Le rimanenze nel bilancio valutate secondo corretti principi contabili

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Le rimanenze nel bilancio valutate secondo corretti principi contabili
Le rimanenze nel bilancio valutate secondo corretti principi
contabili e riflessi fiscali
di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni”, Esperto fiscale e
societario “Parisi Tax Firm”
PREMESSA
Le aziende devono redigere con la massima diligenza l'inventario fisico delle
rimanenze di magazzino con riferimento alla data di chiusura dell'esercizio a
prescindere dall’obbligo o meno della tenuta della contabilità di magazzino. E’
necessario, pertanto, provvedere alla valutazione delle giacenze di magazzino
esistenti al 31 dicembre 2014, nonché verificare che la giacenza effettiva
corrisponda a quella contabile, da effettuarsi alla data di riferimento del bilancio,
ovvero, in base alle risultanze della contabilità di magazzino.
Le rimanenze nel bilancio
Al fine di redigere il bilancio secondo corretti principi contabili il redattore del
bilancio è chiamato, al termine dell'esercizio, ad effettuare delle valutazioni e,
quindi, delle scritture di rettifica per tener conto delle giacenze di magazzino. Alla
fine di ciascun esercizio sorge la necessità di rilevare e valorizzare le rimanenze
finali di magazzino nell’apposito inventario. Le rimanenze di magazzino, secondo
quanto previsto dal principio contabile Oic 13, "includono i beni destinati alla
vendita e che concorrono alla loro produzione nella normale attività dell'impresa".
In altri termini, le rimanenze di magazzino sono l'espressione di operazioni e
processi produttivi in corso di svolgimento al termine del periodo amministrativo e
sono costituite da "(...) costi imputabili a beni ancora in giacenza che si rinviano al
futuro esercizio in quanto si possono recuperare tramite i ricavi di futuri periodi". Ai
sensi dell'art. 2424 c.c. le rimanenze di magazzino devono essere esposte nello
Stato patrimoniale tra le attività nella macroclasse C (" Attivo circolante"), I) ("
Rimanenze") e devono essere dettagliate nelle seguenti classi:
1. materie prime, sussidiarie e di consumo:
• le materie prime e sussidiarie sono quelle impiegate nel processo
produttivo per ottenere i prodotti finiti (o dei semilavorati);
• le materie di consumo sono quelle impiegate indirettamente nel processo
produttivo od impiegate nella manutenzione di macchinari e impianti;
2. prodotti in corso di lavorazione e semilavorati:
• i prodotti in corso di lavorazione sono quei prodotti il cui processo
produttivo non è ancora stato ultimato;
• i semilavorati sono quelle parti finite di acquisto o di produzione dotate di
una specifica autonomia e destinabili sia alla realizzazione di prodotti finiti
sia alla cessione a terzi acquirenti;
3. lavori in corso su ordinazione: sono quelli che si riferiscono a prodotti e
servizi in fase di completamento su una specifica commessa di un cliente;
4. prodotti finiti e merci: sono quei beni destinati alla vendita (appartengono a
questa categoria per le imprese immobiliari di compravendita anche i beni
immobili quali i fabbricati);
5. acconti sono quelli pagati ai fornitori per acquistare le materie prime, i
prodotti finiti, i semilavorati e le merci.
Gli acconti ricevuti per la realizzazione dei lavori in corso su ordinazione vanno
rilevati nella voce D.6. del passivo dello stato patrimoniale.
Per ciascuna delle suddette voci è possibile, se significativo, riportare una
classificazione maggiormente analitica, senza tuttavia eliminare la voce e l'importo
complessivo. Come contropartita di tale voce, l'art. 2425, c.c. disciplina la struttura
di conto economico, prevedendo di indicare le variazioni delle rimanenze, ossia le
differenze che si sono prodotte fra l'ammontare delle rimanenze esistenti all'inizio di
un esercizio e l'ammontare risultante alla fine dello stesso. Per tale ragione
abbiamo:
a) nella voce A.2. sono iscritte le variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di
lavorazione, semilavorati e finiti;
b) nella voce A.3. sono iscritte le variazioni dei lavori in corso su ordinazione;
c) nella voce B.11. sono iscritte le variazioni delle rimanenze di materie prime,
sussidiarie, di consumo e di merci.
