Introduzione pag. 6 Capitolo I Turismo e Ambiente

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Introduzione pag. 6 Capitolo I Turismo e Ambiente
Indice
Introduzione
pag. 6
Capitolo I
Turismo e Ambiente
“ 9
1.1 Turismo e Ambiente: conflitto o complementarietà ?“ 9
1.2. La pianificazione dello sviluppo turistico
“ 18
1.3 Aree Protette: tra conservazione e fruizione
“ 23
“soft” dell’ambiente naturale.
1.4 Aree Protette ed economia
“ 27
1.5 Il modello del ciclo di vita di una destinazione
“ 36
turistica.
1.6 La capacità di carico di una destinazione turistica “ 42
Capitolo II
Il sistema della protezione ambientale in Italia
“ 47
2.1 Patrimonio naturale e Aree Protette
“ 47
2.2 Normativa Ambientale - finalità e ambito del
“ 48
legge quadro sulle aree naturali protette
2.3 Le Aree Marine Protette come occasione per la “ 51
protezione e la gestione delle nostre coste.
2.4 Evoluzione della politica di tutela ambientale
“ 57
Capitolo III
Case history: l’Area Marina Protetta “Punta Campanella” “ 68
3.1 Il contesto ambientale dell’Area Marina
“ 68
Protetta (A.M.P.)
3.2 Finalità istitutive dell’Area Marina protetta
“ 72
3.3 Punta Campanella: esperimento di gestione delegata. “ 74
3.4 Iter legislativo di istituzione dell’A.M.P. e
“ 75
organi della Riserva
3.5 Decreto istitutivo dell’AMP e sua modifica
“ 76
3.6 Analisi della realtà turistica dell’area
“ 80
3.7 Zonizzazione dell’A.M.P.
“ 84
3.8 AMP: dalla tutela ambientale allo sviluppo
“ 86
economico sostenibile.
3.9 Applicazione del ciclo di vita di una destinazione “ 88
turistica a Punta Campanella
Capitolo IV
Interventi finanziari a sostegno dello sviluppo
“ 93
ecosostenibile
4.1 PIT “Punta Campanella”
“ 93
4.2 SFOP: interventi comunitari a sostegno del settore “ 104
pesca
4.3 POR Regione Campania: misure a favore
“ 108
delle Aree Naturali Protette.
4.3.1 Misura 1.9
“ 108
4.3.2 Misura 1.10
“ 110
1
4.3.3 Misura 1.11
“ 111
Capitolo V
Il Pescaturismo
“ 114
5.1 Effetti derivanti dallo sviluppo del Pescaturismo “ 118
5.2 Normativa in materia di Pescaturismo
“ 119
5.3 Ittiturismo: un’occasione per la rivitalizzazione “ 122
e la valorizzazione del patrimonio abitativo esistente
nelle aree protette
5.4 Confronto tra Pescaturismo e Agriturismo
“ 123
5.5 Il pescaturismo e la riduzione dello sforzo di “ 127
pesca
Appendice al Capitolo V
Pescaturismo: l’esperienza italiana
“ 130
1. Imprese italiane impegnate nel Pescaturismo
“ 130
2. Pescaturismo in Penisola Sorrentina:
“ 131
l’attività della Cooperativa Ulixes
3. Potenzialità e opportunità del Pescaturismo in “ 133
Penisola Sorrentina
4. Problematiche connesse con lo svolgimento della “ 139
attività di Pescaturismo
Conclusione
Bibliografia
“ 148
“ 151
2
Introduzione
Qualsiasi attività svolta dall’uomo comporta, inevitabilmente, una trasformazione dell’ambiente. Tra
queste il turismo, la cui pratica, in seguito alle conquiste sociali del secolo passato, è divenuta un
fenomeno sociale esteso a strati sempre più ampi della società, ha come risorsa di base l’ambiente.
Lo sviluppo turistico, anche se incoraggiato come modalità per uno sviluppo economico “facile”, ben
presto ha manifestato anche i suoi effetti negativi, talvolta destinati a durare ben più a lungo dei benefici
apportati. Esso ha trasformato intere regioni giungendo, talvolta, a devastare ecosistemi naturali e ad
alterare prezioso equilibri. Paradossalmente, esso ha contribuito a ricreare quel disordine e
quell’artificialità a cui si desidera sottrarsi godendo di un periodo di vacanza, e in questo modo, a
distruggere le risorse su cui il turismo stesso si basa.
Nonostante questo quadro piuttosto negativo, non sempre il rapporto tra turismo e ambiente si
configura in modo così problematico. Talvolta il turismo contribuisce alla tutela e alla valorizzazione
delle risorse naturali come nel caso dell’istituzione di Aree Naturali Protette. Tuttavia la natura
estremamente complessa del fenomeno turistico impone che, nello sviluppo di un territorio a fini
turistici, si abbandoni una certa improvvisazione, in favore di un’attenta pianificazione che tenga conto
delle molteplici interrelazioni che caratterizzano il turismo da un punto di vista ambientale, ma anche
economico, sociale e culturale, che consideri la capacità di accoglienza di ciascuna località e che, di
conseguenza, renda possibile anche limitare lo sviluppo turistico quando i costi che esso impone,
superino i benefici apportati, sia per la popolazione ospitante, che per i turisti stessi (capitolo 1).
Le Aree Naturali Protette, istituite al fine di preservare preziosi ecosistemi, in zone ad alto potenziale
turistico, rispondono proprio a tale esigenza di pianificazione dello sviluppo turistico in un’ottica di
sostenibilità. La tutela e la preservazione delle risorse diviene, allora, non fine a se stessa, ma strumentale
ad uno sviluppo economico e sociale “responsabile” che guardi anche al futuro. Rilevante, a tale
riguardo, è il ruolo degli Enti Locali, chiamati a favorire uno sviluppo economico basato sulle reali
potenzialità e sulle necessità dei territori direttamente amministrati. Ed è per tale motivo che oggi si
tende ad affidare ad essi anche la gestione delle Aree Naturali Protette (capitolo2).
Nel capitolo 3 ho riportato l’esperienza, avviata qualche anno fa, dell’Area Marina Protetta “Punta
Campanella” che abbraccia un territorio complesso come quello della penisola Sorrentina. La finalità
dell’istituzione di quest’area protetta, in una destinazione già turisticamente sviluppata, è quella di
promuovere un turismo più rispettoso dell’ambiente e la diffusione di attività ecocompatibili intorno ad
esso.
L’Area Marina Protetta, nonostante le controversie e le difficoltà incontrate e, in parte, già superate, si
presenta come stimolo per una nuova progettualità sostenuta dai fondi messi a disposizione dall’Unione
Europea per le Aree Protette (capitolo 4). Numerosi sono i progetti, in parte in attesa di realizzazione, per
intraprendere delle attività economiche che rispettino i principi istitutivi dell’Area Protetta; in particolare
il “pescaturismo” e l’”ittiturismo”, si configurano come attività caratterizzate da un lato, da un ridotto
impatto ambientale, e dall’altro, dalla capacità di apportare benefici economici all’area (capitolo 5).
3
Capitolo I
1.1 Turismo e Ambiente: conflitto o complementarietà?
Il prodotto turistico è, per sua natura, estremamente composito e complesso. In particolare, nell’ambito
di esso, la componente spaziale e quella territoriale rivestono un ruolo estremamente rilevante, esse
caratterizzano il prodotto turistico molto più degli altri beni di consumo. L’offerta turistica di una località
non può essere “consumata” altrove ma la fruizione deve avvenire nel luogo stesso di “produzione”. Ha
senso, allora, parlare del prodotto turistico come una combinazione del “place product” (ossia l’insieme
degli elementi territoriali quali risorse di base, organizzazione dell’ospitalità e servizi complementari a
quelli strettamente turistici), con gli elementi attinenti al viaggio tra la località di origine e quella di
destinazione. In quest’ottica i turisti possono essere definiti come dei“place consumers”, ed il processo
di pianificazione e organizzazione del territorio diviene assimilabile al processo produttivo. Dunque è
possibile rilevare, in un’ottica di sviluppo turistico, l’importanza dell’ambiente nel senso più ampio, che
non consideri soltanto le risorse naturali o culturali del luogo, che pur rappresentano le condizioni
necessarie per lo svolgimento dell’attività turistica, ma tutto l’insieme dei servizi di alloggio e di
ristorazione presso la destinazione e nelle aree di transito, gli elementi di accesso ad essa, le infrastrutture
(trasporti, forniture di energia elettrica, acqua, telecomunicazioni ecc.), oltre che la popolazione
residente, chiamata ad interagire con i turisti. 1
Il turismo e tutte le attività ad esso collegate, proprio per la rilevanza che la componente territoriale
riveste in essi, si inseriscono in un contesto ambientale che ne risulta inevitabilmente modificato in tutti i
suoi aspetti, da quello strettamente naturale, a quello sociale e culturale.
In passato il fenomeno turistico veniva studiato e analizzato solo in quanto modalità attraverso la quale
assicurare lo sviluppo economico dell’area interessata. Negli anni più recenti, invece, è cominciata ad
affiorare, anche negli economisti, una maggiore sensibilità verso i problemi ambientali causati dal
turismo, al punto da configurarsi un rapporto di tipo conflittuale tra turismo ed ambiente.
Alcuni studiosi si sono soffermati sulla complessa relazione che può instaurarsi tra turismo e ambiente;
G.Budowski, in particolare, ha teorizzato tre differenti forme di interrelazione:
• la coesistenza
• il conflitto
• la simbiosi2
Nel primo caso, nella realtà piuttosto raro, si ipotizza una sorta di isolamento delle due attività, nel senso
che il turismo si svolge con poche e trascurabili connessioni con l’ambiente. Il secondo tipo di relazione
è quello che si riscontra normalmente, infatti il turismo, come qualsiasi attività economica, ed anzi in
modo particolare, in quanto l’ambiente naturale è il fondamento stesso del prodotto turistico, può
provocare fenomeni di degrado ambientale. Il terzo tipo di relazione configura un tipo di integrazione
positiva tra turismo ed ambiente. Esempio di questo tipo di relazione è il caso in cui il turismo
contribuisce ad attuare programmi di conservazione ambientale in particolari aree che divengono, così,
oggetto di attrazione di numerosi turisti. E’ il caso dei parchi, delle riserve terrestri e delle aree marine
protette, argomento che costituisce oggetto di approfondimento del seguente lavoro.
In ogni caso, è necessario attuare una opportuna pianificazione dello sviluppo turistico, al fine di
ottimizzare l’utilizzazione dello spazio nelle sue dimensioni ambientale, sociale ed economica ed
evitando, o almeno, limitando l’insorgenza di fenomeni negativi che derivano dallo sviluppo stesso.
Nella realtà si assiste a situazioni in cui l’attività turistica coesiste con altre tipologie di attività produttive.
A tal proposito è da precisare che qualsiasi attività produttiva svolta dall’uomo necessita di risorse che
vengono prelevate dall’ecosistema e impiegate nei diversi processi tecnologici. Tali risorse possono
1
G.Aswoth e B.Goodall, Marketing Tourist Places, Routledge, London, New York, 1990
G.Budowski, Tuorism and Environmental Conservation: conflict, coexistance or
symbhiosis?,Environmental Conservation, 1976, pp.27-29
2
4
essere destinate sia alla produzione industriale che a quella turistica, per cui la produzione dei due settori
viene a dipendere rispettivamente dalla quantità di risorse utilizzate in essi.
Concentrando l’analisi sul settore turistico, si può osservare come la produzione di beni e servizi turistici
in un’area avvenga, generalmente, incidendo sulla qualità delle risorse ambientali, nel senso che
maggiori volumi produttivi determineranno un impiego più elevato di risorse e quindi una riduzione del
loro livello qualitativo, dovuta anche all’inquinamento, spesso di tipo diffuso, causato da tali attività.
È possibile, allora, individuare la frontiera delle possibilità produttive del settore turistico (HK) (Fig.1),
quale luogo dei punti che rappresenta tutte le combinazioni possibili tra beni/servizi e qualità
dell’ambiente dove la produzione turistica, si svolge. Sugli assi vengono rappresentati rispettivamente i
beni e servizi (BS) e la qualità delle risorse ambientali (QA), la frontiera è ottenuta tenendo conto sia
delle possibilità tecnologiche presenti nel sistema economico, che delle preferenze dei consumatori.
BS
H
K
QA
Fig.1
La curva assume un andamento di tipo classico, concavo verso l’origine degli assi. Esso sta ad indicare
una relazione inversa tra la quantità di beni e servizi prodotta e la qualità dell’ambiente. Tale andamento
è giustificato, inoltre, dal fatto che in un ambiente molto inquinato e con forte disponibilità di beni e
servizi (punto H) ogni spostamento di potenzialità tecnologiche e risorse produttive a favore della
qualità dell’ambiente consentirà un guadagno molto più che proporzionale rispetto alla perdita di beni e
servizi, per il principio della produttività marginale decrescente.3 Tuttavia, in relazione alla natura
dell’attività turistica, è necessario fare un’ulteriore considerazione, in particolare si può notare come,
condizione per cui un’area risulti in grado di attrarre dei visitatori, sia la presenza di un livello minimo di
qualità delle risorse ambientali. Conseguenza di ciò è che l’attività turistica non potrà svilupparsi in un
territorio dove non sia assicurato almeno tale livello di qualità ambientale. Graficamente avremo che
OH sarà il limite inferiore di qualità dell’ambiente che risulti compatibile con la gestione turistica del
territorio (Fig.2).
3
G. Calzoni, Principi di economia dell’ambiente e di gestione turistica del territorio, F. Angeli,
1988, p. 84
5
BS
QA
H
Fig.2
Nel caso del turismo naturalistico, ed in particolare per la domanda di turismo che si svolge alle aree
naturali protette, avremo che il punto H sarà più spostato verso destra lungo l’asse delle ascisse in
quanto, in questo caso, i visitatori saranno particolarmente attenti alla qualità ambientale, essi si
recheranno in quell’area proprio perché un parco non può che essere “garanzia” di elevata qualità
ambientale.
L’inserimento dell’attività turistica in un determinato contesto economico comporta, senza dubbio, un
aumento della disponibilità di beni e servizi fruibili, ma in generale si può ipotizzare che esso instauri
quel rapporto conflittuale con le risorse ambientali di cui parlava Budowski4 , tale per cui si potrà arrivare
ad una riduzione del livello qualitativo delle stesse. In termini grafici ciò si tradurrà in uno spostamento
verso l’alto della frontiera delle possibilità produttive, per l’aumentata disponibilità di beni, ed in un suo
arretramento verso sinistra, ad indicare una riduzione della qualità delle risorse ambientali interessate dal
fenomeno turistico (Fig.3). Per far fronte a tale situazione sarebbe necessaria un’adeguata attività di
pianificazione turistica, che preveda, tra l’altro, la creazione di infrastrutture ed interventi di promozione
dei beni e servizi turistici; questa potrebbe contribuire, certamente, ad espandere la frontiera sul lato che
indica la qualità delle risorse ambientali.5
Il punto d’intersezione tra le due curve tenderà a posizionarsi tanto più in basso, quanto minore sarà
l’impatto negativo che l’attività turistica determina sull’ambiente.
4
Budowski, op. cit.
Berardi S., Appunti relativi al corso di Programmazione dello Sviluppo e assetto turistico del
territorio, Assisi 2000
5
6
BS
H'
H
O
K' K
QA
Fig.3
L’andamento della curva sarebbe, certamente, diverso se la relazione tra turismo ed ambiente fosse di
“simbiosi” anziché di tipo conflittuale. La creazione di parchi ed aree naturali protette, realizzando
interventi di tutela e conservazione delle risorse ambientali, rappresenta situazioni in cui lo sviluppo
turistico non solo consente di intervenire per tutelare tali risorse, ma favorisce, al tempo stesso, un
incremento della qualità di esse, affinché possano mantenere il loro valore e la loro attrattività turistica
nel tempo. Il recupero di centri storici a fini turistici, la valorizzazione di antichi borghi disabitati a scopo
ricettivo, il restauro di opere d’arte, di monumenti, la protezione di una fascia di costa e azioni di
rimboschimento sono soltanto alcuni degli innumerevoli esempi di situazioni in cui l’attività turistica
funge da stimolo per il miglioramento della qualità delle risorse dell’ambiente inteso in senso ampio.
Graficamente ciò si traduce in una traslazione verso l’alto della frontiera delle possibilità produttive
(Fig.4). Ciascun punto della nuova frontiera corrisponde ad una quantità superiore di beni e servizi di
cui si può fruire in un’area naturale protetta, unita, allo stesso tempo, ad una migliore qualità delle risorse
ambientali del luogo.
BS
H
O
K
QA
7
Fig.4
1.2 La pianificazione dello sviluppo turistico
La complessità che caratterizza il fenomeno turistico, le sue numerose interrelazioni a livello sociale,
culturale, economico e ambientale implicano la necessità di adottare la prospettiva di un prodotto
turistico globale. Pianificare lo sviluppo turistico di un territorio significa, allora, tenere conto,
contemporaneamente, di tutte queste componenti in un’ottica di lungo periodo, prefigurando anche gli
effetti che lo svolgimento dell’attività turistica può avere su ciascuna di esse.
Lo sviluppo turistico di un territorio spesso è stato incentivato senza considerare le conseguenze del
fenomeno dal punto di vista ambientale, sociale e culturale che, invece, a lungo andare, incidono
gravemente sull’attrattività del territorio stesso, minando alla base le condizioni che permettono lo
svolgimento dell’attività turistica.
Dopo aver assistito alle conseguenze, talvolta devastanti, del turismo di massa, risultato proprio di
questa tendenza, è apparsa la necessità di provvedere ad una corretta pianificazione dell’utilizzo turistico
di un territorio che risulti dotato di risorse di base capaci di attirare dei visitatori, al fine di ottimizzare
l’utilizzazione dello spazio nelle sue dimensioni ambientale, sociale ed economica, evitando o cercando
di limitare l’insorgere di fenomeni negativi dovuti allo sviluppo stesso.
L’approccio che attualmente viene adottato nella pianificazione turistica, come anche in altri tipi di
sviluppo, è quello basato sul conseguimento di uno sviluppo sostenibile. La sostenibilità è diventata un
esplicito obiettivo di molte politiche ambientali, in particolare a partire dal rapporto Bruntland,6 anche se
già dei piani turistici precedenti prendevano in considerazione la problematica della conservazione delle
risorse.
Nella pianificazione turistica un approccio basato su uno sviluppo sostenibile appare particolarmente
appropriato, proprio in relazione alle peculiarità di tale attività che è strettamente legata all’ambiente
naturale ed all’eredità storica e culturale del luogo. Il degrado o la distruzione di queste risorse riduce la
capacità d’attrazione delle aree, fino a far cessare l’attività turistica stessa.
Il turismo sostenibile si configura, invece, come un modello di sviluppo economico volto a:
• migliorare la qualità della vita della comunità ospitante;
• fornire ai visitatori un’esperienza di elevata qualità;
• mantenere buona la qualità dell’ambiente a cui sono legati sia la comunità locale che i visitatori.
Se da un lato l’attività di pianificazione del turismo deve basarsi su un approccio di tipo sostenibile,
dall’altro si rileva come sia la pianificazione stessa che diventa il presupposto per7 conseguire la
sostenibilità dello sviluppo, garantendo la conservazione delle risorse ambientali e storico-culturali.
Nell’ottica di realizzare uno sviluppo turistico sostenibile emerge, con evidenza, il ruolo positivo che
possono svolgere enti di natura pubblica che sono chiamati ad assicurare, data la rilevanza degli interessi
coinvolti, la corretta gestione del territorio. Tuttavia l’obiettivo di uno sviluppo turistico sostenibile si
ritiene sia conseguibile solo con il coinvolgimento della comunità locale nel processo di pianificazione e
di sviluppo, assicurando che la gran parte dei benefici derivanti dal turismo rimangano all’interno
dell’area.
Oggi, il concetto di “sviluppo sostenibile” è al centro di numerosi dibattiti, talvolta si giunge ad abusare
di questa definizione o quanto meno si tende ad attribuire, troppo facilmente, l’aggettivo “sostenibile” a
varie iniziative nella ricerca di consenso, talvolta, di natura politica, facendo leva su una ormai
accresciuta sensibilità ambientale del grande pubblico.
6
Comm. Mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, Our common future, London Oxford University
Press, 1987
7
Berardi, op. cit.
8
Vari studiosi hanno affrontato il tema dello sviluppo sostenibile; a mio avviso non esiste un metodo o
una formula che ci consenta di definire, una volta per tutte, cosa sia sostenibile e cosa non lo sia. Lo
sviluppo sostenibile rappresenta piuttosto una visione globale del concetto di sviluppo, una strategia che
si articola a diversi livelli: esso, in sintesi potrebbe essere definito come una forma di sviluppo non solo
economico, ma anche sociale, in cui la crescita economica avviene entro i limiti delle possibilità
ecologiche degli ecosistemi e della loro capacità di soddisfare i bisogni delle generazioni future. Poiché
lo sviluppo economico dipende dallo stock di risorse naturali della terra, mantenerne la riproducibilità
rappresenta la chiave per la sostenibilità. Tale riproducibilità viene mantenuta solo da un uso razionale
delle risorse che tenga conto dei meccanismi di funzionamento degli ecosistemi e in generale delle
capacità di carico ambientali (in senso ampio). Ne deriva che lo sviluppo sostenibile non è
semplicemente protezione ambientale, ma un concetto nuovo di crescita economica, tale da garantire
giustizia ed opportunità per tutti e non solo per pochi privilegiati, senza distruggere le risorse naturali del
pianeta e le sue capacità di carico. E' un processo in cui le politiche dei vari settori come quello
economico, commerciale, energetico, agricolo, turistico, industriale, ecc. sono fatte in modo da creare
uno sviluppo che sia economicamente, socialmente ed ecologicamente sostenibile, uno sviluppo che
non è finanziato dall'indebitamento, sia esso in termini economici, sociali o ecologici. Gli estremi entro
cui si muove l'accezione di sviluppo sostenibile vanno da un livello minimo (sostenibilità "debole") in
cui il concetto di sostenibilità è riferito alla sfera strettamente economica, per cui devono essere assicurati
almeno pari livelli di consumo procapite per le presenti e per le future generazioni ad un livello massimo
secondo il quale occorre assicurare non solo i livelli di consumo umano, ma anche la stabilità degli
ecosistemi8 . E' evidente quindi come esistano diverse teorie e punti di vista riguardo allo sviluppo
sostenibile. Un elemento è però unanime, lo sviluppo è sostenibile quando è self-reliant, cioè non
dipende dalla presenza di un continuo input dall'esterno sia di finanze che di assistenza, è pensato e
implementato con la partecipazione locale, rispetta la cultura e le tradizioni della gente, ed è adatto
all'area a cui si applica tenendo conto dei suoi particolari problemi e potenzialità. Lo sviluppo sostenibile
perciò è una strategia per affrontare i temi dello sviluppo e dell'ambiente. Da questo consegue che è
necessario un approccio globale e preventivo piuttosto che settoriale e curativo. Perciò non basta una
buona normativa, in cui comunque i singoli provvedimenti devono essere coerenti tra loro e
rispecchiare un comune disegno strategico, ma occorrono anche la volontà politica e la capacità
culturale di coinvolgere e di convincere le popolazioni verso la costruzione di nuovi stili di vita.9
1.3 Aree protette: tra conservazione e fruizione “soft” dell’ambiente naturale
Le Aree Naturali Protette, espressione visibile di una nuova modalità di fruizione turistica del territorio,
assumono tra le proprie finalità proprio quella della realizzazione di uno sviluppo sostenibile per le zone
interessate, esse sono luoghi privilegiati per la sperimentazione di un’attenta pianificazione dello
sviluppo turistico, che concili le esigenze della tutela dell’ambiente e dell’identità culturale del luogo,
con quelle dello sviluppo economico.
