La storia di Rhegion ellenica
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La storia di Rhegion ellenica
LA STORIA DI RHEGION ELLENICA LA FONDAZIONE La tradizione mitica e quella storica Laddove l'Apsias, il più sacro dei fiumi, si getta nel mare, laddove, mentre sbarchi, una femmina si unisce ad un maschio, là fonda una città; il Dio ti concede la terra ausone.1 Il passo citato è certamente il più famoso sugli oracoli di fondazione che la leggenda lega alla nuova colonia reggina. Secondo Diodoro fu questa la risposta che l’oracolo di Delfi diede ai calcidesi che si recarono dal dio per chiedere un responso sulla fondazione di una colonia. Giunti presso il fiume Apsias, l’odierno Calopinace, intesero il detto oracolare come l’immagine che gli si presentò davanti: una vite intrecciata ad un fico selvatico. Lì fondarono la nuova città chiamata Rhegion. Simile e più conciso, è il racconto di Dionigi di Alicarnasso: i Calcidesi, guidati da Antimede, si fermarono nel luogo in cui, come prescritto dall’oracolo, videro una vite che abbracciava un fico, nella località chiamata Pallantion.2 Scacciati gli indigeni abitanti del luogo, fondarono la nuova colonia. 3 È chiaro che la fondazione di Rhegion sia da ascrivere all’etnia calcidese: d’altronde ciò viene confermato più volte da Tucidide, Diodoro, Pseudo Scimno e, più tardi, anche da Solino. 4 Ma Rhegion presenta una caratteristica che la rende diversa dalle altre colonie calcidesi: la presenza della stirpe messenica. Per fondare Rhegion, infatti, i Calcidesi non si rivolsero 1 DIOD., XIII, 23 La località viene riconosciuta in una zona a sud della città attuale, presso il torrente Calopinace (l’antico Apsias?), oppure a nord, fuori dalla città, vicino Metauro. 3 DIONYS. HAL., R. A., Excerpt., XIX, 2. 4 THUC., III, 86, 2; VI, 44, 3; VI, 79, 2; PS. SCYMN., 311 – 312; SOL., II, 10. 2 esclusivamente alle genti della madre patria, ma vi condussero anche dei Messeni, che assumeranno grande importanza nelle vicende della città. Il primo a fornirci un racconto ricco di particolari su Reggio è Strabone, che utilizza come fonte Antioco di Siracusa. 5 Strabone rimane in linea con la tradizione che vede I Calcidesi recarsi dall’oracolo di Delfi per chiedere un consiglio sulla fondazione di una nuova città. Il dato nuovo aggiunto dal Geografo riguarda la componente messenica. Una delegazione di Messeni, dopo essersi ritirata a Macisto, si era recata a Delfi per lamentarsi con Apollo ed Artemide della loro sorte: essi, profughi, erano stati costretti a emigrare dai loro concittadini perché questi ultimi si rifiutavano di dare soddisfazione agli Spartani per la violenza abusata contro le vergini spartane a Limne.6 Il dio delfico ordinò loro di aggregarsi ai Calcidesi nella fondazione di Rhegion e, al tempo stesso, di ringraziare Artemide, perché li stava salvando dall’imminente rovina che si stava abbattendo sulla loro terra: da lì a breve la Messenia sarebbe cadutanelle mani degli Spartani. Anche Eraclide Lembo ci fornisce un racconto abbastanza dettagliato nelle sue Costituzioni, redatte sulla base di quelle aristoteliche. Reggio fu fondata dai Calcidesi emigrati a causa di una carestia. Essi condussero anche dei Messeni che in quel frangente si trovavano a Macisto a causa della violenza usata alle vergini spartane. I calcidesi, assieme ai Messeni, fondarono la città presso la tomba di Giocasto, figlio di Eolo. Lì proprio dove la vite si legava ad un fico, come aveva disposto l’oracolo delfico. 