L'inclusione o meno dei beni nelle rimanenze di magazzino viene stabilita dal
passaggio del titolo di proprietà, dato che solo da tale momento vengono trasferiti i
rischi relativi al bene. Per i beni mobili il passaggio di proprietà si ha all'atto della
spedizione o della consegna degli stessi, considerate le modalità contrattuali
dell'acquisto e l'effettivo trasferimento dei rischi. Al termine dell'esercizio, al fine di
quantificare il risultato d'esercizio dell'attività rispettando il principio di competenza
economica, è necessario rilevare se vi siano beni acquistati e non ancora venduti, al
fine di rinviarli al futuro esercizio permettendo così la correlazione tra ricavi di
vendita e costo di acquisto dei soli beni venduti.
Valutazione delle rimanenze
Si possono individuare due fasi nel processo valutativo delle rimanenze finali:
1. rilevazione delle quantità in giacenza;
2. valorizzazione delle quantità in giacenza.
La prima operazione da effettuare, per poter rilevare in contabilità le merci ancora
in magazzino, è rilevare le quantità in giacenza al termine del periodo
amministrativo. Tale rilevazione può essere effettuata tramite:
• una vera e propria conta fisica dei beni in magazzino;
• un sistema di rilevazioni contabili di magazzino (rilevazioni permanenti di
magazzino).
Tuttavia, anche se l'azienda si affida alle rilevazioni contabili di magazzino, dovrà
necessariamente testarne l'affidabilità procedendo, almeno una volta all'anno, al
riscontro tramite l'inventariazione fisica della merce. I beni oggetto di inventario
sono tutti quelli di cui l'impresa è proprietaria da un punto di vista giuridicoformale, nonché sostanziale, al termine del periodo amministrativo. Precisamente:
• i beni di proprietà dell'impresa presenti presso i suoi stabilimenti e
magazzini;
• le rimanenze di proprietà dell'impresa presso terzi (per esempio, i beni
dislocati in "conto deposito" o in "conto lavorazione" presso i propri
fornitori oppure quelli "in conto tentata vendita" presso i clienti);
•
i beni acquistati dall'impresa ancora in viaggio dei quali si è già acquisita la
proprietà giuridica (per esempio, acquisto di beni da un fornitore con
incarico a questi di consegna a terzi);
• i beni venduti dall'impresa ancora in viaggio quando il titolo di proprietà
non è stato ancora trasferito ai terzi acquirenti:
• acconti pagati ai fornitori.
Sono esclusi dall'inventario:
i beni esistenti presso la società ma giuridicamente di proprietà di terzi:
in " conto lavorazione",
in " conto deposito";
in " conto visione".
Per quanto riguarda la fase di valorizzazione delle quantità in magazzino, le
rimanenze devono essere valutate al minore tra costo storico e valore di mercato. I
criteri civilistici di valutazione delle rimanenze sono dettati dall'art. 2426, c.c., punti
9, 10, 11 e 12. Secondo il disposto del punto 9, dell'art. 2426, c.c. " le rimanenze
(...) sono iscritte al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero
1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato se
minore; (...)".
Emerge che due sono i criteri di valutazione per le rimanenze di magazzino:
1. il criterio del costo di acquisto o di produzione;
2. il criterio del valore di mercato se e solo se tale valore risulta inferiore al costo di
acquisto o di produzione.
Il costo storico da attribuire alle giacenze di magazzino è dato dal " complesso dei
costi sostenuti per ottenere la proprietà delle rimanenze di magazzino nel loro
attuale sito e condizione".
Il principio contabile Oic 13 specifica che il suddetto costo può assumere una
duplice veste:
• costo di acquisto per i prodotti acquistati per la rivendita e per i materiali
diretti ed indiretti acquistati per la successiva trasformazione (ad esempio,
le materie prime, sussidiarie, di consumo, i semilavorati di acquisto, le
merci);
• costo di fabbricazione per i prodotti già trasformati e per i materiali in
corso di trasformazione industriale (ad esempio, prodotti finiti, prodotti in
corso di lavorazione, semilavorati di produzione).
