la lune en étrurie la luna in etruria - Université Paris

Transcript

la lune en étrurie la luna in etruria - Université Paris
 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA
UNIVERSITÉ PARIS SORBONNE
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
PARIS IV
DOTTORATO DI RICERCA
Diritto e Storia delle Civiltà
Histoire et Civilisations de l'Antiquité
LA LUNE EN ÉTRURIE
LA LUNA IN ETRURIA
RELATORE
RELATORE
Chiar.mo Prof. MAURIZIO HARARI
Chiar.mo Prof. DOMINIQUE BRIQUEL
TESI DI DOTTORATO DI
MICHELA BETTINELLI
POSITION DE THÈSE
MICHELA BETTINELLI n. étudiant 11003838
LA LUNE EN ETRURIE – LA LUNA IN ETRURIA
AMBITO, OBIETTIVI E PERCORSI DELLA RICERCA
Lo scopo di questo studio è di verificare se sia possibile identificare una
divinità lunare in Etruria: comprendere in una dimensione storica se alla
percezione dell'astro notturno si sia accompagnata una 'teologia' della sua
personificazione, e se questa abbia implicato riconoscibili forme
iconografiche e di culto più o meno istituzionalizzato.
La logica della ricerca va nella direzione di individuare i riscontri positivi a
definire la presenza e il ruolo della luna in Etruria: i diversi capitoli della
tesi convergono a verificare se sia esistita una connotazione teologica
dell’astro e se sia riconoscibile un suo culto.
È importante perciò definire un percorso articolato di studio che evidenzi le
relazioni
fra
i
diversi
ambiti
(epigrafico,
letterario,
archeologico,
iconografico), nel ricostruire un quadro scientifico complessivo inerente al
tema.
L’ambito della ricerca sarà quello riferibile strettamente all’individuazione
di aspetti culturali associabili alla parola etrusca TIU, che significa Luna: si
sono quindi esclusi tutti i processi di “trasferimento” ad altre figure divine di
alcune peculiarità proprie della Luna divinizzata greca.
La luna è un segno costante nel cielo: ma nelle diverse civiltà i suoi
significati e i suoi valori simbolici si sono variamente intersecati con i
fondamenti della religione. Un legame a volte più forte, altre volte più
defilato, comunque quasi sempre riconoscibile: solo le concezioni
monoteistiche ne ridurranno o cancelleranno il ruolo divino. Si
ricercheranno il valore di questo segno nel pantheon etrusco, i riti o i culti
che gli siano stati associati.
Sull’argomento di questa ricerca esiste un complesso di studi e analisi,
parziali e non omogenei, di diversi autori, con contributi storici e recenti
che, comunque, non costituiscono un quadro organico relativo a una
presenza della luna in una teologia etrusca e/o chiarificatore del ruolo
dell’astro nei vari aspetti rituali.
In tal senso, il caso della luna etrusca non è dissimile da quello del sole.
C’è tuttavia un forte squilibrio dal punto di vista bibliografico: nella
bibliografia scientifica recente c’è molta discussione sulle divinità solari,
mentre c’è molto di meno sulla luna. Questa è la motivazione che ha
indirizzato la tesi. Si trovano molte pagine sulla questione del sole e, al
contrario, pochi scritti sulla luna, spesso superficiali e con debolissimi
fondamenti. Quello che è importante è che questo squilibrio bibliografico
non corrisponde a una interpretatio diversa dei due casi, pur paralleli, di
Usil, forma locale del sole, e Tiu, forma locale della luna.
Dato di fatto è che sia documentato in Etruria il nome dell’astro TIU e che,
parallelamente, la dea Artemide è pure effettivamente attestata, ma non
può esattamente e direttamente essere identificata con la Luna: è infatti
aspetto “teologico” di una dea della vegetazione, della natura e della
caccia, che, così come in Grecia, è collegata alla luna, ma ne rappresenta
una attuazione specifica. Nella nostra tesi Artemide in Etruria non viene
trattata, perché l’oggetto di interesse è l’aspetto prettamente celeste e
astrale della complessa figura mitologica.
