cometti vladimir cometti vladimir

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TESINA DI MATURITA’
ANNO SCOLASTICO 2013-2014
2014
L’AVIAZIONE
COMETTI VLADIMIR
I.S.I.S. “GIULIO NATTA”- BERGAMO
V C LICEO SCIENTIFICO TECNOLOGICO
BIBLIOGRAFIA:
Libri:
With rhymes and Reason
di Cinzia Medaglia e Beverly Anne Young
La Storia al presente
di Giovanni De Luna, Marco Meriggi e Giuseppe Albertoni
Corso di Fisica
di Walker
Enciclopedia dei ragazzi
di Antonio Menniti Ippolito e Francesco Tuccari
LetterAutori
di Beatrice Panebianco, Mario Gineprini e Simona Seminara
Fonti internet:
www.wikipedia.it
www.cronologia.leonardo.it
www.inilossum.com
Larapedia.com
www.infodomus.it
www.letturefantastiche.com
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INDICE:
1. INTRODUZIONE ……………………………………………………………………….....Pag. 4
2. I PRIMI OGGETTI VOLANTI ………………………………………………….……...Pag. 4
3. LEONARDO DA VINCI..............................................................................................Pag. 4
4. LA MONGOLFIERA ………………………………….................................................. Pag. 5
5. LA NASCITA DELL’AEREO……………………………………….............................Pag. 5
6. LA PRIMA GUERRA MONDIALE…………………………………………….….….. Pag. 6
6.1 LE CAUSE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE………………….……..... Pag. 6
6.2 LA GUERRA SUI DUE FRONTI………………………………………………....… Pag. 7
6.3 L’ITALIA ……………………………………………………………………………..…… Pag. 7
6.4 L’ATTACCO ALL’INGHILTERRA …………………………………………..…..... Pag. 8
6.5 IL RITIRO DELLA RUSSIA DALLA GUERRA……………………….…..……. Pag. 8
6.6 L’INTERVENTO DEGLI STATI UNITI ……………………….…………………. Pag. 9
6.7 LA FINE DELLA GUERRA…………………………………….…………….………. Pag. 9
6.8 LA GUERRA IN CIFRE……………………………………………..………..…..…… Pag. 10
7. LE CORRENTI LETTERARIE DELLA GUERRA …………………….……….Pag. 10
7.1 I FUTURISTI ………………………………………………………………………....… Pag. 10
7.2 THE WAR POETS……………………….…………………………………………..…Pag. 11
8.
L’AVIAZIONE NEL DOPOGUERRA……………………………………….……...Pag. 11
9. LA SECONDA GUERRA MONDIALE: LA GUERRA DELL’AVIAZIONE E DEL RADAR ………Pag. 12
9.1 LE CAUSE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE………………….… Pag. 12
9.2 LA BATTAGLIA DI INGHILTERRA ………………..………………………….. Pag. 14
9.2.1 IL RADAR………………………………………………………………..….….. Pag. 14
9.3 ATTACCO ALL’URSS ……………………………………………………….………..Pag. 15
9.4 L’ENTRATA DEGLI USA IN GUERRA …………………………….….…..….. Pag. 15
9.5 LA SVOLTA ………………………………………………………………………….… Pag. 16
9.6 LA BOMBA ATOMICA ………………………………………………..………..….. Pag. 17
9.7 LA GUERRA IN CIFRE ………………………………………………..….………… Pag. 17
10. L’AVIAZIONE NEL SECONDO DOPOGUERRA E LA “GUERRA FREDDA”……………….…..Pag. 17
11. L’AVIAZIONE AI GIORNI D’OGGI ………………………………….…………………………………...…..... Pag. 19
12. L’AVIZIONE DEL FUTURO: GLI AEREI A ENERGIA SOLARE E I DRONI ………………….....Pag. 19
12.1 GLI AEREI A ENERGIA SOLARE E IL LORO FUNZIONAMENTO …………………….…...…. Pag. 19
12.1.1 I PANNELLI FOTOVOLTAICI……………………………………… Pag. 20
12.2 I DRONI……………………………………………………………..……………..… Pag. 23
13. CONCLUSIONI …………………………….……….………………………………...…...Pag. 23
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1. INTRODUZIONE
Da sempre l’uomo, guardando gli uccelli librarsi nel cielo, ha avuto il grande sogno di poter volare
come loro.
Questo suo speciale desiderio di riuscire a volare come gli uccelli, di sentirsi libero nell'aria, senza
impedimenti, fluttuando come fosse nello spazio, ha da sempre rappresentato i suoi più profondi
desideri di libertà, di potere, di successo, di elevazione spirituale…
Osservandoli volare, gli uomini, fin dai tempi più remoti , hanno tentato di imitarli: tracce di questi
tentativi le si possono trovare nelle centinaia di leggende che sono state tramandate fino a noi.
Tra queste leggende, è bene ricordare la leggenda greca di Dedalo e Icaro e la leggenda persiana del re
Kai Kawus.
La leggenda del re Kai Kawus è datata nel lontano XVI secolo a.C. e narra del re persiano Kai il quale, da
alcune aquile robustissime, si fece trasportare con tutto il suo trono fino in Cina in volo.
Ben più famosa e appassionante, invece, è la leggenda di Dedalo e Icaro: Dedalo, un geniale inventore
della mitologia greca,venne imprigionato dal re Minosse insieme al figlio Icaro all’interno del labirinto
di Creta per avere aiutato l’eroe Teseo ad uccidere il Minotauro e, successivamente, a farlo fuggire.
Dopo un momento iniziale di sconforto ebbe un'idea geniale: costruire due paia di ali per fuggire via
dal labirinto. Iniziò così ad intrecciare delle penne saldando le più piccole con della cera.
Prima di decollare, Dedalo, ordinò a suo figlio di non volare né troppo alto in quanto il calore del sole
avrebbe sciolto la cera che teneva insieme gli intrecci, né troppo basso in quanto le onde del mare
potevano bagnare le ali appesantendole. Ma Icaro, una volta in volo, preso dall'ebbrezza per questa
straordinaria esperienza non tenne conto dei consigli paterni e volò così in alto che la cera si sciolse e
precipitò in mare. Dedalo, accortosi che il figlio non lo seguiva, ritornò indietro e l'unica cosa che vide
furono delle piume che galleggiavano. Recuperato il corpo del figlio, Dedalo lo portò in un'isola vicina
che chiamò Icaria, in onore di Icaro.
2. I PRIMI OGGETTI VOLANTI
I primi esempi di oggetti volanti che sono stati tramandati a noi fino ad oggi risalgono a tremila anni fa
e vengono collocati nell’odierna Cina. Essi sono l’aquilone e la lanterna volante.
L’aquilone , la cui invenzione viene fatta risalire da numerosi esperti nell’ VIII secolo a.C., divenne
popolare in Asia grazie soprattutto alla grande disponibilità dei materiali di cui era costituito (canne di
bambù e tessuto di seta). Esso venne sfruttato per i più disparati compiti: secondo fonti alquanto
certe, alcuni aquiloni vennero utilizzati per trasportare dei messaggi durante l'assedio di Nanchino del
547-549 a.C., e risulta inoltre che un aquilone venne usato per compiere delle misure di distanza già
intorno al 200 a.C..
Più recente, ma non per questa meno antica, è l’invenzione delle lanterne volanti: concettualmente
identiche alle mongolfiere, divennero popolari con la dinastia Yuan nel XII secolo nelle celebrazioni,
durante le quali eran solite attrarre grandi folle.
3. LEONARDO DA VINCI
I primi approcci scientifici riguardo il volo, invece, iniziamo a trovarli in Europa durante il
Rinascimento, soprattutto con Leonardo da Vinci. Questa sua particolare attenzione al volo nacque nei
primi del ‘500 e sfociò con il trattato, rimasto purtroppo incompleto, de “Il Codice sul volo degli uccelli”,
nel quale Leonardo raccolse numerosi dati sul volo degli uccelli e disegnò sofisticate macchine volanti.
Tra i più importanti contributi che l'artista-inventore portò allo sviluppo dell'aviazione si annoverano
l'invenzione dell'elica e del paracadute. Egli concepì inoltre tre velivoli più pesanti dell'aria:
l'ornitottero, una macchina con ali meccaniche predisposte per oscillare come quelle di un uccello; un
elicottero, progettato per innalzarsi grazie alla rotazione di un rotore posto su un asse verticale, e un
aliante, costituito da un'ala fissata a una fusoliera.
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4. LA MONGOLFIERA
Per assistere al primo vero e proprio volo umano dobbiamo attendere però il 21 novembre del 1783,
quando i francesi de Rozier e d'Arlandes coprirono in 25 minuti
una distanza di circa 9 km, a una quota variabile intorno ai 100 m
di altezza sui tetti di Parigi, a bordo della prima mongolfiera.
La prima mongolfiera era molto simile alle moderne mongolfiere
ed era un aeromobile costituito da un cesto vincolato ad un ampio
pallone sferico realizzato con tela di sacco e tre strati interni di
carta sottile, del peso complessivo di 225 Kg. Il pallone sferico
possedeva un foro in basso, chiamato gola e, montato sotto di essa
si trovava il bruciatore, cui era lasciato il compito di riscaldare
l'aria e di spingerla nel pallone stesso. Servendosi dell’aria
riscaldata, la mongolfiera riuscì ad ottenere la forza necessaria
per sollevarsi da terra e si alzò al cielo.
5. LA NASCITA DELL’AEREO
L’invenzione della mongolfiera illuminò le menti di numerosi inventori e portò da subito ad un
vertiginoso incremento dei finanziamenti per la creazione di nuovi mezzi che fossero in grado di far
volare gli esseri umani : vennero, così, poste le basi per la nascita del primo aeroplano.
I risultati non si fecero attendere e già nei primi del 1840, John Stringfellow e William Samuel
Henson realizzarono un prototipo di aeroplano, propulso da un motore a vapore e lanciato per mezzo
di un cavo elastico; la macchina non riuscì mai ad alzarsi, ma dimostrò di avere portanza, planando per
una quarantina di metri.
Poco più tardi, nel 1871 in Francia, Alphonse Penaud costruì un modello lanciato a mano e dotato di
un'elica propulsiva azionata da fasce elastiche strettamente arrotolate che volò per circa 35 m.
Ma ecco che finalmente, il 17 dicembre del 1903, l’antichissimo sogno dell’uomo di poter volare come
gli uccelli si concretizzò.
Quella memorabile mattina di dicembre, infatti, i fratelli
Wilbur e Orville Wright, a Kitty Hawk, in North Carolina,
fecero decollare da terra per la prima volta una macchina più
pesante dell'aria propulsa da un motore, viaggiando in aria ed
atterrando sotto il controllo del suo pilota.
Quel primo velivolo costruito dai fratelli Wright aveva ancora
ben poco a che fare con ciò che oggi definiamo aereo: era
infatti un biplano che doveva essere assistito con una
catapulta durante il decollo e possedeva una fragilità
intrinseca che rendeva pericoloso persino il rullaggio sulla pista, quando una folata di vento avrebbe
potuto facilmente ribaltare l'apparecchio ferendo o uccidendo il pilota.
