sotto Colla, destabilizzando un tratto del muro posto a guardia della stessa via e
determinando un quadro fessurativo conseguente a spostamenti di ordine centimetrico nella sede stradale.
La ricognizione effettuata per questo studio ha permesso di individuare in corrispondenza delle strutture presenti sul
versante di Funtanin alcuni segnali che farebbero propendere per un non completo raggiungimento dell’equilibrio da
parte del movimento franoso.
Infatti lesioni sono state osservate in corrispondenza delle strutture afferenti l’area di parcheggio che oggi occupa
la zona che all’epoca dei dissesti del 1957 doveva trovarsi in posizione antistante l’ospedale abbattuto. In particolare
il muro che delimita verso valle il piazzale di parcheggio rispetto alla sottostante Passeggiata Carlo Alberto, risulta
interessato, almeno in due punti, da lesioni, di recente, come appare evidente, tamponate con malta, che tagliano tutta
la struttura muraria in senso verticale, dall’alto verso il basso.
Nell’area immediatamente a valle, anche un tratto della Strada Statale Aurelia, che in questo tratto, essendo a sbalzo
sul versante, risulta costruita su strutture di sostegno verticali, come se si trattasse di un breve cavalcavia, è interessato
da un fenomeno lesivo, corrispondente in linea d’aria a uno di quelli del muro di sostegno del parcheggio. Il manto
stradale, che dato il suo aspetto sembra steso di recente, appare lesionato e in corrispondenza del lato verso valle
della strada, dove si trova il marciapiede, la fessura presenta un piccolo ma sensibile rigetto, segno di un movimento
relativo di un margine della lesione rispetto all’altro. Il quadro fessurativo si ripercuote nelle strutture sottostanti la
carreggiata, dove è presente una lesione in una delle pile di sostegno della strada.
Tra gli edifici posti a monte dell’area a calanchi descritta nel paragrafo sulle tipologie dei movimenti franosi, ve ne
sono almeno un paio che mostrano lesioni sui muri perimetrali esterni, testimoniando con ciò uno stato di sofferenza.
Per uno dei due in verità il quadro lesivo non è tale da poterlo attribuire indubbiamente e senza timore di essere smentiti
a fenomeni di instabilità del versante, perché non è infrequente rinvenire sugli edifici, ancorché soggetti a recenti lavori
di ristrutturazione, fenomeni fessurativi che in realtà sono limitati esclusivamente all’intonaco che riveste esternamente
i muri perimetrali. Ma nell’altro dei due edifici, almeno una delle lesioni osservate, taglia verticalmente tutto il muro
perimetrale, interessando anche la soletta corrispondente a uno dei due spioventi del tetto, non lasciando praticamente
dubbi sulla natura della causa che l’ha determinata da ricercarsi sicuramente nella mancanza di una completa stabilità
della struttura dell’edificio. Inoltre, anche in alcune strutture accessorie presenti nel giardino sottostante l’abitazione,
muretti di contenimento e di protezione di scale esterne, sono stati osservati fenomeni lesivi.
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Oltre a quelle indicate sono numerose le lesioni visibili sui muri di sottoscarpa e controripa delle varie strade che
tagliano il versante, molte delle quali sono verosimilmente riferibili all’evento della fine degli anni ‘50. Tuttavia, poco può
essere detto su queste, perché in mancanza di sistemi di monitoraggio non è possibile conoscere eventuali allargamenti
che esse hanno subito nel periodo di tempo intercorso.
Interventi di sistemazione
Le località Cavu e Funtanin sono state riconosciute come zone di abitato da consolidare sulla base del D.P.R. n° 769
del 31 Marzo 1969 facendo seguito al R.D. del 4 Novembre 1938 nel quale l’intero centro di Ventimiglia era stato
ammesso tra quelli da consolidare ai sensi della Legge n° 445 del 9 Luglio 1908.
Successivamente ai fenomeni di instabilità della seconda metà del secolo scorso le due aree sono state oggetto di
pesanti interventi di ripristino e consolidamento.
In località Cavu, come si evince da una relazione dell’Ufficio del Genio Civile di Imperia (Poli, 1980) si è operato
nell’immediatezza degli eventi alla rimozione e sistemazione di parti pericolanti del pendio. Successivamente, nel
periodo compreso tra il 1969 e il 1975, sono state poste in essere opere di consolidamento del versante tra cui
con fondi della Regione sono state realizzate una sistemazione a banche, sostenute da muri di cemento armato
con fondazione su micropali, protette e impermeabilizzate e una struttura reticolare di travi in calcestruzzo armato
addossata alla scarpata e ancorata tramite tiranti. Successivamente all’evento alluvionale dell’Ottobre 1979 interventi
sono stati necessari per migliorare la situazione. Infatti a seguito di fenomeni erosivi, la struttura reticolare si presentava
non più a contatto con il versante in diversi punti. Gli interventi, sempre ad opera della Regione Liguria, sono stati
sostanzialmente rivolti alla impermeabilizzazione delle porzioni in orizzontale del versante, al ripristino dell’aderenza
della struttura reticolare al pendio, alla realizzazione di opere di raccolta e allontanamento delle acque, all’inerbimento
delle specchiate della struttura reticolare attraverso semina e piantumazione di essenze vegetali atte allo scopo e alla
realizzazione di strutture di protezione per la salvaguardia dell’incolumità delle persone.
In corrispondenza del versante Funtanin, come già accennato, si è provveduto all’abbattimento dell’Ospedale Santo
Spirito e del fabbricato INA-case che non erano più adatti, per motivi di sicurezza, ad essere utilizzati.
Gli interventi hanno comportato la realizzazione di opere di consolidamento per la messa in sicurezza delle sedi
stradali che attraversano il versante, principalmente la Strada Statale Aurelia. Questa dopo la realizzazione del
passante in galleria al di sotto delle località Dui Camin e Poggio ha perso molta della sua importanza, ma resta, in ogni
caso, una strada che veicola molto del traffico in transito per il confine di stato. Con questo scopo sono stati ripristinati
o abbattuti e ricostruiti i tratti dei muri di sostegno interessati dal dissesto fondandoli su pali e munendoli di tiranti.
Una serie di interventi di consolidamento, consistenti nella realizzazione di pali e tiranti uniti da cordoli di cemento
armato, sono stati mirati alla sistemazione della porzione del versante corrispondente all’area dove sorgeva l’ospedale.
Sono state inoltre realizzate una serie di opere rivolte alla captazione e allontanamento delle acque circolanti nel
versante che come si è visto sono risultate dagli studi condotti la causa principale dei dissesti.
Nel Piano di Bacino Stralcio per il Fiume Roia e i torrenti Latte e San Luigi viene indicata la necessità di realizzare
interventi per le località Cavu e Funtanin. Il piano di massima delle opere da realizzare, indicate con livello di priorità
primaria, prevede la realizzazione di briglie, scogliere, dreni suborizzontali, muri di sostegno, paratie di pali radice,
tiranti, cordoli armati fondati su pali e provvisti di tiranti. Il tutto deve essere preceduto da indagini geognostiche, analisi
geotecniche di laboratorio, indagini geofisiche e campagne di monitoraggio tramite la posa in opera di inclinometri,
estensimetri, fessurimetri e piezometri.
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Località
VILLA GUARDIA - VILLA VIANI
008045
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Pontedassio
Imperia
T. Impero
Rio Agazza
240
103 IV NO
258081 Villa Viani
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
Strada Provinciale n° 32 Villa Viani-Pontedassio,
viabilità comunale
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Non esistente
Non installata
Non esistente
Muri di contenimento atti all’arginatura dei fenomeni superficiali
di assestamento e deformazione del versante
Cause di instabilità
Frane complesse, frane di scorrimento traslativo e rotazionale, fenomeni di deformazione plastica delle coltri di frana
superficiali.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
L’area indagata nell’intorno e in corrispondenza dei centri abitati di Villa Guardia e Villa Viani è interamente modellata
entro rocce riferibili all’Unità Tettonica San Remo-Monte Saccarello, qui rappresentata dalla formazione del Flysch di
San Remo.
Il Flysch di San Remo (Maastrichtiano medio-superiore) (FSR), è costituito da bancate torbiditiche di marne e arenarie
calcaree con potenze variabili fino a un paio di metri e livelli calcilutitici passanti a strati marnosoarenacei e strati
arenacei e argillitici.
Le rocce affioranti appaiono a tratti fratturate in modo pervasivo, come lungo la costa a monte di Villa Guardia,
mentre complessivamente l’assetto della stratificazione comporta giaciture immergenti generalmente verso est-sudest,
con inclinazioni variabili tra 25° e 30°. Questo determina in taluni casi, per esempio nella porzione di territorio ad
ovest di Villa Viani, disposizioni della stratificazione secondo la pendenza locale dei versanti, ingenerando situazioni
di instabilità potenziale.
Inquadramento geomorfologico
I centri di Villa Guardia e Villa Viani distano tra loro poco più di mezzo chilometro, si trovano su di un versante
esposto a sudest e sono all’incirca compresi rispettivamente tra le quote 210-235 m s.l.m. e 240-300 m s.l.m. Il versante
è posto sulla sinistra idrografica dei rii delle Ville e Agazza, con il secondo che si configura come la prosecuzione
del primo a valle della confluenza con il Rio Carpane. A poco più di un chilometro verso est, al di fuori della carta
presentata, il Rio Agazza confluisce a sua volta nel Torrente Impero, prima che questo attraversi Pontedassio.
Il versante di Villa Guardia e Villa Viani è stato improntato principalmente dai fenomeni gravitativi che ne hanno
determinato i tratti generali. In subordine si osservano forme legate alla morfogenesi torrentizia che si risolvono,
essenzialmente, nell’incisione operata dai brevi corsi d’acqua che drenano il pendio e, alla base di questo, dai rii delle
Ville e Agazza la cui azione di scalzamento al piede del versante deve essere considerata come una delle cause dei
fenomeni franosi stessi.
La frazione di Villa Viani è fondata sulla porzione medio-inferiore di una frana relitta di dimensioni considerevoli,
costituita da più corpi coalescenti che si sviluppano a partire all’incirca da C. Ciancroso, a circa 500 m di quota, verso
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nordovest al di fuori della zona rappresentata in carta, e dalla costa di Pesato, appena al di sotto dei 450 metri di
quota. Si tratta di frane di tipo complesso coinvolgenti sia la coltre superficiale, dove presente, che la sottostante roccia,
caratterizzate da cinematismi di scorrimento rotazionale nelle porzioni di testata, cui fanno seguito, nella parte medio
inferiore, fenomeni di colamento della massa disarticolata. A queste frane si aggiungono fenomeni di scorrimento in
blocco di roccia, la quale si presenta piuttosto disarticolata.
Fig. 31 – I centri abitati di Villa Guardia (a destra nella fotografia) e Villa Viani (a sinistra) si trovano a poca distanza l’uno dall’altro lungo un
versante caratterizzato dalla presenza di frane relitte complesse. Nella fotografia e ben visibile la superficie a bassa inclinazione sulla quale si
trova Villa Guardia determinata dalle testate di un paio di corpi dovuti a scorrimento rotazionale.
Lo stesso motivo si ripete anche per la frazione di Villa Guardia. Qui le frane che coinvolgono l’abitato sono di
dimensioni decisamente inferiori rispetto a quelle precedentemente descritte. Esse si sviluppano a partire da poco
a monte dell’abitato e i suoi edifici sono collocati proprio in corrispondenza delle testate di due corpi di frana,
verosimilmente sviluppatisi a seguito di cinematismi di scorrimento rotazionale, che si presentano come due superfici
con inclinazione verso valle decisamente inferiore rispetto al resto del pendio. A monte degli accumuli il versante
presenta una serie di concavità che disegnano, almeno in parte, le antiche zone di distacco del materiale roccioso.
Esse si presentano, in genere, in stato di avanzata degradazione e le loro individuazione è, in alcuni casi, possibile
unicamente attraverso l’esame delle fotografie aeree.
Per quanto riguarda le cause delle frane che intressano il versante di Villa Viani e Villa Guardia, oltre alla già ricordata
erosione operata dai corsi d’acqua, che ha senza dubbio determinato l’instaurarsi di condizioni di disequilibrio che
hanno portato nel tempo al collasso delle masse rocciose, il principale fattore predisponente è da ricercare nell’assetto
giaciturale della formazione del flysch. Infatti le immersioni della stratificazione verso est-sudest determinano, in rapporto
con l’inclinazione e la disposizione dei diversi tratti del versante, rapporti variabili dal traversopoggio al franapoggio,
quest’ultimo decisamente sfavorevole alle condizioni di stabilità.
Descrizione e tipologia del fenomeno
I fenomeni più recenti che hanno interessato l’area di Villa Guardia e Villa Viani sembrano essere connessi con la
mobilizzazione di porzioni superficiali del versante e in particolare con le parti pellicolari dei corpi di frana relitti. E’
questo il caso della frana di scivolamento presente in corrispondenza della porzione più occidentale di Villa Viani,
poco ad ovest del cimitero del paese, o delle frane di eguale cinematismo presenti al limite orientale di Villa Guardia.
Si tratta di fenomeni che all’atto del rilevamento sono stati osservati in uno stato di attività quiescente.