Gli attributi associati alla luna (nelle fonti classiche) ne rivelano la natura
astrale e i suoi influssi sulla vita e sugli avvenimenti umani. Le sue
manifestazioni nel cielo vengono più volte connesse sia alla misura del
tempo (il primo calendario è probabilmente lunare) sia ad attività
divinatorie. Il movimento della luna nel cielo, le “anomalie” del suo
manifestarsi (come le eclissi) hanno un significato che gli uomini devono e
vogliono interpretare per leggere l’immediato e il lontano futuro.
Proprio per rispondere all’obiettivo di avere un apparato di evidenze il più
ampio possibile, affrontando il maggior numero di aspetti del tema
proposto e le relazioni che fra di loro intercorrono, gli approcci utilizzati in
questo studio sono diversi, ma, pur nella loro autonomia, idonei a
comprovare l’esistenza in ambito etrusco di una personificazione o
antropomorfizzazione della luna: in attesa del compimento di questa
convergenza le ipotesi resteranno tali e gli elementi considerati a loro
supporto saranno solo indizi di una presenza inafferrabile.
Gli esiti documentali e interpretativi di questa ricerca sono ordinati in una
sequenza espositiva che costituisce un percorso logico di considerazione
dei monumenti che fondano i quesiti dello studio, per giungere a
considerare anche aspetti collaterali che, pure, possono dare un valido
contributo interpretativo.
Considerata come punto di partenza la parola etrusca Tiu, il primo
percorso di analisi ha per oggetto le iscrizioni in cui questa parola è
leggibile e la considerazione dei relativi contesti.
La riscontrata carenza di fonti letterarie che riguardino direttamente
l’ambiente etrusco ha reso necessaria l’esplorazione il più possibile ampia
di quelle greche e latine, considerate per verificare se nella tradizione vi
siano riferimenti particolari alla luna e se, tra questi, ci siano delle
caratteristiche che siano riconducibili a un’accezione etrusca.
Le fonti letterarie che parlano della luna in Etruria sono sostanzialmente
due: Plutarco1, e Giovanni Lido2. E’ da sottolineare ancora una volta come
la nostra tesi non vada ad analizzare la figura di Artumes in Etruria, anche
se nelle fonti classiche il mondo mitologico lunare è quello di
Artemide/Diana, caso del tutto analogo a quello di Apollo ed Elios, dove
l’aspetto mitologico-narrativo è concentrato sulla figura di Apollo e non
sulla figura divina, ma soprattutto astrale di Elios.
I contesti archeologici sono il successivo ambito di studio: per riscontrare
se sono riconoscibili luoghi per i quali sia stata evocata una sfera cultuale
della luna, o dove addirittura sia documentata in modo incontrovertibile la
figura di una Dea Luna, o dove relazioni più o meno simboliche tra cielo e
vita quotidiana raccontino in modo credibile una sua storia di entità divina.
I contesti esaminati sono dunque una serie di siti in cui nella bibliografia,
con motivazioni più o meno forti, altri studiosi hanno ritenuto di
riconoscere culti lunari. Lo spoglio bibliografico ha fatto emergere tre soli
casi di qualche consistenza: Pieve di Socana, Città della Pieve,
Chianciano Terme. Oltre a questi presunti contesti santuariali si è incluso
nell’esame anche quello funerario della Tomba della Tassinaia, a Chiusi,
per analizzare l’importante apparato iconografico che lo caratterizza.
Proprio la Tomba della Tassinaia fa da cerniera allo studio successivo
sull’iconografia, a verificare quanto la rappresentazione dell’astro o di una
eventuale divinità lunare abbia avuto impatto su supporti diversi, con
1
2
Plut., Quaest. Rom., 101.
Lyd. Ost., capp. 9, 9a, 9b, 9c, 9d, 16, 16a, 17, 18, 19, 20.
caratteri e attributi ben precisi non confondibili; ferma restando, come già
detto, la determinazione a non includere anche l’iconografia di Artumes o
di altre divinità antropomorfiche con aspetti lunari, ma solo la Luna in
quanto astro connotato di eventuali aspetti teologici.
Il catalogo consente di mettere a confronto le diverse rappresentazioni,
con lo scopo di leggerne, in modo contestualizzato, i contenuti e i
significati attinenti al tema della ricerca, evidenziando la complessità delle
relazioni fra miti, riti e simboli.
