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REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE
3. Retribuzione imponibile
3. RETRIBUZIONE IMPONIBILE
REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE
REDDITO DI Definizione: Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le
LAVORO somme e i valori che il dipendente percepisce nel periodo di riferiDIPENDENTE ► mento, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, in
relazione al rapporto di lavoro.
IMPONIBILE La legge reca l’elencazione tassativa delle somme e dei valori perceCONTRIBUTIVO piti in relazione al rapporto di lavoro dipendente che sono, in tutto o in
E FISCALE ► parte, esclusi dal reddito imponibile.
Tali elementi sono esclusi anche dal reddito imponibile ai fini contributivi.
Tra gli elementi esclusi vi sono le indennità di trasferta e trasferimento, i fringe benefits e i redditi prodotti all’estero.
Oltre ai suddetti elementi reddituali, altri elementi sono esclusi dalla
base imponibile previdenziale, pur essendo soggetti a tassazione
(come ad es. Il T.F.R., le somme erogate in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, le somme erogate da casse, fondi e
gestioni previste da contratti collettivi).
Inoltre non concorrono a formare il reddito assoggettato a tassazione, anche i contributi di seguito indicati:
- contributi previdenziali e assistenziali;
- contributi per assistenza sanitaria;
- contributi versati dai lavoratori eccedenti il massimale della base
contributiva destinata alle forme pensionistiche complementari.
Infine la legge ha previsto un’imposta sostitutiva dell’imposta sul
reddito delle persone fisiche sui compensi erogati per prestazioni di
lavoro straordinario, supplementare o in relazione ad incrementi di
produttività, innovazione ed efficienza (retribuzione di produttività).
CRITERI DI La retribuzione imponibile ai fini contributivi non può essere inferioDETERMINAZIONE re alla retribuzione contrattualmente dovuta e comunque ad un
DELL’IMPONIBILE ► valore minimo calcolato annualmente.
In altri casi la retribuzione imponibile è stabilita convenzionalmente
con provvedimento di carattere amministrativo.
Per taluni settori di attività sono previste disposizioni particolari.
► REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE
REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE
Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori (intendendo con tale espressione la quantificazione dei beni e dei servizi) che il dipendente percepisce nel periodo di riferimento, a qualunque titolo, anche sotto
forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
Costituiscono reddito da lavoro dipendente, dunque, tutti gli elementi reddituali che siano in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro,
anche se non provenienti dal datore di lavoro, vigendo nel nostro ordinamento
il principio della omnicomprensività del reddito di lavoro dipendente.
Tuttavia, derogano a tale principio non solo le eccezioni tassativamente elencate dall’art. 51, cc. da 2 a 9 (v. infra), ma, come precisato dall’Agenzia delle
Entrate, con la risoluzione n. 178/E/2003 anche:
–– le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore (è il
caso, ad esempio, degli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione
patrimoniale);
–– le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.
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Sulla base di questi criteri è stata esclusa l’imponibilità fiscale e contributiva
dei premi assicurativi corrisposti per la stipula di polizze volte a garantire la
copertura delle perdite di carattere patrimoniale che amministratori e dipendenti di una società dovessero subire in seguito ad azioni di responsabilità
civile intentate da soggetti terzi lesi da atti compiuti dagli stessi amministratori o dipendenti nell’esercizio dei loro incarichi e funzioni (Ag. Entr. ris. n.
178/E/2003; INPS circ. n. 69/2004).
Le voci imponibili della retribuzione concorrono alla determinazione della base
di calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali (v. “Contributi INPS” e
“Contributi altri enti”), dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro (v. “Premi INAIL”) e delle ritenute fiscali (v. “Regime fiscale”).
Un prospetto riepilogativo della retribuzione imponibile ai fini previdenziali e
fiscali è riportato in calce al capitolo.