Per costo di acquisto si intende il prezzo effettivo di acquisto al quale vanno
assommati i costi accessori. I costi accessori, che solitamente sono computati in
aumento del costo d'acquisto, sono:
a) spese di trasporto;
b) spese di sdoganamento;
c) spese di stoccaggio;
d) altre spese direttamente imputabili.
Il costo di acquisto viene diminuito degli importi riferiti ad abbuoni, resi, sconti
commerciali. Una definizione del costo di produzione si rinviene anche dall'art.
2426, co. 1, n. 1), c.c. (cui il n. 9 del medesimo articolo rimanda): "(...) il costo di
produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può
comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto,
relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere
utilizzato (...)".
Tra i costi diretti possono essere ricompresi il costo dei materiali utilizzati per la
produzione, il costo della manodopera diretta, il costo dei semilavorati e degli
imballaggi ed i costi delle licenze di produzione. I costi industriali indiretti
(manodopera indiretta, ammortamento dei cespiti necessari per la fabbricazione,
materiali di consumo, ecc.) possono essere imputati usando percentuali prefissate
basate su un previsto volume di spese relative ad un normale livello di produzione,
ovvero su base consuntiva. Nel primo caso è necessario verificare che le stimate
spese e volumi siano realistici, mentre nel secondo caso è necessario tenere
presente la capacità produttiva normale degli impianti, depurando la valutazione dai
costi relativi ad eventi anomali. Si precisa che nel costo di fabbricazione
normalmente non devono essere computati gli oneri finanziari; tuttavia, è
consentita la capitalizzazione degli oneri finanziari in quei casi in cui il
finanziamento è stato chiaramente assunto a fronte di specifici beni che richiedono
un processo produttivo di vari anni prima di poter essere venduti (ad esempio nel
caso di invecchiamento del whisky); gli oneri considerati sono quelli relativi al
periodo di produzione e realmente sostenuti. Detta capitalizzazione deve essere
chiaramente indicata in nota intergativa. In sintesi, il costo di produzione è
composto da:
1. costi diretti del materiale, della manodopera, degli imballaggi;
2. costi indiretti o dalle spese generali di produzione (stipendi e salari afferenti la
manodopera indiretta, gli ammortamenti dei cespiti destinati alla produzione).
Gli oneri finanziari possono essere inclusi nel costo, ma limitatamente al periodo di
produzione e alla condizione che siano stati effettivamente sostenuti e che la
capitalizzazione degli oneri venga rappresentata in nota integrativa. Una volta
definito il costo storico, lo stesso dovrà essere confrontato con il valore desumibile
dall'andamento del mercato. Per valore di mercato si deve intendere:
• il costo di sostituzione per i beni destinati ad essere incorporati,
direttamente o indirettamente, nel prodotto finito (materie prime,
sussidiarie, semilavorati d'acquisto);
• il valore netto di realizzo per i beni destinati ad essere collocati sul
mercato, ancorché il relativo processo produttivo non sia ancora stato
ultimato (merci, prodotti finiti, prodotti in corso di lavorazione,
semilavorati di produzione).
Il costo di sostituzione rappresenta il costo con il quale in normali condizioni di
gestione un determinato bene in magazzino può essere riacquistato o prodotto
nuovamente. Il valore netto di realizzo rappresenta il prezzo di vendita nel corso
della normale gestione (ossia di un'impresa in funzionamento), al netto dei costi di
completamento e delle spese dirette di vendita che possono ragionevolmente
prevedersi (quali provvigioni, spese di trasporto, imballaggio, ecc.). Il valore di
sostituzione e il valore netto di realizzo da considerare in sede di valutazione sono
quelli identificabili alla data di chiusura dell'esercizio; si precisa, tuttavia, che, al
fine di definire se il valore individuato sia realistico, è necessario tenere presente
l'andamento dei prezzi e di tutte le altre condizioni anche tra la data di riferimento
del bilancio e quella della sua effettiva redazione. Il confronto tra costo storico e
valore di mercato deve essere effettuato in relazione ad ogni singola voce e, nel
caso in cui una voce venga valutata al valore di mercato, essendo quest'ultimo
inferiore al costo storico, da quel momento il valore di mercato diviene il nuovo
costo a cui riferirsi per le successive valutazioni. Non sempre è possibile,
economicamente conveniente o significativo, determinare il costo specifico di
acquisto delle singole rimanenze di magazzino.
