Il Jihad degli europei convertiti

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Il Jihad degli europei convertiti
Il Jihad degli europei convertiti
Di Michele Avino e Stefania Ducci
L'estremista di casa nostra si era convertito all'Islam
assumendo il nome di Abdul Wahid As Siquili, ed i riscontri
investigativi hanno evidenziato che lo stesso aveva confidato
più volte a fratelli musulmani di voler partire appena
possibile per l'Afghanistan, o verso altri territori di jihad,
per unirsi alle formazioni combattenti che operano in quelle
aree.
Andrea Campione, tra l'altro fidanzato con una giovane
marocchina, è stato arrestato proprio mentre stava per
lasciare l'Italia diretto in Marocco.
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Le
indagini
hanno
accertato
che
l'uomo
apparentemente
conduceva una vita piuttosto riservata e nello stesso tempo
diffondeva libri e scritti ispirati alla lotta Jihadista: in
casa gli sono stati sequestrati un pc e altro materiale
informatico.
Le indagini hanno consentito inoltre di documentare stretti
rapporti tra il giovane pesarese e il marocchino Mohamed
Jarmoune, arrestato a Brescia il 15 marzo scorso con l'accusa
di voler pianificare un attentato contro la sinagoga di
Milano.
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Sembrerebbe che dal pc di Andrea Campione sia partita una email inviata a Jarmoune
e ad altri soggetti indagati
nell'operazione che conteneva link da cui poter scaricare
numerosi manuali operativi sulle modalità di realizzazioni di
attentati e sulle tecniche di guerriglia.
Nel corso dell'operazione, coordinata dall'Ucigos, sono stati
anche oscurati vari siti, forum e blog Jihadisti.
Gli europei
convertiti rappresentano tuttavia un
fenomeno
difficilmente quantificabile nella sua reale dimensione. 1
I convertiti all’Islam che condividono l’ideologia
jihadista
rappresentano
una
percentuale ridotta di coloro che nel
mondo occidentale hanno abbracciato la religione musulmana,
benché non esistano statistiche precise e attendibili sulla
loro esatta consistenza.
1
Michele Avino, Origini sociali e sviluppi del cosiddetto “Terrorismo Homegrown", Centro Militare Studi
Strategici, 2010.
Gli europei convertiti e avvicinati all’ideologia del jihad
globale sembrano rappresentare un
obiettivo particolarmente
importante per al-Qa’ida e per i vari gruppi jihadisti, dato
che essi
rappresentano elementi ancor più difficili da
controllare per le forze di sicurezza europee. Non a caso,
materiale di propaganda jihadista come la rivista trimestrale
“Inspire”
pubblicata
in
inglese
da
Al-Malahem
Media
Foundation, il braccio mediatico di a-Qa’ida nella Penisola
Arabica, ha proprio l’obiettivo di raggiungere il grande
pubblico europeo e nordamericano a fini di proselitismo e
indottrinamento.
E’ il caso di delineare
brevemente alcuni tratti essenziali
dei neo convertiti all’Islam.
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Gli studi
sul
terrorismo
hanno evidenziato come
la
maggior parte degli attacchi terroristici avvenuti nei Paesi
occidentali siano stati compiuti da giovani maschi, di età
intorno ai 26 anni, ben istruiti, e abitanti in quegli stessi
stati.
Generalmente
il
convertito
proviene
da
un’appartenenza
religiosa
cattolica,
per
lo
più dovuta
all’educazione
in
famiglia,
ma
che
ha già
manifestato
una crisi nella propria fede. I motivi che possono spingere
alla conversione all’Islam possono essere molteplici:
alcuni
di
tipo
strumentale
(matrimonio
con
appartenente
alla
religione
islamica), opportunistico (per raggiungere un
obiettivo politico o sociale), spontaneo, da contatto (per
avere intrapreso
un
viaggio
in paesi musulmani ed averne
subito il fascino o per essere venuti a contatto con colonie
di immigrati).
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Solo una piccola parte dei convertiti si può riconoscere in
una tipologia anomala: individui che riconoscono nella ummah
(la comunità dei credenti) un microcosmo protetto, nel quale
ricoprire
un
ruolo
sociale,
e
soggetti
predisposti
a
forme di religiosità violenta, che riconoscono nelle frange
fondamentaliste dell’Islam l’occasione di emergere.
I “nuovi musulmani” sono stimabili
europei di cui 20-30 mila italiani. 2
ormai
in
300-400
mila
Tra i Paesi più a rischio la Gran Bretagna e la Germania.