L’istituzione di un’area naturale protetta comporta una serie di vincoli nell’utilizzo delle risorse, che solo
in apparenza possono sembrare un ostacolo allo sviluppo economico. La regolamentazione di alcune
forme d’uso è ovviamente finalizzata ad evitare uno sfruttamento eccessivo e ad assicurare che l’uso
delle risorse sia sostenibile, tale cioè da consentire alla risorsa stessa di rinnovarsi.
Le aree protette possono conservare al loro interno un patrimonio genetico di grande valore; esse,
inoltre, con il loro patrimonio storico, culturale e naturalistico svolgono una funzione educativa
fondamentale, i cui benefici sono difficilmente quantificabili.
8
Pearce D., Turner K., Economics of Natural Resources and the environment, New York, 1990
Riva A.,“Progettiamo il futuro” di Educazione ambientale, supplemento a “Legambiente
notizie”, n.8 anno VII 15/10/96
9
9
Sulla base di ciò, le aree protette possono divenire uno strumento efficace per realizzare la
conservazione della biodiversità e per potenziare lo sviluppo sostenibile. Per quanto riguarda
quest’ultimo tema, afferma Carlo Alberto Graziani, presidente del Parco Nazionale dei Monti Sibillini,
“ occorre risolvere il conflitto tra esigenze diverse: quelle di tutela ambientale e quelle dello sviluppo, il
problema della sostenibilità ci pone di fronte ad una questione che va risolta non nel segno della
supremazia di un’esigenza rispetto a un’altra e neanche del compromesso, ma nel senso di una ricerca
di una sintesi ad un livello più alto... dove la tutela, la più rigorosa possibile, è intrinsecamente
compatibile, con un alto livello di sviluppo compatibile (che non è solo economico, ma è anche e prima
di tutto sociale, civile, culturale).10
A conferma di ciò, laddove gli enti locali e i gestori dei parchi naturali sappiano coniugare la
conservazione degli ecosistemi con una loro fruizione turistica “soft”, le aree protette potrebbero
diventare delle importanti risorse rinnovabili per le economie locali creando occupazione, posti di
lavoro e ricchezze ben più sostenibili e durature nel tempo della speculazione edilizia.
E’ necessario ed urgente, ad oggi, procedere, con la politica intrapresa dal Ministero dell’Ambiente ad
un generale riordino e rivalorizzazione del patrimonio turistico naturale italiano. Con questa
affermazione, implicitamente ritorno al ruolo che, in questo senso, rivestono le aree naturali protette,
dove si punta sempre più sul recupero delle abitazioni degradate e abbandonate, specie nell’entroterra, e
sulla salvaguardia idrogeologica dell’ambiente. Ne sono un esempio i numerosi borghi e centri abitati
“dimenticati” dallo sviluppo economico, che si trovano all’interno o nelle vicinanze del territorio italiano
incluso nelle aree protette.
Dopo iniziali resistenze, il turismo verde ha dimostrato, in numerosi casi, di essere capace di attrarre
visitatori che con la loro domanda di servizi ad alto tasso di occupazione hanno saputo risollevare le sorti
di economie strutturalmente deboli. Tale domanda ha portato a preziosi interventi di recupero del
patrimonio abitativo tradizionale e della stessa economia locale, specie quella contadina che si è
convertita al biologico. Questo turismo si sta dimostrando estremamente attento alla qualità
dell’ambiente tanto da essere in grado di orientare e condizionare gli stessi atteggiamenti degli operatori
e degli entilocali. Esso potrebbe rappresentare, se sostenuto e appoggiato, una reale alternativa capace di
coniugare i desideri del turista e le aspettative economiche dei locali con il rispetto degli equilibri
ecologici.
10
Graziani C.A., Riflessioni sul codice delle aree naturali protette, in Parchi, rivista del
Coordinamento nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali, n.16, Ottobre 1995, pp. 15-18
10
1.4 Aree Protette ed Economia
E’ necessario, però, rilevare come nella realtà siano pochi i casi di aree protette sia terrestri che marine
dove si sia riusciti a coniugare la conservazione dell’ambiente con le esigenze di sviluppo socioeconomico locali in un’ottica di sostenibilità.
Nell’ambito del dibattito riguardo la politica di protezione dell’ambiente spesso è emersa la convinzione
che tra le finalità delle comunità locali e quelle delle aree protette vi sia un rapporto di tipo conflittuale.
Ciò dimostra come probabilmente abbia agito una convinzione diffusa secondo la quale tra gli interessi
(e le culture) dei sistemi sociali locali e quelli degli spazi naturali protetti non avrebbe potuto esserci
alcuna possibilità di incontro. Risultato immediato di questo assetto è stato quello della separazione: la
gestione delle aree protette, soprattutto quella dei parchi nazionali, ha sottolineato troppo spesso la
regolazione ed il controllo ponendo ai margini le comunità locali con le loro esigenze di sviluppo
economico. Una nuova prospettiva è parsa invece delinearsi all’orizzonte delle politiche pubbliche
ambientali, quella della sostenibilità ambientale dello sviluppo socio-economico che potrebbe
addirittura ribaltare questa reciproca diffidenza e mutua esclusione. Tale riorientamento ha in sé tutte le
potenzialità per esaltare la collaborazione dei due gruppi di interesse che vengono individuati, da un lato,
nelle comunità locali e, dall’altro, nelle aree protette e negli organi gestori. Tale collaborazione porta con
sé elementi positivi per entrambi: le strutture locali interne o limitrofe alle aree che devono
“dinamicamente” essere conservate possono trarre sostanziali benefici economici da questa nuova
alleanza mentre, ed occorre sottolineare, le aree protette possono utilmente avvalersi del coinvolgimento
attivo delle popolazioni locali nei loro processi di pianificazione e gestione. Appare ovvio che il
controllo delle attività di protezione debba rimanere all’interno dell’area protetta ma questa autonomia
deve valorizzare al massimo la gestione come spazio di rapporto “interattivo”. In tale prospettiva si può
affermare un interesse reciproco nelle azioni volte all’affermazione dello sviluppo locale
ambientalmente sostenibile che genera reddito e occupazione.
Una volta riconquistata una fiducia reciproca tra le istituzioni del parco e quelle delle comunità locali si
potrà realizzare quella che viene definita una gestione congiunta. Si tratta di una forma di partenariato
che conferisce alle popolazioni un senso di coinvolgimento e di padroneggiamento della situazione
certamente di difficile realizzazione ma che può condurre a risultati indubbiamente innovativi di
governo locale e di governo delle aree protette.
Considerando la situazione italiana, in cui è ancora presente un rapporto conflittuale tra le due istituzioni,
è possibile osservare la rilevanza di tale messaggio. Nel nostro paese si è ormai risolto il conflitto
riguardo la stessa istituzione delle aree protette le quali si avviano verso una lenta ma sicura
affermazione politica, amministrativa e sociale, ma il conflitto con le comunità e le amministrazioni
permane e non sarà facile gestirlo, soprattutto se prevarranno mentalità ormai obsolete e metodi
autoritari da parte di entrambi i gruppi di interesse. Ora il conflitto, piuttosto, va spostandosi sui problemi
della gestione delle aree protette e sui problemi dello sviluppo socio-economico locale, tutto ciò
costituisce, sicuramente, un avanzamento radicale nel dibattito pubblico italiano sulle aree protette
perché si è superata una fase di aspri confronti e soprattutto perché sono ormai rari coloro che rimettono
in discussione la finalità fondamentale di uno spazio protetto: quella della conservazione della natura.
Tutto ciò è segno di una crescente attenzione verso le comunità locali sempre più coinvolte e artefici
dello sviluppo economico locale.11 E’ questo un modo di pensare e di agire che, sul piano delle
politiche pubbliche, si riconosce nell’approccio “bottom- up” allo sviluppo sosteni
bile del turismo e che privilegia il livello locale in modo che le aree di destinazione dei flussi turistici si
identifichino con i sistemi locali dove, per così dire, hanno sede le risorse turistiche. In sostanza si tratta
delle aree di attrazione dei visitatori. Non si fa qui riferimento, ovviamente, soltanto allo spazio fisico
turistico, che pure appare rilevante, poiché nelle destinazioni turistiche noi troviamo le comunità locali
11
A questo riguardo c’è da registrare un nuovo orientamento nello studio e nella prassi delle
attività turistiche che, nella letteratura straniera, va sotto il nome di Tourism Destination
11
con le loro strutture sociali e politico- amministrative e con le loro organizzazioni economiche, ma
dunque all’intero ventaglio degli attori locali. Occorre, inoltre, sottolineare che le “destinazioni”
turistiche presentano una varietà molto ampia di caratteristiche distintive che costruiscono quella che si
potrebbe chiamare identità locale turistica. Un’area costiera avrà allora un’identità ambientale e sociale
diversa da quella di un’area montana, così come un parco nazionale avrà i propri caratteri distintivi
rispetto ad una città d’arte. Sul piano della considerazione scientifica come sul piano pratico- operativo
l’insistenza sul livello locale del turismo comporta delle scelte: il livello micro più che il livello macro
delle scelte, l’attenzione mirata verso le risorse locali più che verso le risorse nazionali ed internazionali,
il livello locale della pianificazione turistica prima di quello, pur necessario, della pianificazione
nazionale, la gestione dei flussi turistici a livello locale più che l’organizzazione sociale dei visitatori “alla
fonte”, cioè, a livello della domanda. Ma le ragioni, insieme, culturali e strutturali, che hanno
determinato questa rinnovata attenzione per sistemi turistici locali sono indubbiamente e principalmente
da ricercare nella crescente consapevolezza degli impatti ambientali del turismo. In sostanza la qualità
ambientale di un’area turistica si inserisce sempre più nella qualità delle risorse turistiche che essa offre
ad una clientela che fruisce con sempre più consapevolezza del luogo turistico. Ma tale qualità
ambientale si pone in rapporto diretto con la qualità e la quantità dei visitatori. Da qui la rilevanza di un
management turistico centrato sulla dimensione locale e quindi sulle aree della destinazione turistica.
Le Aree Naturali Protette, create e gestite per difendere le peculiarità paesaggistiche, ambientali nonché
economiche di determinati luoghi, minacciate dal degrado, possono ben identificarsi con una tipologia
di pianificazione del territorio ed in particolare del fenomeno turistico che privilegia il livello locale. In
esse, a partire dalle emergenze ambientali e, a seconda delle caratteristiche del territorio, compreso il
grado di antropizzazione dell’area, vengono determinate le modalità di protezione e di fruizione
dell’ambiente naturale. Dunque, nelle Aree Naturali Protette, dove la dimensione locale assume
un’importanza fondamentale, una oculata gestione che veda una operosa collaborazione tra le comunità
locali e gli organi preposti alla tutela del territorio, in vista del raggiungimento di uno scopo comune,
può costituire una condizione favorevole per l’attuazione di quello che viene definito uno sviluppo
locale ambientalmente sostenibile.
Ciò è quanto affermato anche a livello internazionale in documenti di ampio spessore tra cui Parks for
Life12 uno dei molti piani regionali elaborati dalla Commissione per i Parchi Nazionali e le Aree
Protette (CNPPA). Il piano d’azione europeo, pubblicato nel 1994, precede di molto gli attuali dibattiti
italiani e fornisce le linee di condotta che, per quanto generali, colgono con chiarezza l’essenza dei
problemi e delle politiche, soprattutto delle politiche locali. Pur nella sua generalità tale documento non
si esime dal fornire indicazioni concrete che già in molte aree protette internazionali sono state
sperimentate.13
Altro importante documento è la Carta Europea del turismo sostenibile nelle aree protette, anch’essa
rientra nel programma Parks for Life dell’UICN e nelle priorità mondiali ed europee espresse dalle
raccomandazioni dell’Agenda 21, adottate durante il Summit della Terra a Rio nel 1992, e dal V
programma comunitario di azione per lo sviluppo sostenibile. La carta è stata elaborata e firmata da un
gruppo formato da rappresentanti europei delle aree protette, del settore turistico e dai loro partners. Essa
si conforma ai principi enunciati dalla Carta mondiale del turismo sostenibile, elaborata a Lanzarote nel
1995. La Carta impegna i firmatari ad attuare una strategia a livello locale in favore di un “turismo
sostenibile”, definito come “qualsiasi forma di sviluppo, pianificazione o attività turistica che rispetti e
12
IUCN Commission on Natural Parks and Protected Areas, Parks for Life. Action for Protected
Areas in Europe, Gland, Switzerland, International Union for Conservation of Nature and Natural
Resources 1994
13
Beato F., Parchi e società, Liguori, 1999, pp.22-30
12
preservi nel lungo periodo le risorse naturali, culturali e sociali e contribuisca in modo equo e positivo
allo sviluppo economico e alla piena realizzazione delle persone che vivono, lavorano e soggiornano
nelle aree protette” 14
Aderire alla Carta significa rispettare l’approccio strategico dello sviluppo turistico sostenibile e definire
un programma di attività contrattuali per e con il territorio e le imprese firmatarie. Significa, dunque,
realizzare una diagnosi, consultare e coinvolgere i partners, stabilire gli obiettivi strategici, assegnare i
mezzi necessari, realizzare un programma di azioni e valutare i risultati. Per l’area protetta tale
approccio si traduce nella realizzazione di una diagnosi del territorio in termini di problemi ed
opportunità allo scopo di definire l’orientamento turistico più adeguato per il territorio nel suo insieme.
Per l’impresa turistica o l’organizzatore di viaggi la diagnosi verte sulla propria attività ed è volta ad
analizzare la compatibilità della propria offerta con gli obiettivi del territorio e con le aspettative della
clientela. I firmatari della Carta aderiscono all’etica del turismo sostenibile ossia si impegnano affinché il
turismo contribuisca nel modo migliore alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio locale.
Si impegnano, inoltre, ad adottare un’etica commerciale e un’etica dell’accoglienza promuovendo un
turismo “per tutti”.
L’area protetta, con l’adesione alla Carta, sceglie di perseguire lo sviluppo turistico privilegiando la
coerenza delle azioni condotte sul suo territorio operando nell’ottica del lungo periodo nonché l’azione
concertata e la condivisione delle responsabilità per rafforzare l’efficacia della propria missione a difesa
dell’ambiente. L’adesione alla Carta presenta numerosi vantaggi per l’area protetta quali la possibilità di:
• distinguersi a livello europeo come territorio speciale in materia di turismo sostenibile;
• lavorare meglio con i propri partners coinvolgendo i professionisti del turismo nella propria
politica;
• influenzare lo sviluppo del turismo sul proprio territorio con la creazione di prodotti turistici
autentici, di qualità, realizzati nel rispetto dell’ambiente;
• rafforzare la propria attività di sensibilizzazione dei visitatori;
• favorire sul proprio territorio uno sviluppo socio-economico nel rispetto dell’ambiente;
• dotarsi di appositi strumenti per monitorare e valutare la politica turistica condotta;
• rafforzare la credibilità della propria missione nei confronti dell’opinione pubblica e dei propri
finanziatori.
L’istituzione che gestisce l’area protetta metterà a punto una strategia articolata in un programma di
azioni, con esso si fissa l’impegno dei diversi partners per il raggiungimento di obiettivi prioritari per
l’area protetta quali: il miglioramento della qualità dell’offerta turistica, la creazione di un’offerta turistica
specifica, la sensibilizzazione del pubblico sui temi ambientali, la formazione degli attori locali sul tema
dello sviluppo sostenibile, la conservazione e il miglioramento della qualità della vita degli abitanti con
la difesa e la valorizzazione del loro patrimonio naturale, culturale, storico; sarà previsto il monitoraggio
dell’affluenza turistica, l’area protetta si impegnerà a promuovere nuove forme di occupazione
favorendo la pluralità e l’integrazione sociale.
1.5 Il modello del ciclo di vita di una destinazione turistica
Come ho già detto, talvolta risulta necessario porre dei limiti allo sviluppo turistico di un’area a causa
degli effetti negativi causati dall’interazione tra l’attività turistica e l’ambiente naturale, economico e
sociale in cui essa si svolge. Lo sviluppo turistico di un’area e dunque il numero di turisti che ad essa si
rivolge è però destinato a subire un processo di autolimitazione indipendentemente da vincoli e
regolamentazioni di varia natura. Ad un certo momento si può notare come l’attrattività turistica di
un’area vada diminuendo a causa di fattori quali l’evoluzione dei gusti, delle motivazioni, delle abitudini
14
Federazione italiana dei Parchi e delle Riserve Statali, Carta Europea del turismo sostenibile
nelle Aree Naturali Protette, 2000, pp.3-7
13
e del comportamento di spesa dei visitatori. Questo processo può essere studiato ricorrendo al modello
del ciclo di vita del prodotto che descrive l’evoluzione di un prodotto, espressa in termini di dinamica
del volume di vendite nel tempo, attraverso le fasi di introduzione, crescita, maturità, declino. A queste
fasi spesso si aggiunge una quinta fase di ripresa, con la quale ha inizio un nuovo ciclo, grazie ad un
rinnovamento del prodotto e, quindi, all’aggiunta di caratteristiche distintive che rendono il prodotto
appetibile per nuovi utilizzatori.
Le destinazioni turistiche seguirebbero un ciclo evolutivo molto simile a quello dei prodotti industriali al
punto che è stato teorizzato, da Butler15 , il modello del “ciclo di vita di un’area turistica”, anch’esso
determinato da fattori quali i prezzi e le tendenze nelle abitudini di acquisto dei consumatori.
L’andamento del numero delle visite viene descritto mediante una funzione logistica, che evidenzia
chiaramente i momenti di transizione tra le diverse fasi (Fig.5). Così come per qualsiasi prodotto, il ciclo
di vita di una destinazione turistica ha inizio con l’esplorazione da parte di un numero ristretto di
visitatori attratti dalle bellezze naturali e/o culturali del luogo. In questa fase la mancanza di servizi e
strutture turistiche adeguate limita il numero dei turisti.
La seconda fase è quella del coinvolgimento, essa è caratterizzata da una crescita costante del numero
dei visitatori grazie alle iniziative dei residenti volte alla predisposizione di servizi turistici e alla
diffusione dell’immagine del luogo come meta turistica.
Nella terza fase, di sviluppo, si assiste ad alti tassi di crescita delle visite. Anche l’organizzazione del
turismo nell’area si modifica tanto da essere affidata a strutture esterne all’area perché più efficienti e
innovative nella gestione della domanda. Il turismo assume un ruolo predominante nell’economia del
luogo, ma in tale fase sono frequenti processi che alterano il carattere della destinazione e che ne
causano, di fatto, il declino. L’elevata frequentazione e la popolarità della meta turistica possono causare
il manifestarsi di alcune problematiche dovute al sovrautilizzo e al deterioramento delle sue
componenti. Nella fase di maturità il numero assoluto di visitatori aumenta ma, a tassi sempre più
contenuti.
Nella fase di stagnazione la destinazione ha raggiunto i livelli massimi di visite e non è più percepita
come attrazione.
Segue, infine, la fase di declino, durante la quale i visitatori cominciano a diminuire, preferendo altre
mete. La domanda stanziale tende, quindi, ad essere sostituita dall’escursionismo e dalle visite del fine
settimana. In questa fase l’intervento del pianificatore pubblico, attraverso opportune politiche di
rinnovamento, può invertire la tendenza, dando il via a una nuova fase di sviluppo. In particolare, ad
esempio, la decisione di istituire un’area naturale protetta, con il ripristino della qualità delle risorse
ambientali, potrebbe costituire una modalità per evitare il definitivo declino dell’area dal punto di vista
turistico, favorendo lo sviluppo di un nuovo tipo di turismo.