► IMPONIBILE CONTRIBUTIVO E FISCALE
IMPONIBILE CONTRIBUTIVO E FISCALE
1. Elementi esclusi dall’imponibile contributivo e fiscale
Sono esclusi dall’imponibile fiscale e contributivo in base alla nuova formulazione degli artt. 12 della L. n. 153/1969 e 51, c. 2 e ss. del D.P.R. n. 917/1986:
–– fino al 29 maggio 2008 (data di entrata in vigore del D.L. n. 93/2008) le
erogazioni liberali concesse in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti non superiori nel periodo di riferimento
a € 258,23, nonché i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti
esigenze personali o familiari dei dipendenti e quelli corrisposti ai dipendenti vittime dell’usura o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a
ristoro dei danni conseguenti al rifiuto opposto a richieste estorsive;
–– le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle
in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi e
di quelle di rete attraverso l’utilizzo di card elettroniche cedute dai datori di
lavoro ai propri dipendenti (Ag. Entr. ris. n. 63/E/2005); inoltre, fino all’importo complessivo giornaliero di € 5,29 le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a
carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino
strutture o servizi di ristorazione (tali prestazioni ed indennità sostitutive
sono escluse, come ha chiarito il Ministero delle finanze con risoluzione n.
41-E/2000 e l’INPS con la circolare n. 84/2000, a condizione che l’orario
di lavoro comporti la pausa per il vitto e che i lavoratori siano stabilmente
assegnati ad un’unità produttiva, intesa come sede di lavoro, ubicata in
un luogo che, in relazione al periodo di pausa concesso per il pasto, non
consenta di recarsi, senza l’utilizzo di mezzi di trasporto, al più vicino luogo
di ristorazione);
–– le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie
di dipendenti, anche se affidate a terzi, ivi compresi gli esercenti servizi
pubblici (ad esempio, la società che gestisce il servizio pubblico urbano o
extra-urbano del luogo in cui si trova l’azienda oppure il servizio taxi);
–– i compensi e le indennità che il lavoratore percepisce da terzi e che per
clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro o che per
legge devono essere riversati allo Stato;
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–– le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo
Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni, nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni
tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del Tribunale di sorveglianza che
per legge debbono essere riversati allo Stato;
–– le somme, servizi e prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità
dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la frequenza di asili nido,
colonie climatiche da parte dei familiari indicati nell’art. 13 del D.P.R. n.
917/1986, nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari;
–– il corrispettivo dell’utilizzo delle opere e servizi per le finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, da
parte dei dipendenti e dei soggetti indicati nell’art. 13, D.P.R. n. 917/1986;
–– il valore delle azioni offerte a tutti i dipendenti fino all’importo massimo
di € 2.065,83 nel periodo d’imposta, a condizione, però, che le stesse non
siano cedute prima di 3 anni e fino al 24 giugno 2008 (ossia fino all’entrata in vigore del D.L. n. 112/2008); la differenza tra il valore delle azioni al
momento dell’assegnazione e quanto corrisposto dal dipendente, purché
quest’ultimo ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse al
momento dell’offerta (v. circ. M.F. n. 247/1999; INPS circ. n. 52/2002);
–– le somme trattenute al dipendente per oneri deducibili nonché le erogazioni effettuate dal datore di lavoro in conformità a contratti collettivi o ad
accordi e regolamenti aziendali a fronte delle spese sanitarie di cui all’art.
10, c. 1, lettera b) del D.P.R. n. 917;
–– le mance percepite dai croupiers nella misura del 25% dell’ammontare
percepito nel periodo d’imposta o maturato nel periodo di riferimento;
–– le quote di retribuzione derivanti dall’esercizio, da parte del lavoratore, della facoltà di rinuncia all’accredito contributivo presso l’assicurazione
generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e le forme sostitutive della medesima, per il periodo successivo alla prima scadenza utile per il pensionamento di anzianità, dopo
aver maturato i requisiti minimi secondo la vigente normativa (v. anche art.
1, D.M. 6 ottobre 2004);
–– il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di
importo non superiore a € 258,23 nell’anno;
–– le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio
comunale, nei limiti indicati (v. infra);
–– i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal
vettore per le trasferte nell’ambito comunale;
–– le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità,
nella misura del 50% del loro ammontare;
–– le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto
collettivo, nella misura del 50% del loro ammontare;
–– le indennità di trasferimento, di prima sistemazione e equipollenti, nella
misura del 50% del loro ammontare;
–– spese di viaggio, anche per i familiari fiscalmente a carico ai sensi dell’art.