Eppure, da quel fatidico giorno, migliaia di persone si appassionarono alla conquista dell'aria,
cominciando una folle corsa verso la sperimentazione di nuove macchine volanti mai vista prima di
allora.
Dopo le imprese dei fratelli Wright, altri pionieri iniziarono a cimentarsi in esperimenti simili.
Il primo volo ufficialmente presentato in Europa si svolse in Francia e venne compiuto dal brasiliano
Alberto Santos-Dumont, che il 12 novembre 1906 coprì con il suo velivolo ( il 14-bis )una distanza di
circa 220 m in 22,5 secondi. Era un biplano simile a un grosso aquilone a scatola, con motore ed elica
posizionati sul retro; era alloggiato in una specie di cesto sistemato appena davanti all'ala posteriore.
Nel 1911 l'aviatore statunitense Calbraith P. Rodgers completò il primo volo transcontinentale degli
Stati Uniti, a bordo di una macchina Wright: partito il 17 settembre 1911 da Sheepshead Bay, a
Brooklyn, New York, atterrò a Long Beach, in California, il 10 dicembre dello stesso anno, vale a dire
84 giorni dopo. Il tempo di volo effettivo fu comunque di 3 giorni, 10 ore e 14 minuti.
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Con il giungere della prima guerra mondiale, poi, la progettazione degli aerei e del loro apparato
propulsore conobbe rapidi e considerevoli progressi.
I biplani con motore spingente, ossia gli aerei dotati di ali sovrapposte e di un'elica collocata dietro di
esse, vennero sostituiti da biplani con elica trattiva, vale a dire con l'elica montata davanti alle ali.
Minor successo ebbero invece i monoplani. Per la prima volta, inoltre, emersero le specialità della
ricognizione, della caccia e del bombardamento, per le quali furono costruiti aeroplani dedicati.
6. LA PRIMA GUERRA MONDIALE
6.1 LE CAUSE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
La prima guerra mondiale coinvolse 28 paesi e vide contrapposte le forze dell’Intesa (Francia, Gran
Bretagna, Russia, Italia e loro alleati) e gli Imperi Centrali (Austria - Ungheria, Germania e loro alleati).
Assunse una dimensione mondiale anche dal punto di vista dei teatri degli scontri: si combatté, oltre
che in Europa, nell’Impero ottomano, nelle colonie tedesche in Asia e su tutti i mari.
Le cause dello scoppio della prima guerra mondiale vanno ricercate nel clima presente tra gli stati
europei, in particolar modo nelle tensioni tra l’Inghilterra, la Germania, la Francia e gli stati balcanici.
Infatti, nell’Europa di inizio ‘900, purtroppo, si assistette ad un nazionalismo sempre più acceso ed ad
una sempre più prorompente corsa agli armamenti, causate dall’intervento degli Stati nell’economia
per tutelare gli interessi pubblici.
Contemporaneamente, ad accrescere le crisi internazionali, vi furono l’annessione della BosniaErzegovina da parte dell’Austria - Ungheria (1908) , la questione franco-tedesca, in cui l’ Alsazia e la
Lorena venivano contese tra i due stati confinanti, e la crescente rivalità tra Inghilterra e Germania.
L’Inghilterra, infatti, da sempre leadership
mondiale, si vide sempre più direttamente
minacciata dalla rapida costruzione di
un’imponente flotta tedesca che, a breve,
sarebbe stata in grado di rubarle il dominio
internazionale.
In questa condizione di tensione
internazionale mancava solo una miccia
perché scoppiasse una guerra.
Questa miccia “esplose” il 28 giugno 1928 a
Sarajevo con l’assassinio dell’arciduca
Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al
trono austro-ungarico, per mano
dell’irriducibile indipendentista studente
serbo-bosniaco Gavrilo Princip .
Un mese più tardi, il 28 luglio del 1914, l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. Seguì una vera e propria
reazione a catena: il 30 luglio la Russia ordinò la mobilitazione generale, imitata il giorno dopo dalla
Germania e dall’Austria - Ungheria. Il 1° agosto la Russia dichiarò guerra agli Imperi centrali, il 3
agosto la Germania dichiarò a sua volta guerra alla Francia; infine, il 4 agosto, anche la Gran Bretagna
entrò in guerra a fianco della Francia e della Russia.
I duellanti iniziali erano dunque entrati nell’arena: gli Imperi centrali contro Francia, Inghilterra e
Russia.
Poche settimane dopo anche il Giappone e il Portogallo entrarono nel conflitto, schierandosi a fianco
dell’Intesa. La Turchia, invece, timorosa della Russia e legata alla Germania, decretò la chiusura degli
stretti alla navigazione commerciale e si unì agli Imperi centrali.
In Europa, i fronti principali della guerra furono due: quello occidentale,dove combatterono i tedeschi
contro i francesi,i portoghesi e gli inglesi, e quello orientale, dove si affrontarono la Germania, l’Austria
- Ungheria e la Turchia da una parte, la Russia e la Serbia dall’altra.
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Al momento dello scoppio del conflitto nessun esercito era ancora dotato di una consistente forza
aerea ed, inoltre, tra gli alti comandi era diffuso un certo scetticismo riguardo alle reali potenzialità
dell'aereo in campo bellico. L’unica ad aver già utilizzato gli aerei per scopi bellici era stata l’Italia nella
guerra in Libia nell’ottobre del 1911, dove sfruttò gli aerei per azioni di ricognizione e
bombardamento.
6.2 LA GUERRA SUI DUE FRONTI
Fu proprio sul fronte occidentale che le armi iniziarono per prime a sparare. Per evitare di essere
impiegata su due fronti, la Germania attaccò immediatamente la Francia per approfittare dei tempi
lunghi di mobilitazione dell’elefantico esercito russo. Verso la fine dello stesso anno il fronte si
stabilizzò su una linea di 800 chilometri di trincee e filo spinato, in una progressiva guerra di
logoramento.
Anche sul fronte orientale l’iniziativa dell’attacco fu presa dai tedeschi, che nei primi giorni fecero
registrare due importanti vittorie contro l’esercito russo nelle battaglie di Tannenberg e dei Laghi
Masuri; i russi ebbero invece la meglio sugli austriaci in Galizia.
Alla fine del 1916, comunque, nessuno dei due schieramenti aveva fatto segnare vittorie decisive.
Fu esattamente in questi anni che si incominciò a capire l’importanza dell’aereo, in quanto si rivelò
sempre più utile e flessibile nell’assicurare un rapido e tempestivo riconoscimento del profilo del
terreno, nonché della disposizione e dei movimenti delle truppe avversarie.
I primi utilizzi dell’aereo in guerra, infatti, furono quelli come mezzo di ricognizione, essendo
considerato un surrogato delle consimili operazioni della cavalleria .
Tuttavia, rimaneva il problema del tempo che intercorreva tra la segnalazione e l'effettiva distruzione
del bersaglio. Anche con l'introduzione della radio per la comunicazione con le postazioni di terra, il
nemico conservava sempre un certo vantaggio che gli permetteva o di spostare le truppe o di
fortificare e nascondere le installazioni fisse.
Fu così, che alcuni dei piloti ricognitori, pensarono di portare con sé delle mitragliatrici o delle bombe
da sganciare senza dover aspettare l'intervento dell'artiglieria. L’idea fu geniale, ma i risultati non
furono fruttuosi.
Si cominciò, pertanto, a progettare la costruzione di aerei agili da utilizzare per abbatterne altri
durante il volo e di aerei dalle dimensioni enormi che fossero capaci di lunghe distanze senza atterrare
e di portare alcune centinaia di chili di bombe. Nacquero, così, i caccia e i bombardieri.
Mentre i caccia, che a seguito dell’introduzione del sincronizzatore, un meccanismo che consentiva alla
mitragliatrice di bordo di sparare solo quando le pale dell’elica non erano davanti alla linea di tiro,
conquistarono l’attenzione di francesi, inglesi e tedeschi, le prime nazioni che si interessarono ai
bombardieri furono la Russia e l'Italia.
6.3 L’ITALIA
Il 9 dicembre 1914 il governo italiano, in base al Trattato della Triplice, chiese all’Austria compensi
territoriali per la sua avanzata nei Balcani, che furono però rifiutati.
Da settembre aveva intanto avviato trattative con le potenze dell’Intesa, precisando le sue richieste
territoriali, fino al Patto segreto di Londra del 26 aprile 1915, con cui l’Italia si impegnò ad aprire le
ostilità contro l’Austria entro 30 giorni dalla firma del protocollo.
Mentre tutti i governi delle potenze in lotta avevano avuto un consenso vastissimo, l’Italia si trovò
divisa tra quanti volevano schierarsi contro l’Austria e coloro che avevano appoggiato la dichiarazione
di neutralità: infatti socialisti e gran parte della borghesia ne erano contrari, mentre, i neutralisti
rappresentavano un vasto schieramento politico; ad affollare il fronte opposto, quello interventista,
invece, si trovavano i nazionalisti,i sindacalisti ed i futuristi. Quest’ultimi, seppure in minoranza in
Parlamento, erano in grado di accendere le passioni in piazza: alla fine, la monarchia e il governo di
Salandra, firmarono il 26 aprile 1915 il trattato di Londra, in cui l’Italia s’impegno a entrare in guerra .
Denunciata il 3 maggio la Triplice, la guerra all’Austria fu dichiarata il 24.
L’Austria aveva comunque già predisposto un solido schieramento difensivo sulle posizioni di confine
lungo l’Isonzo e le alture del Carso e, siccome i mezzi offensivi dell’esercito italiano erano piuttosto
scarsi, la guerra assunse sin dall’inizio il carattere di una guerra di logoramento.
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Fu con l’entrata in guerra contro l’Austria che l’Italia iniziò la
progettazione e la costruzione di quelli che sarebbero diventati i
migliori aerei bombardieri di tutta la guerra, grazie specialmente alla
serie Caproni.
I modelli Ca.30, Ca.32, Ca.40 e Ca.42 segnarono l'evoluzione di questa
tipologia di aereo fino alla realizzazione, nel 1918, del bombardiere
"definitivo", il Ca.46, il vero dominatore della sua categoria. Esso era un
possente biplano trimotore da 150 km/h con un armamento difensivo
composto di due mitragliatrici rotabili e da uno offensivo di oltre 500
kg di bombe.
6.4 L’ATTACCO ALL’INGHILTERRA
Nel 1916, lo stato maggiore tedesco decise di lanciare una vasta offensiva aerea su Londra e sulle città
limitrofe.
Essi, per bombardare le città inglesi, si avvalsero di macchine volanti adatte per il bombardamento a
lungo raggio, gli affidabili dirigibili della nota fabbrica Zeppelin.