15
Butler R.W., The concept of a tourist area cicle of evolution: implication for management of
resource, Canadian Geographer 24, 1980, pp.5-12
14
Curva teorica del ciclo di vita di una destinazione turistica
Numero
di turisti
Stagnazione
Maturità
Rinnovamento
Sviluppo
Esplorazione
Declino
Tempo
Fig.5
Il modello proposto ha suscitato pareri favorevoli per la sua estrema semplicità e intuitività, basate
sull’evidenza che ogni prodotto adottato dai consumatori ha una vita limitata e che i profitti derivanti
dalla vendita variano a seconda della fase di vita del prodotto, con riferimento alla quale vanno, quindi,
impostate le politiche di vendita. Ma proprio questa estrema semplicità, nonché la generalità che
caratterizza il modello sono alla base di alcuni pareri discordi, in particolare perché si è rilevato che non
sempre le curve dei volumi di vendita di molti prodotti coincidano con la curva logistica teorica;
diviene, quindi, impossibile utilizzare il modello come strumento previsionale a causa delle sostanziali
differenze tra le destinazioni turistiche (geografiche, culturali, sociali, ambientali, di mercato ecc.). Tali
diversità fanno sì che, per ciascuna destinazione, si possa tracciare una curva, rappresentativa del
peculiare ciclo di vita di quella meta turistica e per tale motivo non estendibile alle altre. Al modello si
attribuisce, in tale ottica, soltanto una funzione descrittiva, in grado di sintetizzare i molti fattori che
concorrono allo sviluppo di una destinazione turistica. A conferma di ciò si può osservare come la
definizione della forma grafica del ciclo di vita del prodotto debba tener conto delle specificità del
mercato in cui esso viene immesso, allo stesso modo è necessario precisare il concetto di prodotto al
quale si applica il modello, se generico oppure specifico. Anche dopo aver individuato il prodotto
bisogna conoscerne le diverse componenti che, soprattutto nell’ambito del turismo, sono molteplici e di
diversa natura. Così come sottolineano Gordon e Goodall (1992), concentrando l’analisi
alternativamente sui monumenti, sull’ambiente, sui servizi turistici di una destinazione si possono
individuare tre diversi modelli del ciclo di vita, la scelta di uno di essi condizionerà la scelta e la messa a
punto delle politiche di gestione e di controllo.16
Il modello proposto, forse troppo semplicisticamente, assume come determinante del ciclo di vita di
una destinazione il numero di turisti che vi si recano in un certo orizzonte temporale. Un’analisi più
approfondita richiede che si analizzi, oltre alla domanda, anche le componenti dell’offerta turistica quali:
le strutture ricettive, i trasporti, le risorse naturali e culturali del luogo e, quindi, il loro andamento nel
tempo. La considerazione di queste componenti contribuirà, sicuramente, alla diversificazione
dell’andamento del grafico che rappresenta il ciclo di vita. Analizzando, ad esempio, un fattore
16
Costa P.e Manente M., Economia dell’ambiente, TCI 2000, pp.199-203
15
determinante dell’attrattività turistica di un’area quale la qualità ambientale, si avrà che mentre, nella fase
di sviluppo, il numero di turisti continua ad aumentare a tassi elevati, la qualità delle risorse naturali,
invece, comincia a subire un processo di degrado a causa dei fenomeni di congestione e di sovrautilizzo
innescati dall’elevato numero di visitatori. La funzione che rappresenta la qualità ambientale comincerà,
pertanto, a partire da tale fase, a decrescere (Fig.6).
Ancora diverso, e con riferimento a questi aspetti, sarà l’andamento della curva del ciclo di vita di
un’area naturale protetta di cui mi occuperò, in particolare, nel capitolo 3 relativo all’Area Marina
Protetta di Punta Campanella.
Numero
di turisti
Qualità
ambientale
Tempo
Qualità ambientale
Numero di turisti
Fig.6
1.6 La Capacità di Carico di una località turistica
Se, con gli opportuni adattamenti alle caratteristiche specifiche dell’area e delle componenti del sistema
turistico che in essa è presente, lo studio del ciclo di vita di una destinazione costituisce uno strumento
pianificatorio dello sviluppo turistico di un territorio; accanto ad esso, il calcolo della capacità di carico
potrebbe servire, a sua volta, a valutare l’opportunità di determinati interventi. Essa può essere definita
come “il massimo numero di turisti che una destinazione può sopportare (massimo livello d’uso), oltre
il quale gli impatti si traducono in un danno fisico, economico, sociale netto”.
Tale distinzione fa si che si possano individuare vari tipi di capacità di carico e precisamente:
• la capacità di carico fisica (o ecologica) quale limite oltre il quale le risorse naturali e/o culturali della
destinazione risultano danneggiate;
• la capacità di carico economica, limite superato il quale la qualità della vita nella destinazione si
riduce drasticamente, al punto che la domanda si contrae;
• la capacità di carico sociale, come limite oltre il quale le altre funzioni sociali ed economiche
dell’area risultano danneggiate provocando il degrado nella qualità della vita della popolazione
ospitante.
La massima capacità di accoglienza per una località sarà, dunque, il vincolo più stringente, ossia, quello
che per primo diviene attivo tra quello sociale, economico e fisico.
Ciascuna capacità di carico, e soprattutto il raggiungimento del loro limite massimo, può essere espressa
in termini di costi e benefici: mentre il superamento della capacità di carico fisica comporta soltanto
costi, talvolta considerati infiniti, per il recupero della risorsa, i benefici di tipo economico raggiungono il
loro valore massimo qualora si supera il limite della relativa capacità, la differenza tra costi e benefici
segnala un’eccedenza dei primi quando, infine, il limite del terzo tipo di capacità viene superato.
16
Da ciò segue che il turismo, in termini di impatto economico, fisico e sociale, è all’origine di varie
tipologie di costi e di benefici che si manifestano dove esso ha luogo, essi possono essere espressi in
termini monetari oppure presentare il carattere di esternalità. Naturalmente la loro effettiva
manifestazione e la loro caratterizzazione dal punto di vista qualitativo e quantitativo dipenderanno dal
contesto territoriale in cui essi si generano.17
Tra i benefici derivanti dal turismo possiamo individuare:
1. l’incremento di reddito che si può registrare nell’area;
2. la possibilità di occupazione per gli addetti;
3. il miglioramento della qualità della vita per la popolazione ospitante che può usufruire dei servizi
realizzati con gli investimenti destinati al turismo;
4. lo sviluppo di reti formali e informali con gli organismi di gestione delle principali compagnie
internazionali e, dunque, il potenziamento della competitività dell’area.
Analogamente i costi di cui il fenomeno turistico impone l’onere sono:
1. costi per attività promozionali e pubblicitarie;
2. costi per incentivi diretti ai turisti e ai produttori turistici;
3. costi per il mantenimento degli attrattori turistici
4. maggiori costi per la produzione dei servizi pubblici utilizzati dai turisti;
5. costi derivanti da problemi di distribuzione del reddito;
6. costi derivanti dall’aumento generalizzato dei prezzi;
7. costi di specializzazione monoculturale e di spiazzamento di altre attività economiche desiderabili.
Ricollegandoci al ciclo di vita di una destinazione turistica si può osservare come ogni fase di esso si
caratterizzi per soglie specifiche di capacità di accoglienza. Nella fase di esplorazione, ad esempio, la
capacità di carico economica e fisica rimangono molto alte, la capacità di carico sociale, invece,
potrebbe subire delle limitazioni a causa della mancanza di infrastrutture. Nella fase di stagnazione, con
un‘offerta infrastrutturale adeguata, potrebbero cominciare a manifestarsi anche gli effetti economici
negativi legati al degrado della qualità ambientale. In ciascuna delle fasi, dunque, l’attività turistica
apporta benefici e/o impone dei costi. L’analisi della situazione in cui un’area si trova, con il
riconoscimento dei benefici e/o dei costi che si manifestano in essa, costituiscono utili strumenti
descrittivi per la pianificazione dello sviluppo turistico di un territorio, in quanto il pianificatore potrebbe
utilizzare tali dati per la presa di decisioni come, ad esempio, quella relativa al tentativo di prolungare le
fasi in cui i benefici derivanti dall’attività turistica siano superiori ai relativi costi.
17
Paolo C. e Manente M., op. cit.
17
Capitolo II
Il sistema della protezione ambientale in Italia
2.1 Patrimonio naturale e aree protette
Attraverso il sistema dei parchi e delle riserve sono sottoposti a specifica tutela oltre 3.041.000 ettari di
territorio, oltre il 10,09% della superficie totale della penisola. Le aree protette, in sistemi territoriali ed
economici ad elevato impatto sulla natura e sull’ambiente, sono indispensabili per la difesa della
biodiversità, per la conservazione di specie animali e vegetali, di valori paesaggistici, di equilibri
idrogeologici ed ecologici che sarebbero altrimenti gravemente compromessi.
Altro ruolo della aree naturali protette, non meno importante della tutela ambientale, è quello di essere
veicolo e luogo di sperimentazione di una equilibrata gestione del territorio, per costruire e soprattutto
mettere in pratica una reale ed attuale idea di sviluppo sostenibile, la nuova sfida che si pone di fronte
alla società del terzo millennio. 18
18
Ostellino I.“Il ruolo delle aree protette nella nostra cultura”, Parchi n.22, sett-dic 1997, pp.1517
18
2.2 Normativa ambientale: finalità e ambito della legge quadro sulle Aree Naturali Protette
La questione della tutela ambientale è talmente ampia ed investe tanti ambiti, al punto che risulta
difficile stabilire i soggetti o i livelli di governo in capo ai quali possa essere riconosciuta una qualsiasi
competenza in materia.
Inoltre, la localizzazione dell’interesse e il livello di tutela appropriato sono spesso sovranazionali,
collocandosi a livelli addirittura superiori a quello dell’UE, in quanto coinvolgono interessi dell’intera
popolazione mondiale. La tutela ambientale taglia in orizzontale le competenze attribuite ai vari livelli di
governo, anche in materie che non siano quelle strettamente ambientali.
Per quanto riguarda l’esperienza italiana, la tutela dell’ambiente naturale, che spesso si estrinseca nella
istituzione di aree naturali protette in luoghi di particolare pregio, che risultino sottoposti a forti
sollecitazioni da parte di attività umane, è regolata dalla Legge quadro sulle aree protette del 6 dicembre
1991, n.394. La legge in questione ha un obiettivo ambizioso: creare e gestire un grande sistema
nazionale di aree protette, che porti l’Italia al livello dei Paesi più avanzati. Si tratta dunque di una legge
che ha l’ambizione di dar vita ad una strategia integrata per il governo e la valorizzazione delle risorse
naturali. Accanto alla tutela dei valori strettamente naturalistici, la legge si prefigge anche la
preservazione delle attività tipiche del luogo. La legge indica un “dominus”, il Ministero dell’Ambiente,
cui riferisce tutta la responsabilità del sistema, forzando in alcuni casi l’assetto dei poteri tra governo
centrale e autonomie locali. Al Ministero vengono posti precisi obblighi, soprattutto in tema di
programmazione, al fine di garantire la qualità e l’efficacia delle politiche attuate. Un disegno così
ampio ed ambizioso non poteva non incontrare grandi difficoltà nella pratica e, in effetti, il processo di
attuazione della legge si è rivelato molto complesso e contrastato a cominciare dalla esigenza di
“attrezzare” il Ministero per lo svolgimento dei compiti affidatigli. Oltre a ciò, le tradizionali lentezze
burocratiche e l’eccesso di centralizzazione pesano sugli iter attuativi. 19
La legge di cui sopra detta i principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali
protette, al fine di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale
del paese, in attuazione degli articoli 9 e 12 della Costituzione. Essa è suddivisa in quattro titoli:
1.Principi generali
2.Aree naturali protette nazionali ed organi di gestione
3.Aree naturali protette regionali
4.Disposizioni finali e transitorie
Nei Principi generali viene data la definizione giuridica di Patrimonio Naturale costituito da “le
formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante
valore naturalistico”.
I territori nei quali siano presenti i valori indicati sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di
gestione allo scopo di perseguire, in particolare, le seguenti finalità:
• conservazione di specie animali o vegetali, di singolarità geologiche, di formazioni
paleontologiche, di biotopi, ecc.;
• applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra
uomo ed ambiente naturale;
• promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare,
nonché di attività ricreative compatibili;
• difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici.
I territori sottoposti a tale regime di tutela e gestione costituiscono le Aree Naturali Protette, aree dove
possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili.
2.3 Le Aree Marine Protette come occasione per la protezione e la gestione delle nostre coste
19
Signorino Mario, “L’attuazione della legge Quadro”, Parchi, n. 15- giugno 1995 pp. 13-15
19
Il nostro paese, con il suo ambiente naturale, appare fortemente condizionato dalla sua posizione
geografica. Il mare è una risorsa inestimabile dell’Italia. Le coste marine sono un sistema di pregio
mondiale per la loro estensione (quasi 8000 chilometri), per la ricchezza e la varietà di specie animali e
vegetali, per la presenza di testimonianze storiche e archeologiche, per le peculiarità paesaggistiche, per
la profonda influenza che, per secoli e ancora oggi, esercitano sulla cultura, sulle abitudini e
sull’economia italiane. Nell’ultimo secolo questo immenso patrimonio è stato aggredito
dall’inquinamento, dalla speculazione edilizia e da numerose attività economiche e industriali.
L’impetuosa crescita della pressione demografica, l’industrializzazione, l’agricoltura intensiva hanno
fortemente influito sugli scarichi che arrivano direttamente o indirettamente sulla fascia costiera. Oltre a
ciò, la diffusione di impianti industriali, le metropoli costiere, i traffici marittimi pericolosi, lo
sfruttamento a fini energetici dei fondali marini, la pesca incontrollata e la cementificazione selvaggia
della costa hanno assai aggravato le condizioni qualitative del nostro mare. Soprattutto se si considera
che il Mediterraneo è un bacino semichiuso, dove il ricambio delle acque avviene a scadenze secolari.
Nonostante ciò, resta tuttora significativo il valore ecologico della fascia costiera italiana, risorsa
fondamentale dell’industria turistica su cui si imperniano decisive opportunità di futuro e di
occupazione. Per fermare il degrado occorre investire per la tutela e il recupero delle nostre risorse
ambientali costiere, depositarie di valori unici ed irripetibili in grado di competere nel quadro della
moderna globalizzazione.20 Si rende sempre più necessaria un’attenta politica di tutela dell’ambiente
marino. Il mare si gestisce soprattutto proteggendo il confine con la terra emersa e pianificando
razionalmente la distribuzione delle attività umane. Esso è un ecosistema complesso non meno della
terraferma; nel sistema terra-mare la fascia costiera si presenta come luogo critico per la gestione delle
risorse.
La gestione razionale dell’ambiente è fondamentale per poter utilizzare efficacemente le sue risorse,
conservandolo per le generazioni future.
Per far fronte a tale situazione e, soprattutto, per rafforzare le azioni di gestione dell’ambiente costiero, è
molto importante istituire aree naturali protette, cioè zone in cui l’ambiente viene conservato nel miglior
modo possibile.
Le Aree Marine Protette (A.M.P.) “sono costituite da ambienti marini dati dalle acque, dai fondali e dai
tratti di costa prospicienti che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali,
geomorfologiche, fisiche, biochimiche, con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere
e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono.” 21
Queste iniziative di tutela ambientale si rendono necessarie sia per evitare lo sfruttamento indiscriminato
delle risorse biologiche, sia per finalità turistiche- ricreative, data la crescente richiesta di “naturalità” da
parte del popolo dei vacanzieri.
Dall’analisi di numerose esperienze in campo internazionale, è possibile affermare che le aree protette
marine rivestono un ruolo molto importante nella gestione dell’ambiente costiero. Se correttamente
gestite, esse possono contribuire al mantenimento dell’equilibrio e della produttività degli ecosistemi
marini, possono difendere habitat critici, preservare la biodiversità, e contribuire anche all’uso sostenibile
delle zone costiere, intendendo con ciò l’utilizzazione degli ecosistemi e delle loro risorse biologiche in
maniera razionale, limitandosi a prelevare una parte della produzione e lasciando integra un’adeguata
quantità di individui in grado di riprodursi e moltiplicarsi”. 22
Le finalità principali che conducono alla creazione di aree protette marine possono essere riassunte in
questo modo:
20
Ronchi. E., Coste e Aree marine protette, in L’Ambiente informa, Mensile di informazione a
cura del Ministero dell’Ambiente, n.3-1998 pp.25
21
Legge n.979 del 31/12/1982 Titolo V, art.25
22
Diviacco G. “Occuparsi degli Ambienti costieri”, in Modus Vivendi, n.5 giugno 1999 pp.33-35
20
• protezione dei valori biologici ed ecologici (questo appare come lo scopo principale dell’istituzione
di un’area marina protetta).
• ripristino, mantenimento ed incremento dei valori biologici ed ecologici che sono stati ridotti o
comunque danneggiati da attività umane.
• promozione dell’uso sostenibile delle risorse.
• monitoraggio, ricerca, educazione e addestramento, per approfondire le conoscenze sull’ambiente
marino costiero.
• creazione di forme di ricreazione e turismo compatibili con la salvaguardia dell’ambiente.
Queste motivazioni evidenziano il ruolo delle A.M.P. nei confronti della “componente antropica” per
quanto riguarda la regolamentazione delle attività umane e gli sforzi progettuali necessari per perseguire
le finalità suindicate. Infatti, l’istituzione di un’area protetta non implica solo l’introduzione di vincoli o
limitazioni nell’uso delle risorse ambientali, ma anche la valorizzazione delle peculiarità naturali o
paesaggistiche e l’individuazione di nuove opportunità economiche. Questo si raggiunge anche
attraverso un’appropriata zonazione, a sua volta risultato della corretta stima delle variabili ambientali ed
antropiche (Tunesi & Diviacco ’93). Per questi motivi le A.M.P. possono promuovere l’integrazione
tra le esigenze di protezione ambientale e quelle di sviluppo, assicurando un miglioramento nella qualità
della vita delle popolazioni rivierasche e la diffusione di una più profonda conoscenza e di un maggior
rispetto dei sistemi naturali, evitando la nascita di tensioni e di conflitti d’interesse.
L’istituzione di un’area marina protetta necessita di un’approfondita conoscenza delle caratteristiche
ecologiche e degli aspetti socioeconomici. Solo attraverso la comprensione di questi fattori è possibile
conciliare gli interessi della conservazione con quelli dello sviluppo delle ecomomie locali, adattando le
strategie di sviluppo e gestione alle caratteristiche dei singoli biotopi.
In particolare si può affermare che il successo e il corretto funzionamento dell’Area Marina Protetta
dipende dal livello di coinvolgimento locale. Questo si deve manifestare sia nella fase istitutiva che in
quella gestionale e dipende dall’opera di sensibilizzazione da seguire con cura sin dall’inizio.23
Per quanto riguarda la zonazione, essa viene in genere formulata seguendo lo standard previsto dalla ex
Consulta per la difesa del mare, del ministero dell’Ambiente. L’A.M.P. viene suddivisa in tre distinte
zone, soggette a un differente regime di tutela :
• zona “A” di riserva integrale
• zona “B” di riserva generale
• zona “C” di riserva parziale
La zona di riserva integrale è l’area caratterizzata dal maggior grado di tutela, in quanto da preservare
nella sua integrità. In questa zona viene pertanto vietata qualsiasi forma di intervento, sfruttamento o uso
produttivo. L’accesso è consentito solo per attività scientifiche o didattiche, previa autorizzazione
rilasciata dall’Ente Gestore.
Nelle due zone di riserva generale e di riserva parziale sono consentite e graduate le attività
economiche tradizionali, altre attività vengono invece regolamentate.
Limiti e divieti nelle diverse zone sono esattamente definiti e individuati, di volta in volta, dai decreti
istitutivi delle A.M.P., che tengono conto delle peculiarità, caratteristiche e necessità di ciascuna.
Nel pianificare delle Aree Marine Protette in Italia, bisogna comunque considerare l’elevato grado di
antropizzazione del profilo costiero, che rende unico il caso italiano rispetto alle altre realtà europee o
extraeuropee.
Per questi motivi, tutti gli interventi mirati alla protezione dell’ambiente marino devono, nel nostro
paese, essere inseriti in un insieme di azioni ampie ed opportunamente programmate, finalizzate alla
gestione razionale della fascia costiera. Tutto al fine di una protezione ambientale non fine a se stessa,
23
Tunesi-Villa-Di Sciara, “Strumentazioni Scientifiche di supporto alla decisione nella
pianificazione di A.M.P”, ICRAM, 2000.
21
ma inserita in programmi gestionali, i quali permettano la convivenza delle esigenze naturalistiche con
quelle socioeconomiche.(Diviacco ’99)
2.4 Evoluzione della politica di tutela ambientale
In questi ultimi anni la sensibilità e la consapevolezza dell’impatto fortemente negativo che molte
attività umane hanno sull’ambiente si sono notevolmente accresciute sia da parte dell’opinione pubblica
in veste di consumatori, che si dimostra sempre più attirata da ambienti e da prodotti che conservino
intatte le loro caratteristiche naturali, sia da parte degli organi preposti alla gestione del territorio,
mediante l’istituzione di aree naturali protette.
Dal 1991, anno dell’entrata in vigore della Legge n.394 sulle aree naturali protette, numerosi passi
avanti sono stati compiuti in questo senso. Se nel dicembre 1993, come appare dalla tabella 1, il numero
delle aree sottoposte a tutela, nelle varie tipologie, ammontava a 445, per un totale di 2.148.278 ettari,
corrispondenti al 7,13% della superficie nazionale; negli anni seguenti la politica di tutela delle risorse
ambientali ha, come ho già detto, subito ulteriore impulso.
Tabella 1
Elenco ufficiale delle aree naturali protette
Al 21 dicembre 1993 in ettari
Aree
Numero Ettari
% superficie % aree
Estensione
nazionale protette
media
Parchi nazionali
17
1.380.089
4,58
64,24
81.182
Riserve nat.statali terrestri
140
78.718
0,26
3,66
562
Riserve marine statali
7
Parchi naturali regionali
75
617.859
2,05
28,76
8.238
Riserve nat. Regionali
172
62.853
0,21
2,93
365
Zone umide
Internazionale
di
importanza 34
445
8.759
0,03
0,41
258
2.148.278
7,13
100
4.827
Totale
Fonte: Legambiente, Rapporto Ambiente Italia 1994
Nel 1998 il territorio sottoposto a tutela è stato ampliato di
circa 75.000 ettari con l’istituzione di nuovi parchi terrestri e di 8 nuove aree marine protette.
A questo riguardo è possibile affermare che in Italia l’esigenza della gestione razionale dell’ambiente
marino è stata ufficialmente recepita nel 1982, con l’approvazione della Legge 4124 e della legge 97925 ,
mentre da ultima è intervenuta la legge 426 del 1998. Mentre nella prima le azioni di salvaguardia sono
finalizzate alla conservazione e allo sviluppo delle risorse e al ripopolamento delle aree marine, volendo
creare delle aree dove, accanto alla tutela strettamente ambientale, si persegua comunque un obiettivo di
sviluppo economico attraverso attività ecocompatibili, la seconda ha invece voluto rappresentare uno
strumento per attuare una politica di protezione del mare nel suo insieme e per prevenire danni elle sue
risorse.