7 Altre fonti fanno riferimento alla fondazione mitica ad opera di Giocasto, 8 ed infine Pausania, nel suo racconto, parla di Alcidamida, capo messenico, che, insieme ai Calcidesi, nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. avrebbe fondato Reggio9. Al di là di alcuni particolari, è importante esaminare i punti su cui le fonti in nostro possesso concordano. Innanzitutto tutti gli storici concordano nel considerare Reggio una colonia calcidese fondata durante il periodo della grande colonizzazione calcidese. Sembra anche tranquillamente ipotizzabile che siano stati gli stessi Zanclei ad invitare un gruppo di concittadini ad occupare l’altra sponda del Fretum. Si può anche accettare che la causa menzionata da Strabone e da Eraclide Lembo per cui i Calcidesi furono costretti ad espatriare sia stata una carestia: questa avrebbe spinto varie popolazioni greche all’emigrazione e causato le guerre di Sparta contro Messene. Da quel momento un gran numero di coloni , in un breve lasso di tempo, partì dall’Eubea, fino a quando la guerra Lelantia non decretò la fine della colonizzazione calcidese in Occidente. L’elemento messenico presente nella fondazione di Reggio, attestato anche da Tucidide, non deve sollevare grandi dubbi,10 anche perché esso trova conferma nelle iscrizioni reggine, in cui diverse forme doriche sono accostate al dialetto ionico.11 Infine, quasi tutte le fonti antiche concordano nel ruolo che l’oracolo delfico ebbe nella fondazione della città: Delfi rappresentava un ruolo normalizzatore e pianificatore per il mondo greco. L’origine delfica di Reggio è testimoniata anche da Timeo.12 Per quanto riguarda l’Apsias, menzionato solo da Diodoro, lo si vuole identificare, ormai, con l’attuale torrente Calopinace, che segna il limite meridionale della città reggina: Il toro androcefalo che compare nelle prime monete reggine è probabilmente legato alla rappresentazione del fiume.13 5 ANTIOCH. apud STRABO., VI, 257 = I, 6, F. H. G., I, fr. 10, p. 183 = JACOBY, III B, fr. 9, p. 547. Strabone cita espressamente Antioco solo in parte del racconto. 6 STRABO. VIII, 362 = Paus., IV, 4, I. 7 HERACLID. LEMB., De reb. Pub., 25 (F. H. G., II, p. 219). 8 CALLIM., fr 618 Pfeiffer; DIOD., 5, 8, 3; TZETZ., Ad Lycophr., 45; EUST. Ad Dionys. Per., 461. Quest’ultimo aggiunge che Giocasto fondò la nuova città su una polis precedente chiamata 9 PAUS., IV, 23, 5 – 7. 10 THUC., VI, 4, 6 11 Sammlung griechischer Dialektinschriften, ed Collitz e Bechtel, III, 2, 498. 12 TIMEO, apud Antig. Carist., Hist. mir., I, F. H. G., I, fr. 64, p. 206; e apud Strabo., VI, 260, F. H. G., fr. 65, p. 207 = Jacoby, III B, fr. 43, p. 614. 13 HEAD, p. 107. Rhegion. Dracma incusa. D/. Parigi, Cabinet des Médailles della Biblioteque Nationale (da G. Gorini, 1975) Interpretando i dati in nostro possesso, che meritano una certa attendibilità storica, si evince che un gruppo di Calcidesi fu affiancato sicuramente da una delegazione di Messeni per la fondazione della nuova colonia. Questi eventi vanno collocati durante la prima guerra messenica (ultimo terzo dell'VIII secolo a.C.). I Messeni rappresentano un elemento particolare perché furono estranei al movimento coloniale e non avevano rapporti col gruppo calcidese. La presenza messenica è da vedere come necessità che aveva l’etnia calcidese di raggiungere un numero sufficiente per la spedizione o, ancora più probabile, come opportunità di allontanarsi dalla madrepatria a causa dell’espansione spartana nel Peloponneso. L’Occidente offriva una soluzione a tutti questi problemi con i tanti spazi da conquistare e colonizzare. 14 La stirpe messenica, tra l’altro, sembra appartenere alla classe aristocratica, se è vero, come attestano le fonti, che il tiranno Anassila, che all’inizio del V secolo prenderà il potere a Reggio, è frutto di quella etnia che dalla data di fondazione aveva avuto un ruolo preminente nella città calcidese.15 L’avvento dei coloni, guidati dall’ecista Antimnesto, fu inoltre caldeggiato dalla vicina Zancle. Reggio, infatti, si colloca come l’ultima colonia di quel movimento calcidese che si attestò soprattutto nella Sicilia Orientale con Nasso, Leontini, Katane e Zancle, divenendo l’unica colonia di matrice calcidese sul suolo calabro. I motivi sono facilmente intuibili e spiegano il diretto coinvolgimento anche degli Zanclei. Sbarcati a Nasso nel 73416 e fondando le successive colonie sulla costa orientale della Sicilia, era importante per i calcidesi avere il controllo dello Stretto. Ci spieghiamo così il ruolo avuto da Zancle nella fondazione di Rhegion: fu proprio quest’ultima – sempre secondo Antioco, molto attento ad inquadrare le logiche territoriali dei nuovi coloni – che mandò a chiamare