La loro caratteristica silenziosità con cui si muovevano,
sembrava fatta apposta per il bombardamento. Esistevano due
tipi di dirigibili tedeschi: quelli della marina e quelli dell'esercito.
Essi differivano tra loro per il tipo di materiali usati per la
costruzione: quelle dell'esercito erano in legno, mentre quelli
della marina in alluminio, quindi più leggeri e di conseguenza
leggermente più veloci e con un raggio d'azione maggiore.
I primi raid notturni sulla capitale inglese, eseguiti nell'estate del
1916, furono un pieno successo.
Il terrore provocato dal bombardamento aereo compensava la
scarsa precisione delle bombe che sganciate da grande altezza difficilmente si avvicinavano al
bersaglio prestabilito. In aggiunta, l'impunità di questi attacchi fu pressoché totale.
I formidabili successi avuti in quel periodo spinsero i tedeschi a una maggiore audacia. Nel settembre
del 1916, insieme alle Aeronavi della Marina, furono inviate anche quelle dell'esercito che il giorno 2 di
quel mese dettero origine al più numeroso raid sull'Inghilterra.
Gli inglesi però avevano lavorato a lungo per contrastare le offensive e avevano inventato un'arma
combinata davvero potente. Essa era costituita da un mix di due tipi di pallottole: le "Pomeroy-Brock",
esplosive, che servivano per forare il rivestimento dei dirigibili, e le "Buckingham" al fosforo che
incendiavano l'idrogeno.
L'enorme sottovalutazione dei progressi fatti dagli inglesi costò molto cara ai tedeschi e numerosi
aeronavi furono abbattute: l'uso militare dei dirigibili aveva finito i suoi giorni.
6.5 IL RITIRO DELLA RUSSIA DALLA GUERRA
Nonostante agli inizi del conflitto fosse entrata con un significativo numero di aeromobili, anche
all’avanguardia, come il bombardiere quadrimotore Sikorsky Ilya Muromets, la sua infrastruttura
manutentiva troppo arretrata, accompagnata da un insufficiente logistica, non ne garantì l’operatività
e, a tre anni dall’entrata in guerra, la Russia e le sue industrie iniziarono un rapido tracollo.
Le tensioni all’interno del regime zarista assunsero un carattere dirompente quando, il 13 febbraio del
1917, scoppiò una rivolta di operai e soldati, che costrinsero la zar Nicola II ad abdicare in favore di
Kerenskij.
Nelle fabbriche, nelle campagne e nell’esercito intanto si erano affermati i soviet che, guidati da Lenin,
lanciarono un programma rivoluzionario molto semplice e realistico: pace, la terra a chi lavora, pane e
lavoro agli operai.
Quando Kerenskij decise per continuare la guerra, i bolscevichi presero il potere e furono subito
avviate le trattative di pace con gli Imperi centrali, conclusesi con il trattato di Brest-Litovsk il 3 marzo
1918.
Nel trattato la Russia dovette rinunciare alle province baltiche e alla Polonia. L’8 febbraio anche
l’Ucraina concluse la pace, e il 7 maggio la Romania.
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6.6 L’INTERVENTO DEGLI STATI UNITI
A controbilanciare la defezione russa, il 1°aprile 1917, fu l’intervento degli USA, a fianco dell’Intesa.
All’inizio della guerra, la maggioranza dell’opinione pubblica americana era isolazionista, ma la causa
dell’intervento finì col prevalere per vari motivi. Decisivo fu quello legato alla necessità di difendere i
grandi interessi economici che la guerra aveva creato fra gli Stati Uniti e l’Intesa: infatti, gli USA, erano
diventati per l’Intesa i principali fornitori di merce di ogni genere e di risorse finanziare.
La guerra sottomarina a oltranza decisa dai tedeschi, però, rischiava di interrompere il fruttuoso
commercio che si svolgeva attraverso l’Atlantico, e avrebbe messo a repentaglio il rimborso dei debiti
contratti dai paesi dell’Intesa.
Gli Stati Uniti allora, anche se militarmente piuttosto arretrati e con un apparato aereo e logistico pari
praticamente a zero, con la notevole eccezione della fondazione del NACA (“National Advisory
Committee for Aeronautics” ) decisero, nell’aprile del 1917, di entrare in guerra.
Anche se l’aviazione e la marina statunitense si limitarono principalmente a fornire supporto tattico
alle forze di terra anglo-francesi, l’entrata degli USA in guerra cambiò le sorti del conflitto.
6.7 LA FINE DELLA GUERRA
L’Italia verso la fine del 1917 ottenne una gravissima sconfitta a Caporetto: gli austriaci dilagarono per
150 chilometri in un’offensiva sul fiume Piave. L’industria, allora, iniziò a lavorare a ritmo serrato per
colmare i vuoti delle perdite subite e, con la successione di Armando Diaz al generale Cadorna, le
truppe italiane iniziarono a dare segni di ripresa fino a quando, un anno dopo la sconfitta di Caporetto,
con l’offensiva finale, gli italiani conclusero vittoriosamente a Vittorio Veneto.
Negli stessi giorni , la guerra stava finendo anche sugli altri fronti.
Su quello occidentale, i combattimenti si erano fatti particolarmente intensi: le truppe anglo-francesi
respinsero gli attacchi e scatenarono una controffensiva, costringendo i tedeschi a ritirarsi dal Belgio e
dalla Francia. A peggiorare le situazioni della Germania e dell’ Austria - Ungheria, vi furono le
sollevazioni popolari, che schiantarono dall’interno il vecchio Impero.
Dopo il crollo della Bulgaria, dell’Impero Ottomano e dell’Austria - Ungheria (che si smembrò in
diverse repubbliche), l’11 novembre 1918 anche la Germania firmò l’armistizio.
L'ultimo anno di guerra fu caratterizzato dalla costruzione dei più avanzati aerei da caccia sia degli
Imperi Centrali sia degli stati dell’Intesa.
Modelli come i tedeschi Fokker D. VII e D. VIII, Siemens-Schuckert D.III, Roland D.6b o gli angloamericani Sopwith 7F1 Snipe e Packard Le Père-Lusac 11 possedevano già tutte le caratteristiche degli
aerei del primo dopo guerra.
La sempre maggiore potenza sprigionata dai motori aveva comportato anche una modifica nei
materiali di costruzione. L'originaria struttura in legno e tela fu velocemente sostituita da rivestimenti
in compensato e da monoscocche in legno prefabbricate e pronte all'uso.
Per tutto il periodo finale del conflitto, i tedeschi mantennero un vantaggio moderato sotto il punto di
vista della tecnologia, ma il numero di aerei era nettamente a favore degli Alleati (oltre 10.000 velivoli
contro circa 2.300).
La produzione di aerei generici era addirittura sei o sette volte maggiore in Gran Bretagna rispetto alla
Germania, ma fino alle offensive della tarda estate del 1918,
che portarono alla sconfitta finale delle truppe germaniche,
le sorti delle guerra rimasero in equilibrio anche per
l'abilità dei piloti dell'aviazione del Kaiser.
Tra questi piloti è bene ricordare Manfred von Richthofen,
conosciuto come Barone Rosso, che nonostante il gran
numero di vittime che egli causò ( 80), la sua lealtà di
gentiluomo della nobiltà tedesca gli fece guadagnare un
grande rispetto presso il nemico.
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6.8 LA GUERRA IN CIFRE
In quattro anni di guerra caddero più di 8 milioni di soldati che salirono ulteriormente negli anni
successivi in seguito alle ferite riportate. Intorno ai 7 milioni furono invece i dispersi e i prigionieri e
ben il 57% della forza mobilitata perse la vita. Per l’estrazione sociale delle vittime, una statistica
particolarmente triste, quella degli orfani, vedeva al primo posto, con il 64%, le famiglie contadine,
seguite da quelle degli operai “non agricoli” con il 30% .
In conclusione, a vincere la guerra, più che gli uomini, furono i materiali e le industrie meccaniche, le
quali conobbero un periodo di crescita esponenziale.
7. LE CORRENTI LETTERARIE DELLA GUERRA
La guerra e la nascita dell’aviazione di inizi ‘900 furono fonte di ispirazione per diverse correnti
letterarie, come i war poets, in Inghilterra e le Avanguardie, in particolar modo i futuristi, in Italia e in
Russia.
7.1. I FUTURISTI
All’inizio del XX secolo, in Europa, si formarono dei gruppi definiti “Avanguardie artistiche” , come i
dadaisti, gli espressionisti, i surrealisti, i futuristi …
Il termine “Avanguardia”è preso dal linguaggio militare e significa “il reparto che precede il grosso della
truppa” e, quindi, il reparto che va in avanscoperta, che va incontro al pericolo …
Gli artisti lo utilizzavano per sottolineare come essi fossero più avanti rispetto agli altri loro
contemporanei: infatti essi percorsero strade inesplorate, utilizzarono linguaggi, tecniche, temi diversi
da quelli del passato, che nessuno ha mai osato sperimentare.
Mentre numerose correnti letterarie nacquero in Francia ( o in Germania), come i dadaisti, i surrealisti
e gli espressionisti, il movimento dei futuristi fu l’unico movimento italiano nei primi del ‘900.
La sua data di nascita è unitamente considerata con la pubblicazione sul quotidiano parigino “Le
Figaro”, il 20 febbraio 1909, del “Manifesto del futurismo” a opera del poeta italo-francese Filippo
Tommaso Marinetti.
I futuristi, consapevoli di vivere in un mondo nuovo, dominato
dal progresso, dalla tecnologia, dalle macchine, cercarono
forme d’espressione completamente nuove, legate alla
sensibilità dell’uomo moderno, rompendo polemicamente con
il passato e la tradizione. I pilastri del loro movimento furono:
la lotta contro il passato , un rinnovamento totale dell’arte e
della società, l’amore per il pericolo, il coraggio, la guerra e
l’esaltazione per la dinamica vita moderna e per la velocità,
espressione della società industriale.
I manifesti dei futuristi attiravano subito l’attenzione e
venivano scritti con un linguaggio breve, chiaro,immediato e
talvolta provocatorio.
Secondo i futuristi era inoltre necessario, allo scopo di rendere
il testo più dinamico, diretto, immediato, usare il verbo all’infinito, abolire l’aggettivo, l’avverbio, la
punteggiatura e utilizzare tutte le onomatopee, anche le più cacofoniche (cioè che hanno un suono non
armonioso) che riproducono gli innumerevoli rumori della materia in movimento.
Il mito della velocità fu presente fin dal primo manifesto futurista del 1909, in cui Marinetti scrisse:
“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della
velocità”. Tutti gli artisti futuristi si legarono al tema della velocità nelle loro produzioni, convinti che i
nuovi mezzi di trasporto abbiano trasformato non solo il loro modo di vivere, ma anche la loro
sensibilità.
Col finire della prima guerra mondiale, il movimento visse una nuova stagione, detta “secondo
futurismo”, in cui l'invenzione più originale fu quella dell'aeropittura, nella quale si cantava
l'entusiasmo per il volo, per il dinamismo e per le velocità aeree, che sfociò nella raffigurazione di
dinamiche vedute di città dall'alto, con vertiginose prospettive aeree.