Proprio
in
Inghilterra
le
conversioni
sono
aumentate
vertiginosamente negli ultimi dieci anni. Il trend britannico,
è in linea con la situazione di altri paesi europei, come
Germania e Francia, dove i convertiti all'Islam sono circa
2
Comunicato Stampa. Musulmani in Europa. Così estranei da non poter essere europei? L’analisi di Intersos in
merito al dibattito su integrazione, cittadinanza e Islam, p. 5.
4.000 l'anno. 3 Uno degli aspetti preoccupanti, sotto il profilo
delle misure di contrasto è la velocità con cui si evolve il
processo di radicalizzazione dell'individuo a seguito della
conversione.
Fra i terroristi che seminarono morte nella metropolitana di
Londra nel 2005 c'era anche Jamal, al secolo Germaine Lindsay.
Nato in Giamaica, aveva vissuto sin dall'età di due anni in
Inghilterra convertendosi all'Islam nel 2000. Il più famoso
convertito britannico è Richard Reid soprannominato "shoes
bomb", che voleva fare saltare in aria un aereo in volo con
l'esplosivo nascosto nelle scarpe, ma fu sopraffatto dai
passeggeri. La prima donna kamikaze europea si chiamava Muriel
Degauque. Viveva in Belgio e aveva sposato un estremista. Nel
2005 si fece saltare in aria contro un convoglio americano in
Iraq, senza fare vittime.
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I rapporti via internet accertati tra il giovane pesarese e il
marocchino Mohamed Jarmoune pongono in evidenza l’accresciuto
coinvolgimento nel cyberjihad dei convertiti, per lo più
in
veste
di predicatori
e
radicalizzatori,
con
il
conseguente aumento della propaganda estremista in varie
lingue
occidentali
all’interno
di
appositi
web-forum
destinati
a giovani
musulmani,
attraverso
cui
sono
correntemente
diffusi
testi
dottrinali, comunicati e
direttive dei vertici qaedisti e manuali per il c.d.
terrorismo “fai da te”, che illustrano, tra l’altro, metodi
per la fabbricazione di esplosivi. Al riguardo, è interessante
notare come tali manuali, tra cui la stessa sezione sulla
“Open Source Jihad” della rivista “Inspire”, descrivano come
impiegare
sostanze
chimiche
di
uso
comune
e
facile
reperibilità per realizzare ordigni esplosivi improvvisati,
indicando
talvolta
gli
accorgimenti
da
adottare
per
incrementare le capacità distruttive degli ordigni.
La diffusione di tali documenti
rappresenta
un
concreto
pericolo
per
alcuni
soggetti
che
potrebbero ispirarsi a
tali siti, come accaduto in Italia ed in diversi Paesi
europei,
per
elaborare
progettualità
terroristiche.
La
minaccia delle bombe artigianali viene normalmente vista sotto
una doppia lente.
La
prima
tende
a
evidenziare
la
pericolosità di un'arma diffusa e semplice che riduce
di molto l'aspetto logistico e il rischio di essere scoperti.
La seconda, invece, tende a ridimensionarne la portata. La
ricercatrice svedese Anne Stenersen ha sottolineato come le
istruzioni fornite siano spesso velleitarie, con suggerimenti
concreti ma molto rudimentali. La sua collega olandese
3
Francesca Marretta, Raddoppiano i convertiti all’Islam in Gran Bretagna. In maggioranza donne, aumento dopo
l’attentato alle Torri gemelle, Il Sole 24 Ore, 6 gennaio 2011.
Marten
Nieuwwenhuizen
ha
invece
eseguito
dei
test
tenendo conto delle informazioni rinvenute su internet. A suo
giudizio "non funzionano quasi mai". Ciò non toglie che, come
l'esperienza insegna, con l'aiuto della tecnologia e con il
tempo, tali lacune possano essere colmate da parte dei gruppi
terroristici.
Esiste poi una correlazione tra reclusione e conversione
all'Islam radicale, le prigioni possono essere un terreno
fertile
per
la
conversione,
la
radicalizzazione
e
il
successivo possibile reclutamento dei detenuti, a motivo della
mancanza di contatti con i familiari, un generale senso di
incertezza, l’ambiente straniero, la predisposizione alla
violenza ed al crimine.
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Non bisogna poi dimenticare il caso, seppur isolato, di
Domenico Quaranta, che nel maggio 2002 tentò di compiere un
attentato nella metropolitana di Milano con due bombole di gas
inneggiando ad Allah. Quaranta, pregiudicato siciliano, si era
convertito in carcere.
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Eloquente,
a
tal
proposito,
appare
la
dichiarazione,
contenuta nel rapporto di un detenuto inglese convertito: “Ora
ho un gran numero di fratelli che sento davvero vicini.
