leggi - Comparazione e Diritto Civile
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AMMINISTRAZIONE BENEFICIARIO DI SOSTEGNO: LE SCELTE RESIDENZIALI DEL GELSOMINA SALITO Parva sed apta mihi. Il noto brocardo latino, tanto caro all’Ariosto che lo volle inciso sulla proprio abitazione di Ferrara, riassume l’importanza che da sempre la dimora, nel suo significato ciceroniano più ampio di Patria o in quello più ordinario di casa assume nella vita dell’uomo. Di là da ogni profilo dimensionale o strutturale (che pure la massima sembra evocare), infatti, il luogo in cui si svolge la vita del soggetto segna le coordinate non solo geografiche della sua esistenza; descrive il suo vissuto; definisce l’ambiente in cui più che in ogni altro egli si realizza come persona secondo il dettato dell’art. 2 cost. Non a caso, alla residenza o al domicilio allude la prima delle disposizioni del codice civile dedicate all’amministrazione di sostegno, l’art. 404 c.c., laddove, individua il giudice tutelare al quale indirizzare il ricorso1. La norma, espressione del disordine che, sotto certi aspetti, connota – come appunta una non poco critica dottrina2 – la disciplina dei profili processuali dell’amministrazione di sostegno, inserisce la previsione del criterio di competenza territoriale in un contesto normativo destinato, invece, essenzialmente, all’enunciazione dei presupposti sostanziali del sostegno (l’art. 404 c.c., appunto). Il risultato è l’indicazione di due fori alternativi (come con chiarezza sottolinea la disgiunzione “o”) che operano a prescindere dal contenuto specifico del provvedimento richiesto, sia esso cioè di natura patrimoniale o non patrimoniale3. Rispetto al disegno di legge Perlingieri che conteneva un chiaro riferimento solo alla residenza, il testo di legge licenziato si è, invero, almeno in apparenza, arricchito del richiamo al domicilio. In apparenza, appunto, perché, a ben vedere, il testo dell’art. 404 c.c., considerato nel suo insieme e riguardato alla luce della ratio che anima la legge n. 6/2004 e le altre disposizioni codicistiche vigenti in materia, sembra voler rinviare ed alludere piuttosto al distinto e complessivo concetto di residenza effettiva del beneficiario4, quale criterio per incardinare la competenza del giudice tutelare non solo in fase di ricorso ma per tutta la durata del sostegno5. Il testo riproduce, con la sola aggiunta delle note, la relazione tenuta in occasione della Conferenza Nazionale Dieci anni di amministrazione di sostegno, Trieste 28-29 marzo 2014. 1 Per una lettura complessiva della legge n. 6/2004 sia consentito il rinvio a AA.VV., Amministrazione di sostegno. Interdizione. Inabilitazione, a cura di G. Salito, P. Matera, Padova, 2012, passim. 2 Sul punto R. MASONI, Competenza ed istruzione nella procedura di amministrazione di sostegno, in Dir. famiglia, 2012, 873 ss. 3 In argomento, altresì, A. CHIZZINI, I procedimenti di istituzione e revoca dell’amministrazione di sostegno, in G. Bonilini-A. Chizzini, L’amministrazione di sostegno, Padova, 2004, 398 ss., per il quale la competenza del giudice del luogo di residenza o domicilio del disabile evidenzia la sussistenza di fori alternativi che “operano a prescindere dal contenuto specifico del provvedimento richiesto, patrimoniale o non patrimoniale”. 