La questione specifica è accertare se le immagini etrusche che
rappresentano miti, o eventi, o ricorrenze, ci restituiscano qualche volta il
volto della Luna, o se il suo partecipare a queste narrazioni, o presiedere
a questi eventi sia solo un elemento di sfondo, indicazione di un quadro
naturalistico e temporale, e se ci siano mai state in Etruria storie che la
vedono come protagonista divina. Senza cedere alla suggestione che
certe raffigurazioni immediatamente infondono, né accettare teorizzazioni
su basi esclusivamente probabilistiche, l’iconografia può proporre
l'immagine della luna sia come astro sia come divinità sia come simbolo
che rimandi ad altri significati.
Non è una semplice digressione un’indagine sulle caratteristiche lunari di
una ben precisa tipologia di manufatti, rappresentati dalle bullae.
Riteniamo infatti che si debbano prendere in considerazione anche oggetti
di ornamento che presentino forma riconducibile a quella dell’astro e
alludano simbolicamente al rapporto tra cielo e vita quotidiana.
È perciò rilevante affrontare al termine di questo studio alcune importanti
questioni e interrogativi che, direttamente o indirettamente, attengono al
tema delle possibili relazioni fra uso della bulla in Etruria e riti legati al
culto della Luna. È un problema di interpretazione funzionale dell’oggetto,
ancor prima che di una sua possibile referenza lunare.
Nel capitolo sulle bullae un catalogo degli oggetti esaminati consente di
raffrontarne gli aspetti tipologici e simbolici, oltre che delle forme e dei
contesti d’uso.
Il parallelismo fra il caso della luna e quello del sole si è rivelato alquanto
squilibrato sotto il profilo critico-documentale (più forte nella fattispecie del
sole) eppure istituibile nella dimensione concettuale astrale che li
accomuna.
Ė evidente e ricca e multiforme la presenza in Etruria della luna intesa
come astro, ma quello che manca è proprio la sua personificazione. La
luna è molto importante, per esempio, come elemento di un paesaggio
celeste nelle raffigurazioni degli specchi, forse più del sole. Ma è evidente
la debolezza della personificazione: se Tiu è un chiaro esempio di
persistenza in epoca storica di una nozione originaria di divinità della
natura, resta tuttavia affatto indeterminata dal punto di vista iconico. La
debolezza del processo si ritrova anche in Grecia, dove Selene, figura
labile nell’arcaismo, acquisisce consistenza e risalto solo in epoca
ellenistica, quando l’antropomorfizzazione del pantheon era un fatto
culturale compiuto ormai da quattro o cinque secoli. Qualunque idea
avessero gli Etruschi di un’entità demonica attinente alla luna, non
potevano trovare nel patrimonio iconografico greco di età orientalizzante e
arcaica alcun modello idoneo a costruirci una personificazione divina. Nell’ambito epigrafico appare evidente che senza l’attestazione del nome
sul fegato bronzeo di Piacenza, nessun’altra iscrizione sarebbe dirimente
sul piano onomastico. La collocazione di TIU e USIL a spartirsi l’intera
faccia convessa del fegato, diversamente dalle numerose altre divinità,
incasellate sulla sua faccia piatta, è un’indiretta conferma della debolezza
o inesistenza addirittura di una ben definita teologia lunare: questa
collocazione, che non è ovviamente casuale, sembra infatti negare
l’associazione dei nomi dei due corpi celesti a specifiche attività cultuali.
Che poi in nessuna iscrizione sia riconoscibile una allusione alla luna
come vera entità divina, e che la maggior parte delle iscrizioni prese in
considerazione sia quasi sicuramente riferibile alla luna intesa come corpo
celeste, conferma questo aspetto della religione etrusca.
Insomma, nessun argomento decisivo a testimoniare la presenza di un
culto lunare è desumibile dalle iscrizioni a noi pervenute.
La lettura allargata alle fonti letterarie classiche, considerato che quasi
nulla vi è direttamente riferibile al contesto etrusco, ha messo in luce una
molteplicità di aspetti celesti della luna e di sue caratteristiche fisicoastronomiche.
Solo lo spazio che le fonti riservano all’astrologia, soprattutto per quanto si
riscontra nell’opera di Giovanni Lido, sembra includere qualche relazione
con il mondo etrusco, derivata da “traduzioni di antichissimi libri sacri”3.