Per tale motivo, per la determinazione del costo dei beni fungibili il punto 10),
dell'art. 2426, c.c. dispone che questo "può essere calcolato col metodo della media
ponderata o con quelli primo entrato primo uscito (Fifo) o ultimo entrato primo
uscito (Lifo); se il valore così ottenuto differisce in maniera apprezzabile dai costi
correnti alla chiusura dell'esercizio, la differenza deve essere indicata per categoria
di beni nella nota integrativa".
Possiamo, pertanto, identificare 4 tipologie di determinazione del costo:
1. costo specifico, in base al quale alle singole unità fisiche vengono attribuiti i costi
specificatamente sostenuti per le stesse;
2. costo medio ponderato, il metodo in parola ipotizza che non siano identificabili
singolarmente i beni già in giacenza all'inizio del periodo rispetto ai beni entrati in
magazzino nello stesso periodo.
Le unità di beni acquistate o prodotte a date diverse ed a costi diversi si
considerano, in questo caso, facenti parte di un insieme. Due sono le varianti
nell'applicazione del costo medio ponderato:
• il costo medio ponderato per movimento (il costo medio viene calcolato
dopo ogni singolo acquisto e le vendite vengono scaricate utilizzando
scrittura il costo medio calcolato dopo l'ultimo acquisto effettuato);
• il costo medio ponderato per periodo (alle quantità e ai costi in inventario
all'inizio del periodo si aggiungono gli acquisti o la produzione di un
periodo, quale mese, o trimestre, e si determinano i costi medi ponderati);
3. primo entrato primo uscito (Fifo), questo metodo ipotizza che le prime quantità
di beni acquistate o prodotte siano le prime ad essere immesse nel processo
produttivo o le prime ad essere vendute. Il magazzino è formato dalle quantità
acquistate o prodotte in periodi recenti e, pertanto, con tale criterio nel conto
economico vengono contrapposti a ricavi costi meno recenti;
4. ultimo entrato primo uscito (LIFO), tale metodo ipotizza che le ultime quantità di
beni acquistati o prodotti siano le prime ad essere immesse nel processo produttivo
o le prime ad essere vendute, e, pertanto, il magazzino è formato dalle quantità
acquistate o prodotte in periodi remoti.
Nel conto economico vengono contrapposti a ricavi correnti i costi correnti. Tale
metodo prevede l'applicazione di due varianti:
a) Lifo a scatti;
b) Lifo continuo.
Il cambiamento del criterio di valutazione del magazzino, inoltre, deve essere
motivato in nota integrativa e deve essere quantificato l'impatto economico di tale
cambiamento sul reddito d'esercizio. La valutazione delle rimanenze di magazzino
al minore tra costo e mercato si effettua di solito voce per voce. Tale metodologia
consente, infatti, di raggiungere in modo completo l'obiettivo della eliminazione dal
magazzino dei costi irrecuperabili. L'applicazione del minore tra costo e mercato per
ampie categorie o addirittura al magazzino nel suo insieme può determinare
significative compensazioni tra costi irrecuperabili (perdite previste) delle voci il cui
costo eccede il mercato, con gli utili sperati ma non realizzati delle voci il cui
mercato eccede il costo. Ciò è considerato non accettabile dal principio contabile. La
compensazione tra i predetti utili e perdite può invece essere effettuata in quei casi,
come si è detto in precedenza, in cui le materie prime componenti, incluse quelle il
cui costo eccede il mercato, concorrono a formare un prodotto finito il cui costo
storico è inferiore o uguale al valore netto di realizzo.
I casi considerati dal documento OIC 13 sono i seguenti:
• ordini di vendita confermati;
• data di riferimento;
• materiali obsoleti e di lento movimento;
• prodotti in corso di lavorazione;
• effetti successivi.