4 C. MANCUSO, Il destinatario del ricorso: il giudice tutelare, in Amministrazione di sostegno. Interdizione. Inabilitazione, cit., 152, n. 5, afferma che la norma “fa riferimento alla residenza anagrafica allorché manchino prove contrarie alla presunzione della sua coincidenza con quella effettiva. Se il soggetto interessato risiede all’estero, si deve ritenere che, ai sensi dell’art. 31 d.p.r. 5 gennaio 1967, n. 200, la competenza sia determinata con riferimento all’ultima residenza. In caso di trasferimento del beneficiario, competente a provvedere alla eventuale www.comparazionedirittocivile.it 1 Del resto, se lo spirito della normativa riposa nella finalità di tutelare la persona conservando in capo ad essa “la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresenta esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno” (art. 409 c.c.), non può non riconoscersi valore pregnante all’elemento volontaristico sin dalla definizione dell’ubi consistam. Ed è la Cassazione, nella nota sentenza 23743/20076, che, recependo le istanze della più sensibile dottrina, precisa che “il domicilio del beneficiario dell’assistenza e di sostegno si determina alla stregua dell’ordinario criterio di cui al primo comma dell’art. 43 c.c.”. A venire in rilievo non è, così, unicamente un concetto di residenza in senso stretto, ma un quid pluris che supera il momento del dato obiettivo risultante dai registri anagrafici per abbracciare anche quello soggettivo del “volontario stabilimento in un determinato luogo della sede principale dei propri affari ed interessi7”, secondo quanto accade in relazione al domicilio. Pertanto, ogniqualvolta l’elemento della volontarietà (si pensi all’internamento di una persona in un manicomio giudiziario) è da escludere che possa concretamente parlarsi di residenza effettiva8. Più di una disposizione depone nel senso indicato. Non solo il più volte richiamato art. 404 c.c. che vuole la competenza radicata in capo al giudice tutelare che per prossimità geografica alla persona ed al luogo in cui vive sia maggiormente in grado di capirne altresì il contesto sociale9, ma altresì l’art. 407 c.c., che prevede l’ascolto del beneficiario nel luogo in cui si trova; l’art. 410 c.c. che regola il meccanismo di partecipazione del beneficiario alle scelte che lo riguardano, dando valore preminente al suo consenso ad alla sua facoltà di interloquire con il giudice tutelare; l’art. 413, comma 1, c.c., che, nell’ammettere al ricorso il beneficiario, presuppone che l’accesso alla giurisdizione sia agevole. Se, infatti, come è stato scritto, il beneficiario è “soggetto” e mai “oggetto” sostituzione dell’amministratore di sostegno è il giudice tutelare del nuovo domicilio. Secondo la giurisprudenza, nel caso di residenza dell’amministratore diversa da quella del beneficiato, non è applicabile l’art. 343, comma 2, c.p.c., che consente il trasferimento della tutela del minore nel circondario dove il tutore ha il proprio domicilio, in quanto non specificamente richiamato dalle norme sull’amministrazione di sostegno”. 5 Chiara, in tal senso, la Cassazione nel suo recente arresto: Cass., 17 aprile 2013, n. 9389, in Giust. civ. Mass., 2013. Ma chiara, altresì, l’interpretazione della Convezione dell’Aja del 13 gennaio 2000 per la protezione degli adulti vulnerabili. 6 Cass., 16 novembre 2007, n. 23743, in Giust. civ. Mass., 2007, 11. 7 Così, ancora, Cass., 17 aprile 2013, n. 9389, cit., che, molto opportunamente, ha precisato che “in tema di amministrazione di sostegno, la competenza territoriale si radica con riferimento alla dimora abituale del beneficiario e non alla sua residenza, in considerazione della necessità che egli interloquisca con il giudice tutelare, il quale deve tener conto, nella maniera più efficace e diretta, dei suoi bisogni e richieste, anche successivamente alla nomina dell’amministratore; né opera, in tal caso, il principio della perpetuatio iurisdictionis, trattandosi di giurisdizione volontaria non contenziosa, onde rileva la competenza del giudice nel momento in cui debbono essere adottati determinati provvedimenti sulla base di una serie di sopravvenienze”. 