La legge 979 prevede che l’istituzione delle aree marine protette avvenga con decreto del Ministero
dell’Ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile, la proposta per l’istituzione delle
stesse spetta alla Consulta per la difesa del mare dagli inquinanti tenendo conto del parere degli enti
24
25
Legge n. 41/82 “Piano per la razionalizzazione della pesca marittima”
Legge 979/82 “Disposizioni per la difesa del mare”
22
locali (comuni e regioni) interessati. Anche in questo caso sembra sussistere la competenza statale in
materia di istituzione di aree marine protette, tuttavia la stessa legge 979 dimostra come ciò non
pregiudichi le competenze delle regioni, infatti, all’art.27 si afferma che il decreto istitutivo della riserva
determina, oltre alla superficie e alle finalità, anche il regime di tutela, attraverso limitazioni o
autorizzazioni allo svolgimento di determinate attività. Per la gestione dell’area sono previste due
modalità: la concessione ad enti pubblici, istituzioni scientifiche, associazioni riconosciute o cooperative
oppure tramite l’Ispettorato centrale per la difesa del mare. La vigilanza è affidata proprio a quest’ultimo
che può ricorrere alle Capitanerie di Porto presso le quali è istituita una Commissione di riserva che
partecipa alla gestione dell’area. La legge prevede, tra l’altro, l’istituzione di riserve marine in 20 località
costiere di particolare pregio naturalistico. Ciò ha costituito un fatto altamente positivo, nonostante però
l’applicazione pratica abbia rivelato ritardi e difficoltà a causa della complessità dell’iter burocratico e
della difficoltà nel far accettare, in tempi brevi, situazioni nuove e talvolta ritenute scomode, soprattutto a
livello locale.
Nel 1991, si è giunti alla approvazione della tanto attesa Legge quadro sulle aree protette n.394. Essa
costituisce un’ulteriore passo avanti nella gestione dell’ambiente marino. La Legge 394 fornisce un
nuovo elenco di aree marine da tutelare con le stesse modalità previste dalla Legge 979 mancando,
però, in questo caso il parere di Regioni ed enti locali e dunque a conferma del carattere centralista che
viene attribuito alla legge. Inoltre la legge quadro precisa il regime di tutela per le A.M.P., a differenza
della legge 979 che lasciava tale facoltà al decreto istitutivo, prevedendo però, anche la possibilità di
adottare dei regolamenti più dettagliati relativamente a ciascuna singola area, in ragione delle specificità
locali, includendo eventuali deroghe, mediante un regolamento approvato dal Ministro dell’Ambiente.
Quanto alla gestione delle zone protette, la legge quadro non apporta variazioni rispetto all’assetto
precedente e così essa è affidata all’Ispettorato centrale per la difesa del mare con le competenti
Capitanerie di Porto, restando la possibilità di affidare la gestione ad enti pubblici, istituzioni scientifiche
o associazioni riconosciute tramite una convezione stipulata dal Ministero dell’ambiente (Art.19). La
stessa vigilanza resta affidata alle Capitanerie di Porto. Vengono, poi, individuate altre 26 aree di
reperimento per l’istituzione di aree protette oltre a quelle già riconosciute dalla legge 979/82, pur
restando tale potere in capo alla Consulta per la difesa del mare (art.36). Da ciò è possibile comprendere
come la legge 394/1991 non abbia innovato in modo particolare il regime delle aree protette, come
invece si attendeva e sperava da più parti, merito della suddetta legge è piuttosto quello di aver proposto
un nuovo assetto definitorio per le riserve marine, in particolare viene posta l’attenzione sul solo valore
naturalistico ed ambientale del sito da proteggere, quanto all’economia e le relative attività, esse saranno
consentite ed eventualmente valorizzate qualora compatibili con il conseguimento del primario
obiettivo della salvaguardia delle risorse naturali.
Analizzando, però, i risultati conseguiti praticamente nella attuazione delle normative di cui ho parlato, è
possibile constatare come questi siano insoddisfacenti, talvolta proprio a causa di una grave inattuazione
delle stesse, infatti, non in tutte le zone individuate come aree di reperimento sono state realizzate aree
marine protette.
Dal 1991, anno dell’entrata in vigore della legge quadro sulle aree naturali protette, la politica di tutela
ambientale è stata caratterizzata da una costante evoluzione, questa non riguarda soltanto le cifre ma gli
stessi strumenti normativi; infatti il D.Lgs. 31/3/98, n.112 e la legge 9 dicembre 1998 n.426 “Nuovi
interventi in campo ambientale” hanno apportato rilevanti modifiche alla legge 394 del 1991 in
particolare per quanto riguarda il procedimento di istituzione delle aree naturali protette. La legge quadro
affidava al Comitato per le aree naturali protette il compito di individuare le aree da tutelare.
L’istituzione avveniva, per i parchi, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministero dell’Ambiente sentite le Regioni interessate; per le riserve, invece, mediante decreto del
Ministro dell’ambiente, sentite le Regioni. Il decreto n. 112 e la legge n.426 hanno delineato un nuovo
sistema, innanzitutto la individuazione preliminare delle zone da tutelare non avviene più per mezzo del
23
programma triennale, esso stesso soppresso, ma spetta allo Stato in ragione della rilevanza nazionale del
compito, con il parere favorevole della Conferenza unificata.
La legge 426, inoltre, prevede il rafforzamento funzionale e lo snellimento procedurale degli Enti parco
e l’introduzione di modelli di gestione coordinata delle aree naturali. Per quanto riguarda le aree marine
protette, anche in questo ambito, vengono registrate importanti novità. La legge integra ulteriormente
l’elenco delle A.M.P. e introduce altre modificazioni alla normativa vigente come la soppressione della
Consulta per la difesa del mare, le cui funzioni vengono trasferite al Ministero dell’Ambiente.
Per l’istruttoria preliminare relativa all’istituzione delle A.M.P., la legge prevede la costituzione di una
Segreteria tecnica per le aree marine protette, composta da 10 “esperti di elevata qualificazione” presso
l’Ispettorato centrale per la difesa del mare.
La Commissione di riserva, già prevista dalla l.979, è, ora, istituita presso l’ente cui è delegata la gestione
dell’area. I compiti di vigilanza restano alle Capitanerie di Porto cui, si affiancano le polizie degli enti
locali cui spetta la gestione delle aree.
La vera innovazione apportata dalla legge 426, quella destinata ad incidere profondamente sul regime
delle aree protette e soprattutto ad accendere un vivo dibattito che, ancora oggi perdura, è il trasferimento
dei compiti gestionali agli Enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste, possibilità
considerata solo remotamente dalla precedente normativa. Questa legge ha contribuito ad allargare il
divario, dal punto di vista gestionale, tra parchi terrestri e aree marine protette. Nei primi risulta forte la
presenza statale negli organismi stessi che sono chiamati a gestire il territorio protetto, per le A.M.P. la
legge 426 ha creato una nuova modalità di gestione che vede protagonisti gli Enti Locali pur nel rispetto
degli indirizzi di politica ambientale nazionale. Tutto ciò fa si che la gestione dei parchi terrestri sia
rivolta principalmente alla protezione delle risorse naturali, la situazione opposta si verifica per le
A.M.P. nelle quali la tutela ambientale risulta strumentale allo sviluppo socio- economico del territorio
interessato. Condizione affinché ciò si verifichi è, a mio avviso, proprio l’affidamento della gestione
delle A.M.P. a quegli organismi che, per loro natura e ruolo, sono maggiormente coinvolti e attenti alle
esigenze delle popolazioni locali. Gli Enti locali, in veste di gestori di aree particolari come le A.M.P.,
caratterizzate da enormi potenzialità di sviluppo, ed allo stesso tempo da fragili equilibri che occorre
salvaguardare, possono assicurare la necessaria rapidità procedurale e la capacità di mediare tra gli
interessi delle varie parti sociali che svolgono le proprie attività economico- produttive nel territorio
sottoposto a tutela. Inoltre penso che l’affidamento dei compiti gestionali alle amministrazioni locali
possa costituire un valido esperimento in controtendenza rispetto all’accentramento dei poteri che ha
caratterizzato, per anni, il governo italiano ed in special modo la politica ambientale.
Certamente la sfida è ardua in quanto gli Enti locali non sempre dispongono di risorse e capacità atte
allo scopo, ma con le necessarie dotazioni essi potrebbero assicurare uno sviluppo economico che parta
dalle esigenze e dalle reali potenzialità delle realtà interessate, lontano da una logica assistenzialista e
centralista. Ciò risulta particolarmente vero nell’ambito delle A.M.P., laddove lo sviluppo ha come
motore la straordinaria dotazione di risorse naturali che opportunamente gestite e valorizzate potrebbero
assicurare la crescita economica anche di quelle aree da sempre prive di infrastrutture quali le regioni del
Meridione d’Italia.
Come risultato di questa politica, oggi la percentuale di territorio protetto risulta essere del 10,09% per
un totale di 3.041.000 ettari di territorio sottoposti a regime di tutela.
Nel corso degli ultimi anni è stato molto valorizzato il ruolo delle Regioni nella istituzione e nella
gestione dei parchi e delle riserve statali. Con l’approvazione del Programma stralcio di tutela
ambientale, il Ministero dell’Ambiente ha previsto il finanziamento di azioni che vedono come
protagonisti le Amministrazioni regionali, gli Enti locali e quelli gestori delle aree protette. Obiettivi
privilegiati di queste azioni sono, in particolare, la valorizzazione delle economie locali, la conservazione
dei valori naturali e il recupero delle aree minacciate. Queste politiche, che possono essere definite “di
24
sistema”, tendono ad esportare corrette metodologie di gestione del territorio al di fuori delle aree
protette, per consentire lo sviluppo di corridoi ecologici che colleghino tra loro i parchi e le riserve.
Rilevante, in tale prospettiva, appare la creazione di una Rete Ecologica Nazionale come strumento di
programmazione ambientale integrata per orientare la nuova politica di governo del territorio verso la
gestione di processi di sviluppo, integrandoli con le specificità ambientali delle varie aree.
La rete ecologica si configura, dunque, come un mezzo per interrelazionare e connettere ambiti
territoriali dotati di una maggiore presenza di naturalità, recuperando e riducendo tutti quegli ambienti
dispersi nel territorio la cui permanenza è condizione necessaria per il sostegno di una diffusa e
diversificata qualità naturale del nostro Paese.
25
Capitolo III
Il caso dell’Area Marina Protetta “Punta Campanella”
L’Area Marina Protetta di Punta Campanella è stata istituita con Decreto del Ministero dell’Ambiente
del 12/12/1997, in Conformità a quanto previsto dalla legge 979/1982 e dalla legge quadro sulle aree
protette 394/1991.
L’area protetta include la fascia costiera che, da Sorrento, giunge a Positano, la zona interessata è sede di
un ben sviluppato turismo stagionale che assicura un adeguato benessere economico alle popolazioni
locali.
Tuttavia, l’elevata stagionalità del fenomeno turistico, con un’elevata concentrazione delle presenze
soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, rende necessario un intervento integrato, che consenta il
mantenimento dei valori ambientali e quindi della qualità del mare e allo stesso tempo l’allargamento
della base di stabile occupazione con azioni che contribuiscano allo sviluppo di un nuovo tipo di
turismo più rispettoso dell’ambiente e che porti all’allungamento della stagione turistica.
3.1 Il contesto ambientale dell’A.M.P.
L’Area Marina Protetta “Punta Campanella” ricade in un ambito di interesse turistico internazionale le
cui notevoli bellezze naturali e paesaggistiche sono note in tutto il mondo al punto da attirare, ogni anno,
notevoli flussi di visitatori. Ed è proprio il fatto di essere inclusa in un territorio già turisticamente
sviluppato e ampiamente popolato che caratterizza in modo peculiare l’area protetta in questione, e che
la rende quasi unica nel confronto con le altre aree naturali protette. Spesso, infatti, con l’istituzione di
un’area protetta si intende evitare una certa marginalizzazione del territorio, nonché perseguire lo
sviluppo turistico dello stesso. Nel caso di Punta Campanella lo sviluppo turistico ha ormai raggiunto
una fase di maturità al punto che, tra turismo ed ambiente, comincia a configurarsi un rapporto piuttosto
problematico, tale da mettere in serio pericolo la conservazione di questo patrimonio inestimabile.
Nonostante i numerosi attacchi alle risorse naturali dell’area, ai quali il fenomeno turistico non è
certamente estraneo, l’ambiente naturale dove ha sede l’area protetta conserva ancora quelle
caratteristiche che rendono la Penisola Sorrentina meta ambita di milioni di turisti ogni anno, in
particolare l’ambiente marino con la sua ricchezza di specie animali e vegetali uniche nel Mediterraneo.
Con l’istituzione dell’A.M.P. Punta Campanella si è cercato di rispondere all’esigenza di costruire e
mettere in pratica un nuovo modo di fare turismo e, quindi, un modello di utilizzo delle risorse che sia
più consapevole e meno distruttivo. Un nuovo tipo di sviluppo che porti alla riconversione delle attività
di sfruttamento intensivo, tra le quali la pesca sotto costa praticata con attrezzi che hanno un pesante
impatto sull’ambiente, incentivando la creazione di nuove opportunità lavorative nei settori di
pescaturismo, ittiturismo, escursionismo in barca, subacqueo e terrestre, promozione di marchi di
qualità e rivalutazione dei prodotti tipici locali artigianali.
Si tratta di pianificare nuovamente lo sviluppo turistico dell’area in un’ottica di integrazione e di
cooperazione tra i diversi comparti che assicurano i servizi turistici ai visitatori, facendo leva anche su
una più stretta collaborazione tra l’organizzazione turistica pubblica e gli imprenditori privati e puntando
maggiormente su un turismo di qualità. Finora la popolazione locale si è trovata quasi a subire il
fenomeno turistico, soprattutto nel periodo estivo quando esso assume i caratteri di un turismo di massa,
certamente esso ha apportato possibilità occupazionali per l’area ed un certo benessere economico, ma
talvolta concentrato nelle mani di pochi imprenditori al punto che la maggioranza degli abitanti avverte
maggiormente i disagi causati dal turismo, piuttosto che i vantaggi sotto il profilo della vivibilità della
penisola.
La creazione dell’area protetta dovrebbe contribuire, a mio avviso, a favorire lo sviluppo di un nuovo
tipo di turismo, certamente non un turismo di massa, più attento alla qualità ambientale e maggiormente
distribuito nell’arco dell’anno, i cui benefici economici siano distribuiti più equamente all’interno della
società ospitante. Per far ciò è necessario coinvolgere, a partire dalla fase pianificatoria, tutti gli attori
locali, in modo che questi si sentano protagonisti dello sviluppo e della gestione del proprio territorio. In
26
questo modo, a partire dal riconoscimento della vocazione turistica del territorio e delle opportunità ad
essa legate, il fenomeno turistico potrebbe essere un fattore aggregante all’interno della società.
Già da tempo si pensava alla creazione di un’area marina protetta che abbracciasse il territorio della
Penisola Sorrentina. Nel 1987 fu realizzato lo studio di fattibilità del Parco Marino di Punta della
Campanella. Nel 1991, all’approvazione della legge quadro sulle aree naturali protette, fece seguito
l’istituzione di altre 24 riserve e del Parco Marino della penisola di Punta della Campanella e dell’isola
di Capri.
Il 12 dicembre 1997, infine, fu varato il Decreto di istituzione della Area Marina Protetta Punta
Campanella.
Data la caratterizzazione dell’area, che vede la presenza di una forte pressione antropica sul territorio, si è
proposto di creare un parco marino a fini multipli. Vi sono, infatti tre categorie di parchi :
Riserva integrale: quando occorre preservare la biodiversità e ripopolare la costa, con una pressione
antropica ridotta. La natura, in questo caso, riesce ad autogestirsi.
Parchi a fini multipli: dove sussiste un’elevata pressione antropica, che è intervenuta modificando la
struttura della costa. In tal caso gli equilibri naturali vengono disturbati. Le diverse professioni e
l’insediamento edilizio in questo caso devono esistere, ma è necessario che non si svolgano in
concorrenza con la natura.
Aree di tutela biologica: quando occorre proteggere temporaneamente aree colpite o minacciate dal
degrado.
3.2 Finalità istitutive dell’A.M.P.
Data l’analisi del territorio della Penisola Sorrentina, si è ritenuto che un parco marino a fini multipli
presentasse numerosi vantaggi quali:
• la valorizzazione del sito come risorsa, dato il miglioramento dell’ambiente a terra e a mare. Le
risorse produttive naturali si incrementano e così anche i terreni e gli immobili che si trovano in un’area
protetta acquistano maggior valore. Le aree subacquee, con la risoluzione delle emergenze florofaunistiche, contribuiscono alla valorizzazione del sito, consentono anche la rivalutazione della piccola
pesca costiera, che è stata praticamente tagliata fuori dalla pesca fatta con strascico e cianciole;
• la valorizzazione dell’immagine del luogo, in quanto il parco renderà la zona turisticamente più
attrattiva. Sviluppo delle attività del terziario e dei servizi in particolare con la riconversione di attività
marginali in attività più redditizie;
• infine il contributo all’educazione del cittadino al rispetto del territorio in cui vive, con la nascita di
una nuova sensibilità ambientale, data dalla consapevolezza che la qualità della vita di ciascuno è una
conseguenza diretta della qualità dell’ambiente in cui si vive.
Gli obiettivi che, dunque, si intende conseguire con l’istituzione di questa riserva sono :
• la protezione ambientale dell’area interessata;
• la tutela e la valorizzazione delle risorse biologiche e geomorfologiche della zona;
• la divulgazione e la diffusione della conoscenza di tematiche relative all’ecologia e alla biologia
dell’area protetta anche attraverso escursioni subacquee, programmi di studio, conferenze, vacanze
studio, ecc.;
• la promozione di uno sviluppo socio-economico compatibile con la rilevanza naturalisticopaesaggistico dell’area, anche privilegiando attività locali preesistenti.
3.3 Punta Campanella: esperimento di gestione delegata
Oggi, grazie al decentramento di funzioni e competenze che lo Stato trasferisce agli Enti Locali e
secondo gli indirizzi della già citata legge 426, si consente che la gestione dei Parchi Marini sia affidata
ai Comuni. L’esempio dell’Area Protetta “Punta Campanella”, è emblematico, in quanto la gestione è
stata affidata ad un consorzio di sei Comuni (Massalubrense, Piano di Sorrento, Positano, S.Agnello,
27
Sorrento e Vico Equense). Questo consorzio è stato salutato con grande fervore negli ambienti
ministeriali, in quanto, rappresenta il primo esempio di gestione delegata così articolata e sicuramente,
relativamente alle aree marine protette, l’attenzione nazionale è rivolta proprio a tale realtà. E’
innegabile, dunque che la nascita di questo consorzio ha significato un momento di maturità politica,
visto anche il contesto sociale in cui si opera pieno di contraddizioni e di fenomeni campanilistici. La
scelta del Ministero dell’Ambiente di affidare la gestione dell’AMP “Punta Campanella” al Consorzio
permette, oggi, un confronto ed un dibattito diretto tra i partecipanti di questa nuova esperienza.
L’impegno del Governo e degli Enti Locali, l’attenzione dell’associazionismo ambientalista e una
nuova visione di sviluppo del mondo della pesca e delle categorie produttive legate al mare, potranno
senza dubbio costruire un modello integrato ambiente- economia emblematico per tutte le Aree Marine
Protette d’Italia.26
3.4 Iter legislativo di istituzione dell’A.M.P. e organi della Riserva
Il percorso legislativo che ha portato all’istituzione e alla nascita del consorzio di gestione dell’AMP
“Punta Campanella”, è:
• Legge 979 del 31/12/1982;
• Decreto del Ministero dell’Ambiente del 12/12/97;
• Convenzione tra i Comuni del Consorzio 10/08/98
• Convenzione tra il Ministero dell’Ambiente ed il Consorzio del 06/11/98
Sono organi della Riserva:
• il Consorzio dei Comuni che comprende:
- Assemblea dei Sindaci
- Consiglio di Amministrazione
• la Commissione di Riserva
• il Comitato Consultivo Tecnico- Scientifico.
Attualmente manca il Comitato Consultivo Tecnico- Scientifico, di nomina ministeriale.
3.5 Decreto istitutivo dell’AMP e sua modifica
Il decreto istitutivo dell’A.M.P., nel rispetto delle leggi 979/1982 e 394/1991, contiene la delimitazione
dell’area sottoposta a tutela e la sua zonizzazione distinguendo tra Zona A di Riserva integrale, Zona B
di Riserva generale e Zona C di Riserva parziale.
Questa fase è una delle più delicate nell’istituzione di una A.M.P., le regolamentazioni ed i vincoli alle
varie attività che, normalmente, vengono svolte nella zona, causano l’insorgere di contrasti ed
incomprensioni che spesso sfociano in una aperta opposizione alla creazione dell’area protetta. Al fine
di pervenire ad una mediazione tra le esigenze delle parti direttamente interessate il decreto stesso, all’art.
8, dà la possibilità all’Ente Gestore di proporre delle modifiche alla zonizzazione.
Anche nel caso di “Punta Campanella” non sono mancate simili difficoltà e il consorzio a cui è affidata
la gestione dell’area protetta, sfruttando proprio questa facoltà, all’inizio del 1999 ha presentato al
Ministero una proposta di modifica del decreto istitutivo. Si è giunti a tale proposta mediante una
concertazione tra tutte le parti sociali interessate quali ambientalisti, operatori delle pesca, della nautica da
diporto e albergatori.
La proposta di modifica è stata approvata dalla Commissione di Riserva e dalla Segreteria Tecnica del
Ministero dell’Ambiente. Le norme e i vincoli così come modificati sono contenuti in un nuovo
decreto del 13 giugno 2000.