dei conterranei per assestarsi sull’altra sponda dello stretto. Tucidide colloca la fondazione di Rhegion in una data molto vicina a quella di Zancle.17 Tutto il movimento colonizzatore che si sviluppò nell’VIII secolo a.C. va letto all’interno di un quadro particolare. Al di là dei differenti motivi che spinsero i vari gruppi etnici ad abbandonare la madre patria e a dirigersi verso l’Occidente, possiamo parlare di spedizioni ufficiali, guidate da un ecista e istituzionalizzate dallo stato. (in quest’ottica va letta la presenza degli oracoli nei miti di fondazione). Dobbiamo inoltre aggiungere un dato molto importante: le direttrici delle colonizzazioni si muovevano su rotte già tracciate e conosciute. Il Mediterraneo occidentale aveva intessuto lunghi e proficui rapporti col mondo miceneo e sono da cercare proprio là i contatti con quei centri che nell’VIII secolo diventeranno le colonie greche d’Occidente.18 14 GUZZO 1987, pp. 145 – 146. ANTIOCH. Hist., FGrHist 555 F 9. 16 ANTIOCH. Hist., FGrHist 555 F 9. 17 THUC., VI, 3, 2. 18 MUSTI 2003, p. 115. Su queste tematiche, cfr. Atti del convegno Momenti precoloniali nel Mediterraneo antico, Ist. Civiltà fenicia e punica, Roma 1988; MUSTI, Strabone e la Magna Grecia. Città e popoli dell’Italia antica, Padova 1988; Id. 1988, pp. 39 sgg. 15 La definizione cronologica della fondazione delle colonie è, dunque, lontana dall’essere sicura, anche perché le evidenze letterarie ed archeologiche non forniscono indicazioni molto precise al riguardo. È, però, ragionevole ipotizzare che la fondazione di Rhegion risalga all’ultimo quarto dell’VIII secolo: proprio in questo secolo si colloca il limes tra due epoche, si sviluppa la tecnologia, cresce l’economia ed i Greci escono dal loro Medioevo per entrare in una nuova epoca. È in questo periodo che, non a caso, tutti i dati in nostro possesso sembrano convergere nella datazione di molte colonie greche in Occidente.19 Il nome e la città I coloni sbarcati sulle nuove terre assegnarono alla città il nome di Rhegion. 20 Sulla toponomastica ci vengono in aiuto le fonti, anche se attribuiscono diversi significati a questo etimo. Si è quasi completamente d’accordo sul termine rhegion, meno sull’etimologia da cui derivi. La maggior parte delle fonti fa riferimento al significato del verbo che in greco21 vuol dire spezzare, riconducibile al lembo di terra che si sarebbe spezzato e diviso dalla costa sicula; altri lo fanno derivare dal latino regere22, o dall’equivalente latino di basileion23, regius; altri ancora dal nome di un eroe locale.24 La prima ipotesi sembra quella più accreditata e verosimile, anche perché corrisponderebbe all’idea che anche gli antichi avevano della formazione dello Stretto.25 I calcidesi giunti nella nuova terra scacciarono gli indigeni per assicurarsi la sicurezza del luogo. Il territorio reggino si presentava diverso rispetto alle altre colonie greche: Reggio non aveva alle sue spalle i territori fertili di Sibari, né le campagne di Leontini o Katane, né la rada di Zancle e affidava la sua ricchezza al mare, visto come porto aperto al commercio verso le rotte del Mediterraneo. Anche la pianura che correva lungo il litorale che costeggia il rilievo aspro montano era molto fertile e Reggio vi estese il suo dominio.26 Le foreste alle sue spalle ,con i legnami da esse ricavate , furono fonte di ricchezza, , ma non c’è dubbio che la produzione più importante del centro calcidese nei secoli sarà quella legata all’attività commerciale. Le conoscenze della struttura urbanistica impiantata dai nuovi coloni sono molto scarse: sembra che si possa pensare ad una forma allungata, parallela alla costa marina. Sul sito dell’antica Rhegion insiste ora la Reggio moderna e gli scavi della città non hanno ancora prodotto i risultati che ci si aspetta. Rimane visibile solo piccola parte delle mura di epoca greca classica che cingevano l’antica Rhegion. Solo negli ultimissimi anni si è proceduto a degli scavi di grande interesse nelle aree centrali della città, ma ancora si è in attesa di una adeguata pubblicazione scientifica che possa aiutare