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7.2. THE WAR POETS
The war poets is a group of writers that wrote about the First World War and, some of them, from firsthand experience. The most famous war poets are Siegfried Sassoon, Rupert Brooke and Wilfred Owen.
Their poetry marks a decisive change from an era of confidence and optimism to a time of doubt and
bewilderment. For the first time these writers began to move away from the traditional representation
of war, one of glory and patriotism based on propaganda, and speak about the brutality and tragedy of
conflict.
Their poetry focused on revealing the brutality and tragedy of war, completely different from the
images attitudes “sold” by the propaganda back home, as depicted in the posters of Let’s get started.
Only Rupert Brooke expresses the old, traditional, patriotic view of war in his poetry, probably
because he was the only war poet who did not actually take part in any fighting.
Rupert Brooke
Rupert Brooke is the symbol of the romantic soldier-poet. He thought that the war was an occasion of
spiritual revival, an heroic enterprise which brings glory to the soldier who dies on the battlefield.
In his most famous poem “The Soldier”, the strong feeling of nationalism is evident in the identification
of the soldier with England.
In “The Soldier” (1914), the rhythm of the sonnets, are smooth and flowing and the tones are idyllic and
blissful. All these stylistic features reinforce the poet’s idealized vision of death in war.
Wilfred Owen
Wilfred Owen is usually recognized as the greatest of the war poets. Under the influence of the
romantics and, in particular Keats, his poetry is ironic and bitter.
He strongly opposed war and the political propaganda in “Dulce et Decorum Est”(1918).
In Owen’ s poetry there is no honour or glory but what he called “the pity of war”.
He was able to produce work which was evocative, passionate and, above all, personal. His poetry is
full of irony and distrust for the traditions of establishments which lead men to believe that there is
glory in war. His was a modern vision of warfare, one which would become more and more powerful
as the tragedies of the trenches permeated post-war Britain.
Siegfried Sassoon
Siegfried Sassoon first entered the war because he thought he was fighting for a just cause; he
accepted the idea it was a war of defence and liberation.
Later on he realized that the war was being manipulated by for political ends and economical reasons;
it had become a war of aggression and conquest.
He expressed his great compassion for the soldier and the widespread antimilitaristic atmosphere in
“They” and in “Memorial Tablet” (1919), where it is represented the ironic reply to the patriotism
presented in Brooke. The question which ends “Memorial Tablet” is created to denounce the frivolity
of the war and to underline that the soldiers who died during the war aren’t considered heroes but
passive beings without subjectivity.
8. L’AVIAZIONE NEL DOPOGUERRA
Tra gli anni venti e trenta l’aviazione conobbe una vera e propria "età dell'oro", che non risentì quasi
per nulla degli effetti della grande depressione.
Molti degli aerei militari rimasti inutilizzati alla fine del conflitto vennero acquistati e usati da ex piloti
militari, che li utilizzarono per diverse attività, quali il trasporto di
passeggeri, l'aerofotografia, la pubblicità, l'addestramento al volo, le
gare e le esibizioni acrobatiche.
Aerei in disuso vennero impiegati anche dal francese Bossoutrot, che
nel 1919 organizzò il primo servizio regolare passeggeri tra Parigi e
Londra.
La via dei voli transoceanici fu aperta con la traversata dell'NC-4, un
grande idrovolante che volò da Rockaway Beach, Long Island, presso
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New York, fino a Plymouth, in Inghilterra, con scali intermedi a Terranova, sulle isole Azzorre e a
Lisbona, in Portogallo; la traversata durò dall'8 al 31 maggio 1919.
Numerosi furono i voli degni di nota effettuati nel primo dopoguerra.
La prima traversata transatlantica senza scalo venne effettuata dagli aviatori britannici John William
Alcock e Arthur Whitten Brown, che nelle giornate del 14 e del 15 giugno 1919, in poco più di 16 ore,
volarono da St John, sull'isola di Terranova, fino a Clifden, in Irlanda.
La prima circumnavigazione completa del globo fu effettuata dal 6 aprile al 28 settembre 1924;
partirono da Seattle, sulla costa occidentale degli Stati Uniti, quattro “Douglas Cruiser “ dotati di motori
Liberty, ciascuno con un equipaggio di due uomini, di cui due soltanto ritornarono al punto di
partenza: un aereo andò perduto in Alaska e un altro nel Mare del Nord, ma non vi furono vittime.
Tra il 30 giugno e il 1° ottobre 1926, Alan Cobham effettuò un volo da Londra a Sidney e ritorno, via
Melbourne e Adelaide, coprendo una distanza di 42.960 km.
La prima trasvolata atlantica in solitaria fu compiuta dall'aviatore statunitense Charles Lindbergh sulla
tratta New York - Parigi, ossia su una distanza di 5.810 km coperta in 33 ore e mezzo tra il 20 e il 21
maggio 1927 a bordo del “Ryan NYP” .
Tra il 31 maggio e il 9 giugno 1928 i piloti australiani Charles Smith e Charles Ulm e gli statunitensi
Harry W. Lyon e James Warner attraversarono l'oceano Pacifico da Oakland, in California, a Sydney, in
Australia, coprendo una distanza di 11.910 km, con scali presso le isole Hawaii, le isole Figi e presso
Brisbane, in Australia.
Negli anni Trenta anche gli aviatori italiani effettuarono le prime crociere transatlantiche di massa.
Il 17 dicembre 1930 una formazione di quattordici idrovolanti, sotto il comando di Italo Balbo, decollò
da Orbetello alla volta di Rio de Janeiro, dove ammarò il 15 gennaio 1931 dopo aver percorso 10.350
km, in sette tappe, per un totale di 61 ore e 30 minuti di volo effettivo.
Una nuova impresa fu compiuta nel 1933 da una formazione di ventiquattro idrovolanti, composta da
cento aviatori agli ordini dello stesso Balbo, i quali effettuarono la trasvolata dell'oceano Atlantico
settentrionale, partendo da Orbetello il 1° luglio, ammarando a Chicago il 15, per poi giungere a New
York fra l'entusiasmo della folla e di lì ripartire alla volta di Ostia, dove arrivarono il 12 agosto.
Tra il 1930 e il 1939 il trasporto aereo commerciale conobbe una notevole espansione, in particolare
modo negli Stati Uniti.
Con l'approssimarsi della seconda guerra mondiale, infatti, i paesi europei dedicarono gran parte delle
risorse disponibili allo sviluppo di aerei da combattimento, permettendo così agli Stati Uniti di
conquistare una posizione di predominio nel campo dell'aviazione commerciale.
Lo sviluppo dell'industria aeronautica statunitense pose inoltre le basi per la creazione della flotta
militare da trasporto che ebbe un ruolo decisivo nella vittoria degli alleati.
Nel 1939, la compagnia di navigazione aerea più importante era la Pan American Airways che, con le
sue consociate e affiliate, operava in 47 paesi su oltre 132.000 km di tratte, collegando tutti i
continenti.
9. LA SECONDA GUERRA MONDIALE, LA GUERRA DALL’AVIAZIONE E DEL
RADAR
9.1 LE CAUSE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
La seconda guerra mondiale coinvolse quasi tutti i paesi del mondo e vide contrapposte le forze
dell’Asse (Germania, Italia e Giappone) e gli Alleati (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti d’America e
Unione Sovietica).
Due dati segnarono per molti aspetti un salto di qualità rispetto alla Prima guerra mondiale. Il primo fu
il coinvolgimento della popolazione civile nel conflitto attraverso i bombardamenti aerei delle città, i
rapidi spostamenti dei fronti, l'occupazione militare, la guerra partigiana. Il secondo fu il netto
carattere ideologico che la guerra venne ad assumere. Essa, infatti, divenne assai presto una lotta
all'ultimo sangue tra due mondi radicalmente contrapposti: quello delle potenze nazifasciste e del
Giappone, decise a instaurare un nuovo ordine mondiale fondato sui principi della forza, della
gerarchia e della razza, e quello delle potenze alleate, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l'Unione
Sovietica.
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Le cause del conflitto risalgono al dopoguerra e sono, principalmente, due : la prima riguarda il
trattato di Versailles, in cui venne severamente punita la Germania, e le rivendicazione di Italia e
Giappone non vennero ascoltate, portando così ad un malcontento sempre maggiore e ad una tensione
tra gli stati sempre più marcata; la seconda riguarda, invece, la crisi economica causata dalla caduta
della borsa di Wall Street nel 1929 la quale, provocando l’intervento diretto degli stati nell’economia
per fronteggiare le chiusura dei mercati internazionali e la disoccupazione di massa, causò massicci
investimenti nel campo degli armamenti .
Inoltre, in seguito alla conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia, a cui la Germania diede un forte aiuto, i
rapporti tra Italia e Germania si rafforzarono ulteriormente con l’accordo sull’annessione tedesca
dell’Austria (11 luglio 1936)e con la nascita dell’Asse Roma - Berlino.
Da allora, la scena politica internazionale fu dominata dalle manifestazioni violente della volontà di
potenza germanica.
Nel marzo 1938 si ebbe l’annessione tedesca dell’Austria.
L’accordo di Monaco del settembre 1938, che autorizzò la Germania a occupare i Sudeti, salvò
provvisoriamente la pace. Ma la Francia e la Gran Bretagna, seguendo la politica dell’appeasement,
avevano completamente sottovalutato le determinazione hitleriana a impegnarsi in una guerra totale.
L’accordo fu infatti subito violato dai nazisti e, cinque mesi dopo l’occupazione dei Sudeti, entrarono a
Praga: Hitler capì che poteva osare, perché le democrazie erano restie a un impegno diretto per
fermarlo.
Il 23 agosto 1939 i ministri degli esteri della Germania nazista e dell’URSS Ribbentrop e Molotov,
firmarono un patto di non aggressione: certo, rimanevano nemici mortali sul piano ideologico, ma con
l’accordo avevano entrambi ottenuto tempo per rimandare la resa dei conti.
Il 1° settembre la Germania invase la Polonia e, di conseguenza, il 3 settembre Gran Bretagna e Francia
dichiararono guerra alla Germania.
Da quando iniziò la guerra si ebbe un rapido susseguirsi di vittorie tedesche: vennero invase la
Danimarca, la Norvegia, il Belgio, l’Olanda, il Lussemburgo e la Francia, che in giugno fu
completamente sconfitta e in gran parte occupata. Nelle regioni non occupate dai Tedeschi fu
instaurato il governo collaborazionista del maresciallo P. Pétain.
Queste fulminee conquiste vanno principalmente
attribuite alla Luftwaffe, l'aviazione hitleriana che,
nonostante le limitazioni al riarmo tedesco imposte dagli
Alleati dopo la fine della prima guerra mondiale, era
andata ricostituendosi poco a poco nel corso degli anni
venti e trenta.