13 del D.P.R. n. 917/1986, e di trasporto delle cose, strettamente collegate
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al trasferimento (non vi rientrano i successivi viaggi che il dipendente nel
corso dell’anno faccia, per esempio, per visitare la famiglia che non si è
trasferita con lui);
spese ed oneri sostenuti dal dipendente in qualità di conduttore, per recesso dal contratto di locazione in dipendenza dell’avvenuto trasferimento della sede di lavoro;
le spese di viaggio, di trasporto e di recesso dal contratto di locazione sostenute dal dipendente in occasione dell’avvenuto trasferimento
della sede di lavoro, se rimborsate dal datore di lavoro e analiticamente
documentate;
gli assegni di sede e di altre indennità percepite per servizi prestati all’estero, nella misura del 50%;
gli assegni familiari e l’assegno per il nucleo familiare, nonché, con gli
stessi limiti e alle medesime condizioni, gli emolumenti per carichi di famiglia comunque denominati, erogati nei casi consentiti dalla legge.
2. Indennità di trasferta e di trasferimento
2.1 Trasferta fuori del territorio comunale
Premesso che le indennità e i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del
territorio comunale in cui si trova la sede di lavoro concorrono integralmente a
formare il reddito (tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore), in caso di trasferta fuori dal territorio comunale
dove si trova la sede di lavoro è possibile scegliere tra uno dei tre sistemi di
seguito indicati.
Indennità forfettaria
L’indennità di trasferta è esclusa dall’imponibile fino all’importo di € 46,48 al
giorno, elevate a € 77,47 per le trasferte all’estero.
La quota di indennità che non concorre a formare il reddito non subisce alcuna
riduzione in relazione alla durata della trasferta e, pertanto, anche nell’ipotesi
di trasferta inferiore a 24 ore o, più in generale, di trasferta che per la sua durata non comporti alcun pernottamento fuori sede, la quota di franchigia esente
resta fissata a € 46,48 al giorno per le trasferte in Italia e a € 77,47 al giorno
per quelle all’estero.
Inoltre, qualora vengano concordati o comunque erogati a titolo di trasferta importi superiori a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, determinati da
maggior disagio e onerosità delle trasferte, gli stessi restano sempre esenti da
imposizione fiscale e contributiva, nei predetti limiti quantitativi fissati dall’art.
51, c. 5, del TUIR (ML nota n. 7301/2010).
Il suesposto regime contributivo trova applicazione altresì nei casi in cui la
corresponsione a titolo di trasferta di importi superiori a quanto stabilito dalla
contrattazione collettiva trovi espressa previsione in accordi individuali (INPS
mess. n. 19685/2010).
Rimborso analitico
I rimborsi analitici delle spese di vitto, alloggio e trasporto, non concorrono a
formare il reddito. È, inoltre, escluso da imposizione il rimborso di altre spese
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(per esempio la lavanderia, il telefono, il parcheggio, le mance, ecc.), anche
non documentabili, se analiticamente attestate dal dipendente in trasferta, fino
a un importo di € 15,49 al giorno, elevato a 25,82 per le trasferte all’estero.
Per i viaggi compiuti con propri mezzi, al fine di consentire l’esclusione dalla
formazione del reddito di lavoro dipendente dell’indennità chilometrica, è necessario che l’ammontare dell’indennità sia determinato avuto riguardo alla
percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico
ricostruito secondo il tipo di autovettura. Detti elementi dovranno risultare dalla
documentazione interna conservata dal datore di lavoro.
Rimborso misto
Nel caso venga corrisposta, unitamente al rimborso analitico delle spese di
vitto e alloggio anche un’indennità di trasferta, le franchigie di € 46,48 e 77,47
sono ridotte.
In particolare, la quota esente è di:
–– € 30,99 al giorno, elevata a € 51,65 per le trasferte all’estero, in caso di
rimborso delle spese di alloggio o di vitto, nonché nei casi di alloggio o di
vitto fornito gratuitamente;
–– € 15,49 al giorno, elevata a € 25,82 per le trasferte all’estero, in caso di
rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto o di vitto e alloggio
forniti gratuitamente (v. anche INPS circ. n. 41/1998).
2.2 Indennità ai trasfertisti
L’articolo 51, c. 6, del D.P.R. n. 917/1986 stabilisce che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, anche se
corrisposte con carattere di continuità, concorrono a formare il reddito nella
misura del 50% del loro ammontare.