8 Precisa Cass., 16 settembre 2011, n. 19017, in Giust. civ. Mass., 2011, 10, 1392, che “qualora non ricorra il requisito della volontarietà dello spostamento della dimora abituale o del domicilio del soggetto destinatario dell’amministrazione di sostegno, la competenza a decidere della revoca e della nomina di un nuovo amministratore di sostegno, ai sensi dell’art. 404 c.c., spetta al giudice della circoscrizione nella quale l’amministrazione era stata aperta e la prima nomina effettuata, non rilevando il luogo ove il beneficiario sia stato di fatto trasferito”. 9 Da ultimo, sul punto, Cass., 4 febbraio 2014, n. 2364, in Diritto e Giustizia online, 2014, 5 febbraio. www.comparazionedirittocivile.it 2 di protezione, spetta a lui, in assenza di espressa previsione contenuta nel decreto, la facoltà di scegliere il luogo dove vivere e dove trasferirsi10. La “competenza mobile” (mobile, appunto, perché segue l’adulto incapace), per tale via individuata, giustifica, a sua volta, tutta un’ulteriore serie di effetti che si riverberano sulla concreta applicazione della disciplina. Va de plano, anzitutto, la non applicabilità al beneficiario dell’amministrazione di sostegno dell’art. 371 c.c. che, dettato per la tutela del minore ed applicato all’interdetto per effetto del rinvio dell’art. 424 c.c., espressamente prevede che sia il giudice tutelare, sentito il tutore, ad individuare il luogo dove l’interdetto debba essere effettivamente domiciliato. La norma, come è noto, non è inclusa nell’ampio richiamo che l’art. 411 c.c. fa alle disposizioni in tema di interdizione, con un silenzio che se da alcuni è spiegato attraverso l’accusa di superficialità11 o di vera e propria dimenticanza, viene da altri letta come una “consapevole scelta” volta a limitare i poteri dell’autorità giudicante nell’ambito di un procedimento privo di tutte la garanzie previste per il giudizio di interdizione12. La non applicabilità in via analogica della disposizione si spiega, a sua volta, in ragione “dell’autonomia e peculiarità” che connota il procedimento disegnato dagli artt. 404 ss. c.c. e per effetto delle quali non è possibile un’interpretazione neppure in via estensiva di norme distinte da quelle espressamente richiamate13. A ragionare diversamente, si afferma, si determinerebbe una forma surrettizia di applicazione dell’art. 371 c.c., con conseguente violazione del principio di riserva di legge insito nell’art. 13 cost., in materia di libertà personale14. Sì che – si precisa – il potere di estensione insito nell’art. 411 c.c. sarebbe utilizzabile solo in situazioni di emergenza e sempre se sia funzionale alla cura della persona (art. 357 c.c.), giacché in assenza di un simile presupposto l’amministratore di sostegno non è da ritenersi legittimato ad interferire con le scelte residenziali del beneficiario. La possibilità di un collocamento protettivo non può, infatti, essere esclusa tout court15 o argomentata a priori dal mancato richiamo dell’art. 357 c.c. dall’art. 411 c.c., in quanto il dovere di Cass. pen., 23 settembre 2013, n. 39217. G. DE MARZO, Incapaci e atti personalissimi, tra criteri di valutazione e problemi processuali, in Foro it., 2012, 1, I, 14, per il quale “è vero che l’art. 411 c.c. non richiama, a proposito dell’amministrazione, l’art. 357 c.c., ma solo perché la complessiva disciplina speciale dettata dagli artt. 404 ss. c.c. rende il rinvio superfluo: v. artt. 405 comma 6, 408 comma 1, 410 c.c.”. 12 Trib. Trani, 17 maggio 2011, in Giur. merito, 2013, 11, 2374, che, appunto, afferma come “nel caso dell’amministrazione di sostegno, l’art. 411 c.c., nel richiamare gli articoli relativi alla tutela applicabili, omette il richiamo all’art. 371 c.c., il quale, tra l’altro, affida al giudice il potere di decidere sulla residenza del minore; detta omissione non costituisce un vuoto normativo, ma una consapevole scelta volta a limitare i poteri dell’autorità giudicante nell’ambito di un procedimento – quello dell’amministrazione di sostegno – di fatto privo di tutte le garanzie invece previste per il giudizio di interdizione, prima tra tutti la circostanza che detta misura possa essere disposta solo nel caso di totale incapacità di intendere e di volere del beneficiario”. 