Essa contava 4 021 aerei operativi, tra cui 1 191
bombardieri (Dornier Do 17, Heinkel He 111 ), 361
cacciabombardieri a tuffo (Junkers Ju 87), 788 caccia
(Messerschmitt Bf 109), 431 caccia pesanti
(Messerschmitt Bf 110) e 488 velivoli da trasporto
(prevalentemente Junkers Ju 52).
Il personale era di circa due milioni di uomini, molti dei quali già ben preparati in quanto,
precedentemente, avevano già partecipato ad una guerra, a quella civile spagnola.
Durante questa guerra, i tedeschi fecero varie sperimentazioni in vista della seconda guerra mondiale
e, con l’utilizzo di nuovi aerei e di nuove strategie, come quella del bombardamento in picchiata,
uccisero migliaia di civili e rasero al suolo diversi paesi, come la cittadina basca di Guernica (divenuta
famosa grazie al pittore Picasso), in cui 2.000 persone persero la vita per via dei raid aerei della
Luftwaffe.
La Germania, anche a seguito dei test compiuti in Spagna, adottò
la "guerra lampo", detta anche Blitz, in cui, con l’uso di divisioni
meccanizzate appoggiate dall'aviazione, in particolare dagli
aerei concepiti per l'attacco al suolo, e con l'ausilio di divisioni di
paracadutisti e di fanteria aerotrasportata, attaccava in forza il
nemico.
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Nel frattempo, il 10 giugno 1940, quando la Francia stava ormai per crollare, era entrata in guerra
anche l'Italia di Mussolini. Nei mesi successivi essa condusse una guerra parallela contro i Britannici in
Africa e in Grecia. Ma in entrambi i casi, per via della sua arretratezza militare, anche aerea (in Italia
l’aviazione militare si chiamava Regia Aeronautica), andò incontro al fallimento, fino a quando non
intervenne direttamente la Germania, a cui Mussolini finì per subordinarsi del tutto.
9.2 LA BATTAGLIA DI INGHILTERRA
All'inizio dell'estate del 1940, la Germania nazista aveva praticamente completato la conquista
dell'Europa continentale; i piani di Hitler prevedevano di avviare l'operazione “Leone marino“
(l'invasione delle isole britanniche) prima dell'inizio dell'inverno, oppure di costringere al più presto il
Regno Unito alla resa; in entrambi i casi per i tedeschi era necessario distruggere la RAF( Royal Air
Force, l'aeronautica militare del Regno Unito) entro l'estate.
Hitler decise di attaccarla con l’aviazione: il 10 luglio 1940 iniziò a bombardare sulle città inglesi con i
Messerschmitt Bf 109 ; gli inglesi contrastarono i caccia per mezzo degli agili Supermarine Spitfire,
mentre l'intercettazione dei bombardieri venne in genere affidata ai meno manovrieri Hawker
Hurricane.
Le città più colpite dai bombardamenti furono le industrializzate Londra, Liverpool, Birmingham e
Coventry, la quale venne rasa al suolo per il 90%.
Ma, spronata dal premier Winston Churchill, la Gran Bretagna riuscì a resistere e, nel novembre del
1940, dopo che i tedeschi ebbero perso ben 1733 aerei, Hitler dovette sospendere le operazioni.
A dare man forte agli inglesi fu il radar che, sfruttando le onde radio e le microonde, permise ai soldati
britannici di intercettare l’arrivo dei velivoli ancor prima di avvistarli.
9.2.1 IL RADAR
Il radar è un dispositivo elettronico che, sfruttando la riflessione delle onde radio che colpiscono un
oggetto, è in grado di misurare la distanza, la forma e la velocità di un oggetto. Esso è costituito da un
trasmettitore, un ricevitore ed un elaboratore.
Il trasmettitore emette impulsi di onde radio e li concentra nella direzione scelta tramite una antenna.
La stessa antenna si trasforma in ricevitore e capta le onde eventualmente riflesse da qualche oggetto.
Un computer elabora successivamente i dati ottenuti.
Il termine radar, usato per la prima volta dagli Alleati durante la seconda guerra mondiale, deriva
dall'espressione inglese “Radio Detection And Ranging”, che significa “rilevazione e localizzazione
mediante le onde radio”.
Le onde radio sono delle onde elettromagnetiche, ovvero configurazioni di campi elettrici e magnetici
correlati tra loro nello spazio che, propagandosi alla velocità della luce, variano sinusoidalmente nel
tempo e nello spazio. Esse, situate nell’intervallo di frequenze che va più o meno da 10(6) Hz a 10(9)
Hz, hanno la frequenza più bassa e, solitamente, sono prodotte da correnti alternate in antenne
metalliche. Hanno, inoltre, una lunghezza d’onda che va dai 300 ai 3 metri: questa loro proprietà non
gli permette di aggirare gli ostacoli ma, al contrario, possono essere utilizzate nelle trasmissioni a
lungo raggio.
Il funzionamento del radar si basa sulle leggi della riflessione della radiazione elettromagnetica,
ovvero sulle equazioni che regolano il comportamento delle onde, enunciate nel 1864 da James Clerk
Maxwell e confermate nel 1886 dagli esperimenti di Heinrich Hertz.
Fu l'ingegnere tedesco Christian Hülsmeyer il primo a proporre l'uso degli echi radio per evitare
collisioni nella navigazione marittima, mettendo a punto un radiolocalizzatore che brevettò nel 1904;
in seguito, un dispositivo basato sul principio della localizzazione a mezzo di onde corte venne
suggerito da Guglielmo Marconi nel 1922.
Il primo esperimento riuscito di radiorilevamento a distanza venne effettuato due anni dopo, nel 1924,
quando Edward Appleton usò echi radio per determinare l'altitudine della ionosfera, lo strato
ionizzato dell'alta atmosfera che riflette le radioonde più lunghe.
Passarono una decina d’anni perché il primo vero e proprio sistema radar venisse realizzato. Esso
venne costruito nel 1935 dal fisico britannico Robert Watson-Watt, del dipartimento radio del
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“National physical laboratory”, al quale era stato dato l’incarico di mettere a punto un sistema di
localizzazione degli aerei nemici.
Il sistema, basato su impulsi radio, venne subito adottato e fu il primo sistema di difesa antiaerea
britannico.
Nel 1939, però, i fisici Henry Boot e John Randall, furono artefici del più importante progresso
raggiunto nella tecnologia del radar durante la seconda guerra mondiale, con l'invenzione del tubo
elettronico detto "magnetron a cavità risonante".
Il dispositivo, capace di generare potentissimi impulsi radio ad alta frequenza, permise lo sviluppo del
radar a microonde, che operava con onde di lunghezza d'onda comprese tra i 300 mm e gli 0,3 mm ed
una frequenza compresa tra 10(9) Hz e 10(12) Hz, prodotte da strumenti laser.
Il radar a microonde, chiamato anche "lidar" (“Light Detection And Ranging”, ovvero rivelazione e
misurazione di distanza per mezzo di luce), è tutt’oggi utilizzato per le comunicazioni e per la
misurazione dell'inquinamento atmosferico.
9.3 ATTACCO ALL’URSS
Nel giugno del 1941 Hitler pose fine all'alleanza tra la Germania e l'Unione Sovietica e attaccò
quest'ultima con la speranza di liquidare l'avversario con una guerra lampo.
Il piano d’attacco, chiamato “Operazione Barbarossa”, fu quello di totale annientamento ideato da
Hitler.
La strategia dell’Armata rossa, cui si dovette la salvezza dell’URSS, fu di impegnare il nemico quanto
più a lungo possibile salvo, al momento critico, sottrarsi al
combattimento facendosi scudo dello spazio: furono interposte distanze
anche di 250 km, in modo da esaurire le formazioni motocorazzate, che
giungevano alla fine della tappa prive di carburante; inoltre, poiché città
e campagne venivano distrutte secondo la tattica della ‘terra bruciata’, i
complessi corazzati tedeschi rimanevano fermi in attesa dei rifornimenti.
Inoltre gran parte dell'industria aeronautica sovietica, con impianti e
operai compresi, venne ordinatamente trasferita a est, oltre gli Urali, per
sottrarsi ai bombardamenti tedeschi: la produzione di aerei dell'URSS
(VVS) raddoppiò.
La VVS riuscì quindi a munirsi di nuovi caccia come gli Yakovlev Yak-9 e i
Lavochkin La-5 e, grazie al programma interalleato “Lend-Lease“,
l’apparato aereo crebbe ulteriormente, con l’arrivo di velivoli occidentali,
come i Bell P-39 Airacobra e i North American B-25 Mitchell statunitensi
e gli Hurricane e gli Spitfire britannici . Tutto ciò contribuì ad assicurare
ai sovietici la possibilità non solo di superare i tedeschi a livello
quantitativo, ma anche di affrontarli ad armi pari a livello qualitativo nonostante l'arrivo in prima
linea, sul fronte opposto, dei nuovi Focke-Wulf Fw 190.
I tedeschi iniziarono a rallentare i loro progressi nel territorio russo e, anche per il ritardo imposto
all’avanzata dai complessi difensivi della linea Stalin, solo il 10 novembre 1941 le forze tedesche
riuscirono ad affrontare il sistema difensivo di Mosca ma, il 6 dicembre, dopo giorni di combattimenti
sostenuti nelle più avverse condizioni di clima e di terreno, i tedeschi iniziarono a cedere
I sovietici, allora, si lanciarono nella prima di una serie di controffensive che sarebbero terminate
qualche anno dopo con la vittoria a Berlino.
9.4 L’ENTRATA DEGLI USA IN GUERRA
Fino al dicembre nel 1941 per gli USA la guerra altro non era che un impegno prevalentemente
economico, concretizzatosi in aiuti finanziari e rifornimenti di armi e materie prime.
Il 1° dicembre 1941 però, il governo giapponese decise segretamente l’attacco agli USA e, il 7
dicembre, 183 tra aerosiluranti e bombardieri ( tra cui i Nakajima B5N da aerosiluramento e Aichi D3A
da bombardamento a tuffo supportati da Mitsubishi A6M da caccia) piombarono di sorpresa sulla
flotta americana del Pacifico, ancorata nella baia di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii: tutte le 88 navi
alla fonda furono colpite, 230 aerei distrutti, con oltre 4000 morti.
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Dopo Pearl Harbor, con la distruzione di oltre un terzo dei seicento aerei dislocati nelle basi
americane, i giapponesi presero il sopravvento e, grazie anche al modernissimo Mitsubishi "Zero Sen" ,
per almeno otto mesi, ebbero l'incontrastato dominio sui pochi obsoleti caccia rimasti, come il Boeing
P 26 , il Curtiss P 40 "Tomahawk" e il Bell P 39 "Airacobra".