Una frana complessa, verosimilmente di scivolamento e colamento, è quella le cui forme, seppur labili, si rinvengono
a valle della vecchia chiesa posta ad est dell’abitato di Villa Guardia. Almeno in parte, se non completamente, essa
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dovrebbe corrispondere al movimento franoso, tramandato nella memoria degli abitanti, che nel XVIII o XIX secolo
distrusse una porzione consistente del centro abitato. Oltre ai fenomeni descritti, i due centri sembrano soffrire allo stato
attuale di fenomeni di assestamento e deformazione nelle coltri superficiali dei corpi franosi. Essi appaiono limitati in
corrispondenza di Villa Viani, mentre sembrano più diffusi per Villa Guardia, comunque, in entrambi i casi, di limitata
entità.
Responsabili dei fenomeni descritti possono essere ritenute l’erosione operata dalle acque incanalate, ma anche
la diffusa percolazione delle acque meteoriche soprattutto in occasione di eventi piovosi intensi, la cui azione di
plasticizzazione della componente argillitica delle coltri superficiali può spiegare il verificarsi di fenomeni come quelli
osservati.
Effetti del fenomeno
La ricognizione degli abitati di Villa Guardia e Villa Viani ha permesso di osservare alcune lesioni di media e
piccola entità in corrispondenza dei muri perimetrali di alcune case e di muri di contenimento di orti e giardini lungo
la carrozzabile che attraversa la frazione di Villa Guardia. A Villa Viani una abitazione, posta in corrispondenza
della curva a gomito che la Strada Provinciale n° 32 fa alla quota 257,8 m s.l.m., presenta lesioni di modesta entità
sulla facciata. Alcune lesioni sono state poi riscontrate nelle strutture della viabilità e su due edifici posti lungo il tratto
della Strada Provinciale compreso tra le due frazioni. Nel complesso il quadro lesivo riscontrato corrisponde allo stato
dei fenomeni franosi descritti, poiché attualmente essi sono soggetti esclusivamente ad assestamenti e deformazioni
plastiche verosimilmente delle parti più superficiali delle coltri di frana e comunque di contenuta entità.
Il più vecchio dei due edifici sacri, che si trovano all’estremità orientale di Villa Guardia presenta, lungo i muri
perimetrali, lesioni e fratture. Queste potrebbero essere il riflesso delle condizioni di instabilità del versante, tuttavia lo
stato generale dell’edificio porta a ritenere, anche in mancanza di specifiche notizie, che esso non sia stato sottoposto
a lavori di riqualificazione da molto tempo. Ciò potrebbe spiegare, in alternativa, il suo stato di degrado.
Interventi di sistemazione
In corrispondenza della già citata curva a gomito della Strada Provinciale n° 32 è stato costruito un muro di
contenimento di controripa, evidentemente per arginare i movimenti che in quell’area si riflettono nel quadro lesivo
riscontrato a Villa Viani.
Entro il perimetro di Villa Guardia l’intervento maggiore è stato probabilmente quello volto alla messa in sicurezza
del piazzale tra i due edifici sacri, al margine orientale della frazione, dove è stata osservata la presenza di muri volti
al contenimento della massa franosa realizzati a monte dell’area di parcheggio stessa.
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Tavola 21
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Villa Guardia - Villa Viani
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Località
VILLE SAN PIETRO
008010
ESTRATTO DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTO
Comune
Provincia
Abitanti
Bacino idrografico principale
Bacino idrografico secondario
Quota m s.l.m.
Foglio I.G.M.I.
Elemento C.T.R. 1:5.000
Borgomaro
Imperia
T. Impero
475-500
102 I NE
258032 Ville S. Pietro
Popolazione, fabbricati ed infrastrutture coinvolti
Abitanti
Edifici
Vie di comunicazione
strade comunali, Strada Provinciale n° 24
Borgomaro-Colle d’Oggia
Studi e progetti di intervento
Studio del dissesto
Strumentazione di controllo
Progetto generale di sistemazione
Interventi eseguiti
Esistente
Installata (5 piezometri, 5 inclinometri)
Non esistente
Ripristino e consolidamento di alcuni tratti delle sponde del rio
che scorre a est della frazione di Case Soprane;
interventi di ripristino e consolidamento della sede della strada
che scende lungo il versante di Ville San Pietro
Cause di instabilità
Frane complesse riattivazioni parziali di porzioni della coltre di frane più antiche; movimenti diffusi nelle coltri di frana
e detritico-colluviali.
SINTESI DELLE CONOSCENZE
Caratteristiche geologiche
L’area indagata nel corso dello studio del centro abitato di Ville San Pietro è interamente modellata nel Flysch di San
Remo (Maastrichtiano medio-superiore) (FSR), appartenente all’Unità Tettonica San Remo-M. Saccarello. Affiorano
bancate torbiditiche di marne e arenarie calcaree con potenze variabili fino a un paio di metri e livelli calcilutitici
passanti a strati marnoso-arenacei e strati arenacei e argillitici.
La giacitura degli strati è variabile lungo lo sviluppo del versante, per la presenza di pieghe. Infatti, nella zona più
elevata dell’area si rinvengono giaciture con immersione prevalente nord-nordest e inclinazione degli strati variabile tra
20° e 45°, che creano perciò una situazione sfavorevole alla stabilità. Nel tratto medio-basso del versante, le direzioni
di immersione ruotano progressivamente verso est e est-sudest con inclinazioni tra i 20° e i 35°, determinando così una
situazione generale di disposizione degli strati a traversopoggio.
La roccia affiorante appare, a tratti, interessata da più sistemi di fratturazione, che contribuiscono ulteriormente a
determinare situazioni di instabilità sia causando lo scadimento delle caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso
roccioso sia determinando situazioni di franapoggio allorquando le discontinuità sono disposte sfavorevolmente rispetto
al versante.
Inquadramento geomorfologico
Ville San Pietro sorge lungo una porzione del versante destro del Torrente Impero e si sviluppa all’incirca tra le quote
475 e 550 m s.l.m. In realtà il centro abitato si compone di diverse frazioni, molto ravvicinate tra loro, che procedendo
da ovest verso est sono Costa, Case Soprane e Marpero.
I caratteri morfologici dell’area indagata sono determinati da una serie di corpi franosi che la modellano
complessivamente a partire dalla zona a monte della frazione Case Soprane fino al suo piede, in corrispondenza del
corso del Torrente Impero. Si tratta di una serie di fenomeni con stile di attività complesso, caratterizzati da cinematismi
di scorrimento, cui hanno fatto seguito colamenti della massa franata costituita da blocchi e clasti calcarei e marnosi
immersi in una matrice prevalentemente argillosa.
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Il corpo di dimensioni maggiori occupa la porzione centrale del tratto di versante in esame e risulta spezzato a
differenti quote da ripiani a debole inclinazione, che potrebbero corrispondere alle zone di testata di scorrimenti
rotazionali.
La frana di dimensioni maggiori ha probabilmente rimodellato una frana più antica, verosimilmente uno scivolamento,
che ha coinvolto masse rocciose distaccatesi nella parte alta del versante, dove la giacitura degli strati conforme alla
pendenza dello stesso può essere stata causa predisponente il collasso. Un lembo di questa frana è ancora visibile
immediatamente a sudest del nucleo centrale della frazione Costa.
Alla morfogenesi gravitativa si aggiunge quella torrentizia, che si esplica sostanzialmente nell’erosione operata dai
rii che drenano il versante e recapitano le loro acque direttamente nel Torrente Impero.
Fig. 32 – Il centro abitato di Ville San Pietro si trova in corrispondenza della parte mediana di una estesa frana relitta che presenta numerose
riattivazioni parziali. Attualmente i problemi di stabilità maggiori sono localizzati in corrispondenza della parte del paese dove si trova la chiesa
parrocchiale (al centro nella fotografia), che è molto lesionata, e in una parte della borgata Marpero (a sinistra nella fotografia) (ripresa fotografica
del Geom. Roberto Fontana).
Descrizione e tipologia del fenomeno
Sul canovaccio disegnato dai fenomeni franosi di dimensioni maggiori, che possono essere ritenuti certamente relitti,
si sono sviluppate una serie di riattivazioni successive, che hanno rimodellato, ma in parte anche ampliato, i corpi
precedenti in corrispondenza della porzione laterale destra, fino a coinvolgere la parte occidentale della frazione
Marpero.
E’ infatti in questa porzione dell’area indagata che si osservano i fenomeni più recenti, la cui causa determinante è
evidentemente da individuare nell’incisione operata dal rio che passa sulla sinistra della frazione stessa. Si tratta di una
serie di frane di tipologia complessa che assommano in se il cinematismo dello scorrimento, generalmente confinato
nelle parti riferibili alle testate dei corpi di frana, e del colamento della massa spostata nelle porzioni medio-inferiori.
In generale questi corpi di frana possono essere ritenuti in uno stato di quiescenza, tuttavia effetti di movimenti in atto
sono visibili immediatamente a ridosso della frazione di Marpero, dove una frana di dimensioni molto limitate sta
minando la stabilità di un breve tratto della Strada Provinciale e di alcuni edifici posti lungo essa, e a luoghi evidenze
di dissesti, sebbene lievi, tradiscono la presenza di deformazioni plastiche entro i corpi di frana.
Di maggiori dimensioni e con effetti sulle strutture antropiche di un certo rilievo è la riattivazione dell’antico corpo di
frana che sta interessando la parte centrale dell’abitato, corrispondente ad un’area centrata grossomodo sulla chiesa
parrocchiale. Si tratta, verosimilmente, di un movimento che coinvolge la precedente coltre di frana e giunge con la sua
fronte poco a valle del cimitero. Il suo limite è marcato da una serie di fuoriuscite d’acqua che stillano anche nel corso
della stagione secca (comunicazione personale da parte degli abitanti).
Oltre a queste segnalazioni va comunque detto che contenute deformazioni delle coltri sia di frane relitte sia riferibili
a depositi detritico-colluviali si rinvengono abbastanza diffusamente lungo il versante.
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Effetti del fenomeno
Lesioni sulle abitazioni del centro abitato e delle sue frazioni si rinvengono in maniera diffusa in diversi punti
dell’area indagata; si tratta, però, di lesioni di modesta entità. La causa dei dissesti va ricercata nei movimenti lenti di
assestamento delle coltri detritiche e degli accumuli di frana oppure nella posizione degli edifici in corrispondenza di
porzioni particolarmente acclivi dei versanti, dove l’instabilità superficiale del substrato è determinata da condizioni
morfologiche avverse. Situazioni di questo tipo sono state riscontrate per alcune abitazioni poste nella parte orientale
della frazione di Marpero, dove l’acclività è accentuata per la presenza di una scarpata di frana, e al limite occidentale
della frazione Costa, dove il versante è piuttosto acclive a causa della disposizione degli strati tra il traversopoggio e il
contropoggio. Lesioni su alcuni edifici posti lungo la Strada Provinciale si rinvengono anche al limite occidentale della
frazione di Marpero, coinvolta da una frana attiva di estensione limitata.
Le lesioni divengono importanti e numerose quando si esamina la zona coinvolta nella frana centrata sulla chiesa
parrocchiale. Qui risultano danneggiate la chiesa stessa con numerose lesioni, alcune delle quali beanti, l’edificio
corrispondente alla ex scuola elementare, posto immediatamente a tergo della chiesa stessa, e alcune abitazioni nelle
immediate vicinanze dei due edifici precedenti.
Interventi di sistemazione
Sul terreno sono stati osservati interventi di ripristino e consolidamento delle sponde del rio che scorre a est della
frazione di Case Soprane, nel suo tratto a monte rispetto alla frazione Marpero. Interventi puntuali di arginatura di
movimenti più o meno superficiali sono stati osservati lungo il versante, per esempio in corrispondenza di tratti della
strada che da poco ad Est di Marpero scende verso il piede del versante attraversando più volte la zona coinvolta nei
movimenti franosi.
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Tavola 22
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Ville San Pietro
CENTRI ABITATI INSTABILI SEGNALATI
Comune di Badalucco
Argallo
La piccolissima frazione di Argallo si trova, alla quota di 640 m s.l.m., su di una costa rocciosa orientata circa
nordovest-sudest, lungo il versante sinistro della Valle Oxentina. In particolare la costa di Argallo si erge tra i corsi
dei rii di Pallara e di Seunse e Vallone, entrambi affluenti del Torrente Oxentina, tributario, a sua volta, del Torrente
Argentina. Circa un centinaio di metri di dislivello a valle rispetto al paese, passa il tracciato della Strada Provinciale
n° 54, detta appunto della Valle Oxentina.
Le rocce affioranti nella zona di Argallo appartengono alla Formazione di San Bartolomeo (Campaniano inferiore?Campaniano superiore), dell’Unità Tettonica del Flysch di San Remo-Monte Saccarello. A partire dalla zona dell’abitato
fino ai fondovalle dei rii sottostanti affiorano, in successione, tre diverse facies di questa formazione. Dall’alto la prima
è caratterizzata da straterelli calcarei alternati a livelli marnoso-argillosi. A questa ne succede una seconda, all’incirca
a cavallo del tracciato della Strada Provinciale, costituita da strati arenaceo-quarzosi a grana media e fine gradati
con al tetto argilliti verdi e rosse. E infine una terza caratterizzata da alternanze ritmiche di argilliti grigio-verdastre e
subordinate siltiti in strati sottili.