26
Simioli Alberico, Relazione introduttiva all’A. M.P. Punta Campanella, Massalubrense, 2000
28
L’approvazione di quest’ultimo costituisce, nello scenario nazionale delle A.M.P., un passo
fondamentale, in quanto rappresenta il primo caso di modifica di un decreto istitutivo di un’A.M.P. Si è
giunti ad esso mediante una serie di fasi che, a partire dalla proposta di modifica avanzata dal Consorzio
di gestione dell’Area Marina Protetta Punta Campanella, nell’ottobre 1999 e dalla relazione di istruttoria
preliminare svolta dagli esperti della Segreteria tecnica per le aree protette marine sulla suddetta proposta
di modifica, attraverso il parere favorevole della stessa e della Commissione di riserva, si è giunti
all’accordo siglato presso il Ministero dell’Ambiente dal direttore generale dell’Ispettorato centrale per
la difesa del mare ed i rappresentanti del Consorzio di gestione nel dicembre 1999, seguito dal parere
favorevole, espresso in data 16 marzo 2000, dalla Conferenza Unificata.
Una volta individuata la zonizzazione si deve procedere alla messa a punto del Regolamento per
l’attuazione del Decreto. L’organo preposto alla formazione del regolamento è l’Ente gestore; nel caso
di Punta Campanella il Consorzio di Comuni non ha ancora presentato tale documento, che è in fase di
costituzione. Questo documento indicherà tutte le regole di funzionamento dell’Area Marina Protetta e
sarà approvato dal Ministero dell’Ambiente e dalla Commissione prima di divenire, esso stesso,
decreto.
Oggi l’iter che viene seguito nella istituzione di un’A.M.P. può essere così riassunto: in seguito alla
individuazione dell’area di reperimento a mezzo delle leggi 394 e 979, ossia di una porzione di territorio
costiero che presenta particolari caratteristiche dal punto di vista ambientale e non solo, il Ministero
dell’Ambiente stanzia dei fondi. Il primo passo consiste in uno studio di fattibilità dell’Area Protetta,
questo è, essenzialmente, un’analisi scientifica e socio- economica, per verificare che vi siano tutte le
condizioni per la creazione dell’area protetta. A tale scopo vengono stipulate apposite convenzioni con
degli Istituti di ricerca, i risultati di tale studio vengono presentati all’ICRAM, l’Istituto Centrale per la
Ricerca applicata al Mare, che sulla base di essi decide la vincolistica e la zonizzazione dell’area, in
questo modo si giunge al decreto istitutivo che verrà attuato mediante il Regolamento da parte dell’Ente
gestore. In precedenza la valutazione scientifica e quella socio- economica relative alla istituzione di
un’area marina protetta erano oggetto di studi separati, nel caso di Punta Campanella si è proceduto,
inizialmente ad uno studio scientifico affidato al CLEM, tale analisi è sembrata bastare al Ministero per
giungere al decreto istitutivo nel dicembre 1997. In seguito l’Ente Parco ha condotto uno studio socioeconomico che ha portato, insieme ad una concertazione con le varie parti sociali interessate, alla
richiesta di modifica del decreto e alla successiva approvazione del nuovo decreto il 13-06-2000.
Al fine della messa a punto del regolamento attuatore del decreto, che stabilisca le modalità di
funzionamento dell’area protetta, sono stati condotti altri studi, in particolare il Censis ha condotto uno
studio sul diporto nella zona interessata da cui sono emersi alcuni dati interessanti riguardo la situazione
socio- economica della Penisola Sorrentina.
3.6 Analisi della realtà turistica dell’area
L’Ente gestore dell’Area Marina Protetta Punta Campanella ha commissionato al Censis una indagine
riguardo il Diporto, che comprendesse anche un’analisi della realtà sociale ed economica del territorio.
Da questo studio emerge l’enorme potenzialità turistica della penisola Sorrentina. L’area marina è
situata, infatti, nella più grande area di destinazione turistica del mondo; secondo il Piano Blu delle
Nazioni Unite il numero di turisti sulle coste del Mediterraneo passerà nel 2025 ad una cifra compresa
tra i 180 ed i 340 milioni.
L’Italia, nell’ambito dell’Europa Meridionale, si colloca tra le località con il più alto flusso di visitatori, al
secondo posto dopo la Spagna, e precedendo Austria e Francia. La lieve flessione registrata nel 1996 è
stata seguita da un immediato recupero al punto che il settore ha chiuso, nel 1998, con un rialzo del 2%.
Lo stesso, analizzando il trend del comparto ricettivo alberghiero negli ultimi anni, risulta che la crescita
delle presenze è stata continua.
29
Dai dati ufficiali risulta che la Campania, che ospita l’area marina protetta, dispone di un’offerta turistica
caratterizzata da 1.418 esercizi alberghieri (4,2% di quelli presenti sul territorio nazionale) per un totale
di 88.291 posti letto (5%) e 175 esercizi extralberghieri (contro i 2.374 complessivamente presenti in
Italia) per un totale di 66.991 posti letto.
La regione campana risulta essere, in special modo la penisola Sorrentina, una delle destinazioni
preferite dal turismo marittimo, ed anzi, la destinazione principale per i visitatori provenienti da
Argentina e Stati Uniti. In particolare la parte di penisola Sorrentina che rientra nell’area protetta è uno
dei poli di maggiore attrazione turistica della Campania. La presenza di numerose strutture ricettive
(14,4% dei posti letto in esercizi alberghieri e complementari dell’intera regione) nonché la consistenza
delle presenze (19% delle presenze regionali) rendono testimonianza dell’enorme potenzialità turistica
del territorio.
Confrontando l’offerta ricettiva dei comuni si può desumere che Sorrento e S.Agnello presentano la
maggiore offerta di posti letto nel comparto alberghiero, nel settore extralberghiero accanto, a Sorrento,
figura, invece, Positano. Mentre quest’ultimo presenta un trend positivo di presenze annue, lo stesso
non può dirsi per le altre località che mostrano, negli esercizi complementari una flessione talvolta
notevole.
A ragione della sua posizione geografica, l’A.M.P. è facilmente accessibile soprattutto via mare, i
collegamenti principali che servono la penisola sono rappresentati dalle linee che collegano Sorrento a
Napoli, a Castellamare di Stabia e a Capri. L’area è caratterizzata dalla presenza di una struttura viaria
principale, la B145 che, parallela alla costa, si dipana dall’autostrada A3 nei pressi di Pompei, mettendo
in rete tutti i comuni della riserva, per poi ricongiungersi all’autostrada dopo aver superato Amalfi e
Maiori. Parallela alla B145 corre la rete ferroviaria che giunge fino a Sorrento lasciando fuori i comuni
di Massalubrense e Positano. Per il trasporto aereo, l’aeroporto più vicino è lo scalo napoletano di
Capodichino che dista mediamente 50 Km dall’area Sorrentina. In conclusione, Sorrento è il comune
che risulta maggiormente raggiungibile, nel complesso la zona, però, non è servita molto
efficientemente dal sistema dei trasporti. Si prospettano così due sistemi locali di attrazione turistica, da
una parte Sorrento, con i comuni circostanti e dall’altra Positano più a est sul golfo di Salerno, in effetti le
località che esercitano una maggiore attrazione turistica sono Sorrento e Positano, che, considerando
anche indicatori economici e demografici, figurano come i comuni la cui supremazia è incontestabile
rispetto agli altri.
Analizzando gli indicatori demografici si può tracciare l’andamento della popolazione tra il 1995 e il
1998 che presenta un trend positivo in tutti i comuni, in controtendenza rispetto ai valori regionali. In
particolare Vico Equense risulta il comune più popolato in ragione anche della maggiore estensione
territoriale, mentre Positano è il comune con il valore più basso. Il tasso di crescita naturale si presenta,
comunque, inferiore alla media regionale anche se positivo.
Complessivamente il livello di istruzione risulta essere positivo, soprattutto in rapporto ai valori
regionali. Più dell’80,6% della popolazione è in possesso di un titolo di studio con l’eccezione di
Massalubrense con un valore di poco più basso. Analizzando la distribuzione del reddito, Sorrento è il
comune i cui abitanti dispongono di un reddito maggiore e, dunque, di maggiore possibilità di consumo
seguito da Meta e Piano di Sorrento, ultimo è ancora Massalubrense.
Il tessuto produttivo locale si presenta piuttosto dinamico con una crescita delle imprese, tra il 1991 e il
1997, in taluni casi esponenziali. 27 La concentrazione maggiore di imprese è nei comuni di Sorrento,
Vico Equense e Piano di Sorrento, nelle altre località la crescita numerica di insediamenti produttivi è
comunque soddisfacente. Il settore economico che annovera più addetti è il commercio, seguito da
quello degli alberghi e ristoranti e dall’industria, questo è valido per tutti i comuni tranne Sorrento e
Positano che presentano un numero maggiore di addetti nel settore della ricettività alberghiera e della
ristorazione.
27
CENSIS, “Il Diporto a Punta Campanella”, I rapporto intermedio, marzo 2000
30
3.7 Zonizzazione dell’A.M.P.
L’area marina protetta di Punta Campanella è situata tra il Golfo di Napoli ed il Golfo di Salerno. La
punta estrema della penisola Sorrentina, che divide i due golfi, da cui prende il nome l’intera area
protetta, Punta Campanella, fronteggia l’isola di Capri.
I chilometri di costa interessata dalla riserva sono 30 suddivisi nelle zone A, B e C.
La zona A di Riserva integrale comprende:
le aree circostanti lo scoglio di Vetara, la secca a ponente delle isole Li Galli e l’area che circonda lo
scoglio Vervece
La zona B di Riserva generale comprende:
l’area compresa tra l’estremo sud della Cala di Mitigliano e il lato nord della Punta di Montalto, inclusa
l’area di Mortelle; l’area compresa tra lo scoglio di Scruopolo, isola di Isca includa, a la punta a ponente
della Grotta Matera. In tale zona sono, inoltre, previstidue corridoi.
La zona C di Riserva parziale comprende:
l’area compresa tra Capo Sorrento e l’estremo sud della Cala di Mitigliano, escludendo lo scoglio del
Vervece. L’area compresa tra il lato nord della Punta di Montalto, esclusa l’area di Mortelle, e lo scoglio
Scruopolo. L’area compresa tra Grotta Matera e Punta Germano (vedi cartina a pagina seguente).
Come ho già detto, la zonizzazione e i vincoli istituiti con il decreto del 12/12/97 sono stati oggetto di
modifica su richiesta dell’Ente gestore della riserva marina. Il nuovo decreto, in particolare, ha
modificato la perimetrazione delle diverse zone e il regime dei vincoli.
In particolare nella zona A, di riserva integrale è vietata ogni tipo di attività come la navigazione, la
balneazione ed ogni tipo di pesca. Sono consentite, invece, con l’autorizzazione dell’Ente gestore, le
immersioni per finalità di ricerca scientifica e per scopi didattici.
Nella zona B, di riserva generale sono vietati la navigazione di natanti non autorizzati e l’ancoraggio
libero, la pesca sia sportiva che professionale mentre è consentita la navigazione di barche a motore per
visite guidate anche subacquee, l’accesso libero di natanti soltanto nei corridoi predisposti dall’Ente
gestore, la balneazione e le immersioni guidate, è permesso, inoltre, l’ormeggio nelle zone
appositamente predisposte e la pesca professionale con gli attrezzi della piccola pesca regolamentata
dall’Ente stesso.
Nella zona C di riserva parziale, in ragione del minor grado di tutela che caratterizza l’area sono
consentite tutte le attività già permesse nella zona B inoltre, è possibile esercitare la pesca professionale
da parte dei pescatori residenti nell’area e la pesca sportiva autorizzata.
3.8 A.M.P.: dalla tutela ambientale allo sviluppo economico sostenibile
L’A.M.P. “Punta Campanella”, come ho già detto, è una Riserva a fini multipli, in cui la natura e
l’uomo devono coesistere in perfetta simbiosi; sicuramente la riserva potrebbe portare ad un recupero di
quell’ambiente che è stato deturpato e depredato dei suoi equilibri, ma significa innanzitutto l’inizio di
una nuova era di grande crescita culturale. Le aree marine protette, ovunque, sono osteggiate e
contrastate perché, spesso, considerate solo come strumento per porre delle limitazioni alle attività
economiche locali, ma oggi esse sono una realtà su cui lo stato punta per la riqualificazione del territorio
nazionale e per la costruzione di un nuovo modello di sviluppo sostenibile. Anche nel caso di Punta
Campanella non sono mancate opposizioni per cui risulta evidente la necessità di un cambiamento di
mentalità perché si diffonda nell’opinione pubblica la convinzione che realizzare un’area protetta non
significa solo promuovere la tutela, ma favorire anche nuove opportunità occupazionali in una nuova
ottica di sviluppo sostenibile. In quest’ottica occorre, innanzitutto, ristrutturare e razionalizzare le attività
imprenditoriali che insistono lungo la costa come: stabilimenti balneari, ristoranti, ormeggi, pesca etc., e
31
poi bloccare sul nascere quelle che non risultano compatibili con l’obiettivo di tutela ambientale,
promuovendo, invece, nuove attività eco- compatibili28
L’Area Marina Protetta di Punta Campanella è stata istituita con legge dello Stato e con un decreto di
attuazione del Ministero dell’Ambiente. Mentre tale decreto non contiene esplicito riferimento al
controllo dell’inquinamento facendo propri, piuttosto, i principi che assicurino la protezione e il
ripristino delle condizioni ottimali dell’ambiente marino, è apparso chiaro al consorzio di gestione che
non è possibile esercitare un Parco Marino e assicurare il conseguimento degli obiettivi predisposti dalla
legislazione, in un mare inquinato.
Il Decreto comprende, invece, tra i suoi obiettivi quello di contribuire allo sviluppo socio- economico
dell’area. Il consorzio vede nel parco un’occasione per un’azione integrata, coordinando
contemporaneamente le attività di mappatura dell’inquinamento, di assistenza ai comuni nell’attuazione
di un programma di disinquinamento degli scarichi fognari ed il sostegno alle PMI che operano nel
contesto del Parco per il finanziamento di nuove iniziative.
3.9 Applicazione del modello del ciclo di vita di una destinazione turistica all’Area marina
Protetta Punta Campanella.
In relazione a quanto affermato nel primo capitolo, con riferimento al ciclo di vita di una destinazione
turistica, può risultare interessante tentare di individuare, nel caso dell’Area Marina Protetta Punta
Campanella, l’andamento assunto dalla funzione. Come noto, l’area protetta è inserita in un territorio, di
notevole interesse turistico tale da attirare, ogni anno, milioni di visitatori. I dati dello scorso anno
confermano la presenza di 2 milioni e 650 mila turisti, numero che, nel corso degli anni, è aumentato in
modo esponenziale con un notevole incremento degli arrivi e delle presenze.29 Secondo le previsioni,
inoltre, il numero di turisti è destinato ad accrescersi ulteriormente nei prossimi anni. Sulla base di questi
dati, e ipotizzando la costanza di altri elementi quali: la qualità ambientale, le strutture ricettive, i trasporti
e gli altri servizi complementari a quelli strettamente turistici, nonché la vivibilità dell’area, secondo il
modello del ciclo di vita di una destinazione turistica, l’area in questione si troverebbe ancora nella fase
di sviluppo (Fig.2) in relazione al numero dei visitatori che sceglieranno la località come meta delle
proprie
vacan-
Numero di
visitatori
T e m p o
ze grazie alla capacità di attrarre turisti da tutto il mondo, alla vici,nanza di luoghi altrettanto noti come
l’isola di Capri, Pompei, la Costiera Amalfitana che fanno della destinazione luogo privilegiato per un
28
29
Simioli Alberico, “Relazione introduttiva all’A.M.P. Punta Campanella” Massalubrense, 2000
Siniscalchi A., Turismo e soggiorno: nuovo commissario, Il Mattino, domenica 4 febbraio 2001
32
periodo di soggiorno. Se, come emerge dal numero di visitatori, l’area non sembra ancora pervenire ad
una fase di maturità, diversa è la situazione per quanto concerne l’ambiente e la qualità delle risorse
naturali, su cui si basa l’attrattività turistica dell’area. Queste comincerebbero a risentire del peso
esercitato dalla consistente massa di turisti che, in taluni casi, tende al raggiungimento del limite
massimo di capacità di accoglienza dell’area. Pertanto le risorse naturali si avvierebbero gradualmente
verso una fase di maturità e quindi di declino. Analogamente a quanto visto in precedenza,
rappresentando graficamente la qualità ambientale della destinazione ci troveremo di fronte ad una
situazione caratterizzata da una riduzione piuttosto drastica di tale valore (Fig.3).
Numero di
visitatori
Qualità
ambientale
Tempo
Figura 3
L’istituzione dell’Area Marina Protetta “Punta Campanella” ha, tra le sue finalità, la preservazione e la
valorizzazione del patrimonio naturalistico dell’area per prevenire uno stato di degrado irreversibile
dell’ambiente. Dal punto di vista grafico ciò si traduce nel tentativo di evitare che la curva che
rappresenta la qualità ambientale, as-suma un andamento discendente in quanto ciò porterebbe
inevitabilmente ad una situazione in cui la vocazione turistica dell’area sarebbe gravemente
compromessa.
Nel caso di Punta Campanella e, in generale, per tutte le aree naturali protette, il ripristino delle
condizioni qualitative dell’ambiente naturale e il mantenimento, nonché il miglioramento, di esse nel
futuro, sono alla base delle azioni condotte all’interno di tali aree. Ciò determinerà, nella prima fase della
vita di un’area protetta, un miglioramento della qualità dell’ambiente, (primo tratto della curva
rappresentata in figura 4); l’obiettivo sarà quello di giungere ad un elevato livello qualitativo che risulti
anche stabile nel tempo. Esiste inoltre la possibilità, di un ulteriore incremento futuro della qualità delle
risorse fisiche presenti, grazie alla messa a regime di meccanismi di controllo e di gestione attuabili
all’interno di un’area protetta, con la partecipazione della popolazione residente e con l’avvento di una
turismo che sia realmente sostenibile in relazione alle specifiche caratteristiche del territorio (fig.4).
33
Figura 4 La qualità ambientale in un’Area Naturale Protetta
Qualità
ambientale
Tempo
34
Capitolo IV
Interventi finanziari a sostegno dello sviluppo ecocompatibile
4.1 Progetto integrato territoriale “Punta Campanella”
Il Consorzio, quale organo di gestione dell’AMP, ha predisposto una bozza di progetto che si
caratterizza per un approccio integrato alla soluzione dei problemi ambientali ed allo sviluppo di un
turismo sostenibile nel rispetto dei requisiti richiesti per i Progetti IntegratiTerritoriali così come esposti
nel POR della regione Campania.
Il Progetto Integrato o Progetto Integrato territoriale (PIT) è una modalità operativa di attuazione del
principio di integrazione dei Fondi Strutturali, e viene identificato come un "insieme di azioni
intersettoriali, strettamente coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso il conseguimento di
un comune obiettivo di sviluppo del territorio" e " giustificano un approccio attuativo unitario".
Si tratta di un progetto di finanziamento per le attività del Parco e per quelle che potranno svilupparsi
intorno ad esso in modo che queste possano avvalersi dei Fondi Regionali 2000-2006, messi a
disposizione dalla Comunità Europea (Agenda 2000).
Il Consorzio suddivide il Programma in due Misure ed in relative Operazioni:
Misura 1: Sostegno generale allo sviluppo e alla gestione dell’area marina protetta e interventi mirati al
controllo ed alla riduzione delle fonti di inquinamento locale biologico chimico e visivo. Questo piano
di disinquinamento locale, pur non agendo sulle grandi fonti di inquinamento marine regionali (Sarno e
Sele), potrà sicuramente incidere sulla qualità ambientale dell’area.
Misura 2: Interventi a sostegno dello sviluppo di piccole e medie imprese che operino nel settore del
turismo e dei servizi associati direttamente ed indirettamente all’esistenza e all’esercizio della riserva
Marina.
Per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nella misura 1 sono previste attività di formazione per gli
imprenditori locali, un programma di divulgazione delle finalità dell’area protetta presso la popolazione
residente, la costruzione di strutture fisse e mobili di sostegno al Parco e recuperi ambientali. Al fine del
controllo e della riduzione delle fonti di inquinamento locali è previsto, innanzitutto, un programma di
mappatura dell’inquinamento e di assistenza ai comuni per operare il disinquinamento della zona e,
infine, la creazione di un consorzio per la ricerca scientifica.
La misura 2 ha come obiettivo prioritario il sostegno all’imprenditoria locale, in particolare alle piccole e
medie imprese egate
l
all’esistenza dell’area protetta. In primo luogo vengono previste attività di
formazione per gli imprenditori locali quali visite a Parchi Marini di altri paesi, al fine di trarre utili
suggerimenti e idee per le proprie attività, la creazione di servizi turistici su piattaforme mobili e pontili di
attracco per imbarcazioni sprovviste di motore. Attività di promozione di prodotti caratteristici quali:
studi propedeutici alla realizzazione di impianti di produzione di spugne e coralli, la creazione di una
linea di prodotti ittici con marchio di qualità. Incentivazione di attività turistiche compatibili con le
finalità dell’area marina protetta quali Pescaturismo, Ittiturismo e centri di immersione. Promozione
dell’artigianato tipico, della moda e dell’agricoltura biologica locale.
Tale approccio vede il Consorzio come una figura centrale per l’attuazione delle misure previste, che
agisca in modo indipendente nella corretta gestione del parco.
Il Consorzio di Gestione, da parte sua, prevede di associare all’operazione partners privati, piccole e
medie imprese, e per la parte relativa al disinquinamento altri comuni della Costiera Amalfitana e Meta
di Sorrento non rientranti nel Consorzio.
In questa sede mi soffermerò prevalentemente sulla Misura 2 per sottolineare come una riserva
naturale, marina o terrestre, possa rappresentare un strumento di sviluppo economico e, dunque una
opportunità di sviluppo per le zone interessate, soprattutto per le regioni, come quelle dell’Italia
Meridionale, che soffrono di carenze strutturali e abbisognano di creare un proprio tessuto produttivo e
35
imprenditoriale, che permetta anche la diversificazione dell’economia di quelle aree eccessivamente
dipendenti dal turismo, attività che apporta sicuramente numerosi benefici, ma che impone il
pagamento di un alto prezzo in termini ambientali ed espone l’economia a tutti i rischi di un’economia
monocolturale.