Noi
mettiamo
in
comune
le
nostre
esistenze
e
ci
proteggiamo a vicenda.”
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L'arresto
del
giovane
pesarese
ha
inoltre
riproposto
all'attenzione l'importanza di internet nel reclutamento,
nella formazione e nel proselitismo dei jihadisti. Per sua
natura internet
permette
la
formazione
di
gruppi
e
relazioni che altrimenti non sarebbero possibili aumentando
e potenziando la possibilità di connessione sociale.
Ad oggi l'attenzione è stata interamente spostata
sulla
minaccia
del cyberterrorismo propriamente inteso (ovvero
su
come i terroristi potrebbero attaccare le nostre reti
informatiche e le infrastrutture critiche)
abbandonando e
dedicando poca
attenzione
a come i potenziali terroristi
utilizzano le
reti
informatiche per
la
loro
attività
quotidiana,
identificandone
punti
deboli
da
sfruttare
per difenderci e contrattaccare.
Le connessioni accertate tra Andrea Campione ed il marocchino
Mohamed Jarmoune confermano la presenza di un’infrastruttura
jihadista online basata sul collegamento tra i vari siti
jihadisti che interagiscono tra di loro attraverso la
produzione
e
scambio
di documentazione, ben strutturati
sotto il profilo tecnico. Ad esempio, un sito “X” mette a
disposizione documentazione jihadista online affinché possa
essere scaricata
mirroring).
anche
dai
siti
“Y”,
“Z”,
etc.
(il
c.d.
Il sistema jihadista online risulta interattivo, accentrato
ma
contemporaneamente flessibile,
con
un elevato
margine
di ridondanza che consente a diversi siti di contenere
identico
materiale
o
documentazione
di
propaganda,
proselitismo e indottrinamento, al fine di rinforzare e
supportare reciprocamente l’intero apparato nel caso di
compromissioni in uno dei suoi nodi strutturali chiave. La
sicurezza del sistema infatti è garantita proprio da questa
ridondanza e da vari meccanismi di protezione.
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Nell’ipotesi di un oscuramento di più siti chiave, il
materiale rimarrebbe comunque all’interno dell’infrastruttura
e nei sistemi di backup e immagazzinamento accessibili da siti
secondari esterni.
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La risposta censoria – chiusura dei siti, denuncia dei gestori
fino all'arresto – non ha dato ad oggi i frutti sperati.
La
disponibilità
di
svariate
piattaforme
informative
rende
infatti
la
risposta censoria limitata. Cancelli un
sito ospitato da un server in Svezia e riappare negli Usa,
chiudi un sito in Gran Bretagna e subito si rimaterializza in
un host australiano.
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Si noti come la jihad della parola miri a surrogare o,
quantomeno, ad affiancare quella armata. Infatti, in una
lettera
sequestrata
dagli
americani
in
Afghanistan
e
precedente la data dell'11 settembre, Bin Laden spiegava al
capo dei talebani, il mullah Omar, che la battaglia si sarebbe
svolta al 90% sul terreno della propaganda. In un libro
diventato famoso tra i jihadisti – intitolato “Cavalieri sotto
lo stendardo del Profeta” – Ayman Al Zawahiri scrive: «Noi
dobbiamo trasmettere il nostro messaggio alle masse della
nazione e rompere l'assedio mediatico imposto al movimento
della Jihad. Questa è una battaglia indipendente che dobbiamo
lanciare al fianco di quella militare.»
Quindi, se la rete internet viene impiegata per fini di
radicalizzazione, tale strumento può essere strategicamente
impiegato anche per fini di de-radicalizzazione e di controradicalizzazione. Tale strategia presenta tre componenti: 1)
il messaggio, che deve contenere argomentazioni volte a
privare di fondamento le ideologie estremiste – sotto il
profilo teologico, politico, storico, socio-psicologico e
strumentale – e ad offrire una soluzione alternativa non
violenta alle rivendicazioni degli estremisti. Il messaggio
deve essere naturalmente pensato per quella specifica audience
a cui è diretto, tenendo conto del contesto socio-culturale in
cui lo si vuole veicolare; 2) il messaggero, che deve essere
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credibile pena la non efficacia del messaggio. Messaggero può
essere non solo l’ex estremista che si è riconvertito a
ideologie moderate, ma anche il capo religioso, accademici e i
membri della stessa società civile; 3) i media, che devono
attuare una strategia di disseminazione del messaggio che sia
incisiva e attrattiva. 4
4
Omar Ashour, Online De-Radicalization? Countering Violent Extremist Narratives: Message, Messenger and
Media Strategy, in Perspectives on Terrorism, Vol. 4 No. 6, 2010.