Il costo delle quantità relative a ordini di vendita confermati e con mezzo fermo non
va svalutato, se il recupero del costo è da ritenersi certo nonostante un declino dei
prezzi. Va rilevato, però, che spesso gli ordini di vendita, anche se confermati, non
restano tali in caso di prezzi decrescenti. La possibilità di spuntare i prezzi originari
anche in caso di declino dei prezzi va valutata molto attentamente. In altri termini,
bisogna avere la ragionevole certezza che i prezzi concordati verranno rispettati,
altrimenti i costi storici vanno svalutati. Il valore netto di realizzo o il costo di
sostituzione ai fini della determinazione del valore di mercato sono normalmente
quelli esistenti alla data di bilancio. Tale data è solo un punto di riferimento. E'
importante tenere presente che il prezzo selezionato sia realistico. Pertanto vanno
considerati l'andamento dei prezzi e tutte quelle altre condizioni, anche nel periodo
che intercorre tra la data di bilancio e quella della sua preparazione, che hanno
effetto sulla determinazione di un prezzo realistico. Il principio del minore tra costo
e mercato comporta delle stime, come tutti i procedimenti contabili, e la sua
applicazione richiede oculatezza, discernimento e giudizio. La valutazione
dell'andamento dei prezzi e delle altre condizioni anche nel periodo successivo alla
data di bilancio può fornire ulteriori elementi per determinare il valore netto di
realizzo (esempio: successiva riduzione dei prezzi di vendita). Se i prezzi di vendita
alla data di bilancio non sono stati modificati per riflettere le mutate condizioni di
concorrenza e quindi le quantità in giacenza non possono essere vendute a quei
prezzi, i prezzi concorrenziali devono essere utilizzati per la determinazione del
valore netto di realizzo. Di conseguenza, se l'andamento dei prezzi nel periodo tra
la data del bilancio e quella della sua preparazione mostra che il valore netto di
realizzo diminuisce e il costo storico non può essere più recuperato, tale minore
valore netto di realizzo deve essere utilizzato ai fini della determinazione del
mercato per evitare di differire perdite con un'errata valutazione della posta in
bilancio. D'altra parte, se i prezzi di vendita hanno avuto un andamento con minime
oscillazioni nel corso dell'esercizio e alla chiusura dello stesso subiscono una
temporanea riduzione per ritornare ai precedenti valori normali nel periodo
immediatamente successivo alla chiusura dell'esercizio e sono pertanto in grado di
fare realizzare il costo del bene, la svalutazione al minore valore alla chiusura
dell'esercizio non è necessaria, a meno che non vi siano incertezze sulla possibilità
di mantenere tali prezzi normali per il realizzo del costo dei beni in giacenza. Una
parte rilevante dell'applicazione del minore tra costo e mercato si ha nella
determinazione del valore netto di realizzo dei materiali obsoleti e di lento
movimento. I materiali obsoleti includono quelle voci che si prevede non vengano
vendute o utilizzate in produzione nel normale ciclo operativo dell'impresa. I
materiali di lento movimento sono quelli in eccesso rispetto a una giacenza che può
considerarsi ragionevole secondo l'uso normale previsto, cioè quelli che eccedono il
fabbisogno del normale ciclo operativo. Il valore di mercato per i materiali obsoleti
è il valore netto di realizzo, che in alcuni casi può essere rappresentato dal valore di
rottame. La valutazione di una voce delle rimanenze al costo originario presuppone
che vi sia una ragionevole prospettiva di utilizzo e vendita nel normale ciclo
operativo, in entrambi i casi senza perdite. Se questa condizione non esiste, è
necessario considerare quale valore netto di realizzo hanno tali voci nel breve
periodo (indicativamente un ciclo operativo l'anno nel caso di più cicli operativi in
un anno). La determinazione del valore netto di realizzo delle rimanenze obsolete e
a lento rigiro richiede normalmente l'applicazione di stime. Fra i fattori da
considerare nella determinazione del valore netto di realizzo di tali voci vi sono:
• l'evidenza di una domanda di mercato,
• il rapporto fra le vendite dell'ultimo periodo e la giacenza,
• l'utilizzo futuro (basato su dati concreti, come l'esplosione degli ordini già
acquisiti, di quelli da ricevere ecc.),
• i costi finanziari e i costi di magazzinaggio da sostenere prima
dell'eventuale vendita.