Ma la grande industria aeronautica degli Stati Uniti si mise in moto e iniziò la progettazione dei nuovi
caccia che diventarono i migliori della Seconda Guerra Mondiale. La produzione sfiorò i 300.000
velivoli di cui 45.000 caccia. Con la famosa legge “Lend-Lease” (“Affitti e prestiti”) che il Congresso
approvò, moltissimi nuovi aerei da caccia, furono consegnati alle nazioni alleate Inghilterra e Russia. Si
verificò quindi un processo produttivo di proporzioni gigantesche e sia l'U.S.A.A.F., l’aviazione che
faceva capo all’esercito, che l'U.S. Navy, l’aviazione marina, ebbero a disposizione nuove
numerosissime fabbriche con catene di montaggio standardizzate e con centri di ricerche e di
modifiche per la risoluzione di qualsiasi tipo di esigenza.
Nomi leggendari di macchine prodotte in quel periodo sono: Grummann F4F "Wildcat", F6F "Hellcat",
Lockheed P 38 "Lightning", Republic P 47 "Thunderbolt", North American P 51 "Mustang" e Chance
Vought F4U "Corsair".
La caccia statunitense si divise in due grandi teatri operativi: quello dell'Europa e quello del Pacifico.
In quest’ultimo, furono compiuti i più grandi sacrifici dai piloti americani. Tuttavia, i nipponici,
combatterono con incredibile accanimento e fanatismo e riuscirono persino a colmare, certe volte, la
superiorità tecnica americana. : basti ricordare i "kamikazi" (“Vento divino”), piloti che accettarono
volontariamente di lanciarsi contro le navi nemiche con il loro aereo in attacchi suicidi e che,
nell'ultimo periodo del conflitto, misero in serie difficoltà la flotta degli USA.
Nel teatro europeo, invece, la caccia americana operò a fianco della Royal Air Force. Lo scontro con i
tedeschi fu altrettanto difficile, dato che questi ultimi erano più preparati dei piloti giapponesi e
disponevano di aerei tecnicamente eccellenti.
9.5 LA SVOLTA
Tra il 1942 e il 1943, tuttavia, le sorti della guerra iniziarono a mutare.
In questa svolta ebbero un ruolo decisivo e, nello stesso tempo, un ruolo altamente simbolico, la
battaglia di Stalingrado, la sconfitta navale dei giapponesi nelle Midway e le pesanti sconfitte di Italia e
Germania nell’Africa settentrionale.
Con esse, infatti, ebbe inizio la controffensiva dei Sovietici e degli angolo- americani (Alleati).
Lo sbarco degli anglo- americani in Sicilia nel luglio del 1943 portò alla caduta del fascismo in Italia e,
proclamato l'armistizio dal generale Badoglio in settembre, nel paese si creò una difficile situazione:
l'esercito si disgregò e il governo si trasferì nel sud, mentre i tedeschi occuparono le regioni centrosettentrionali, dove nacque la Repubblica Sociale Italiana.
Alla fine dello stesso anno Churchill, Roosevelt e Stalin decisero di aprire un secondo fronte in Europa.
Di qui lo sbarco in Normandia nella notte tra il 5 e il 6 giugno 1944.
La potenza dispiegata dagli USA nelle operazioni di sbarco fu impressionante: al comando del generale
statunitense Eisenhower furono impiegati tre milioni di uomini, 1200 navi da guerra , 6500 mezzi
anfibi e 13 mila aerei, tra cui 2 467 quadrimotori e 1 645 bimotori da bombardamento, 5 409 tra
caccia e cacciabombardieri, 2 355 aerei da trasporto e 867 alianti, contro i 1100 aerei della III
Luftflotte, la principale unità aerea tedesca del nord della Francia.
I tedeschi dovettero ritirarsi velocemente dalla Francia e, il 7 marzo del 1945, gli Alleati superarono il
Reno. Una volta entrati nel territorio tedesco i raid di bombardamento alleati sulle città si
intensificarono a livelli senza precedenti e le industrie dell’Asse persero rapidamente la loro capacità
di continuare a far fronte alle perdite subite.
A fine marzo la Luftwaffe compì le sue ultime sortite di difesa contro i bombardieri anglo-americani,
facendo volare i rivoluzionari aeroplani a reazione, come il Messerschmitt Me 163, e lanciando i missili
telecomandati V1 e V2 ma, anche se si trattava di macchine estremamente valide dal punto di vista
bellico, furono troppo tardive per influire sulle sorti del conflitto.
Contemporaneamente, sul fronte orientale, anche l’URSS fece registrare una catena ininterrotta di
vittorie, liberando l’Ucraina, i Balcani e l’Ungheria. In aprile l’Armata rossa sferrò la sua offensiva dalla
Polonia, puntando direttamente su Berlino. Il 30 aprile, nella capitale ormai invasa dai sovietici, Hitler
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si suicidò nel bunker che si era fatto costruire nei sotterranei della Cancelleria. Il 7 maggio del 1945,
12 giorni dopo la liberazione dell’Italia, anche la Germania si arrese.
9.6 LA BOMBA ATOMICA
Sul fronte del Pacifico, la conquista statunitense delle isole Marianne e, poi, di Iwo Jima mise a
disposizione dell'USAAF le basi avanzate di cui essa necessitava per iniziare una nuova offensiva
strategica sulle città giapponesi, impiegando il nuovo sofisticato bombardiere pesante, a lungo raggio,
Boeing B-29 “Superfortress”. Nell'estate del 1944 cominciarono i raid diurni ad alta quota dei B-29
basati in India, ma essi avevano sortito effetti limitati.
Fu quando, nel novembre dello stesso anno, il generale LeMay decise di passare ad attacchi notturni a
bassa quota con armi incendiarie, che gli effetti dei bombardamenti sulle città giapponesi divennero
devastanti.
Nel bombardamento di Tokyo del 9-10 marzo 1945 morirono 80.000 persone. A partire dalla
primavera del 1945, i bombardamenti americani colpirono duramente 69 città e più di 100.000 perone
persero la vita.
L'Impero giapponese, dal punto di vista militare e industriale, era già stato messo in ginocchio dai
bombardamenti convenzionali e dalle azioni della US Navy.
Tuttavia, per portare a termine la guerra in modo rapido, gli
statunitensi ritennero necessario dare una dimostrazione di forza senza
precedenti con l'impiego delle bombe atomiche che, a partire dal 1942,
erano state sviluppate dall'équipe del progetto Manhattan.
Il 6 e il 9 agosto 1945 due bombardieri B-29, l'Enola Gay e il Bock’s Car,
sganciarono sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki due bombe
atomiche, una all'uranio e una al plutonio.
Esse causarono in totale circa 200 mila morti, a cui se ne aggiunsero
molte altre migliaia dovute all'effetto a lungo termine delle radiazioni. Il 2 settembre 1945 anche il
governo giapponese firmò l’armistizio.
Questa volta la guerra era veramente finita.
9.7 LA GUERRA IN CIFRE
Il secondo conflitto mondiale causò una carneficina immane. Le vittime,calcolate per difetto, furono circa
50 milioni. I sovietici persero almeno 20 milioni di uomini e donne, tra civili e militari; i tedeschi 3.500.000
di soldati e ancor più civili; i giapponesi 1.300.000 soldati, più diverse centinaia di migliaia di civili vittime
anche dei due attacchi nucleari.
10.
L’AVIAZIONE NEL DOPOGUERRA E LA “GUERRA FREDDA”
IN AMBITO CIVILE
Al termine del conflitto il peso economico e sociale dell'aviazione commerciale crebbe rapidamente in
tutto il mondo e l'industria aeronautica convertì gli apparati produttivi militari in linee di montaggio
per la fabbricazione di aerei commerciali.
Le nuove tecnologie, messe a punto durante la guerra nella produzione di aerei militari, vennero
sfruttate per costruire aerei civili più grandi e più veloci, dotati di comodità e accorgimenti innovativi.
Le rotte internazionali vennero riattivate alla fine del 1945 e si moltiplicarono i voli regolari attraverso
l'Atlantico, che al tempo utilizzavano aeroporti costieri per ridurre le distanze di volo.
Aeroporti più efficienti, previsioni meteorologiche più affidabili, l'impiego di sofisticata
strumentazione ausiliaria per la navigazione e il crescente interesse del pubblico per il trasporto aereo
favorirono lo sviluppo dei viaggi e del trasporto di merci per via aerea.
Nei ranghi delle compagnie aeree statunitensi, accanto a modelli degli anni trenta che avevano
prestato servizio anche durante il conflitto, come il bimotore Douglas DC-3e il quadrimotore DC-4,
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entrarono in servizio modelli nuovi come il DC-6 e il Boeing 307 Stratoliner, il primo aereo di linea
pressurizzato, derivato dal bombardiere B-17.
Nell'Unione Sovietica entrarono in servizio presso l'Aeroflot i modelli Ilyushin Il-12 e Il-14; in Francia,
il Breguet Br 763 Provence.
Vennero sperimentati nuovi profili aerodinamici, nuovi materiali e nuovi apparati propulsori; la
tecnologia elettronica permise la messa a punto di aerogetti veloci progettati per i voli transoceanici,
di aerei supersonici , capaci di viaggiare a velocità superiori a quella del suono( il 14 ottobre 1947
l’americano Charles Yeager a bordo del Bell X-1 fu il primo a superare la velocità del suono), di aerei
sperimentali con motore a razzo, di velivoli a decollo corto (STOL) e navette spaziali.
Con l’avvento degli aerei di linea a reazione, le compagnie ebbero la possibilità di ridurre il costo dei
voli e di fare dell'aereo il mezzo di trasporto preferito per le lunghe distanze.
La rapida espansione del trasporto commerciale stimolò la fondazione di organizzazioni internazionali
per il controllo del traffico aereo: nel 1947 nacque l'ICAO ( Organizzazione dell'Aviazione civile
internazionale), un'agenzia dell'ONU con sede generale a Montreal (Canada).
A stretto contatto con l'ICAO iniziarono a operare la IATA e la FAI, associazioni per il trasporto aereo
internazionale, che tutt’oggi sono collegate a circa 100 compagnie di navigazione che affrontano
congiuntamente i problemi comuni.
L'entrata in servizio del Boeing 747-400 a lunga autonomia, nel 1970, aprì la possibilità di effettuare
voli commerciali con tratte senza scalo su distanze pari a un terzo della circonferenza terrestre.
Il primo volo senza scalo intorno al mondo fu compiuto nel dicembre del 1986 da un mezzo
sperimentale ultraleggero appositamente progettato, il Voyager.
Costruito quasi esclusivamente con materiali compositi, questo velivolo pesava al decollo soltanto
4420 kg e portava 4500 litri di carburante nei serbatoi. Al momento dell'atterraggio il suo peso si era
ridotto a 840 kg. I suoi piloti, Dick Rutan e Jeanna Yeager, percorsero 40.254 km in 9 giorni, 3 minuti e
44 secondi a una velocità media di 186,3 km/h, stabilendo un record di distanza e di autonomia.