nella ricostruzione della Reggio antica. LA FASE ARCAICA Le aristocrazie arcaiche Dopo il periodo relativo alle fondazioni, le prime fonti riguardanti le colonie greche d’Occidente si riferiscono ai decenni finali del VII o agli inizi del VI secolo a.C., quando sono ormai trascorse alcune generazioni dal momento dello sbarco nelle nuove terre.27 Nel giro di quasi un secolo le neo – colonie avevano già realizzato alcuni importanti fenomeni: ciascun centro aveva ormai collegato il proprio raggio d’azione, espandendosi nel territorio circostante; inoltre si erano ormai consolidate delle strutture politiche all’interno delle colonie stesse. 19 Guzzo 1987, pp. 146 - 147; HDT., I, 166,3; 167; 6, 23; 7, 165; 170; 171; AESCH., fr. 44 mette; ARIST., Pol., 5, 12, 1316 a 38; Plut., Alc., 20,2; Dio., 58, 3; Fab., 22, 1; Tim., 9, 2; 4; 19, 1; Ov., 14, 48; PS. ARIST., Mir., 130; STRABO., 6, 1, 6; DIOD., IV, 85, 3; DIONYS. HAL., 19,2; PHLEG., Mir., 4; EUST., ad Dionys. Per., 476; PLIN., N. H.., III, 86; SOL., 5, 5; HERACLID. LEMB., 55 Dilts. 21 PS. ARIST., Mir., 130; DIOD., IV, 85, 3; DIONYS. HAL., 19,2; PHLEG., Mir., 4; PLIN., n. h., III, 86; SOL., 5, 5. 22 EUST., ad Dionys. Per., 476 23 STRABO., VI, 1, 6; 24 HERACLID. LEMB., 55 Dilts. 25 DIOD., IV, 85. 26 STRABO., VI, 258 27 DE SENSI SESTITO 1987, p. 231. 20 L’espansione delle colonie era andata oltre il nucleo originario, spingendosi dalle fasce costiere fino al territorio delle colonie limitrofe; al tempo stesso si assiste ad una estensione verso l’interno, attraverso le vie di penetrazione naturale. Diversi i motivi: la distribuzione di lotti di terreni ai coloni, la conquista di luoghi e vie strategiche a discapito delle popolazioni indigene; non ultima la necessità di procurarsi risorse indigene per rispondere ai bisogni della comunità.28 Per quanto concerne l’esperienza reggina, il gruppo calcidese allargò la propria presenza stabilendo come confini, il fiume Metauros l’odierno Petrace, verso il Tirreno29 e l’antico Kaikinos30, l’odierna fiumara Amendolea, verso lo Ionio. I contrasti con Locri, nel corso dei secoli, renderanno questo confine abbastanza oscillante: Rhegion si assesterà tra il Kaikinos e l’antico Halex31, l’odierno torrente Alice. Da un punto di vista politico le fonti32 ci parlano di una aristocrazia coloniale che fondava il proprio potere sulle proprietà terriere e sullo svolgimento delle attività politiche e sacrali più importanti. Questa aristocrazia formata dai discendenti dei primi coloni, sembra essersi stabilizzata in un consesso dal numero rigidamente predeterminato e fisso di mille membri che viene attestato a Crotone, a Locri ed anche a Reggio33. Le notizie in nostro possesso sull’organizzazione politica di Reggio ci parlano di un’oligarchia reggina legata, comprensibilmente, ai modelli calcidesi già noti a Cuma e Leontini; 34 con un gruppo egemone dei Mille che venivano scelti in base al censo. Conviveva inoltre un’assemblea più ampia (ekklesia o Demos) che doveva avere probabilmente non un potere esecutivo, ma solo di ratifica o di consultazione, e che prendeva il nome di Boule. A Reggio si può parlare di un gruppo elitario di tipo oligarchico piuttosto che di tipo nobiliare (Locri). 35 Magistrati prescelti all’interno del gruppo aristocratico detenevano il potere esecutivo (forse arconte): il magistrato supremo era denominato Prytanis. La considerazione che l’aristocrazia non fosse di tipo nobiliare è legata alle risorse su cui fu basata sempre l’economia reggina: il commercio e la produzione artigianale.36 Le attività economiche di Rhegion spaziavano dalla scultura alla ceramica, dalla produzione agricola al pascolo. Tutto ciò si verificava per la posizione particolare occupata dalla città. Al contrario delle altre colonie magno greche, che godevano di un territorio fertile ed adatto alle attività agricole, quella reggina poco si prestava a queste occupazioni. È questo il motivo principale per cui assistiamo a Reggio ad una grande fioritura di attività artigianali che portarono le produzioni reggine a primeggiare sia nelle manifatture ceramiche che dell’arte