2.3 Indennità di trasferimento, di prima sistemazione ed
equipollenti
Le indennità di trasferimento, quelle di prima sistemazione e quelle equipollenti fruiscono di un abbattimento pari al 50% della base imponibile. L’importo
escluso da tassazione non può tuttavia superare un importo massimo pari a:
–– € 1.549,37, per il trasferimento all’interno del territorio nazionale;
–– € 4.648,11, per il trasferimento all’estero o estero su estero;
–– € 6.197,48, nel caso in cui nello stesso anno il dipendente subisca un trasferimento in Italia e uno all’estero.
Il trattamento di esenzione può essere riconosciuto solo per il primo anno
(ossia 365 giorni decorrenti dalla data del trasferimento), anche se l’indennità
di trasferimento viene corrisposta dal datore di lavoro per più anni.
Al riguardo il Ministero delle finanze ha precisato che, una volta fissato l’importo dell’indennità e la relativa quota esente, la materiale erogazione può
avvenire in più periodi d’imposta se ciò è più agevole per le parti.
Se per il trasferimento avvenuto nel territorio nazionale è stata stabilita una
indennità di € 5.164,57, la quota teoricamente esente dovrebbe essere di €
2.582,28, ma poiché superiore all’importo massimo esentabile, la quota esen65
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te va ridotta a € 1.549,37. Supponendo che l’indennità, per esigenze di liquidità
del datore di lavoro, venga corrisposta in due rate, la prima nell’anno di trasferimento, pari a € 1.032,91, e la seconda, pari a € 4.131,66, l’anno successivo,
nel primo anno tutto l’importo erogato sarà escluso da tassazione e nel secondo anno i restanti € 4.131,66 corrisposti saranno esentati fino al raggiungimento dell’importo massimo escluso da tassazione.
È escluso dall’imponibile anche il rimborso di talune ulteriori spese, purché
analiticamente documentate. Si tratta:
–– delle spese di viaggio, anche per i familiari fiscalmente a carico, e di trasporto delle cose strettamente collegate al trasferimento (non vi rientrano i
successivi viaggi che il dipendente nel corso dell’anno faccia, per esempio,
per visitare la famiglia che non si è trasferita con lui);
–– delle spese e degli oneri sostenuti dal dipendente in qualità di conduttore, per recesso dal contratto di locazione in dipendenza dell’avvenuto
trasferimento della sede di lavoro.
Il trattamento di favore previsto per tali indennità non è subordinato a particolari motivazioni del trasferimento, né al trasferimento della residenza anagrafica.
Si deve ritenere, pertanto, che lo stesso trattamento possa essere applicato
anche nell’ipotesi in cui la corresponsione di indennità di prima sistemazione
avvenga in occasione di un trasferimento a richiesta del dipendente oppure nel
caso in cui il trasferimento sia dovuto all’assegnazione del dipendente a una
sede diversa da quella originaria.
3. Beni e servizi forniti al dipendente (fringe benefits)
Non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi
prestati se complessivamente di importo non superiore a € 258,23; se invece il valore è superiore a tale limite, lo stesso concorre interamente a formare
il reddito (v. INPS circ. n. 33/2001).
Non costituiscono erogazioni in natura i ticket restaurant, pertanto l’importo
del valore nominale che eccede il limite di 5,29 euro non può essere considerato assolvibile dalla franchigia di esenzione di cui all’art. 51, c. 3, D.P.R. n.
917/1986 e, quindi, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente
(Ag. Entrate ris. n. 26/E/2010).
La determinazione del valore avviene in base al “valore normale” dei beni e
dei servizi concessi, intendendosi per tale il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di
libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e
nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza,
nel tempo e nel luogo più prossimi. Di conseguenza, si deve fare riferimento ai
listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza,
alle mercuriali e ai listini delle camere del commercio e alle tariffe professionali,
tenendo conto degli sconti d’uso.
In parziale deroga ai criteri di cui sopra, il valore normale dei generi in natura
prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti, gratuitamente o meno, è costituito
dal prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni ai grossisti.
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Per i fringe benefits sotto indicati, invece, si applicano differenti criteri, come
di seguito illustrato.
3.1 Veicoli
Gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori che il datore di lavoro ha assegnato a uno specifico dipendente per espletare l’attività di lavoro e per i quali
ha consentito anche l’uso personale da parte dello stesso (uso promiscuo),
concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente per un ammontare pari al
30% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15 mila
chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio, al netto di
quanto trattenuto al dipendente o da questo corrisposto nello stesso periodo
d’imposta (art. 51, c. 4, D.P.R. n. 917/1986).