A partire dagli anni settanta, poi, il progresso aeronautico nel campo civile conobbe una biforcazione:
da un lato le case costruttrici come la Boeing e la Airbus continuarono a orientarsi verso la filosofia dei
grandi aerei subsonici, capaci di trasportare grandi quantità di passeggeri abbattendo i costi di viaggio
(entrarono in servizio tra gli anni ottanta e gli anni novanta aeroplani come i Boeing 767 e 777,
l'Airbus A320, il McDonnell MD-11); dall'altra parte, in diverse zone del mondo, alcune industrie
aeronautiche decisero di intraprendere la via del trasporto passeggeri supersonico: la Tupolev riuscì a
far entrare in produzione il suo Tu-144, un trasporto passeggeri che rimase in servizio tra il 1968 e il
1978 e il consorzio anglo-francese Aerospatiale-BAC ebbe successo con la progettazione del Concorde,
che volò regolarmente tra il 1976 e il 2003.
Tuttavia, i trasporti supersonici, furono sempre gravati da problemi legati a costi molto elevati,
emissioni e consumi eccessivi, grande rumorosità e una certa relativa inaffidabilità.
IN AMBITO MILITARE
Verso la fine della seconda guerra mondiale, invece, in ambito militare lo sviluppo da parte degli
americani dei primi ordigni nucleari, aprì la prospettiva di bombardamenti strategici su tutt'altra scala
rispetto a quelli, pur devastanti, che erano stati portati a termine prima del 1945.
Ora un singolo aereo armato di una singola bomba poteva distruggere un'intera città, laddove nella
seconda guerra mondiale per radere al suolo un centro abitato erano necessari centinaia, a volte
migliaia, di bombardieri con armi convenzionali.
Il nuovo equilibrio, chiamato l'"equilibrio del terrore", era basato sulla possibilità di entrambi i blocchi
(quello occidentale gravitante intorno agli USA e quello orientale intorno all'URSS) di distruggere
completamente quello avversario, il quale avrebbe fatto in tempo a sua volta a sganciare centinaia di
bombe atomiche per rappresaglia su chi aveva scatenato l'attacco, causando la distruzione mutua
assicurata.
I bombardieri strategici intercontinentali che durante la guerra fredda costituivano i rappresentanti
materiali della politica della deterrenza furono alcuni tra i più grandi aerei mai costruiti: da parte
statunitense il Convair B-36, significativamente soprannominato Peacemaker, "pacificatore", il Convair
B-58, i Boeing B-47, B-50, e soprattutto B-52; da parte sovietica i Tupolev Tu-95, Tu-16 e Myasischev
M-4.
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La guerra fredda spinse lo sviluppo degli aerei a livelli
incredibili : vennero inventati aerei sempre più
tecnologici e veloci, come l’F-117 “Nighthawk” il quale,
grazie alle sue superfici piane appositamente inclinate,
era in grado di disperdere le emissioni radar,
rendendo così l’aereo invisibile ai nemici, e il
Lockheed SR-71 “Blackbird”, costruito nel 1976 e considerato tutt’oggi l’aereo
migliore del mondo, detenendo il record di velocità di 3.529 chilometri orari.
11. L’AVIAZIONE AI GIORNI D’OGGI
All'approssimarsi della fine del XX secolo, la riduzione della tensione tra le maggiori potenze ha
portato a un drastico taglio nella produzione e nello sviluppo progettuale di nuovi aerei militari.
Nonostante tutto, però, le prestazioni dei moderni aerei da combattimento, praticamente sempre
multiruolo per questioni di costi, sono state definite "stupefacenti": essi, capaci di volare di giorno e di
notte e in qualunque condizione meteorologica, sono dotati di motori turboventola con potenze
nell'ordine delle migliaia o decine di migliaia di chilogrammi spinta; raggiungono velocità doppie di
quella del suono, e salgono in pochi minuti a quote di 14 o 16 000 metri.
Nell’ambito civile, come, d'altronde, anche nell'aviazione militare, gli aerei sono stati sempre più
caratterizzati da una maggiore quantità di alta tecnologia, in particolare, per quanto riguarda
l'elettronica: per esempio, i sistemi di volo assistiti da servocomandi computerizzati noti come fly-bywire, introdotti sui jet civili dalla ditta europea Airbus alla fine degli anni ottanta, sono gradualmente
diventati la regola e, nel 1995, è entrato in servizio il Boeing 777, il primo aereo progettato
interamente al computer.
Gli attentati contro le Torri Gemelle dell' 11 settembre 2001 hanno inferto, però, un grave colpo
all'industria del trasporto aereo in generale e all'immagine di sicurezza, che gradualmente era andata
formandosi intorno all'aviazione civile.
Tutti i controlli di sicurezza si sono irrigiditi, e molte compagnie aeree non si sono dimostrate in grado
di sopravvivere a un periodo di recessione.
Un'altra questione importante, che ha riguardato strettamente l'aviazione contemporanea, è quella
legata al prezzo del petrolio.
Infatti, la stragrande maggioranza degli aerei, per volare, utilizza come
combustibile il cherosene, un derivato del petrolio, costituito da una miscela
liquida di idrocarburi formata da catene di carbonio da 12 a 15 atomi e da
composti aromatici.
Negli ultimi anni però, il prezzo del petrolio è cresciuto a vista d’occhio e, di
conseguenza, il cherosene è diventato molto più caro.
Per non andare in fallimento, allora, le compagnie aeree hanno iniziato ad
adottare nuove strategie.
Una di queste, adottata anche in Italia nel 2008, è stata quella di far volare gli aerei a quote più alte
rispetto a quelle tradizionali di circa 2.000 piedi , permettendo così agli aerei di risparmiare maggiori
quantità di carburante per la minor resistenza dell’aria, in quanto più rarefatta.
Un’altra importantissima strategia a cui le più grandi compagnie stanno iniziando sempre di più a
puntare è quella della costruzione di aerei in grado di volare con tecnologie meno inquinanti e con
emissioni che si avvicinino sempre di più allo zero, permettendo così di avere un miglior rapporto tra
costi ambientali e facilità di movimento.
Quando parliamo di questi aerei ci riferiamo agli ecologissimi e modernissimi aerei a energia solare.
12.
L’AVIAZIONE DEL FUTURI: GLI AEREI A ENERGIA SOLARE E I DRONI
12.1 GLI AEREI A ENERGIA SOLARE E IL LORO FUNZIONAMENTO
Come già detto, le grandi compagnie stanno sempre più investendo negli aerei che volano a energia
solare.
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Fino ad ora, sono stati costruiti tre importanti prototipi degni di nota: l’Helios nel 2000, il Solar
Impulse nel 2011 e il SolarWorld e-One nel 2013.
Essi sono velivoli ultraleggeri costruiti in modo tale da sfruttare al
massimo l’energia fornita dai raggi del Sole. Infatti, sono
caratterizzati da ali molto grandi, con aperture alari che superano i
60 m (l’Airbus A380, l'aereo passeggeri più grande del mondo, ha un
apertura alare di 61 m), in modo tale da poterci installare il
maggior numero di pannelli fotovoltaici, senza i quali l’aereo non si
muoverebbero.
Grazie allo sviluppo di pannelli fotovoltaici sempre più efficaci, il
Solar Impulse e il SolarWorld e-One riescono ora a volare con una velocità di circa 70 km/h e con
un’autonomia di circa 8 ore, ben maggiori rispetto alle prestazioni del “vecchio” Helios, il quale poteva
viaggiare a 40 km/h per meno di 5 ore.
12.1.1 I PANNELLI FOTOVOLTAICI
Il principio che sta alla base dei pannelli fotovoltaici risale al 1905, ed è attribuito allo scienziato
tedesco Albert Einstein il quale, grazie alla scoperta dell’effetto fotoelettrico, vinse persino il premio
Nobel.
Einstein , per poter enunciare il principio dell’effetto fotoelettrico, dovette riprendere la teoria del
corpo nero e della quantizzazione dell’energia di Plank.
I corpi neri sono corpi in grado di assorbire la luce quando essa incide su di loro. Essi, oltre ad essere
in grado di assorbire le radiazioni, sono anche in grado di emetterle:
infatti, i corpi neri ideali, oltre che assorbire tutta la luce incidente,
sono anche radiatori ideali.
Negli esperimenti in laboratorio, un corpo nero è costituito da un
oggetto cavo mantenuto a temperatura costante (una sorta di forno) le
cui pareti emettono ed assorbono continuamente radiazioni su tutte le
possibili lunghezze d'onda dello spettro elettromagnetico.
Applicando le equazioni di Maxwell alle radiazioni emesse ed assorbite
dalle pareti, risulta che al diminuire della lunghezza d’onda si
ottengono valori di intensità relativa di irraggiamento che tendono
all'infinito (cadendo così nel problema noto come “catastrofe ultravioletta”), in palese contraddizione
con i dati sperimentali che tendono invece a zero.
Per diversi anni gli scienziati non riuscirono a trovare un principio che giustificasse questi risultati
sperimentali, fino a quando Max Plank enunciò il principio della “quantizzazione dell’energia”, in cui
dedusse che l’energia di radiazione di un corpo nero alla frequenza f, doveva essere un multiplo intero
del prodotto di una costante h per la frequenza.
In termini matematici: En=nhf con n=0,1,2,…. e con h chiamata “costante di Plank” , con il valore pari a
6,63*10(-34) J x S.
Nel calcolo di Plank, l’energia può avere solo i valori discreti hf, 2hf, 3hf… e, a causa di questa
quantizzazione, quando un sistema passa da uno stato a un altro la sua energia può variare solo per
salti quantizzati, mai inferiori ad hf.
Tornando alla catastrofe ultravioletta, ora si è in grado di comprendere in che modo l’ipotesi di Plank
elimina la divergenza alle alte frequenze prevista dalla fisica classica. Nella teoria di Plank, più alta è la
frequenza f e maggiore è il quanto (di energia hf). All’aumentare della frequenza, quindi, aumenta la
quantità di energia necessaria anche per il più piccolo salto quantico. Un corpo nero, tuttavia, possiede
solo una quantità finita di energia necessaria per produrre un salto quantico corrispondente a una
frequenza estremamente elevata : ecco perché, alle alte frequenze, l’intensità delle radiazioni tende a
zero.
Albert Einstein prese seriamente in considerazione l’idea della quantizzazione dell’energia e la applicò
alla radiazione di un corpo nero. Einstein fece l’ipotesi che anche la luce fosse formata da pacchetti di
energia, i fotoni, e che questi obbedissero all’ipotesi di Plank sulla quantizzazione dell’energia: in altre
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parole, un fascio di luce di frequenza f è costituito da fotoni la cui
energia è E= hf. In un fascio di luce di frequenza f, quindi, l’energia può
assumere solo i valori hf,2hf, 3hf e così via.
Nel modello di Einstein (il modello a fotoni), un fascio di luce può
essere pensato come un fascio di particelle, i fotoni, ognuno delle quali
trasporta l’energia hf. Più intenso sarà il fascio e maggiore sarà
l’impacchettamento dei fotoni.