scultorea, dove Clearco prima e Pitagora dopo , raggiunsero risultati sublimi.37 Oltre all’artigianato si era sviluppato anche lo sfruttamento delle zone aspromontane, dedicate alle attività di pascolo e, soprattutto, allo sfruttamento boschivo per ottenere la pece ed il legname. Quest’ultimo fu utilizzato anche per l’attività cantieristica molto intensa in un porto come quello reggino dove si costruivano imbarcazioni per la pesca, attività sempre fiorente lungo la costa calabra. La posizione strategica di Rhegion vide infatti la nascita e l’installazione di un porto che, situato sul fretum, fu sempre fonte di ricchezza per la città. Il porto reggino divenne una tappa fondamentale per l’approvvigionamento dei metalli presso Pitecusa e l’Isola d’Elba; fu scalo obbligatorio per tutte le correnti commerciali che si dirigevano nel Tirreno, come quella rodia e quella corinzia, e prevalentemente quelle focese ed attica, almeno a partire dal VI secolo. Le tasse ed i dazi delle imbarcazioni fornivano alla città un sicuro reddito che permise a Reggio di raggiungere un periodo di grande prosperità tra VI e V secolo. La ricchezza e l’importanza della città furono legate sempre al suo porto, pur nei continui avvicendamenti storico – politici, fino all’epoca imperiale romana. 28 Ibidem p. 230. CATO., Orig., 3, fr. 41. 30 PAUS., VI,6, 4. 31 TIM., FGrHist 566 F 43; CONON, FGrHist 26 F 5; STRABO., 6, 1, 9; EUST., ad Dionys. Per., 364. 32 HERACLID. LEMB., 55 Dilts. I Mille venivano scelti 33 PS. HERACL. Pont. FHG Muller, II fr. 25, 4. 34 LEPORE 1970, pp. 54 ss.; VALLET 1979 (1984), pp. 115 ss. 35 POLYB., XII, 5, 6 – 8; 36 DE SENSI SESTITO 1987, p. 232. 37 PAUS., VI, 4, 4. 29 E’ facile quindi pensare come l’aristocrazia reggina fosse meno chiusa rispetto alle simili aristocrazie delle altre colonie d’Occidente L’essere stato sempre un punto di passaggio di varie etnie; le diverse fonti di ricchezza - che provenivano non tanto dalla terra, quanto dalle attività artigianali - e la presenza in città di svariati gruppi etnici, primi fra tutti quello fondatore calcidese e quello messenico, giunto poco dopo, fecero sì che a Reggio l’aristocrazia timocratica governante apparisse più aperta e moderata. Sembra, inoltre, facilmente ipotizzabile che gli Egemònes di Reggio provenissero dai clan familiari delle due stirpi principali. All’interno di questo quadro politico sembra assumere una particolare importanza l’esperienza di Caronda, il grande legislatore calcidese che diede a Rhegion un codice di leggi prima di molte altre colonie magno greche. Ciò portò la città calcidese ad avere una forte politica estera che trova il primo riscontro nell’amicizia con la vicina Locri. Il segno più importante di questa alleanza è la partecipazione di un contingente reggino alla battaglia della Sagra. Di datazione ancora incerta, la battaglia viene collocata tra il 560 ed il 535 a.C. presso il fiume Sagra (forse riconoscibile nell’attuale Allaro?). Sul campo di battaglia si scontrarono Crotone da una parte, e Locri dall’altra. A causa della superiorità numerica degli avversari , i Locresi decisero di attendere i nemici presso il fiume e chiesero aiuto alle loro colonie di Hipponion e Medma. A queste si aggiunse anche l’aiuto della nostra città. Reggio mandò infatti un grosso contingente di truppe al comando dello stratega Lisistrato. Oltre che spinti da vincoli di amicizia, i reggini intrapresero lo scontro probabilmente in chiave anti crotoniate: la città pitagorica era diventata un nemico troppo temibile nel panorama calabro. Locresi e alleati ebbero la meglio sui Crotoniati e di questa vittoria ci rimane come attestazione un’iscrizione votiva su uno scudo di Delfi.38 Dopo la sconfitta, Crotone ridimensionò i suoi obiettivi strategici, concentrandosi soprattutto verso il territorio di Sibari. Per Locri, invece, la vittoria segnò l’inizio di quel periodo che la portò ad una politica sempre più aggressiva nei confronti delle città vicine, tra cui proprio Reggio. Lo scontro tra le due colonie diventerà uno dei motivi guida dei secoli successivi. L’età delle tirannidi Il Regno dello