La svalutazione delle voci obsolete e di lento movimento può essere effettuata voce
per voce, ovvero creando fondi di deprezzamento, o con entrambi i metodi. Gli
eventuali fondi di deprezzamento vanno portati a diminuzione della parte attiva. Per
quanto concerne i prodotti in corso di lavorazione, le perdite previste su tali lavori
vanno riconosciute interamente, in conformità al principio della prudenza, nel
momento in cui divengono note e non nel momento in cui il prodotto viene fatturato
al cliente. Nel caso in cui il costo di una voce di magazzino venga ridotto al mercato
per effetto del principio del "minore tra costo e mercato", come in precedenza
definito, tale valore di mercato diventa il nuovo costo per quella voce ai fini delle
successive operazioni contabili (valutazioni successive). Qualora le cause che
avevano determinato l'abbattimento del costo per adeguarsi al valore di mercato
dovessero venire meno, tale minore valore non può essere mantenuto nei
successivi bilanci; detta operazione va effettuata con accredito a conto economico,
dandone notizia nella nota integrativa. Il riadeguamento va effettuato nel rispetto
del principio della prudenza e, pertanto, soltanto quando vi sia la ragionevole
certezza che tale maggiore valore possa essere recuperato tramite la vendita e in
tempi brevi. Ciò di norma presuppone che vi siano già ordini fermi che assicurino la
recuperabilità o comunque altra tipologia di documentazione che fornisca la stessa
assicurazione. I tempi brevi sono importanti, in quanto tempi più lunghi aumentano
notevolmente il rischio di irrecuperabilità, anche in presenza di ordini fermi. Ogni
singola impresa è lasciata libera nella scelta del criterio di valutazione delle
rimanenze, però, ai fini fiscali, qualora quest’ultimo sia diverso dal metodo della
media ponderata annuale, dal FIFO, o da varianti di quest'ultimo non può essere
comunque inferiore a quella derivante dal criterio LIFO a scatti che prevede:
a) la valutazione distinta delle rimanenze per categorie omogenee per natura e
per valore:
OMOGENEITÀ PER NATURA:
I beni devono essere dello stesso genere (per proprietà e caratteristiche
merceologiche) anche se possono essere di diverso tipo. Naturalmente la
ripartizione deve essere obiettiva e modellata sulla effettiva realtà
aziendale che varia, ovviamente, da caso a caso.
OMOGENEITÀ PER VALORE:
I beni che appartengono ad una stessa categoria devono avere un valore
che non diverga sensibilmente tra loro.
b) l'attribuzione, nel primo periodo d'imposta in cui si hanno le rimanenze, ad
ogni unità, del valore risultante dalla divisione del costo complessivo dei beni
prodotti o acquistati per la loro quantità;
c) nei periodi d'imposta successivi, se la quantità delle rimanenze è aumentata
rispetto al periodo precedente, gli incrementi per le maggiori quantità vanno
valutati a norma del punto b) e costituiscono voci distinte per periodo di
formazione. Se invece la quantità è diminuita, la diminuzione va imputata ai
periodi d'imposta precedenti, a partire dal più recente.
d) se il valore unitario dei beni, determinato a norma dei punti precedenti, è
superiore al valore normale medio di essi nell'ultimo mese dell'esercizio, la
valutazione può essere fatta moltiplicando l'intera quantità di beni,
indipendentemente dal periodo di formazione, per il valore normale. I prodotti
in corso di lavorazione ed i servizi in corso di esecuzione (come anche i beni
prodotti su commessa e comunque non in serie) vanno valutati a costo
specifico. Non deve trattarsi di opere e servizi di durata ultrannuale. Gli
esercenti “commercio al minuto” possono adottare il metodo del prezzo al
dettaglio in deroga al criterio LIFO. Il valore da attribuire alle rimanenze è
determinato in base ai prezzi di vendita dei beni in rimanenza, per i quali
scorporando la percentuale di ricarico, si determina il costo. Tale metodo
richiede una particolare contabilità di magazzino.