In termini assai più generali e fuori di dichiarate implicazioni etrusche, la
lettura e la comparazione delle fonti letterarie classiche mostrano
comunque che, fin da epoca remota, una divinità lunare fosse pur
venerata, con varie denominazioni e prerogative e forme di presenza, sia
nella dimensione mitica sia nella quotidianità.
In effetti, la luna non può essere identificata con un corpo celeste inerte e
lontano: con i suoi cambiamenti visibili e con il suo movimento, con le sue
alterne relazioni con il Sole e con la Terra, con la luce e con le tenebre
offriva materia anche per storie le cui protagoniste erano dee: ma il mondo
mitologico è quello di Artemide, di Ecate, di Iside e di altre divinità, che
assorbono, per così dire, aspetti di un culto lunare, ma non sono per se
stesse personificazioni dirette del corpo celeste. Né ci sono in questo
ambito storie che riguardino specificamente gli Etruschi, manifestazioni
numinose della luna nel paesaggio d’Etruria, eventi pseudostorici che con
gli Etruschi abbiano qualche attinenza.
In qualunque esperienza religiosa primitiva e antica la luna rappresenta,
con il suo moto, le sue fasi, l'influenza esercitata sulle maree, le eclissi, un
fenomeno estremamente significativo. Le credenze della cultura popolare
nell'influenza della Luna su tutti gli aspetti del mondo naturale, sulla vita
umana (soprattutto delle donne) e sulla psiche, nonché sulla misurazione
del tempo, danno evidenza al carattere primordiale dei miti legati alla
Luna.
Ma sulla Luna etrusca sembra scesa una cortina di silenzio, come se un
suo ipotetico e non inimmaginabile culto fosse nascosto da uno strano
vuoto documentale: a fronte invece di varie notizie che concernono il
pensiero religioso degli Etruschi.
L’ipotesi di un culto lunare, fondata sull’esame dei contesti archeologici,
3
Domenici 2007, p. 8.
potrà essere dimostrata solo quando le interpretazioni analogiche siano
supportate da un quadro di
prove coerenti e in particolare da sicure
associazioni epigrafiche. Nei contesti archeologici santuariali e funerari
(Tomba della Tassinaia) presi in esame, la Luna non compare
direttamente e inequivocabilmente come divinità e oggetto di culto.
Non abbiamo pertanto elementi decisivi a individuare sul terreno spazi
consacrati alla Luna, perché i casi finora proposti lasciano molti dubbi, e il
problema è da considerare totalmente aperto.
Coerentemente, dallo studio iconografico deriva che neppure abbiamo
alcuna rappresentazione antropomorfica certa della Luna.
La maggiore differenza rispetto al caso parallelo di Apollo e Usil è che non
esiste personificazione iconografica della Luna. Nel caso del Sole, infatti,
si vede bene come in Etruria al sole, inteso come corpo celeste, fosse
accostata la sua personificazione mitologica: distinzione espressa in
etrusco, come in greco, da due nomi differenti, Usil e Aplu (rispetto a
Helios e Apollo). Ma mentre Apollo in Grecia è un personaggio ricco di
storie, Selene, la Luna greca, manca di storie che la riguardino, se si
eccettua l'innamoramento di Endimione, che è comunque una storia
ellenistica, tarda 4 . Dunque in Grecia la personificazione del Sole,
attraverso l’alter ego Apollo, si carica presto di una dimensione
antropomorfica e narrativa, che la Luna/Selene non avrà mai. L'Etruria,
che da questo punto di vista è abbastanza passiva e lavora su input che
arrivano dalla Grecia (in età orientalizzante, nell’alto arcaismo), sul
versante solare perviene a generare ben quattro distinte divinità – Usil,
Aplu, Rath e Suri –, ma non si comporta allo stesso modo con la Luna.
Si potrebbe anche dire che, se nella mentalità etrusca tutto in natura era
segno di quello che gli dei volessero, viene il sospetto che la luna facesse
resistenza a essere personificata, perché in primo luogo “segno” e perché
significativa in quanto “segno”. La luna come un medium, senza precisa
identità divina.