Dal punto di vista morfologico lo sperone di Argallo presenta versanti piuttosto acclivi. Lungo il versante esposto
a sudovest è possibile individuare i lineamenti tipici di una estesa frana relitta che ha coinvolto il substrato. Essa si
sviluppa dalla quota 775 m fino circa al fondovalle del Rio Pallara. Diverse frane di dimensioni più contenute si sono poi
formate sia a partire dalla coltre della frana antica, come riattivazioni parziali di questa, sia coinvolgendo il substrato
roccioso, che si presenta molto fratturato. Queste frane presentano generalmente i caratteri dello scorrimento e/o del
colamento, tavolta anche rapido, di detrito, restando, perciò, confinate entro le porzioni più pellicolari del versante. Si
tratta di fenomeni innescati dall’eccessiva impregnazione delle coltri da parte delle acque meteoriche, come avviene,
abbastanza comunemente, nel corso di eventi alluvionali di una certa intensità, come per esempio è accaduto durante
quello del Novembre 2000.
Una delle frane più importanti si è sviluppata lungo il versante orientale della costa di Argallo, lambendo il centro
abitato. Si è trattato di una colata di detrito che distaccatasi proprio in corrispondenza delle ultime case della frazione,
si è propagata fino al corso del Rio di Seunse e Vallone.
Sono stati fatti interventi di risistemazione e consolidamento dell’area interessata dalla frana, con realizzazione di un
muro di sostegno provvisto di protezione paramassi lungo il tratto interessato della strada provinciale, e, più a monte,
all’incirca all’altezza della frazione, sono stati realizzati muri di contenimento poi rivestiti in pietra.
Comune di Borghetto d’Arroscia
Gazzo
La frazione Gazzo si trova compresa tra 550 e 570 metri di quota s.l.m. lungo un versante esposto a sudovest, sulla
sinistra idrografica del Rio S. Francesco, che affluisce nel Torrente Arroscia poco a monte dell’abitato di Borghetto.
Sempre sul medesimo versante, poco distante da Gazzo e a sudest di quest’ultimo, si trova la piccola frazione di Vigna
ubicata, all’incirca, alla medesima quota.
Nell’area di Gazzo affiorano rocce riferibili all’Unità Tettonica Colla Domenica-Leverone. In particolare si rinvengono
estesamente le Peliti di Colla Domenica (Cretaceo inferiore-Eocene?) che sostanzialmente sono delle argilliti grigioscure con lembi stratificati e ciottoli di siltiti e areniti sottili, mentre soltanto a sudest di Vigna compaiono le torbiditi
marnoso-arenacee della Formazione di Leverone (Cretaceo superiore-Paleocene).
L’immersione della stratificazione delle due formazioni è rivolta verso sud o sud-sudovest, con valori di inclinazione che
variano tra i 30° e i 40°.
Il versante di Gazzo e Vigna è interessato da una estesa frana relitta che da poco a monte dei due centri, si sviluppa
verso il fondovalle del Rio S. Francesco. Si tratta di una frana complessa che nella parte alta è andata soggetta a
fenomeni di scorrimento roto-traslativo, e le due frazioni sono ubicate proprio in corrispondenza di questa parte del
corpo di frana. Tra i fattori predisponenti il verificarsi della frana si può pensare proprio all’assetto delle rocce affioranti,
che con la loro giacitura, possono, in funzione della morfologia dei versanti, determinare situazioni di franapoggio.
La porzione più superficiale della frana relitta è caratterizzata da una estesa e potente coltre detritica costituita da
materiale a blocchi e da vere e proprie scaglie rocciose, il tutto in una matrice a componente argillitica dominante.
Questa situazione comporta, in occasione di fenomeni di pioggia intensi e prolungati, anche con la complicità
dell’erosione operata dal rio che drena il versante e che passa tra i due abitati, la riattivazione di fenomeni di instabilità
e la conseguente destabilizzazione degli edifici.
Numerosi sono, lungo il versante, i segnali di riattivazioni che hanno rimobilizzato il corpo della frana relitta. Proprio
a cavallo tra le due frazioni una frana quiescente, verosimilmente uno scorrimento rotazionale coinvolgente materiale
detritico e scaglie rocciose, riprende buona parte dell’antica frana e crea problemi agli edifici e alle strutture viarie che
lo intercettano.
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Fenomeni lesivi di entità medio bassa sulla sede stradale e su alcune abitazioni si sono verificati a seguito degli eventi
alluvionali del Novembre 2000 e ancora nel 2002, come riferito dall’Amministrazione comunale.
A seguito di questi eventi sono stati previsti dall’Amministrazione comunale interventi di sistemazione e di difesa delle
sponde lungo il rio che scorre tra le due frazioni e opere di consolidamento del versante a valle del centro abitato.
Comune di Carpasio
Arzene
La frazione di Arzene si trova arroccata su di uno sperone roccioso rivolto a nordovest, tra 700 e 760 metri di quota, sul
fianco sinistro della valle del Torrente Carpasina, tributario del Torrente Argentina immediatamente a valle dell’abitato
di Montalto Ligure.
Il versante di Arzene, molto ripido, è modellato nelle torbiditi calcareo-marnose del Flysch di San Remo (Maastrichtiano
medio-superiore), appartenente all’Unità Tettonica San Remo-M. Saccarello. Gli strati torbiditici immergono verso nordnordest con inclinazioni abbastanza variabili e pronunciate, essendo comprese tra 45°-50° e 70°.
Il centro abitato di Arzene è abbastanza piccolo, con alcune case che sono state ristrutturate e altre che si trovano in
uno stato di conservazione non buono.
La ricognizione sul terreno ha mostrato come i problemi per Arzene siano localizzati in corrispondenza della
carrozzabile che conduce al paese, al di fuori del perimetro dell’abitato. In particolare la carrozzabile finisce con
un’area di parcheggio che mostra segni di cedimenti verso valle. Sono stati perciò realizzati, a cura dell’Amministrazione
comunale, interventi volti al consolidamento e sostegno della sede stradale e del piazzale che sembrano, per quanto
si è potuto verificare all’atto del sopralluogo, aver risolto il problema.
I fenomeni di cedimento descritti hanno avuto origine, probabilmente, per instabilità determinatesi nella coltre che
ammanta la roccia in posto che in corrispondenza della sua parte più superficiale si presenta abbastanza fratturata. In
ogni caso il fenomeno sembra veramente localizzato alla parte dell’area indicata e non ci sono segnali che facciano
pensare alla possibilità dell’instaurarsi di situazioni di rischio per il centro abitato stesso.
Carpasio
Il centro abitato di Carpasio è collocato tra le quote 670 e 750 m s.l.m. nella parte inferiore di un versante posto sulla
destra idrografica del Torrente Carpasina, affluente del Torrente Argentina. Il limite nord del paese è rappresentato da
un rio che dopo aver raccolto le acque dell’intero pendio le recapita nel Torrente Carpasina, subito a valle di Ponte
Molino. Carpasio si trova ai margini della Strada Provinciale n° 21 che qui disegna i suoi ultimi tornanti prima di
cominciare a percorrere il fondovalle del Carpasina stesso.
L’area di Carpasio è completamente modellata nelle bancate torbiditiche calcareo-marnose del Flysch di San Remo
(Maastrichtiano medio-superiore), appartenente all’Unità di San Remo-M. Saccarello. L’immersione degli strati del
flysch è quasi invariabilmente rivolta verso nord-nordest, con inclinazioni che variano tra i 40° e i 60°.
La parte più elevata del versante di Carpasio, poco al di sotto dei 1200 metri di quota, è conformata secondo un’ampia
forma ad anfiteatro che fa propendere per l’esistenza di una antica forma di svuotamento, attualmente smembrata
e completamente rimodellata. Procedendo verso valle lungo il pendio si rinvengono forme e depositi detritici che
rimandano alla presenza di antichi corpi di frana, forse espressione di un’unica grande forma di accumulo, ma
attualmente smembrati e distanziati tra loro, tanto che risulta abbastanza difficile ricostruirne l’unitarietà.
Segni abbastanza evidenti dell’esistenza di movimenti franosi si rinvengono invece in posizione marginale rispetto
al nucleo dell’abitato. Infatti a sud del paese la presenza di forme di svuotamento e di accumulo, ormai per la
verità ampiamente rimodellate anche dall’azione dell’uomo, e una estesa coltre detritica di potenza variabile, sono la
testimonianza di ciò che resta di una frana relitta, che partendo all’incirca all’altezza delle case più in quota del paese,
è arrivata con il suo fronte in corrispondenza del Torrente Carpasina.
Lineamenti morfologici di fenomeni gravitativi sono ancora individuabili nella parte di territorio immediatamente a nord
del paese, al di là del rio che rappresenta proprio il limite settentrionale dell’abitato. Qui le forme e i depositi tradiscono
la presenza di una frana relitta, probabilmente uno scorrimento in parte in roccia e in parte coinvolgente detrito, che da
quota 825 m circa si allunga fino all’altezza di San Giovanni. E’ qui che un lembo della frana sembra aver subito una
riattivazione successiva rispetto al resto del corpo, ma essa attualmente si trova in uno stato di attività quiescente. Per
quanto riguarda l’area dove propriamente ricade il centro abitato essa si presenta modellata direttamente sulla roccia
che rappresenta, verosimilmente, il substrato degli antichi e ormai mal identificabili fenomeni franosi, che un tempo
dovettero svilupparsi lungo l’intero pendio.
Allo stato attuale nel centro abitato non sono rinvenibili segnali manifesti di movimenti franosi, tuttavia è opportuno
segnalare due fatti. Il primo è che la roccia sulla quale si fonda il paese assume, ed è visibile soprattutto in corrispondenza
della parte sottostante l’estremità nord del borgo, una giacitura a franapoggio. Il secondo fatto è che l’Amministrazione
comunale di recente è intervenuta abbattendo alcuni edifici al fine di evitare rischi per la pubblica incolumità, data la
loro fatiscenza conseguente alla presenza di numerose lesioni e fratture. Si deve comunque dire che, come riferito dal
tecnico comunale, si trattava di edifici molto vecchi e che probabilmente dovevano il loro stato unicamente all’incuria
e al tempo. Si deve segnalare che sono stati osservati altri edifici piuttosto vecchi ai quali sono state affiancate opere
di sostegno e rinforzo per ovviare al loro stato di precarietà.
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In conclusione l’abitato di Carpasio non presenta, attualmente, segnali che facciano preoccupare per l’ingenerarsi di
situazioni di rischio imminente; si vuole però segnalare, che l’area su cui ricade il paese presenta almeno un fattore
predisponente al dissesto, anche in considerazione del fatto che l’intero territorio porta i segni di un passato in cui i
fenomeni franosi determinarono i lineamenti morfologici di questa parte della valle del Torrente Carpasina.
Comune di Cervo
Cervo
L’abitato di Cervo si trova lungo la costa all’estremità orientale della Provincia di Imperia. Il borgo antico raggiunge la
quota massima di circa 80 m s.l.m. e sorge raccolto in corrispondenza della terminazione meridionale di una costola
rocciosa. Per seguire l’andamento altimetrico del versante il paese si è sviluppato secondo una forma quasi piramidale.
La costa rocciosa si affaccia poi a est sul corso del Rio Schenassi e a ovest su quello del Rio Bondai, entrambi provvisti
di un bacino assai piccolo. Il Rio Bondai separa la parte vecchia del paese da una più recente che si è sviluppata
allungandosi in senso nord-sud lungo un’altra costa rocciosa, quella che da San Nicola si sviluppa verso San Giuseppe,
posta sulla destra idrografica del Rio Bondai stesso. Infine sulla ristretta fascia costiera, tra la base dei versanti e il mare,
si sviluppa la parte dell’abitato che comprende anche molte delle strutture ricettive turistiche della zona.
L’area di Cervo è caratterizzata dall’affioramento del Flysch di San Remo (Maastrichtiano medio-superiore), appartenente
all’Unità di San Remo-M. Saccarello, qui rappresentato da torbiditi marnose in strati da sottili a spessi e torbiditi siltosoarenacee, essenzialmente quarzoso-micacee, generalmente fini o medie, organizzate in strati o bancate. La giacitura
della stratificazione è abbastanza variabile per la presenza di pieghe e si rinvengono, per esempio, immersioni verso
nord-nordest con inclinazioni variabili tra 30° e 60° in corrispondenza della parte alta del borgo vecchio, mentre alla
base del versante gli strati immergono verso nord e nordovest ancora con inclinazioni variabili tra i 30°-40° e gli 80°.
Le giaciture sono abbastanza uniformi in corrispondenza della base del versante destro della vallecola del Rio Bondai,
dove le immersioni sono rivolte verso est e i valori degli angoli di inclinazione si attestano tra i 15°-20° e i 40°.
Le due coste rocciose sulle quali sorgono le diverse parti di Cervo presentano creste smussate, e si nota la presenza
di lembi di superfici sia suborizzontali sia a basso angolo di inclinazione, poste a diverse altezze su entrambi. In
particolare lungo la parte sommitale della costa di San Nicola-San Giuseppe, questi lembi si rinvengono a circa 30,
65 e 85 metri di altezza, mentre lungo il profilo superiore della costa che ospita la parte vecchia del borgo, essi si
individuano abbastanza bene a circa 85 e 120 metri di quota. E’ difficile allo stato attuale, con la trasformazione
subita dal territorio ad opera soprattutto dell’uomo, identificare con certezza la genesi di queste superfici. Tuttavia è
verosimile ritenere che esse possano essere ciò che resta di antichi terrazzi marini oppure il risultato della dislocazione
operata da sistemi di faglie ad andamento circa est-ovest che avrebbero, in questo caso, modellato a gradini la
sommità dei rilievi.