Nell’ambito della Misura 2, infatti, il sostegno alle PMI impegnate in attività turistiche tradizionali non è
oggetto di questo programma. Le attività classiche, alberghiere e di ristorazione, mentre non assicurano
una occupazione continua e stabile degli addetti, possono portare, se non opportunamente regolate, ad
un aumento indiscriminato del solo turismo stagionale che sottopone le risorse ambientali a forti
sollecitazioni anche se per brevi periodi.
Il tipo di attività contenute nel programma, invece, si svilupperebbero intorno all’area marina protetta
rispettandone i principi di salvaguardia dell’ambiente marino e costiero. Esse potrebbero contribuire ad
allungare la stagione turistica con l’introduzione di attività nuove e opportunamente mirate ad attirare un
nuovo tipo di turismo più rispettoso delle risorse naturali, ed allo stesso tempo potrebbero garantire
l’utilizzo turistico di tali risorse, opportunamente conservate e migliorate dalla stessa esistenza del parco.
Da ciò si evince come l’istituzione di una riserva, talvolta voluta proprio a causa della consapevolezza
del degrado ambientale innescato dall’attività turistica, possa essere, essa stessa, attraverso la tutela delle
risorse naturali che ne costituiscono il presupposto, un mezzo per garantire la prosecuzione dell’attività
turistica, ovviamente in una nuova ottica di rispetto ambientale.
La Misura 2 risulta coerente con i principi di integrazione e partenariato previsti dalla legislazione
comunitaria e, implicitamente, con il rispetto della qualità dell’ambiente e dei processi tendenti a
conservarne e migliorarne le risorse, senza incidere negativamente sul progresso socio-economico degli
abitanti e degli imprenditori.
L’organo di gestione del parco, nella forma consortile, è vicino ai cittadini e agli imprenditori ed appare
come l’organizzazione che, al meglio, possa interpretarne i bisogni. Ciò è vero sia grazie alla
rappresentanza dei Comuni nell’Ente, sia alle finalità dell’Area Protetta, che incidono direttamente e
indirettamente sulle attività imprenditoriali della zona.
Nell’ambito delle attività che costituiscono le operazioni della Misura 2 approfondirò, in particolare,
l’analisi relativa a Pescaturismo ed Ittiturismo, in quanto, a mio avviso, esse possono contribuire
maggiormente al conseguimento delle finalità istitutive dell’AMP. Queste attività comporteranno la
riduzione del carico di pesca e dunque un minor prelievo di risorse contribuendo alla ricostituzione degli
stocks ittici e delle rare risorse biologiche che caratterizzano il tratto di mare e di costa interessati.
L’Ittiturismo e la Pescaturismo combinano, inoltre, una nuova forma di integrazione del reddito degli
addetti al comparto della pesca e a quello della ricettività turistica. La legislazione vigente già prevede un
sostanziale appoggio a questo tipo di attività con specifiche fonti di finanziamento. Inoltre,
nell’approccio integrato che costituisce il principio alla base della Misura, si è ritenuto opportuno
prevedere anche la possibilità di finanziamento tramite fondi strutturali, con il coordinamento del
Consorzio gestore. Questa strategia consentirà, tra l’altro, anche la rivalutazione degli antichi borghi
marinari, testimoni di un’epoca e di una tradizione che vanno scomparendo, oggi in stato di semi
abbandono e la rivitalizzazione di attività quali ad esempio l’artigianato tipico, prodotti ittici di qualità,
locande ecc.
Un contributo significativo per il sostegno al Pescaturismo può venire dalle regioni, che sono chiamate
a governare l’attività di pesca in modo sempre crescente. A conferma di ciò, molteplici aspetti attuativi
dello SFOP, il Regolamento attuativo con il quale la Comunità Europea trasferisce i fondi alle regioni
nell’ambito del sostegno alla pesca, fanno capo alle Regioni stesse.
L’intervento delle Regioni si sostanzia nella predisposizione di documenti programmatici: i POR ed i
complementi di programma. Affinchè Pescaturismo ed Ittiturismo siano oggetto di specifici interventi è
necessario che essi siano compresi in questi documenti.
36
Le Regioni hanno comunque la possibilità di definire con proprie leggi e norme attuative misure di
supporto al pescaturismo: la promozione, la realizzazione di un’offerta regionale, l’integrazione con
altre attività. In quest’ottica i PIT potrebbero costituire degli strumenti importanti per sviluppare il
pescaturismo e l’ittiturismo, avendo come finalità principale la crescita occupazionale dell’economia
locale e la generazione di effetti moltiplicatori tra cui la capacità di attivare risorse economiche private.
Per quel che riguarda lo stato di attuazione di tali progetti è necessario dire che la regione Campania non
ha ancora presentato i bandi di concorso per ottenere i finanziamenti in quanto non si è ancora
provveduto, a livello comunitario, all’approvazione dei Complementi di Programmazione, atto
preliminare affinché la regione possa provvedere, con i bandi, all’assegnazione dei finanziamenti.
Nonostante ciò, molte attività previste nelle misure di cui sopra, utilizzando dei fondi del Ministero
dell’Ambiente, sono state comunque svolte. In particolare è stato iniziato ed è ancora in corso un
Progetto di Educazione Ambientale incentrato sull’Area Marina Protetta; la prima fase, che ha visto la
partecipazione di 10 operatori provenienti da associazioni ambientaliste per l’effettuazione di 212
incontri nelle scuole del comprensorio, è terminata e per l’anno scolastico in corso se ne prevedono altri
200.
Analogamente il Ministero ha approvato un progetto relativo al Pescaturismo da attuare per la prossima
stagione estiva 2001.
Nell’ambito della ricerca scientifica è stato approvato un progetto per il monitoraggio dei fondali marini
e il censimento degli stocks ittici presenti lungo la costa, allo scopo di valutare la qualità ambientale
dell’area, stabilire, così, lo sforzo di pesca sostenibile e individuare percorsi subacquei possibili. La
ricerca è coordinata dall’Università Federico II di Napoli con la collaborazione di vari istituti di ricerca.
Con il supporto dell’Università di Genova si è studiata la fattibilità di un progetto per un impianto di
produzione di spugne. Anch’esso è stato approvato e finanziato e la commercializzazione di questi
organismi sarà affidata in gestione a cooperative di pescatori locali.
Numerose sono state le attività di Divulgazione svolte con campagne di informazione attraverso radio e
giornali a diffusione nazionale, partecipazione a varie trasmissioni televisive riguardanti la realtà di
Punta Campanella e del suo territorio, l’allestimento di un sito internet, la realizzazione di un video ed
altro materiale promozionale e una vasta campagna di sensibilizzazione e informazione, con raccolta di
firme, sul danno provocato dalla raccolta del dattero di mare.
Un altro importante strumento finanziario è costituito da “Sviluppo Italia” l’agenzia nazionale per lo
sviluppo economico e imprenditoriale del Mezzogiorno e delle altre aree svantaggiate del Paese.
Sviluppo Italia è impegnata per lo sviluppo economico e l’innovazione in tutti i settori, dall’Industria
all’Artigianato, dall’Agricoltura al Turismo, dai Servizi all’Ambiente ed utilizza varie linee d’intervento
privilegiando le ditte individuali.
Uno degli strumenti utilizzati da Sviluppo Italia per promuovere l’imprenditorialità giovanile in tali aree
è la legge n.608 del 1996 “Prestito d’onore”. I destinatari dei benefici previsti da tale legge sono i
disoccupati di età superiore ai 18 anni residenti nelle zone dell’Obiettivo I. Le iniziative possono
riguardare qualsiasi settore per un investimento complessivo pari a 50 milioni una parte dei quali
vengono erogati a fondo perduto e la parte restante da restituire a condizioni privilegiate. Durante la fase
di avvio sono previsti dei servizi gratuiti di assistenza e consulenza tecnica da parte di organismi
specializzati (tutor).
Un giovane residente nel territorio dell’AMP Punta Campanella ha pensato, sfruttando la possibilità di
accedere ai finanziamenti di Sviluppo Italia, di creare una propria attività imprenditoriale che avesse
sede nel territorio dell’area protetta. Il Pescaturismo è sembrata immediatamente essere l’attività più
adatta. Nello scenario costituito dall’AMP, che ha sede in Penisola Sorrentina, tale attività risulta
estremamente coerente con le esigenze di tutela ambientale e di sviluppo ecosostenibile per la tipologia
di pesca che viene praticata, particolarmente leggera e caratterizzata da un basso impatto ambientale.
37
Egli, al fine di ottenere i finanziamenti per intraprendere tale attività, ha presentato la domanda di
ammissione alle Agevolazioni previste dall’art.9 septies della legge 28 novembre 1996 n. 608
nell’ambito del progetto della società Sviluppo Italia, denominando l’iniziativa: “Pescaturismo nel canto
delle Sirene” e prevedendo un investimento pari a 50 milioni di lire da impiegare per l’acquisto di una
imbarcazione con licenza per la pesca e la necessaria attrezzatura.
Dopo aver dimostrato di possedere tutti i requisiti per l’ottenimento del finanziamento e aver presentato
il progetto dettagliatamente, dimostrando la validità dell’iniziativa anche dal punto di vista finanziario il
progetto è stato approvato ed egli ha ottenuto il finanziamento per intraprendere il pescaturismo.
Il progetto che si sta realizzando ha il merito, secondo la mia opinione, di mettere in pratica tale nuova
idea di sviluppo per le particolari caratteristiche dell’attività che verrà svolta, il Pescaturismo che
approfondirò in seguito. Inoltre questa esperienza, per ora unica in Italia potrebbe costituire un
incoraggiamento per altri che volessero intraprendere attività imprenditoriali ecocompatibili nelle aree
protette, utilizzando i finanziamenti e l’assistenza messi a disposizione da Sviluppo Italia per le regioni
comprese nell’Obiettivo I.
38
4.2 Sfop: interventi comunitari a sostegno del settore pesca
Nell’ambito del governo del mare, l’attività di pesca ha un particolare significato culturale, sociale ed
occupazionale, e può ancora dare un senso alle comunità dei pescatori che caratterizzano molti borghi
italiani, e non solo per continuare a mantenere e valorizzare un particolare legame con la tradizione. A
tale riguardo è estremamente importante che il Ministero dell’Ambiente, negli ultimi decreti istitutivi,
abbia riconosciuto le attività di pesca, escluso il traino ed altri attrezzi che alterano i fondali, pienamente
compatibili con l’istituzione di un’Area Marina Protetta. In questo modo nelle zone “B” e “C” può
svolgersi liberamente il mestiere di pescatore, tra i più antichi, tradizionali e qualificanti di questa località.
Le zone “A” di conservazione integrale, invece, dovrebbero essere considerate anche come zone di
ripopolamento delle risorse ittiche, ed in questo senso valutate al momento della perimetrazione. Le
marinerie delle A.M.P. sono composte quasi esclusivamente da addetti alla piccola pesca. Il settore,
però, investito in questi ultimi anni da una crisi di riconversione, abbisogna di una politica organica della
pesca soprattutto nell’ambito di queste particolari realtà della costa italiana Si tratta di porre in essere
azioni che comportino innovazione, anche tecnologica, valorizzazione dei prodotti e soprattutto
meccanismi che garantiscano la partecipazione dei pescatori alla vita e alle decisioni dell’Ente Gestore.
L’urgenza di intervenire in questo modo per la regolamentazione ed il sostegno del settore in questione
è stato avvertito anche a livello comunitario, nell’ambito dei Fondi Strutturali Europei con la
predisposizione di alcune misure inserite nello SFOP, il regolamento che interessa il settore pesca.
Le misure che rilevano, in particolare, sono due: la 4.22 e la 4.23. Misura 4.22: “Interventi a sostegno
dell’acquacoltura, della maricoltura, della piccola pesca costiera e adeguamento delle strutture portuali ”
Le difficoltà, registrate negli ultimi anni in Campania, dovute soprattutto alla bassa redditività e dunque
alla ridotta capacità di anticipazione di capitali da parte degli addetti, unite alla carenza di adeguate
infrastrutture, rendono evidente la necessità dell’intervento pubblico sia a sostegno degli investimenti
privati che per la creazione di adeguate infrastrutture. Lo sviluppo delle suddette attività, oltre che essere
opportunità economiche ed occupazionali in aree tradizionalmente vocate alla pesca, potrebbe
contribuire ad aumentare l’offerta dinanzi ad una domanda sempre crescente di prodotti ittici.
Gli investimenti proposti mirano sia ad una qualificazione produttiva degli impianti già esistenti, in
termini di ridotto impatto ambientale e diversificazione produttiva, che al potenziamento vero e proprio
del settore. La misura è articolata in sei sottomisure che, nel complesso, sono volte al raggiungimento di
alcuni obiettivi specifici di riferimento, quali: il rafforzamento della competitività delle strutture e lo
sviluppo di imprese economicamente valide nel settore, l’affermazione dell’acquacoltura e della
maricoltura, il miglioramento delle attrezzature dei porti di pesca, l’adeguamento ed il potenziamento
delle strutture per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti.
Misura 4.23: “Interventi di contesto ed a sostegno dell’adeguamento infrastrutturale del settore della
pesca.”
La misura prevede una serie di azioni che vanno ad integrare e a dare continuità alla strategia di
intervento a livello produttivo.
Obiettivo della misura è quello di incidere sul carattere fortemente artigianale del settore tramite azioni di
promozione e valorizzazione del prodotto locale. Sono altresì previsti interventi di adeguamento delle
attrezzature stesse ( destinati alle imbarcazioni da pesca di lunghezza inferiore ai 12 metri) al fine di
migliorare le condizioni sanitarie e al vorative, favorire la riconversione verso tecniche di pesca più
selettive e verso il pescaturismo, organizzare la catena di produzione, trasformazione e
commercializzazione nel modo più efficiente possibile, favorire la formazione e la riqualificazione
professionale.
Come è evidente quest’ultima misura contiene un esplicito riferimento all’attività di pescaturismo, in
quanto modalità attraverso la quale assicurare il conseguimento di alcuni degli obiettivi specifici di
riferimento quali: il conseguimento di un equilibrio duraturo tra le risorse alieutiche e lo sfruttamento
delle stesse riducendo, in tal modo, lo sforzo di pesca e favorendo, invece, la riproduzione sotto costa
39
delle specie ittiche, la riconversione degli operatori, la valorizzazione dei prodotti della pesca e il
miglioramento delle infrastrutture e dei servizi a favore delle imprese di pesca, infine la possibilità di
sviluppare un nuovo tipo di turismo sostenibile legato al mondo della pesca che apporti benefici
economici nonché una crescita culturale e una maggiore sensibilità verso le problematiche di questo
mondo.
40
4.3 P.O.R. Regione Campania: misure a favore delle Aree Naturali Protette
La regione Campania, nell’ambito del processo di programmazione per accedere ai finanziamenti
comunitari previsti dai Fondi Strutturali Europei ha predisposto il POR 2000-2006.
Con riferimento al I asse prioritario di riferimento, quello relativo alle Risorse Naturali, le misure del
POR che prevedono degli interventi anche nelle Aree Marine Protette sono le 1.9, 1.10, 1.11. I Fondi
strutturali interessati sono il FERS per le prime due misure ed il FSE per l’ultima, mentre il settore di
intervento è costituito per tutte le misure dalla Rete Ecologica.
Misura 1.9- Recupero, Valorizzazione e Promozione del Patrimonio storico- culturale, archeologico,
naturale, etnografico e dei centri storici delle Aree Protette e dei Parchi Regionali e Nazionali.
Obiettivi specifici di riferimento della misura sono:
•
negli egli ambiti marginali con sottoutilizzazione delle risorse: migliorare la qualità del
patrimonio naturalistico e culturale, riducendone il degrado ed accrescendone l’integrazione con le
comunità locali in un’ottica di tutela, sviluppo compatibile, migliore fruizione e sviluppo di attività
connesse, come fattore di mobilitazione e stimolo allo sviluppo locale;
•
negli ambiti con sovrautilizzo delle risorse: recuperare gli ambiti compromessi a seguito di usi
impropri e conflittuali; regolare gli usi e la pressione sulle risorse; accrescere l’offerta di beni e servizi
finalizzati alla qualità ambientale ed alla corretta fruizione ambientale delle risorse, in un’ottica di
promozione dello sviluppo;
•
in generale: promuovere la capacità della Pubblica Amministrazione di intervenire per la
conservazione e lo sviluppo; promuovere la rete ecologica come infrastruttura di sostegno dello
sviluppo compatibile e come sistema di offerta di beni, risorse e valori.
La finalità della misura è la valorizzazione delle risorse immobili dei parchi e delle altre aree protette per
innescare processi di sviluppo sostenibile basati sulla conservazione delle risorse naturali. Creare le
condizioni di base per lo sviluppo, nella logica dei sistemi locali naturalistici, di microfiliere
imprenditoriali locali. Sviluppare modelli gestionali delle risorse naturali con forte indotto
occupazionale. Promuovere la domanda di turismo verde e di prodotti tipici locali.
Sono previsti interventi per la tutela, il recupero e la valorizzazione del patrimonio paesaggisticoambientale delle aree interessate.
Marketing, animazione socio-culturale, sensibilizzazione naturalistico- ambientale e promozione di
prodotti tipici.
Nei parchi regionali e nazionali la misura sarà attuate esclusivamente mediante progetti integrati
territoriali. Nelle altre aree protette mediante progetti monosettoriali relativi alla tutela del bene ad alla
sua fruizione mediante interventi leggeri ad elevata sostenibiltà ambientale.
Misura 1.10- Sostegno allo sviluppo di micro-imprenditorialità nei parchi regionali e nazionali
Finalità della misura è sostenere lo sviluppo di microfiliere imprenditoriali nell’ambito dei sistemi locali
naturalistici nei settori dell’artigianato tipico, delle piccola ricettività turistica e della ristorazione, dei
servizi turistici, del piccolo commercio. Sostenere lo sviluppo dei servizi di accoglienza nelle aree
protette.
La misura prevede un regime di aiuto per le piccole imprese artigianali, turistiche e dei servizi turistici
delle aree interessate, per la creazione di nuove attività e per la riqualificazione e/o l’ampliamento di
attività in essere nei settori suddetti.
La tipologia di programmazione richiesta è, anche in questo caso, integrata, per gli interventi nei parchi,
e monosettoriale nel caso delle altre aree protette.
Misura 1.11- Promozione di una forza lavoro competente e di nuova imprenditorialità a supporto della
protezione e valorizzazione del territorio e dello sviluppo di attività produttive nelle aree protette.
Gli obiettivi specifici di tale misura sono analoghi a quelli della misura 1.9.
41
Finalità della misura è la promozione di interventi volti al rafforzamento delle competenze degli
operatori ambientali per la protezione ed il monitoraggio; favorire la diffusione della cultura ambientale,
la conoscenza e l’uso responsabile del territorio e lo sviluppo sostenibile attraverso il decollo di iniziative
imprenditoriali; migliorare l’occupabilità in un settore con forti potenzialità si sviluppo.
Sono previste azioni per la formazione di nuove figure professionali e la riqualificazione degli addetti
del settore, delle forme di tutoring per la creazione d’impresa mediante attività di promozione e
marketing, studi e iniziative per il rafforzamento dei legami tra sistema produttivo regionale e i mercati
internazionali.
Anche in tal caso la programmazione è di tipo integrata e/o monosettoriale.
I soggetti beneficiari finali di tali misure sono Parchi Nazionali e Regionali insieme agli Enti Gestori
delle aree protette. Quanto alla tipologia di programmazione richiesta, come appare esplicitamente, nei
Parchi regionali e nazionali le misure saranno attuate mediante progetti integrati territoriali, mentre per le
altre aree protette, incluse le A.M.P., vengono richiesti progetti monosettoriali. Ciò prefigura una chiara
disparità di trattamento tra i Parchi e le aree protette, nel primo caso con i progetti integrati territoriali le
imprese o i soggetti che volessero intraprendere delle attività e richiedere dei finanziamenti per esse sono
messi in grado di competere con altri soggetti soltanto nell’ambito del territorio del parco stesso. Nel
caso delle aree protette i progetti monosettoriali obbligano ad una competizione allargata all’intero
territorio regionale, con evidente svantaggio per le imprese che operano in tali ambiti che avranno,
oggettivamente, minori possibilità di accedere ai finanziamenti previsti.
Si auspica, quindi, una revisione delle metodologie di programmazione per le aree protette per dare
uguali opportunità di sviluppo anche a tutte quelle attività compatibili, che potrebbero essere svolte, se
opportunamente sostenute almeno nel periodo di avviamento, nelle A.M.P.
42
Capitolo V
Il Pescaturismo
Nell’ottica della politica di tutela ambientale voluta sia dal governo italiano che dalla Unione Europea, si
è assistito, negli ultimi anni, ad un improvviso aumento del numero delle Aree Marine Protette istituite
(attualmente 16). Dinanzi a tale situazione la figura professionale del pescatore si trova a far fronte alla
necessità di rinnovamento attraverso l’implementazione di attività eco e socio compatibili, come il
pescaturismo. L’attività rappresenta una proposta innovativa per rispondere all’esigenza di
diversificazione di parte delle attività di pesca, in particolare all’interno delle aree marine protette,
riqualificando una quota di mercato turistico in parte esistente e creandone una aggiuntiva
particolarmente interessante rispondendo all’esigenza di politiche che rispettino i principi di un “turismo
responsabile”
Il concetto di “turismo responsabile” nasce da nuove esigenze di valorizzazione e riscoperta della realtà
sociale ed ambientale dei luoghi più suggestivi e delle antiche tradizioni della cultura del nostro paese. Si
vuole offrire al visitatore la possibilità di inserirsi in maniera armonica nel contesto preesistente senza
alterarne le preziose particolarità. Gli usi e le tradizioni legati alle marinerie italiane possono offrire
nuove possibilità di rilancio di questo settore, rispondendo contemporaneamente alle politiche europee
di razionalizzazione dello sforzo di pesca.30
Il pescaturismo è l’attività esercitata dai pescatori professionisti che, attraverso un apposito certificato
rilasciato dalla Capitaneria di Porto, sono autorizzati ad imbarcare a bordo dei propri pescherecci gruppi
di turisti per una giornata di svago all’insegna del mare e della pesca. Il pescaturismo si inserisce,
dunque, in una serie di iniziative finalizzate alla definizione di una più organica politica sul mare ed una
rinnovata valorizzazione delle sue potenziali risorse e rappresenta uno strumento per coniugare
l'incredibile richiamo delle bellezze naturali e della cultura tradizionale dell’ambiente costiero con le
conoscenze territoriali ed il fascino ambientale del mondo peschereccio. Gli obiettivi che questa attività
si prefigge di raggiungere sono diversi: innanzitutto una fonte di reddito aggiuntivo a quanto viene
ricavato dalla vendita del pescato; una riduzione nel prelievo delle risorse ittiche; la diffusione verso un
più vasto pubblico di conoscenze riguardanti il mare, le specie ittiche e gli ambienti costieri; la
sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui problemi che i pescatori affrontano giorno per giorno.