L’individuazione di una specifica divinità lunare non è dunque evidente,
risultando dall’analisi iconografica solo a volte il riconoscimento di
4
Ap. Rhod., Argon. 4,57.
elementi identificativi quali l’associazione a una didascalia onomastica o
dettagli iconografici inequivocabili: riconoscibilità di situazioni proprie di
narrazioni letterarie, concomitanza di indizi diversi nell’ambito di un
contesto cultuale riferibile alla luna, ricorrenza di raffigurazioni che
istituiscono elementi di analogia fra diversi contesti. Tutte circostanze che
non si sono riscontrate nel corpus iconografico se non negli specchi graffiti
prenestini, dunque in una produzione culturalmente non etrusca, ma
laziale, e discutibilmente associata dalla bibliografia all’artigianato etrusco,
che sono stati inseriti a catalogo esclusivamente come casi di studio di
valore metodologico. Il catalogo, ripartito fra monumenti (la maggioranza) che tendono a
caratterizzare la luna come astro e altri in cui la sua presenza sembra
comportare la sua divinità, è stato appunto costruito per individuare
elementi ulteriori di interpretazione.
L’analisi delle specificità delle singole rappresentazioni fa emergere che la
presenza della luna come astro è più ricorrente, seppur con varianti di
collocazione e di orientamento: non c’è un significato certo per queste
diverse posizioni; è comunque presumibile che la raffigurazione
del
crescente lunare sia un indicatore temporale, che definisce lo svolgimento
notturno degli eventi rappresentati, e per quanto riguarda l’orientamento
verso destra o verso sinistra si può forse supporre che si sia voluto dare
un’indicazione del momento del mese in cui si svolge la scena.
L’associazione con le stelle è un altro motivo abbastanza frequente nel
materiale iconografico analizzato. Generalmente nelle rappresentazioni in
cui è raffigurata la luna assieme alle stelle non vi sono elementi
interpretativi della scena che consentano di attribuirle un significato
diverso da quello di un corpo celeste.
In nessun caso l’analisi delle rappresentazioni incluse nel catalogo ha
fornito elementi probanti, o quantomeno indizi di un qualche peso, per
riconoscere una connotazione “teologica” della luna.
Le uniche due immagini che si possono riferire a una divinità lunare,
insomma alla Luna personificata, sono quelle della danzatrice raffigurata
sul kantharos del Gruppo Clusium a Berlino (purché i Dioscuri, che le
stanno ai lati, alludano alla costellazione dei Gemelli) e della Signora con
le grandi patere raffigurata nell’antefissa dell’Edificio delle Venti Celle di
Pyrgi.
L’immagine dell’antefissa di Pyrgi (B2 nel catalogo) può ben essere una
personificazione lunare, ma permangono difficoltà e dubbi nell’analisi
iconografica, e si tratta comunque di un fatto del tutto isolato: quel tipo
iconografico non verrà mai più riprodotto in Etruria.
Harari 5 ha recentemente sottolineato che la posizione delle antefisse
nell’edificio di Pyrgi “impone una lettura obbligata della loro sequenza con
andamento destrorso che, in termini di paesaggio, vuol dire dall’entroterra
verso il mare, ossia dal luogo dove sorge il sole a dove tramonta”.
Rileva anche che la caratteristica celeste delle divinità e/o personificazioni
rappresentate nelle antefisse è del tutto coerente con la caratterizzazione
del santuario. E immagina “… una sequenza mitologica dell’Alba o della
Luce che allineasse da sinistra a destra … il giovane Sole (Usil) raggiante,
Thesan (con le sue quattro ali) a precederlo immediatamente e il demone
a testa di gallo (probabile Phosphoros) a precedere, a suo turno, l’Aurora;
mentre … TIU, la Luna, sta bene al principio della fila altrettanto che alla
fine …“6.
Di fatto questa pyrgense risulta essere l’unica immagine che abbiamo di
una dea notturna e lunare ben individuata. È l’eccezione che conferma la
regola generale, un unicum. Le scelte del committente, Thefarie Velianas,
rivestono caratteri di eccezionalità, dettate dal bisogno di costruire un
programma iconografico che includesse personificazioni di astri e
fenomeni celesti fino a quel momento inesistenti nell’immaginario etrusco.
Sempre a Pyrgi, questa eccezionale iconografia di una divinità lunare
trova un parallelo in quella del Sole (Usil), che figura come un personaggio
raggiato, anch’esso un unicum nell’iconografia etrusca.