I versanti che degradano verso i fondovalle e la piana costiera mostrano la presenza di frane che hanno in alcuni casi
coinvolto unicamente la parte più pellicolare del pendio. Si tratta di scivolamenti e colamenti di materiale detritico di
estensione e spessore limitati, in genere in uno stato di attività variabile tra il quiescente e l’inattivo, come quelli che
hanno interessato in passato i versanti della valle del Rio Bondai o il versante occidentale della costa di San Nicola-San
Giuseppe. In altri casi invece le frane hanno coinvolto le rocce del substrato spingendosi un poco di più in profondità. E’
questo il caso della frana inattiva presente lungo la sponda destra della vallecola del Rio Schenassi, che si è distaccata
più o meno all’altezza dell’attuale base d’appoggio del paese e della quale resta soltanto un accenno della forma di
distacco e parte del corpo di accumulo o dell’altra, più recente, che interessa la parte sudorientale del centro storico di
Cervo e che ha creato diversi problemi di stabilità agli edifici a seguito degli eventi alluvionali del 2000 e del 2002.
Successivamente al primo evento venne emessa dal Sindaco un’ordinanza di sgombero per un edificio posto lungo il
perimetro orientale del borgo, all’incirca laddove la mulattiera che lo percorre comincia a scendere verso la costa. Si
tratta di fenomeni di tipo scorrimento roto-traslativo, e perciò a stile di attività complesso, che si sono mobilizzati lungo
superfici di scivolamento individuatesi a seguito della giustapposizione tra giunti di strato e sistemi di fratturazione. La
frana che ha interessato il borgo antico di Cervo, attualmente in uno stato quiescente, ha determinato l’insorgere di
un quadro lesivo di una certa importanza in diversi edifici che ricadevano entro la sua area di influenza. Per questa
ragione sono stati effettuati una serie di interventi volti alla mitigazione del rischio, concentrati sia sul centro storico
sia su aree limitrofe significative dal punto di vista della stabilità dei versanti. In particolare sono state realizzate opere
di consolidamento, costituite in genere dalla posa di micropali e tiranti, in corrispondenza della piazza antistante
la chiesa parrocchiale, con finanziamenti della Regione Liguria per l’alluvione del 2000 e in una parte del borgo
verso sud rispetto alla chiesa, con finanziamento statale L. 183/89, e ancora in Via Cerresi sono state fatte opere di
contenimento. Nei pressi dell’accesso al borgo dal lato dove si trova la sede dell’Amministrazione comunale è stato
fatto un consolidamento grazie a finanziamenti della Regione per l’alluvione 2002.
Diversi sono stati anche gli interventi sostenuti economicamente da privati. Lungo la mulattiera che passa per il
perimetro esterno orientale del borgo, in posizione circa retrostante la chiesa parrocchiale, è stato fatto un intervento di
consolidamento dopo l’alluvione del 2000 per la messa in sicurezza di un edificio, ma così è avvenuto anche, sempre
a seguito dell’alluvione del 2000, per la zona nei pressi dell’edificio sgomberato e ancora da parte di un ristoratore
che ha consolidato, a sue spese, la parte antistante il suo locale.
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Interventi sono stati poi effettuati anche lungo il corso del Rio Bondai, dove a seguito dei due eventi alluvionali, prima
un tratto e poi un altro sono stati risistemati, sagomati nella sezione di deflusso e rinforzati con difese di sponda.
Un cenno a parte deve essere fatto per la zona denominata Casette, che si trova a est del centro storico, lungo il
versante piuttosto acclive ed esposto a sud che degrada praticamente al mare in corrispondenza del tratto di costa
detto Porteghetto; tra quest’ultimo e la frazione si interpongono sia il percorso della Strada Statale n° 1 Aurelia sia
quello del tracciato della ferrovia Genova-Ventimiglia.
Nell’area di Casette, in media sui 25-30 metri di quota, le bancate del Flysch di San Remo immergono verso nord
e nord-nordest con inclinazioni variabili tra 25° e 40°, assumendo perciò una disposizione tra il reggipoggio e il
traversopoggio. Si deve notare che a tratti la roccia affiorante appare interessata da almeno due famiglie di sistemi di
fratturazione che si intersecano tra loro e con i giunti di strato, determinando uno stato di disarticolazione dell’ammasso
roccioso abbastanza evidente.
Dal punto di vista morfologico l’area è ammantata da una coltre detritica di potenza variabile dovuta in parte dalla
frammentazione in posto del materiale roccioso e in parte dall’accumulo dello stesso proveniente dalle parti più elevate
del versante.
Sia la roccia superficiale disarticolata sia la coltre detritica vanno soggette a fenomeni di instabilità gravitativa,
principalmente in occasione degli eventi di pioggia intensi nel corso dei quali le sovrapressioni interstiziali che si
ingenerano nella matrice dei depositi e nelle fratture della roccia determinano il superamento delle forze resistenti.
E’ stata notata in corrispondenza di alcuni edifici e di strutture di pertinenza degli stessi (muri di contenimento, sedi
stradali) la presenza di lesioni e fratture di entità da lieve a media. Alcune di queste si sono determinate in occasione
dell’evento alluvionale del 2000, a seguito del quale dovette essere emessa dal Sindaco un’ ordinanza di sgombero per
uno degli edifici della frazione. A valle dell’edificio sgomberato è stato fatto in seguito un intervento di consolidamento
con pali e tiranti grazie ai fondi Regionali destinati ai danni dell’alluvione 2000.
Comune di Cipressa
Cipressa
L’abitato di Cipressa, ubicato alla quota media di circa 240 m s.l.m., si trova a circa metà del versante esposto a sud
che degrada direttamente al mare in corrispondenza di Torre dei Marmi, a mezza via tra San Lorenzo al Mare e San
Stefano al Mare
Sul centro abitato convergono due strade provinciali: la Strada Provinciale n° 77 che sale dalla costa e la Strada
Provinciale n° 47 di Cipressa che si sviluppa verso est, congiungendo l’abitato con quello di Costarainera e di seguito
con Lingueglietta.
Il versante di Cipressa è modellato nelle rocce del Flysch di San Remo, appartenenti all’Unità tettonica San Remo-Monte
Saccarello. In corrispondenza del paese e nella porzione medio alta del versante, affiorano strati arenaceo-argillitici,
con intercalazioni di calcilutiti e strati marnoso-arenacei. Nella porzione medio inferiore compaiono, ad intervalli
regolari, le megaritmiti, costituite da torbiditi marnoso-arenacee. La stratificazione immerge abbastanza uniformemente
verso sud-sudest, con inclinazioni che si aggirano in media sui 20°, determinando in rapporto con la morfologia dei
versanti situazioni variabili tra il traverpoggio e il franapoggio.
La parte centrale dell’abitato di Cipressa si sviluppa lungo uno sprone roccioso orientato circa nord-sud sagomato,
almeno in parte, da frane che ne hanno scalzato i fianchi. Altri corpi di frana si trovano a monte del paese, come quello
che all’incirca dall’area del nuovo impianto sportivo a monte del paese, si allunga fino a lambire le ultime case nell’area
circostante la piazza principale dell’abitato. Si tratta in genere di fenomeni di dimensioni contenute che, verosimilmente,
dovrebbero coinvolgere la parte più superficiale del versante. I corpi franosi hanno forma generalmente allungata e si
sviluppano, in alcuni casi, a partire da un’area di testata piuttosto larga e, talvolta, disposta in contropendenza. Questo
fa propendere per una loro attribuzione alle frane complesse, determinate da scorrimenti rototraslativi e colamenti.
Le frane osservate appaiono tutte non attive, un paio di corpi sono sicuramente relitti mentre gli altri si trovano in uno
stato di quiescenza.
I problemi rilevati nell’abitato si concentrano lungo il fianco sinistro della frana che si individua a partire dall’impianto
sportivo e lungo un tratto della Strada Provinciale n° 77, poco prima dell’ingresso dell’abitato. Nel primo caso sono
state individuate lesioni in corrispondenza di alcune delle abitazioni e delle strutture murarie di vario genere che si
allineano all’incirca lungo la Strada Comunale del Castello. Pur non trattandosi di un quadro lesivo preoccupante,
almeno per quello che si è potuto vedere, vale la pena segnalarlo. Si ritiene che esso sia imputabile piuttosto che a
movimenti veri e propri della frana, ad assestamenti entro la coltre superficiale di questa a cui le diverse strutture hanno
reagito lesionandosi, forse perchè non dotate di fondazioni idonee.
Per quanto riguarda il tratto della Provinciale n° 77 immediatamente prima del suo ingresso in paese, sono state notate
diverse lesioni che hanno interessato il muro di controripa in più punti. In questo caso piuttosto che ad una frana vera e
propria il fenomeno deve essere imputato ad una sorta di dissesto generalizzato, dovuto alla forte acclività del tratto di
versante interessato e allo stato della roccia intensamente fratturata e disarticolata che dà luogo a fenomeni di dissesto
superficiali.
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Comune di Cosio d’Arroscia
Cosio d’Arroscia
Il centro abitato di Cosio d’Arroscia si trova sul versante sinistro della Valle Arroscia, ad una quota media di circa 750
m s.l.m. Il nucleo principale del paese si sviluppa sul dorso di uno stretto sperone roccioso, allungato circa nord-sud e
delimitato ad occidente dal Rio delle Ginestre e a oriente dal Rio Morella. Un piccolo affluente destro di quest’ultimo si
enuclea proprio in corrispondenza della propaggine meridionale dello sperone di Cosio, che quindi nell’ultimo tratto
si biforca creando la testata del rio. I due corsi d’acqua si presentano piuttosto approfonditi e il paese si affaccia su
entrambi dalla sommità di elevate e scoscese scarpate.
La maggior parte dell’area nella quale ricade il centro abitato è modellata nelle Peliti di Moglio, appartenenti all’Unità
Moglio-Testico. Si tratta di argilliti con intercalazioni di siltiti ed areniti, cui si associano marne con intercalazioni di
sottili strati di calcareniti fini. Questa formazione sottende la parte più a sud del centro abitato e passa, con contatto
tettonico, alla Formazione di Albenga, dell’Unità Arnasco-Castelbianco, poco a meridione del tracciato della strada che
attraversa il paese e prosegue poi verso Mendatica. La Formazione di Albenga è rappresentata da marne stratificate,
passanti a ridotti livelli arenacei, e da orizzonti anche molto sottili di peliti calcaree e calcareniti. L’affioramento della
Formazione di Albenga è limitata ad est e ad ovest da due faglie che in pratica seguono, per buona parte, il corso dei
due rii che bordano lo sperone di Cosio, i quali sono stati sicuramente condizionati nel loro sviluppo da questi elementi
tettonici. Più a nord, a monte dell’abitato, si rinvengono anche affioramenti della formazione dei Calcari di Ubaga,
appartenente all’Unità Borghetto d’Arroscia-Alassio, e della formazione Peliti di Colla Domenica, dell’Unità Colla
Domenica-Leverone. A causa della complessa storia tettonica, le rocce che costituiscono il substrato del paese sono
fortemente tettonizzate e diaclasate e presentano immersioni variabili generalmente tra sudest e sudovest con angoli
di inclinazione compresi tra circa 40° e 70°. Sulla sponda sinistra del Rio Morella, si rinvengono anche immersioni
diametralmente opposte, verso nordest, con assetto variabile tra il traverpoggio e il reggipoggio.
I tratti morfologici dei versanti circostanti l’abitato di Cosio d’Arroscia mostrano gli elementi che tipicamente sottolineano
la presenza di frane. Questo avviene sia per il versante sulla sinistra del Rio Morella, nel quale si trova la frazione di
Santa Apollonia, sia per quello in destra del Rio delle Ginestre, dove si rinviene la presenza di una frana verosimilmente
relitta che interessa buona parte del pendio. Immediatamente a ridosso del centro abitato i problemi sono soprattutto
legati alla dinamica dei versanti che strapiombano sui due corsi d’acqua. Le sponde di questi vanno soggette a dissesti
per fenomeni di scorrimento e colamento verosimilmente interessanti la coltre superficiale e la roccia disarticolata.
Essi sono determinati dall’erosione dei rii e dalla pronunciata acclività dei fianchi vallivi. Alcuni lembi delle scarpate
mostrano segnali di movimenti freschi e possono perciò dirsi soggetti a fenomeni attivi. Tuttavia la gran parte dei
dissesti si trova in uno stato quiescente e, verosimilmente, la loro evoluzione si verifica in occasione dei periodi di
pioggia, quando la disponibilità d’acqua nel terreno e il vigore dell’azione erosiva dei corsi d’acqua determina la
ripresa dei movimenti.
L’area maggiormente dissestata interessa il tratto di versante tra la frazione di Santa Apollonia e il Rio Morella. Qui
sono state osservate lesioni su un edificio della frazione e segnali lungo la carreggiata e il muro di controripa della
strada che attraversa proprio il Rio Morella a monte dell’abitato di Cosio.
Lungo il tratto del medesimo rio, immediatamente a valle della sua intersezione con la strada, dove è stato realizzato
un piazzale adibito a parcheggio tramite riporto in terra e tombinatura del corso d’acqua, sono state eseguite
dalla Comunità Montana della Valle Arroscia opere volte alla risistemazione dell’alveo e ad evitare il suo ulteriore
approfondimento, quali difese di sponda e briglie.
In più punti il muro di controripa della strada tra la frazione Santa Apollonia e l’intersezione con il Rio Morella è stato
ripristinato, forse anche ad opera di privati.