Il Pescaturismo nasce ufficialmente in Italia, su proposta del movimento cooperativo, nel 1992 per
creare un’occasione di integrazione di reddito per i pescatori, in particolar modo per gli operatori della
piccola pesca, maggiormente colpiti dalla ristrutturazione del settore. In breve, la normativa offre la
possibilità ai pescatori professionisti di imbarcare a scopo turistico-ricreativo persone interessate ad
entrare in contatto ravvicinato con il mondo della pesca, la sua cultura, l’ambiente in cui si svolge, le sue
attività e le tecniche usate, analogamente a ciò che avviene da anni per l’agricoltura con l’agriturismo.
L’AGCP Pesca, l’Associazione Generale delle Cooperative della Pesca ha creato, inoltre, un marchio
“Pescaturismo” la cui gestione è stata delegata al Consorzio italiano Servizi Pesca e Acquacoltura, nella
gestione del marchio questo consorzio ha cercato di svolgere un’opera di sensibilizzazione sugli
operatori verso questa nuova impresa e di promozione mediante la redazione di dépliant, di video e di
altro materiale informativo.
Fino ad oggi il settore alieutico, e con esso l’intera filiera ittica, hanno scontato un generale isolamento
da altre aree economiche. Tra queste il turismo è una delle attività principali attraverso le quali è
possibile realizzare la diversificazione economica delle zone costiere dipendenti dalla pesca e, in taluni
casi, riconvertire professionalmente i pescatori colpiti dal processo di ristrutturazione del settore. La
legge n.41/82, “Piano per la razionalizzazione dello sviluppo della pesca marittima”, aggiornata con
l’introduzione dell’articolo 27-bis dalla legge n.165/92 ed il D.M. attuativo del 19/6/92, introducendo e
regolamentando il pesca-turismo in Italia, hanno quindi ufficializzato l’entrata nel circuito turistico del
comparto della pesca. Rispetto alla qualità normalmente offerta dai servizi turistici, in particolare nelle
30
IDRA p.s.c.r.l, “Pescaturismo: la nuova frontiera del turismo responsabile”, novembre 2000
43
regioni meridionali, il turismo marittimo ha quindi, oggi, l’opportunità di arricchirsi di contenuti
innovativi grazie ad un’attività ricca di valenze educative e di sensibilizzazione ambientale, che ha lo
scopo di avvicinare il grande pubblico al mondo della pesca.
Il grande afflusso turistico che ogni anno si registra nelle località marittime, rende con maggiore
chiarezza l’idea di quanto sia grande l’interesse della gente per il mare e per quanto la vita nelle località
marinare propone. Fino ad oggi, però, l’offerta del turismo marittimo non ha minimamente considerato
il mondo della pesca soprattutto perché l’offerta specifica da parte dei pescatori ancora non presenta i
requisiti di qualità richiesti dai tour operators. D’altro canto in passato lo stesso comparto, in quanto
dedito solo ad attività produttive, si era raramente rivolto al turismo con proposte concrete. Anche
questa ragione contribuisce a spiegare le difficoltà incontrate dal pescaturismo nei suoi primi anni di
attività e la bassa quota di mercato coperta attualmente dall’esiguo numero di imprese operative.
5.1 Effetti derivanti dallo sviluppo del Pescaturismo
Lo sviluppo di questa attività sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, può comportare vantaggi
significativi, che non riguardano esclusivamente il settore alieutico e il suo indotto. La pesca può trarre
utilità non solo dai già citati effetti economici ed occupazionali diretti ai pescatori professionisti, ma
anche dalla possibilità di coinvolgere personale non imbarcato, rientrante a vario titolo nella filiera della
pesca, nella gestione dei rapporti con i turisti.
Altro beneficio atteso riguarda la riduzione dello sforzo alieutico, non solo ai fini della ricostituzione
degli stocks ittici e quindi della salvaguardia ambientale, ma anche ( se il fenomeno acquisisse caratteri
meno marginali) per il maggior valore unitario dei prodotti ittici derivante dalla riduzione dell’offerta.
I pescatori, inoltre, possono beneficiare per primi, in termini di sicurezza e comfort, dell’adeguamento
delle imbarcazioni alle insorgenti esigenze. Di tali ammodernamenti si avvantaggia, ovviamente, anche
l’industria cantieristica e quella degli equipaggiamenti per la pesca e la navigazione. A ciò bisogna
aggiungere la possibile creazione di sinergie, per fini promozionali, con le strutture ricettive e ristorative:
queste infatti possono trarre utilità dal rilancio del turismo marittimo- costiero determinato dalla
diversificazione dell’offerta e dalla qualità globale del servizio. Infine i pescatori possono acquisire
nuova professionalità assumendo il ruolo di custodi e divulgatori delle tradizioni e della cultura
marinara: lo stretto rapporto instaurabile con i turisti e la conoscenza più approfondita delle attività
alieutiche può quindi servire anche a sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi che oggi affliggono
il mondo della pesca.
Nonostante le potenzialità descritte, che lo renderebbero un valido strumento al servizio della pesca e
non solo, ancora oggi il pescaturismo stenta a decollare registrando successi solo in poche realtà della
costa italiana.
5.2 Normativa in tema di Pesca-turismo
Norme in materia di Pesca-turismo sono dettate dalla legge 17 febbraio 1982 n.41 “Piano per la
razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima” così come modificata dalla elgge 165/92 che
introduce l’art.27 bis. Le norme di attuazione dell’art.27-bis sono contenute nel Decreto Ministeriale del
19 giugno 1992.
Da ultimo è occorso il Decreto 13 aprile 1999, n.293 “Regolamento recante norme in materia di
disciplina dell’attività di pescaturismo, in attuazione dell’art.27-bis della legge 17 febbraio 1982, n.41, e
successive modificazioni.” Recenti modificazioni sono, inoltre, contenute nelle circolari ministeriali del
Marzo e Luglio 2000, che permettono l’estensione dell’attività in questione, rispettivamente alle
imbarcazioni inferiori alle tre tonnellate di stazza lorda e alle ore notturne.
Il decreto 293 all’art.1 definisce il pescaturismo come “ le attività intraprese dall’armatore singolo,
impresa o cooperativa di nave da pesca costiera locale o ravvicinata, che imbarca sulla propria unità
persone diverse dall’equipaggio per lo svolgimento di attività turistico ricreative.”
44
In particolare tra le iniziative di pescaturismo rientrano:
•
lo svolgimento di attività pratica di pesca sportiva mediante l’impiego degli attrezzi di
pesca sportiva previsti dallo stesso decreto.
•
lo svolgimento di attività turistico- ricreative al fine della divulgazione della cultura del
mare e della pesca, quali brevi escursioni lungo le coste, osservazione delle attività di pesca
professionale, ristorazione a bordo o a terra.
•
lo svolgimento di attività finalizzate alla conoscenza e alla valorizzazione dell’ambiente
costiero, delle lagune costiere ed eventualmente delle acque interne, nonché ad avvicinare il pubblico al
mondo della pesca professionale.
Il Decreto 293 elimina alcune delle restrizioni che caratterizzavano lo svolgimento della pescaturismo
nella precedente normativa, in particolare è, ora, possibile svolgere tale attività anche in ore notturne e
durante tutto l’arco dell’anno invece dei precedenti quattro mesi da giugno a settembre. Inoltre, viene
ora autorizzato l’imbarco di minori di anni 14 se accompagnati da persona di maggiore età, sono state
introdotte semplificazioni rispetto alle condizioni meteomarine in cui è consentito operare ed è concessa
l’autorizzazione ad esercitare mediante l’utilizzo di navi non superiori ai 10 t.s.l. acquisite a tale esclusivo
fine.
L’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di pescaturismo viene rilasciata dal capo del
compartimento marittimo del luogo di iscrizione della nave, il quale fissa anche il numero di persone
imbarcabili, nel massimo di 12 persone. L’ottenimento dell’autorizzazione è subordinato al rispetto
delle norme relative alla dotazione di mezzi di salvataggio per tutte le persone imbarcate e del materiale
sanitario indicato dalla normativa.
L’esercente tale attività è tenuto, al fine dell’ottenimento dell’autorizzazione, ad aggiornare la
documentazione relativa alla sicurezza per ciascun anno di esercizio.
5.3 Ittiturismo: occasione per la rivitalizzazione e valorizzazione del patrimonio abitativo
esistente nelle aree naturali
Un’importante novità collegata alla Pescaturismo è l’Ittiturismo che trova una sua prima definizione
normativa nel disegno di legge di riforma della pesca marittima (legge 963/65) approvato dalla
Commissione Agricoltura del Senato, che lo definisce come “attività di ricezione ed ospitalità esercitata
attraverso l’utilizzo della propria abitazione, o struttura appositamente acquisita da destinare e vincolare
esclusivamente a questa attività, e l’offerta di servizi collegati. L’Ittiturismo può essere svolto in diretto
rapporto con il pescaturismo ed in rapporto di complementarietà rispetto alle attività prevalenti di pesca,
acquacultura e lavorazione artigianale del prodotto ittico. Possono svolgere attività di ittiturismo, allo
scopo di agevolare la diminuzione dello sforzo di pesca, i pescatori professionisti, autonomi o associati
in cooperativa, dei caratisti e proprietari armatori imbarcati su navi da pesca.”
L’Ittiturismo è, dunque, un’attività di ospitalità esercitata dai pescatori professionisti, attraverso l’utilizzo
delle proprie abitazioni adeguatamente ristrutturate o appositamente acquisite. In questo modo è
possibile valorizzare il patrimonio abitativo già esistente e talvolta soggetto a degrado come quello degli
antichi borghi marinari. Si profila la possibilità di una imponente opera di risanamento e ristrutturazione
di importanti edifici di particolare valore storico e culturale nonché di abitazioni tipiche di pescatori che
ben si integrano con l’ambiente circostante, senza aggiungere nuove costruzioni al patrimonio esistente.
5.4 Confronto tra Pescaturismo e Agriturismo
Un settore che per molti aspetti può essere associato al pescaturismo, in particolare per quanto riguarda
la tipologia di utenti, è l’agriturismo, anche se quest’ultimo può vantare una tradizione ormai
consolidata ed è ben conosciuto dal grande pubblico.
45
In tal senso risulta interessante mettere a confronto la normativa che disciplina entrambi i settori anche
se, ad una articolata normativa in materia di agriturismo corrisponde, per alcuni aspetti, una più carente
legislazione in materia di pescaturismo
Le attività svolte nel settore dell’agriturismo prevedono: ospitalità stagionale in edifici appartenenti al
fondo ed in aree destinate a campeggio, ristorazione con alimenti prodotti all’interno dell’azienda o di
tradizione locale, organizzazione di attività ricreative o culturali.
Per attività pescaturistica si intende, invece, il trasporto di passeggeri- turisti non facenti parte
dell’equipaggio, l’organizzazione di attività turistico- ricreative quali brevi crociere, battute di pesca
sportiva ecc.
La normativa che disciplina l’agriturismo prevede il divieto di ricevere ospiti privi di documento di
identificazione, stabilisce un numero massimo di clienti che possono usufruire, insieme, dell’ospitalità
dell’azienda in base alle dimensioni del fondo ed altri parametri. La norma consente che tale attività
possa essere svolta durante tutto l’anno.
Analoghe limitazioni sono state stabilite dalla disciplina che regola l’attività di pesca-turismo. Ad
esempio il numero massimo di passeggeri imbarcabili viene determinato dal capo del compartimento
marittimo in funzione dei requisiti tecnici dell’imbarcazione; a bordo devono essere presenti le previste
dotazioni igienico-sanitarie e apposite attrezzature di salvataggio. Altre limitazioni sono state abolite
dall’ultimo decreto in materia del 23/08/99 n.293.
In materia di integrazione tra attività principale e secondaria per l’agriturismo vale la regola che l’attività
agricola debba essere comunque prevalente rispetto al resto con riferimento a: rapporto tra tempo e
lavoro impiegato dall’imprenditore o dalla sua famiglia nello svolgimento dell’una o dell’altra attività, al
fatturato annuo, al divieto di costruire altri edifici, all’obbligo di utilizzare, per la ristorazione,
prevalentemente prodotti propri o comunque locali.
Nel pescaturismo l’attività prevalente resta la pesca professionale anche perché quest’ultima può essere
svolta unicamente da professionisti del settore pur in presenza di passeggeri a bordo.
La vigilanza sul rispetto delle norme in materia di agriturismo è di competenza delle Regioni, ognuna
delle quali è dotata di una propria legislazione in attuazione della legge quadro nazionale del 1985. Le
autorizzazioni sono concesse dai Comuni. La legge n.537 del 1993 prevede la possibilità, per gli
imprenditori, di autodenunciare l’inizio dell’attività per mezzo di apposita autocertificazione Le autorità
competenti hanno facoltà di effettuare verifiche una tantum.
La vigilanza in materia di pesca-turismo è affidata alle Autorità Marittime. Il capo del compartimento
marittimo, nella cui giurisdizione è iscritta l’imbarcazione, rilascia anno per anno le autorizzazioni per lo
svolgimento dell’attività, subordinate alle verifiche effettuate, sempre annualmente, dal RINA.
La legge n.284 del 1991 ha liberalizzato le tariffe in agriturismo. Le aziende hanno l’obbligo di
comunicare alle APT le tariffe entro il termine del 31 luglio-30 settembre con la possibilità di
aggiornarle entro il mese di marzo di ogni anno.
Le imprese pescaturistiche devono, invece, far pervenire le tariffe all’ufficio di iscrizione
dell’imbarcazione entro il termine determinato da quest’ultimo.
Per quanto concerne l’aspetto assicurativo, le aziende agrituristiche provvedono a stipulare specifiche
polizze a copertura delle attività svolte. In questo ambito operano le associazioni agrituristiche che
propongono alle aziende associate contratti assicurativi sulla base di convenzioni stabilite con le
compagnie.
Anche per le imprese agrituristiche è, ovviamente consigliabile assicurarsi contro possibili incidenti e
rischi che possono interessare i passeggeri- turisti a bordo. Alcune Capitanerie rendono obbligatoria
l’assicurazione e molte stanno provvedendo in tal senso. Inoltre alcune di esse, all’atto del rilascio del
certificato di Pescaturismo, richiedono all’armatore il rilascio di una specifica dichiarazione di manleva
che solleva l’autorità marittima da qualsiasi responsabilità civile e penale rispetto agli incidenti che
potrebbero verificarsi a bordo a danno dei passeggeri.
46
In termini di disciplina fiscale le aziende agrituristiche fanno riferimento alla legge n.413 del 1991 che
ha istituito uno specifico regime forfetario ai fini dell’IVA e delle imposte del reddito che però non viene
applicato alle cooperative e alle società. È comunque previsto che l’imprenditore possa rinunciare a
questa facoltà e optare per la tassazione normale.
Per l’attività di pescaturismo vigono le disposizioni generali in materia fiscale con l’applicazione
dell’aliquota IVA (attualmente al 20 per cento), considerato che le imprese del settore non offrono i
servizi di ospitalità alberghiera previsti, invece, in agriturismo.
5.5 Pescaturismo: attività sostenibile
Come ho già detto l’attività di pescaturismo consiste nell’ospitare dei turisti a bordo di imbarcazioni
dedite alla pesca professionale e la normativa, nella fattispecie, prevede che il numero massimo di
persone ospitate non sia superiore a 12 compreso l’equipaggio. Al fine di ottenere l’autorizzazione da
parte del Registro Italiano Navale (RINA) a poter ospitare il massimo numero di persone imbarcabili
l’imbarcazione deve essere almeno di lunghezza non inferiore a 11 m ed una stazza lorda non inferiore
a 6 ton.
Un’imbarcazione avente le caratteristiche su descritte, normalmente, in assetto di pesca cala in mare,
giornaliermente, circa 120 “pezzi” di reti. Un “pezzo” di rete, unità di misura utilizzata dalle marinerie
locali, ha una lunghezza pari a 80 m., per cui 120 pezzi di rete hanno una lunghezza di circa 9.600 m. di
reti. Il quantitativo di pescato giornaliero è stimabile tra i 20 ed i 30 Kg per un guadagno tra le £.600.000
e £.1.000.000 in dipendenza della qualità delle specie pescate.
Quando la stessa unità di pesca è dedita all’attività di pescaturismo per motivi di sicurezza, di spazio e di
tempo potrà trasportare e bordo e quindi calare in mare al massimo 12 “pezzi” di reti per cui si avrà una
diminuzione del 90% delle reti calate. Lo sforzo di pesca, che viene generalmente calcolato in base alla
stazza lorda dell’imbarcazione, subisce un drastico ridimensionamento; anche se la stazza
dell’imbarcazione rimane la stessa, in pratica è come se essa venisse ridotta in quanto la presenza dei
turisti fa si che per motivi di spazio le reti trasportate siano di meno, inoltre anche il tempo dedicato alla
pesca si riduce sensibilmente in quanto i pescatori saranno impegnati ad illustrare le loro tecniche di
pesca ai turisti e nella somministrazione, ad essi, del pesce cucinato. Inoltre la durata di una giornata di
pescaturismo è inferiore a quella di una normale battuta di pesca. Se ciò dimostrerebbe come il
pescaturismo sia effettivamente una attività sostenibile, in relazione all’esigenza di preservare le risorse
ittiche costiere da un prelievo indiscriminato, dal punto di vista economico esso si può ben definire
come un’attività di integrazione del reddito dei pescatori considerando che normalmente il prezzo del
biglietto è di £.80.000 a persona e che dunque, durante una giornata di pescaturismo, è possibile un
guadagno pari, se non superiore, a quello derivante dalla sola attività di pesca. I pescatori, inoltre, non
rinunciano alla loro professione che continueranno ad esercitare professionalmente, e che continuerà ad
essere la fonte primaria di reddito visto che l’attività di pescaturismo resta un’attività stagionale.
47
Appendice al Capitolo VI
Pescaturismo: l’esperienza italiana
1. Imprese italiane impegnate nel Pescaturismo
Oggi, trascorso più di un anno dalla pubblicazione del decreto 293 in tema di pescaturismo, è possibile
fare un primo bilancio dell’attività nel nostro paese e rilevare anche le difficoltà incontrate dagli operatori
nell’adeguarsi ed intraprendere il pescaturismo.
Non esistono, purtroppo, statistiche ufficiali sulle imbarcazioni aderenti, ma presso il Comando generale
della Capitaneria di Porto sono state registrate circa 330 richieste di autorizzazione per il pescaturismo.
Le imbarcazioni registrate fino al 1998 sono 19.638.31
Bisogna considerare, però, che da una recente indagine presso gli associati a Lega Pesca è risultato che,
essendo il 2000 il primo anno di attività in seguito alla pubblicazione del decreto n.296 del 13 aprile
199932 , che ne definisce le nuove modalità, molti operatori, pur avendo fatto richiesta della licenza, non
hanno intrapreso attivamente il pescaturismo riservandosi di cominciare in futuro. Soltanto una parte di
essi, e in maggioranza a causa di impedimenti burocratici, hanno realmente potuto intraprendere
l’attività nella stagione primaverile/estiva del 2000. Ancora meno sono riusciti ad ottenere un bilancio di
entrate in attivo, ammortizzando i costi iniziali, che per alcuni hanno raggiunto cifre ragguardevoli (fino
a 200 milioni) per l’adeguamento della imbarcazione e di avvio generale dell’attività.
2. Pescaturismo in Penisola Sorrentina: l’esperienza della cooperativa Ulixes
In Campania esistono imprese che si occupano di Pescaturismo nelle marinerie di Torre Annunziata e
nella istituenda Area Marina Protetta dell’isola di Ischia, il GAL di Amalfi, inoltre, utilizza varie
imbarcazioni per questa attività.
La sola esperienza di Pescaturismo in Penisola Sorrentina è stata avviata, nella stagione estiva 2000,
dalla cooperativa Ulixes, che, costituitasi nel febbraio 1999, ha come oggetto sociale proprio lo
svolgimento di attività di pesca professionale, pescaturismo, ittiturismo ed attività ad esso collegate. La
cooperativa ha riconvertito all’attività di pescaturismo, svolta con attrezzi selettivi, due imbarcazioni tra
quelle gestite, una precedentemente dedita allo “strascico” ed un’altra al “cianciolo” e prevede, visto
anche l’interesse mostrato dagli operatori turistici verso questa nuova ed unica attività per la penisola, di
destinare al pescaturismo altre imbarcazioni, in modo da soddisfare le richieste degli operatori che
richiedono servizi per grossi numeri di persone.
Altra attività che la cooperativa intende intraprendere è l’Ittiturismo che permetterebbe la ristrutturazione
e la valorizzazione di numerosi piccoli borghi marinari in stato di decadenza da trasformare in tipiche
abitazioni a scopo turistico. Essa ha, quindi, presentato un progetto integrato di ittiturismo e
pescaturismo che include le attività di pesca, ospitalità e degustazione di antiche ricette nelle case di
pescatori che si trovano in questi particolari borghi. Anche nell’ambito della Spongicoltura, la
cooperativa ha inoltrato, presso il Ministero delle Politiche Agricole e forestali, un progetto sperimentale
per un impianto di allevamento di spugne marine autoctone che ha già superato sia l’istruttoria
scientifica che quelle amministrativa.
La coop. Ulixes ha preso parte, inoltre, a numerose manifestazioni, come il Programma di interventi di
pulizia e disinquinamento dell’AMP “Punta Campanella”, l’edizione 2000 della manifestazione
“Goletta Verde” di Legambiente e dell’ “Operazione Spiagge e Fondali Marini” la coop.Ulixes ha
fornito le proprie imbarcazioni per le operazioni in mare.