Stretto: Anassila Il quadro politico ed economico della Calabria viene sconvolto tra la fine del V e l’inizio del IV secolo a.C. A Sibari abbiamo l’intervento di Teli e a Reggio vedremo l’instaurarsi della tirannide di Anassila: queste situazioni altereranno i rapporti tra le stesse città dell’Italia meridionale, provocando anche delle interferenze esterne. Tra la fine del VI e l’inizio del V , l’economia reggina si basava sui traffici commerciali in direzione delle correnti ioniche e attiche: Cuma, i centri etruschi, le aree calcidesi della Sicilia, e particolarmente verso Imera, centro strategico per i rapporti con le aree fenicio - puniche. Le prime serie monetali che vengono battute a Reggio in questo periodo, confermano queste direttrici economiche . Il piede calcidese riprende le unità ponderali che si riscontrano nei centri economici interessati dai traffici reggini.39 Particolare attenzione merita la prima serie monetale di Reggio che adotta il tipo del toro con volto umano. Questa serie sembra assumere grande importanza perché riprende il tipo delle monete di Leo e, usando la tecnica incusa, si attesta in una tipologia achea. Questi dati possono essere messi in relazione con l’idea reggina di conquistare e penetrare economicamente nei territori tirrenici che erano stati sotto il dominio di Sibari e che Crotone non aveva conquistato. 38 Le fonti antiche parlano di 10-15.000 uomini tra locresi e reggini, schierati in battaglia e addirittura 130.000 crotoniati, cifra oggettivamente iperbolica. Secondo la leggenda le acque del fiume si tinsero di rosso a causa del sangue delle vittime, dal punto di vista storico si pensa che la cavalleria locrese riuscì prima a bloccare l'esercito crotoniate e poi a metterlo in rotta. I dati che oggi possediamo sulla battaglia derivano da un'iscrizione votiva su uno scudo rinvenuto a Delfi, recante scritto fra l'altro I cittadini di Hipponion e Medma e Locri dedicarono dal bottino dei Crotonesi. 39 VALLET, p. 283. I presupposti per la conquista del potere da parte di Anassila, che si inquadra nel contesto che abbiamo accennato, sono da ricercare in una reazione all’oligarchia reggina dominante che era stata sconfitta dalla vicina Zancle. Le due città dello Stretto avevano avuto sempre stretti rapporti che si inasprirono fino a sfociare in una sconfitta dei reggini ad opera di Zancle. La vittoria zanclea è, peraltro, testimoniata da due dediche votive rinvenute ad Olimpia.40 In questo quadro storico assistiamo alla presa del potere nella città reggina di Anassila, esponente del gruppo messenico cittadino. Reagendo all’oligarchia dominante, Anassila sale al potere nel 49441 occupando militarmente l’acropoli e proclamandosi tiranno. 42 La politica di Anassila mira subito ad impossessarsi del controllo della vicina Zancle. Gli interessi economici reggini potevano incontrare gravi difficoltà da parte di Zancle, soprattutto se pensiamo che quasi contemporaneamente allo stesso Anassila, anche Zancle aveva visto il crollo dell’oligarchia regnante a scapito della tirannide di Scite, già tiranno di Cos e vassallo del potente Ippocrate.43 È in quest’ottica espansionistica che dobbiamo leggere la politica di Anassila. Il primo tentativo per conquistare Zancle fu fatto dal tiranno reggino ricorrendo ad un gruppo di esuli Samii che con un numero limitato di Milesi si erano recati sul territorio siculo su invito di Zancle. Anassila prese accordi con i due gruppi affinché questi si impadronissero della città. Le condizioni sembravano favorevoli a causa della mancanza in città di Scite che era trattenuto da operazioni militari contro i Siculi. Il piano di Anassila sembrò funzionare: i Samii presero possesso di Zancle e dopo si accordarono con Ippocrate. Egli, infatti, richiamato da Scite, convinse i Samii a stringere rapporti con lui piuttosto che con i reggini. Col nuovo accordo, ai Samii veniva concessa la città, il porto e metà dei beni, mentre ad Ippocrate veniva riconosciuta l’altra metà dei beni ed il possesso di tutta la chora di Zancle.44 Il primo tentativo di Anassila era fallito grazie al pronto