Qualora il modello di veicolo utilizzato promiscuamente dal dipendente non sia
compreso tra quelli inclusi nelle tabelle pubblicate a cura del Ministero delle
finanze, l’importo da assoggettare a tassazione deve essere determinato prendendo a riferimento quello che risulta più simile.
3.2 Prestiti
Per i prestiti ai dipendenti si assume il 50% della differenza tra l’importo degli
interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento vigente al termine di ciascun
anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi. Tale
norma non si applica ai prestiti stipulati anteriormente al 1° gennaio 1997 (per
i quali resta in vigore, ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente, il criterio del costo specifico) ed ai prestiti di durata inferiore ai dodici
mesi concessi a seguito di accordi aziendali dal datore di lavoro ai dipendenti
in contratto di solidarietà o in cassa integrazione guadagni ovvero concessi ai
dipendenti vittime dell’usura o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a
ristoro dei danni conseguiti a rifiuto opposto a richieste estorsive.
La disposizione in esame si applica a tutte le forme di finanziamento, sia erogate dal datore di lavoro, sia concesse da terzi con i quali il datore di lavoro
abbia stipulato accordi.
3.3 Fabbricati
Per i fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, l’importo da far
concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente si determina effettuando la differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte
le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore, e quanto corrisposto (mediante versamento o trattenuta) per il godimento del fabbricato stesso. In caso di fabbricati iscritti in catasto, ma privi di
rendita attribuita perché non ancora censiti o perché rurali, ai fini della determinazione dell’importo da far concorrere a formare il reddito di lavoro dipendente
si deve fare riferimento alla rendita presunta, determinata a norma dell’articolo
37, c. 4, del D.P.R. n. 917/1986. Per i fabbricati concessi in connessione all’obbligo di dimorare nell’alloggio stesso, per esempio, quello concesso al portiere
di uno stabile o al custode di una azienda, dopo aver determinato l’importo che
dovrebbe concorrere a formare il reddito di lavoro dipendente con le modalità
sopra precisate, si deve assumere soltanto il 30% di detto importo.
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4. Redditi prodotti all’estero
4.1 Servizi prestati all’estero
Gli assegni di sede e le altre indennità percepite per servizi prestati all’estero
concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente nella misura del
50% del loro ammontare (art. 51, c. 8, del D.P.R. n. 917/1986).
L’applicazione di questa disposizione esclude la possibilità di fruire per la medesima fattispecie della disciplina delle trasferte.
In deroga alle normali regole sulla determinazione del reddito di lavoro dipendente, il reddito derivante dall’attività prestata all’estero, in via continuativa e
come oggetto esclusivo del rapporto, per un periodo superiore a 183 giorni
nell’arco di 12 mesi, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali
definite annualmente con decreto ministeriale, senza tener conto dei compensi
effettivamente erogati (vedi c. 8-bis dell’art. 51 del T.U.I.R., introdotto dalla L.
n. 342/2000 e MF circ. n. 207/2000; MF circ. n. 1/2001). La disposizione si
rivolge a quei lavoratori che, pur svolgendo l’attività lavorativa all’estero continuano ad essere qualificati come residenti fiscali in Italia. La normativa non si
applica qualora il contribuente presti la propria attività lavorativa in uno Stato
con il quale l’Italia ha stipulato un accordo per evitare le doppie imposizioni
e lo stesso preveda per il reddito di lavoro dipendente la tassazione esclusivamente nel Paese estero. In questo caso la normativa della convenzione
prevale sulle disposizioni fiscali interne. Ai fini dell’applicazione della normativa
in esame è necessario che il contratto di lavoro preveda in modo specifico
l’esecuzione della prestazione in via esclusiva all’estero e che il dipendente
venga collocato in uno speciale ruolo estero.
Relativamente al computo dei giorni di effettiva permanenza del lavoratore
all’estero, il periodo da considerare non necessariamente deve risultare continuativo: è sufficiente che il lavoratore presti la propria opera all’estero per un
minimo di 183 giorni nell’arco di 12 mesi, da intendersi quest’ultimi, non con
riferimento al periodo d’imposta, ma alla permanenza del lavoratore all’estero
stabilita nello specifico contratto di lavoro, che può anche prevedere un periodo a cavallo di due anni solari. Rientrano nel computo dei 183 giorni, le ferie,
le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi, indipendentemente
dal luogo in cui sono trascorsi.