Un intervento è stato eseguito nel 1997 a valle del paese lungo il versante sinistro del Rio delle Ginestre. Qui sono
state realizzate, sempre ad opera della Comunità Montana della Valle Arroscia, cordolature in cemento armato per
migliorare la stabilità del pendio.
Comune di Diano San Pietro
Diano Borganzo
Il centro abitato di Diano Borganzo si trova sulla sinistra idrografica del Torrente San Pietro, proprio sul lato opposto
rispetto ai centri Diano Borello e Poggio che ricadono nel Comune di Diano Arentino. Il versante mostra all’altezza del
paese, che si sviluppa all’incirca sui 130 metri di quota, una sorta di pianoro, sul quale si trova una parte dell’abitato
stesso. L’area è interamente modellata all’interno dei litotipi della formazione del Flysch di San Remo (Maastrichtiano
medio-superiore), appartenente all’Unità Tettonica San Remo-Monte Saccarello. Qui affiora la facies areanaceoargillitica del flysch; in essa si rinvengono anche intercalazioni calcilutitiche e strati calcareo-marnosi in proporzione
però inferiore rispetto alla facies calcareo-marnosa che affiora per buona parte del versante opposto.
I tratti morfologici generali del versante indicano una sua evoluzione ad opera delle acque correnti e dei movimenti
franosi. Le forme torrentizie prevalgono nella parte prossima al Torrente San Pietro dove compaiono depositi alluvionali
terrazzati e scarpate di erosione legate alla dinamica attuale. Le forme dovute alla gravità sono invece responsabili del
modellamento del pendio in corrispondenza del paese e a quote maggiori rispetto a questo. Infatti a monte di Diano
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Borganzo, e della limitrofa frazione di Messighi, si trovano un paio di forme di svuotamento, di dimensioni contenute,
che rappresentano ciò che resta del coronamento di frane. Il già citato pianoro sul quale si trova una parte dell’abitato
rappresenta l’area di accumulo di una di queste frane. Si tratta probabilmente di fenomeni complessi con cinematismi
di scorrimento rotazionale e colamento, che possono aver interessato porzioni variabili, per profondità, dell’ammasso
roccioso anche in più di un evento.
Su alcuni edifici posti lungo la strada principale che attraversa il paese sono stati osservati fenomeni lesivi di entità molto
ridotta, comunque testimonianti un certo grado di sofferenza delle strutture, verosimilmente come riflesso dell’instabilità
del terreno. Questa instabilità potrebbe essere soltanto, e anzi questa ipotesi appare molto probabile, generata da
fenomeni di assestamento nella coltre superficiale dei fenomeni franosi, che sono stati risentiti dalle strutture antropiche
meno attrezzate in termini di fondazioni.
Alcuni interventi volti alla salvaguardia del versante e perciò anche degli edifici sono stati osservati nella parte di valle
dello stesso, verosimilmente soprattutto per arginare gli effetti dell’azione erosiva delle acque del Torrente San Pietro.
Comune di Dolceacqua
Dolceacqua
L’abitato di Dolceacqua si trova sul fondovalle del Torrente Nervia, a circa 60 m s.l.m. Il paese è distribuito sui due lati
del corso d’acqua e presenta un centro storico denominato Tera, sulla sinistra idrografica, e una parte ubicata sul lato
opposto che si sviluppa, prevalentemente, sulle alluvioni del corso d’acqua e in parte sulle prime pendici dei rilievi che
digradano da ovest verso il fondovalle. Il centro storico è esposto a sud lungo la terminazione sudoccidentale di uno
sperone roccioso delimitata verso nord e verso ovest dal corso del Torrente Nervia e verso sud da un ripido vallone nel
quale scorre un tributario di quest’ultimo, il Rio degli Orti.
Nel territorio circostante l’abitato di Dolceacqua affiora il Flysch di Ventimiglia (Priaboniano superiore-Oligocene
inferiore?) appartenente al Dominio delfinese-provenzale. Si tratta di arenarie grossolane e fini in banchi e strati con
intercalazioni siltoso-arenacee e siltoso-argillose. Si rinvengono anche livelli argilloso-marnosi e a luoghi calcareomarnosi. La giacitura degli strati del flysch è ben visibile nella scarpata che dirupa dalla sommità del centro storico di
Dolceacqua verso il corso del Torrente Nervia, essi immergono verso est-sudest con inclinazioni che si attestano sui
20°. Alcune lineazioni tettoniche tagliano l’area, come per esempio la faglia che coincide quasi completamente con il
fianco sinistro della vallecola del Rio degli Orti.
I tratti morfologici generali del territorio di Dolceacqua trovano un certo riscontro nei caratteri geologici dell’area.
Per esempio le scarpate modellate nel flysch, come quella che limita a nordovest il centro storico, o ancora un certo
grado di dissimmetria nel profilo trasversale delle vallecole minori trovano la loro ragione nella giacitura degli strati
rocciosi. In ogni caso sono le forme dovute all’azione dell’acqua corrente e della gravità che hanno determinato i tratti
morfologici salienti. Il fondovalle del Torrente Nervia è occupato da depositi alluvionali terrazzati sui quali si trova,
come già accennato, parte dell’abitato, mentre dai fianchi vallivi scendono i torrenti minori, affluenti del corso d’acqua
principale, che spesso mostrano i caratteri tipici, presenza di scarpate e fondo in roccia, dell’approfondimento dell’alveo
per erosione. Almeno un paio di corpi di frana quiescenti sono presenti lungo la sponda sinistra del Torrente Nervia,
nel tratto immediatamente a nord del centro storico dell’abitato. Si tratta di collassi che hanno interessato l’ammasso
del flysch, molto fratturato, con cinematismi di scorrimento verosimilmente rototraslativo. Inoltre la scarpata soprastante,
che rappresenta la superficie di distacco delle frane, è andata soggetta nel tempo a distacco di materiale per crollo
in differenti punti, e in particolare nella sua parte che delimita a nord il centro storico, al di sotto del castello. Oltre a
questi fenomeni che sono i più manifesti, larghe porzioni dei versanti circostanti Dolceacqua mostrano i caratteri tipici
del modellamento da frana, presentandosi ammantate da detrito di granulometria variabile espressione delle parti più
superficiali degli accumuli.
Di recente il centro storico di Dolceacqua è stato interessato dalla comparsa di lesioni e fessure sulle strutture antropiche
in diversi punti distribuiti lungo tutto il versante della zona Tera, dal castello fino al corso del torrente Nervia, da una
parte, e a quello del Rio degli Orti, dall’altra. Le indagini commissionate dal Comune di Dolceacqua, nel corso delle
quali è stata eseguita anche una campagna di monitoraggio utilizzando inclinometri, piezometri ed estensimetri sulle
strutture in sofferenza, hanno portato ad individuare più che un movimento franoso vero e proprio la presenza di
fenomeni di cedimento differenziale delle strutture, come riflesso di cedimenti nel substrato. Questi sembrano legati alla
presenza di uno spessore abbastanza consistente di roccia intensamente fratturata e degradata e, in alcuni casi, di vere
e proprie coltri di detrito (Dott. Geol. Gianstefano Oddera, comunicazione personale). I cedimenti sembrerebbero, in
qualche misura, anche il riflesso dell’azione di scalzamento alla base del versante operata dal Torrente Nervia.
A seguito della fase di indagine sono state progettate una serie di opere, da realizzarsi in due lotti distinti, sempre su
commissione del Comune di Dolceacqua e con contributi del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Paesaggio (DM n°
331/2005) come interventi inseriti nel XI Programma stralcio degli interventi urgenti per il riassetto territoriale delle aree
a rischio idrogeologico di cui al DL n°180/1998.
Nel primo lotto, in fase di conclusione, sono state e saranno realizzate opere di difesa spondale a protezione della
scarpata in roccia a nord dell’abitato, consistenti in muri d’argine fondati su pali e muniti di tiranti, unitamente a
consolidamenti della parete rocciosa con chiodature, reti paramassi e regimazione delle acque.
Il secondo lotto prevede la realizzazione di consolidamenti all’interno del nucleo abitato. Verranno realizzate iniezioni di
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miscele costituite da acqua, componenti inorganici (cemento e calce) e componenti organici (resine) in corrispondenza
delle strutture degradate. Saranno posti in opera tiranti metallici (catene e tiranti) sulle abitazioni che mostrano segni
di sofferenza, sia all’interno che all’esterno dei fabbricati. Inoltre le strutture lesionate saranno ripristinate mediante
operazioni di riempimento dei vuoti che si sono venuti a creare. Il tutto sarà corredato da opere di regimazione delle
acque reflue di ogni tipo. Verranno realizzate opere di raccolta e allontanamento delle acque circolanti in superficie.
Comune di Imperia
Terre Bianche
La località Terre Bianche si trova alle spalle dell’abitato di Porto Maurizio e si colloca altimetricamente in una fascia
compresa circa tra 60 e 110 m s.l.m. L’area si configura come un’emergenza orografica, con la sommità subpianeggiante,
contornata da versanti anche piuttosto scoscesi fra i quali quello rivolto verso sud-sudest è occupato in parte dagli
edifici altimetricamente più elevati dell’abitato.
Nell’area affiorano rocce appartenenti al Pliocene marino ligure e in particolare si rinviene una facies delle Argille di
Ortovero (Pliocene inferiore) caratterizzata da sabbie più o meno cementate ed arenarie prevalentemente quarzose
e localmente argillose, argille-limose con lenti sabbiose e intercalazione di bancate di conglomerati. L’immersione dei
terreni sembra complessivamente rivolta verso estnordest, con inclinazioni molto deboli che si attestano tra 5° e 10°.
Nell’area sono presenti una serie di faglie disposte secondo due famiglie principali. La prima con direzione circa NS, la seconda ENE-WSW. La prima famiglia interessa soltanto in modo poco evidente i sedimenti pliocenici, mentre
maggiore appare il coinvolgimento di questi da parte della seconda famiglia di discontinuità.
Il versante che si affaccia verso l’abitato di Porto Maurizio si presenta a tratti fortemente degradato, con forme legate
all’erosione lineare dovuta alle acque correnti (calanchi) e al distacco di materiale per gravità. Sono infatti presenti una
serie di dissesti i cui caratteri sono quelli tipici delle colate, che si sono attuate probabilmente attraverso le modalità
tipiche dei debris/mud flow e soil slip. L’origine di questi è verosimilmente da ricercarsi nella liquefazione delle argille
in occasione dei periodi piovosi con rilevante presenza di acqua circolante nel substrato.
La parte più elevata del versante presenta una scarpata quasi continua che si sviluppa praticamente al limite della
porzione sommitale subpianeggiante. Essa rappresenta, dal punto di vista morfologico, uno dei lineamenti più tangibili
del dissesto di quest’area, avvenuto anche attraverso fenomeni di distacco di materiale per crollo e scivolamento, che
hanno fatto arretrare progressivamente l’orlo della scarpata. La parte orientale della scarpata, che sembra sottendere,
in base agli elementi morfologici, una frana relitta verosimilmente proprio per scorrimento rotazionale, mostra tuttora
segni di evoluzione con parti attive e in degradazione. Altre scarpate minori si rinvengono anche a quote inferiori
lungo il versante, come quelle che si possono osservare sempre nella sua parte orientale, oltrepassando gli edifici
presenti, oppure quella presente a occidente dell’edificio scolastico ubicato in prossimità della base del pendio. In
entrambe queste aree, attualmente in degrado e soggette a crollo di materiale, erano presenti cave di argilla per la
produzione di laterizi, attive presumibilmente fino all’inizio del secolo scorso (Dolmetta, 2001).
Molti degli edifici e delle strutture antropiche che si trovano lungo il versante meridionale di Terre Bianche presentano
segni di instabilità che si sono manifestati con lesioni e fessure, in alcuni casi anche di una certa importanza.
Come sottolineato nella relazione Dolmetta (2001) i diversi edifici e strutture antropiche sembrano aver risposto in
modo differente all’instabilità. Le costruzioni più vecchie prevalentemente in muratura, risalenti verosimilmente alla
prima metà del 1900, mostrano problemi statici da lievi a particolarmente intensi, spesso dovuti alla risposta del
sistema fondazione-struttura, data anche la disomogeneità del terreno sottostante. Inoltre si osserva la trasmissione
delle tensioni dai muri di contenimento di monte agli edifici, quando questi non sono stati isolati gli uni dagli altri, e
la deformazione dei pavimenti di piano terreno a causa della posa diretta di questi sulla superficie del terreno stesso.
Questi edifici hanno mostrato il riproporsi dei quadri lesivi anche dopo la realizzazione di opere di consolidamento,
spesso in connessione con il verificarsi di condizioni climatiche avverse.
Gli edifici di piccole dimensioni realizzati in cemento armato non presentano generalmente grossi problemi, data
anche la tipologia di fondazione adottata e cioè su plinti isolati e perciò soggetti a comportamenti differenziali dei
singoli elementi. Dissesti sono stati notati in genere per la mancanza di separazione tra le strutture di contenimento del
versante e la struttura dell’edificio, o per reazioni differenziali delle fondazioni, laddove gli edifici sono stati ampliati.
Lesioni sono presenti sulle facciate dei due edifici costruiti sul corpo della frana relitta, posti immediatamente a valle
della scarpata, e in alcuni muri di contenimento posti a valle dei fabbricati stessi.