13 Cass., 16 novembre 2007, n. 23743, cit., 11. Invero, di là dalle differenze funzionali tra gli istituti giuridici dell’amministrazione di sostegno e dell’interdizione, l’applicazione analogica al primo dei due dell’art. 343 c.c., comma 2, è impedita dal fatto che la norma costituisce puntuale applicazione dell’art. 45 c.c. comma 3, secondo la quale l’interdetto ha il domicilio (necessario) del tutore, mentre il domicilio del beneficiario dell’assistenza di sostegno si determina alla stregua dell’ordinario criterio di cui all’art. 45 c.c. comma 1. 14 In tal senso R. MASONI, L’amministrazione di sostegno, Roma, 2009, 259 ss. 15 Il problema del collocamento protettivo si è posto, in particolare, in relazione agli anziani. Al riguardo la giurisprudenza di merito ha precisato che “la decisione, se mantenere o meno in istituto una persona anziana non in grado di provvedere ai propri interessi, spetta all’amministratore di sostegno, che dovrà decidere interpretando la volontà dell’assistita per quanto concerne il rientro a casa, sentendo gli specialisti del caso, 10 11 www.comparazionedirittocivile.it 3 cura del beneficiario trova ugualmente giustificazione normativa in disposizioni quali l’art. 404 c.c. (che parla genericamente di interessi) o l’art. 405, comma quarto, c.c., (che allude ai provvedimenti urgenti che il giudice tutelare può adottare per la “cura della persona” e per la conservazione del suo patrimonio) o l’art. 408 c.c. (che fissa come criterio per la scelta dell’amministratore di sostegno l’esclusivo riguardo alla cura del beneficiario). Sullo sfondo, imprescindibile resta l’audizione del beneficiario e la considerazione dei suoi desiderata16. L’ampiezza del potere sostitutivo nella definizione della residenza, in altri termini, si rivela – né potrebbe essere diversamente – inversamente proporzionata alla residua capacità del soggetto debole ed anche qualora la stessa risulti gravemente compromessa, molto opportunamente, sono da bandire soluzioni rigorose, dovendosi piuttosto optare per una valorizzazione dell’ambiente dove inserire il beneficiario da attuarsi per “fasi successive”, con verifica delle condizioni di inserimento nella nuova realtà al fine di strutturare poi il provvedimento definitivo17. Ça va san dire che, tenuto conto delle condizioni economiche del beneficiario, sono poi da immaginarsi come possibili suoi spostamenti periodici o stagionali presso plurime residenze a anche al fine di valutare le esigenze di natura sanitaria, verificando l'idoneità dell'alloggio e predisponendo l’organizzazione necessaria per un’adeguata sistemazione casalinga”: Trib. Modena, 15 novembre 2004; Trib. Genova, 1 marzo 2005, in Giur. it., 2005, 1627. In dottrina, da ultimo, G. BUFFONE, La protezione giuridica dell’adulto incapace: l’anziano e l’amministrazione di sostegno, in Giur. merito, 2011, 2907B, il quale correttamente, nel ribadire il mancato richiamo, da parte dell’art. 411 c.c., dell’art. 371, comma 1, n. 1 c.c. (che espressamente prevede che sia il giudice tutelare, sentito il tutore, a individuare il luogo dove l'interdetto debba essere effettivamente domiciliato), lo spiega alla luce della finalità del legislatore di adottare, rispetto all’amministrazione di sostegno, un diverso modello di formazione della scelta residenziale. La scelta residenziale, in altri termini, “non può mai essere subita dal beneficiario: da qui la sostituzione del modello decisorio statico dell’art. 371 c.c. con quello vitale dell’art. 410 