intervento di Ippocrate. Il tiranno reggino però non si era arreso e ritentò qualche anno più tardi, nel 491, quando morì il temibile nemico Ippocrate. Fu allora che Anassila conquistò Zancle, scacciandone i Samii, ripopolandola con esuli della Messenia peloponnesiaca e rinominandola Messana.45 Per ufficializzare questa conquista, Anassila coniò un nuovo tipo di moneta che vedeva su un lato un auriga che conduceva una biga di mule, sull’altro una lepre con la legenda ora Rheginon, ora Messenion. Si è voluto identificare nell’auriga lo stesso Anassila, vincitore ad Olimpia della gara di mule, mentre la lepre starebbe ad indicare la casata degli Anassilaidi che ha il potere sui due popoli: quello reggino e quello messenio.46 Rhegion: la monetazione di Anassila La penetrazione nel territorio siculo da parte di Anassila non si arrestò alla sola città di Zancle, ma egli si spinse anche nel territorio della chora, arrivando a conquistare Milazzo. 40 SEG XI 1205, XV 246. HDT VI 23, 2; DIOD., XI, 48, 2. 42 DIONYS. HAL., XX, 7, 1 43 HDT., VII, 154. 44 HDT. VI, 22 – 24; VII, 164. 45 THUC., VI, 4, 5; PAUS., IV, 23, 6 ss. 46 Recentemente è stata avanzata un’altra ipotesi di carattere spiccatamente religioso. Nelle due mule, animali nati dall’incrocio tra un cavallo ed un’asina, la Caltabiano ha riconosciuto i due popoli, reggino e messenio, sotto la guida di uno stesso capo. 41 Testimonianza di questo scontro contro le truppe di Gelone sono le dediche votive che Reggini e Messeni fanno ad Olimpia.47 Le successive mosse del tiranno sono dettate dalla difesa e dal mantenimento delle rotte commerciali reggine sul Tirreno, in una prospettiva etrusca e cartaginese. Il neonato Regno dello Stretto di Anassila diventava così lo snodo cruciale per i traffici commerciali in un’ottica filo etrusca e filo punica. Per rinsaldare i rapporti con le poleis calcidesi dell’isola e, prevalentemente in funzione anti dorica, Anassila sposa in seconde nozze Cidippe, la figlia di Terillo, tiranno di Imera.48 Per quanto riguarda il territorio calabro, anche qui la politica di Anassila punta ad un espansionismo militare. Il nemico principale da cui tutelarsi era Locri, il vicino che chiude Anassila in un territorio angusto. Anassila riporta la vittoria sui locresi, come documentano le quattro dediche provenienti da Olimpia.49 Olimpia. Paragnatide di elmo di bronzo con dettaglio dell’iscrizione: “A Zeus i Reggini [dal bottino] dei Locresi”. Olimpia, Museo Archeologico (da VIII. Olympiabericht, 1967) 47 SEG XXIV 303 e 313 – 314. HDT. VII, 165. 49 SEG XXIV 304, 305, 311, 312. 48 Olimpia. Elmo di bronzo con dedica dei Reggini. Olimpia, Museo Archeologico (da VIII. Olympiabericht, 1967) Olimpia. Schiniere di bronzo con dedica: “A Zeus i Reggini[dal bottino] dei Locresi”. Olimpia, Museo Archeologico (da VIII. Olympiabericht, 1967) Non possiamo attestare su quale confine si sia mosso il tiranno reggino, se quello ionico o quello tirrenico. E’ ipotizzabile, però, che in questo caso Anassila si sia diretto sul versante tirrenico. Sembra, infatti, che in quel periodo il confine ionico fosse contrassegnato dal fiume Kaikinos (l’odierna Amendolea),50 mentre più importante doveva apparire il versante tirrenico per diversi motivi. Innanzitutto, alla luce della mossa precedente, sembra che la politica di Anassila mirasse a preservare gli interessi economici sul Tirreno; quindi perché Metauro e la piana retrostante rappresentavano una conquista favorevole per i reggini. Lo sforzo reggino su questo versante è inoltre documentato da una dedica ad Eracle reggino, rinvenuta nei pressi dell’antico fiume Metauros (l’odierno Petrace), risalente alla prima metà del V secolo.51 Oppido Mamertina, contrada Castellace. Lamina di bronzo con dedica ad Eracle Reggino. Reggio Calabria, Museo Nazionale (Lattanzi 1987) Conseguenza di questo primo scontro con i locresi è forse l’alleanza che questi ultimi stringeranno con Siracusa e che diventerà un punto fondamentale della loro politica estera per oltre un secolo. Già dal primo quindicennio del V secolo, Siracusa stava affacciandosi prepotentemente sulla