I riflessi fiscali
L’art. 93 Tuir, che disciplina le rimanenze finali di opere, forniture e servizi di durata
ultrannuale (oltre 12 mesi), non prevede la valutazione in base al costo, bensì in
base al corrispettivo: con tale criterio il margine complessivo della commessa è
riconosciuto e ripartito nei vari esercizi in cui si esplica l’attività produttiva in
funzione dell’avanzamento dell’attività stessa (R.M. 31.10.2002, n. 342). Tale
criterio è basato:
• sui corrispettivi pattuiti;
• e sullo stato di avanzamento dei lavori (quindi prevede la
quantificazione della quota di corrispettivi "maturati" al termine
dell'esercizio).
I corrispettivi liquidati a titolo definitivo si comprendono tra i ricavi e le opere in
corso sono valutate al netto di tali somme. E' previsto l'obbligo di compilare e
conservare un prospetto illustrativo (art. 93 D.P.R. 22.12.86 n. 917).
La valutazione delle rimanenze di magazzino al minore tra costo e valore di mercato
deve essere effettuata:
• voce per voce,
oppure
• categoria per categoria di rimanenza.
Quando il costo di un articolo o di una categoria d'articoli è superiore al valore
desumibile dall'andamento del mercato, sorge l'obbligo, da un punto di vista
civilistico, della sua svalutazione. La svalutazione non è oggetto di rilevazione
contabile separata, ma è un processo di stima fondato su dati extracontabili;
pertanto, non si deve effettuare un accantonamento ad un fondo svalutazione
magazzino, ma si devono adeguare direttamente le rimanenze al valore di
realizzazione.
Il processo di svalutazione delle rimanenze di magazzino, da un punto di vista
contabile, viene attuato come segue:
nello stato patrimoniale viene esposto direttamente il valore inferiore al costo
rappresentato dal valore desumibile dall'andamento del mercato;
nel conto economico risulterà la variazione tra il valore di apertura dell'esercizio e il
valore calcolato alla data di chiusura dell'esercizio stesso. Qualora l'ammontare
della svalutazione sia rilevante occorre darne evidenza in nota integrativa. Con la
risoluzione 12 novembre 2013 n. 78/E, l’Agenzia delle Entrate fornisce importanti
chiarimenti in merito al trattamento fiscale dei beni merce valutati a costi specifici
(c.d. “beni infungibili”). La pronuncia dell’amministrazione origina da un’istanza
d’interpello presentata da una società che, dopo aver acquisito a un’asta giudiziaria
un immobile iscritto in bilancio al costo di acquisto come rimanenza, ha in seguito
proceduto a svalutarlo, considerata la non conformità dello stesso alla licenza
edilizia a suo tempo rilasciata dall’ente comunale. Il perito incaricato dalla società,
nel confermare la non sanabilità dell’opera, ha infatti attestato una significativa
riduzione del valore del bene.
Passando all’esame della disciplina fiscale, il documento di prassi chiarisce come
l’art. 92 del Tuir, recante la disciplina relativa al trattamento delle giacenze di
magazzino, si ponga in rapporto di dipendenza dalla norma civilistica nella misura in
cui riconosce, ai fini fiscali, i criteri di valutazione adottati in sede di redazione del
bilancio, nel rispetto, tuttavia, di un “valore minimo” imposto dalla norma fiscale.
Eccezionalmente si tollerano valutazioni, limitatamente alle ipotesi di svalutazione
dei beni valutati secondo criteri di valorizzazione forfetaria del magazzino (Fifo, Lifo,
Cmp). Diversamente, è preclusa, sul piano fiscale, la possibilità di procedere a
rettifiche di valore dei beni valutati al costo specifico. Tale soluzione risulta
conforme al dato letterale, dato che il comma 5 dell’articolo 92 non contiene alcun
richiamo espresso ai beni valutati al costo e alla ratio della norma. Nel caso della
risoluzione in commento, dunque, l’Agenzia esclude la possibilità di dare rilievo
fiscale alla svalutazione del cespite operata in bilancio, con conseguente ripresa a
tassazione della stessa, operando una variazione in aumento in Unico. Nel rispetto
dei postulati di correttezza, di chiarezza e della veridicità del bilancio, qualora il
valore di mercato non risulti più adeguato per valutare il magazzino, in quanto le
motivazioni che avevano determinato la svalutazione a tale minor valore sono
venute meno, è necessario ripristinare nel bilancio il valore del costo, dandone
opportune indicazioni in nota integrativa.