Sono invece sottoposti ad imposizione, in Italia, secondo le ordinarie modalità
di tassazione i redditi:
–– dei lavoratori dipendenti che residenti in Italia svolgono attività lavorativa
all’estero in Stati diversi da quelli di confine o limitrofi (non sono cioè lavoratori transfrontalieri);
–– dei lavoratori dipendenti e residenti in Italia che pur collocati nello speciale
ruolo estero soggiornano all’estero per meno di 183 giorni in dodici mesi.
I lavoratori trasferiti all’estero che mantengono la residenza fiscale in Italia
subiscono una doppia imposizione, in quanto sono tassati sia in Italia, in
quanto Stato di residenza presso il quale devono dichiarare i redditi comunque
prodotti, sia nello Stato estero, in quanto Paese in cui viene prodotto il reddito. A tal fine l’art. 165 del T.U.I.R. prevede il recupero delle imposte pagate
all’estero sui redditi ivi prodotti attraverso lo strumento del credito d’imposta.
In particolare, le imposte in oggetto sono ammesse in detrazione dall’imposta
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netta fino alla concorrenza della quota di imposta italiana purché la detrazione
sia richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al
periodo d’imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo
(v. anche Ag. Entr. ris. n. 69/E/2005).
Il recupero, oltre che in sede di dichiarazione dei redditi ai sensi dell’art. 165
del T.U.I.R., può avvenire anche tramite sostituto d’imposta, in sede di operazione di conguaglio di fine anno ex art. 23, c. 3, del D.P.R. n. 600/1973 (v. Ag.
Entr. ris. n. 281/E/2002).
In particolare, le imposte sui redditi prodotti all’estero e colà pagate sono ammesse in detrazione dal conguaglio tra le ritenute effettuate e l’imposta dovuta;
ritenute e conguaglio che il datore di lavoro opera in qualità di sostituto d’imposta (v. Ag. Entr. ris. n. 12/E/2002).
Condizione necessaria affinché possa essere riconosciuto il credito d’imposta
è il requisito della definitività dell’imposta estera che si ha quando l’imposta
non è più ripetibile.
Ai crediti d’imposta relativi ai redditi di cui al c. 8-bis dell’art. 51 del TUIR sono
estese le disposizioni di cui al c. 10 dell’art. 165 del TUIR medesimo, che
prevede che se il reddito prodotto all’estero concorre parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura
corrispondente. Pertanto, l’imposta estera deve essere ridotta in misura corrispondente al rapporto tra il reddito effettivamente prodotto all’estero ed il
reddito tassato in Italia su base convenzionale (art. 36, c. 30, D.L. n. 223/2006;
Ag. Entr. circ. n. 28/E/2006).
Le disposizioni contenute nell’art. 51, c. 8-bis del T.U.I.R. esplicano i loro effetti
esclusivamente in campo fiscale.
Pertanto, dal punto di vista previdenziale, al personale distaccato all’estero
in Paesi CEE o legati all’Italia da accordi di sicurezza sociale continuano ad
applicarsi le disposizioni nazionali ordinarie vigenti per i lavoratori operanti in
Italia, e quindi la relativa base imponibile previdenziale deve essere determinata con riferimento alla retribuzione effettiva di cui all’art. 12 della L. n.
153/1969. Invece, in mancanza di accordi bilaterali in materia di sicurezza
sociale, ovvero per le assicurazioni obbligatorie non contemplate nei predetti
accordi ove esistenti, la contribuzione deve essere versata ai sensi dell’art. 4
del D.L. n. 317/1987, cioè con riferimento alle retribuzioni convenzionali (INPS
circ. n. 86/2001).
I due diversi regimi comportano che, ai fini fiscali, la retribuzione convenzionale si applica per tutti i lavoratori residenti in Italia che operano in un Paese
estero per più di 183 giorni, mentre ai fini previdenziali, la retribuzione convenzionale si applica solo nei casi di lavoro prestato in Paesi con i quali non
esistono accordi di sicurezza sociale.