scena politica estera grazie a Gelone, tiranno della dinastia Dinomenide.52 50 PAUS., VI, 6, 4. C. SESTIERI 1940, pp. 21 – 24; 52 G. DE SENSI SESTITO 1987, p. 256; 51 Le sue mosse erano ormai in una direzione certa: approntare un grande esercito per scacciare dalla Sicilia i Cartaginesi ed Anassila. Una delle prime mosse consistette nell’attacco di Terone, tiranno di Agrigento e legato a Gelone da vincoli matrimoniali, contro Imera nel 483. Terillo venne scacciato e trovò asilo dal genero Anassila. L’avanzata siracusana si faceva sentire a tal punto che lo stesso Anassila chiese aiuto al comandante cartaginese Amilcare, facendo leva sul rapporto che lo legava a Terillo, e arrivando a lasciare in ostaggio al generale cartaginese i suoi figli.53 Alla luce di questa situazione Reggio si doterà di una potente cinta muraria.54 La grecità d’Occidente era vicina allo scontro: due erano le coalizioni che si stavano preparando alla guerra: da una parte lo schieramento punico – calcidese, con Reggio, Zancle e Selinunte; dall’altra la coalizione dorica con Siracusa, Gela e Agrigento. Importanti per l’esito dello scontro furono diversi fattori: Gelone impostò una forte politica propagandistica, facendo leva su una guerra che doveva liberare la Sicilia dai Barbari.55 A ciò si aggiunga che l’esercito della coalizione dorica era già pronto allo scontro e la velocità di Gelone impedì che gli eserciti di Anassila e Selinunte si potessero unire a quello cartaginese. Il contingente punico sbarcò a Panormo, muovendo l’assedio ad Imera, ormai sotto il controllo di Terone. Gelone intervenne prontamente: Amilcare venne ucciso a tradimento,56 le navi cartaginesi furono incendiate e lo scontro si risolse con l’annientamento dei Cartaginesi nell’estate del 480, nello stesso giorno – secondo una tradizione siceliota già nota ad Erodoto della battaglia di Salamina.57 Tutti questi fattori concorsero alla vittoria del contingente dorico.58 Dopo la sconfitta di Imera, la politica espansionistica di Anassila subì un pesante ridimensionamento. Gelone e Siracusa, all’indomani della vittoria, si arrogarono il compito di leadership del modo greco d’Occidente e Anassila dovette sottomettersi con una symmachia59 suggellata dal matrimonio di una sua figlia di primo letto con Gelone.60 Le sorti di Reggio, dopo la guerra, cambiarono radicalmente, non solo da un punto di vista strettamente politico. L’egemonia di Siracusa ebbe importanti e gravi riflessi soprattutto in ambito commerciale: oramai Reggio doveva piegarsi agli interessi siracusani. Immediate furono le ripercussioni sui movimenti economici reggini: Reggio e Messana furono costrette ad abbandonare il piede calcidese per adottare quello euboico – attico in uso a Siracusa, Agrigento e Gela, segno chiaro ed inequivocabile del cambiamento delle direttrici commerciali; la ceramica calcidese fabbricata a Reggio subisce una brusca diminuzione, vengono troncati i rapporti col mondo etrusco, contro cui è ormai indirizzata la politica siracusana; Anassila è costretto ad impedire l’accesso allo stretto, fortificando il promontorio Scilleo (l’odierna Scilla);61 inoltre diminuiva bruscamente l’intera mole del traffico verso il Tirreno ed il Mediterraneo Occidentale. La ricchezza di Reggio era sempre stata nel suo porto e nei suoi traffici: dal 480, dopo la sconfitta subita ad Imera, la situazione cambiò profondamente. L’importanza del porto reggino come emporio commerciale e snodo di traffici verso il Tirreno, viene sostituita da Siracusa. I riflessi sono immediati: rinuncia ai tradizionali mercati commerciali, diminuzione dei guadagni del porto, flessione dell’artigianato locale. Si era spento il sogno espansionistico di Anassila, troncato dalla politica siracusana. La Coordinatrice del Dipartimento dell’Area Umanistico-Linguistica Prof.ssa Margherita Tromba 53 HDT. VII, 165. VALLET, pp. 125 – 127. 55 DE SENSI SESTITO 1981, pp. 617 ss. 56 HDT., VII, 165 – 167; DIOD., XI, 1; XI, 20 – 25; POLIENO, I, 27, 2 – 28. 57 HDT., VII, 166. 58 DIOD., XI, 20 – 22. 59 DIOD., XI, 26, 1 60 SCHOL. PIND. Pyth., I, 112. 61 STRABO, VI, 1, 5. 54