Anche per gli edifici in cemento armato di grandi dimensioni costruiti sotto la scarpata i problemi derivano per la
continuità tra le strutture di contenimento del versante e quelle portanti dei fabbricati; infatti i tagli, alti oltre i 10-12
metri, cha al tempo della costruzione vennero realizzati per far posto ai caseggiati, sono stati contenuti con le strutture
murarie degli stessi. Nel tempo la perdita progressiva di coesione delle argille ha favorito il dissesto e l’instabilità delle
strutture, che si manifestarono già a partire dal ventennio 1970-1980. Gli edifici di questa tipologia costruiti sul lato di
valle risentono, probabilmente, del fatto di avere le fondazioni, in parte o del tutto, poggianti sui riporti che vennero
eseguiti spianando il materiale asportato nell’area di monte proprio per realizzare superfici atte alla costruzione dei
fabbricati stessi. Questi mostrano problemi alle strutture in elevazione, che si manifestano, con evidenza, nei punti di
raccordo tra i travi e i pilastri. Data la forte antropizzazione dell’area, che impedisce per larghi tratti l’osservazione,
non è stato possibile rendersi conto fino in fondo degli interventi che sono stati realizzati per arginare i fenomeni
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verosimilmente ancora in atto. Deve essere altresì detto che la relazione Dolmetta (2001) riporta in modo molto
puntuale, praticamente per ciascun edificio della zona, la descrizione degli interventi immediati, urgenti e consigliati,
tutti volti, con differente priorità di attuazione, al consolidamento del versante, alla stabilizzazione delle strutture
e alla captazione e allontanamento delle acque circolanti. Per diversi degli interventi immediati viene dichiarata
l’avvenuta realizzazione, tra cui campagne di monitoraggio sulle centraline inclinomteriche e sui fessurimetri installati,
consolidamento di muri e strutture di pertinenza degli edifici, realizzazione e adeguamenti delle reti di raccolta e
smaltimento delle acque ruscellanti e di infiltrazione, causa principale dei dissesti.
In particolare è stato possibile osservare la presenza di strutture atte al contenimento del versante in corrispondenza
dell’edificio scolastico, corredate di opere per la raccolta e smaltimento delle acque superficiali. In corrispondenza di
alcuni edifici lesionati si è potuto osservare come i muri contro monte, siano stati rinforzati e, probabilmente, provvisti
di tiranti. In corrispondenza dell’estremità orientale dell’area, dove si trova una delle zone in maggiore degrado, sono
state impiegate tecniche di ingegneria naturalistica e sono state realizzate strutture di contenimento, per cercare in
qualche modo di arginare gli effetti del dissesto.
Comune di Mendatica
Monesi di Mendatica
L’abitato di Monesi di Mendatica si trova all’incirca alla quota media di 1310 m s.l.m., sul versante destro della valle del
Torrente Tanarello. Come l’omonimo centro sito nel comune di Triora, anche Monesi di Mendatica è un nucleo costituito
da fabbricati ed edifici nei quali la stragrande maggioranza degli alloggi non sono permanentemente occupati nel
corso dell’anno, ma soltanto durante la stagione sciistica e estiva.
Il versante di Monesi di Mendatica è costituito dalla Formazione del Flysch di San Remo (Maastrichtiano mediosuperiore), appartenente all’Unità Tettonica di San Remo-Monte Saccarello. Si tratta di un flysch calcareo-marnoso
costituito da bancate di torbiditi marnose con base in arenarie calcaree, aventi potenza compresa tra 1 e 5 metri. Le
marne passano verso l’alto a sottili livelli argillitici pelagici di colore grigio verde; sono presenti, a luoghi, anche litotipi
più calcarei (calcilutiti) e più arenacei (torbiditi arenaceo argillitiche). Soltanto al margine orientale del versante compare
la formazione delle Arenarie di Bordighera (Maastrichtiano inferiore-medio), costituita da arenarie torbiditiche spesso
grossolane sino a conglomeratiche, con livelleti di argille siltose e straterelli calcarenitici e marnosi, oltre ad arenarie
calcaree, calcareniti fini e raramente calcilutiti con al tetto argilliti scure.
La giacitura degli strati del flysch risulta abbastanza variabile. Infatti essi immergono circa verso nordest in
corrispondenza della parte media del versante, con inclinazioni che si attestano sui 15°-20°. Mentre al piede dello
stesso, in corrispondenza del corso d’acqua principale, si osservano immersioni verso nord-nordovest, con inclinazioni
abbastanza pronunciate che si aggirano sui 30°-35°.
Monesi di Mendatica si trova in corrispondenza della porzione medio-inferiore di una frana che si individua a
partire all’incirca da quota 1600 m s.l.m. ed è sovrastata, poco più in alto, da un’imponente forma di svuotamento,
riconducibile al suo coronamento. In realtà l’ammasso franoso è evidentemente costituito dalla giustapposizione di corpi
differenti, che complessivamente si allungano sino al corso del Torrente Tanarello. Si tratta generalmente di frane nelle
quali si assommano caratteri conseguenti a cinematismi di tipo differente, scorrimento e colamento, configurandosi,
perciò, con uno stile di attività complesso. Il fronte generale della frana è abbastanza ripido, evidentemente inciso
dall’approfondimento del corso d’acqua, e testimonia con il suo profilo la sostanziale compattezza dell’ammasso
franato, lasciando ipotizzare scorrimenti di roccia in blocco, che si trasformano in colate soltanto nella parte più
superficiale, dove il materiale è maggiormente disarticolato.
Nel dettaglio, il centro di Monesi si trova su uno di questi corpi secondari, sotteso verso monte da un orlo di scarpata
di distacco ben individuabile e di forma semicircolare.
All’atto del sopralluogo i corpi di frana, compreso quello nel quale è direttamente coinvolto il paese, si presentavano
in uno stato di attività quiescente. Tuttavia alcuni edifici posti lungo la strada provinciale che lo attraversa e le strutture
di pertinenza della strada stessa, presentano manifestazioni lesive di entità contenuta ma ben evidenti. La stessa
situazione è stata osservata per un paio di case a monte rispetto al tracciato stradale stesso.
Non è stato possibile individuare con precisione l’epoca di questi dissesti, tuttavia all’apparenza sembrerebbero,
almeno in parte, abbastanza recenti e si ritiene utile suggerire un monitoraggio in via preventiva per questo centro.
Comune di Molini di Triora
Agaggio
Il centro abitato di Agaggio si trova nella Valle Argentina ed è suddiviso in una parte inferiore e una superiore.
Agaggio Inferiore, posto a circa 360 m s.l.m., si distribuisce lungo un tratto della Strada Statale n° 548 di fondovalle e
precisamente laddove il Rio di Agaggio affluisce, da sinistra, nel Torrente Argentina. Agaggio Superiore è posto invece
circa 300 metri più in alto rispetto alla precedente frazione ed è ubicato verso la metà del versante destro del Rio di
Agaggio, che culmina attorno a 1080 m di quota.
Agaggio Superiore presenta un nucleo abitato centrale, disposto sulla sommità di uno sperone roccioso molto affilato
e allungato circa nordest-sudovest, e una serie di borgate o casolari singoli disposti lungo il versante.
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Il territorio di Agaggio presenta caratteri geologici piuttosto complessi. Esso è dominato dall’affioramento di rocce
riferibili a due diverse unità tettoniche: l’Unità San Remo-Monte Saccarello e l’Unità Baiardo-Triora. La prima, conformata
in una piega sinforme con piano assiale disposto circa nordovest-sudest, affiora nella parte medio superiore del
versante. Essa è rappresentata dal Flysch di San Remo (Maastrichtiano medio-superiore) nella sua facies calcareomarnosa, costituito da bancate di arenarie calcaree e marne cui si aggiungono livelli calcilutitici e dalle Arenarie di
Bordighera (Maastrichtiano inferiore e medio), arenarie torbiditiche spesso grossolane, sino a conglomeratiche, in
strati spessi. Infine la Formazione di San Bartolomeo (Campaniano inferiore?-superiore) compare qui nella sua facies
prevalentemente costituita da sottili strati calcarei alternati con livelli marnoso-argillosi. Essa affiora in lembi a nord di
Agaggio Superiore e sul fondovalle del Rio di Agaggio, dove prelude agli estesi affioramenti del versante sinistro di
questo rio, nei quali compaiono le facies maggiormente pelitiche.
L’Unità di Baiardo-Triora è rappresentata dal Flysch di Baiardo (Priaboniano superiore-Oligocene inferiore?) costituito
da arenarie fini con intercalazioni siltoso-argillose e siltoso-arenacee, inglobanti brecce di varia pezzatura e olistoliti.
Queste rocce affiorano nella parte occidentale del versante e costituiscono la dorsale su cui si trova Agaggio
Superiore.
Il corso del Rio di Agaggio è praticamente coincidente con una faglia diretta con direzione estnordest - ovestsudovest, che
disloca i terreni delle due unità tettoniche e il contatto tra esse. La stratificazione immerge abbastanza invariabilmente
verso nordest, con inclinazioni che si attestano tra 20° e 30°, perciò, in rapporto con la morfologia del territorio,
sembrerebbe prevalere la disposizione a traverpoggio della stratificazione.
Il versante di Agaggio mostra i segni tipici della presenza di frane. Lo sperone di Agaggio Superiore è modellato su
ambo i lati da orli di scarpate che segnano il distacco di materiale roccioso, verosimilmente sottoforma di fenomeni
di scorrimento. Infatti, come è possibile osservare lungo il versante destro del rio omonimo, non manca la presenza di
porzioni della superficie topografica disposte con un minore angolo di inclinazione rispetto alle aree circostanti o, in
certi casi, in leggera contropendenza, indicando con ciò la presenza di corpi di frana per scorrimento prevalentemente
rotazionale. Si può affermare che complessivamente siano presenti una serie di frane relitte tra loro coalescenti sulle
quali, tra l’altro, sono state edificate le diverse borgate che costituiscono il centro. La parte superficiale del versante
si presenta costituita da roccia molto fratturata e disarticolata e, per ampie porzioni, da una coltre detritica, costituita
in genere da clasti di dimensioni variabili, dai ciottoli fino ai blocchi, immersi in una matrice argilloso-sabbiosa,
che in parte è riferibile a materiale di frana e in parte a deposito colluviale. Questa coltre viene coinvolta in frane
per colamento lento ma anche in fenomeni rapidi, in genere di dimensioni limitate, che si sviluppano soprattutto in
corrispondenza degli impluvi.
Gli edifici presenti nel versante di Agaggio non presentano problemi di particolare rilevanza, tuttavia lesioni, anche
se di modesta entità, sono state osservate su più di un fabbricato. E’ molto probabile che si tratti di problemi locali,
legati verosimilmente a cedimenti delle strutture dovuti ad assestamenti del terreno a cui le fondazioni degli edifici non
rispondono in modo adeguato.
Alcune colate di detrito si sono verificate nel corso del 2000 e del 2002, in concomitanza con eventi meteorici. Esse
sono arrivate a lambire alcune abitazioni e hanno danneggiato, soprattutto, i muri di contenimento delle fasce coltivate
e alcuni tratti della viabilità comunale. Per ripristinare la situazione sono stati realizzati muri di contenimento delle
fasce, in sostituzione di quelli danneggiati, e un muro a gravità a salvaguardia della strada comunale coinvolta.
Colate di detrito si sono verificate anche in altre parti di questo territorio. Esse sono evidentemente favorite dalla
presenza delle coltri di frana e colluviali, contenenti tenori in peliti abbastanza rilevanti vista la loro derivazione dalle
Arenarie di Bordighera e dalla Formazione di San Bartolomeo, e dall’acclività dei versanti. Per esempio a valle della
frazione di Ugello, posta sempre sul versante sinistro della Valle Argentina, poco a sud di Agaggio, nel corso dell’evento
alluvionale del Novembre 2000 si è sviluppata, in corrispondenza di un impluvio, una colata che ha coinvolto una
porzione di una antica coltre di frana. La frazione non sembra essere stata interessata mentre sono stati danneggiati
la strada che passa sotto la frazione, successivamente ripristinata, e i campi coltivati a fasce, che sono stati risistemati
attraverso la realizzazione di nuovi muri di contenimento. Lungo il tratto interessato della sottostante Strada Statale n°
548 è stato realizzato un muro di controripa a protezione della stessa.
Comune di Montalto Ligure
Montalto Ligure
Montalto Ligure si trova alla quota media di circa 320 m s.l.m. e si erge in posizione rilevata arroccato su di uno
sperone roccioso allungato circa nord-sud, immediatamente a monte della confluenza tra il Torrente Carpasina e il
Torrente Argentina.
Questa emergenza rocciosa è modellata nella formazione delle Arenarie di Bordighera (Maastrichtiano inferiore e
medio), arenarie torbiditiche spesso grossolane, sino a conglomeratiche, in strati spessi, appartenete all’Unità Tettonica
San Remo-Monte Saccarello. In corrispondenza della parte bassa del versante che si affaccia sul Torrente Argentina
e dell’area posta a monte della confluenza con il Torrente Carpasina, affiorano sottili strati calcarei grigio-biancastri
di spessori mediamente decimetrici alternati a torbiditi arenacee medio-fini, che costituiscono una facies della stessa
formazione. La stratificazione immerge verso nord-nordest, con inclinazioni che si attestano tra 20° e 30°.
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Dal punto di vista morfologico, il modellamento dello sperone su cui si trova Montalto trova la sua ragione nella fase di
approfondimento degli alvei, forse non del tutto esaurita, le cui evidenze si rinvengono lungo tutto il corso del Torrente
Argentina e dei suoi affluenti, come in molte altre valli della provincia di Imperia. Essa, già evidenziata in questo
volume nel corso dell’esame di altri casi di studio, trova la sua spiegazione nella risposta dei corsi d’acqua a fenomeni
tettonici o di variazione del livello di base di portata regionale.