4.2 Redditi dei lavoratori frontalieri
I redditi derivanti da lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come
oggetto esclusivo del rapporto, all’estero, in zone di frontiera (ad esempio
Francia, Austria e San Marino, Stato Città del Vaticano) ed in altri Stati limitrofi
(Principato di Monaco) sono stati esclusi per gli anni 2001 e 2002 dalla base
imponibile. Per gli anni dal 2003 al 2007 e poi successivamente per gli anni
2008, 2009 e 2010 (art. 1, c. 204, L. n. 244/2007), invece, tali redditi concorro69
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no a formare il reddito complessivo per l’importo eccedente 8.000 euro (art. 2,
c. 11, L. n. 289/2002) e per gli anni 2012-2014 per l’importo eccedente 6.700
euro. Dal 1° gennaio 2015 il limite di reddito è fissato in 7.500 euro (art. 1, c.
175, L. n. 147/2013; art. 1, c. 690, L. n. 190/2014). I c.d. lavoratori frontalieri
non devono essere, in nessun caso, considerati fiscalmente a carico ed i redditi in oggetto devono essere tenuti in conto ai fini della valutazione economica
prevista dalle procedure di accesso alle prestazioni e ai servizi sociali (art. 3, c.
2, L. n. 388/2000; Ag. Entrate circ. n. 15/E/2002; MF circ. n. 1/2001).
5. Elementi esclusi solo dall’imponibile contributivo
Sono inoltre esclusi dalla base imponibile previdenziale, pur essendo soggetti a tassazione, gli elementi di seguito riportati:
–– le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto;
–– le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di
lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui
erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l’imponibilità
dell’indennità sostitutiva del preavviso;
–– i proventi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di
risarcimento danni;
–– le somme poste a carico di gestioni assistenziali e previdenziali obbligatorie per legge;
–– le somme e le provvidenze erogate da casse, fondi e gestioni previste
da contratti collettivi, da accordi o da regolamenti aziendali e quelle
erogate dalle Casse edili;
–– i proventi derivanti da polizze assicurative;
–– i compensi erogati per conto di terzi non aventi attinenza con la prestazione lavorativa;
–– fino al 31 dicembre 2007, le erogazioni previste dai contratti collettivi
aziendali, ovvero di secondo livello, delle quali sono incerti la corresponsione o l’ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo
medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico
dell’impresa e dei suoi risultati, nei limiti ed alle condizioni cui sono soggette a decontribuzione ai sensi dell’art. 2 del D.L. n. 67/1997 (per la disciplina
vigente v. "Contributi INPS”);
–– i contributi e le somme a carico del datore di lavoro, versate o accantonate,
sotto qualsiasi forma, a finanziamento delle forme pensionistiche complementari, e a casse, fondi, gestioni previste da contratti collettivi o da
accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative
previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari nel corso
del rapporto o dopo la sua cessazione;
–– le somme a carico del datore di lavoro e del lavoratore versate alle Casse
edili - diverse dalle ferie, gratifica natalizia e riposi annui - nella misura pari
all’85% del loro ammontare;
–– fino al 31 dicembre 1998, le indennità di cassa e di maneggio di denaro
(v. anche INPS circ. n. 15/1999);
–– i trattamenti di famiglia ex art. 3, lett. d), T.U.I.R.
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Sono esclusi dalla base imponibile ai fini contributivi i redditi da lavoro dipendente derivanti dall’esercizio di piani di stock option. L’esclusione opera in relazione alle azioni assegnate ai dipendenti dal 25 giugno 2008, data di entrata in
vigore del D.L. n. 112/2008 (art. 27, c. 4, D.P.R. n. 797/1955 come modificato
dall’art. 82, cc. 24-bis e 24-ter, D.L. n. 112/2008; Ag. Entr. circ. n. 54/E/2008).
6. Elementi esclusi solo dall’imponibile fiscale
Non concorrono a formare reddito assoggettato a tassazione, oltre agli elementi menzionati nel paragrafo 2, anche i contributi di seguito indicati:
–– i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge;
–– i contributi per assistenza sanitaria, versati a Enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale dal datore di lavoro o dal dipendente, in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale,
per un importo complessivamente non superiore a € 3.615,20 limite che
tiene conto anche di quanto deducibile per effetto dell’art. 10, c. 1, lett.
e-ter) del D.P.R. n. 917/1986. Il suddetto limite è fissato cumulativamente
per i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, ma è comunque irrilevante la circostanza che il versamento avvenga eventualmente
da parte di uno soltanto dei soggetti, cioè solo dal datore di lavoro o solo
dal lavoratore. Eventuali contributi versati in eccedenza al predetto limite
complessivo concorrono (soltanto per l’eccedenza) a formare il reddito di
lavoro dipendente. La disposizione vale anche per i lavoratori in pensione;
per i pensionati dirigenti di aziende industriali i contributi versati al Fasi
non sono deducibili dal reddito complessivo (Ag. Entr. ris. n. 78/E/2004; n.