Le iniziative di promozione intraprese sono state la partecipazione alle trasmissioni televisive di “In
viaggio con Sereno Variabile” e “Lineablu” alla presenza del Ministro delle Politiche Agricole e
31
32
dati IREPA, 2000.
Gazzetta Ufficiale n. 197 del 25 agosto 1999
48
Forestali, Alfonso Pecorario Scanio ed ha prodotto, con la collaborazione finanziaria di alcuni operatori
turistici due depliants pubblicitari relativi all’attività di pescaturismo.
3. Potenzialità e opportunità del Pescaturismo in Penisola Sorrentina
La Penisola Sorrentina, sede dell’area marina protetta Punta Campanella e già meta turistica rinomata,
offre numerose opportunità per lo sviluppo delle attività di pescaturismo ed ittiturismo.
Durante la scorsa stagione soltanto due imbarcazioni sono state adibite al pescaturismo, ma si è
registrato un crescente interesse nel mondo della pesca, per cui già dalla primavera 2001 si potrà contare
su una flotta più nutrita e, quindi, su un’offerta più consistente. Il pescaturismo costituisce, a tutti gli
effetti, una nuova tipologia di “prodotto turistico” destinato ad un particolare target di clienti, che si può
essenzialmente riconoscere negli ecoturisti e negli amanti del mare. Essi sono innanzitutto persone che
abbisognano di tutta una serie di sevizi: dall’alloggio alla ristorazione e tutti i servizi complementari di
cui si ha necessità durante un periodo di permanenza fuori casa. Si capisce, allora, come sia possibile
creare delle integrazioni e delle sinergie con gli altri comparti dell’offerta turistica presenti nella zona:
alberghi e strutture ricettive extra-alberghiere, in particolare si è pensata una possibile cooperazione con
gli agriturismi locali essendo, la clientela di queste strutture, simile, per caratteristiche e aspettative, ai
turisti che chiedono di vivere l’esperienza della pescaturismo.
Il comparto extra-alberghiero anche potrebbe essere valorizzato, in particolare le seconde case disabitate
per lunghi periodi e le abitazioni degli antichi borghi marinari, dando impulso all’ittiturismo: l’attività di
ospitalità dei turisti nelle case dei pescatori, opportunamente adattate a rispondere alle necessità dei
turisti.
La giornata tipo che un turista vive a bordo nell’esperienza della pescaturismo prevede l’uscita al
mattino per ritirare le reti calate la sera prima e per godere della sorpresa del pescato, l’avventura
continua nella navigazione durante la quale si parteciperà alle varie operazioni di pesca sotto la guida
esperta dei pescatori per poi finalmente poter gustare il frutto del proprio lavoro secondo la ricette più
gustose della tradizione locale. Gli ospiti potranno ammirare l’unicità del paesaggio costiero: i piccoli
anfratti, le insenature scavate nella roccia dalla paziente tenacia del mare e le splendide baie nelle quali è
possibile fare il bagno per poi addentrarsi a scoprire le mille varietà e colori della flora mediterranea: dal
giallo della fioritura della ginestra al verde dell’uliveto terrazzato degradante verso il mare, segno del
lavoro dell’uomo che è riuscito a domare l’asprezza del territorio costiero e ad adattarlo al proprio
lavoro.
Condizione per cui i visitatori possano vivere una tale esperienza è che la situazione meteo-marina sia
favorevole, durante il periodo invernale non sarà possibile immergersi per cui sarà necessario
organizzare accuratamente ogni momento che i turisti vivono a bordo in modo che l’esperienza risulti
indimenticabile per essi.
Agli emozionanti istanti della pesca con la scoperta degli impensabili trucchi messi in pratica dai
pescatori si potrà alternare dei momenti in cui il pescatore si fermerà a raccontare ai turisti i segreti della
propria arte, per trasmettere l’antica sapienza degli uomini di mare che va, oggi, perdendosi nelle
frenesia della vita quotidiana. La giornata può, quindi trasformarsi in un’unica e piacevole esperienza
formativa e di accrescimento culturale in particolar modo se a bordo vi sono dei bambini per i quali
questi momenti possono essere preziosi per crescere in una corretta educazione ambientale, oltre che
per sorprendersi dinanzi alle meraviglie del mare.
La costa ed il mare dell’A.M.P. Punta Campanella offrono uno spettacolo suggestivo dal punto di vista
paesaggistico, ma alle bellezze naturalistiche si aggiungono le preziose testimonianze delle antiche
civiltà che hanno popolato questi luoghi nel corso dei secoli. Sulla Punta della Campanella sorgeva il
tempio che i greci dedicarono ad Athena, dea della sapienza e dell’ingegno. Ancora oggi è possibile
leggere, incisa in una parete calcarea, una epigrafe in lingua osca che ricorda i nomi deimeddikes che ne
ordinarono la costruzione.
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In epoca romana la penisola era sede di eleganti ville patrizie di cui, lungo la costa, è possibile ammirare
i ruderi che riportano ad un epoca di antichi splendori. Nei tratti sporgenti della costa, inoltre, sorgono
ancora i resti delle antiche torri di avvistamento utilizzate anticamente per prepararsi alle invasioni dei
nemici provenienti dal mare.
La Penisola è anche terra di miti, all’eroe dell’Odissea e alle sue peregrinazioni nel ritorno ad Itaca da
Troia sono legati gli isolotti “Li Galli”(antiche Sirenuse). Da qui le Sirene, avendo cercato invanamente
di attirare Ulisse, si sarebbero gettate in mare ed i loro corpi sarebbero stati trasportati una a Terina
(Ligeia), una a Punta Licosa (Leukosia) e l’altra a Napoli (Parthenope). La leggenda vuole che sia stato
proprio Ulisse ad ordinare la costruzione del tempio alla dea Athena.
Nel corso della storia questi luoghi sono stati visitati, ammirati e poi agognati e ricordati negli scritti e
nelle memorie di numerosi artisti e scrittori che hanno trascorso anche brevi periodi in Penisola
Sorrentina, da qui una opportunità che potrebbe essere affiancata al Pescaturismo: i turisti potrebbero
rivivere le stesse emozioni ripercorrendo i luoghi che, tanto, hanno colpito e suggestionato tali
personaggi, assistendo a delle rappresentazioni dei tempi passati e prendendo parte, essi stessi, alla
messa in scena di tempi andati ma che, tuttavia hanno fatto si che oggi noi siamo un popolo con un
ricco patrimonio culturale. Tutto ciò potrebbe avvenire secondo la formula già consolidata dei Parchi
Letterari.
Altra sorprendente esperienza che può essere offerta ai visitatori è quella della pesca notturna, si parte al
volgere del tramonto per assistere, alla luce delle Lampare, ai particolari tipi di pesca che si svolgono di
notte come la pesca “ al totano”, dove l’enorme luce utilizzata dai pescatori a simulare la luce del sole,
attira in superficie i pesci che vengono, in tal modo, catturati da questi. Le acque che lambiscono la
penisola sono popolate da numerosi branchi di delfini e allora, di notte, sarà ancora più suggestivo
assistere alle allegre acrobazie ed ascoltare i suoni di questi pesci che fanno festa dinanzi al lauto pranzo
che si prospetta e che contenderanno con i pescatori i quali saranno, certamente, meno contenti di
dividere con loro il frutto delle proprie fatiche. Si potrà fare il bagno al chiaro di luna per poi terminare la
serata con una gustosa cena a bordo dell’imbarcazione.
Attività complementari al pescaturismo potrebbero essere dei corsi di cucina, dove degli chefs
professionisti mettano a disposizione la loro esperienza, insegnando ai turisti le ricette più indicate per
ciascuna specie di pesce perché tutto il gusto ne venga esaltato secondo la tradizione culinaria locale. Si
potrebbe insegnare ai visitatori le varie tecniche di trasformazione del pescato in modo che, al termine
del soggiorno, essi possano portare con loro il risultato del loro lavoro e mantenere sempre vivo il
ricordo dei momentivissuti con i pescatori.
In questo modo potrebbe essere creata una linea di prodotti ittici conservati, garantita da un marchio di
qualità, da commercializzare presso i clienti che già hanno vissuto l’esperienza del pescaturismo e
presso altri canali tradizionali, in questo modo sarebbe possibile creare un rapporto duraturo e continuo
con tali clienti che hanno già sperimentato la passione e la gentilezza d’animo della gente di mare,
nonché la genuinità della produzione artigianale locale.
4. Problematiche connesse con lo svolgimento dell’attività di Pescaturimo
Nel corso dell’ultimo convegno sul pescaturismo, organizzato da Lega Pesca, e tenutosi a Portonovo di
Ancona il 17 novembre 2000, si è discusso dello stato di avanzamento dell’attività concentrando
l’attenzione anche sulle problematiche riscontrate; gli operatori del settore si sono dati appuntamento,
insieme ai rappresentanti delle associazioni di categoria e del governo, per redigere un documento
comune nel quale esporre le proprie preoccupazioni e le richieste di interventi legislativi che vadano a
modificare l’attuale normativa ritenuta piuttosto restrittiva e vincolante per gli esercenti tale attività
nonché lacunosa nella regolamentazione di molti aspetti connessi con le attività di pescaturismo ed
ittiturismo.
50
Il decreto 293 del 13 aprile 1999, firmato dal Ministero per le Politiche agricole di concerto con il
ministero dei Trasporti e della Navigazione, apporta notevoli modifiche alla disciplina del pescaturismo,
come ho già detto, nel senso di rendere più agevole l’attività sia per gli operatori che per gli utenti del
servizio. Se, quindi, è chiara la volontà di fare del pescaturismo un’attività di integrazione del reddito per
gli addetti al settore pesca e si è dato nuovo impulso al settore, rimangono, tuttavia, alcuni limiti e
contraddizioni da risolvere.
In primo luogo all’articolo 4, comma I è possibile leggere :
“...le cooperative di pesca e le imprese di pesca, in relazione alle esigenze di riconversione delle attività
di pesca ed in considerazione dei problemi occupazionali e sociali connessi, possono essere autorizzate
ad esercitare l’attività di pesca-turismo, mediante utilizzazione di navi non superiori a 10 tonnellate di
stazza lorda acquisite a tale esclusivo fine”
Al comma II del medesimo articolo si legge invece :
“Il regime di cui al primo comma non si applica alle navi di nuova costruzione che non abbiano avuto il
nulla osta per l’iscrizione quale nave da pesca nel pertinente registro.”
In tale articolo è ben visibile una contraddizione: mentre si dà al pescatore la possibilità di integrare il
proprio reddito con attività che diversificano la pesca pur nel rispetto ambientale ed in armonia con le
tradizioni locali ( comma I), si pongono allo stesso serie restrizioni per l’ottenimento dell’iscrizione al
registro quale nave da pesca (comma II). Inoltre, le nuove opportunità che si danno al mondo della
pesca in ambito turistico- ricettivo dovrebbero essere mirate al contenimento dello sforzo di pesca e non
ad aumentare il numero delle licenze disponibili. La previsione dell’articolo 4 con la designazione di
nuove licenze, invece, rende possibile l’incremento potenziale dello sforzo di pesca, che certamente non
è l’obiettivo di promozione dell’attività di pescaturismo, considerando anche che è necessario che la
flotta italiana venga ridimensionata per rispondere ai dettami comunitari.
Ancora, l’articolo 5, comma III afferma che: “ il capo del compartimento marittimo, in sede di rilascio
dell’autorizzazione, fissa il numero massimo di persone imbarcabili, nel numero massimo di 12,
attenendosi anche alle indicazioni del Registro navale italiano.”
Viene posto, qui, un ulteriore vincolo all’attività, in particolar modo per quelle imbarcazioni le cui
dimensioni consentirebbero di ospitare a bordo ben più di 12 persone. Tale provvedimento impedisce
un’adeguata redditività per queste imbarcazioni, le dimensioni di queste, infatti, impongono altissimi
costi di ammodernamento e rendono quindi penalizzante per gli addetti alla pesca intraprendere questa
attività.
A ciò si aggiunge il complesso iter burocratico che un’impresa deve affrontare per intraprendere la
pescaturismo. In particolare: il permesso necessario è rilasciato dal Capo del Compartimento marittimo
nella cui giurisdizione è iscritta l’imbarcazione, che rilascia un “Certificato Pescaturismo” a seguito della
presentazione di alcuni documenti quali :
1.copia delle annotazioni di sicurezza dell’unità rilasciata dalla Capitaneria di Porto
2.copia della prova di stabilità e/o copia della stabilità occasionale rilasciata dal RINA.
3.copia delle annotazioni di sicurezza finalizzate esclusivamente all’esercizio della pescaturismo
rilasciata dalla Capitaneria.
Il rilascio del Certificato è subordinato alla prova di stabilità effettuata dal RINA.
Il Capo del Compartimento, in sede di rilascio dell’autorizzazione, fissa il numero massimo di persone
imbarcabili a seconda dell’unità che viene stabilito sulla base delle indicazioni del RINA.
La domanda deve contenere l’indicazione delle tariffe che si intendono praticare.
Vige l’obbligo di aggiornare la documentazione relativa alla sicurezza e, in caso di modificazioni delle
caratteristiche tecniche dell’unità, di presentare nuova domanda di autorizzazione.
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E’ inoltre necessario che al momento dell’imbarco venga compilato un registro con i nominativi dei
turisti presenti a bordo. Tale registro costituirà in alcuni casi un documento utile per identificare i turisti
imbarcati a fini assicurativi.
Da tutto ciò è possibile rilevare una delle principali difficoltà rilevate dagli operatori, ossia il sovrapporsi
di competenze tra Registro navale e Capitaneria di Porto per il rilascio dell’autorizzazione, che tende a
complicare burocraticamente le pratiche, a dilungare i tempi e ad incrementare i costi di gestione a
svantaggio soprattutto delle imbarcazioni di dimensione ridotte.
Una volta fatta domanda per il Certificato la capitaneria ha 10 giorni per fare richiesta di intervento al
RINA in merito alle prove di stabilità. Queste vengono eseguite sulla base di “Tabelle di Armamento”,
spesso accade che esse consentano un numero superiore alle 12 unità per le persone da imbarcare,
tuttavia tale limite non può essere superato in quanto stabilito dal decreto, anche se da esso discende,
spesso l’impossibilità ad operare per le grosse imbarcazioni da pesca, dal momento che il ricavo
ottenuto dalle 12 quote previste di partecipazione risulta essere insufficiente a coprire i costi di gestione
di un’escursione in mare di diverse ore, senza considerare la recente crisi per il caro petrolio. Oltre a ciò
talvolta appaiono poco chiari i criteri seguiti per la valutazione della stabilità e soprattutto si registra una
scarsa uniformità a livello nazionale.
Inoltre il tempo medio per l’ottenimento del Certificato di pescaturismo è di 40 giorni. 33
L’attività di Pescaturismo prevede la possibilità di espletare la ristorazione a bordo o a terra (art.1 lett.b),
a questo riguardo il decreto risulta lacunoso, mancando l’indicazione della normativa cui far riferimento.
Tale tematica risulta di particolare importanza date le caratteristiche strutturali delle imbarcazioni che,
solitamente non presentano ampi spazi per la preparazione delle vivande, pur vigendo la normativa
Europea dell’HACCP, a presidio del rispetto di tutte quelle condizioni igienico- sanitarie e del controllo
di tutte quelle fasi critiche nella ristorazione.
Dal seminario è emerso che il decreto 293 ha sicuramente il merito di aver creato le basi e le condizioni
operative affinché tale attività possa, oggi, concretamente svilupparsi. Tuttavia sono emerse numerose
difficoltà inerenti la normativa stessa, rimangono molti punti ancora oscuri in essa che sarebbe
opportuno puntualizzare in un regolamento di attuazione, in cui si deve:
1. chiarire la normativa cui far riferimento per la ristorazione a bordo e/o a terra dell’art.1 lettera b),
tenendo conto delle differenze tra le due tipologie e permettendo con la licenza di pescaturismo di far
degustare, in analogia a quanto previsto per l’agriturismo, a terra il pescato;
2. autorizzare l’espletamento del pescaturismo in ore notturne, prescindendo da quanto disposto
dall’art.5 primo comma, lettera c) del DM 22 giugno 1982, qualora l’attività di pesca si protragga per un
tempo inferiore alle 24 ore, come già previsto nota esplicativa del MIPAF del 13 ulglio 2000
prot.n.602020;
3. chiarire e riformulare il contenuto dell’art.4 in quanto, così come riportati i comma 1 e 2, sono
contrastanti;
4. rendere omogenei, a livello nazionale, i criteri per la valutazione della stabilità delle imbarcazioni
richiedenti le autorizzazioni per l’esercizio del pescaturismo. La valutazione del Rina, inoltre, si
dovrebbe attenere ai criteri della sicurezza in mare e della stabilità dell’imbarcazione prescindendo dal
limite numerico di persone imbarcabili imposto dal decreto;
5. aumentare il numero delle persone imbarcabili qualora le caratteristiche strutturali delle imbarcazioni
lo consentano, considerando anche che per la conduzione dell’imbarcazione da pesca si necessita di un
Capo barca ed un motorista abilitati e quindi potrebbe essere concesso un’autorizzazione
all’ampliamento del servizio (Navigazione) in cui è inquadrata l’imbarcazione;
33
N. Lucantoni P. Richard, “Pescaturismo: il presente, quale futuro?” Portonovo di Ancona
17/11/2000
52
6. equiparare la validità dell’autorizzazione all’esercizio del pescaturismo alla durata delle annotazioni di
sicurezza per il pescaturismo a meno che non si verifichino modificazioni delle caratteristiche tecniche
dell’unità;
7. per le imbarcazioni che non hanno l’obbligo del VHF, permetterne l’utilizzo di uno portatile senza
richiedere il nominativo internazionale e tutti gli adempimenti connessi a quello fisso;
8. prevedere un inquadramento fiscale per il pescaturismo ed in analogia all’attività di pesca, mantenere
l’aliquota IVA al 10%;
9. sancire l’obbligatorietà della polizza assicurativa, sensibilizzando le agenzie assicurative alla
predisposizione di una polizza ad hoc.
Con la soluzione di tali problematiche e predisponendo un progetto unitario di sviluppo e promozione
dell’attività, il pescaturismo nel futuro potrà, soprattutto nelle AMP, costituire fonte di reddito integrativo
al comparto.
Risolvere i problemi innanzi esposti, significa, inoltre, creare l’impianto normativo per lo sviluppo
dell’Ittiturismo, di cui tanto si parla ma di cui non si creano i presupposti per la realizzazione.34
34
Alberico Simioli, Relazione sul Pescaturismo, novembre 2000
53
CONCLUSIONE
L’ambiente e la sua tutela sono, oggi, al centro di numerosi dibattiti sia nel mondo scientifico che in
quello economico e, nella ricerca di possibili soluzioni al degrado delle risorse naturali, si tende a
colpevolizzare quelle attività ritenute responsabili di causare danni irreversibili agli ecosistemi naturali. Il
turismo è una di queste; la pratica turistica, se sviluppata oltre certi limiti, fa in modo che si instauri qual
rapporto conflittuale con l’ambiente e che i costi, non solo di natura economica indotti da essa, giungano
a prevalere sui benefici che normalmente ci si attende dal turismo come attività economica. Diverso
sarebbe il caso in cui lo sviluppo turistico fosse attentamente pianificato ed adattato alle caratteristiche
del territorio, in questo caso potrebbe addirittura configurarsi un rapporto simbiotico tra turismo ed
ambiente, come avviene, ad esempio, nelle Aree Naturali Protette, dove il turismo contribuisce alla
tutela e alla valorizzazione delle risorse naturali. Tuttavia, oggi, la regolamentazione di alcune forme di
utilizzo del territorio, come l’istituzione di un’area naturale protetta viene, spesso, considerata solo come
modalità per limitare lo sviluppo economico.
A questo riguardo ho ritenuto opportuno riportare l’esperienza di Punta Campanella per sottolineare,
ancora una volta, come un’A.M.P. apporti, oltre alle numerose regolamentazioni e vincoli allo
svolgimento delle tradizionali attività economiche e produttive, (causa di aspre polemiche connesse con
la istituzione di un’A.M.P.), anche innumerevoli possibilità di occupazione e di sviluppo per
l’economia dell’area interessata.
Eppure, sovente, si stenta a comprendere, a partire, purtroppo dalle stesse classi politiche, tale possibilità.
Si incontrano grandi difficoltà in tal senso perché, a mio avviso, è necessario operare un cambiamento
di mentalità, una crescita culturale che permetta di pensare alla parola “sviluppo” senza richiamare alla
mente quel concetto tradizionale di crescita economica che si basa esclusivamente sul “consumo” delle
risorse dell’ambiente naturale in una logica egoistica che pone il benessere individuale al di sopra di
tutto.
A tale visione, oggi, deve subentrarne un’altra che contribuisca a smantellare le posizioni di potere
consolidate nell’egoismo e nell’avidità di chi vuole avere sempre di più, una visione che allarghi gli
orizzonti temporali e che permetta di pensare ad uno sviluppo economico che soddisfi, certamente al
meglio, le esigenze delle generazioni presenti, ma che sia “responsabile” anche per quelle future, che
non comprometta in modo irreversibile l’ambiente naturale in cui queste vivranno; che garantisca un
ambiente sano a cui le generazioni future avranno diritto analogamente a quelle presenti. Penso, che a
Punta Campanella, vi siano tutte el potenzialità per operare questo cambiamento, e soprattutto, le
condizioni perché dalla teoria si possa passare alla “pratica” di uno sviluppo sostenibile.
L’idea di trattare, in questo lavoro, della realtà di Punta Campanella mi ha entusiasmato sin dall’inizio
perché potrei essere, io stessa, coinvolta nel processo di cambiamento in quanto legata alla penisola
Sorrentina sin dalla nascita e parte di quella nuova forza imprenditoriale che crede sia possibile operare
questa svolta ed è pronta a mettersi in causa, con la consapevolezza delle proprie potenzialità, ma anche
delle problematiche da affrontare, convinti che, comunque, ne valga la pena.
54
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