Lo studio sulla bulla come miniaturizzazione simbolico-ornamentale della
luna, evidenzia come l’aspetto della luna spesso caratterizzi le bullae:
nella selezione presa in esame, la costante è rappresentata dalla forma a
crescente lunare. Ma dall’interpretazione funzionale di questi oggetti
5
Harari 2014, pp. 510.
6
Harari 2014, pp. 511.
decorativi e devozionali l’ipotesi di una connessione della bulla con forme
di culto lunare non trova conferma.
Nelle bullae documentate il crescente lunare ha sempre gli apici rivolti
verso il basso. Questa caratteristica può non essere casuale né legata
all’arbitrio decorativo dell’artigiano, ma, messa a riscontro con quanto
testimoniato da altre raffigurazioni inserite a catalogo, sembrerebbe del
tutto simbolica. Il preciso significato dell’iconografia andrà di volta in volta
ricondotto alle specificità dell’influsso della luna sulla vita delle donne.
In tal senso, non è necessario il contesto di un santuario della Luna:
poiché la bulla – come abbiamo cercato di dimostrare – è segno di un
passaggio esistenziale compiuto e come tale può essere indossata in
diversi contesti, da quello domestico ad altri esterni e più strutturati. In
questo caso, la luna troverebbe una modalità di manifestazione anche
materiale nella pratica rituale, essendo comunque coinvolta a prescindere
dall’esistenza di un santuario a lei dedicato. Da questo studio, con l’obiettivo d’identificare una divinità lunare in Etruria,
attraverso i dati dell’epigrafia, delle fonti, dell’iconografia, non sono
scaturiti elementi oggettivi o legati a interpretazioni storicamente
attendibili. Sembrano dunque da escludere l’esistenza di una “teologia”
della sua personificazione, e forme di culto istituzionalizzato, con
l’eccezione dell’interpretatio indigena di Artemide, che tuttavia diventa
etrusca essenzialmente nel suo aspetto di cacciatrice e di signora degli
animali.
La conclusione di questa ricerca è comunque positiva. Il caso della luna
risulta essere molto istruttivo proprio nelle sue accezioni/evidenze
negative, perché ci mostra come funzionava questo interessante e
complesso processo che portò in età orientalizzante e nell’alto arcaismo
all’antropomorfizzazione del pantheon etrusco.
Il fatto che la Luna appaia iconograficamente scialba nel contesto etrusco
ci fa capire meglio perché altre figure invece fossero così forti: ciò dipende
dal meccanismo dell’appropriazione dei modelli greci, in tutto verificabile.
Se il modello greco è forte di suo, s’innesca anche la personificazione
etrusca, ma se in origine già il modello manca o è debole o è un modello
non greco, questo processo di antropomorfizzazione non parte.
In Etruria, questa luna (pur iconograficamente debole) è molto importante,
perché è continua e paradossalmente stabile nel suo continuo riproporsi al
mondo.
Il caso di studio della luna e la sua inafferrabilità pongono quindi in
evidenza alcune modalità di processi di antropomorfizzazione calcati su
un modello forte, d’importazione, che risponda alle caratteristiche
dell’entità divina che si vuole attivare anche in termini figurativi. Ma l’entità
“luna” non trova, nel momento più forte di questi processi, contenuti e
modi di trasposizione adeguati, e gli Etruschi non l’hanno assunta come
divinità. A nulla valgono le tardive manifestazioni in età ellenistica, quando
il processo figurativo del loro pantheon si era già strutturato. La deduzione
è che evidentemente non si avvertì la necessità di una personificazione
della luna, perché neanche l’arte greca (modello di riferimento) ne ebbe
bisogno: in essa infatti non troviamo iconografia della personificazione
della luna prima della fase ellenistica. Da quanto osservato ci si conferma nella constatazione che le
raffigurazioni di Tiu e Usil dell’Edificio delle XX celle di Pyrgi costituiscano
attestazioni uniche e non più replicate.
E’ in quel preciso frangente che la Luna è venuta meno, lasciandosi per lo
più confinare nel paesaggio celeste: mentre non sono risultati aspetti
obiettivi e non equivocabili di una “teologia” della sua personificazione, e
neppure forme di culto istituzionalizzato.