Il riflesso saliente della fase erosiva nei confronti della dinamica dei versanti è la formazione di pendii acclivi e talvolta
scoscesi che vengono così ad essere predisposti al verificarsi di movimenti franosi, verosimilmente innescati soprattutto
nel corso degli eventi piovosi.
Alcune frane per scorrimento e complesse, di dimensioni comunque limitate, sono presenti alla base del versante ovest
che giunge al corso del Torrente Argentina. Esse hanno interessato soprattutto la viabilità principale di fondovalle.
Situazioni di dissesto generalizzato con fenomeni di crolli di roccia e soprattutto fenomeni di lento collasso delle coltri
superficiali per deformazioni plastiche sono presenti in corrispondenza dell’area del cimitero e della Chiesa di San
Giorgio, a sud dell’abitato. Frane principalmente di crollo si sono invece verificate in corrispondenza del versante che
si affaccia sul corso del Torrente Carpasina, con distacco di blocchi anche da posizioni molto a ridosso del limite
occidentale dell’abitato.
Per trovare frane di dimensioni più consistenti si deve osservare il versante opposto a quello di Montalto rispetto al corso
del Torrente Argentina, in località Isola Cian, dove evidentemente l’azione erosiva operata dal corso d’acqua alla base
del pendio ha contribuito al loro innesco.
L’abitato di Montalto Ligure non risulta allo stato attuale coinvolto direttamente nei dissesti presenti, mentre lesioni sono
state riscontrate nel muro perimetrale del cimitero e, sempre nell’area della Chiesa di San Giorgio, in più punti nei muri
di contenimento delle fasce.
Opere di contenimento sono state realizzate lungo il versante che si affaccia sul corso del Torrente Carpasina, al fine
di evitare l’ulteriore progredire dei dissesti verso l’abitato. Un muro di consolidamento è stato posto a salvaguardia del
cimitero e anche molti dei muri di contenimento delle fasce sono stati sottoposti a lavori di risanamento.
Interventi di consolidamento sono stati poi eseguiti in corrispondenza dei tratti di versante in frana lungo la sponda
sinistra del Torrente Argentina, con l’impiego di reti paramassi e muri volti alla protezione della viabilità di fondovalle.
Lungo questo versante sono state anche realizzate opere di raccolta e regimazione delle acque superficiali, così come
interventi volti alla riduzione del potere erosivo del corso d’acqua, quali l’allargamento della sezione di deflusso e la
protezione delle sponde, sono stati realizzati lungo alcuni tratti del Torrente Argentina stesso.
Comune di San Biagio della Cima
San Biagio della Cima
San Biagio della Cima si trova sul versante destro del Torrente di Vallecrosia alla quota media di circa 120 m s.l.m. e
si compone di un nucleo centrale e numerose case sparse lungo il versante.
Il territorio di questo centro è modellato nella formazione del Flysch di Ventimiglia (Priaboniano superiore-Oligocene
inferiore?) appartenente al Dominio delfinese-provenzale. Si tratta di arenarie da grossolane a fini, organizzate in
banchi e strati, con intercalazioni siltoso arenacee e siltoso argillose. Sono anche presenti livelli argilloso-marnosi
a luoghi calcareo-marnosi. La giacitura degli strati, bene individuabile verso la parte alta del versante, si presenta
piuttosto variabile, con immersioni che ruotano da sud fino a est-nordest e valori delle inclinazioni sempre abbastanza
pronunciate, che variano tra 40° e 70°. Questo assetto della formazione determina, in rapporto con la morfologia dei
versanti, situazioni che variano tra il traverpoggio e il franapoggio.
Dal punto di vista morfologico i caratteri generali del territorio di San Biagio della Cima sono legati, innanzitutto, alla
dinamica del corso d’acqua principale che qui disegna un paio di meandri erodendo la base dei versanti lungo alcuni
tratti e poi alla presenza di una diffusa copertura detritica, derivante verosimilmente dalla disgregazione della roccia
affiorante. Essa è costituita da materiale clastico di pezzatura variabile e da una matrice argilloso-sabbiosa che in
alcuni luoghi supera anche i 3 metri di spessore. Infine la presenza di alcuni fenomeni franosi, localizzati in porzioni
del territorio circostante l’abitato su entrambi i lati del corso d’acqua principale, completano il quadro generale.
Una frana relitta occupa la porzione del pendio a sud di San Biagio. Si tratta di un fenomeno che si sviluppa a
partire all’incirca dalla quota 200 metri e raggiunge con il suo fronte la sponda destra del Torrente di Vallecrosia. I
caratteri morfologici fanno propendere per una sua attribuzione alle frane complesse con cinematismi di scorrimento e
colamento della massa spostata. Le cause dell’innesco di questo movimento franoso sono da ricercare principalmente
nelle acque di infiltrazione conseguenti a periodi di piogge consistenti e all’erosione di sponda operata dal Torrente
di Vallecrosia.
Una frana di dimensioni più contenute rispetto alla precedente, interessa il limite nordorientale del centro abitato e
giunge con il suo fronte in corrispondenza del tracciato della Strada Provinciale n° 59 che segue il fondovalle. Si tratta
di una frana di scorrimento che ha interessato principalmente la coltre che ricopre la roccia affiorante, che qui presenta
spessori consistenti e che allo stato attuale risulta stabilizzata artificialmente. Anche in questo caso si deve invocare
quale causa principale del dissesto l’imbibizione della coltre detritica in occasione di eventi piovosi persistenti che,
anche per la cattiva regimazione delle acque lungo il versante, ne determinarono l’innesco.
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Una serie di frane minori e situazioni di dissesto, legate principalmente all’erosione operata dal corso d’acqua, si
rinvengono, inoltre, in alcuni punti lungo la sponda destra del Torrente di Vallecrosia.
La situazione prospettata sopra, e principalmente il dissesto a nordest del paese, hanno determinato l’inclusione di San
Biagio della Cima nei centri da consolidare a spese dello stato con D. P. R. n° 887 del 22 Giugno 1960.
Il sopralluogo condotto all’atto del rilevamento ha permesso di osservare come il nucleo centrale dell’abitato, che in
qualche modo potrebbe essere interessato da ripercussioni legate alla frana posta al suo margine nordest, presenta
un quadro lesivo modestissimo, tale da far ritenere che gli interventi realizzati per la stabilizzazione della frana siano
andati a buon fine. Infatti poche lesioni sono state osservate su alcuni edifici, ma la loro comparsa potrebbe essere
riconducibile più a ragioni strutturali proprie dei manufatti che a dissesti del terreno. Gli interventi eseguiti su questa
frana vanno dalla realizzazione di muri provvisti di tiranti a quella di opere per l’allontanamento delle acque circolanti.
Inoltre il tratto di versante interessato è stato riprofilato al fine di ridurne l’acclività e favorire l’inerbimento.
Alcune lesioni sono state osservate in corrispondenza di alcuni edifici e della viabilità in corrispondenza della parte
medio-inferiore della frana relitta posta a sud del centro abitato. Esse sembrerebbero causate da movimenti molto
localizzati all’interno dell’ammasso franoso, innescati verosimilmente dall’erosione operata più in basso dal Torrente di
Vallecrosia. Naturalmente anche su questa instabilità influisce l’occorrenza di precipitazioni e la circolazione di acque
all’interno dell’ammasso detritico.
In quest’area si è provveduto alla realizzazione di opere volte alla regimazione e all’allontanamento delle acque oltre
alla realizzazione di opere di consolidamento con muri e tiranti. Interventi sono stati eseguiti anche lungo l’alveo del
Torrente di Vallecrosia al fine di ridurne il più possibile il potere erosivo e contrastare, soprattutto in corrispondenza
delle anse del corso d’acqua, le frane di detrito che si staccano dalle sponde.
Comune di San Remo
Borgo Tinasso
La località Borgo Tinasso si trova alle spalle della città di San Remo, a circa 100 metri di quota s.l.m., alla base del
tratto di versante sinistro della valle del Torrente San Romolo che culmina nella dorsale di Punta Corrado (220 m
s.l.m.).
L’area è modellata nella formazione del Flysch di San Remo (Maastrichtiano medio-superiore) appartenente all’Unità
Tettonica San Remo-Monte Saccarello. Il flysch affiora qui nella sua facies costituita da strati arenaceo-argillitici con
intercalazioni di calcilutiti e di rari strati marnoso-arenacei. Nella parte alta del versante gli strati immergono verso
sudest abbastanza invariabilmente, con inclinazioni piuttosto pronunciate di 40°-45° e superiori, mentre alla base dello
stesso la comparsa di pieghe piuttosto fitte determina una maggiore caoticità nell’assetto della formazione.
Nell’area sono presenti due famiglie di lineazioni tettoniche, una disposta circa nordovest-sudest che controlla, almeno
in parte, l’idrografia principale e la seconda ortogonale alla precedente.
I tratti generali della morfologia dell’area sono stati improntati dalla dinamica torrentizia responsabile dell’erosione alla
base del versante, come testimoniato anche dalla presenza di depositi alluvionali terrazzati e dai processi gravitativi.
La quasi totalità di Borgo Tinasso è edificata sulla parte medio-inferiore di una frana relitta complessa della quale
è ancora possibile vedere distintamente l’area di corona posta all’incirca attorno ai 180 metri di quota. Le indagini
geognostiche condotte nell’area a più riprese hanno evidenziato una potenza dell’ammasso di frana variabile che,
all’incirca in corrispondenza della sua porzione centrale, si attesta tra i 14 e i 20 metri di spessore, di cui i primi 2-3
metri sono costituiti da materiale di riporto di vario tipo (Catania & Fognini, 1990).
Una porzione del fronte di questa frana è andata soggetta a riattivazione nel corso dell’evento alluvionale del 1959,
coinvolgendo un edificio appartenente all’attuale A.R.T.E, ex I.A.C.P. Esso fa parte di un complesso di 3 edifici e i
sintomi dei cedimenti e dell’assestamento si manifestarono quando era ancora in corso di realizzazione, a partire
dal Dicembre del medesimo anno. All’epoca si intervenne sul fabbricato connettendo tra loro i plinti di fondazione,
inizialmente isolati, mediante travi e realizzando un drenaggio posto a salvaguardia dell’edificio lungo i lati nord ed
ovest dello stesso.
Successivamente indagini geognostiche e proposte di interventi vennero fatte dopo il 1964, anno in cui a seguito di
alcune scosse sismiche la frana riattivatasi nel 1959 si mobilizzò nuovamente, destando preoccupazione negli occupanti
l’edificio e nell’amministrazione comunale di San Remo. Quest’ultima procedette a sgomberare 16 alloggi dell’ala nord
del fabbricato nel Novembre 1966. Nel 1967, con D.P.R. n. 1393 del 24 Ottobre, Borgo Tinasso veniva classificato tra
i centri da consolidare a spese dello stato ai sensi della Legge 445/1908. A seguito di tale provvedimento si intervenne
sul fabbricato verso la fine degli anni ’60 con la realizzazione di rinforzi in sottofondazione dell’ala nord dell’edificio,
riordino dei deflussi idrici superficiali del versante, completamento del drenaggio a monte del fabbricato, posa in opera
di drenaggi suborizzontali all’altezza della sponda sinistra del Torrente San Romolo e ricostruzione del muro a difesa
della medesima sponda già destabilizzata dall’alluvione del 1959. A seguito di questi interventi gli abitanti dell’edificio,
che erano stati allontanati, vennero riammessi nello stesso, ma di lì a poco tempo si riproposero nuove manifestazioni
dell’instabilità. A seguito di questi eventi, nuove perizie commissionate da I.A.C.P. determinarono che un miglioramento
della situazione poteva essere raggiunto tramite la divisione del fabbricato in corrispondenza del punto soggetto a
maggiori tensioni. Si procedette, perciò, alla realizzazione di un giunto strutturale per suddividere la struttura, costruita
in origine con una pianta a L, in due corpi. Tuttavia l’intervento eseguito non portò al risanamento atteso e alla fine
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degli anni ’80, in seguito alla rilevazione di nuovi e maggiori dissesti del fabbricato, venne commissionato, sempre
da I.A.C.P., un nuovo studio volto al riesame della situazione e alla proposta di interventi risolutivi (Catania & Fognini,
1990). In conseguenza delle nuove indagini vennero indicati come necessari la manutenzione delle opere di drenaggio
costruite in precedenza e ormai quasi completamente inefficienti, la realizzazione di un nuovo sistema di drenaggio
delle acque provenienti da monte verso l’edificio e di nuove fondazioni profonde che raggiungessero il substrato al di
sotto del corpo della frana relitta. Anche questi ultimi interventi non diedero i risultati sperati continuando a manifestarsi
lesioni e danneggiamenti nella struttura e nelle zone circostanti.