c.c. In regime di tutela, è il giudice tutelare che sceglie il collocamento, sentito il tutore; in regime di amministrazione di sostegno, il beneficiario deve essere sentito e se si oppone alla scelta proposta dall’amministratore, è il giudice tutelare che deve intervenire con un suo decreto motivato, previa eventuale nomina di un curatore speciale o espletamento di atti istruttori necessari per accertare quale soluzione realizza il best interest della persona protetta. Dove, ovviamente, il beneficiario non sia in grado di esprimersi, le decisioni saranno assunte nel suo interesse secondo il modulo della rappresentanza esclusiva sostitutiva (art. 409 comma 1 c.c.)”. Nella giurisprudenza di merito, si veda, altresì, Trib. Varese, 6 ottobre 2009, in Giur. Merito, 2010, 4, 1004. 16 L’importanza di valorizzare il momento volontaristico è ribadita da G. BUFFONE, L’istituto dell’amministrazione di sostegno, in Giur. merito, 2013, 2376 ss., che ne evidenzia la conformità allo spirito dei Trattati Internazionali ratificati dall'Italia, quali, in particolare, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall’Italia per effetto degli artt. 1 e 2 l. 3 marzo 2009, n. 18. Il trattato in esame riconosce espressamente (lett. n del preambolo) “l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte” (collocati nel novero dei «principi generali», v. art. 3 della convenzione). Parimenti, la Convenzione, all’art. 12 (“uguale riconoscimento dinanzi alla legge”), comma 4, chiaramente statuisce: «Gli Stati devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario”. Ciò vuol dire – prosegue l’Autore – che la protezione del soggetto vulnerabile non può tradursi in un “esproprio” dei suoi diritti e che anche l’incapace, insomma, conserva il suo Diritto inviolabile a fruire e vivere delle situazioni giuridiche soggettive a copertura costituzionale. 17 Trib. Modena, 7 febbraio 2005. www.comparazionedirittocivile.it 4 disposizione, nonché periodi di vacanza o di permanenza turnaria presso diversi familiari, con la consapevolezza da parte di tutti i soggetti coinvolti (dal giudice tutelare al beneficiario medesimo), in caso di viaggi all’estero, dei rischi legati all’assenza o alla carenza di quella rete di protezione e di informazione presente, invece, sul territorio nazionale. Una volta acclarato, del resto, che sono i bisogni e le aspirazioni della persona incapace a dover orientare le scelte del giudice, non v’è ragione per escludere a priori l’opportunità e/o la necessità di spostamenti per esigenze di cura, di studio, di divertimento, di lavoro o altro. Ma vi è di più. Se la definizione del momento residenziale non deve prescindere dalla considerazione dell’elemento volontaristico, gli stessi profili processuali che sovrintendono all’ufficio di amministratore di sostegno non devono essere definiti in modo meramente formale, ma rispondere, anch’essi, a valutazioni di ordine sostanziale18, con la possibilità, ad esempio, di provvedere alla sostituzione dell’amministratore di sostegno19 ogniqualvolta il mutamento di dimora del beneficiario assuma il carattere della stabilità, specie qualora l’esercizio dell’ufficio sia diventato o possa diventare troppo gravoso20. Il profilo della modifica della competenza territoriale rappresenta, al riguardo, uno degli altri punti dolenti di una normativa in tal senso carente, sprovvista e com’è di una norma quale l’art. 343, comma secondo, c.c., inserita invece nel “codice genetico21” dell’interdizione e per effetto della quale “se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela può essere ivi trasferita con decreto del tribunale”. Il vuoto, recte l’ulteriore vuoto normativo sembra poter essere colmato, ancora una volta, attraverso una lettura sistematica della disciplina, alla luce, altresì, delle