167/E/2005);
–– i contributi versati dai lavoratori, eccedenti l’importo del massimale annuo della base contributiva e pensionabile destinata al finanziamento delle forme pensionistiche complementari, stabilito dal D.Lgs. 14 dicembre
1995, n. 579.
Dal 1° gennaio 2007 i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro
o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi,
anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, sono deducibili dal
reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57 (art. 8, c.
4, del D.Lgs. n. 252/2005; art. 10, c. 1, lett. e-bis), D.P.R. n. 917/1986).
6.1 Retribuzione di produttività
Con il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, e successivamente con la L. 23 dicembre 2009 (legge finanziaria 2010), il Governo ha emanato una serie di misure
che hanno, tra l’altro, riguardato la detassazione dei premi di produttività
per gli anni 2009 e 2010. In base all’art. 53 del D.L. n. 78/2010 e all’art. 26 del
D.L. n. 98/2011 lo sgravio fiscale è stato prorogato, rispettivamente, per l’anno
2011 e 2012, così come lo sgravio dei contributi dovuti dal datore di lavoro e
dal lavoratore.
L’art. 1, commi 481 e 482, della L. n. 228/2012 ha stanziato dei fondi per la
detassazione del salario di produttività per il triennio 2013 - 2015 (lo stanziamento per l’anno 2014 è stato modificato dall’art. 1, c. 413, L. n. 147/2013 - c.d.
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“Legge di stabilità 2014”), rimandando ad un apposito D.P.C.M. l’individuazione delle modalità attuative delle misure sperimentali per l’incremento della
produttività del lavoro nel periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2013.
Il successivo D.P.C.M. 22 gennaio 2013 ha dunque stabilito che:
–– nel limite delle risorse assegnate, le somme erogate a titolo di retribuzione
di produttività, in esecuzione di contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda, sono soggette a un’imposta sostitutiva
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali
e comunali pari al 10%;
–– l’imposta sostitutiva trova applicazione con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore,
nell’anno precedente, ad euro 40.000, al lordo delle somme assoggettate, nel medesimo anno, all’imposta sostitutiva di cui all’art. 2 del D.L. n.
93/2008;
–– la retribuzione di produttività individualmente riconosciuta che può beneficiare dell’imposta sostitutiva non può comunque essere complessivamente superiore, nel corso dell’anno 2014, ad euro 3.000 lordi;
–– ai fini dell’applicazione del regime fiscale agevolato, per retribuzione di
produttività si intendono le voci retributive erogate, in esecuzione dei citati
contratti collettivi, con espresso riferimento ad indicatori quantitativi di produttività/redditività/qualità/efficienza/innovazione o, in alternativa, le voci
retributive erogate in esecuzione di contratti che prevedano l’attivazione di
almeno una misura in almeno tre delle aree di intervento di seguito indicate:
• ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione con modelli
flessibili;
• distribuzione flessibile delle ferie mediate una programmazione aziendale anche non continuativa delle giornate di ferie eccedenti le due settimane;
• adozione di misure volte a rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori;
• attivazione di interventi in materia di fungibilità delle mansioni e di integrazione delle competenze.
Le due nozioni di retribuzione di produttività possono coesistere all’interno di
uno stesso contratto collettivo e, pertanto, entrambe possono beneficiare della
detassazione, purché però siano rispettate tutte le condizioni previste dal decreto (ML circc. n. 15/2013; n. 14/2014).
Il riferimento alla “qualità” e alla “innovazione”, nella definizione di retribuzione
di produttività, consente di sostenere che tali indicatori non costituiscono necessariamente una “fotografia” di un incremento del fatturato aziendale ma è
sufficiente che siano comunque suscettibili di una “contabilizzazione” da parte
dell’impresa (ML interpello n. 21/2013; ML circ. n. 14/2014).
I datori di lavoro provvedono a depositare i contratti presso la Direzione territoriale del lavoro territorialmente competente entro 30 giorni dalla loro sottoscrizione, con allegata autodichiarazione di conformità dell’accordo depositato
alle disposizioni del decreto.
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