Recentemente una nuova campagna di indagini commissionata da A.R.T.E. Regione Liguria (Abbo, 2004), è stata
effettuata a corredo di un ulteriore progetto per la realizzazione di interventi volti al superamento della situazione
di dissesto. Quello che si intende fare è abbattere la porzione di nord-ovest dell’edificio e procedere ad un nuovo
consolidamento di quella di sudest. In estrema sintesi, lo studio effettuato ha messo in evidenza come i movimenti
nel substrato dell’edificio siano legati a fenomeni di deformazione dell’ammasso della frana relitta, determinati
dall’imbibizione della coltre ad opera delle acque di infiltrazione, piuttosto che a veri e propri scorrimenti lungo una
superficie. Allo stato attuale le lesioni sull’edificio da consolidare indicano il cedimento concentrato nella sua porzione
meridionale, in corrispondenza del suo spigolo di valle. Tuttavia la loro tipologia e ubicazione fanno ritenere che il
movimento che le determina sia di piccola entità. Il consolidamento strutturale dell’edificio sarà accompagnato da
interventi volti a contenere ulteriormente l’acqua d’infiltrazione, con riduzione delle escursioni stagionali della falda
presente entro l’ammasso della frana relitta.
Per quanto riguarda la città di San Remo, alcune situazioni di dissesto coinvolgenti edifici e strade, sia principali che
secondarie, sono presenti all’interno del suo tessuto urbano. Per esse risulta tuttavia difficile un vero e proprio esame del
territorio dal punto di vista geomorfologico proprio perché la completa urbanizzazione dell’area rende praticamente
impossibile qualunque tipo di osservazione in questo senso.
Nella parte ovest della città, tra il Corso degli Inglesi e il sottostante Mercato di Piazza Eroi Sanremesi, posto circa
40 metri più in basso, sono presenti una serie di edifici e strade che presentano lesioni e avvallamenti nelle strutture
murarie e di pertinenza. Complessivamente l’area interessata dai dissesti sembrerebbe disegnare un fenomeno franoso
che potrebbe coinvolgere una porzione di questo versante.
Nella medesima parte della città fenomeni lesivi di varia entità sono presenti in più punti lungo la Via Solaro. Anche
per queste situazioni è però difficile dire, dato lo stato dei luoghi, se possano essere riconducibili ad un unico fenomeno
oppure si tratti di dissesti non collegati tra loro. Per alcune di queste aree sono già stati fatti interventi di consolidamento
e contenimento, per altre sono in corso di progettazione soluzioni analoghe.
Comune di Vasia
Torretta
Il piccolissimo borgo di Torretta si trova nell’alto bacino del Torrente Prino, a circa 400 m s.l.m. Esso si trova arroccato
su di uno sperone roccioso modellato nel Flysch di San Remo (Maastrichtiano medio-superiore) appartenente all’Unità
Tettonica San Remo-Monte Saccarello. Il flysch affiora qui nella sua facies costituita da torbiditi calcareo-marnose; la
stratificazione immerge verso est e nordest e le inclinazioni sono comprese tra 20° e 35°.
In occasione dell’evento meteorico intenso occorso nel 2002, una frana coinvolgente detrito e roccia disgregata ha
interessato la parte più superficiale del versante posto a sudest dell’abitato. Essa ha lambito con la sua corona la parte
più esterna del centro danneggiando il marciapiede antistante una delle abitazioni e allungandosi fino a raggiungere
la sottostante Strada Provinciale n° 40.
Comune di Ventimiglia
Roverino
La frazione di Roverino si trova sulla sinistra idrografica del Fiume Roia, poco a nord dell’abitato di Ventimiglia. Questo
centro si colloca ai piedi del versante che degrada verso ovest dalla dorsale che dal Monte Carbone (442 m s.l.m.) si
allunga, con direzione circa nordnordovest-sudsudest, fino alle spalle della cittadina rivierasca.
Il versante di Roverino è sostanzialmente modellato nella formazione dei Conglomerati di Monte Villa (Pliocene inferiore)
appartenenti al Pliocene marino ligure. Essi sono costituiti nella parte alta da conglomerati a grana fine e media,
ben stratificati, con matrice sabbiosa abbondante e orizzonti sabbiosi e siltosi. La gradazione della formazione è
generalmente normale, l’embriciatura dei clasti evidente, rara la presenza di blocchi. Nella parte basale i conglomerati
sono invece grossolanamente stratificati, di granulometria da media a grossolana, eterometrici e con frequenti blocchi
fuori taglia. In netto subordine e intercalati ai conglomerati, si rinvengono torbiditi arenacee e sabbiose in strati da
sottili fino a qualche metro di spessore, talora con stratificazione incrociata, e affioramenti lenticolari di argille siltose
e sabbiose, per lo più laminate, spesso con stratificazione incrociata, organizzate in livelli discontinui di spessore da
metrico a plurimetrico, queste ultime riferibili alla formazione delle Argille di Ortovero (Pliocene inferiore).
L’immersione della stratificazione è diretta abbastanza invariabilmente verso sud-sudest con inclinazioni comprese tra
10° e 20°. La dorsale è interessata dalla presenza di alcune faglie, verosimilmente appartenenti a famiglie diverse, con
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direzioni prevalenti nord-nordovest/sud-sudest e nordest-sudovest e da sistemi di fratture che determinano l’enuclearsi
di blocchi, anche di dimensioni considerevoli.
La morfologia del versante di Roverino è condizionata fortemente dalla presenza dei conglomerati che determinano
l’esistenza di elevate scarpate ad andamento praticamente verticale. Queste si alternano con cenge a minore acclività
ricoperte da detrito conformato in potenti falde e accumuli, proveniente dalle pareti stesse per fenomeni di crollo.
Nelle coltri detritiche si originano, in concomitanza con eventi meteorici intensi e/o prolungati, frane complesse per
scivolamento e colamento, che prendono in carico il materiale accumulato.
L’evento alluvionale del Novembre 2000 ha fatto emergere con forza la situazione di rischio cui è soggetta la frazione
di Roverino, determinata dal complesso delle frane a differente tipologia che si sviluppano. Infatti in conseguenza di
questo evento un certo numero di edifici, tra cui la scuola e un capannone industriale, dovettero essere interdetti all’uso
per la minaccia incombente.
Una complesso di studi è stato commissionato dal Comune di Ventimiglia tra cui quello della parete rocciosa tramite
termografia e telerilevamento per l’individuazione delle zone ad elevato rischio di distacco dei blocchi (Tonelli, 2001),
la valutazione dei caratteri geo-strutturali dell’ammasso roccioso, con particolare riferimento al pinnacolo lapideo in
posizione instabile denominato “Testa di Garibaldi” (Barla & Rabagliati, 2001) e la relazione contenente indicazioni
sugli interventi da adottare per la mitigazione del rischio (Marchiano & Papini, 2001). Questi studi hanno permesso una
dettagliata conoscenza dello stato della parete rocciosa, evidenziando, tra l’altro, come il distacco di materiale si verifichi
secondo modalità differenti. Infatti esso può avvenire come caduta di singoli clasti, conseguenti alla disgregazione
della roccia e caduta di blocchi di medie dimensioni, fino a 1 metro cubo, e di grandi dimensioni, fino a centinaia di
metri cubi, dovuti all’azione combinata della disgregazione e della disarticolazione di porzioni di roccia per effetto
della fratturazione. Le frane più grandi si verificano con componenti di crollo, ribaltamento e scivolamento.
Gli studi effettuati hanno permesso di proporre, e poi attuare, una serie di interventi volti al ripristino delle condizioni
di sicurezza per il centro abitato. Si è provveduto, innanzitutto, al disgaggio e alla demolizione di blocchi e alla
rimozione di clasti in posizione instabile sulla parete. In seguito sono state realizzate opere di protezione permanente a
monte dei fabbricati e a ridosso del versante, come barriere paramassi ad assorbimento di energia, serie di chiodature
e reti di placcaggio per l’ancoraggio di masse lapidee di dimensioni ragguardevoli e non rimovibili. Inoltre, al fine di
prevenire l’infiltrazione delle acque meteoriche, sono state realizzate opere di raccolta e regimazione nella zona a
monte della parete rocciosa.
Comune di Vessalico
Lenzari
Il centro abitato di Lenzari si trova nella valle del Torrente San Francesco, affluente di sinistra del Torrente Arroscia, a
circa 500 metri di quota. Oltre a questa frazione del centro fa parte anche Borgata Villa, posta a circa 540 m s.l.m. e
poco più a nordovest rispetto alla precedente.
Nel versante affiorano i Calcari di Ubaga (Cretaceo superiore-Eocene inferiore) appartenenti all’Unità di Borghetto
d’Arroscia – Alassio. Si tratta essenzialmente di sequenze torbiditiche marnose, con base costituita da siltiti calcaree
compatte ed areniti fini, intercalate alle quali si rinvengono arenarie massicce calcareo-micacee. L’assetto delle giaciture
è variabile con immersioni verso sud e sud-sudest, e altre decisamente orientate verso sudovest. I valori delle inclinazioni
si attestano tra 30° e 50°. Questi caratteri strutturali determinano, in rapporto con l’orientazione e la forma dei versanti,
situazioni variabili dal franapoggio al traverpoggio.
I caratteri morfologici del territorio di Lenzari sono riferibili alla presenza di una frana relitta complessa, nella quale si
assommano cinematismi di scorrimento e colamento della massa spostata, che si allunga in senso nordovest-sudest a
partire, all’incirca, dalla quota 750 m s.l.m. Borgata Villa si trova completamente costruita sul corpo della frana, mentre
Lenzari è ubicato in parte sulla roccia in posto.
Diversi edifici e le sedi stradali che attraversano le due frazioni presentano lesioni e segni dell’instabilità anche se fra le
due è Borgata Villa quella che sembra mostrare i segnali più chiari. Infatti, in corrispondenza grossomodo dalla parte
centrale del paese, sono state osservate lesioni e fessure su alcuni fabbricati, evidenze di deformazioni e crolli di muri
a secco e cedimenti nelle sedi stradali.
Il quadro fessurativo di questa frazione ha subito un aggravio in occasione dell’evento alluvionale del Novembre 2000,
indicando, perciò, nelle acque circolanti nel terreno la causa principale dei movimenti.
Sulla base delle evidenze raccolte nel corso dei sopralluoghi è emerso, con sufficiente verosimiglianza, che i dissesti
dell’abitato, peraltro di entità non eccessiva, dato che solo in un caso è stata rilevata la presenza di una lesione
aperta che viene tenuta sotto controllo attraverso l’impiego di fessurimetri, sembrerebbero determinati da assestamenti
all’interno dell’ammasso detritico più che da vere e proprie riattivazioni del corpo di frana. Questo farebbe supporre
perciò una scarsa capacità di reazione agli assestamenti da parte delle strutture, causata, probabilmente, dalla
mancanza di fondazioni idonee.
Sono stati eseguiti, su commissione del Comune di Vessalico, un certo numero di interventi tra cui la realizzazione di muri
di sostegno e contenimento fondati su pali e provvisti di tiranti, il ripristino e l’adeguamento della canalizzazione delle
acque superficiali al fine di smaltirle in modo corretto, posa in opera di drenaggi per la captazione e allontanamento
delle acque del sottosuolo e opere di ingegneria naturalistica per il ripristino delle condizioni naturali del versante.
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Sc., 18, 3-25.
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- 164 -
Indice
1.
Premessa.......................................................................................................................................................................................Pag. 11
2.
Introduzione.................................................................................................................................................................................Pag. 12
3.
La Provincia di Imperia............................................................................................................................................................Pag. 15
3.1
Lineamenti geologici................................................................................................................................................................Pag. 15
3.2
Evoluzione paleogeografica e tettonica...........................................................................................................................Pag. 21
3.3
Lineamenti climatici...................................................................................................................................................................Pag. 22
3.4
Lineamenti morfologici............................................................................................................................................................Pag. 29
3.5.1
La diffusione dell’instabilità dei versanti...........................................................................................................................Pag. 30
3.5.2 La classificazione delle frane e il rischio da frana.......................................................................................................Pag. 31
3.5.3 Le grandi frane relitte...............................................................................................................................................................Pag. 32
3.5.4 Grandi frane e deformazioni gravitative profonde di versante. .............................................................................Pag. 33
3.6
Centri abitati instabili...............................................................................................................................................................Pag. 39
Centri abitati segnalati............................................................................................................................................................Pag. 40
4.
Centri abitati instabili: casi di studio..................................................................................................................................Pag. 41
Acquetico. ....................................................................................................................................................................................Pag. 49
Apricale. .......................................................................................................................................................................................Pag. 54
Aracà-Bonfigliara-Caneto......................................................................................................................................................Pag. 59
Baiardo..........................................................................................................................................................................................Pag. 64
Castel Vittorio.............................................................................................................................................................................Pag. 69
Ceriana.........................................................................................................................................................................................Pag. 73
Conio. ............................................................................................................................................................................................Pag. 78
Costa Bacelega..........................................................................................................................................................................Pag. 82
Diano Arentino-Diano Borello-Poggio...............................................................................................................................Pag. 86
Glori...............................................................................................................................................................................................Pag. 90
Mendatica....................................................................................................................................................................................Pag. 94
Monesi di Triora.........................................................................................................................................................................Pag. 99
Pigna..............................................................................................................................................................................................Pag.103
Pornassio.......................................................................................................................................................................................Pag.107
Quartarole...................................................................................................................................................................................Pag. 112
San Romolo-Borello..................................................................................................................................................................Pag. 116
Soldano.........................................................................................................................................................................................Pag.120
Triora..............................................................................................................................................................................................Pag.124
Ventimiglia Alta (Loc. Funtanin)............................................................................................................................................Pag.128
Villa Guardia-Villa Viani.........................................................................................................................................................Pag.134
Ville San Pietro...........................................................................................................................................................................Pag.138
Centri abitati instabili segnalati...........................................................................................................................................Pag.142
5.
Bibliografia..................................................................................................................................................................................Pag.155
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