sollecitazioni d’oltralpe (tra le altre, in particolare, la Convenzione dell’Aja del 13 gennaio 2000) che invitano, sul punto, all’applicazione del cd. forum conveniens sulla base del quale fissare il mutamento di competenza del giudice sulla base del luogo in cui la persona vulnerabile ha stabilmente trasferito la propria dimora22. Per i profili di carattere processuali, v.si E. SERRAO, Amministrazione di sostegno e rappresentanza processuale, in Giur. merito, 2011, 1449B; nonché G. POLI, Patrocinio legale e ricorso, e C. MANCUSO, Il destinatario del ricorso: il giudice tutelare, entrambi in Amministrazione di sostegno. Interdizione. Inabilitazione, cit., 125 ss. e 151 ss. 19 Cass., 7 maggio 2012, n. 6880, in Foro it., 2012, 9, I, 2366, per la quale “competente a provvedere sull’istanza di sostituzione dell’amministratore di sostegno è il giudice tutelare del luogo di residenza del beneficiario, ancorché si tratti di luogo diverso da quello che ha radicato la competenza del giudice che ha adottato il decreto di nomina dell’amministratore”. Per la giurisprudenza di merito Trib. Arezzo, 7 febbraio 2011, in Giur. merito, 2012, 6, 1283 ss., a giudizio del quale “con riguardo all’istituto dell’amministratore di sostegno il g.t. competente a gestire l’amministrazione è individuato con riferimento alla residenza o al domicilio attuale dell'amministrato e a nulla rileva la circostanza che l’amministrazione sia stata aperta da altro g.t. giacché non sussiste alcun ostacolo al trasferimento, da uno ad altro ufficio del g.t., del fascicolo relativo alla gestione di persone incapaci”. 20 G. BUFFONE, L’istituto dell’amministrazione di sostegno, cit., 2376 ss., il quale evidenzia come il problema della competenza territoriale in materia di amministrazione di sostegno si sia riproposto in tempi recenti per effetto della previsione di cui alla l. 14 settembre 2011, n. 48, e dei decreti legislativi nn. 155 e 156 del 7 settembre 2012 (Revisione della geografia giudiziaria) per effetto dei quali si è avuta la soppressione delle Sezioni distaccate ed il loro riassorbimento presso altre sedi giudiziarie. 21 Così G. BUFFONE, La protezione giuridica dell’adulto incapace: l’anziano e l’amministrazione di sostegno, cit., 2907 ss. 22 “La ratio legis sottesa alla individuazione dell’organo competente per la tutela dell'incapace” – scrive Trib. Varese, 16 febbraio 2012, in Giur. merito, 2013, 11, 2373 – “è quella di offrire al medesimo «il servizio pubblico di protezione a lui più vicino», nel rispetto della dignità del protetto e nella ricerca della soluzione giuridica a lui più confacente. E, allora, è l’organo del luogo dove l’adulto incapace effettivamente vive a dovere curare il 18 www.comparazionedirittocivile.it 5 Se, peraltro, è la lettura assiologica della legge n. 6/2004 a chiarire e risolvere i chiaroscuri di una disciplina perfettibile (e già perfezionata, sotto molti aspetti, nella bozza Cendon 2007), è parimenti innegabile che il pericolo di una sua interpretazione in senso involutivo, in un senso cioè che la riporti entro le rigide e ghettizzanti maglie dell’interdizione, è la conseguenza delle descritte carenze legislative altresì in relazione ad ambiti solo in apparenza marginali, quale, appunto, quello delle scelte residenziali del beneficiario dell’amministrazione di sostegno. “La casa”, del resto – ricorda Gibran, con un monito che vuol essere un auspicio soprattutto per le persone vulnerabili – “è il nostro corpo più grande. Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte e non è (né può essere, n.d.r.) priva di sogni”. percorso fisiologico del soggetto sub protezione. Il criterio per la competenza territoriale, pertanto, è in via primaria quello della cd. residenza abituale (forum conveniens)”. www.comparazionedirittocivile.it 6