"Check list" per Rimanenze
Verificare l'inventario alla data di bilancio
Verificare la corretta classificazione delle rimanenze
Verificare cha la valutazione delle rimanenze al costo di acquisto includa gli oneri
accessori
Verificare che la valutazione delle rimanenze al costo di produzione questo includa i
costi indiretti e quelli indiretti per la quota ragionevolmente imputabile
Verificare che in sede di valutazione delle rimanenze sia effettuato il confronto fra
costo di acquisto e valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato
Verificare il metodo adottato per le rilevazioni di magazzino
Verificare il momento di passaggio della proprietà per i beni e le merci in viaggio
Verificare la svalutazione/rivalutazione delle rimanenze
Ai fini di una corretta esecuzione di un inventario fisico delle rimanenze al
31.12.2014 è necessario attuare alcuni accorgimenti procedurali da considerare per
l'effettuazione dell'inventario fisico. Essi sono i seguenti:
⎯ tenere nei limiti del possibile la produzione ferma;
⎯ assegnare personale competente;
⎯ predisporre un programma d'inventario fisico ben dettagliato da
spiegare agli addetti;
⎯ effettuare le conte con adeguata documentazione, ad esempio con
schede conta prenumerate il cui utilizzo sia ben controllato;
⎯ analizzare gli scostamenti di entità rilevante tra quantità fisiche e
quantità per rilevazioni permanenti;
⎯ introdurre tutti quegli accorgimenti necessari per separare i periodi
contabili, ossia rendere operanti quelle procedure necessarie per
assicurare che le operazioni di ricevimento e di spedizione avvenute nei
periodi precedente e successivo alla data dell'inventario fisico (ed alla
chiusura dell'esercizio se l'inventario fisico verrà effettuato a data
diversa) siano state propriamente contabilizzate.
Alcuni accorgimenti procedurali, invece, da tener presente da parte delle imprese
che, mantenendo rilevazioni molto accurate di magazzino e disponendo di un
sistema di controllo interno ben strutturato e documentato, effettuano un inventario
fisico a rotazione (o su base ciclica), sono i seguenti:
• predisporre un programma di conta ben dettagliato, tenendo conto nel
predisporre tale programma, della velocità di rotazione delle giacenze,
del valore dei vari tipi di materiali, merci ecc. in modo tale da assicurare
la conta delle giacenze di maggior valore ad una data non lontana da
quella di bilancio;
• assegnare personale competente;
• documentare le conte e le eventuali riconciliazioni (stati di concordanza)
che possono rendersi necessarie tra quantità fisiche e quantità per
rilevazioni permanenti se queste ultime non sono aggiornate all'ultimo
movimento;
• rettificare le quantità indicate nelle rilevazioni permanenti in base alle
risultanze della conta.
Se tali scostamenti sono significativi, individuare e modificare le cause degli
scostamenti. Il verificarsi di scostamenti rilevanti è sintomatico di procedure di
controllo interno non efficienti e pongono l'impresa di fronte alla necessità di
procedere all'inventario fisico alla chiusura dell'esercizio.
1. Una programmazione dell’inventario fisico che si concretizzi in appropriate
norme scritte che disciplinino i settori di rilevazione, le modalità di esecuzione
ed i soggetti responsabili;
2. una razionale predisposizione delle giacenze allo scopo di facilitarne i
conteggi;
3. un chiaro sistema di identificazione e descrizione delle scorte;
4. l’individuazione delle giacenze:
• a lento rigiro,
• obsolete,
• difettose (obbligo per gli amministratori di procedere ad adeguate
svalutazioni in sede di bilancio);
5. predisposizione di adeguate procedure di:
• conteggio,
• riepilogazione
• controllo delle quantità risultanti da inventario, mediante l’adozione di
un’idonea modulistica (cartellini prenumerati o simili);
6. un controllo sulle eventuali movimentazioni di magazzino che intervengono
nel corso dell’inventario;
7. l’identificazione delle merci di terzi presso l’azienda e delle merci di proprietà
dell’azienda che si trovano in viaggio o presso terzi;
8. corrette procedure di imputazione su base di competenza delle vendite e
degli acquisti effettuati nel periodo precedente ed in quello successivo
all’inventario fisico.