Lo scienziato tedesco applicò il suo modello di luce costituita da fotoni
all’effetto fotoelettrico, nel quale un fascio di luce colpisce la superficie
di un metallo e ne estrae un elettrone.
L’effetto fotoelettrico può essere misurato utilizzando un dispositivo
come quello illustrato qui accanto: la luce incidente espelle un
elettrone da una lastra metallica detta emettitore, l’elettrone viene poi
attratto da una lastra detta collettore che si trova a un potenziale positivo rispetto all’emettitore. Il
risultato è un’energia misurabile all’amperometro.
L’energia minima per estrarre un elettrone da un determinato metallo è detta lavoro di estrazione Wo.
Se un elettrone riceve dal fascio luminoso un’energia E maggiore di Wo, l’energia in eccesso si
trasforma in energia cinetica K dell’elettrone espulso: Kmax= E-Wo.
La cella fotovoltaica, o cella solare, è l'elemento base nella costruzione di un modulo fotovoltaico.
Essa converte direttamente l’energia solare in energia elettrica, utilizzando l’effetto fotovoltaico,
ovvero il fenomeno fisico dell'interazione della radiazione luminosa con gli elettroni di valenza nei
materiali semiconduttori.
Solitamente, il materiale impiegato per le celle fotovoltaiche è il silicio cristallino.
L'atomo di silicio possiede 14 elettroni, quattro dei quali sono elettroni di valenza, che quindi possono
partecipare alle interazioni con altri atomi, sia di silicio sia di altri elementi. In un cristallo di silicio
puro ogni atomo è legato in modo covalente ad altri quattro atomi quindi due atomi affiancati di un
cristallo di silicio puro hanno in comune una coppia di elettroni, uno dei quali appartenente all'atomo
considerato e l'altro appartenente all'atomo vicino. Esiste quindi un forte legame elettrostatico fra un
elettrone e i due atomi che esso contribuisce a tenere uniti.
Questo legame elettrostatico può essere spezzato con una quantità di energia che permetta ad un
elettrone di passare ad un livello energetico superiore, cioè dalla banda di valenza alla banda di
conduzione, superando la banda proibita: se l'energia fornita è sufficiente -per l'atomo di silicio 1.08
eV (eV significa elettronvolt, 1 eV = 1.602 * 10(-19) J), un valore intermedio tra quello dei conduttori e
quello degli isolanti - l'elettrone viene portato ad un livello energetico superiore (banda di
conduzione), dove è libero di spostarsi, contribuendo così al flusso di elettricità.
Quando passa alla banda di conduzione, l'elettrone si lascia dietro una buca, cioè una lacuna dove
manca un elettrone. Un elettrone vicino può andare facilmente a riempire la lacuna, scambiandosi così
di posto con essa. Quando un flusso luminoso investe il reticolo cristallino del silicio, si ha la
liberazione di un certo numero di elettroni al quale corrisponde un egual numero di lacune.
Nel processo di ricombinazione ogni elettrone che capita in prossimità di una lacuna la può occupare,
restituendo una parte dell'energia cinetica che possedeva sotto forma di calore.
Per sfruttare l’elettricità è necessario creare un moto coerente di elettroni (e di lacune), ovvero una
corrente elettrica, mediante un campo elettrico interno alla cella.
Il campo si realizza con particolari trattamenti fisici e chimici, creando un eccesso di atomi caricati
positivamente in una parte del semiconduttore ed un eccesso di atomi caricati negativamente
nell’altro. In pratica è necessario introdurre nel silicio una piccola quantità di atomi appartenenti al
terzo o al quinto gruppo del sistema periodico degli elementi, in modo da ottenere due strutture
differenti, una con un numero di elettroni insufficiente, l'altra con un numero di elettroni eccessivo.
Questo trattamento viene detto drogaggio e la quantità delle impurità introdotte è dell'ordine di una
parte per milione. Generalmente si utilizzano il boro (terzo gruppo) ed il fosforo (quinto gruppo) per
ottenere rispettivamente una struttura di tipo p (con un eccesso di lacune) ed una di tipo n (con un
eccesso di elettroni).
Nello strato drogato con fosforo, che ha cinque elettroni esterni o di valenza contro i quattro del silicio,
è presente una carica negativa debolmente legata, composta da un elettrone per ogni atomo di fosforo.
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Analogamente, nello strato drogato con boro, che ha tre elettroni esterni, si determina una carica
positiva in eccesso, composta dalle lacune presenti negli atomi di boro quando si legano al silicio. Il
primo strato, a carica negativa, si indica con n, l'altro, a carica positiva, con p, la zona di separazione è
detta giunzione p-n. In entrambi i casi il materiale risulta elettricamente neutro; tuttavia, ponendo a
contatto i due tipi di strutture, tra i due strati si attiva un flusso elettronico dalla zona n alla zona p che,
raggiunto il punto di equilibrio elettrostatico, determina un eccesso di carica positiva nella zona n,
dovuto agli atomi di fosforo con un elettrone in meno, e un eccesso di carica negativa nella zona p,
dovuto agli elettroni migrati dalla zona n.
In altri termini gli elettroni presenti nel silicio tipo n diffondono per un breve tratto nel silicio tipo p: il
silicio tipo n si carica positivamente, quello di tipo p si carica negativamente e si crea inoltre una
regione intermedia detta zona di svuotamento o di carica spaziale.
Il risultato è un campo elettrico interno al dispositivo dell’ampiezza di pochi micrometri. Illuminando
la giunzione p-n dalla parte del silicio tipo n, si generano delle coppie elettrone-lacuna in entrambe le
zone n e p. Il campo elettrico separa gli elettroni in eccesso generati dall’assorbimento della luce dalle
rispettive lacune, spingendoli in direzioni opposte (gli elettroni verso la zona n e le lacune verso la
zona p). Una volta attraversato il campo, gli elettroni liberi non tornano più indietro, perché il campo,
agendo come un diodo, impedisce loro di invertire la marcia. (Un diodo è un dispositivo in cui il
passaggio di corrente è ostacolato in una direzione e facilitato in quella opposta).
Quindi, se si connette la giunzione p-n con un conduttore, nel circuito esterno si otterrà un flusso di
elettroni che parte dallo strato n, a potenziale maggiore, verso lo strato p, a potenziale minore. Fino a
quando la cella resta esposta alla luce, l'elettricità fluisce con
regolarità sotto forma di corrente continua. E' importante
che lo spessore dello strato n sia tale da garantire il massimo
assorbimento di fotoni incidenti in vicinanza della giunzione.
Per il silicio questo spessore deve essere di 0,5 mm, mentre
lo spessore totale della cella non deve superare i 250 mm.
In sintesi la conversione da luce a energia elettrica effettuata
dalla cella fotovoltaica avviene essenzialmente perché questi
portatori di carica liberi (elettroni e lacune), generati dalla
luce, sono spinti in direzioni opposte dal campo elettrico
interno creato attraverso la giunzione di due semiconduttori
drogati in modo diverso.
Di tutta l'energia che investe la cella solare sotto forma di
radiazione luminosa, però, solo una parte viene convertita in
energia elettrica disponibile ai suoi morsetti. L'efficienza di
conversione per celle commerciali al silicio è in genere
compresa tra il 13 % e il 17%, mentre realizzazioni speciali
di laboratorio hanno raggiunto valori del 32,5%.
I motivi di tale bassa efficienza sono molteplici. Le principali
sono:
- la riflessione: non tutti i fotoni che incidono sulla cella penetrano al suo interno, dato che in parte
vengono riflessi dalla superficie della cella e in parte incidono sulla griglia metallica dei contatti;
-i fotoni troppo o poco energetici: per rompere il legame tra elettrone e nucleo è necessaria una certa
energia, e non tutti i fotoni incidenti possiedono energia sufficiente.
-la ricombinazione: non tutte le coppie elettrone-lacuna generate vengono raccolte dal campo elettrico
di giunzione e inviate al carico esterno, dato che nel percorso dal punto di generazione verso la
giunzione possono incontrare cariche di segno opposto e quindi ricombinarsi;
-le resistenze parassite: le cariche generate e raccolte nella zona di svuotamento devono essere inviate
all'esterno. L'operazione di raccolta viene effettuata dai contatti metallici, posti sul fronte e sul retro
della cella. Anche se durante la fabbricazione viene effettuato un processo di lega tra silicio e alluminio
dei contatti, resta una certa resistenza all'interfaccia, che provoca una dissipazione che riduce la
potenza trasferita al carico.
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12.2 I DRONI
Un’altra frontiera della moderna aviazione sembrano essere
anche gli aeromobili a pilotaggio remoto, noti anche con le
sigle UAV (Unmanned Aerial Vehicle, "velivolo senza
equipaggio") e spesso citati anche come "droni".
Si tratta di velivoli generalmente piccoli, spesso a elica,
equipaggiati con sensori di vario tipo per missioni di
ricognizione o, anche, con missili aria-superficie per l'attacco
al suolo; essi consentono di condurre missioni di sorveglianza
e di combattimento in circostanze in cui il fattore di rischio
sarebbe considerato inaccettabile per un aeroplano con equipaggio umano; la loro utilità in questo
senso è stata chiara fin dagli anni ottanta, ma è stato negli anni duemila che essi hanno visto il loro
primo impiego operativo nelle operazioni statunitensi in Afghanistan e in Iraq.
13.
CONCLUSIONI
L’aereo è davvero uno strumento rivoluzionario.
Per capire veramente quanto esso sia rivoluzionario basti pensare a quanto tempo ci separa dalla sua
nascita: solo 100 anni , vale a dire quanto la vita di una persona longeva.
E ciò lo rende davvero straordinario.
Solo in un secolo, da un rudimentale prototipo, costruito da due “pazzi” temerari con del legno e della
tela, inaffidabile e semplicissimo, esso si è trasformato nelle migliaia di versioni di aerei che noi tutti, al
giorno d’oggi, possiamo osservare o salirvi.
Questa sua evoluzione è stata così rapida e impressionante che neanche i più ottimisti scienziati di
inizio secolo, nelle loro più rosee ipotesi, avrebbero immaginato potesse avvenire.
L’aereo ha cambiato le vite di noi tutti uomini, in bene e in male. Esso ci ha permesso di volare più in
alto degli uccelli, più in alto delle nuvole, di viaggiare il mondo, di vedere la Terra da prospettive
impensabili, ma ha anche permesso il lancio delle bombe atomiche e l’uccisione di milioni di innocenti.
Ai nostri giorni, però, l’aviazione moderna sembra aver avuto un drastico calo per quanto riguarda la
ricerca e l’innovazione, portando numerosi studiosi a ritenere che l’epoca dell’aviazione sia oramai
caduta in un inesorabile declino.
Tuttavia esistono ancora alcuni, come lo storico Grant, a ritenere invece che, nonostante le difficoltà
economiche e tecnologiche, il futuro dell'aviazione commerciale che negli ultimi cinquant'anni del
Novecento "ha dato all'uomo una libertà di movimento impensabile" sia fuori discussione.
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